e al miglioramento dei risultati dell`apprendimento

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Azioni di sostegno al curricolo
Progetto di ricerca-azione rivolta all’innovazione nei bienni delle scuole secondarie superiori della Provincia di Torino,
finalizzata all’orientamento, alla riduzione della dispersione scolastica
e al miglioramento dei risultati dell’apprendimento
I.I.S. SELLA AALTO
V. Montecuccoli 12 - 10121 TORINO
Tel. 011/542470 – 011/534832 Fax 011/547583 [email protected]
Sez. associata SELLA
Sez. associata AALTO
V. Montecuccoli 12 - 10121 TORINO
V. Braccini 11 - 10141 TORINO
Tel. 011/542470 – 011/534832
Tel. 011/3828181 Fax 011/3808042
[email protected]
Fax 011/547583
UNI EN ISO 9001
2000
[email protected]
IL LABORATORIO TEATRALE
LE PREMESSE
La classe 1 A dell’istituto “Sella” si caratterizza fin dall’inizio dell’anno scolastico come un
gruppo difficile. Gli atteggiamenti di disturbo durante le lezioni sono la regola che si inquadra in un
comportamento generale di disinteresse e disaffezione nei confronti dell’attività scolastica.
La classe, a netta prevalenza maschile, è composta da atleti che svolgono attività sportiva a
livello agonistico in diversi settori. Per questo motivo, la classe è inserita in un progetto (scuolasport) che prevede un orario in parte ridotto per consentire le attività di allenamento pomeridiane.
La composizione dunque si discosta da quella riscontrabile nelle altre classi. Gli allievi in
generale non sono assimilabili alla media degli altri ragazzi e ragazze in termini di scopo e
motivazione, essendo il loro obiettivo principale la riuscita nel campo dello sport specificatamente
praticato. Inoltre, rispetto alla provenienza sociale di livello medio degli altri allievi della scuola, i
ragazzi e le ragazze della 1 A denotano l’appartenenza a classi popolari che, se da un punto di vista
di rapporto umano permette un’interazione più diretta e talvolta significativa, per ciò che riguarda il
rispetto delle regole di base del comportamento scolastico troppo spesso si traduce in atteggiamenti
negativi e in mancanza di riconoscimento per la figura del docente.
Nei vari consigli di classe che si susseguono dopo l’inizio dell’anno scolastico si affronta
dunque il problema della gestione della classe. L’obiettivo prioritario da perseguire appare quello di
favorire nella classe l’educazione alla cittadinanza, intesa come consapevolezza da parte di ognuno
e del gruppo classe dei propri diritti e dei propri doveri sociali nell’ambito della micro società
scolastica.
Tra le altre proposte viene anche approvata la realizzazione di un’attività teatrale orientata al
tema del bullismo. La classe infatti più volte si distingue negativamente per espressioni di
prevaricazione e di irrisione nei confronti di allievi della stessa classe e della scuola.
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Azioni di sostegno al curricolo
L’ESPERIENZA DELLA
COMPAGNIA TEATRALE DI ISTITUTO
Nell’individuazione della proposta teatrale il punto di riferimento, dunque, è rappresentato
dall’esperienza ormai decennale della compagnia teatrale di istituto da me condotta in
collaborazione con la prof.ssa Tordella (nata dalla collaborazione nell’anno scolastico 1997/98 con
il laboratorio dell’Archivio storico della scuola). La docenza della compagnia teatrale è affidata
quindi a docenti interni alla scuola (peraltro specificatamente competenti rispetto allo strumento
teatrale, per effetto di precedenti esperienze professionali nel settore teatrale e musicale). Questa
caratterizzazione ha costituito uno dei punti di forza dell’esperienza, garantendo la necessaria
continuità dell’attività nel tempo, nonché il legame tra l’esperienza didattica e l’esperienza teatrale.
La compagnia teatrale di istituto, sempre sostenuta negli anni dalla Dirigenza e dalla collaborazione
di colleghi e del personale ATA della scuola, rappresenta perciò una della proposte maggiormente
qualificanti dell’istituto, caratterizzandosi negli anni con proposte di spettacoli premiate in
numerose rassegne teatrali nazionali e internazionali (si allega in appendice il resoconto dei premi e
riconoscimenti ottenuti). La compagnia si caratterizza fin dalle origini per la forte valenza culturale
della propria attività, legandosi strettamente per la propria produzione ai curricoli scolastici
(soprattutto quelli della Storia, del Diritto, dell’Economia politica, di Lettere).
Non a caso, i testi degli spettacoli rappresentati in questo decennio sono costituiti per lo più
da documenti originali utilizzati con criterio filologico (ad es. circolari scolastiche del 1938 per lo
spettacolo Credere, obbedire…; oppure testimonianze e diari, dichiarazioni di collaboratori di
giustizia e sentenze di tribunali, nel caso dello spettacolo sulla mafia Nonostante tutto; o, ancora,
fonti originali dell’opera di Don Lorenzo Milani per lo spettacolo I care, tratto da Lettera a una
professoressa e da L’obbedienza non è più una virtù).
In questo modo, si è inteso da un lato utilizzare e valorizzare attraverso il mezzo teatrale il
patrimonio di documenti storici dell’istituto, dall’altro stimolare negli allievi un approccio alla
storia e alla realtà del presente fondato sull’analisi e sull’elaborazione di documenti originali, in
modo da rendere più coinvolgente e più diretto l’apprendimento delle discipline coinvolte. Il tutto,
allo scopo di stimolare gli studenti a tornare sui libri per capire in modo più maturo e personale la
realtà in cui si vive, nella consapevolezza che la democrazia, al contrario delle dittature, si fonda
innanzi tutto sulla responsabilità individuale e permane solo nella misura in cui si ha la coscienza
dei propri diritti e doveri. In questo senso, il teatro ha operato per favorire la maturazione di una
coscienza civile e per formare nei ragazzi la precondizione cultuale fondamentale della democrazia,
necessaria per la stessa vitalità della forme giuridiche.
