Perseghin - Recenti Progressi in Medicina

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Editoriale
Recenti Prog Med 2010; 101: 232-234
Funzionalità cardiaca e invecchiamento:
esiste un ruolo dell’esercizio fisico?
Gianluca Perseghin
Riassunto. L’invecchiamento cardiaco si caratterizza per
graduali, ma ben definite, modificazioni della morfologia,
della funzione e del metabolismo del miocardio, indipendentemente dall’insorgenza di cardiopatia ischemica. In linea di principio, l’esercizio fisico viene considerato uno strumento capace di contrastare l’insorgenza di queste modificazioni; ciononostante, alcuni studi di intervento e studi trasversali in soggetti anziani hanno messo in discussione la
capacità di prevenzione e cura che l’esercizio fisico potrebbe avere in questo ambito. Nell’interpretazione di questi dati controversi, è necessario tenere in considerazione la presenza di malattie cardiovascolari, i fattori metabolici e il timing dell’intervento con esercizio fisico nella storia naturale di ogni individuo.
Summary. Ageing and cardiac function. Is there a role of
physical exercise?
Parole chiave. Apoptosi, cardiomiociti, esercizio fisico, funzionalità cardiaca, invecchiamento, scompenso cardiaco.
Key words. Ageing, apoptosis, cardiac function, cardiomyocites, heart failure, physical exercise.
I meccanismi di invecchiamento cardiaco:
apoptosi e senescenza dei cardiomiociti
Durante la vita dell’individuo, il miocardio si
adatta alla riduzione della popolazione cellulare cardiomiocitaria, sviluppando un rimodellamento strutturale caratterizzato inizialmente da ipertrofia non
meccanicamente efficiente perché determinata da
cardiomiociti di aumentate dimensioni ma di scarsa
efficacia contrattile/metabolica. Quindi, insieme alla riduzione del numero delle cellule per apoptosi, si
osserva anche un aumento del numero di cardiomiociti senescenti con ridotta performance contrattile e capacità mal adattativa che, attraverso diverse tappe, può portare alla dilatazione del ventricolo
sinistro ed alla insorgenza di una vera e propria insufficienza cardiaca3. Questi due fattori, la morte e
la senescenza cardiomiocitaria, sono responsabili del
fatto che, a dispetto della disponibilità di numerosi
strumenti farmacologici, la attuale terapia dello
scompenso cardiaco sia largamente sub-ottimale e
la prognosi per questi pazienti sia sfavorevole4.
Indipendentemente dalla presenza della cardiopatia ischemica, l’invecchiamento cardiaco si caratterizza per modificazioni funzionali, morfologiche e
metaboliche peculiari. La funzione sistolica del ventricolo sinistro, ad esempio, non si deteriora nel
tempo in assenza di patologie specifiche. Al contrario, sono i parametri di funzionalità diastolica che
si alterano progressivamente all’aumentare dell’età1. La disfunzione diastolica che si sviluppa progressivamente e proporzionalmente all’invecchiamento può essere dovuta a diversi fattori. Da anni
è, ad esempio, noto che in associazione all’invecchiamento del miocardio si accompagna una riduzione della massa cardiaca specificatamente dovuta
ad una riduzione della massa dei cardiomiociti2.
Circa 5 miliardi di cardiomiociti sono presenti nel
ventricolo sinistro di un soggetto sano e sia fattori
intrinseci che estrinseci sono responsabili della loro
riduzione nel tempo dovuta a diversi fattori quali la
dis-regolazione dell’angiogenesi, l’ipertrofia del ventricolo, la fibrosi, i disturbi del ritmo, ma soprattutto i processi di apoptosi3. Tra i fattori intrinseci,
sembra chiaro che il background genetico svolga un
ruolo fondamentale ed è molto interessante il fatto
che l’orologio biologico di organi diversi nello stesso
individuo possa avere un “ritmo” e quindi una velocità di invecchiamento differente.
Ageing of the human heart is characterized by morphological, functional and metabolic changes regardless the development of ischemic heart disease. Physical exercise is in
general considered capable to counteract the onset of these
changes; nevertheless short-term interventions and cross
sectional studies in older individuals questioned the possibility that physical exercise may revert these alterations.
Metabolic factors, development of overt cardiac diseases
and probably the timing of the intervention with physical
exercise during the life-span of a single individual may explain the controversial results reported in the literature.
