SCIAMANESIMO E MUSICA SCIAMANICA
Antropologia culturale
L'antropologia culturale è uno dei campi dell'antropologia, lo studio olistico dell'umanità. In
particolare, essa è la disciplina che ha promosso e sviluppato la cultura come oggetto di studio
scientifico; essa è anche il ramo dell'antropologia che studia le differenze culturali tra gruppi di
umani.
I concetti su cui si basa l'antropologia culturale sono in parte dovuti ad una reazione contro la
passata concezione occidentale basata sull'opposizione tra natura e cultura, secondo la quale alcuni
esseri umani sarebbero vissuti in un ipotetico "stato naturale".
Gli antropologi si oppongono a questa visione in quanto la cultura fa in realtà parte della natura
umana: ogni persona ha infatti la capacità di classificare le proprie esperienze, di codificare
simbolicamente tali classificazioni e di insegnare tali astrazioni ad altri. Poiché la cultura viene
appresa, le persone che vivono in luoghi differenti avranno differenti culture. Gli antropologi hanno
inoltre sottolineato che attraverso la cultura le persone possono adattarsi al proprio contesto
ambientale in modi non-genetici, cosicché persone che vivono in contesti ambientali diversi
avranno spesso culture differenti, e gli elementi apparentemente comuni tra culture lontane hanno
quasi sicuramente significati diversi.
Molte delle teorie antropologiche si basano sulla considerazione e l'interesse per la tensione tra
l'ambito locale (le culture particolari, il folklore) e l'ambito globale (la natura umana universale,
ovvero la rete di connessioni che unisce le persone di luoghi diversi). Dobbiamo anche dire che
l'antropologia culturale ha vari settori come tutte le altre discipline. Abbiamo l'antropologia politica,
l'antropologia medica, l'antropologia della parentela, l'antropologia religiosa, l'antropologia
applicata e l'antropologia psicologica.
Definizione di cultura secondo l’inglese Edward Burnett Tylor (1832-1917): "presa nel suo più
ampio significato etnografico è quell'insieme complesso che include il sapere, le credenze, l'arte, la
morale, il diritto, il costume, e ogni altra competenza e abitudine acquisita dall'uomo in quanto
membro della società".
L'etnografia (dal greco: ethnos - "nazione", e grapho - "scrivo"; letteralmente "descrizione dei
popoli") è il metodo con cui operano le ricerche sul campo delle scienze etnoantropologiche.
Sciamanesimo
Sciamanesimo, in antropologia culturale, è un termine che indica l'insieme delle credenze ed il
modo di vivere e di vedere il mondo, di società animiste non alfabetizzate, imperniato intorno ad
una particolare figura di guaritore-saggio ed alla sua attività magico-religiosa: lo sciamano.
Lo sciamanesimo si riferisce a una vasta gamma di credenze e pratiche tradizionali che comprende
la capacità di diagnosticare e curare malattie, nonché tutti i possibili problemi della comunità e del
singolo, dal come procurarsi il cibo al come sbarazzarsi dei nemici. Ciò attraverso l'asserita capacità
dello sciamano di "viaggiare" in stato di trance nel mondo degli spiriti e di utilizzare i loro poteri. È
questa la principale caratteristica dello sciamano che lo contraddistingue da altre forme di guaritore.
Lo sciamanesimo è un'antichissima pratica transculturale che presenta caratteri distintivi ben precisi
e comuni, all'interno di una struttura flessibile, capace cioè di adattarsi a diverse culture e religioni.
Secondo svariati dizionari etimologici, la parola sciamano (per la prima volta attestata nel 1698)
sarebbe entrata nell'italiano dall'inglese shaman, questo (attraverso lingue slave e germaniche) dal
tunguso šaman (una lingua dell’Asia centrale), a sua volta derivato dal sanscrito sramana che
significa "monaco". Indica il capo religioso e spirituale della comunità, l'uomo della medicina e
l'interprete dei fenomeni naturali.
