Analisi genetiche rivelano che i primi Homo sapiens si

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evoluzione
Ibridi
umani
Analisi genetiche rivelano che i primi Homo sapiens
si sono incrociati con altre specie umane, e suggeriscono
che questa ibridazione abbia svolto un ruolo fondamentale
nel trionfo della nostra specie
O
di Michael F. Hammer
ggi è difficile da immaginare, ma per gran parte della nostra storia evolutiva abbiamo condiviso il pianeta con numerose specie
simili alla nostra. Per esempio 40.000 anni fa Homo sapiens viveva accanto a diverse specie parenti, inclusi i Neanderthal e il piccoli Homo floresiensis. Per decenni gli scienziati hanno discusso
sull’origine di Homo sapiens e su come sia sopravvissuto a tutte le altre specie umane.
Grazie soprattutto a studi genetici degli anni ottanta, una teoria si è imposta su tutte le
altre: gli umani anatomicamente moderni sono emersi in Africa per poi diffondersi nel
In breve
Secondo una teoria accreditata riguardo alle origini di Homo
sapiens, la nostra specie è emersa in un’unica località (in Africa
subsahariana) e ha sostituito tutte le specie umane arcaiche,
come i Neanderthal, senza incrociarsi con loro.
54 Le Scienze
Ma studi recenti sul DNA attuale e antico indicano che questi
esseri umani moderni provenienti dall’Africa si sono accoppiati
con umani arcaici, e suggeriscono che questa ibridazione abbia
aiutato Homo sapiens a prosperare e colonizzare nuovi territori.
Illustrazione di Brian Stauffer
Vecchio Mondo, sostituendo i gruppi arcaici esistenti.
Origini misteriose
Per apprezzare pienamente l’effetto di queste recenti scoperte genetiche sulla nostra comprensione dell’evoluzione umana,
dobbiamo guardare indietro agli anni ottanta, quando il dibattito
sull’ascesa di Homo sapiens era molto acceso. Esaminando i dati fossili, i paleoantropologi avevano concluso che uno dei primi
membri del nostro genere, Homo erectus, emerse in Africa circa 2
milioni di anni fa e poco tempo dopo iniziò a espandersi fuori del
continente africano e in altre regioni del Vecchio Mondo. Tuttavia i paleoantropologi non concordavano sul modo in cui gli antenati di Homo sapiens erano passati da quella forma arcaica alla nostra forma moderna, con la scatola cranica tondeggiante e
lo scheletro delicato, caratteristiche che appaiono nei fossili circa 195.000 anni fa.
I fautori del cosiddetto «modello multiregionale», sviluppato
da Milford H. Wolpoff, dell’Università del Michigan, sostenevano che la trasformazione avvenne gradualmente in popolazioni
arcaiche, ovunque vivessero in Africa, Eurasia e Oceania, a causa di una combinazione di migrazioni e accoppiamenti che permisero la diffusione delle vantaggiose caratteristiche moderne. In
questo scenario, alla fine della transizione tutti gli umani moderni condividevano particolari caratteristiche fisiche, ma ancora
erano presenti caratteristiche distintive regionali ereditate da antenati ancestrali, forse perché questi tratti avevano aiutato le popolazioni ad adattarsi ad ambienti locali. Una variante dell’ipotesi multiregionale, chiamata «modello di assimilazione», portata
avanti da Fred Smith, ora alla Illinois State University, riconosce
un contributo maggiore di caratteristiche moderne da parte di popolazioni africane.
Al contrario, i sostenitori del modello della sostituzione, conosciuto anche come «Out of Africa», tra i quali Christopher Stringer
del Natural History Museum di Londra, affermavano che gli esseri umani con caratteristiche anatomiche moderne emersero come
specie distinta in un solo luogo (nell’Africa subsahariana) e sostituirono tutte le forme umane arcaiche, in ogni luogo, senza incrociarsi con esse. Una versione meno rigida di questa teoria, proposta
56 Le Scienze
teorie in competizione
Michael F. Hammer è genetista di popolazioni
all’Università dell’Arizona. Studia le variazioni genetiche
in popolazioni moderne per gettare luce sulle origini
evolutive di Homo sapiens.
Il sequenziamento di Homo sapiens
da Günter Bräuer dell’Università di Amburgo, contempla la possibilità della generazione di ibridi tra esseri umani moderni e gruppi
arcaici incontrati durante l’espansione in nuovi territori.