In aderenza ai postulati della ricerca-azione, attraverso l’uso dei documenti (nelle fasi del
loro ritrovamento, analisi, scelta e drammatizzazione teatrale), la metodologia utilizzata ha
rappresentato e continua a rappresentare nella sua realizzazione attuale un vero e proprio laboratorio
attivo di educazione alla democrazia e alla cittadinanza. È questo forse l’elemento di maggiore
originalità dell’esperienza, infatti continuamente richiamato nelle attestazioni e nei riconoscimenti
ufficiali. L’attenzione filologica che presiede all’uso dei documenti originali che hanno costituito il
“copione” degli spettacoli, l’impatto teatrale emotivamente coinvolgente degli stessi documenti, la
percezione del profondo livello di comprensione empatica da parte degli allievi-attori, sono gli
elementi richiamati in modo ricorrente dai fruitori degli spettacoli e delle iniziative organizzate.
I risultati riscossi dalle rappresentazioni hanno così contribuito a diffondere l’eco suscitata
dagli allestimenti che sono stati richiesti da scuole, da enti pubblici (ad esempio il Comune di
Torino e molti Comuni piemontesi, varie Circoscrizioni, la Provincia riunita in seduta comune nella
ricorrenza del Giorno della Memoria), dalla comunità ebraica, da diversi gruppi e associazioni.
In questo modo, si sono create e poi consolidate collaborazioni con l’”Istituto piemontese
per la storia della Resistenza e della società contemporanea”, con l’”Archivio Nazionale
Cinematografico della Resistenza di Torino”, con l’associazione ”Franco Antonicelli”, con
“Libera”, con il “CIDI” e con altre associazioni e gruppi legati alla memoria della Resistenza o
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Azioni di sostegno al curricolo
operanti per la diffusione della legalità. Il rapporto con il territorio ha motivato fortemente i ragazzi,
che hanno compreso l’importanza della propria esperienza e sono entrati in contatto con persone ed
enti impegnati per la diffusione di valori sociali e politici.
L’analisi dell’esperienza condotta ormai da diversi anni ha evidenziato gli effetti positivi di
questa impostazione didattica che ha contribuito a ridurre la “distanza” dei ragazzi dallo studio,
spesso causato da modalità di insegnamento troppo astratte, incapaci di attivare coinvolgimento
emotivo e perciò destinate a produrre solo un apprendimento meccanico e mnemonico nonché
un’alterità rispetto ai grandi fatti del passato e ai problemi del presente. Dal punto di vista didattico,
le prestazioni degli allievi impegnati nel laboratorio teatrale hanno evidenziato un miglioramento di
saperi e di atteggiamenti nei confronti dello studio e della percezione dei fatti dell'attualità.
L’esperienza ha influito positivamente sulle potenzialità di apprendimento, sulla maturazione nei
ragazzi di strumenti di comprensione critica dei fatti politici, sulla presa di coscienza dei valori
fondanti della nostra Costituzione repubblicana.
In questa cornice, che tende a fare della scuola una comunità di apprendimento in diretta
relazione con il territorio, si è riscontrato un sempre maggiore coinvolgimento dei genitori che
hanno partecipato attivamente alle iniziative, garantendo assistenza e risultando spesso disponibili
per risolvere problemi logistici, organizzativi e anche finanziari. Anche gli ex allievi diplomati
hanno continuato a partecipare alle iniziative, creando una positiva atmosfera di gruppo e
assumendo una funzione di tutorship nei confronti degli allievi più giovani non solo dal punto di
vista della trasmissione della tecnica teatrale, ma anche per quanto riguarda il loro inserimento nel
gruppo.
Sul piano della relazione allievo-docente, normalmente orientata a richiedere la
“partecipazione” dell’allievo come mero adeguamento e come un conformarsi al progetto didattico
concepito dall’alto, l’esperienza teatrale condotta con criteri di animazione e di inclusione nel
processo della soggettività degli interlocutori, ha permesso una presenza attiva dei ragazzi in tutte le
fasi del lavoro. In questo modo, la ricerca e l’azione si sono legate in un flusso continuo. Diventata
funzionale all’azione teatrale, la ricerca (e lo studio inteso tradizionalmente) ha acquisito uno scopo
motivante e ha trovato sul piano della concretezza lo stimolo a evolvere. E d’altra parte, l’azione
teatrale (le prove, gli spettacoli), essendo concepita come lavoro in fieri e dunque sempre
migliorabile e mai definitivo, ha richiamato l’esigenza, sentita come propria, di ritornare sui
documenti e sulla comprensione del passato. Questa prospettiva ha permesso di intaccare il
problema più profondo che sta alla base degli insuccessi scolastici, il crescente fenomeno del
disamore per lo studio dovuto all’approccio trasmissivo-ripetitivo della cultura, vissuta come un
enorme bacino di conoscenze da assimilare passivamente secondo una concezione “quantitativa e
contenutistica” del sapere.
L’esperienza teatrale, concepita all’interno di una visione sistemica e complessa
dell’apprendimento, ha invece dimostrato che le operazioni cognitive non possono essere scisse da
variabili soggettive di natura psicologica, emozionali e motivazionali, che possono e devono essere
affrontate attraverso adeguate metodologie didattiche, prima fra tutte la creazione di un adeguato
clima socio-affettivo all’interno del gruppo e in rapporto ai contenuti didattici.
La ricerca e il teatro sono risultati strumenti di formazione, intesi come esperienze sociali
dirette e personali, attraverso cui i ragazzi hanno potuto acquisire abilità come la capacità di
lavorare in gruppo, di collaborare, di esprimere le proprie idee, di assumere decisioni. La pratica
quotidiana di realizzazione degli spettacoli ha consentito di elevare l’esperienza e la comunicazione
ad evento esistenziale, di generare fiducia in sé all’interno di una relazione autenticamente
comunicativa in cui potesse emergere il piacere dello scambio.
