Macbeth al Pergolesi di Jesi Orchestra Filarmonica Marchigiana diretta da Giampaolo Maria Bisanti Regia di Henning Brockhaus Scenografia di Josef Svoboda, ricostruita da Benito Leonori Interpreti: Luca Salsi (Macbeth), Tiziana Caruso Macbeth), Mirco Palazzi (Banco), Thomas Yun (Macduff) (Lady Coreografie di Maria Cristina Madau Costumi di Nanà Cecchi Continua con il Macbeth di Verdi la stagione lirica del “Pergolesi” di Jesi. Ancora un grande successo di pubblico per il teatro marchigiano, con questo spettacolo allestito in coproduzione con la Fondazione Teatro Lirico G. Verdi di Trieste e la Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova. Un’opera sorprendente, molto ricca dal punto di vista cromatico e originale rispetto alla tradizione lirica, a causa della mancanza di un protagonista tenorile, e dell’assenza totale di parti belcantistiche destinate ai protagonisti. Il grande approfondimento psicologico dell’opera verdiana viene magistralmente sottolineato dalle scenografie illusionistiche di Svoboda, debuttate con grandissimo successo nel 1995 a Roma e applaudite anche a Genova, Ascoli Piceno, Budapest e Tokyo. Alla danza delle streghe, di grande efficacia scenica, si alterna la danza della luce e dell’ombra, grande protagonista in queste scenografie. La luce, grazie a uno specchio trasparente, crea nuove profondità, nuovi scenari inquietanti dove avvengono i delitti dei Macbeth e dove si agitano i fantasmi che funestano i coniugi. In una delle scene del primo atto, Lady Macbeth indossa un abito grigio che si confonde con lo sfondo rupestre della scena, quasi a mostrare un suo profondo legame con la natura, propria della donna-strega, che alle forze naturali è fortemente legata. Il secondo atto si apre con la proiezione, sullo sfondo, di immagini intricate, che richiamano alla mente l’intreccio dei piani delittuosi dei coniugi. Audace l’espediente di far parlare un attore che interpreta un soldato morente abbarbicato ad una balconata del teatro, come a rompere l’illusione scenica del palco, facendo entrare lo spazio dello spettatore nello spazio della scena. Una piacevole coreografia di streghe accoglie lo spettatore all’inizio del terzo atto, due di loro danzano sospese a dei nastri. L’effetto d’insieme ricorda alcuni quadri di Dalì, dalla grande verticalità. In generale, le scene corali sono molto curate, in particolare al principio del quarto atto. Le streghe capovolgono il trono di Macbeth, lo buttano a terra, dove strisciano loro, creature subumane, a indicare una depauperazione della dignità regale ormai giunta alla fine della decadenza. Una strega, simbolicamente, sottrae un lume a Lady Macbeth che lei impazzisce. Si lava convulsamente. La fine arriva ineluttabile. Come nel caso de I puritani, anche in questa occasione gli interpreti sono tutti al loro debutto nei rispettivi ruoli nell’opera verdiana. Luca Salsi è un soddisfacente Macbeth, dotato di voce piena e grande resistenza, ha retto instancabilmente la scena sino all’ultimo. Mirco Palazzi: Banco. Elegantissimo il suo canto, decisamente piacevole il timbro. Insieme a Salsi ha reso al meglio il duetto “Due vaticini compiuti or sono…” del primo atto; le loro voci regalavano un continuo susseguirsi di positive emozioni. La naturale fisicità di Tiziana Caruso le consente di impersonare bene Lady Macbeth. Belle le aperture ai forti: anche se a volte un po’ spinte, sembrano comunque contribuire al carattere del personaggio. Un uso rigoroso della maschera nel registro centrale e grave però ha fatto sentire a volte la mancanza di qualche passaggio in più “di petto”. Convincente. Robusta e bella la voce del tenore Thomas Yun, nel ruolo di Macduff; ben salda la sua tecnica, purtroppo non altrettanto impeccabile la dizione italiana. Buona la presenza scenica. Gradevole l’interpretazone del tenore Dario Di Vietri in Malcom, fresca la sua voce, dolce nell’emissione. Scenicamente di impatto il coro delle streghe. Si conclude questo fine settimana la stagione lirica jesina, con Lucia di Lammermoor, che chiude questo ciclo dedicato alle follia femminile nell’opera.Serena Api e Lorenzo Franceschini