1 Giandomenico ROMAGNOSI 11/12/1761 08/06/1835 Il giorno 11 dicembre 1761 alle ore 16,00 a Salsomaggiore nasce Giandomenico ROMAGNOSI1 dai coniugi Bernardino, notaio molto considerato, che coprì importanti cariche pubbliche, e Maria TROMPELLI. Da quel matrimonio nacquero 13 figli, quattro maschi e nove femmine, Giandomenico era il primogenito. Ai quei tempi il seminario rappresentava l’istituzione più perfezionata, infatti, iniziò i suoi studi nel collegio dei Gesuiti di Borgo San Donnino. A 14 anni entrò nel collegio ecclesiastico Alberoni di Piacenza (frequentando il corso di studio di matematica e filosofia), e 19 anni prese gli studi in Legge a Parma e l’8 agosto 1786 si laureò2. Il 30 dicembre 1786 si stabilì a Piacenza per esercitare la professione notarile, ma per il Nostro non fu un lavoro appassionante, infatti, dal 24 novembre 1787 al 20 luglio 1789 stilò in tutto 11 atti notarili. Il 23 giugno 1789 in una seduta della Società Letteraria a Piacenza, legge un “discorso sull’amore delle donne come motore precipuo della legislazione”, (pubblicato a Trento nel 1792). Nel 1790 aveva inoltrato al magistrato consolare la domanda per essere scelto quale pretore nella capitale del principato di Trento, ma la sua richiesta fu respinta, essendogli stato preferito il modenese Francesco Valdrighi. Nel 1791 pubblicò a Pavia le prime due parti “ La Genesi del Diritto Penale”, uno dei capisaldi della sua dottrina giuridica, che ebbe un gran successo non solo in Italia. In quel periodo Trento era un principato, feudo dell’Impero Austriaco, sotto la sovranità del vescovo di Trento Pietro Vigilio Thun (religioso e politico), con una popolazione di 146.000 abitanti3. Pietro Vigilio Thun (1724 – 1800) fu eletto il 30 novembre 1776 ed era allora decano della città di Salisburgo. Dopo pochi giorni venne a Trento e fu consacrato da Andrea Minucci, vescovo di Feltre, e subito si impossesso del castello. In alcuni testi il giorno di nascita viene riportato il 13 e non l’11 in quanto vi è stato un errore di lettura dell’atto di nascita cioè è stata letta la data del verbale anziché i dati riportati nel verbale “G.D. Romagnosi la vita – i tempi – le opere” Cesare Cagli, ed.. A. F. Formaggini pag. 18 note 2 Il diploma di laurea o copia autentica si trova in biblioteca comunale ms.1232 3 “G.D. ROMAGNOSI e le sue vicende Trentine” Gino CUCCHETTI pag.4 1 2 I suoi predecessori avevano la consuetudine di mandare i loro condannati a scontare la pena presso le galere venete, ma proprio in quei tempi la repubblica di Venezia rifiutò di riceverli, perciò, il principe fece erigere nel proprio stato una casa di pena4, e per sopperire alle spese ricorse all'istituzione del gioco del lotto5. Pietro Vigilio Thun nel 1783 era stato invitato dall’imperatore Giuseppe II di Vienna ad attuare nel suo principato una più regolare, più retta sollecita amministrazione della giustizia, così, al suo ritorno affidò subito l’incarico al cancelliere Barbacovi di estendere il nuovo codice giudiziario, che sotto forma di progetto fu pubblicato nell’anno 1786, dopo un esame di tutti i magistrati e giudici del principato, e in data 8 agosto 17886 entrò in vigore. Questo codice durò per circa vent’anni, e cessò sotto il governo Bavaro. La principesca giurisdizione vescovile aveva le seguenti attribuzioni: a) Decideva le sentenze in prima istanza nelle cause tra vassallo e vassallo; b) Quelle di secondo ed ultimo appello tra vassalli e soggetti; c) Diritto d’esazione delle imposte. Sotto gli ultimi principi vescovi, il dominio temporale comprendeva oltre alla città di Trento, quella di Riva, le giurisdizioni delle Giudicarie e Tenno; le giurisdizioni delle valli di Non e Sole, Fiemme e Levico. Nel campo del diritto a Trento per ricoprire la carica di podestà ed amministrare la giustizia nella città di Trento e contado (Riva e Rovereto eleggevano podestà propri), per antica consuetudine del principato i consoli e provveditori pro tempore dovevano designare e proporre al principe vescovo, tre o più personaggi, dottori in legge, nati fuori della diocesi, e non aventi in essa attinenza od affinità. Tra i proposti, il principe vescovo poteva scegliere quegli che più gradiva e risultava idoneo. La giurisdizione era limitata alle cause di prima istanza, l’appello era soggetto all’autorità superiore del Consiglio Aulico7 e la carica di podestà durava un anno. Oltre il podestà vi era a quei tempi circa 40 avvocati, 50 notai e una turba di consulenti legali8. Nel maggio 1791 Romagnosi spinto dal fraterno amico Luigi BRAMIERI (1757-1820), da Carlo Baratteri (1738 – 1807) e raccomandato da monsignore Gregorio Cerati (1730 – 1807), vescovo di 4 Pietro V. Thun collocò la casa penitenziaria presso S. Lorenzo nel convento dei Domenicani abolito con Breve Pontificio del 23/05/1778 “Vescovi di Trento Notizie Profili “A. Costa pag. 203 5 PERINI “Statistica del Trentino” vol. 1 6 PERINI “Statistica del Trentino” vol. 1 7 G. D. Romagnosi la vita – i tempi – le opere pag. 26-27 8 “G.D. ROMAGNOSI e le sue vicende Trentine” Gino CUCCHETTI pag.4 3 Piacenza, a Pietro Vigilio Thun (1724 – 1800), ripresentò la propria candidatura9. Il principe vescovo nel 1791 dovendo scegliere tra i tre nomi 10 alla nuova carica di podestà, come successore a Francesco Vadrighi, scelse Romagnosi. Così il 28 agosto 1791 Romagnosi vinto il concorso alla carica di podestà, come