FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE

CORSO DI
DIRITTO DEL COMMERCIO
INTERNAZIONALE
Sintesi Lezioni Preliminari
e
Lezioni Generali I
Docente: Dr. Gianni ANGELUCCI
IL COMMERCIO INTERNAZIONALE
I diversi “ordinamenti giuridici nazionali” e le “norme” che li compongono non favoriscono
lo sviluppo di affari da parte degli operatori economici al di là dei confini nazionali, né
l’avvio di rapporti economici tra imprese con sede principale dei loro affari in Stati
differenti tra loro.
Questa situazione è la conseguenza della statalizzazione delle fonti del diritto che si verificò,
a partire dai primi del XIX secolo, con la nascita o, a seconda dei casi, con il radicamento
degli Stati nazionali e manifestatasi con la predisposizione, dagli inizi dell’Ottocento, dei
primi Codici ma anche, ad onor del vero, a causa della obbiettiva difficoltà di disciplinare
materie che attengono a relazioni tra Parti che:
 parlano lingue diverse;
 provengono da Paesi e culture differenti;
 hanno conoscenza ed esperienza di sistemi giuridici e di usi non uniformi fra loro, spesso
opposti.
IL COMMERCIO INTERNAZIONALE
QUALE E’ IL PROBLEMA ?
Si avverte, in definitiva, da parte degli Stati la necessità di norme la cui
applicazione non sia circoscritta all’interno dei confini dell’ordinamento
giuridico nazionale che le ha adottate, e ciò nell’interesse e a tutela sia:
 delle imprese nazionali che investono cospicue risorse finanziarie nella
delocalizzazione dei propri opifici e nella costituzione di imprese
all’estero;
 delle imprese nazionali che operano sul mercato internazionale
acquistando materie prime in determinati Stati, lavorandole e
trasformandole in prodotti finiti o semilavorati in Stati diversi da
quelli di acquisto e rivendendo tali prodotti in altri Paesi, aventi
ciascuno il proprio diritto nazionale fatto di norme i cui precetti,
talvolta, divergono in modo rilevante tra di loro.
IL COMMERCIO INTERNAZIONALE
A COSA SERVE, QUINDI,
IL DIRITTO DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE (DCI)?
Ponendosi, quindi, da una prospettiva privatistica (che, come tale, non
riguarda le questioni inerenti i rapporti commerciali fra Stati sovrani )si può
definire Diritto del Commercio Internazionale come l’insieme delle norme
applicabili laddove si verifichi una o più delle seguenti condizioni:
 le Parti di una trattativa commerciale hanno la loro sede d’affari in
Stati diversi oppure è diversa la loro nazionalità;
 trattandosi di contratti conclusi a distanza, l’offerta e l’accettazione
sono state inviate da sedi di Imprese ubicate in Stati diversi;
 una o più delle prestazioni che caratterizzano il contratto deve essere
eseguita in uno Stato diverso da quello in cui è stato concluso.
IL COMMERCIO INTERNAZIONALE
Orbene, esamineremo un quadro normativo di riferimento assai complesso ed
articolato, tenuto presente che il Diritto Commerciale Internazionale si compone
di fonti scritte e di altre fonti non scritte; tali eterogenee fonti, sostanzialmente,
sono riconducibili a:
1. normative nazionali;
2. convenzioni e trattati internazionali;
3. atti, norme e decisioni di Organizzazioni internazionali, Enti e Istituti;
4. usi e consuetudini del commercio internazionale;
5. lodi arbitrali e sentenze di Corti internazionali.
Nozioni Generali Preliminari
L’ORDINAMENTO GIURIDICO
NAZIONALE
E
LE FONTI DEL DIRITTO
COS’E’ IL DIRITTO?
Il diritto è un insieme di regole di condotta che disciplinano i
rapporti tra i componenti della società in funzione della
realizzazione di un obiettivo comune.
Il diritto è un fenomeno formato da:
- norme giuridiche: prescrivono i comportamenti da tenere o
da non tenere (inutili o dannose alla società)
- sanzioni: quali conseguenze sfavorevoli a carico dei
trasgressori (violatori) delle norme giuridiche
- organizzazione: che ha la funzione di produrre le norme
giuridiche e di garantirne l’osservanza
Una distinzione tradizionale è quella tra: Diritto privato e Diritto
pubblico.
Il Diritto privato disciplina i rapporti nei quali le Parti sono in
condizione di parità. Di esso fanno parte: il diritto civile,
il diritto commerciale, il diritto di famiglia, ecc.
Il Diritto pubblico disciplina,invece,l’organizzazione e l’azione
dello Stato e degli Enti pubblici. Esso regola i rapporti nei quali
una delle Parti è, dunque, un soggetto particolare che esercita un
potere di supremazia per il perseguimento delle finalità stabilite
dalla legge come «pubbliche».
Il diritto pubblico si articola nelle varie branche : del diritto
costituzionale, del diritto amministrativo, del diritto penale, del
diritto tributario, ecc.