In un clima di ascolto, di fiducia e di disponibilità, è risultato possibile determinare il
necessario coinvolgimento degli allievi, alleati con l’insegnante in un contesto capace di rivalutare
le capacità sopite, attivando processi di cambiamento profondi e stabili, vissuti soprattutto come
esigenze personali, anziché imposte dall’esterno.
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Azioni di sostegno al curricolo
DALL’ELABORAZIONE DEL TESTO DI MCEWAN
ALLA STESURA DEL COPIONE TEATRALE
Occupandomi di teatro da molti anni con la conduzione della compagnia teatrale di istituto
(in collaborazione con la prof.ssa Tordella, docente inserita come me nella sperimentazione
didattica della 1A), accetto la proposta che mi sembra possa aiutare la classe a superare questa fase
di individualismo esasperato e di scontro preconcetto con l’istituzione scolastica e con
l’apprendimento dei saperi scolastici. Peraltro, già precedentemente avevo affrontato in classe il
tema del bullismo, connesso con il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo (oggetto del
programma di Diritto del primo anno delle superiori), attraverso la lettura del racconto “Il
prepotente” di Ian McEwan, che aveva colpito favorevolmente i ragazzi perché aveva permesso loro
di accostare in modo più divertente e vicino alla propria esperienza i problemi degli atteggiamenti
psicologici e sociali sia dell’aggressore, sia della vittima, tipici del fenomeno. Il racconto, infatti, è
ambientato in una scuola e narra di un protagonista che ha fama di “prepotente” e che impone la sua
legge alla collettività degli allievi e di un altro ragazzo che, in clima di rassegnazione, per primo osa
ribellarsi al despota. Già in occasione della lettura del racconto le discussioni in classe erano
risultate significative per decodificare aspetti latenti dell’atteggiamento degli in classe e nei
confronti della scuola.
La mia proposta alla classe di trasformare il testo letterario da loro conosciuto in una
rappresentazione teatrale non incontra inizialmente un favore entusiastico!
Proprio i ragazzi più turbolenti si sentono inibiti di fronte alla prospettiva di esporsi ad un
pubblico, interpretando i personaggi e le situazioni teatrali. L’idea di “fare i cretini” davanti agli
altri intacca traumaticamente la propria identità di macho costruita su se stessi nel tempo. Al
contrario, ragazzi più timidi e meno “visibili” della classe si dimostrano interessati all’esperimento.
Osservo che i ruoli e le gerarchie interne alla classe cominciano a destrutturarsi. Nel corso del
tempo ciò subirà una sempre maggiore accelerazione, determinando una nuova organizzazione nei
rapporti interni tra i ragazzi.
Il lavoro inizia dunque con una fase di elaborazione del testo teatrale, organizzata attraverso
la tecnica del “cooperative learning”. Diverse coppie di allievi sono incaricate di rileggere pezzi
specifici del racconto di McEwan, trasformando il racconto in copione. A questo proposito,
vengono fornite indicazioni minime di scrittura drammaturgica, necessarie per passare dalla forma
indiretta e dal linguaggio scritto del racconto a quella diretta e di tipo visivo-fisico propria
dell’espressione teatrale.
Le varie scene scritte dalle diverse coppie successivamente vengono lette in classe per
decidere insieme quali estrapolare e inserire nel copione definitivo. Si assiste in questa fase a
un’interessante competizione tra le coppie che sono state incaricate di scrivere la stessa scena.
Giudice imparziale per la scelta definitiva è la classe stessa.. La competizione, in questo caso,
assicura da un lato un elevato coinvolgimento nella realizzazione del lavoro da parte delle varie
coppie, dall’altro un processo di responsabilizzazione da parte della classe nel suo complesso
chiamata a selezionare le parti del copione più efficaci per la realizzazione dello spettacolo. Non
mancano discussioni e contrasti che tuttavia si ricompongono in modo accettabile nelle scelte
definitive.
In questa fase laboratoriale, l’impegno dei ragazzi è comunque assiduo e tutti appaiono
immersi nell’attività di cui sono direttamente artefici. Fondamentalmente, non si è soli di fronte ad
un compito di mera assimilazione di un contenuto esterno, ma si lavora in gruppi ridotti, dove la
dispersione è quasi assente perché è necessario produrre in tempi dati un lavoro utile per l’intera
classe. La consegna, infatti, non consiste nell’operazione di accedere passivamente ad un sapere
trasmesso meccanicamente e asetticamente dall’alto, ma ognuno, profondamente influenzato da
variabili soggettive emozionali, sente di realizzare qualcosa di significativo e di utile se non altro
perché suscettibile di utilizzo diretto da parte della classe. La motivazione in questo caso è
intrinseca, cioè scaturisce dall’interno della soggettività dell’allievo, perché collegata alla
risoluzione di un compito concepito come significativo per se stessi.
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Azioni di sostegno al curricolo
Anche i ragazzi mediamente caratterizzati da scarso impegno scolastico si dimostrano in
questa fase dinamici e attivi. Probabilmente l’attività, di carattere creativo, svolta in un clima ludico
e insieme rigorosamente organizzato, permette loro di lasciar cadere almeno provvisoriamente
quella maschera di discente inadeguato costruita su di sé in base alle precedenti negative esperienze
scolastiche. Forse in questo caso, proprio per la particolare organizzazione del set scolastico, non
scattano i presupposti alla base della convinzione da parte di alcuni allievi che l’insuccesso sia
dovuto alla carenza di abilità fondamentali, connaturate alla propria personalità e perciò “naturali e
immodificabili”, ciò che comporta inerzia e abbandono, agendo da freno e alimentando nuovi
insuccessi scolastici che a loro volta, in un circolo vizioso, corroborano l’immagine negativa delle
proprie incapacità. Al contrario, il fatto di lavorare in coppia e di doversi confrontare con altri
gruppi comporta un’accettazione delle difficoltà nella prospettiva di affermare la propria versione
del copione.