giudice supremo, nel principato di Trento, prestò giuramento il 30 ed entrò in carica il 3 settembre11. Durante il suo mandato incappò in uno dei consueti “incidenti” legati alle ormai controversie giuridiche tra magistrato e principe vescovo. Romagnosi aveva agito contro alcuni protetti di un signorotto locale “certo Barone Kloz, Mercante”, il barone intervenne per sottrargli le cause, ed avocarle, ai rappresentanti diretti del principe, con i quali se la sarebbe facilmente intesa. Romagnosi, indignato, sprezzò il precetto aulico e prosegui nel giudizio. Citato innanzi alla Cancelleria del Principe, egli reagì con una protesta (lettera al Cancelliere Aulico, 27 marzo 1792). Il Consiglio Aulico replicò intimando la consegna degli atti e minacciando l’immediata sospensione dall’Ufficio. Il 2 aprile 1792 gli giunse l’ordine di presentarsi al castello, gli fu notificato che s’era reso “reo di replicata gravissima disubbidienza, di violato giuramento, ecc.”. Egli pensò bene di sgravarsi chiedendo di presentare le proprie difese, il Consiglio lo sospese dall’ufficio e gli concedesse 15 giorni. Dopo La morte del padre e dello zio Romagnosi si trovò la responsabilità e le preoccupazioni economiche di capo famiglia, anche per questo motivo, vista la minaccia di sospensione, il pretore si è trovato costretto a fare marcia indietro, così quando pervenne l’intimazione del Consiglio, Romagnosi anziché consegnare gli atti al consiglio li consegnò direttamente al Principe Vescovo, il quale lo assicurò che non veniva preso nessun provvedimento nei suoi confronti. Infatti, il 17 aprile 1792 ripresentandosi innanzi al Consiglio il pretore dichiarò di riconoscere di aver contravvenuto alle norme “per un errore d’intelletto” e chiese perdono per l’accaduto. Il 21 aprile1792, con il plauso di tutta la cittadinanza, e con la piena adesione dei consoli, Romagnosi presentava al Principe Vescovo un’istanza per essere riconfermato in carica per un altro anno. Il Principe aveva la facoltà di deroga anche se lo statuto prevedeva l’incarico 9 Studi Trentini di Scienze Storiche pag. 314 primo -conte Filippo Cesarini di Parma, secondo - Giandomenico Romagnosi, terzo- Antonio Vincenzi 11 G.D. Romagnosi la vita – i tempi – le opere 10 4 nell’arco di un anno, sennonché Pietro Vigilio Thun a dispetto della città, con cui era in relazioni molto fredde, tese, sospettose – come appare anche nell’incidente del pretore, che fu un vero e proprio sfregio all’autonomia cittadina, al magistrato municipale, non alla persona -, dunque con rescritto 23 aprile 1792 dichiarò “si stia allo statuto” e con altro del 24 giugno elesse il successore l’avv. Francesco Roboldi di Parma. Ma la simpatia che Romagnosi si era conquistato presso i Consoli e il Principe, risulta dal fatto che, volendo il barone Martino Kloz intentargli giudizio di sindacato, la nomina dei sindacatori fu ritardata di quattro mesi, onde dar tempo alla faccenda di aggiustarsi. Difatti, nel gennaio 1793 nominata la commissione non le restò che dichiarare la plenaria assoluzione. Cessato quindi il proprio mandato, Romagnosi pur non intenzionato a rimanere a Trento, per esigenze economiche, per la buona stima nei suoi confronti e certe aderenze, decise di rimanere ed esercitare l’attività di consulente legale12. Dal momento però che egli non era cittadino, non poteva essere iscritto al Collegio dei dottori e notai, così era solito prestare consulenza a privati, componendo deduzioni legali che apparivano con il nome di un avvocato iscritto al collegio il quale divideva gli onorari. E giacché la sua dottrina era grande, acuta la sua visione e formidabile la sua forza logica, il successo non tardò, e lo impose in mezzo alla ressa dei concorrenti paesani, fra cui non difettavano giuristi di valore, come Pilati. Qualche onorevole redditizio incarico lo ebbe anche dal supremo tribunale trentino, dopoché era stato nominato (6 maggio 1793) consigliere Aulico d’onore. Così assicurato con il lavoro la sussistenza Romagnosi rimase a Trento per un decennio, immerso suo malgrado nell’avvocatura. Ma non soffocò le tendenze speculative del pensiero, infatti, accanto all’attività professionale esplicò nel campo degli studi un vero raccoglimento di vita interiore con qualche manifestazione significativa, infatti, nel 1792 pubblicò “che cosa è l’uguaglianza” e nel 1793 “che cosa è la libertà”. E’ questo il segno dato da Romagnosi alla rivoluzione francese, battente alle porte d’Italia. Nel 1796, per concorrere a un bando dell’Accademia di Mantova, Romagnosi butta giù, in soli sette mesi, quelle “ricerche sulla validità de’ 12 Si hanno queste notizie da un interessante rapporto della polizia di Trento, in cui Romagnosi è citato come Winkelscreiber 5 giudici del pubblico a distinguere il vero dal falso, che sono una vera rivelazione della lunga serie di meditazioni politiche, che danno spunto alla nuova visione della dottrina dell’incivilimento e della civile filosofia. Il manoscritto, puntualmente inviato a Mantova andò disperso nel trambusto della guerra e solo quarant’anni dopo, morto l’autore, venne alla luce un’altra copia, purtroppo incompleta, fra le sue carte13. In quegli anni, con fantastico tumulto, incalzavano gli eventi rivoluzionari in Francia e nell’Europa, la rivoluzione, liberava la patria e l’ Italia fu un teatro bellico ove s’affermava il genio di Bonaparte. In