(in particolare)
IL DIRITTO COMMERCIALE
E’ rappresentato, come detto, da quella branca del
Diritto privato
che comprende varie ed articolate materie legate ad aspetti
giuridicamente rilevanti delle attività economiche .
Esso regola ed ha per oggetto i contratti conclusi tra operatori
economici e tra essi e i loro clienti privati, nonché gli atti e le
attività delle società
GLI ATTI GIURIDICI DELL’U.E.
I più importanti atti giuridicamente vincolanti per gli Stati membri
emanati dalle Istituzioni dell’Unione ,che costituiscono il c.d. diritto
europeo, sono (ex art. 288 TFUE):
- i Regolamenti, i quali hanno una portata generale, essendo indirizzati
a tutti gli Stati membri, e sono direttamente applicabili;
-
le Direttive, di portata individuale o generale, non obbligatorie in tutti
i loro elementi, vincolando i destinatari limitatamente al risultato da
raggiungere ; lasciano allo Stato membro discrezione sulla scelta della
forma e dei mezzi;
-
le Decisioni, di portata individuale, sono indirizzate ai singoli Stati
membri e sono obbligatorie in tutti i loro elementi.
I Trattati e le Fonti che ne derivano
per il nostro Paese
 Presentano una particolare forza attiva, pari a quella delle
norme costituzionali (limitazione dei diritti sovrani dello
Stato e prevalenza delle norme europee su quelle interne);
 Il diritto dell’unione può derogare anche leggi
costituzionali, purché non siano norme fondamentali ed
immodificabili (ad es. i diritti fondamentali, la revisione
della costituzione e la democraticità dell’ordinamento
italiano) !!!!
 Sono obbligatorie in tutti gli Stati dell’Unione europea
 Se c’è contrasto tra una norma di diritto comunitario con
una fonte interna di grado inferiore il giudice deve
applicare la norma legata al diritto dell’unione
ORIGINI, CARATTERI E STRUTTURA
DELLA MODERNA SOCIETÀ
INTERNAZIONALE
LA NOZIONE DI DIRITTO INTERNAZIONALE
Come definizione preliminare
si può parlare di
Diritto Internazionale Pubblico
come di un insieme di
regole di condotta i cui soggetti,
portatori di pretese e di obblighi,
sono gli Stati.
Diritto Internazionale Privato
come insieme delle
norme di un determinato
ordinamento giuridico disciplinanti i
conflitti di leggi e giurisdizioni
derivanti dalla coesistenza
di più sistemi giuridici nazionali,
distinti fra loro.
La maggiore parte della dottrina
concorda nell'individuare
l'origine della società internazionale
nel periodo fra il XV e XVII Secolo,
con il passaggio dallo Stato patrimoniale
allo Stato assoluto, attraverso il
consolidamento di una pluralità di
monarchie nazionali,
(in particolar modo in Europa)
La vera novità dello Stato assoluto fu la predisposizione di
un apparato istituzionale.
Si sviluppò, così, un modello comune.
Le tre principali attività tipiche di ogni ordinamento giuridico
(ossia l’attività di produzione, accertamento e attuazione del
diritto) furono affidate ad organi centrali, che agivano per
conto dell’intera comunità.
In particolare, il sovrano (e, in seguito, un’assemblea
parlamentare) assunse il compito di produrre e modificare
le leggi; l’accertamento delle violazioni del diritto fu
affidato ai tribunali , spesso composti da giudici
professionali; infine, corpi speciali di funzionari a ciò
preposti (ad esempio, Agenti di polizia) assunsero il
compito di vegliare sull’attuazione coercitiva del diritto.
Si sviluppa anche l’idea degli Stati quali soggetti di
diritto nell’ambito del Diritto Internazionale
(Pubblico).
Per soggetti di diritto si intende gli enti cui
fanno capo i diritti e gli obblighi discendenti da
un dato ordinamento giuridico.
La soggettività giuridica, intesa come “capacità
giuridica”, ossia capacità di un soggetto di essere
titolare di diritti e di obblighi.
Da alcuni decenni a questa parte gli Stati non
sono più i protagonisti esclusivi della vita di
relazione internazionale, essendo affiancati da un
insieme di strutture istituzionali denominate
Organizzazioni Internazionali
o anche
Organizzazioni Intergovernative
ovvero, più modernamente,
Organizzazioni Istituzionali della Cooperazione
Internazionale.
Si tratta di appositi enti o istituzioni
a) destinati ad assolvere determinati compiti
nel campo della cooperazione
internazionale;
b) capaci di manifestare una propria volontà
e di svolgere una propria attività,
distintamente e separatamente da quelle dei
governi che ne fanno parte
Il Diritto Internazionale comprende due
distinte categorie di norme:
 norme del diritto internazionale generale
o consuetudinario (di solito non scritto),
(insieme delle norme generalmente
riconosciute o accettate dagli Stati);
 norme del diritto internazionale
particolare o convenzionale o pattizio,
costituito da un diritto internazionale positivo
(cioè scritto) o della volontà degli Stati.