La figura dello sciamano nasce nelle società primitive con lo scopo di risolvere problematiche di
base per la sopravvivenza di qualsiasi società, ovvero:
- salute
- riproduzione
- sussistenza
Secondo queste società primitive, in ultima istanza, erano gli spiriti ultraterreni a determinare la
sorte e gli avvenimenti terreni; ogni problema poteva perciò essere risolto solo da qualcuno che
avesse la capacità ed i mezzi per entrare in contatto con tali spiriti, affrontando un "viaggio"
ultraterreno nel loro mondo, trovando lì la soluzione ai problemi. Questo è lo sciamano, un "ponte"
tra il mondo terreno e quello ultraterreno. Secondo la cultura sciamanica, non si può diventare
sciamani per scelta o per semplice iniziazione, ma si deve ricevere una "chiamata" da parte degli
"spiriti" e a questa chiamata non si può rispondere negativamente. Detto ciò, è comunque possibile
che alcune culture prevedano un qualche tipo di iniziazione per lo sciamano. Per chi la riceve, la
"chiamata" è spesso un dramma: essa ne sconvolge la vita e ne mina seriamente la stabilità e
l'integrità fisico-psichiche; il chiamato ne farebbe volentieri a meno. Tuttavia, il non accettare,
sempre secondo la tradizione sciamanica, avrebbe conseguenze molto più gravi, che potrebbero
portarlo fino alla follia ed alla morte.
Lo sciamanesimo, originariamente legato alle culture di cacciatori-raccoglitori, appare diffuso quasi
ovunque nel mondo, dall'Australia alle Americhe con caratteristiche comuni. Particolarmente
radicato appare in Asia, specialmente in Siberia, dove non c'è è stata la minima la sovrapposizione
di altre culture; lo sciamanesimo siberiano è pertanto considerato dagli studiosi quello classico, il
meno "contaminato" da altre culture.
Secondo l'antropologia ufficiale, gli elementi fondamentali caratterizzanti dello sciamano, comuni a
tutti i luoghi ove la credenza sciamanica si sia diffusa e pressoché identici dall'Australia alle
Americhe, all'Asia, sono:
1) La chiamata sciamanica. Lo sciamano, prima di diventare sciamano, asserisce di ricevere una
"chiamata" da parte degli "spiriti", alla quale non può rifiutarsi di rispondere positivamente.
2) Il viaggio sciamanico. Un "viaggio" mentale, onirico nel "mondo degli spiriti", che lo sciamano
compie alla propria investitura e successivamente, con modalità differenti, ad ogni suo intervento
volto a risolvere problemi propri, della comunità o di singoli. Le fasi caratteristiche del "viaggio"
sono:
- trance (stato psichico alterato che in alcuni casi viene raggiunto tramite l'uso di allucinogeni e che
permane per tutta la durata del "viaggio");
- metamorfosi, lo sciamano si trasforma (durante il viaggio, quindi in sogno) nell'animale che lo
protegge e da cui deriva il proprio potere;
- combattimento (compie durante il viaggio combattimenti contro gli spiriti ed altri sciamani);
- ritorno (lo sciamano "rientra" dal "viaggio" con la soluzione al problema).
3) il divieto per lo sciamano di ricevere compensi in denaro (pena la perdita del potere sciamanico).
Musica sciamanica
Prima di viaggiare lo sciamano deve cadere in uno stato di trance. Per provocare questo stato di
trance lo sciamano canta, suona il tamburo sacro, danza, declama invocazioni, finché la sua anima
non si distacca dal corpo e intraprende il suo viaggio. Durante il viaggio lo sciamano o cade in
catalessi e appare svenuto o, al contrario, racconta al pubblico presente le sue visioni e le mille
insidie della sua avventura nel mondo degli spiriti.
Una delle caratteristiche più interessanti dello sciamano è proprio il suo rapporto con la musica: lo
sciamano canta, balla, danza, racconta, ha incredibili capacità vocali. Fra tutti i sacerdoti è forse
quello che fa un uso più completo della musica. E, fatto singolare, è in grado di entrare in trance con
un accompagnamento musicale eseguito da lui stesso e non da altri musicisti. Il tamburo dello
sciamano è considerato sacro, è dipinto con molti simboli magici e cosmologici, ed è considerato
dallo sciamano il "cavallo volante" da montare per intraprendere il suo viaggio nel mondo degli
spiriti.
La musica sciamanica comprende sia la musica usata come componente dei rituali degli sciamani,
sia la musica che si riferisce, o si ispira, a questi. Uno sciamano usa vari modi per creare suoni a cui
sono attribuiti scopi differenti. Di particolare rilievo sono la canzone dello sciamano e il suonare il
tamburo sciamanico. Recentemente sono emersi in Siberia gruppi musicali che si ispirano alla
tradizione culturale sciamanica.