quelle vicissitudini belliche e politiche, era coinvolto anche il principato, così, anche a Trento nel maggio del 1796 a Calliano il generale austriaco Beaulieu metteva il campo dopo aver perso in Piemonte e in Lombardia14. Il 20 maggio 1796, il Principe vescovo, apprendendo le notizie che incalzavano sulla guerra, con tutta fretta fuggì a Passavia dove era principe vescovo suo fratello, lasciando la reggenza composta dal decano del Capitolo conte Sigismondo Manci, dal conte Francesco Sparur e dal conte Francesco Alberti Poja15. Anche il Principe Vescovo di Bressanone Carlo Francesco Lodron, il 23 marzo 1797, fuggì nominando due luogotenenti che anch’essi fuggirono, lasciando il governo a due canonici16. Il 3 settembre 1796 si affacciavano le prime file francesi ai trinceramenti di Marco e di Ravazzone, i quattro battaglioni di Marco furono presto sbaragliati, e verso le nove del mattino seguente le truppe minacciarono Rovereto e la conquistarono Verso le ore otto del 5 settembre 1796 l’armata francese guidata dal generale Massena entrò nella città conquistandola17. Due mesi dopo gli austriaci riconquistarono Trento, per ritirarsi nel Gennaio successivo innanzi alla riconquista francese comandata da Joubert; per tornare, per qualche anno, ed essere ancora respinti dalle truppe napoleoniche, che terranno Trento dal 10 gennaio al 20 marzo 1801. “Romagnosi profilo storico”, soc. ed. Dante Alighieri, Giulio Andrea Belloni,1931 statistica del trentino vol. 1 Perini 15 “La sovranità dei vescovi di Trento e di Bressanone” diritti derivanti dal clero diocesano salla sua soppressione, J . Kögl, Tipografia arcivescovile artigianelli Trento, anno 1964, pag. 345 16 La sovranità dei vescovi di Trento e di Bressanone” diritti derivanti dal clero diocesano sulla sua soppressione, J . Kögl, Tipografia arcivescovile artigianelli Trento, anno 1964, pag. 345 17 statistica del trentino vol. 1 Perini 13 14 6 Romagnosi non nascondeva le sue simpatie per tutto quanto potesse svecchiare la natura del principato e, all’arrivo dei francesi, egli, credette di vedersi aperto un campo nuovo, così il 3 ottobre 1796 manifestò, con un memoriale indirizzato al senato municipale di Trento, un programma di riforma del foro cittadino in armonia con le forme giudiziarie della provincia; quanto al sistema della pubblica educazione, propugna l’istituzione di una scuola laica18. Sennonché i membri del senato municipale, quasi spaventati dall’autorità improvvisa caduta su di loro, non si curarono per niente del sapiente consiglio; si preoccuparono invece di ricorrere al paesano Pilati. Di Romagnosi non si giovarono che per la mediazione con gli ufficiali napoleonici, poiché egli conosceva, oltre il tedesco anche il francese19. Quell’atto segnò irreparabilmente Romagnosi, e così i suoi nemici ne presero atto, e se ne valsero nei giorni della reazione. Infatti, il 10/04/1798 le armate astro-russe rioccuparono il paese, e così Romagnosi non fu più considerato il preferito del vescovo e un protetto degli alti papaveri della burocrazia viennese, ma come un uomo su cui la polizia dovesse tenere gli occhi aperti; e questa diffidenza lo accompagnò per tutta la vita. Nella notte tra il 3 e il 4 luglio 1798, apparve una satira scritta a mano ed affissa per le strade di Trento contro tre soggetti, due di loro operavano presso il collegio vescovile (Maistrelli e Geroli) e l’altro un professore d’astronomia certo Francesco Slop20 (personaggio losco), intenti a preparare un periodico diretto a combattere le simpatie crescenti della gioventù colta per la causa rivoluzionaria. La filastrocca tanto innocente aveva messo sottosopra l’autorità di Trento e d’Innsbruck. Divenuta cosi, per zelo della polizia, un importante corpo di reato. Romagnosi fu ritenuto l’autore, per certe espressioni a lui familiari, ed anche perché ormai era noto come uomo di principi sospetti, egli fu dunque inquisito, ma per mancanza di prove, l’autorità austriaca non poté che diffidarlo. Il 3 aprile 1799 il commissario Pototsching a seguito della denuncia presentata da Francesco Slop (1769 – 1816) 21, assunse un procedimento vedi “G.D. Romagnosi a Trento” F. Menestrina, ed Trentina, 1909, pagg. 59-64 lettera integrale. “Romagnosi profilo storico” soc. ed. Dante Alighieri, Giulio Andrea Belloni, 1931 20 la satira è stata ritrascritta nel libro “G.D. Romagnosi a Trento” ed. Trentina, F. Menestrina, 1909 pagg. 74-75 21 Secondo l’accusa Francesco SLOP, in casa di ROMAGNOSI si sarebbe parlato dell’organizzazione di una sollevazione popolare a favore del nemico nel caso di un nuovo approssimassi dei francesi alla città Secondo l’Accusa 18 19 7 contro di Romagnosi e lo fece arrestare improvvisamente, mentre attendeva di preparare una grande causa, a Rovereto. Romagnosi fu arrestato assieme all’avvocato Giorgio Pueccher (1766 – 1834) di Pergine, e furono trascinati, incatenati, ad Innsbruck come giacobini22. Secondo un cronista contemporaneo per giacobino allora si intendeva comunemente: colui che sparla del suo monarca, loda il nemico e spiega per questo il suo genio e la sua opinione, desiderando vantaggi al nemico che al suo principe naturale. Infatti, i due furono accusati d’alto tradimento. Il processo assistito dal presidente Roner, Carneri e da altri due consiglieri, i quali dovevano decidere in camera d’appello; Roner li dichiarò innocenti con piena assoluzione; Carneri