L’art. 38 dello Statuto della Corte
Internazionale di Giustizia (CIG),
nello specificare il diritto applicabile per la
soluzione delle controversie internazionali di
natura giuridica, fa espresso riferimento a
queste due fonti
IL DIRITTO INTERNAZIONALE
GENERALE
E' detto “generale” perché le sue norme sono
destinate ad avere efficacia e a trovare
applicazione nei confronti di tutti
indistintamente i membri della società stessa
(gli Stati).
A detta categoria di norme appartengono
le consuetudini
Una regola consuetudianria
è tale se potrà dirsi universalmente
riconosciuta, vale a dire se risulta
seguita non solo da un adeguato
numero di Stati, ma anche dai
principali gruppi di Stati.
La consuetudine consta di due elementi:
1) una prassi generalizzata (usus o
diuturnitas)
2) la convinzione che questa prassi
corrisponda al diritto vigente (opinio
juris) o sia dettata da impellenti
esigenze sociali, economiche o politiche
(opinio necessitatis).
IL DIRITTO INTERNAZIONALE
PARTICOLARE
La modalità di formazione di Accordi, Trattati,
Convenzioni ecc., fra Stati ha una spiccata
analogia con il “contratto”
(negozio giuridico tipico di tutti gli ordinamenti in
cui, attraverso la manifestazioni di volontà, si
dispone dei propri diritti e obblighi)
e, come in quel caso, la capacità di concludere
accordi è subordinata alla capacità giuridica e di
agire
degli Stati membri dell’Accordo
Gli studiosi di diritto internazionale comparato
sono soliti dividere i sistemi giuridici mondiali
in due grandi famiglie:
-gli ordinamenti di Civil law in uso nell’Europa
continentale (che discendono direttamente dal diritto
romano e dal Codice napoleonico);
-gli ordinamenti di Common law adottati nei Paesi
anglofoni e in buona parte di quelli in via di
sviluppo.
Gli ordinamenti di Civil Law si ispirano al modello introdotto in
Francia
nei primi dell’Ottocento con la codificazione napoleonica, la cui
caratteristica è quella di fondare tutto il sistema giuridico
sulla mera fonte legislativa.
Gli ordinamenti di Common Law, tra cui quello inglese, quello
statunitense e, in genere, quelli di tutti i Paesi di matrice anglosassone,
al contrario, non sono basati su un sistema di norme raccolte in
codici, bensì sul principio giurisprudenziale dello stare decisis, vale a
dire sul carattere vincolante del precedente giudiziario.
Tali distinzioni creano ripercussioni in tema di interpretazione dei
contratti, ove l’applicazione più o meno rigida del criterio letterale
divide i due sistemi giuridici.
Nei sistemi di Common law, infatti, la fattispecie
contrattuale viene ricostruita esclusivamente sulla base
del dato letterale (tendenza a redigere contratti
self-regulatory), essendo escluso
qualsiasi riferimento a criteri extratestuali.
Diversamente, nei sistemi di Civil law, il significato
letterale è solo uno dei possibili criteri interpretativi
attraverso cui è possibile risalire alla volontà dei
contraenti, mentre sono prevalenti le norme
dell’ordinamento, a garanzia di maggiore certezza e
democraticità, facilitando nel contempo la conoscenza
delle regole da parte dei cittadini.
Le regole generali possono tuttavia talvolta rivelarsi
poco adeguate ai casi concreti, e qui gli ordinamenti
continentali
di Civil law mostrano un limite, perché la
modificabilità delle norme e, più in generale, il
recepimento normativo di nuovi fenomeni accadono
più lentamente che negli ordinamenti di Common law,
essendo indispensabile attendere la complessa e lunga
procedura istituzionale
(vds., per l’Italia, quella parlamentare)
per la creazione di una nuova norma.
IL
DIRITTO DEL COMMERCIO
INTERNAZIONALE
Diritto del Commercio Internazionale
FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE
FONTI DEL DIRITTO DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE
NORME NAZIONALI
Gli ordinamenti giuridici degli Stati, come già detto, hanno pressoché tutti
nel proprio corpus juris un sistema di regole di conflitto di leggi, cioè norme
di Diritto internazionale privato che determinano i criteri per individuare
l’ambito di giurisdizione nazionale e la legge applicabile, allorché si ritenga
che un atto o un fatto legato ad uno scambio internazionale o ad una
intermediazione internazionale, che coinvolge un operatore nazionale, sia o
potrebbe essere sottratto alla propria giurisdizione interna.
Di solito, tali norme sono improntate a principi quali:
•
•
•
maggiore libertà per le parti di determinare il contenuto delle proprie intese;
possibilità per i contraenti di scegliere la legge cui assoggettare l’accordo (con il
solo limite dell’ordine pubblico o di altre norme di applicazione inderogabili);
minore rigore quanto ai requisiti di forma del contratto.