Anche se gli sciamani usano il canto, il tamburo e talvolta altri strumenti, un rituale sciamanico non
è una prestazione musicale in senso stretto: la musica è diretta più agli spiriti che a un probabile
pubblico. Ne conseguono da ciò diverse implicazioni:
-
in primo luogo, una prestazione rituale sciamanica è, soprattutto, una serie di azioni e non
una serie di suoni musicali;
-
in secondo luogo, l'attenzione dello sciamano è diretta verso l'interno, verso la
visualizzazione del mondo spirituale e la comunicazione con gli spiriti, e non all'esterno
verso gli ascoltatori che potrebbero essere presenti;
-
in terzo luogo è importante, per il successo del rituale, che il relativo contesto sia definito
come chiaramente differente da quello di qualunque genere di intrattenimento;
-
in quarto luogo, gli elementi teatrali che talvolta si aggiungono per impressionare un
pubblico mostrano l’autenticità del contatto con gli spiriti piuttosto che il virtuosismo
musicale dell'esecutore;
-
dalla prospettiva musicale, le prestazioni rituali sciamaniche hanno la caratteristica peculiare
della discontinuità. Le rotture possono accadere perché risulta difficile comunicare con uno
spirito, o perché lo sciamano deve chiamare uno spirito differente. Tipicamente, le fasi della
prestazione sono interrotte bruscamente, forse per essere ricominciate dopo una pausa, forse
no.
Il materiale sonoro che utilizza lo sciamano non fa parte di un “sistema” codificato di suoni, non
costituisce un “linguaggio musicale” condiviso con la comunità di “iniziati”: il linguaggio è
condiviso non con la comunità umana ma con gli spiriti. Lo sciamano fa uso del suono come
catalizzatore di un ambiente interno immaginario, sperimentato come spazio-tempo sacro in cui egli
viaggia ed incontra gli spiriti. I suoni, passando costantemente fra interno ed esterno, collegano
questo spazio immaginario con lo spazio reale del rituale in cui lo sciamano si muove e compie
azioni e gesti.
Un elemento molto importante nello sciamanesimo siberiano è l'uso di oggetti metallici pendenti comprese spesso le piccole campane - che vengono legati al mantello rituale, alla parte interna del
tamburo e talvolta anche al battitore. Questa pratica crea un campo sonoro intero ma in movimento
continuo, quindi percepito come un singolo suono complesso.
Alcuni suoni particolari, come quello delle campane, possono essere usati per la purificazione del
luogo in cui il rituale dovrà essere effettuato. Questo perché un contatto con gli spiriti è sempre
potenzialmente pericoloso: uno dei pericoli è quello di inquinamento del rituale.
Una campana può anche essere usata per evocare o per mandare indietro gli spiriti. Gli sciamani
inoltre con le stesse finalità possono imitare i suoni degli uccelli e degli animali.
All'interno del rituale sciamanico, il suono può anche avere potere curativo. Può quindi essere
concepito come un mezzo per inviare l'energia spirituale dallo sciamano a una persona sofferente.
La tradizione tuvana (Repubblica di Tuva, Siberia centro-meridionale), afferma che le persone
ammalate vengono guarite dal suono di uno strumento composto dal legno di un albero colpito e
bruciato da un lampo.
La canzone dello sciamano - o algysh in tuvano - è diversa per ogni sciamano. Racconta del suo
luogo di nascita, della sua iniziazione, della sua linea di discendenza ancestrale, di doti speciali e
speciali legami con spiriti particolari. La melodia e le parole sono composte dallo sciamano stesso e
generalmente rimangono le stesse per tutto l'arco della sua vita professionale. L'algysh è cantato
spesso verso l'inizio del rituale ed è accompagnato dal suono del tamburo dungur. Il canto serve a
ricordare allo sciamano la propria identità e il proprio potere. Afferma le sue abilità e lo annuncia
agli spiriti.
Il tamburo a membrana singola è ampiamente usato nel rituale sciamanico. Si afferra tramite un
manico di legno fissato internamente alla cassa e viene suonato per mezzo di un battitore specifico
che può anche in sé essere un sonaglio. Spesso al tamburo sono fissati oggetti rituali metallici che
pendendo producono suono. Il tamburo sarà costruito con materiali consacrati: la scelta dell'albero e
della pelle sono molto accurate. Nel caso dello sciamanesimo, sembra che il tamburo portatile sia
altamente adatto per una prestazione in cui l'azione ed il gesto sono la linea guida. Il gesto fisico del
suonare il tamburo, infatti, è integrato spesso a una danza sciamanica. Per questo motivo il suonare
il tamburo non si limita al tempo stabile ma può accelerare e rallentare con accenti irregolari.