che non constava il crimine ma gli imputati dovevano essere trattenuti finché durava il conflitto con i francesi; un altro affermò la colpevolezza e votò per la pena di morte; il quarto che non constava il delitto. Il Presidente indispettito, per i contrari pareri, spedì la documentazione al tribunale di Vienna. Lo stesso Roner, trovandosi in quella capitale, maneggiò a loro favore, e mettendo in vista le loro ragioni determinò il tribunale a decidere prontamente la causa ed ad emanare la sentenza23, che fu la piena assoluzione per i due detenuti e conseguentemente ad emanare, nei confronti dell’accusatore SLOP, il bando sia dai territori del trentino sia da tutti gli altri territori austriaci. In un episodio, riferito dal “Il Repubblicano della Svizzera italiana”, di Lugano: narra che mentre un amico di Romagnosi entrò nella sua cella per dirgli della buona novella, egli stesse sciogliendo un problema di matematica, e alla notizia non diede alcun segno di commozione, proseguendo tranquillamente, finché non ebbe trovato la soluzione. Così, il 12 luglio 1800 fu prosciolto e liberato. Tornò a Rovereto, dove riprese lo studio della causa iniziata, e la porto avanti con lo stessa passione di quando l’aveva, per causa maggiore, lasciata. Solo più tardi tornò a Trento, e poté riprendere con maggiore slancio i suoi studi fisici e matematici che poi fecero seguito alcune memorie avrebbero partecipato alla riunione PUECHER, il prete RAVELLI, TOSETTI, il pretore CHELLUZZI. Le risoluzioni della corte furono di non procedere contro gli ultimi tre, in quanto tutte le accuse si basavano sulla testimonianza di SLOP, uomo definito di dubbia fama. Ma siccome nei confronti di ROMAGNOSI e PUECHER i sospetti sembravano essere più consistenti e la vicenda non si poteva lasciar cadere a causa della vicinanza del nemico, si consigliò l’istituzione nei loro confronti di un processo criminale, con l’arresto e il sequestro dei loro documenti. 22 Nel 1793 a Trento era sorto, fra la gioventù studiosa, un club dei giacobini, favorevole al movimento di Francia, e con l’idea di unire il Trentino alla Repubblica Italiana 23 23 vedi “G.D. Romagnosi a Trento” F. Menestrina, ed. Trentina, 1909, pag. 84 8 scientifiche, tra cui una, con la quale si poneva sulla via della scoperta elettro - magnetica di Oersted (1818) 24 Il 6 gennaio del 180125 le truppe francesi comandate dal generale Macdonald rioccuparono per la terza volta Trento. Il Generale francese il 10 gennaio 1801, istituì un nuovo governo provvisorio, il “Consiglio Superiore del governo del Trentino e del Tirolo Meridionale” sotto la cui autorità erano unificate anche le zone altoatesine. Poiché a differenza degli altri governi provvisori quest’ultimo ebbe maggior incidenza sia per organicità di azione, sia per il prestigio degli uomini che lo dirigevano, in quanto ebbe, un carattere accentualmente più politico che amministrativo, poiché le persone scelte a presiederlo erano chiaramente orientate in senso favorevole alle nuove idee recate dalle armi francesi26. Presidente ne fu Carlo Antonio Pilati, segretario Gian Domenico Romagnosi, Antonio Gaudenti, Filippo Consolati, Bertolini, Perottoni, Dordi, Federico dell’Acqua, con la riserva di nominare altri tre membri, in rappresentanza delle Valli di Non e Sole, della zona di San Michele a Bolzano, e delle Valli di Fiemme e Primiero27 Il Consiglio Superiore non ebbe lunga vita ,infatti, firmata il 9 febbraio 1801 la pace di Luneville, essa fu comunicata alle popolazioni trentine il 21 febbraio c.a., e il 29 marzo il generale Macdonal partecipava al consiglio dichiarando che esso era stato sciolto. Un altro evento che avvenne durante la terza occupazione francese fu la rinascita della massoneria trentina e la sua presa di relazioni con le logge italiche e francesi. Il generale Macdonald e il colonnello Guyard, comandante la piazza di Trento, favorirono apertamente i franchi muratori trentini che, tra l’altro, avevano influenza diretta nel Consiglio Superiore, di cui vi erano affiliati Romagnosi, Pilati ed altri. Il 4 marzo 1801 fu aperta un loggia a Trento (Il Nettuno 1801-1809) di cui apparteneva anche il colonnello Guyard. E l’8 marzo c.a. il generale Macdonal diede un sontuoso banchetto nel castello assieme a 60 fratelli, ripetuto in altra occasione il 21 marzo.28 24 pubblicata nella Gazzetta politica sotto il titolo di Ristretto dei foglietti universali, tipografo Monauni, 3/8/1802 “statistiche del trentino” vol. 1 Perini 26 “Il trentino nel secolo decimonono” collana del Museo Trentino del Risorgimento, Umberto Corsini, 1963, pag. 5355 27 Proclama a stampa, 20 nevoso. In biblioteca comunale di Trento, ms. 272 28 “Il trentino nel secolo decimonono” collana del Museo Trentino del Risorgimento, Umberto Corsini, 1963, pag. 5355 25 9 Il 16/04/1801, i francesi si ritirarono e Trento rimase autonoma , senza principe e senza austriaci, finché il 6/11/1802 il maggiore austriaco Burè, la occupò in nome dell’impero di cui divenne la provincia. Tra l’insediamento francese e austriaco, Romagnosi con animo sereno prosegui i suoi studi, e fu frequentatore dell’accademia musicale, il quale si deve al Lui lo statuto. Maggior impegno lo dedicò allo studio delle scienze fisiche, infatti, il 24 aprile 1802 alla presenza di alcuni spettatori esegue un esperimento per dimostrare l’azione deviatrice della corrente