CORSO DI DIRITTO DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE Il Commercio Internazionale Prof. Gianni ANGELUCCI IL COMMERCIO INTERNAZIONALE Il commercio – cioè lo scambio e l’intermediazione nello scambio – preesiste all’idea di nazione, sicché la specificità del commercio internazionale – come sistema di regole giuridiche - è una conseguenza della relativamente recente affermazione degli Stati nazionali. Si potrebbe anche affermare che il commercio preesiste al diritto, vale a dire che lo scambio in larga misura prescinde dal riconoscimento delle regole giuridiche. Il ruolo dell’ordinamento giuridico rispetto alla circolazione dei beni risulta pertanto meramente ancillare: la regola di diritto fissa in sostanza le condizioni alle quali si potrà invocare un intervento esterno di natura coercitiva sul presupposto che le aspettative di una delle Parti in ordine all’idoneità dell’operazione di scambio a realizzare il proprio interesse siano state disattese. IL COMMERCIO INTERNAZIONALE Ogni operazione di scambio comporta una pluralità di rischi per le Parti ed è facile allora osservare che l’ordinamento giuridico contribuisce alla fluidità degli scambi, consentendo operazioni di scambio anche più complesse, nelle quali prestazione e controprestazione sono differite e non contestuali (dove è praticamente impossibile ricorrere allo strumento dell’autotutela, com’è, ad esempio, possibile nel caso dello scambio elementare, quando prestazione e controprestazione sono contestuali ). Da quanto detto, risulta evidente che l’utilità di un quadro giuridico di riferimento è molto maggiore nel commercio internazionale che in quello interno … Difficilmente, infatti lo scambio internazionale potrebbe attuarsi in quell’immediata contestualità che consente alle Parti di assicurarsi direttamente, in via di autotutela, il conseguimento della prestazione attesa. IL COMMERCIO INTERNAZIONALE Lo spazio e, quindi, il tempo che separano le Parti e le rispettive prestazioni, oltre alla pluralità di equivoci, anche di ordine meramente linguistico, incrementano il rischio che l’operazione attuata non soddisfi le aspettative delle Parti. La storia delle istituzioni ha seguito tuttavia altri percorsi: la centralità assunta dagli Stati nazionali a partire dal XIX Secolo ( sulla scorta del principio di autorità di derivazione assolutista), ha portato a consolidare il legame tra ordinamento giuridico e istituzioni statali, oltre che a stabilire definitivamente il monopolio statale dei poteri coercitivi. Conseguentemente, il rapporto commerciale internazionale, a differenza di quello interno, non può contare (più*) su un quadro normativo unitario …sono i singoli ordinamenti nazionali che, esercitando una loro prerogativa sovrana, stabiliscono le condizioni alle quali il potere coercitivo esercitato dallo Stato potrà assistere la realizzazione dell’interesse della Parte di appartenenza. (*) Lex mercatoria a partire dall’ epoca medioevale IL COMMERCIO INTERNAZIONALE Tutto questo in un momento in cui il fenomeno della globalizzazione dei mercati, che quotidianamente determina scambi di merci e servizi di enormi dimensioni, è sempre in costante progresso … Quanto sopra, alla luce della continua ricerca, da parte delle imprese e degli operatori commerciali, di: nuove fonti di approvvigionamento di prodotti, nuovi mercati di sbocco per la vendita delle merci IL COMMERCIO INTERNAZIONALE A partire dagli anni ’90, a causa della maggiore accelerazione avvenuta a seguito della: dissoluzione dell’Unione Sovietica e del sistema di economia controllata (termine usato dagli studiosi per definire un sistema economico in cui gli impianti produttivi sono di proprietà pubblica e l’allocazione delle risorse e le attività economiche sono organizzate e controllate da pubbliche amministrazioni) ; apertura all’economia di mercato di numerosi Paesi asiatici, ivi compresa la Repubblica Popolare Cinese, si è assistito ad una crescente delocalizzazione di stabilimenti produttivi e di sedi di imprese verso Paesi a basso costo di manodopera oppure a fiscalità agevolata. IL COMMERCIO INTERNAZIONALE Tali fenomeni comportano, naturalmente, implicazioni di vario profilo (vds economico, politico e, soprattutto, giuridico). In particolare, per quanto concerne le implicazioni giuridiche, si sottolinea che esse concernono le modalità attraverso