Si viene a creare in questo modo un clima socio-affettivo all’interno della classe e in
rapporto alla materia che favorisce un atteggiamento scolastico adeguato, assicurando la
concentrazione individuale e corretti rapporti con l’insegnante. Talvolta si arriva perfino a
rinunciare volontariamente all’intervallo, pur di finire il lavoro!
Una volta redatto il copione, il lavoro di trascrizione viene effettuato nel laboratorio di
Trattamento testi, con la collaborazione della docente della materia. Elemento distintivo di questa
fase è la percezione da parte degli allievi della complementarietà delle due materie e del lavoro
svolto in collaborazione dai due docenti. L’uscita da un’aula per entrare in una seconda con un altro
insegnante non separa, come di consueto, l’orario in momenti spezzettati e indipendenti l’uno
dall’altro, ma comporta solo il trasferimento da un luogo ad un altro più consono per continuare il
lavoro. Le discipline si fanno in questa occasione strumenti per la realizzazione qui ed ora del
progetto che anima come riferimento comune il lavoro scolastico.
In questa fase, così come nelle successive, gli insegnanti svolgono un ruolo differente da
quello normalmente inteso di soggetti cui compete il trasferimento di nozioni disciplinari. Il ruolo e
la funzione assolta dall’insegnante sono quelli di organizzatore e mediatore del processo di
apprendimento, con l’obiettivo fondamentale di motivare gli allievi partendo dalla loro soggettività
di persone.
Il ruolo dell’insegnante-animatore si realizza dunque nell’intreccio di due assi
complementari: quello operativo-cognitivo, per il quale ci si pone come organizzatori, regolatori,
metodologi, esperti della metacomunicazione e quello affettivo-psicologico, per il quale si opera in
funzione della motivazione, ovvero in funzione del coinvolgimento attivo e responsabile degli
allievi nel processo formativo, con una particolare attenzione alle dinamiche “relazionali” attraverso
cui gestire la qualità dei rapporti interpersonali ai fini dell’apprendimento e ai fini della crescita
complessiva dell’allievo.
LA REALIZZAZIONE
A questo punto inizia il lavoro teatrale vero e proprio. E ben presto risulta evidente che si
tratta di un impegno molto diverso dalla media della altre attività didattiche.
Innanzi tutto, è un lavoro collettivo. La riuscita o il fallimento sono comuni. Ciò fa scattare
all’interno della classe dinamiche particolari che contribuiscono a valorizzare l’apporto di ognuno
in base al contributo effettivo dato al gruppo. Di nuovo, le gerarchie interne si rimodellano non sulla
base di disvalori individualistici come la devianza di fronte alle regole (che è sempre fonte di
ammirazione per gli altri studenti: Franti ha pur sempre il fascino dell’antieroe!), o la prestanza e
l’arroganza personali o del proprio piccolo clan, ma in base alla messa in opera del fine comune: lo
spettacolo davanti ad un pubblico. E avvicinandoci di volta in volta alla temuta scadenza dello
spettacolo, la posta in gioco anche nei rapporti interni si fa sempre più alta!
In questo caso, non è l’autorità esterna dell’insegnante a svolgere la funzione di catalizzatore
delle energie, ma è lo stesso obiettivo personale e di gruppo che spinge all’impegno con una
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Azioni di sostegno al curricolo
pressione pisologica di cui lo stesso gruppo è insieme fonte e destinatario. Mentre troppo spesso
motivare gli allievi si risolve con una perorazione moralistica rivolta dall’alto al basso e perciò
assolutamente inefficace, in questo caso la motivazione è intrinseca perché è diretta espressione
della posta in gioco che è concreta e significativa (nel senso che assume un significato vitale per chi
svolge l’attività). È essa a rappresentare la molla dell’azione.
L’attività teatrale, concepita come strumento ludico, educativo e didattico, direttamente
collegato alle capacità ed alla sensibilità dei diretti fruitori-protagonisti, si denota perciò come
evento collettivo ed interdisciplinare fondato sull’interdipendenza tra il singolo ed il gruppo, come
metodologia appropriata per stimolare la creatività, per eliminare blocchi fisici ed emotivi, per
favorire il senso di responsabilità individuale e di appartenenza ad un contesto complesso ed
articolato. Il teatro viene a proporsi contemporaneamente come strumento di riflessione personale e
interpersonale (considerando che il suo materiale di realizzazione è costituito dalle stesse persone e
dal rapporto creato da ogni soggetto con gli altri attori), e come metodologia didattica attiva della
storia e del diritto.
Le stesse modalità collettive di realizzazione dello spettacolo si traducono nella discussione
di un patto formativo che invece di assumere la deteriore caratteristica di ennesima procedura
burocratica a carico degli insegnanti (consistente di fatto nell’elencazione unilaterale di regole
astratte da far rispettare, senza alcun apporto significativo di elaborazione e comprensione da parte
dei ragazzi e ragazze), viene a costituirsi come riferimento normativo concreto entro il quale
l’azione comune deve inquadrarsi se vuole raggiungere il proprio scopo. Inoltre, il patto che così si
viene a formalizzare, attraverso l’analisi costante che accompagna in forma di discussione collettiva
l’andamento del lavoro, diventa un modello suscettibile di continue modificazioni in base a ciò che
emerge nel lavoro e alle esigenze che di volta in volta si affermano nella realtà comune. Il patto si
pone quindi come un’alleanza di tipo psicologico e relazionale tra docente e allievi, tra allievi tra
loro, tra allievi e istituzione, volta ad assicurare spazi vitali e a garantire ognuno dalle
prevaricazioni altrui.
Il fatto stesso di essere chiamati a decidere, a ragionare in termini collettivi, ad esprimersi
non solo come individui, ma soprattutto come membri di un gruppo, se all’inizio crea sconcerto per
mancanza di abitudine ad essere considerati soggetti abilitati a formulare attivamente proposte, a
giudicare, a decidere, determina poi un interessante clima di partecipazione ma anche di reciproco
controllo.
