Sant’Agostino:
- Il carattere della teologia agostiniana:
Il problema teologico in Sant’Agostino coincide con quello dell’uomo Agostino: la riflessione teologica cessa di essere puramente
oggettiva e si salda profondamente all’uomo stesso che la istituisce.
Il centro della riflessione del santo coincide col centro della sua personalità e il suo atteggiamento è quello del pensatore che non ha
altro scopo che di chiarirsi con se stesso. Per questo motivo egli dichiara di non voler conoscere altro che l’anima, l’uomo interiore
nella realtà della sua natura, e Dio, l’essere nella sua trascendenza senza il quale non è possibile riconoscerla verità dell’anima.
Per giungere a questa conoscenza, Agostino raccoglie anzitutto il meglio del pensiero patristico ed i concetti teologici fondamentali
della Chiesa, i quali si arricchiscono di un significato umano; inoltre egli riesce a fondare su tutto ciò la sua ricerca, la quale trova
nella ragione il suo rigore. Una ricerca simile a quella platonica, ma che si radica profondamente nella religione; Dio solo, guida e
determina la ricerca, e così il pensiero diventa, nella sua verità, fede, e l’azione, nella sua libertà, grazia di Dio.
- La vita:
Agostino nacque a Tagaste, nell’Africa romana, nel 354. Sua madre Monica, cristiana, esercitò sul figlio una profonda influenza. Nella
fanciullezza, nonostante vivesse disordinatamente, coltivava gli studi classici e amava la grammatica. Verso i diciannove anni la
lettura dell’Ortensio di Cicerone lo trasse alla filosofia. Agostino aderì dunque alla setta dei Manichei e incominciò ad insegnare
retorica. Dopo alcuni anni cominciava a dubitare delle verità del manicheismo e si recò a Roma. Dopo un anno si trasferì a Milano,
dove le parole del vescovo Ambrogio lo persuasero al Cristianesimo. Nel 386 Agostino lasciò l’insegnamento per dedicarsi alle sue
riflessioni. Dopo la morte della madre, egli dedicò la sua vita alla continua ricerca della verità. In seguito, ritornato in Africa, fu
consacrato vescovo di Ippona. Da allora fino alla sua morte nel 480, la sua attività fu rivolta alla difesa e al chiarimento dei princìpi
della fede e alla lotta contro i nemici della Chiesa: il manicheismo, il donatismo e il pelagianismo.
- Le opere: ( pag. 507 )
- Le due colonne portanti del rapporto con Dio: la fede e la ragione
Agostino dichiara come scopo della sua ricerca la conoscenza di Dio e dell’anima. Per arrivare a ciò, secondo il santo, non occorrono
due indagini diverse, poiché cercare l’anima significa cercare Dio.
La ricerca di Agostino è improntata su due pilastri che si sostengono e si rafforzano a vicenda: la fede e la ragione. Questo rapporto è
sottolineato dal detto “crede ut intelligas – intellige ut credas2” ossia “credi per capire – capisci per credere”. Agostino con ciò vuol
dirci che per far correttamente filosofia è indispensabile credere, e, viceversa, per credere realmente (e avere dunque una salda fede) è
indispensabile filosofare (ricercare la verità).
- Contro lo Scetticismo: dal dubbio alla verità, la teoria dell’illuminazione
1. Sant’Agostino, interpretando lo scetticismo come teoria del dubbio universale, sostiene che non è possibile dubitare su tutto. Infatti,
la nostra esistenza è indubitabile, in quanto se dubitiamo di essa, dobbiamo per forza esistere.
2. Inoltre anche per la verità vale un discorso simile: per dubitare della verità si deve in qualche modo già esser nella verità, infatti,
chiunque comprende d’essere in dubbio, vede una cosa sicura della quale è certo. Chiunque dubita della verità ha in sé qualcosa di
vero di cui non si può dubitare. Il dubbio, dunque, presuppone un rapporto dell’uomo con la verità. L’uomo non è però la verità, in
quanto, mutevole e imperfetto, la ricerca. Essa tuttavia è perfetta e possiede già se medesima senza alcun bisogno di ricercarsi da sé.