Alterazione del metabolismo energetico
dei cardiomiociti
Da qualche anno è stato suggerito che una delle principali alterazioni alla base dell’apoptosi cardiomiocitaria (al di là dei classici processi mitocondriali che regolano l’apoptosi stessa), ma soprattutto alla base della senescenza cellulare, possa essere di tipo metabolico: l’alterazione del metaboli-
Dipartimento di Scienze dello Sport, Nutrizione e Salute, Istituto Scientifico H San Raffaele, Università, Milano.
Pervenuto il 20 gennaio 2010.
G. Perseghin: Funziomalità cardiaca e invecchiamento: esiste un ruolo dell’esercizio fisico?
smo energetico come causa dell’alterazione funzionale e quindi morfologica del miocardio5. Questa
ipotesi implica il fatto che la modulazione del metabolismo energetico del miocardio possa avere un
impatto sulla performance. La terapia metabolica
potrebbe quindi rappresentare uno strumento utile alla gestione dello scompenso cardiaco5. A sostegno di questa ipotesi si osserva che l’alterazione del
metabolismo dei fosfati ad alta energia (HEPs) nel
cardiomiocita può essere individuata in pazienti
con cardiomiopatie congenite6-8, ma anche in patologie molto più comuni6-8 e noi abbiamo dimostrato
come queste alterazioni metaboliche possano essere presenti in individui sovrappeso/obesi ed insulino-resistenti9,10 e a rischio di sviluppare lo scompenso cardiaco a dispetto della presenza di funzione e morfologia del ventricolo sinistro ancora largamente nei limiti della normalità.
Qual è il razionale di utilizzo dell’esercizio fisico
nella prevenzione dell’invecchiamento cardiaco?
Pertato può esistere un deficit nel metabolismo
energetico cardiomicitario in condizioni di insulino-resistenza anche prima che le alterazioni morfologiche e funzionali si manifestino pienamente.
Se è vero che questa alterazione sia responsabile
del susseguente manifestarsi di un deficit di funzione, studi di intervento dovrebbero sostenere tale ipotesi. Negli scorsi anni sono stati prodotti due
studi impiegando la perexilina11 e la trimetazidina12, che sono farmaci capaci di modulare l’utilizzo ossidativo degli acidi grassi (riducendolo), a favore dell’utilizzo del glucosio (aumentandolo), ed è
stato osservato che in pazienti con insufficienza
cardiaca manifesta si evidenziava un beneficio dell’omeostasi energetica e funzionale del ventricolo
sinistro. Studi molto recenti si sono focalizzati anche in individui non affetti dallo scompenso, ma a
rischio di svilupparlo: i pazienti affetti da diabete
di tipo 2. In questi individui si è usato un approccio basato sulla modulazione dell’AMP-chinasi
(mediante metformina) e del sistema dei PPARs
mediante utilizzo del pioglitazone13 e si è osservato un miglioramento della performance diastolica
nei pazienti in terapia con pioglitazone. Su questo
razionale metabolico si potrebbe ipotizzare che anche l’esercizio fisico, per mezzo di effetti metabolici diretti o indiretti o per mezzo di effetti emodinamici, possa essere uno strumento terapeutico
per migliorare la performance del ventricolo sinistro e contrastare i processi di invecchiamento e
curare lo scompenso cardiaco. A questo riguardo i
dati in letteratura sono abbastanza contradditori.
Alcuni studi di intervento hanno suggerito che
l’applicazione di protocolli di esercizio fisico di resistenza possano migliorare proprio la funzione
diastolica in individui sedentari sia giovani che anziani14,15. I risultati di altri studi hanno però indicato che l’alterazione della funzione diastolica è intrinseca ai normali processi di invecchiamento e
non può essere corretta16.
Effetti dell’esercizio fisico
nella terapia dello scompenso cardiaco:
evidence-based medicine
Contrariamente a quanto consigliato per molti
anni ai pazienti con scompenso cardiaco, in tempi
recenti si è riconosciuto che il riposo in questi soggetti può favorire il peggioramento dei sintomi e
della patologia. Ciononostante, fino a qualche mese fa, mancava una informazione relativa all’efficacia terapeutica e alla sicurezza dell’esercizio fisico sull’invecchiamento cardiaco. Il trial Heart Failure: A Controlled Trial Investigating Outcomes of
Exercise Training (HF-ACTION), recentemente
pubblicato, si è specificamente preoccupato di stabilire se l’esercizio aerobico riduca tutte le cause di
morte e di ospedalizzazione in pazienti in terapia
farmacologica e stabili da punto di vista clinico17.