elettrica della pila voltaica sull’ago magnetico29 , azione scoperta, forse in modo più completo, venti anni dopo dallo svedese Oerstedt ed illustrata da Ampére e Faraday. La scoperta è ricordata da Roberti nel suo diario (Milano, 1875), da Configliacchi e dall’illustre Libri, il quale nell’antologia dice che questa scoperta, ci fu, come altre mille, rapinata dagli stranieri. Grazie alla personalità del Romagnosi e agli studi da lui fatti, fu murata a Trento presso la casa del cav. Maffei in contrada Larga (oggi Via Belenzani) sotto l’effigie del Romagnosi questa iscrizione:30 GIAN DOMENICO ROMAGNOSI MAGISTRATO SAPIENTE, ILLUSTRE SCRITTORE, CITTADINO INTEGERRIMO NEL MDCCCII ABITÒ IN QUESTA CASA E FECE I SUOI STUDI E LE SUE SCOPERTE DI ELETTRO MAGNETISMO Romagnosi, in ogni modo aspirava a nuovi orizzonti e desiderava riavvicinarsi alla sua patria e alla sua famiglia31. La fortuna volle che il 9/10/1802, le truppe francesi occupavano lo stato parmense del quale veniva nominato amministratore Elia Moreau de Saint Mèry32, che sin dal 1800 era residente a Parma come amministratore del Granducato. Approfittando dell’evento, il generale Mcdonald raccomandò Romagnosi a Elia Moreau, e fu proprio quest’ultimo ad avere il merito maggiore di sollevare Romagnosi dalla sfera in cui viveva alla nomina di professore di diritto a Parma 29/12/1802. Romagnosi dedicò al generale un volume diventato celebre, intitolato “Introduzione allo studio del diritto pubblico universale”, composto presso 29 pubblicato il 3 agosto 1802, trascritta dal prof. Tommaso Gar, che sotto il titolo di Ristretto dei Foglietti Universali, veniva alla luce in Trento dal tipografo Monauni; vedi artico nella “corrispondenza scientifica in Roma n. 42 9/4/185 pagg. 246 e seg. 30 “G.D. Romagnosi – la via – i tempi – le opere”, Cagli 31 vedi lettera del 29 novembre 1802 scritta al Bramieri 32 uomo politico e letterato, ha pubblicato qualcosa per il diritto commerciale. Tra le riforme da lui intraprese a Parma ci fu anche quella dell’abolizione della tortura. 10 l’università di Parma scritta in meno di sei mesi e stamp ata a Parma in due volumi, nel 1806 ma con la data del 1805. Il libro fu accusato dai dilettanti di essere qua e la duro ad intendersi, così l’autore poté rispondere fieramente: mi trovan duro, anch’io lo so: pensar li fo. Intanto la repubblica italiana si trasformava in regno d’Italia. Il 26 maggio 1805, Napoleone cinge la corona ferrea e nomina viceré Eugenio Beauharnais, nel contesto viene nominato il conte Luosi di Mirandola Ministro della Giustizia, il quale voleva modificare le norme legislative e trovò in Romagnosi la persona più adatta al cambiamento legislativo33. Già con lettera 28 giugno 1806 il Ministro gli aveva trasmesso per esaminare un progetto di codice penale preparato da una commissione di Giuristi, un’altra lettera datata 26 agosto 1806 lo invitò a Milano, a prestare i suoi lumi per la sistemazione del Governo ed a collaborare al progetto del nuovo codice penale. Romagnosi lasciò Parma il 16 ottobre del 1806 per la volta di Milano, nominato consultore ebbe l’incarico di preparare urgentemente il piano per l’istituzione della Cassazione, per il Consiglio di Stato e il codice penale. L’11 dicembre 1806, in meno di tre mesi e dopo 72 consigli collegiali da lui presiedute, presentò, la proposta di legge, la quale fu ampiamente discussa e approvata 7 dicembre 1810 ed entrata in vigore il 1° gennaio 1811. Il codice penale italiano fu apprezzato dai giureconsulti francesi che lo ritenevano perfetto, ma perfetto non lo riteneva Romagnosi che inveiva contro il Regolamento organico della giustizia civile e penale del 13 giugno 1806, imposto dai francesi. Ma Luosi di Romagnosi non poteva più farne a meno. Gli riconobbe pubblicamente “Ha lo sguardo acuto dell’aquila e il cuor candido della colomba”. Comunque per averlo stabilmente vicino, fece sì che fosse nominato professore di diritto civile all’Università di Pavia, che venne nominato 17 febbraio 180734. Nello stesso tempo varato il codice di procedura penale, Romagnosi si adoperò a Milano per Improntare il proprio controprogetto del 1806 le successive redazioni del progetto del 33 34 “G. D. Romagnosi la vita – i tempi – le opere”, Cagli pag. 38 nota 1 “Romagnosi profilo storico” G. A. Belloni, ed. Dante Alighieri, 1931, pag. 57 11 codice penale. Se le lungaggini del vanitoso Luosi non avessero dato campo alla superbia di napoleone di stroncare l’idea, e di approvare il codice presentato nel 1806 visto che non gli era pervenuto il progetto italiano. I legislatori del Regno delle due Sicilie, Parmense, Pontificio, Sardo per qualche perfezionamento tecnico dei loro codici si ispirarono , agli studi di Romagnosi, che erano rimasti lettera morta. Romagnosi Persuase il Gran Giudice di dargli la possibilità di lottare italianamente sul terreno della legislatura pubblica cioè quella Amministrativo. Il 15 gennaio 1809 venne infatti chiamato da Pavia a Milano, dove si fondava appositamente per lui, una Cattedra di Alta Legislazione, onde formare gli statisti futuri della nazione. Il 18 febbraio del 1811, gli si affidò l’incarico di progettare un giornale ad illustrazione, direzione e censura di tutta la nuova pratica legislativa e con la sua solita rapidità nel mese di marzo usci il Giornale di giurisprudenza universale (1811-1814) creato con acute interpretazioni, importanti