La verità è dunque Dio, il quale, secondo Agostino, dona una parte di sé all’uomo, lo illumina. Questa è la teoria dell’illuminazione,
secondo la quale l’uomo è illuminato da Dio, luce assoluta che dona ad esso la verità. Agostino con questa teoria, analogamente a
Platone, ritiene che nell’uomo esistano delle verità, non derivanti dalla mutevole percezione dei sensi. Tuttavia, mentre Platone, con la
reminiscenza, faceva derivare tali verità dal mondo delle idee, Agostino, con l’illuminazione, le fa cristianamente provenire da Dio.
- Dio come Essere, Verità e Amore:
La verità è Dio, che si rivela come trascendenza all’uomo che incessantemente lo cerca nella profondità del suo io.
Dio, oltre che Verità, è anche Amore. Due entità queste, che vanno congiunte, in quanto non ci può essere amore se non per la verità.
Amare Dio significa amare l’Amore, ma per far ciò bisogna amare chi ama. L’uomo perciò, non può amare Dio se non ama l’altro
uomo. Dio si rivela come Verità solo a chi cerca la verità, Dio si offre come Amore solo a chi ama. Per riconoscere Dio l’uomo deve
ricercarlo nella propria interiorità: se l’uomo non cerca se stesso non può riconoscere Dio. Le determinazioni divine si fondano nella
ricerca poiché si rivelano solo in essa, ma allo stesso tempo la ricerca si fonda su di esse: l’uomo non può riconoscere la trascendenza
se non cerca, ma non può cercare se la trascendenza non lo chiama a sé.
- La struttura trinitaria dell’uomo e il peccato:
La possibilità di ricercare Dio è radicata nella stessa natura dell’uomo. Esso ha in sé una struttura trinitaria che fa sì che egli sia al
minuscolo ciò che Dio è al maiuscolo. Infatti, l’uomo è, conosce ed ama, proprio come Dio è Essere (Padre), Intelligenza (Figlio), e
Amore (Spirito Santo). Questa struttura rende l’uomo in grado di rapportarsi con Dio, ma non garantisce la realizzazione necessaria di
questa possibilità. Il Signore ha creato l’uomo affinché sia, poiché l’essere è di per sé un bene, ma l’uomo può anche decadere
dall’essere e in tal caso pecca. Infatti in primo luogo l’uomo è vecchio, carnale, ma può mutare in nuovo, spirituale. Ogni individuo è
vecchio per natura, ma può scegliere fra due alternative: rimanere tale continuando a vivere secondo la carne rompendo il rapporto con
l’essere per cadere nel peccato, o vivere secondo lo spirito rafforzando il rapporto con Dio e preparandosi a partecipare alla sua stessa
eternità. La prima alternativa non è in realtà una decisione, la vera scelta è quella in cui l’uomo decide di aderire all’essere. La causa
del peccato è dunque la rinunzia alla scelta vera per rivolgersi a se stessi. Il peccato è la superbia della volontà che si distoglie
dall’essere per attaccarsi a ciò che è da meno. Esso non ha dunque causa efficiente, ma solo deficiente: è solo una defezione, una
rinuncia a ciò che è sommo per adattarsi a ciò che è inferiore.
- Il problema della creazione del tempo.