ASPETTI DISCIPLINARI E
INTERDISCIPLINARI DEL LAVORO
Come già accennato, il lavoro di realizzazione teatrale viene poi raccordato al programma di
Diritto costituzionale. L’esperienza diretta fatta dai ragazzi nel lavoro teatrale accostandosi a temi
come il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo, il rapporto tra diritti e doveri, ecc. permette di
affrontare in modo più personale e significativo i contenuti del programma ministeriale. In questo
senso, gli agganci tra la teoria e gli stimoli intellettuali tratti dal lavoro teatrale appaiono ai ragazzi
immediati e diretti, permettendo loro di comprendere in modo più sistematico e profondo la realtà
vitale dei principi fondamentali della Costituzione.
Vengono anche proposte in classe esercitazioni di lettura di circolari scolastiche dell’epoca
fascista, dell’anno 1938/39. Una in particolare attira l’attenzione: quella che riguarda l’espulsione
degli studenti e degli insegnanti ebrei delle scuole italiane, il primo anello di quella catena
amministrativa che avrebbe portato alla deportazione e all’annientamento di migliaia di cittadini
italiani di origine ebraica. Colpisce il tono freddo e burocratico, assolutamente impersonale, simile
alle altre circolari del 1938/39 utilizzate nel lavoro in classe, che imponevano l’uso del voi al posto
del lei, oppure l’obbligo del saluto romano, che segnalavano l’obbligo di visitare la mostra sulla
razza, o, ancora, che ricordavano esempi illustri del millenario genio italico. C’è, perfino, una
lapidaria comunicazione di licenziamento a un professore reo di non essersi iscritto al Partito
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Nazionale Fascista. Alcuni documenti incuriosiscono in particolar modo: ad esempio lo scambio di
lettere fra un fascistissimo docente, il Preside di allora e il Provveditore di Torino. Oggetto di questa
attenzione, un caso di indisciplina, o meglio di inammissibile esercizio di libero pensiero da parte di
un allievo. Da quelle poche righe emerge una sorta di foto d’epoca: c’è la classe, il professore, il
clima repressivo ispirato all’obbedienza acritica e al principio di gerarchia, l’educazione autoritaria,
il tema assegnato dal significativo titolo: “Il borghese discute senza obbedire; il fascista obbedisce
senza discutere”, lo svolgimento “scandaloso” da parte del ragazzo, subito segnalato alle autorità
scolastiche. Accanto alla lettera con cui il professore informa del caso il Preside, si staglia infatti
una nota redatta dal Provveditore, con la quale si invita il capo di istituto a “invigilare” sulle idee e
sui comportamenti del reprobo. Anche questi documenti, quindi vengono raccordati con il
precedente lavoro teatrale in un filo didattico che partendo da situazioni reali, personali o di tipo
storico, ritorna alla formalizzazione e alla teoria, intesa come assimilazione di schemi concettuali
astratti.
È evidente tuttavia che un’organizzazione del lavoro che mira come in questo caso a
realizzare un apprendimento di tipo laboratoriale, determina la necessità di puntare su alcuni
elementi qualificanti del programma, approfondendoli e collegandoli in una visione
interdisciplinare del sapere. Ciò determina il problema di fare scelte precise, lavorando più in
direzione della qualità e della profondità per l’acquisizione di competenze trasversali che sul piano
dell’assimilazione nozionistica e quantitativa.
Per quanto riguarda invece una valutazione dell’impatto interdisciplinare del lavoro, va
ribadita la proficuità del rapporto venutosi a instaurare con la disciplina di Trattamento testi, che ha
garantito la trasformazione in una forma adeguata del lavoro di redazione del copione e ha
trasmesso ai ragazzi un’idea di unitarietà dei saperi troppo spesso smentita dall’articolazione
frammentata dell’organizzazione scolastica. D’altra parte, la stessa connotazione della materia
Diritto ha assunto in questa chiave una dimensione di formazione generale alla cittadinanza,
caratterizzando in questo modo il proprio apporto all’area di indirizzo (come peraltro già previsto
nelle finalità della disciplina a livello ministeriale).
Il lavoro prosegue dunque sia nell’ambito della realizzazione teatrale, che nel mese di
maggio verrà rappresentata di fronte agli allievi della scuola e nell’ambito di una rassegna cittadina,
sia per ciò che riguarda l’assimilazione dei contenuti disciplinari, in un nesso diretto e continuo tra
le due sfere che non sono separate, ma costituiscono le due facce di un medesima medaglia: quella
dell’apprendimento significativo.
LA VALUTAZIONE DEL LAVORO
Il problema della valutazione ha costituito uno degli elementi più critici del progetto. Infatti,
se da una lato essa, rappresentando uno degli aspetti ineliminabili di ogni attività didattica, ha
accompagnato le varie fasi del lavoro con lo scopo di verificare l’apprendimento costante da parte
degli allievi, dall’altro lato si è cercato di lenirne il potenziale negativo, inteso come fattore
ansiogeno che spesso inibisce l’espressione e lo sviluppo delle potenzialità. In questo senso, si è
operato per sottolinearne la valenza formativa e la funzione dinamica, favorendo negli allievi un
approccio più consapevole del suo ruolo non punitivo.
Più operativamente, sono state realizzate le seguenti verifiche:
- verifica sulla comprensione delle circolari scolastiche del 1938/39: ad ogni allievo sono
state proposte le circolari citate precedentemente e in parallelo l’attuale Costituzione
repubblicana (precedentemente non “spiegata”!). Si è richiesto quindi di ricercare gli
articoli della Costituzione che attualmente impedirebbero di assumere quelle decisioni
illiberali contrastanti con la tutela della dignità umana
- verifica sull’elaborazione del racconto di McEwan e sulla sua trasformazione in copione
teatrale: ogni lavoro prodotto in coppia è stato valutato sia per quanto riguarda la
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Azioni di sostegno al curricolo
comprensione del racconto, sia per la redazione del copione teatrale (in collaborazione
con la docente di Trattamento testi)
- verifica su un approfondimento del lavoro: ogni allievo ha prodotto le proprie riflessioni
sulla psicologia del protagonista negativo del racconto (che l’autore del libro non
esplicita, al contrario di quanto invece fa a proposito dell’antagonista), prospettandone il
pensiero e illustrando le motivazioni personali e sociali alla base dei suoi comportamenti
devianti
- verifica sul lavoro teatrale: in corso di realizzazione.