Avendo a disposizione solo prove fossili, il dibattito sembrava
in stallo; poi la genetica ha cambiato la situazione. Con l’avvento delle tecniche di studio del DNA, gli scienziati hanno sviluppato metodi per mettere insieme frammenti di passato analizzando
le variazioni genetiche osservate nelle popolazioni attuali e per ricostruire alberi evolutivi di singoli geni. Studiando l’albero di un
gene, i ricercatori possono dedurre dove e quando è vissuto l’ultimo antenato comune di tutte le varianti di un dato gene, ottenendo quindi informazioni sulla popolazione di origine della sequenza ancestrale.
In uno studio fondamentale pubblicato nel 1987, Allan C. Wilson, dell’Università della California a Berkeley, e colleghi avevano
dimostrato che l’albero evolutivo del DNA che si trova nei mitocondri (i componenti delle cellule che producono energia) si può
far risalire a un’antenata vissuta in una popolazione africana circa 200.000 anni fa. (Il DNA mitocondriale, o mtDNA, è trasmesso dalla madre al figlio, e negli studi genealogici è trattato come
un unico gene.) Queste scoperte avevano confermato le previsioni dell’ipotesi africana, proprio come studi successivi di piccole sezioni del DNA nucleare, compreso il cromosoma Y, ereditato per via paterna.
Una decina d’anni dopo erano arrivate ulteriori conferme genetiche dell’ipotesi africana, quando Svante Pääbo, oggi al MaxPlanck-Institut für evolutionäre Anthropologie di Lipsia, aveva
estratto e analizzato un frammento di DNA mitocondriale da ossa
di Neanderthal. Lo studio aveva trovato che le sequenze del DNA
mitocondriale dei Neanderthal sono diverse da quelle degli esseri umani di oggi, e non c’erano prove di ibridazione tra le due specie; un risultato ottenuto anche in studi successivi sul DNA mitocondriale di altri esemplari di Neanderthal.
Per molti ricercatori queste scoperte sul DNA mitocondriale dei
nostri antenati avevano messo una pietra sull’ipotesi multiregionale e su quella dell’assimilazione. Ma per altri il ragionamento
aveva seri problemi: l’assenza di prove a sostegno dell’ibridazione in una sola regione indipendente del genoma, come il DNA mitocondriale, non implica necessariamente che in altre regioni del
genoma non si trovino segni di ibridazione. Inoltre è possibile che
i segni di ibridazione siano assenti in una particolare regione analizzata anche se l’ibridazione fosse effettivamente avvenuta, perché il DNA di altre specie che non fornisce vantaggi per la sopravvivenza a Homo sapiens tenderebbe a scomparire dal pool genico
(ovvero l’insieme dei geni) nel tempo.
Il migliore approccio alla questione dell’ibridazione tra Homo sapiens e altre specie arcaiche, come per esempio l’uomo di
Neanderthal, è quindi confrontare diverse regioni del genoma o,
idealmente, l’intero genoma. Ma anche prima che questi dati fossero disponibili per le specie arcaiche, alcuni studi genetici di DNA
umano moderno hanno dato risultati in contrasto con l’ipotesi
africana. Un chiaro esempio arriva da uno studio del 2005, effettuato da Daniel Garrigan, all’epoca ricercatore nel mio laborato-
539 luglio 2013
Da tempo gli scienziati discutono su come gli esseri umani moderni (linee
scure) si sono evoluti dai loro predecessori arcaici (linee chiare). Nelle teo­
rie qui sotto, gli esseri umani moderni hanno avuto origine in Africa. Se­
condo l’ipotesi africana, sostituirono le specie umane arcaiche nel Vecchio
Mondo senza incrociarsi con loro. Al contrario, l’ipotesi di assimilazione so­
stiene che le caratteristiche moderne vantaggiose degli africani si diffusero
tra questi gruppi arcaici grazie a una combinazione di migrazione continua
Sostituzione
Non africani
Africani
e accoppiamento chiamata «flusso genico» (frecce verdi). L’ipotesi di ibrida­
zione afferma che gli esseri umani moderni si accoppiarono solo occasio­
nalmente con specie arcaiche nel processo di sostituzione. L’ipotesi multi­
regionale africana si concentra solo sul periodo di transizione tra arcaici e
moderni in Africa, e sostiene il flusso di geni e l’ibridazione tra gruppi arcaici
distinti in quella regione. In teoria questo scenario avrebbe potuto precedere
l’ipotesi africana, quella di assimilazione o quella di ibridazione.