In quanto è essere, Dio è il fondamento di tutto ciò che è; è dunque il creatore di tutto. Dio ha creato tutto attraverso la parola, intesa
come logos o figlio di Dio, che ha in sé le idee, forme immutabili delle cose. Queste idee non costituiscono il mondo intelligibile a cui
si riferiva Platone, ma l’eterna ed immutabile ragione (logos) attraverso la quale Dio ha creato il mondo. Agostino fornisce spiegazioni
anche a problematiche che altri padri della chiesa avevano posto. Egli alla domanda “che cosa faceva Dio prima di creare il cielo e la
terra” risponde dicendo che Dio non è solo l’autore di ciò che esiste nel tempo, ma anche del tempo stesso e sarebbe quindi insensato
chiedersi cosa facesse allora, poiché ancora non esisteva né un “prima” né un “dopo”. Agostino spiega inoltre come noi possiamo
misurare il tempo nella nostra anima. Non si può di certo misurare il passato che non c’è più o il futuro che non è ancora, ma sentiamo
presente nell’anima l’attesa delle cose future, la memoria delle cose passate e l’attenzione delle cose nel presente. Il tempo trova
nell’anima la sua realtà: nel distendersi della vita interiore dell’uomo attraverso l’attenzione, la memoria e l’aspettazione, e quindi
nella continuità interiore della nostra coscienza che conserva il passato e si protende verso il futuro.
- Contro il Manicheismo: il problema del male
La sensibilità e la grande intelligenza di Sant’Agostino lo hanno portato a riflettere ben presto su un grande problema: quello del male.
Agostino, in un primo momento, seguiva le dottrine del principe Mani, che ammetteva nel mondo due Idee, quella del Bene e quella
del Male, in eterna lotta tra loro. Il santo aveva poi abbandonato il manicheismo perché, mettendo in dubbio il concetto
d’incorruttibilità di Dio, era da lui considerato filosoficamente insostenibile. Il problema del male, tuttavia, seguì Agostino anche nella
sua conversione al Cristianesimo, e anzi, si fece ancor più grave. Egli voleva capire da dove derivasse e perché esistesse, nonostante la
presenza di Dio. All’interno del Cristianesimo era impossibile rispondere a questi quesiti attraverso la dottrina platonica della materia
maligna, poiché quest’ultima è anch’essa creatura di Dio. Sant’Agostino dunque, trovando inconciliabili la realtà del male con la
bontà di Dio, risolve la questione negando la realtà del negativo.
Poiché Dio è il creatore di tutte le cose, tutto ciò che è, in quanto è, è bene (Essere coincide con Bene). Perciò il male è privazione di
bene. Infatti le cose corruttibili, per corrompersi, devono essere bene, poiché altrimenti non avrebbero nulla per cui potrebbero
corrompersi. Il male dunque, non ha una propria realtà, non è autonomo, in quanto è sempre male di qualcosa, e non può esistere in
senso assoluto, poiché sarebbe non-essere assoluto. Attraverso questa teoria di non-sostanzialità del male, Agostino può sostenere che
Dio non crea il male, perché altrimenti creerebbe il non-essere.
Nel mondo sono però presenti diversi tipi di male: quelli naturali, quelli umani, quelli morali. Per quanto riguarda le imperfezioni
della natura, Agostino afferma che esse non sono tali dal punto di vista dell’ordine universale. Esse derivano infatti, o dalla struttura
gerarchica dell’universo, o fungono da elementi necessari dell’armonia cosmica. Dunque in questi casi il male non esiste poiché è
semplicemente il momento o la funzione di una totalità che di per sé è bene. I mali fisici sono invece dovuti al peccato originale,
mentre quelli morali risiedono nel peccato, mancanza della volontà che rinunzia a Dio per ciò che è inferiore. Alla fine l’inquietudine
esistenziale e filosofica di fronte all’entità del male si risolve per Sant’Agostino in un assoluto ottimismo teologico.
- Contro il Donatismo:
Il donatismo era un movimento scismatico fondato sul principio d’intransigenza della Chiesa allo Stato. La Chiesa non doveva quindi
aver contatti con le autorità civili e se qualche autorità religiosa tollerava questi contatti, perdeva la capacità di amministrare i
sacramenti. Agostino afferma contro il donatismo la validità dei sacramenti indipendentemente dalla persona di chi li amministra. È
infatti Cristo che opera attraverso il sacerdote e conferisce efficacia al sacramento. Inoltre la comunità dei fedeli non può essere
ristretta ad una minoranza, isolata dal mondo.