L’esito generale di queste prove può essere considerato abbastanza positivamente. Pur in
presenza di lacune di base talvolta molto evidenti e profonde, tutti i ragazzi e le ragazze hanno
lavorato nella redazione delle verifiche con impegno e hanno raggiunto risultati accettabili. Dal
punto di vista contenutistico, rimangono da affrontare numerosi problemi di comprensione,
determinati da situazioni di pregressa povertà di padronanza lessicale, sia nella forma verbale sia in
quella scritta. Tuttavia, su un piano di mobilitazione di energie queste lacune sono compensate dalla
disponibilità al lavoro mostrata dai ragazzi e lasciano sperare per il futuro nella possibilità di
arricchire le competenze oggi non di livello elevato.
CONSIDERAZIONI DIDATTICO-METODOLOGICHE
SUL LAVORO SVOLTO
Il concetto di cultura
È ormai improponibile l’immagine della cultura come un sapere oggettivo, di ordine logicoquantitativo, travasabile meccanicamente dall’alto, da parte degli insegnanti-soggetti attivi, in
soggetti considerati come meri contenitori con un ruolo passivo. La formazione è qualcosa di
umanamente più ricco e di più complesso dell’informazione, per la quale basta invece riversare
progressivamente i contenuti ritenuti necessari. Imparare implica insieme apprendere di qualcosa
(contenuti, teorie, concetti...) e apprendere da qualcosa (apprendere ad apprendere, ovvero
apprendere a variare e controllare i propri modelli di lettura della realtà interna ed esterna, la propria
cultura, se stessi). Il primo apprendimento, meramente cognitivo, tanto più si radica e si sviluppa,
passando da un piano esteriore e superficiale ad un piano profondo e interiorizzato, quanto più è
rielaborato attraverso il secondo livello.
L’importanza della sfera e motiva
La letteratura scientifica e la stessa psicologia cognitiva evidenziano che gli aspetti razionali
e cognitivi dell’apprendimento non possono essere separati dagli aspetti emotivi. Lo sviluppo delle
conoscenze e delle competenze è inscindibile dalla sfera emozionale, che deve essere considerata
essa stessa una modalità di conoscenza, perché la qualità e la rapidità dei processi di apprendimento
risentono fortemente della quota e dell’intensità di energie investite, delle implicazioni
interpersonali esistenti tra insegnante e allievi e tra allievi ed allievi.
Ciò significa una riconsiderazione dei modelli formativi caratteristici del pensiero della
tradizione razionalistica occidentale, nella prospettiva di integrare i suoi principi fondamentali di
ordine intellettuale (come il principio di causa-effetto, di non-contraddizione, della logica pura), con
una mobilitazione emotiva tesa a contenere le ansie, le paure del cambiamento e della responsabilità
e a favorire la fiducia, il desiderio, le aspettative, l’entusiasmo e la curiosità verso mondi
inesplorati.
Comprendere l’esperienza emotiva all’interno del processo formativo significa perciò
rendere lo stesso più efficace; dunque significa rendere gli allievi maggiormente in grado di
conoscere, di capire, di rielaborare i concetti inerenti la disciplina insegnata.
In questo senso, soprattutto le variabili emotive legate alla percezione del sé sono
inestricabilmente connesse alle acquisizioni del sapere. In ogni caso, imparare implica il mettere in
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Azioni di sostegno al curricolo
gioco immagini di sé. Lo studente fiducioso nelle proprie capacità è maggiormente in grado di
affrontare lo studio, di imparare concetti nuovi, di misurarsi autonomamente con le prove che gli si
frappongono innanzi. Il bisogno di percepirsi positivamente, dunque, è necessario per sviluppare
quelle energie interiori che, sole, sono in grado di trasformare lo studio da attività esteriore ed
obbligata, imposta dall’istituzione sociale, ad attività interiorizzata, suscettibile di gratificare e di
corrispondere al bisogno di autostima.
Il ruolo docente
Il discorso fatto finora implica una certa concezione del ruolo docente che deve essere in
grado di non scindere mai il piano del sapere disciplinare e metodologico con il piano
dell’atteggiamento e dell’immagine (quel “saper essere” che, comunque, ne sia o meno consapevole
il docente, costituisce per gli allievi un modello di relazione e di pensiero). L’“essere”
dell’insegnante in classe è il cardine di ciò che si può definire l’influenza “psico-relazionale” nei
confronti del gruppo. Il rapporto con il medium costituito dall’insegnante apre al piacere per la
materia, o, nel caso in cui esso sia negativo, ne sbarra l’accesso. La consapevolezza di questa
articolazione complessa del proprio ruolo di docente è un prerequisito fondamentale per istituire un
progetto formativo efficace. Al di là di ogni convinzione etica, filosofica o scientifica, è sul piano
dei risultati (il piano dell’applicazione e della verifica) che questa impostazione misura la propria
correttezza.
La motivazione
La competenza relativa alle variabili emotive, dunque, è parte integrante e non scomponibile
dell’azione di insegnamento. Nel mettere in atto i processi che permettono di acquisire nuove
conoscenze, occorre farsi carico dei problemi motivazionali ad esempio puntando sull’orgoglio
individuale, prospettando l’intelligenza come un processo dinamico che si arricchisce
continuamente e che arricchendosi gratifica la persona, piuttosto che come un patrimonio nel bene e
nel male inalterabile.
Se la motivazione è un convincimento profondo, serio e interiore, che spinge a cercare di
migliorare le proprie capacità creative, occorre predisporre un intervento adeguato. La via che
spesso si è tentati di intraprendere in questo senso, caratterizzata dalla prospettazione di astratti
vantaggi o che fa leva su coinvolgimenti verbali, per lo più moralistici, da “buoni propositi” distanti
dall’esperienza e dalla capacità di comprensione degli allievi, se appare indispensabile per chiarire
alcune domande fondamentali (“Perché devo imparare?”; “Quale effetto positivo porta l’impegno?”