Assimilazione
Non africani
Africani
Ibridazione
Non africani
Africani
Estinzione
Tempo
Moderni
Grafica di Jen Christiansen; fonte: Michael F. Hammer
Ancora è un mistero come questa nuova forma sia diventata
l’unica specie umana sulla Terra. Forse gli invasori hanno ucciso
gli indigeni via via che li incontravano, oppure li hanno superati sul loro stesso terreno, o più semplicemente si sono riprodotti più
velocemente. Comunque sia andata, sembra che i nuovi arrivati
abbiano eliminato le specie concorrenti senza incrociarsi con esse.
Negli ultimi 25 anni questo «modello della sostituzione» ha
rappresentato il paradigma sull’origine umana. Sempre più prove indicano però che è sbagliata. Recenti progressi nelle tecniche di sequenziamento del DNA hanno permesso ai ricercatori di
aumentare in modo consistente la raccolta di dati da persone e
da specie estinte; l’analisi di questi dati con sofisticati strumenti di calcolo indica che la storia della nostra specie non è semplice come pensa gran parte degli addetti ai lavori. Si è scoperto che gli esseri umani di oggi hanno ereditato DNA dall’uomo
di Neanderthal e da altre forme arcaiche. Ciò dimostra che i primi
Homo sapiens si sono accoppiati con altre specie, generando prole fertile che era in grado di trasmettere l’eredità genetica a migliaia di generazioni successive. Oltre a capovolgere la teoria convenzionale sulle nostre origini, queste scoperte indirizzano nuovi
studi sull’entità dell’ibridizione, sulle aree geografiche in cui è avvenuta e sul fatto che gli umani moderni abbiano tratto, o meno,
benefici dai contributi genetici dei cugini preistorici.
Evoluzione multiregionale africana
Arcaici
Flusso di geni bidirezionale
rio. Garrigan ha esaminato sequenze di DNA di una regione non
funzionale del cromosoma X, chiamata RRM2P4.
L’analisi del suo albero evolutivo ha mostrato che l’origine
di questa regione cromosomica non era in Africa, ma nell’Asia
orientale, e risaliva a circa 1,5 milioni di anni fa. Questo implica che la sequenza proviene da una specie asiatica arcaica che si è
incrociata con Homo sapiens africano. Analogamente, nello stesso anno il nostro laboratorio ha scoperto variazioni in Xp21.1,
un’altra regione non funzionale del cromosoma X; il suo albero
evolutivo mostra due rami diversi, probabilmente evoluti in completo isolamento l’uno dall’altro per circa un milione di anni. Uno
di questi rami fu presumibilmente introdotto in popolazioni già
anatomicamente moderne da una specie arcaica africana. Le prove ottenute dalle analisi di RRM2P4 e Xp21.1, quindi, suggeriscono che gli esseri umani anatomicamente moderni si sono accoppiati con forme umane arcaiche in Asia e in Africa, invece di
sostituirle senza incrociarsi con esse.
Il nostro DNA arcaico
Più di recente, miglioramenti nella tecnica di sequen‌ziamento hanno permesso di esaminare genomi nucleari completi, inclusi quelli di ominini estinti, come i Neanderthal. Nel 2010 il gruppo di Pääbo ha annunciato di aver ricostruito la maggior parte
del genoma neanderthaliano, basandosi sul DNA di diversi fossili trovati in Croazia. Contrariamente alle attese, l’analisi ha mostrato che i Neanderthal hanno fornito un piccolo ma signifi-
www.lescienze.it
Flusso di geni unidirezionale
Ibridazione
cativo contributo all’insieme dei geni degli esseri umani: oggi i
non africani mostrano in media nei loro genomi un contributo
neanderthaliano che varia dall’1 al 4 per cento. Per spiegare questi
risultati, i ricercatori hanno ipotizzato un incrocio tra Neanderthal
e antenati di tutti i non africani avvenuto probabilmente durante il periodo limitato in cui questi due gruppi hanno convissuto in
Medio Oriente, forse da 80.000 a 50.000 anni fa.
Sull’onda dell’annuncio del genoma neanderthaliano, il gruppo di Pääbo ha annunciato una scoperta ancora più sorprendente.