rapporti e norme della fluttuante nuova vita giuridica mantenendo sempre il concetto del valore sociale.35 Sfortunatamente tra il lavoro intenso e le vicende politiche, che già accennavano a futuri mutamenti, Romagnosi il 19 aprile 1812 fu colpito al lato destro da un attacco di emiplegia che lo tenne infermo per un circa otto mesi e successivamente gli rese sempre faticoso camminare per lo sforzo di trascinare la gamba destra. Intanto nel regno d’Italia declinava la fortuna di Napoleone, infatti, il 17 aprile 1814 alla seduta del senato presieduta da Antonio Veneri Vedi da pagina 60 L’ultima speranza era intanto caduta Napoleone sbarcato in Francia e tentando di risollevare l’Impero promettendo più libertà costituzionale ai popoli cade per sempre a Waterloo. E Romagnosi si è maggiormente compromesso facendo pubblicare poco tempo prima il suo progetto “della costituzione di una monarchia nazionale rappresentativa”. Sin dal principio del 1813 Romagnosi aveva chiesto e ottenuto cittadinanza milanese, cosicché quando gli austriaci ripresero il potere e 35 “Romagnosi profilo storico” G. A. Belloni, ed. Dante Alighieri, 1931, pag. 61 12 tolsero il diritto degli impieghi e delle scuole ai forestieri egli poté rimanere ad insegnare alta legislazione. Gli austriaci comunque nel 1817 misero Romagnosi in pensione con 1.252 lire annue chiudendo le scuole speciali. Romagnosi riuscì comunque ad ottenere nel 19.11.1919, dopo molte angherie, il permesso di tenere privatamente lezioni di diritto agli studenti dell'università di Pavia, e fu in questo periodo che istruì Carlo Cattaneo. Intanto a Milano si sviluppava la Carboneria che già insorgeva e vinceva nel Regno di Napoli. Nel pomeriggio del 13 agosto 1820 l’autore della costituzione del 1815 ebbe la visita di Silvio Pellico, per conto dei carbonari milanesi, che mettevano a capo il conte Porro. Con la caduta di Napoleone (1813) e il tumulto italiano che culminava con il triste eccidio del Prima (ministro esattoriale) in cui gli azionisti (principalmente borghesi) vedevano il confiscatore dei beni ecclesiastici a favore dell’Impero. In questo periodo il buon viceré Eugenio fu capace solo di far precipitare gli eventi battendo successivamente in ritirata lasciando il Regno in balia delle fazioni senza ne governo e ne senato. Così, il generale Bellearde il 12 giugno 1814, venuto in nome degli alleati vincitori di Napoleone occupò con i suoi austriaci il paese disorganizzato e disorientato, e si affrettò a sciogliere il glorioso esercito italiano. Molti ufficiali dell’esercito rimasero senza grado e senza stipendio, i quali per ovvi motivi fecero nascere una società di soccorso che non tardò, sotto l’impulso del Rasoli a tradursi in una cospirazione militare per l’indipendenza e l’unità d’Italia. La polizia com’è noto prevenne l’insurrezione arrestando i capi, tra i quali vi erano Rasoli e l’avvocato Giovanni Soverta Lattuada discepolo e confidente di Romagnosi. Com’è naturale la polizia cercò di trascinare Romagnosi sul banco degli accusati senza riuscirci grazie alla fedeltà di Lattuada e del fido Angiolino suo domestico e segretario, il quale riuscì all’arrivo della polizia alla casa del giureconsulto a gettare da una finestra il manoscritto originale della costituzione. Romagnosi del Pellico non aveva grande considerazione, infatti, in una lettera l’aveva bonariamente giudicato “un poco incosiderato”. La 13 stima generale nei confronti del conte Porro era assai scarsa, pur essendo indubbia la sua buona fede. Pellico o chi lo mandava non poteva capire che Romagnosi non sentisse e non pensasse di operare come lui. D’altra parte Romagnosi sapeva che da tali persone non potesse essere capito e perciò non gli concedeva le confidenze su tutti i suoi propositi. Romagnosi, quindi, pensò di prevenire le offerte di Pellico, in merito alla carboneria, e quindi di metterlo in condizioni di non aprirsi del tutto in quanto sarebbe stato, per Romagnosi, inutile e increscioso successivamente; comunque per ogni eventualità aveva provveduto che chiunque lo visitasse non potesse avvicinarlo da solo. Pellico comunque gli offrì di entrare nella Carboneria e Romagnosi troncò il discorso, dicendogli di non avere fiducia nei mezzi su cui si calcolava per insorgere, e tantomeno nella stessa organizzazione. Con ciò Pellico fu congedato. Ma Pellico, con tanta faciloneria, andò vantando di aver avuto l’adesione di Romagnosi e né parlò anche al suo amico Maroncelli (testa calda della Romagna), nonché appartenente anch’egli alla carboneria. Maroncelli sparse ancora di più la voce e stupidamente lo mise anche per iscritto con la massima leggerezza. Così con un sequestro di lettera, l’arresto dei due ed altri venne imbastito il processo contro la carboneria a Venezia. Nella confessione del Pellico e del Maroncelli risultò che il progetto di costituzione, scritta da Romagnosi a Lugano, serviva per modello ai rivoluzionari. Come partecipe alla cospirazione Romagnosi doveva essere arrestato, con la prospettiva della pena di morte o del carcere duro a vita. Dopo la perquisizione della casa di Romagnosi avvenuta il 6 giugno 1921, egli fu, successivamente, tratto in arresto il giorno 11, trascinato a Venezia nel carcere di San Michele. Nella perquisizione erano stati sequestrati molti documenti massonici e vari manoscritti; questi documenti furono trattenuti dopo il processo dall’Imperatore in persona. Romagnosi al processo si difese e respinse l’avversa testimonianza mostrando ai giudici la propria grandezza, meravigliandoli per l’ingegnosa e sicura maestria. Il procedimento a suo carico, iniziato il giorno successivo all’arresto fu sospeso e ripreso il 10 agosto per difetto di prove legali. E per lo stesso difetto, il 6 dicembre 1821 il senato Lombardo-Veneto dovette decretare il proscioglimento. 