“In che modo migliorerò”), deve essere concretizzata in contesti formativi e in metodologie di
conduzione del gruppo capaci di manifestare tangibilmente gli effetti positivi. Per passare dal “sono
qui perché devo”, o “perché mi conviene”, ovvero da giustificazioni di carattere imperativo e
utilitaristiche, al sono qui “perché mi fa piacere”, ovvero eudemoniche, occorre costruire un clima
positivo all’interno della classe, nei rapporti con il docente e con la materia.
Le metodologie attive
Si tratta perciò di creare una metodologia il più possibile attiva, che accanto alle lezioni
frontali offra opportunità più dinamiche, come discussioni su problemi, lavori di gruppo
organizzati, esercitazioni e ricerche sulla base di procedure interiorizzate, attività di laboratorio
treatrale. Più le condizioni di apprendimento create consentono agli allievi di sentirsi protagonisti,
maggiore sarà il loro orientamento verso una sorta di competitività con se stessi, ovvero verso una
tensione continua a superarsi, a migliorarsi, a non accontentarsi dei risultati ottenuti, a trovare nei
parziali successi, e anche negli insuccessi rielaborati positivamente, le nuove energie necessarie per
mobilitare l’impegno verso nuove scoperte.
Il concetto di recupero
Il discorso della motivazione, collegato a quello della necessità di offrire strumenti
metodologici di apprendimento dei contenuti, implica anche una riconsiderazione delle attività di
recupero. La logica che divide radicalmente il tempo “normale” dal tempo del “recupero” non è la
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migliore, né favorisce effettivamente il raggiungimento negli allievi in situazioni di difficoltà
scolastica degli obiettivi minimi. La complessa edificazione di corsi paralleli di recupero si risolve
quasi sempre nell’adempimento formale di quanto voluto per legge, senza approdare a risultati utili
commisurati al dispendio di risorse economiche e organizzative. Il limite maggiore di questa
impostazione è nell’impostazione contenutistica, anziché metodologica, dei corsi. Ribadire durante i
corsi di integrazione del pomeriggio i concetti disciplinari già introdotti vanamente durante le
lezioni del mattino non sembra la migliore via per recuperare situazioni di difficoltà, alimentate il
più delle volte non da carenze cognitive, ma da una disaffezione più complessa alla vita scolastica,
ai suoi ritmi, alle esigenze richieste dal corso di studi.
Perché si inneschi il processo di autostima e per favorire la percezione di se stessi come
persone in grado di superare ostacoli, occorre costituire all’interno della classe un clima adeguato,
dove si respiri insieme serietà e accettazione, necessità dell’impegno e fiducia, gratificazione
personale e riconoscimento sociale del proprio lavoro. Per trasferire una volontà e un’intenzione da
un soggetto ad altri soggetti si deve innescare un moto convergente, sintesi di movimenti cognitivi e
affettivi. Per persuadere, un’arte più difficile ma anche formativamente più efficace dell’imporre, si
devono coinvolgere i sentimenti e si deve lasciare spazio alla libertà. Libertà di farsi persuadere, di
pensare, di credere, di decidere.
Per attivare qualsiasi modificazione tesa verso la responsabilità e l’impegno si deve far
vivere rapporti nuovi e maturi, che riconoscano e stimolino le potenzialità latenti negli individui. Se
il processo di apprendimento si riveste di significati emotivamente rilevanti (importanza del lavoro,
coinvolgimento in progetti assunti come qualificanti, riconoscimento sociale dell’attività svolta...), e
se è stimolata la curiositas intellettuale verso il sapere, il piano della gratificazione personale
(conferma e maggiore fiducia in sé, autopercezione positiva, ricerca di miglioramento delle proprie
capacità...) sicuramente inciderà sul rendimento e sui relativi risultati scolastici e potrà formare una
personalità critica e libera. Al di là di ogni esortazione verbale, solo l'esercizio concreto
dell'autonomia personale può portare all'elevazione civica e culturale dei ragazzi.
Il lavoro in gruppo
Come già affermato in precedenza, per ottenere tutto ciò occorre creare opportunità
formative che consentano agli allievi di progredire, di valorizzare le proprie capacità, spesso
inespresse a causa di inibizioni interiori, di realizzarsi come regolatori autonomi della propria
maturazione. In questa prospettiva il lavoro in gruppo è uno strumento che certamente, per la sua
capacità di mobilitare l’impegno e le capacità personali su un piano di rapporti tra pari, favorisce
l’attivazione dell’autonomia.
Perciò la classe deve essere considerata come un gruppo, ovvero come un’entità che è
composta dai singoli membri, ma che nella sua complessità li trascende. Lo spazio plurale del
gruppo, inoltre, offre la possibilità agli allievi di sperimentare situazioni, compiti e ruoli che
consentono di attivare apprendimento e cambiamento. Nella realtà del gruppo gli altri, e in primo
luogo l’insegnante, costituiscono un’opportunità di relazione che, se orientata nella direzione della
collaborazione, favorisce l’integrazione sociale e i processi di maturazione interiore. La creazione di
un clima di accettazione e di dialogo all’interno della classe è importante per la trasmissione del
sapere ed è parte integrante delle competenze che un docente deve avere.