I ricercatori avevano ottenuto una sequenza di DNA mitocondriale da un frammento osseo di un dito di circa 40.000 anni fa trovato nella grotta di Denisova, nei Monti Altaj, in Siberia. Anche
se i ricercatori non erano in grado di determinare la specie di appartenenza dall’anatomia dell’osso, la sequenza del genoma aveva mostrato che la popolazione a cui apparteneva quell’individuo e i Neanderthal erano più vicini tra loro che alla nostra specie.
Inoltre, confrontando la sequenza di Denisova con la sua analoga nelle popolazioni moderne, gli scienziati avevano scoperto una
quantità significativa di DNA (dall’1 al 6 per cento) proveniente da una popolazione simile a quella di Denisova in melanesiani,
polinesiani, aborigeni australiani e altri gruppi del Pacifico occidentale, ma non negli africani o gli eurasiatici.
Per spiegare questo schema sempre più complesso di DNA condiviso, i ricercatori hanno ipotizzato un’ibridazione con varie forme arcaiche in due momenti diversi: innanzitutto, quando gli esseri umani anatomicamente moderni inizialmente migrarono
Le Scienze 57
scoperte
Prove dell’ibridazione
I reperti fossili indicano che Homo sapiens è emerso in Africa intorno a
200.000 anni fa. Studi recenti sul DNA suggeriscono che questi esseri
umani moderni si accoppiarono con ominini arcaici incontrati durante la loro
migrazione in Africa e poi nel resto del Vecchio Mondo (frecce verdi).
La cartina, basata sui dati genetici noti fino a oggi, mostra le aree di influen­
za delle specie arcaiche (inclusa una specie recentemente identificata sulla
base di un osso di dito fossile trovato nella grotta di Denisova in Siberia) e le
aree in cui è avvenuto l’incrocio con gli umani moderni (ellissi).
Grotta di
Denisova
Ibridazione con
l’uomo di Neanderthal
Nessun incrocio
con gli uomini
di Denisova
Ibridazione con l’uomo
Denisovan
interbreeding
di Denisova
Possibili aree di influenza
delle forme arcaiche:
Uomo di Neanderthal
Uomo di Denisova o specie analoghe
Africani arcaici
dall’Africa e si accoppiarono con i Neanderthal, e in seguito quando i discendenti di questi primi emigranti arrivarono nel Sudest
asiatico e incontrarono umani simili a quelli di Denisova. Poi gli
antenati incrociati due volte di gruppi attuali come i melanesiani
raggiunsero l’Oceania circa 45.000 anni fa, e una seconda ondata di Homo sapiens emigrò in Asia orientale senza incrociarsi con
antenati di tipo Denisova.
Tipicamente la discussione sull’ibridazione nell’evoluzione umana è concentrata sugli accoppiamenti tra esseri umani anatomicamente moderni con Neanderthal in Europa, oppure
con forme arcaiche asiatiche, ma in realtà l’opportunità migliore per accoppiamenti tra specie diverse potrebbe essersi verificata in Africa, dove gli umani moderni e varie forme arcaiche hanno convissuto per molto più tempo rispetto a qualsiasi altro luogo.
Purtroppo il clima tropicale delle foreste pluviali africane non favorisce la conservazione di DNA antico. In mancanza di una sequenza di DNA antico africano, i genetisti oggi possono solo setacciare il genoma degli africani moderni alla ricerca di segnali di
questi incroci arcaici.
A questo scopo il mio gruppo all’Università dell’Arizona, in
collaborazione con Jeffrey D. Wall, dell’Università della California
a San Francisco, ha raccolto dati da 61 regioni del genoma in un
campione di tre popolazioni subsahariane. Nel 2011, usando simulazioni al computer per verificare diversi scenari evolutivi, ab-
58 Le Scienze
biamo concluso che queste popolazioni mostrano un 2 per cento
di materiale genetico proveniente da popolazioni umane estinte.
Questo gruppo si sarebbe diviso dagli antenati degli esseri umani
moderni circa 700.000 anni fa, e si incrociò con Homo sapiens circa 35.000 anni fa, nell’Africa centrale.