LE LEGISLAZIONI NAZIONALI ED EUROPEA
Ecco il perché, nelle relazioni commerciali tra cittadini di Stati diversi, sono
presenti elementi di collegamento tra i vari ordinamenti, alla luce della
necessità di individuare, di volta in volta, l’ordinamento giuridico cui far
riferimento. In queste ipotesi, a causa delle diversità delle legislazioni
nazionali, che venendo di fatto a determinare un conflitto di leggi, a
seconda del singolo caso da risolvere , è necessario stabilire se applicare le
norme dell’ordinamento giuridico di uno Stato piuttosto che quelle proprie
di un altro Stato coinvolto nello scambio/negozio giuridico/contratto ecc.
IN DEFINITIVA
Il conflitto di leggi viene risolto attraverso “il filtro” dei criteri di collegamento
previsti dalle norme di Diritto Internazionale Privato (DIP) dei singoli Stati, in
virtù dei quali ciascuno Stato può stabilire autonomamente che determinati
rapporti tra i propri cittadini e cittadini stranieri siano disciplinati dal diritto
interno oppure dal diritto dello Stato di appartenenza di questi ultimi.
LE LEGISLAZIONI NAZIONALI ED EUROPEA
In Italia, la cosiddetta legge del rinvio, che consente di tener conto delle norme
del Diritto Internazionale Privato dell’ordinamento straniero richiamato dalla legge del
foro , è stata introdotta con legge 31 maggio 1995, n. 218.
Va detto che i criteri di collegamento operano con effetto meccanicistico: la legge del rinvio
si applica automaticamente a tutto il rapporto contrattuale o ad una parte di esso. Questo
automatismo, insieme alla diversità da uno Stato all’altro delle regole di conflitto ed alla
possibilità del doppio rinvio è considerato da alcuni giuristi come elementi in palese
contrasto con le esigenze di un ordinato sviluppo del commercio internazionale.
Per superare i possibili conflitti vengono spesso stipulate:
 convenzioni internazionali con le quali più Stati si impegnano reciprocamente ad
adottare norme di conflitto uniformi;
 altre volte vengono stipulate convenzioni di vero e proprio diritto materiale
uniforme, che realizzano, a differenza delle precedenti, un diritto a contenuto
uniforme nei diversi Stati, cioè capace di concordare i criteri in base ai quali
ciascuno Stato applica il proprio diverso, particolare diritto.
LE LEGISLAZIONI NAZIONALI ED EUROPEA
Dette Convenzioni, tuttavia, si riferiscono solo a specifiche materie; ragione per la quale per
tutte le altre materie il conflitto permane (a titolo di esempio, per le obbligazioni da contratto,
l’art. 57 della l. 218/1995 richiama “in ogni caso” la Convenzione di Roma del 1980, oggi
sostituita dal Regolamento CE 593/2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali
- c.d. Regolamento “Roma I”).
Si deve considerare che, proprio nel campo delle obbligazioni contrattuali, gli ordinamenti
della maggior parte dei Paesi al mondo, sia di civil law che di common law, pongono al
primo piano la volontà delle Parti, lasciando ampio spazio all’autonomia contrattuale: le
Parti sono libere di scegliere la legge applicabile al contratto, solitamente mediante clausola
ad hoc.
Il riconoscimento del primato della volontà trova, però, il suo limite nelle norme interne
inderogabili, ovvero, anche dette di applicazione necessaria e di ordine pubblico . Ciò perché,
in alcuni casi, il legislatore può rafforzare l’efficacia di alcune norme interne imponendone
l’applicazione a fattispecie disciplinate da norme straniere (si veda, l’art. 3 della Conv. di
Roma del 1980, confermato, in linea di principio, dal Regolamento 593/2008, al n. 15 dei
“considerando”, ove si prevedeva che le Parti fossero libere di scegliere la legge applicabile al
loro rapporto, sempre con il limite dell’osservanza delle norme inderogabili)
FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE
(in particolare)… L’ITALIA
La normativa italiana in materia di Diritto Internazionale Privato, come già detto,
è quella della Legge 31 maggio 1995, n. 218, che, attraverso i suoi n.74 articoli ,
disciplina fattispecie relative al diritto privato, al diritto commerciale e al diritto
processuale civile.
L’oggetto della normativa, in effetti, ha il fine di:
• determinare l’ambito di giurisdizione italiana;
• porre i criteri per l’individuazione del diritto applicabile;
• disciplinare l’efficacia delle sentenze e degli atti stranieri.
Essa rappresenta una codificazione organica del Diritto Commerciale
Internazionale, tenuto conto del mutamento intervenuto nel sistema giuridico
italiano, per l’entrata in vigore di numerose Convenzioni internazionali
LE NORME DI DIRITTO UNIFORME
E GLI USI DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE
Il Diritto del Commercio Internazionale è, alla luce di quanto detto, di per
sé contraddistinto (a seconda che lo si rapporti con il diritto dei singoli
Stati, ovvero lo si qualifichi come superamento dei limiti del diritto
nazionale) sia dalla specialità, sia dalla universalità; in tal modo si
tratteggia, infatti, il diritto commerciale internazionale, sotto il primo
profilo, come diritto speciale rispetto all’architettura del diritto nazionale,
e, sotto il secondo profilo, come diritto maggiormente rivolto alle esigenze
di mercato atte adoltrepassare i confini del diritto interno.