Il didjeridoo degli Aborigeni australiani tra riti, armonici e guarigione
Gli armonici sono un fenomeno fisico acustico non evidente, che però è componente molto
importante nella musica meditativa e curativa dello yoga e di altre tecniche proposte dalla
musicoterapia di ogni cultura. Gli Aborigeni australiani utilizzano uno strumento che emette un
suono grave per i loro riti di guarigione: il didjeridoo.
Le note emesse dal didjeridoo sono simili all’accordo a una voce dei monaci tibetani, il cosiddetto
CANTO ARMONICO: sono note molto basse con chiari ed evidenti armonici. Una cosa che
accomuna queste due scuole culturali di musica armonica, è la respirazione circolare, una tecnica
avanzata che permette di continuare a respirare mentre si canta o si suona il didjeridoo. In questo
modo si può ottenere un suono molto prolungato, tramite il quale si arriva ad alterare lo stato di
coscienza della persona che lo pratica.
Gli Aborigeni credono che il didjeridoo gli sia stato donato da un popolo di creature soprannaturali
che hanno preso parte alla creazione del loro popolo, durante il “Tempo del Sogno”. Lo scopo di
questo strumento era di funzionare da richiamo per permettere ai due popoli di comunicare. Il legno
con il quale è costruito il didjeridoo è una radice cava scavata dalle termiti, che viene trovato da uno
sciamano alterando il proprio stato di coscienza, ed entrando nel “Tempo del Sogno”, in questo
modo riesce a localizzare l’albero giusto nella foresta.
Le somiglianze dei riti sciamanici degli Aborigeni che utilizzano il didjeridoo con le pratiche di
meditazione e guarigione dei monaci tibetani che implicano il canto armonico sono notevoli.
L’energia degli armonici è utilizzata da entrambi per entrare in stati d’animo non comuni, ma anche
per accelerare la guarigione di parti malate, indirizzandovi sopra il suono del didjeridoo da parte
dello sciamano.
Il canto armonico
Il canto armonico, detto anche canto difonico, diplofonie e triplofonie, ed in inglese overtone
singing, è una tecnica di canto nella quale il cantante sfrutta le risonanze che si creano nel tratto
vocale (che si trova tra le corde vocali e la bocca) per far risaltare gli armonici presenti nella voce.
In questo modo una singola voce può produrre simultaneamente due o più suoni distinti.
Questo utilizzo della voce, sebbene con differenti tecniche e stili, è presente in molte culture. Infatti,
benché tipico di tradizioni come quella tibetana e mongola-tuvana, esso è riscontrabile anche in
Sudafrica tra la tribù Xosa, in Rajastan e nelle popolazioni Inuit (Eschimesi, Artico).
La tradizione più nota è quella di Tuva, una piccola repubblica appartenente alla Federazione Russa.
Tale tradizione di canto risale molto indietro nel tempo. Secondo leggende locali i tuvani
cominciarono a cantare per stabilire un contatto con le entità spirituali che pervadono tutte le cose
ed acquisire la loro forza attraverso l'imitazione dei suoni naturali. Di fatto nelle credenze tuvane il
suono è la via preferenziale per gli spiriti della natura per rivelarsi e comunicare con gli altri esseri.
La popolazione indigena canadese degli Inuit possiede una forma di canto armonico, che si
differenzia da quello tuvano per l'essere praticato quasi esclusivamente dalle donne. Esso è
tradizionalmente utilizzato dalle donne per cullare i bambini o in giochi praticati durante le lunghe
notti d'inverno. Tale tecnica, dopo un lungo periodo di declino, è stata recentemente riscoperta,
soprattutto dalle giovani generazioni, nell'ottica di una riscoperta delle tradizioni Inuit.
La terapia dei suoni
Le valenze della musica vanno ben oltre l’aspetto ludico e ricreativo. Nuove ricerche in campo
medico hanno ormai accertato gli effetti della musica prodotti sull’individuo. Oggi, di musica si può
anche guarire.
E’ a tutti noto come la medicina primitiva, istintiva, empirica o magica, e le religioni primitive, che
erano e sono le depositarie dell’arte medica, usino la musica per ottenere quei fenomeni di
allucinazione collettiva e di trans individuale che sono il fondamento di tutte le pratiche mediche,
rituali, magiche e religiose.