Un altro segnale genetico dell’incrocio arcaico in Africa è arrivato da uno studio su una sequenza insolita di cromosoma Y ottenuta da un afroamericano del South Carolina, negli Stati Uniti,
il cui DNA era stato inviato a una società per un test genetico. La
sua variante particolare non era mai stata osservata prima. Confrontando la sua sequenza Y con quella di altre persone e degli
scimpanzè, il mio gruppo ha scoperto che la sua sequenza rappresentava un lignaggio di cromosoma Y precedentemente sconosciuto, che si era diviso dall’albero evolutivo del cromosoma Y
oltre 300.000 anni fa. Quindi abbiamo analizzato una banca dati di circa 6000 cromosomi Y africani, identificando 11 corrispondenze, tutte provenienti da una piccola area del Camerun occidentale. La scoperta, pubblicata in marzo sull’«American Journal
of Human Genetics», indica che l’ultimo antenato comune di tutte le varianti moderne del cromosoma Y è il 70 per cento più vecchio di quanto pensato. La presenza di questa linea di discendenza
molto antica negli esseri umani attuali è un possibile segno di incrocio tra Homo sapiens e una specie arcaica sconosciuta avvenuto in Africa centro-occidentale.
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Mappa di XNR Productions; fonte: Genomic Data Reveal a Complex Making of Humans,
di Isabel Alves e altri, in «PLoS Genetics», Vol. 8, n. 7, 19 luglio 2012.
Ibridazione
con
Archaic African
gli africani
arcaici
hominin
interbreeding
Alla luce di prove sempre più numerose dell’ibridazione
tra Homo sapiens e specie umane arcaiche sia in Africa sia al
di fuori dei suoi confini, l’ipotesi africana non è più sostenibile. Specie moderne e arcaiche di Homo hanno generato una discendenza ibrida vitale, poi le forme arcaiche si sono estinte, lasciando la loro impronta genetica nel genoma umano attuale.
Detto questo, il genoma degli esseri umani di oggi sembra derivare principalmente da antenati africani: i contributi dagli eurasiatici arcaici sono più piccoli di quelli previsti dall’ipotesi multiregionale o da quella assimilazionista.
Ora molti ricercatori sostengono l’ipotesi di ibridazione di
Bräuer, secondo cui l’accoppiamento tra Homo sapiens e specie
arcaiche è stato limitato a pochi casi isolati. Concordo sul fatto che probabilmente questa ibridazione è stata rara dopo la migrazione di Homo sapiens al di fuori dell’Africa, ma penso anche
Contributi benefici
che la storia sia più complicata. Data la complessità dei reperti
Sebbene l’analisi del DNA dei Neanderthal e di Denisova forni- fossili africani, che indica una varietà di gruppi umani di transisca sempre più prove del fatto che gli specie umane arcaiche ab- zione, con un mosaico di caratteristiche moderne e arcaiche, visbiano contribuito al nostro patrimonio genetico, molti aspetti di suti su una vasta area geografica dal Marocco al Sudafrica tra
questa ibridazione rimangono irrisolti. Stime recenti della percen- 200.000 e 35.000 anni fa, sono propenso a sostenere un’ipotesi di
tuale del nostro genoma proveniente dai Neanderthal e da Deniso- ibridazione tra specie diverse durante la transizione tra gli arcaiva sono basate su un metodo che non fornisce molte informazioni ci e i moderni. Questo scenario, a volte chiamato African Multiregional Evolution («evoluzione multiregionale
su come e quando l’incrocio sia avvenuto. Per
Le radici
africana»), contempla la possibilità che i tratti
saperne di più, i ricercatori devono migliorare la conoscenza su quali tratti di DNA esattadegli esseri umani anatomicamente moderni siano stati ereditati da forme di transizione, prima che si estinmente provengono da umani arcaici, e quali
non risalgono
guessero. A mio parere, l’evoluzione multirespecie arcaiche abbiano contribuito a che cogionale africana, combinata con l’ipotesi di
sa. Fernando L. Mendez, membro del mio laa un’unica
ibridazione di Bräuer, offre la spiegazione miboratorio, ha fatto passi avanti in questa direpopolazione
gliore dei dati genetici e fossili ottenuti fino
zione. Ha scoperto prove convincenti del fatto
che alcuni esseri umani di oggi non africani
ancestrale emersa a oggi.