Si è trattato di uno studio randomizzato multicentrico (82 Centri) che ha coinvolto 2331 pazienti con
scompenso cardiaco stabile e con ridotta frazione di
eiezione, seguiti per un periodo di osservazione di
30 mesi. L’end-point dello studio era un composito
costituito da tutte le cause di morte o di ospedalizzazione nonché da alcuni end-point secondari prespecificati, quali mortalità oppure ospedalizzazione cardiovascolare o combinazione delle due. L’analisi iniziale dei dati ha suggerito che l’allenamento
fisico non si associa ad un miglioramento né degli
end-points primari né dei secondari. Ciononostante, quando i dati sono stati aggiustati per marker
potenti di predizione prognostica misurati al basale, si è osservato un modesto ma significativo miglioramento della mortalità per tutte le cause e dell’ospedalizzazione sia per tutte le cause che per
quelle cardiovascolari. In parallelo, lo studio ha anche verificato che l’attività fisica ha avuto un impatto benefico sulla qualità di vita dei pazienti18.
Conclusione
L’invecchiamento cardiaco, indipendentemente
dalla presenza di specifiche cardiomiopatie quale
quella ischemica, si caratterizza per manifestazioni precoci di alterazione della funzione diastolica
del ventricolo sinistro. Gli obiettivi di prevenzione
primaria e secondaria (nei soggetti sani) e di prevenzione terziaria (nei pazienti con scompenso cardiaco manifesto) raggiungibili utilizzando come
strumento di prevenzione o di terapia l’esercizio fisico potrebbero essere meno ambiziosi di quanto
siamo abituati ad osservare in relazione ad altre
patologie metaboliche e cardiovascolari. I risultati
dello studio HF-ACTION sopra descritti nei pazienti con scompenso cardiaco ci fanno infatti capire che l’effetto dell’esercizio può essere modesto
ed evidente solo e soprattutto nei pazienti che non
hanno una condizione cardiovascolare già marcatamente compromessa.
I risultati di un nostro recente studio possono
essere utili per comprendere i motivi di questo modesto impatto anche in prevenzione primaria19.
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Recenti Progressi in Medicina, 101 (6), giugno 2010
Abbiamo comparato, con un approccio trasversale caso-controllo, gruppi di individui giovani e di
mezza età sedentari con gruppi di eguale età ma allenati; è importante sottolineare il fatto che quest’ultimi, anche quelli di mezza età, erano veri e propri atleti abituati a svolgere intensi programmi di
allenamento aerobico competitivo (maratoneti), e
non individui abituati semplicemente ad uno stile
di vita attivo. Sono stati indagati con metodiche di
risonanza magnetica per immagini per lo studio
morfologico e funzionale, e di risonanza magnetica
in spettroscopia del 31P al fine di valutare il metabolismo dei fosfati ad alta energia cardiaci. Abbiamo
osservato come il metabolismo energetico del ventricolo sinistro dei soggetti allenati (sia giovani sia
di mezza età) fosse migliore rispetto a quello dei sedentari, a ricordarci i benefici effetti metabolici dell’esercizio fisico. Negli individui (allenati) di mezza
età è stato possibile anche dimostrare che i parametri di funzione diastolica – seppure migliori rispetto a quelli degli analoghi sedentari – tuttavia, a
dispetto di un metabolismo energetico ottimale, non
erano comunque comparabili a quelli dei soggetti
giovani anche se sedentari: il che suggerisce che
l’esercizio fisico può probabilmente solo rallentare e
attenuare gli effetti dell’invecchiamento sulla funzione diastolica, a differenza di un più marcato effetto benefico sul metabolismo energetico.
Altri fattori, probabilmente non solo metabolici,
quali la regolazione dell’angiogenesi, l’apoptosi e
senescenza dei cardiomiociti, ma anche i processi
di fibrosi che si accompagnano in tutti i distretti
corporei all’invecchiamento, sono coinvolti. Sono
verosimilmente questi processi, e non quelli esclusivamente metabolici, ad essere più resistenti agli
interventi di prevenzione e terapia attualmente disponibili per impedire l’insorgenza e lo sviluppo
dell’invecchiamento cardiaco.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Prof. Gianluca Perseghin
Istituto Scientifico H San Raffaele
Dipartimento di Scienze dello Sport, Nutrizione e Salute
via Olgettina 60
20132 Milano
E-mail: [email protected]