14 Quando si andò a scarcerarlo lo stesso Romagnosi chiese e ottenne di essere ospitato per altri due giorni, visto la sua impossibilità di tornare a Milano. In quei mesi di carcere compose due volumi “sull’insegnamento primitivo delle matematiche”, per i quali subito raccolse 700 prenotazioni. Così per il momento poté fronteggiare le esigenze economiche, dopo tanto tempo di vita improduttiva e da Venezia stessa lanciò le prenotazioni per la 3^ edizione della “Genesi del diritto penale” in cui sviluppo l’ardito pensiero politico, che ancor oggi pare rivoluzionario. Tornato a Milano gli austriaci videro con rabbia l’esultanza dei patrioti per la liberazione di Romagnosi, e la diffusione che immediatamente ebbe un ritratto di lui, appositamente stampato. Il Maestro era atteso dalla sua Scuola privata, mantenutagli dalla supplenza di un valente suo discepolo, l’avvocato Scanagatti. Ma qui lo volle colpire l’imperatore stesso; che accogliendo un diretto consiglio del Salvotti nello stesso atto che proscioglieva Romagnosi vietando il guadagno della scuola a colui che considerava impiegato e non padre e padrone a norma del catechismo 24/09/1822. Così era tolta a Romagnosi l’unica certa, sebbene modesta, fonte di guadagno, giacché non gli era lecito essere iscritto all’albo degli avvocati. Dopo la prigionia veneta e l’ingiustizia subita dall’imperatore Romagnosi soffrì la più nera miseria, che fu alleviata dall’amico Luigi Azimonti già suo compagno in massoneria. Azimonti conduceva un’impresa di lavorazione dello zucchero, un giorno andando a trovare Romagnosi e parlando della sua azienda, trovo una stupenda vastità di cognizioni anche in linea finanziaria e industriale congiunta da una modestia ed una bonomia della quale rimase incantato, ma riportò nel tempo stesso una impressione penosa dello squallore nel quale egli viveva. Da uomo pratico aiutò Romagnosi consultandolo spesso come professionista legale remunerandolo adeguatamente: riuscì a capire che solo in questo avrebbe potuto rifornirlo di denaro, visto che Romagnosi era tanto geloso della propria dignità. E, in più, con la scusa del consiglio riuscì subito e successivamente tutti gli anni nei mesi estivi ad invitarlo presso di se a Carate Brianza, provvedendolo in qual tempo di ogni cosa e con la villeggiatura riuscì a rafforzargli la salute. 15 Ma fuori del breve periodo di riposo di Carate Brianza Romagnosi non conobbe agi, i soccorsi non erano continui e subivano, come avviene di solito, dei rilassamenti forse lunghi, e pertanto la vita milanese era veramente di stretti limiti. le ristrettezze s’accrebbero di molto intorno al 1814, perciò parve una liberazione, quando lord Guilford l’invitò, a nome del governo inglese, a fondare nelle isole ioniche un centro di cultura basata alla giurisprudenza. Esultante, Romagnosi cercò di assicurarsi dal governo di Vienna il permesso di partire che ottenne verbalmente. Allora inizio a liquidare tutto quel che possedeva (maggio parte libri) e tralasciò i lavori intrapresi e s’immerse da subito con fervore nella preparazione del nuovo assunto. Ma l’imperatore finì con il colpire e inchiodò Romagnosi a Milano rifiutandogli il passaporto, forse anche perché un uomo di tale ingegno essendo stato sotto processo politico, dopo che era stato anche interdetto alla professione riducendolo alla miseria, uscendo dallo stato non era più sotto la sua vigilanza e magari svelava al mondo le infamie subite. Romagnosi dopo aver liquidato tutti i suoi averi e i suoi libri ad un quarto del loro prezzo, si trovò in condizioni così spaventose che la stessa Milano se ne avvide, ed un fremito corse la pubblica opinione. Più sollecita intervenne la provvidenziale amicizia con l’Azimonti, che in gran segreto d’accordo con il Castelli gli rimise su la casa a Milano mentre lo tratteneva a Carate, approfittando dell’assoluto no senso del valore contingente della moneta, che caratterizzava il pensatore, il quale era convitto che con quattro soldi si poteva tirare avanti un mese e provvedersi di tutto. Quando i crediti e la fame non lo pungevano, Romagnosi non pensava che alle sue idee. Romagnoli, che era stato una delle penne più autorevoli dell’Antologia fiorentina e delle riviste milanesi – dal Conciliatore alla Biblioteca italiana, agli Annali di Statistica – continuò ad aggiornare la pubblicazione nostra, misurandosi con le idee che correvano con l’Europa della Restaurazione e dell’evoluzione tecnico-industriale. In questi anni l’esistenza di Romagnoli segna un incredibile vertice produttivo in senso scientifico filosofico e nazionalistico: la temperie italiana era quanto mai densa di problemi, quanto d’incertezze e d’apatia. Occorreva lottare contro le forze della Santa Alleanza, dell’Austria, del Papato non meno contro l’assenteismo delle masse sia contadine, sia urbane oppresse dalle difficoltà quotidiane. In tutti i Paesi, le rivoluzioni sono state opera di 16 minoranze capaci