“O disse A TE.”, viaggio per “resistere” alla contemporaneità Municipale Teatro porta al Baretti un coinvolgente monologo costruito sul capolavoro di Omero e sulle suggestioni raccolte tra il pubblico di Franca Cassine Un racconto ricco di spunti, a tratti divertente a tratti urticante, sicuramente molto coinvolgente, come solo sulle tavole del palcoscenico si può ascoltare. Questo e molto altro è “O disse A TE.”, lo spettacolo dell’Associazione Municipale Teatro che debutterà venerdì 18 settembre alle 21,30 al Teatro Baretti di Torino (ingresso gratuito). Il progetto, realizzato grazie al sostegno della Compagnia di San Paolo nell’ambito di “Scene allo sBando”, nasce da un’idea di Giulia Bavelloni e Chiara Lombardo che hanno curato la drammaturgia e la regia. In scena c’è Fabrizio Stasia che interpreta un intrigante monologo supportato dalle musiche originali e dai video realizzati da Giorgio Ferrero e Rodolfo Mongitore di Mybosswas. <Il progetto – raccontano Giulia e Chiara – è nato da una serie di riflessioni e da una serie di ricerche teatrali effettuate sul territorio torinese, in particolare nel quartiere di San Salvario, ma non solo. Abbiamo tenuto dei laboratori, abbiamo fatto delle interviste, distribuito dei questionari e abbiamo incontrato le persone. Il tema era il personaggio di Ulisse, il protagonista dell’”Odissea” di Omero. Il dato principale che è saltato fuori da questa ricerca è stato molto diverso da quello che ci aspettavamo>. In che senso? <Le persone, interrogate sulla figura di Ulisse, ci hanno risposto che era un personaggio distante da loro. In molti hanno cominciato a dire: “non so se sono Ulisse, non ancora, forse un giorno lo diventerò. Ulisse è tanto più vecchio di me, lui è un eroe e io non lo sono…”. Quindi ci siamo trovate a considerare il fatto che, forse, non era giusto fosse lui il protagonista del nostro spettacolo>. Come avete proseguito per la costruzione di “O disse A TE.”? <L’intenzione era quella di realizzare una messa in scena partendo dalle suggestioni dell’Odissea per arrivare a lavorare sul concetto di “resilienza”. Resilienza (parola che deriva dal latino “resalio”, cioè il gesto di risalire sull’imbarcazione capovolta dalle forze del mare) in sociologia e psicologia viene intesa come capacità di resistere a grandi traumi. Abbiamo quindi deciso di coinvolgere le persone, anche perché si dice che uno dei modi per essere resilienti oggi è quello di trovare una zona di sicurezza narrativa che viene offerta dal confronto, dallo scambio e dal racconto di sé. Per questo abbiamo scelto l’Odissea, perché Ulisse riesce a tornare a casa solo raccontando la sua storia>. Come mai poi è arrivato Telemaco? <Proprio per il confronto fatto con le persone perché ci hanno regalato testimonianze con un approccio alla vita differente rispetto a quello dell’eroe che si avvicinava molto di più a quello del figlio Telemaco rimasto a casa a fare i conti con l’eredità di questo padre assente. Il risultato è un testo nel quale un figlio si trova ad affrontare problemi di una vita concreta facendo una riflessione su come liberarsi da paure e insicurezze>. Ne è nato un monologo intenso e serrato che avete affidato all’interpretazione di Fabrizio. <Avevamo già lavorato con lui, lo conosciamo da tempo e la scelta è stata naturale. Il suo apporto è stato fondamentale perché ha trasformato il nostro testo mettendo in atto il suo processo di pulizia e assimilazione. Noi abbiamo una visione, una poetica artistica, velata da una sorta di cinismo, molto pungente, per certi versi, ma cinica. Lui ha portato una leggerezza e uno spirito più alto che mescolato al nostro modo di scrivere ci è piaciuto molto>. Quanto contano le musiche inedite e le immagini realizzate dal duo di Mybosswas? <Il loro apporto nella realizzazione dello spettacolo è stato fondamentale>. Cosa vorreste che il pubblico portasse a casa dopo aver assistito alla messa in scena di “O disse A TE.”? <Ci piacerebbe suscitare una riflessione su una condizione che è quella attuale. Il teatro che ci piace fare, e che con Municipale Teatro abbiamo fatto fino ad ora, è proprio scegliere di dire cose quando c’è l’urgenza di farlo, siano esse comode o scomode. Raccontare situazioni che percepiamo intorno a noi, stando attenti a non parlarci addosso. Ci piacerebbe provare a crescere imparando a fare delle analisi sempre più lucide e aperte alle considerazioni. Ci piacerebbe pure che le persone uscissero con in mente una frase tipo: “sai che c’è: io ci provo e va bene così”. Vorremmo regalare un po’ di felicità verso se stessi, perché magari quotidianamente non si pensa di essere degli eroi, ma nel nostro piccolo, passo dopo passo, stiamo vivendo>.