Tra le fonti delle regole conformi da applicare a tale realtà, meritano una
specifica menzione
Le norme di diritto uniforme
Gli usi del commercio internazionale.
( Da un lato )
(Dall’altro lato)
LE NORME DI DIRITTO UNIFORME
E GLI USI DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE
LE NORME DI DIRITTO UNIFORME
Le norme di diritto uniforme rappresentano uno strumento
attraverso il quale la normativa di livello internazionale
(vds., Convenzioni internazionali) si applica, a mezzo della
ratifica, nell’ambito dei singoli ordinamenti nazionali.
Pertanto, ogni Stato che ratifica la normativa internazionale
uniforma il proprio diritto interno adottando una medesima
disciplina speciale su materie connotate dal carattere della
internazionalità; nel contempo, in quella stessa materia
rimane valida ed efficace la disciplina del diritto nazionale
che si occupa delle fattispecie che abbiano, invece, carattere
interno
LE NORME DI DIRITTO UNIFORME
E GLI USI DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE
LE NORME DI DIRITTO UNIFORME
In questo modo, la funzione di: armonizzazione, superamento
della frammentazione delle discipline nazionali e dinamica
convergenza giuridica tra Stati, si attua in maniera
semplificata e senza riflessi sul diritto nazionale, stante
l’omologazione delle leggi interne attraverso l’introduzione di
un diritto domestico identico per ogni Stato che ha fatto
propria una Convenzione internazionale.
LE NORME DI DIRITTO UNIFORME
E GLI USI DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE
Tanto è avvenuto, ad esempio, con la ratifica, da parte di
numerosi Stati, della Convenzione di Vienna del 1980 in
materia di vendita internazionale di beni mobili come merci,
beni di largo consumo, macchinari (ratificata dall’Italia con
L. 11dicembre 1985, n. 765).
Un tentativo di uniformare la disciplina del contratto di
vendita internazionale, va detto, era già avvenuto nel 1964
con le due Convenzioni dell'Aja, che però proposero una
disciplina praticamente uguale a quella italiana. Le adesioni
furono pochissime: in particolare, l'Italia ed i Paesi ad essa
confinanti che avevano più o meno le stesse regole.
Tutta l'area anglo-americana non ratificò!!!!
LE NORME DI DIRITTO UNIFORME
E GLI USI DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE
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Occorre dire che le Convenzioni, di solito, impongono una uniformità di
applicazione – e quindi di interpretazione – delle norme ivi contenute. Si
esprime appunto in tal senso: l’art. 7 della Convenzione di Vienna del
1980, secondo cui ….
.“ Ai fini dell’interpretazione della presente convenzione, sarà tenuto conto
del suo carattere internazionale e della necessità di promuovere
l’uniformità della sua applicazione, nonché di assicurare il rispetto della
buona fede nel commercio internazionale. Le questioni riguardanti e
materie disciplinate dalla presente convenzione e che non sono da questa
espressamente risolte, saranno regolate secondo i principi generali a cui
si ispira, o, in mancanza di tali principi, in conformità alla legge
applicabile secondo le norme del diritto internazionale privato”.
LE NORME DI DIRITTO UNIFORME
E GLI USI DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE
LE NORME DI DIRITTO UNIFORME
Al riguardo, poi, si veda quanto espressamente previsto dall’ordinamento
italiano con L. 218/1995 “Riforma del sistema italiano del diritto internazionale
privato”, ove, all’art. 2, si sancisce che:
“Le disposizioni della presente legge non pregiudicano l’applicazione delle
Convenzioni internazionali in vigore per l’Italia. Nell’interpretazione di tali
convenzioni si terrà conto del loro carattere internazionale e dell’esigenza
della loro applicazione uniforme”.
E Noi sappiamo che la necessità di uniformità del diritto si avverte in
modo sempre più intenso proprio nel Diritto Internazionale Privato; ciò, a
causa dell’inconveniente per il quale le norme che lo formano, proprio
perché rientranti, comunque, nel diritto nazionale, possono esprimere
contenuti diversi all’interno dei singoli Stati ed in conflitto fra loro.
LE NORME DI DIRITTO UNIFORME
E GLI USI DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE
LE NORME DI DIRITTO UNIFORME
Rientrano poi, in un’accezione più ampia di diritto uniforme
anche le cosiddette Leggi Modello, ossia testi legislativi che i
singoli Stati possono autonomamente far propri anche in parte, a
differenza delle Convenzioni che, salvo eventuali riserve,
vanno recepite in toto.
L’elaborazione delle Leggi Modello si deve alla Commissione delle
N.U. per il Diritto Commerciale Internazionale (UNCITRAL) che ha
elaborato regole uniformi in materia di: arbitrato commerciale,
conciliazione, costruzioni e servizi, trasferimento internazionale
di fondi e commercio elettronico.