Torino, 15 aprile 2008
Enzo Pesante
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ALLEGATO
COMPAGNIA TEATRALE DI ISTITUTO
PREMI E RICONOSCIMENTI OTTENUTI
Lo spettacolo Credere, obbedire... ha ottenuto i seguenti riconoscimenti:
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premio come miglior spettacolo nella rassegna di teatro scolastico della Scuola superiore
“Quintoteatro”, promossa dal Teatro Nuovo di Torino nel marzo 2001 e ha ricevuto la
segnalazione, fra 117 partecipanti, all’interno del Festival nazionale del teatro scolastico di
Cesena (novembre 2000), espressa attraverso la seguente menzione: “Segnalato per
l’originale lavoro di elaborazione drammaturgica e per la coerente applicazione dei canoni
teatrali brechtiani”
segnalazione, fra 117 partecipanti, all’interno del Festival nazionale del teatro scolastico di
Cesena (novembre 2000), espressa attraverso la seguente menzione: “Segnalato per
l’originale lavoro di elaborazione drammaturgica e per la coerente applicazione dei canoni
teatrali brechtiani”
vincitore della Rassegna nazionale di teatro di Serra S. Quirico (AN) (60 partecipanti,
aprile 2002), con la seguente motivazione: “Per aver saputo trasformare la fredda lingua
delle circolari ministeriali in un messaggio contro la violenza, dentro il recupero di un
clima storico che quella violenza ha trasformato in morte e dolore per milioni di italiani”.
primo classificato alla Rassegna di Meda (MI) (febbraio 2003) con la seguente
motivazione: “La Giuria attribuisce il primo premio all’opera «Credere, obbedire…» di cui
ha apprezzato la ricerca legata alla storia locale e la capacità di trarre dal «burocratese»
un testo di grande impatto emotivo. Ha apprezzato inoltre la coralità e la sincronia dei
gesti, che amplificava l’idea dell’annullamento dell’individuo durante un nostro nefasto
passato”.
primo premio “Speranze giovani 2000” al “miglior lavoro per originalità ed incisività del
testo e della messa in scena” alla XIV rassegna nazionale di teatro “M. Boccardi” di
Castellana grotte (BA) (70 partecipanti, marzo 2003).
Il video Dall’archivio al teatro: la messa in scena di “Credere, obbedire…” ha ricevuto il
primo premio nel concorso “Filmare la storia”, bandito dall’Archivio Nazionale Cinematografico
della Resistenza di Torino.
Inoltre il video è stato inserito all’interno della X Rassegna di cinema-video indipendenti
“Schermi indipendenti” realizzata il 30 novembre 2004 dall’associazione KinoKinino presso il
Museo della Resistenza di Torino.
Lo spettacolo Nonostante tutto, ispirato al sacrificio di Paolo Borsellino e Giovanni
Falcone:
* è risultato vincitore, per la “qualità artistica” dell’opera, nella Rassegna “Scuola Super”
del Comune di Torino, aprile 2002;
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Azioni di sostegno al curricolo
* è stato selezionato per la fase finale della Festa nazionale di teatro di Chiusi (SI) (maggio
2003);
* ha ricevuto il premio per “l’originalità stilistica” all’interno della Rassegna
internazionale di Sanremo (maggio 2004) con la seguente menzione: “Buona prova di un corretto
uso di teatro d’impegno civile supportato da una buona conduzione registica che ha acconsentito a
tutto il gruppo un’intensa presenza scenica. L’utilizzo di alcuni accorgimenti hanno evidenziato
l’ottimo andamento corale frutto evidente di un serio lavoro laboratoriale e di una sincera
convinzione degli interpreti. Toccanti alcuni momenti dello spettacolo; molto apprezzabile il lavoro
sul linguaggio e sulla musica eseguita dal vivo”.
Lo spettacolo Giochi a naso giochi a caso, ha ricevuto i seguenti riconoscimenti:
* vincitore della rassegna interregionale di Strambino (aprile 2005) e pertanto selezionato
per partecipare alla fase finale della festa nazionale della rassegna “Ragazzi in gamba” di Chiusi
(SI) nel maggio 2005
* premio ”Teatro dei Saperi” per lo spettacolo più innovativo al Festival internazionale “Il
teatro va a scuola” di Castelnovo né Monti (RE), (febbraio 2006)
* premio ”Coppa Nutella” per lo spettacolo più votato nell’VIII Edizione del “Franco
Agostino Teatro Festival” di Crema con la motivazione: “Ottima l’intesa del gruppo, senso
dell’ironia, consapevolezza dei movimenti. Nel complesso buona prova d’autore” ( maggio 2006).*
nell’edizione congiunta con il laboratorio teatrale (sezione elementare e media inferiore,
dell’Istituto “A. Spinelli”: 40 attori in scena dai 6 ai 19 anni)), lo stesso spettacolo ha vinto:
* premio “Segni particolari” alla XXIV Edizione della Rassegna Nazionale Teatro della
scuola di Serra S. Quirico (aprile 2006), con la seguente motivazione: “Per l’originale e
coraggioso progetto che ha visto il coinvolgimento e la partecipazione di due strutture scolastiche
di diverso ordine e grado; per l’efficace impatto coreografico di gruppo che ha evidenziato
l’aspetto giocoso e creativo del fare teatro educazione a scuola”.
Lo spettacolo I care, tratto dalle opere L’obbedienza non è più una virtù e Lettera a una
professoressa di Don Lorenzo Milani ha ottenuto:
* ”Premio per il teatro civile” al X Festival nazionale del Teatro scolastico “Elisabetta
Turroni” di Cesena, con la seguente motivazione: “L’anniversario della scomparsa di Lorenzo
Milani è ricordato dalla compagnia teatrale dell’istituto “Sella, che ribadisce il proprio impegno
per il teatro civile, con la produzione di uno spettacolo corale, il cui merito è anche quello
d’integrare ragazzi di varie provenienze, anche straniere. Questo dimostra che nella scuola
italiana d’oggi, almeno per alcuni rilevanti aspetti, l’insegnamento di Lorenzo Milani è stato
recepito” (novembre 2007).
* Lo spettacolo ha ricevuto la menzione speciale all’interno del concorso “A scuola di
Costituzione” bandito dal CIDI (Centro Iniziativa Democratica Insegnanti) con la seguente
motivazione: “Un lavoro di ottimo livello, anche se non originalmente pensato per la
partecipazione al concorso, tanto che affronta temi solo marginalmente legati a quelli
costituzionali” (giugno 2007).
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