- Contro il Pelagianesimo:
Questa polemica condusse Agostino a fissare con straordinaria energia e chiarezza il suo pensiero sul problema del libero arbitrio e
della grazia. Per Pelagio, monaco irlandese, l’uomo, sia prima del peccato di Adamo, sia dopo, è capace di operare virtuosamente
senza bisogno del soccorso straordinario della grazia divina. Questa dottrina conduceva quindi a ritenere inutile l’opera redentrice del
Cristo ed anche quella di mediazione che la chiesa conduceva attraverso i sacramenti. Di fronte ad una dottrina che si prospettava così
rovinosa per la dogmatica cristiana e il compito della chiesa, Agostino reagisce energicamente, affermando che con Adamo ha peccato
tutta l’umanità e nessun uomo può essere sottratto alla dovuta punizione, se non dalla misericordia e dalla non dovuta grazia di Dio.
Per giustificare la trasmissione del peccato Agostino fu indotto a difendere sull’origine dell’anima il traducianismo, per il quale
quest’ultima viene trasmessa di padre in figlio attraverso la generazione del corpo. Agostino affermando tutto ciò fonda le sue idee sul
principio dell’identità della libertà umana attraverso la grazia divina. Il primo libero arbitrio, quello che fu dato ad Adamo, consisteva
nel “poter non peccare”. Perduta questa libertà per la colpa originaria, la quale costringe l’uomo a “non poter non peccare”,
l’individuo può vincere il peccato solo mediante l’aiuto della grazia divina. Infine l’ultima libertà, che dio darà come premio ai beati, è
quella di “non poter peccare”. Ma poiché la prima libertà, detta anche libertà minore, è stata data all’uomo affinché egli si procuri
l’ultima e compiuta libertà, detta anche libertà maggiore, è evidente che solo quest’ultima esprime ciò che l’uomo veramente deve
essere e può essere. Il non poter peccare, la liberazione totale dal male, secondo Agostino è una possibilità dell’uomo fondata solo sul
dono divino.
- Interrogativi riguardo libertà, grazia e predestinazione:
La dottrina agostiniana della grazia da luogo a molti interrogativi. Innanzitutto, la grazia, in relazione alla salvezza, può essere
considerata sia un fattore determinante che comitante. Nel primo caso la grazia è determinante, perché è Dio stesso che, conferendola
o non conferendola, determina gli abiti o le disposizioni che renderanno l’uomo giusto e lo porteranno alla salvezza; nel secondo caso
la grazia non è determinante, nel senso che la sua concessione da parte di Dio, pur essendo condizione necessaria della salvezza, non
determina la salvezza stessa, che esige la cooperazione dell’uomo. Sant’Agostino è molto ambiguo per quanto riguarda questo
argomento, e pensando a ciò, sorge un’altra domanda: La grazia è concessa a tutti indistintamente o solo ad alcuni? Anche in questo
caso Agostino oscilla tra due esigenze opposte: da un lato quella che consiste nell’ammettere che Dio concede a tutti la grazia
sufficiente alla salvezza, pur lasciando a tutti la possibilità di perdersi; dall’altro quella che consiste nell’esaltare la potenza della
grazia quale dono gratuito concesso solo ad alcune anime. Come vedremo, mentre il filone ortodosso del cattolicesimo insisterà sulla
prima alternativa, il filone protestante preferirà insistere sulla seconda, sino a giungere, con Calvino, alla teoria della così detta
predestinazione doppia, secondo cui Dio predestina alcuni alla salvezza ed altri alla perdiezione. Possiamo quindi affermare che in
Agostino non esiste una teoria univoca sulla salvezza. In Agostino c’è piuttosto un ambiguo oscillare fra sistemi concettuali opposti, e
talora contraddittori.