LE NORME DI DIRITTO UNIFORME
E GLI USI DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE
GLI USI DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE
Nella ricerca delle fonti di diritto uniforme da applicare al
mercato internazionale dei traffici commerciali, anche gli Usi
del Commercio Internazionale hanno inevitabilmente un
ruolo di primaria importanza.
Gli “usi” vengono di solito definiti come comportamenti
assunti in un dato ambito, generalmente conosciuti,
costantemente ripetuti nel tempo e regolarmente osservati come
vincolanti; si tratta, pertanto, della manifestazione spontanea
dell’autonomia della collettività.
LE NORME DI DIRITTO UNIFORME
E GLI USI DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE
La rilevanza (la configurazione di una prassi come uso) e
l’efficacia (in termini di applicazione e di effetti nel diritto
commerciale internazionale degli usi) si manifesta secondo le
condizioni ed i limiti previsti:
1. da un determinato diritto nazionale applicabile ad una
fattispecie concreta avente connotati di internazionalità;
2. da una convenzione internazionale di diritto uniforme (come
nel caso dell’art. 9 della Convenzione di Vienna del 1980,
che per l’appunto richiama l’applicazione degli usi invalsi
nel commercio internazionale);
3. da un contratto nel quale gli stipulanti operano un rinvio
esplicito o implicito a determinati usi.
LE NORME DI DIRITTO UNIFORME
E GLI USI DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE
Per quanto concerne la normativa italiana (L. 218/1995), la
disciplina degli usi ha trovato un adeguato adattamento alle
prescrizioni delle principali convenzioni di diritto materiale
uniforme, in particolare, alle prescrizioni del già richiamato
art. 9 della Convenzione di Vienna del 1980, secondo cui ….
“ Le Parti sono vincolate dagli usi a cui hanno assentito e dalle
abitudini stabilitesi fra di loro. Salvo accordo contrario delle
Parti, si ritiene che queste si siano tacitamente riferite nel
contratto e per la sua elaborazione a qualsiasi uso di cui erano
o avrebbero dovuto essere a conoscenza e che, nel commercio
internazionale, è largamente riconosciuto e regolarmente
osservato dalle Parti in contratti dello stesso genere, nel ramo
commerciale considerato”
LE NORME DI DIRITTO UNIFORME
E GLI USI DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE
Secondo la citata norma in materia di contratti di vendita
internazionali di merci:
(1) i criteri di rilevanza ed efficacia degli usi internazionali
prevalgono su quelli di carattere nazionale;
(2) gli usi del commercio internazionale costituiscono parte
del contenuto del contratto, a prescindere da un espresso
accordo al riguardo ed indipendentemente dalla
conoscenza di fatto dell’uso, purché esso sia astrattamente
conoscibile secondo l’ordinaria diligenza.
In merito, si evidenzia come anche la Convenzione (europea) di
Ginevra del 1961 sull’arbitrato internazionale, all’art. 7, imponga
agli arbitri di “tener conto del contratto e degli usi del
commercio”
LA LEX MERCATORIA
LA LEX MERCATORIA
Offrire una nozione della “Lex Mercatoria”, il cui nome è
evocativo di un’antica universalità, non è agevole.
L’elaborazione di una primordiale “lex mercatoria”, come
regolatrice del commercio e dei traffici, si deve allo stesso ceto
dei Mercanti che l’adotta come vera e propria lex universalis (lo
jus mercatorum); essa nasce, pertanto, senza la mediazione
della società politica.
La nascita del diritto commerciale (inteso in senso atecnico,
come una serie di norme coordinate da principi comuni) si può
far risalire al XII secolo, con la crisi del sistema feudale e
l’intensificarsi dell’attività economica e degli scambi
commerciali che, inizialmente, si svolgevano nell’ambito delle
corporazioni di arti e mestieri
LA LEX MERCATORIA
La ripetizione, nel corso del tempo, di queste clausole portava
al riconoscimento della loro obbligatorietà ed alla nascita di un
primo nucleo di diritto commerciale di natura consuetudinaria.
Tali pattuizioni, che inizialmente venivano utilizzate dai soli
iscritti alle corporazioni, quale diritto autonomo di classe,
manifestarono rapidamente la loro forza espansiva e
cominciarono ad essere inserite in tutti i contratti commerciali
transnazionali conclusi da Mercanti (in questo caso Operatori di
scambi commerciali), anche quando semplici Parti non iscritte
alla Corporazioni.
LA LEX MERCATORIA
Con l’affermarsi degli Stati nazionali si assiste al predominio
della statualità del diritto: lo Stato riconosce solo il diritto da
esso stesso emanato.
Il diritto commerciale non è più diritto di classe ma diritto dello
Stato, perde l’antica universalità e diventa diritto nazionale, le
consuetudini commerciali regrediscono all’ultimo livello della
gerarchia delle fonti.
La stessa lex mercatoria si statalizza convertendosi nei “codici
del commercio” e le controversie riguardanti i rapporti
commerciali vengono necessariamente assorbite nell’ambito
della giurisprudenza statale.