Prima che gli scienziati possano valutahanno un tratto di cromosoma 12 contenente
in Africa, ma a
re pienamente questa ipotesi delle origini
il gene STAT2 (coinvolto nella prima linea di
popolazioni di tutto dell’uomo moderno, dovremo capire meglio
difesa contro i virus patogeni) che arriva dai
quali geni sono responsabili dei tratti anatoNeanderthal.
il Vecchio Mondo
mici moderni e decifrarne la storia evolutiStudi dettagliati di regioni di DNA ereditate da antenati arcaici aiuteranno i ricercatori ad affrontare an- va. Ulteriori analisi del genoma arcaico e di quello moderno doche un’altra questione: se l’acquisizione di queste varianti gene- vrebbero aiutare i ricercatori a individuare quando e dove sono
tiche abbia conferito un vantaggio evolutivo a Homo sapiens. In avvenuti gli incroci, e se i geni arcaici ereditati dagli esseri umaeffetti, STAT2 è un esempio affascinante di una variante apparen- ni abbiano portato vantaggi. Queste informazioni ci aiuteranno a
temente vantaggiosa che è entrata a far parte dell’insieme dei ge- valutare l’ipotesi secondo cui l’ibridazione con popolazioni arcaini umani attuali. Circa il 10 per cento degli abitanti di Europa, Asia che ben adattate al loro ambiente locale abbia aiutato Homo sae Ocea­nia sono portatori della variante neanderthaliana del gene piens a dominare globalmente. La condivisione di geni medianSTAT2. È interessante osservare che questo gene è circa 10 volte te accoppiamenti inter-specie occasionali è uno dei modi in cui
più frequente nella Melanesia rispetto all’Asia orientale. Le analisi le novità evolutive emergono in molte specie animali e vegetali,
suggeriscono che questo segmento di DNA sia diventato frequente quindi non sarebbe sorprendente se lo stesso processo fosse avvetramite selezione naturale positiva (ovvero che favoriva il succes- nuto nel nostro passato.
Ci sono molte questioni in sospeso, ma una cosa è chiara: le raso riproduttivo, o la sopravvivenza) e non per caso, implicando un
dici degli esseri umani moderni non risalgono a un’unica poposuo contributo benefico nelle popolazioni della Melanesia.
Analogamente, una sezione neanderthaliana del cosiddetto lazione ancestrale in Africa, ma a popolazioni in tutto il Vecchio
«antigene leucocitario umano» (HLA, da Human Leukocyte Anti- Mondo. Spesso gli umani arcaici sono stati considerati rivali della
gen) sembra essere diventata relativamente frequente in popola- nostra specie, ma ora gli scienziati devono considerare la possibilizioni eurasiatiche come risultato della selezione naturale positiva tà che siano stati la chiave del successo di Homo sapiens.
n
collegata al suo ruolo nel combattere gli agenti patogeni. Forse
per approfondire
non dovremmo sorprenderci di trovare contributi arcaici contenenti geni che aiutano il sistema immunitario. È facile immaginaA High-Coverage Genome Sequence from an Archaic Denisovan Individual.
re che l’acquisizione di una variante genetica adattata per com- Meyer M. e altri, in «Science», Vol. 338, pp. 222-226, 12 ottobre 2012.
battere i patogeni in ambienti non africani abbia portato benefici An African American Paternal Lineage Adds an Extremely Ancient Root to the
agli antenati umani durante la loro espansione dall’Africa verso Human Y Chromosome Phylogenetic Tree. Mendez F.L. e altri, in «American
nuovi territori.
Journal of Human Genetics», Vol. 92, n. 3, pp. 454-459, 28 febbraio 2013.
Di recente anche i fossili hanno fornito un sostegno alla possibilità di ibridazione all’interno dell’Africa. Subito dopo la pubblicazione dei nostri risultati nel 2011, un gruppo di paleontologi
ha effettuato una nuova analisi di resti trovati nel sito Iwo Eleru,
in Nigeria, che mostravano caratteristiche craniche intermedie tra
quelle arcaiche e quelle moderne, ed erano datati solo 13.000 anni fa, molto dopo il debutto di Homo sapiens. Questi risultati, insieme a scoperte simili dal sito di Ishango, in Congo, suggeriscono che l’evoluzione della modernità anatomica in Africa potrebbe
essere stata più complicata di quanto previsto da tutte le ipotesi principali sull’origine degli esseri umani moderni. O nel passato recente specie umane arcaiche sono vissute insieme con H. sapiens moderno, o popolazioni con caratteristiche sia moderne sia
arcaiche si sono incrociate durante i millenni.
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