di agire sulla tonalità dei cittadini chiamati a combattere per fini di giusto riscatto: ma in Italia le condizioni di vita variavano formidabilmente da regione a regione specie tra nord ed il sud; comportando un’infinità di suddivisioni e differenze. La preparazione culturale e morale del Paese ebbe nel Romagnosi un vessillifero indomabile: vide come fosse necessario rivitalizzare le grandi tradizioni per dare unità al sentimento nazionale e popolare, vigilando contro innumerevoli opportunismi pilotati secondo luoghi sia dagli austriacanti, sia dai clericali, sia dalla burocrazia che prosperava all’ombra dei poteri dinastici restaurati, il peso maggiore era dato dall’indifferenza. L’Accademia delle scienze morali di Parigi lo elesse membro corrispondente e la sua fama di studioso non soltanto erudito, ma creativo e fecondo per la società civile era diffusa in Europa, destando sospetti soltanto a Vienna. Giandomenico Romagnosi, sapeva di lavorare per il futuro ed ammoniva le forze europee a svincolarsi dalla Restaurazione e considerare l’Italia nella sua realtà nazionale. Era l’idea di nazione che Giandomenico valorizzava ed attualizzava in vista della fase conclusiva del Risorgimento. “Nel mondo esistono due forze soltanto: lo spirito e la spada. Ma alla fine la spada sarà pur sempre vinta dallo spirito”. Sentendo avvicinarsi la morte che lo colse, sereno, l’otto giugno 1835 scriveva all’amico Porri: “la mia mala fortuna ha voluto mettermi alla prova con un nuovo tormento. Pazienza! Anche questo colpo (alludendo alla scomparsa del suo fedelissimo amico Valeri) che cresce il calice delle mie amarezze servirà a non amar la vita e ad aspettar tranquillamente l’ora della mia chiamata. Io vivo ora, mio caro, senza timori e senza speranze. Io attendo il suono che mi richiami dalla scena di questo mondo, dal quale ritirandomi sarò lieto se dir potrò con San Paolo: cursum consumavi, fidem servavi”. Nella stanza ove chiuse per sempre gli occhi vegliavano i discepoli più cari, fra i quali Cattaneo. Chiese prima dell’ultimo respiro la consolazione di aspirare il profumo di una rosa. La notizia della sua morte commosse tutta l’Italia. Fu tumulato a Carate Brianza, a cura dell’Azimonti. La polizia asburgica proibì la lapide che Cattaneo aveva dettato. Gian Domenico Romagnosi professore pubblico di alta legislazione 17 e membro consulente del ministero della Giustizia del cessato Regno d'Italia Genio restauratore della civile filosofia nel secolo XIX al logico rigore del vero congiunse l'esattezza ed il pieno della convinzione per la saviezza dei principio la modestia del contegno l'integrità dei costumi e la lealtà dell'amicizia venerando incomparabile e sommo Inoltre, fu proibita la tomba monumentale. Ma il destino aspro di quel grande non dette tregua neppure ai suoi resti mortali. La tomba, e perfino, la bara vennero violate e scomposte dagli austriaci che – si disse – cercavano armi nascoste. 18 1) 6/5/1793 nominato consigliere aulico per benemerenza, dal principe vescovo 2) 1799 è arrestato a Trento 3) 1800 libero dagli arresti 4) 1801 tornati I Francesi, è nominato Segretario del consiglio superiore di Governo del Trentino e Tirolo Meridionale 5) 29/12/1802 è nominato professore di Diritto pubblico all’università di Parma 6) 1805 pubblica l’ ”introduzione allo studio di Diritto Pubblico” 7) 26/081806 Il Ministero della Giustizia del Regno d’Italia, Giuseppe Luosi lo chiama a Milano, a collaborare al progetto del nuovo Codice Penale 8) 1807 dimessosi dalla cattedra di Parma è nominato Consultore del ministero di Giustizia a Milano, e professore di Diritto Civile all’Università di Pavia 9) 15/11/1808 è nominato alla cattedra espressamente creata in Milano, di Alta legislazione nei suoi rapporti con la pubblica amministrazione 10) 01/01/1809 Angiolo Castelli entra al suo servizio 11) 19/04/1812 è colpito da un attacco di emiplegia al lato destro 12) 26/07/1813 è naturalizzato milanese 13) 06/05/1814 ritorno degli austriaco a Milano 14) 1816 ottiene la sudditanza degli austriaci e si stabilisce di nuovo a Milano, dando lezioni private di giurisprudenza e continuando a tenere la scuola di Alta Legislazione 15) 1816 settembre è giubilato con la pensione annua di £ 252 16) 1817 sono soppresse le scuole speciali 17) 16/12/1818 arresto del carbonaro Antonio Villa di Fratta Polesine e inizio del primo processo contro i carbonari. 18) 19/11/1819 Patente del Governo Austriaco che abilita Romagnosi all’insegnamento privato 19) 31/08/1820 Romagnosi rifiuta a Pellico di entrare nella Carboneria 20) 11/06/1821 arresto di Romagnosi in Milano 21) 06/12/1821 sua liberazione in Venezia pubblicazione della “Matematica” e 2^ edizione della “Genesi” 22) 1822 Prima villeggiatura a Carate 23) 1823 Offerta della cattedra e del rettorato all’Università di Corfù da parte del governo Inglese 24) 1825 diniego dei passaporti da parte del Governo Austriaco 19 25) 08/06/1835 Morte di Romagnosi in Milano 26) 10/06/1835 Sua tumulazione nel vecchio camposanto di Carate 27) 11/01/1947 Traslazione delle salme di Romagnosi e di Azimonti nella cappella Cusani Confalonieri, nel nuovo cimitero di Carate 28) 24/11/1848 Profanazione della tomaba di Romagnosi da parte della Polizia Austriaca 29) 12-19 /08/1878 riesumazione dei resti di Romagnosi e provvedimenti conservativi 30) statua eretta a Roma presso il palazzo di giustizia