LA LEX MERCATORIA
Il consolidamento degli Stati nazionali conduce il Diritto
commerciale ad una nuova fase, ove si assiste ad una dicotomia
tra il sistema anglosassone caratterizzato da una maggiore
elasticità e dal valore vincolante del precedente giurisprudenziale
ed il sistema latino nel quale si affermano le codificazioni
attraverso le quali viene enucleato un diritto unitario e
nazionale.
Questa nuova fase del diritto commerciale che si manifesta nel
superamento dei confini nazionali, in considerazione della
internazionalità degli interessi imprenditoriali messi in campo
consente di avvertire sempre più l’inadeguatezza delle leggi
nazionali e l’esigenza di consentire la regolamentazione di
contratti sempre più delocalizzati.
LA LEX MERCATORIA
LA NUOVA LEX MERCATORIA
La globalizzazione dei mercati neutralizza le leggi
volute dagli Stati Nazionali e crea l’esigenza di una
“nuova lex mercatoria”, a base consuetudinaria, per
disciplinare i contratti commerciali internazionali.
Va osservato che, nell’economia industriale classica,
gli scambi avvenivano a livello internazionale ma la
produzione rimaneva nazionale, mentre, nella società
post-industriale, l’intera organizzazione diventa
globale (vds., le multinazionali) e la contrattazione
deve svolgersi con regole omogenee.
LA LEX MERCATORIA
Influisce, enormemente, in questo processo di
trasformazione dei diritti nazionali, il processo di
armonizzazione avvenuto in ambito europeo del
diritto societario.
Le direttive comunitarie hanno rappresentato un
significativo fattore di trasformazione del diritto
nazionale
degli
Stati
membri.
L’intervento
comunitario, per un lato, ha prodotto una alluvionale
legislazione speciale, dall’altro ha prodotto effetti
positivi, quale quello di stimolare la capacità creativa
dei nuovi mercatores o di creare dei nuovi strumenti
contrattuali.
LA LEX MERCATORIA
L’attuale lex mercatoria, oggi denominata law merchant o, come qualche
autore preferisce, transnational law mantiene la funzione di uniformare la
regolamentazione dei rapporti commerciali e dei traffici attraverso
l’individuazione dei “principi” e delle “regole” che si sono affermate nella
pratica del commercio internazionale.
Secondo l’opinione maggioritaria gli elementi che costituiscono la nuova lex
mercatoria sono :
1) i “principi generali” del diritto applicati (anche quando non vi sia uno
specifico riferimento delle Parti sul loro impiego) dai lodi degli arbitrati
commerciali internazionali.
Essi rappresentano la parte più importante della lex mercatoria:
- alcuni derivano direttamente dal Diritto Internazionale;
- altri sono creati dagli Arbitri internazionali.
LA LEX MERCATORIA
Analizzando le soluzioni adottate dai lodi arbitrali, gli studiosi della
materia hanno individuato un corpus di “principi” che sono:
•
- principio pacta sunt servanda, regola di D.I.Universale,
•
- principio della buona fede, non solo ai fini interpretativi, ma anche
•
nella fase precontrattuale ed esecutiva del contratto,
•
- principi relativi alla conclusione e validità dei contratti,
•
- principi relativi all’interpretazione e all’esecuzione dei contratti,
•
- principi relativi alle sanzioni o ai rimedi contro l’inadempimento.
2) gli “usi e consuetudini” del commercio internazionale: è sufficiente, in
questa sede rilevare che essi, intesi come una delle fonti della “lex”, a
differenza di quelli nazionali, si ricollegano ad un ambito transnazionale
e per essere applicati devono sottostare al giudizio della diuturnitas e
della opinio juris ac necessitatis degli operatori economici.
•
LA LEX MERCATORIA
Al riguardo, si evidenzia che la necessità di disciplinare le operazioni
economiche con un grado di uniformità ha portato sia alcune OIG che alcune
ONG economiche a vocazione transnazionale, a redigere delle raccolte: si pensi
agli International Commercial Terms (INCOTERMS) della Camera di
Commercio Internazionale (CCI), e all’International Standard Organisation
(ISO).
3) i “principi giurisprudenziali”, vale a dire quei principi che emergono dalla
giurisprudenza arbitrale internazionale. Secondo quanto stabilito nel Lodo
(CCI) n. 4131 del 1982, le decisioni dei tribunali creano una giurisprudenza
di cui è necessario tener conto perché formatasi quale conseguenza della
realtà economica, conforme ai bisogni del commercio internazionale.
L’attività degli Arbitri internazionali può essere considerata fonte della lex
mercatoria in quanto attività creativa, perché può non solo applicare regole
già presenti in uno o più ordinamenti, ma anche regole che gli Arbitri stessi
considerano appropriate.
Ad essi devono, poi, aggiungersi i Principi Unidroit che costituiscono
un’attuazione, sia pure parziale, della “lex mercatoria”.