Il ripetersi in esasperante e ipnotica monotonia di due note fondamentali con un’unica variazione
del ritmo, porta lentamente ad una anestesia psichica, a una perdita del controllo della personalità, a
uno stato psichico alterato che favorisce lo svolgersi delle pratiche terapeutiche primitive come
l’espulsione dal corpo del malato del demone che ha causato la malattia fino alle più complesse
pratiche della medicina animistica che ricerca nella musica la perdita della coscienza e della
personalità del “paziente” per ottenere lo scambio della sua anima ed ingannare così lo spirito
malvagio che lo possiede.
Un altro esempio di grande interesse per le facoltà terapeutiche del suono ci viene dalla medicina
sacerdotale greca. Infatti, nei templi la guarigione miracolosa avveniva nel sonno e nell’ipnosi e
l’uno e l’altra erano favoriti da musiche e danze rituali.
Oggi, soprattutto nella medicina ad orientamento psicosomatico possiamo ritrovare il connubio
musica-medicina dove il farmaco sonoro interviene su tutto il corpo attraverso la ri-costruzione di
un’armonia fisica e psichica perduta. Ma bisogna riconoscere che anche la scienza medica ufficiale
(soprattutto negli USA, in Canada, in Australia e in Francia) già da molti anni ha iniziato ad
investire nella ricerca di terapie alternative in cui i suoni vengono utilizzati con notevole successo
nel campo dell’anestesia (applicazioni anelgesiche musicali), per la rieducazione motoria in
ortopedia, come vera e propria medicina in campi notevolmente estesi della neuropsichiatria (forme
di nevrosi e psicosi o nei casi di autismo) o ancora più semplicemente come tonico durante
interventi chirurgici o nel corso di sedute dentistiche o psicanalitiche.
Rimanendo in campo neuropsichiatrico, è importante sottolineare come in certe sedute mediche le
varie reazioni suscitate nei pazienti sottoposti all’ascolto di musiche o di suoni diversi possa
condurre gli specialisti a formulare o convalidare giudizi diagnostici e prognostici. Recentemente,
poi, sono sempre più frequenti i tentativi di utilizzare la musica per favorire l’immaginazione, la
concentrazione, la meditazione, la capacità apprensiva alla lettura oppure alla proposizione di
quesiti matematici.
LE ATTIVITÀ DI MUSICOTERAPIA IN GRAVIDANZA E PARTO: APPLICAZIONI E
RISULTATI
Le ormai numerose esperienze di musicoterapia italiane ed estere confermano l’utilità di affiancare
attività sonoro-musicali ai tradizionali corsi di preparazione al parto, poiché la musica può aiutare la
gestante a rilassarsi, a contenere l’ansia e a raggiungere uno stato di generale benessere psicofisico.
Musica per la mamma
La gravidanza comporta una serie di cambiamenti non solo fisici ma anche psicologici; i mutamenti
che avvengono durante i nove mesi sono talvolta accompagnati da momenti di ansia, stress, paura e
affaticamento che possono impedire alla donna di vivere questo straordinario momento della vita in
serenità. La musica in questo contesto può essere un valido strumento per aiutare la gestante a
migliorare la sua salute emotiva: nelle sedute di musicoterapia la madre si prepara alla nascita del
suo bambino abituandosi ad ascoltarne le azioni-reazioni motorie in risposta al suono della voce e
della musica, ascoltando se stessa, i suoi ritmi interni ed il loro modificarsi con il procedere della
gravidanza. Con attività musicali appositamente studiate si permette alla futura mamma di vivere
con serenità i nove mesi dell’attesa, ma anche di imparare alcune tecniche che potrebbero servirle
concretamente nel momento del parto. Questo le permette di vivere la nascita con consapevolezza e
serenità, attenta e pronta ad assecondare i segnali provenienti dal suo corpo e dal suo bambino
(AUDITORE-PASINI, 1998).
La musica per il bebè
La musicoterapia prenatale prevede anche una serie di attività per stimolare il piccolo e per favorire
così la comunicazione fra mamma-bambino. La musica durante l’attesa è il canale privilegiato di
questa comunicazione e le varie attività ritmico-sonore permettono di preparare una relazione
affettiva equilibrata e serena, nonché di stimolare adeguatamente lo sviluppo strutturale e
funzionale del sistema nervoso del feto stesso. Infatti, tutti gli stimoli presenti nell’ambiente nel
quale il feto cresce (suoni interni ed esterni alla madre), contribuiscono allo sviluppo delle e vie
sensoriali acustiche, favorendo anche il processo di maturazione strutturale e funzionale del Sistema
Nervoso (AUDITORE, 1998). Ma la musica per eccellenza che piace al piccolo è senza dubbio
quella prodotta dalla mamma, ossia la sua voce: la colorazione timbrica e melodica della voce
materna è veicolo di emozioni ed affetti, è una carezza ed una “coccola sonora”, ma anche un vero
strumento per comunicare al piccolo stati di "trepidante accoglienza o al contrario di gelido rifiuto"
(BENASSI, 1998).