LA LEX MERCATORIA
LEX MERCATORIA
Possibilità applicative
La teorizzazione di una lex mercatoria non produrrebbe utile
risultato nel caso in cui non si considerasse… se, in quali
termini ed entro quali limiti… sia possibile applicarla.
L’arbitrato consente la risoluzione delle controversie
alternativamente alla giurisdizione statale; per attivare il
procedimento, è sufficiente che le Parti inseriscano nel contratto
una specifica clausola (detta clausola compromissoria) o
sottoscrivano un apposito compromesso (vale a dire un nuovo
accordo scritto distinto dal contratto), a lite già verificata.
LA LEX MERCATORIA
Il giudizio arbitrale rispetto a quello ordinario presente
numerosi vantaggi:
“risulta più rapido e più economico, è svincolato dal rigido
formalismo sostanziale e processuale del diritto nazionale;
consente alle Parti di indicare quale legge applicare o vincolare
gli Arbitri a decidere secondo le regole della lex mercatoria”
In merito all’arbitrato commerciale internazionale, è stato
efficacemente osservato che esso costituisce il momento
giurisdizionale della nuova lex mercatoria.
L’intensificarsi delle relazioni economiche ha portato a una
valorizzazione del ruolo dell’arbitrato che si è posto come una
modalità ordinaria di composizione delle controversie del
commercio transnazionale.
LA LEX MERCATORIA
Anche la giurisprudenza italiana ha stabilito che
“l’arbitrato internazionale è la sede idonea a giudicare i fatti che
si pongono in contrasto con la nuova lex mercatoria , quale
ordinamento consuetudinario autonomo rispetto agli
ordinamenti statuali” (Trib. Busto Arsizio, 17/10/03)
In sede arbitrale la Lex mercatoria, insieme con i Principi
Unidroit, ha avuto applicazione come lex contractus, ma anche
come strumento di interpretazione e integrazione della legge
applicabile, ciò non solo quando fosse espressamente
richiamata dalle Parti, ma anche su iniziativa degli Arbitri.
I PRINCIPI UNIDROIT
I PRINCIPI UNIDROIT
I “Principi dei contratti commerciali internazionali” predisposti
dall’Istituto per l’Unificazione del Diritto Privato (Unidroit),
costituiscono attuazione, anche se parziale e limitatamente al
settore dei contratti della lex mercatoria.
L’Istituto, sorto per promuovere l’uniformità internazionale
della legislazione, composto da una commissione di insigni
giuristi, si è ritrovato ad assolvere alla funzione di compilatore
di un diritto uniforme spontaneo, eminentemente pratico,
dotato di grande flessibilità (un esperanto di comunicazione
giuridica) capace di offrire una “lingua franca del diritto chiara
e semplice”, con “ un approccio totalmente nuovo al Diritto del
commercio internazionale”.
I PRINCIPI UNIDROIT
Essi nascono dalla constatazione dell’insufficienza dei diritti
statali ad adattarsi alle speciali esigenze del commercio
internazionale; del carattere frammentario delle convenzioni
internazionali che spesso presentano una visione unilaterale,
giacché non ratificate da tutti gli Stati; delle situazioni di
incertezza cui la stessa lex mercatoria può dar luogo.
I Principi Unidroit si propongono di ovviare a tali
inconvenienti, superando l’inadeguatezza delle legislazioni
internazionali, la settorialità delle regole uniformi,
l’applicazione dei principi generalissimi (quindi, scarsamente
definiti) della lex mercatoria, …… ,
offrendo una disciplina organica dei contratti in generale.
I PRINCIPI UNIDROIT
Lo scopo iniziale era quello di un riallineamento del diritto dei
contratti internazionali sulla base della prassi, delle legislazioni
nazionali e delle convenzioni di diritto uniforme; i punti di
riferimento più importanti sono stati: i singoli sistemi
nazionali, la Convenzione di Vienna del 1980 per la vendita
internazionale dei beni, i “documenti” elaborati dalla CCI ed i
“documenti” UNCITRAL (Commissione delle NU per il
Commercio Internazionale).
Elaborati nel 1994, sono stati oggetto di un’ampia revisione che
ha portato ai Principi Unidroit del 2004 e ad una terza edizione
degli stessi nel 2010, con l’inserimento di importanti aggiunte e
integrazioni
I PRINCIPI UNIDROIT
Destinati a coprire l’intera area del diritto contrattuale, con la
finalità di riportare norme comuni alla maggior parte dei
sistemi esistenti e, al tempo stesso, recepire le soluzioni che
meglio si attagliano alle particolari esigenze del commercio
internazionale cross-border (transfrontaliero), anche in funzione
di proposizione di nuove regole.
I “Principi” non rientrano in alcuna delle categorie tradizionali
degli strumenti giuridici elaborati a livello internazionale, non
sono semplici clausole modello o contratti tipo, né regolano i
singoli contratti: essi si propongono di enunciare regole comuni
alla maggior parte dei sistemi giuridici e di raccogliere le
soluzioni più confacenti alle esigenze del commercio
internazionale , in un felice connubio di tradizione e
innovazione.