Il canto prenatale
Il canto aiuta la gestante a migliorare il respiro, ma anche a farle scoprire il piacere di cantare per il
bebè, contribuendo così anche al suo sano sviluppo. Dagli studi di psicofonia effettuati dalla
cantante Maria Luisa Aucher in collaborazione con Paul Cauchard, neurofisiologo della Sorbona, è
emerso che la voce investe interamente il corpo del feto: in pratica quella più grave del papà è
potenzialmente in grado di stimolarlo dai piedi all'addome, mentre la voce più acuta della madre,
dalla vita alla testa. Dall'osservazione di neonati, figli di cantanti professionisti, si è riscontrato che
dove era la madre a cantare per tutta la gravidanza il bambino mostrava alla nascita solidità alla
nuca e vigore degli arti superiori, quando invece era il padre si assisteva ad una precoce
deambulazione. Il canto prenatale svolge anche un'azione auto-analgesica, poiché la pratica aiuta la
partoriente a produrre le endorfine, sostanze che attenuano spontaneamente la percezione del
dolore. La respirazione distesa, invece, influenza positivamente il tono muscolare, che perciò risulta
meno contratto (BENASSI, 1998).
L’ascolto musicale
L'ascolto musicale rilassa, distende, favorisce il contenimento dell'ansia e aiuta la gestante a creare
immagini positive e piacevoli: le musiche più adatte allo scopo sono lente, dolci e tranquille e
spesso rievocano scene di vita infantile, paesaggi montani e naturali. Queste stesse immagini
vengono richiamate alla mente durante le fasi del travaglio, tra una contrazione e l'altra, e aiutano
moltissimo la partoriente a distrarsi, a recuperare le forze e ad agevolare il riposo, prima di una
nuova spinta. Le “visualizzazioni” solitamente vengono conservate e ricordate dalla donna anche
senza l'aiuto della musica; l'ascolto, infatti, è accettato solo nelle prime fasi del travaglio, quando i
tempi di recupero sono abbastanza ampi e cessa, invece, quando le contrazioni si susseguono a ritmi
più frequenti, che non coincidono più con quelli musicali del brano e con quelli mentali della
partoriente. All'ascolto sono assolutamente esclusi brani a carattere depressogeno, ansiogeno, ricchi
di dissonanze e poco rassicuranti; sono eliminate anche quelle composizioni che possono
amplificare la ricezione del dolore, se riascoltate nel corso del travaglio (BENASSI, 1998).
Strumenti musicali
L’uso di strumenti musicali molto semplici (tamburi, maracas, triangoli, sonagli, piatti, legnetti…
sono subito facilmente utilizzabili da tutte e non serve nessuna conoscenza teorico-musicale) offre
alla gestante la possibilità di esprimersi musicalmente con libertà, ricercando il proprio ritmo
interiore: alcuni strumenti facilitano la relazione con il feto attivando uno scambio di segnali
ritmico-sonori, che avvicinano la madre al suo bambino in un dialogo reale (AUDITORE, 1998).
… e durante il parto
In sala parto l’ascolto musicale è consigliato anche dai medici, soprattutto per le primipare, nelle
quali la paura e l’intensità delle contrazioni possono avere effetti negativi sul travaglio, causando
eventuali traumi alla partoriente e al nascituro. Esperienze australiane ad esempio confermano che
l’ascolto di musica rilassante serve per favorire la distensione, la calma e per far sì che la donna si
concentri su se stessa con lo scopo di ridurre e di gestire meglio il dolore, ma anche per diminuire il
panico, per distrarre e per agevolare il riposo/sonno tra una contrazione e l’altra; si ricorre, invece, a
brani coinvolgenti ad alto volume per cercare di distogliere l’attenzione dal bisogno di spingere e
per far sì che la partoriente rimanga vigile. Studi statistici, inoltre, evidenziano una riduzione
significativa dei tempi del travaglio e della richiesta di analgesici e antidolorifici. Inoltre il
personale sanitario ha osservato che le neo mamme impiegano minor tempo per apprendere subito
“il mestiere del genitore”, cioè sono subito disponibili a passare del tempo con il piccolo e ad
allattarlo al seno, rispetto invece alle donne che hanno un parto doloroso (ALLISON, 1995).