cui le parti che negoziano accordi o transazioni internazionali siano in grado di concludere intese: - che possano essere rispettate, - l’inadempimento delle quali, possano prevedere rimedi condivisi e accertati anche da ordinamenti giuridici tra loro dissimili. IL COMMERCIO INTERNAZIONALE Si avverte, in definitiva, la necessità di norme la cui applicazione non sia circoscritta all’interno dei confini dell’ordinamento giuridico nazionale che le ha adottate, nell’interesse e a tutela sia delle imprese che investono cospicue risorse finanziarie nella delocalizzazione dei propri opifici e nella costituzione di imprese all’estero, sia di quelle che operano sul mercato internazionale acquistando materie prime in determinati Stati, lavorandole e trasformandole in prodotti finiti o semilavorati in Stati diversi da quelli di acquisto e rivendendo tali prodotti in altri Paesi, aventi ciascuno il proprio diritto nazionale fatto di norme i cui precetti, talvolta, divergono in modo rilevante con quelli dell’ordinamento di altre Nazioni. IL COMMERCIO INTERNAZIONALE CHE COS’E’ , allora, IL DCI ? Ponendosi, quindi, da una prospettiva privatistica (che, come tale, non riguarda le questioni inerenti i rapporti commerciali fra Stati ) si può definire Diritto del commercio internazionale l’insieme delle norme applicabili laddove si verifichi una o più delle seguenti condizioni: le parti di una trattativa commerciale hanno la loro sede d’affari in Stati diversi oppure è diversa la loro nazionalità; trattandosi di contratti conclusi a distanza, l’offerta e l’accettazione sono state inviate da sedi di imprese ubicate in Stati diversi; una o più delle prestazioni che caratterizzano il contratto deve essere eseguita in uno Stato diverso da quello in cui è stato concluso. IL COMMERCIO INTERNAZIONALE Nell’ambito di questo Corso, esamineremo un quadro normativo di riferimento assai complesso ed articolato, tenuto presente che il Diritto del Commercio Internazionale si compone di fonti scritte e di altre fonti non scritte; tali eterogenee fonti, sostanzialmente, sono riconducibili a: 1. normative nazionali; 2. convenzioni e trattati internazionali; 3. atti, norme e decisioni di Organizzazioni internazionali, Enti e Istituti; 4. usi e consuetudini del commercio internazionale; 5. lodi arbitrali e sentenze di Corti internazionali. FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE (1) NORME NAZIONALI Gli ordinamenti giuridici della maggior parte degli Stati hanno nel proprio Corpus Juris (vale a dire all’interno del proprio ordinamento) sia un Sistema di regole di conflitto di leggi , sia un Sistema di norme di diritto internazionale privato che determinano i criteri per individuare l’ambito di giurisdizione nazionale e la legge applicabile, allorché si ritenga che un atto o un fatto sia o potrebbe essere sottratto alla propria giurisdizione nazionale Di solito, tali norme sono improntate a principi quali: • • • maggiore libertà per le Parti di determinare il contenuto delle proprie intese; possibilità per i Contraenti di scegliere la legge cui assoggettare l’accordo (con il solo limite dell’ordine pubblico o di altre norme di applicazione inderogabili); minore rigore quanto ai requisiti di forma del contratto. FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE segue NORME NAZIONALI Alcuni Stati (in particolare quelli in via di sviluppo) adottano norme e regolamenti simili in materia di investimenti produttivi e finanziari avviati nel proprio territorio da individui stranieri e che prevedono: agevolazioni fiscali, minori obblighi di legge da osservare, rimozioni di divieti imposti alle imprese locali. Da sottolineare che, in passato, una scelta di questo tipo veniva adottata anche da alcuni Paesi dell’ex blocco sovietico, i quali, pur non avendo norme di diritto privato o commerciale (vigendo il divieto della libera impresa), avevano previsto un corpus di norme impostate secondo i principi del libero mercato (così come ancor oggi attuato dalla Rep. Pop. di Cina: norme di foreign law per i rapporti tra imprese cinesi e quelle straniere, norme di domestic law per i rapporti tra imprese nazionali) FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE L’ITALIA La normativa italiana, in materia di Diritto Internazionale Privato, è quella della Legge 31 maggio 1995, n. 218, che, attraverso i suoi n.74 articoli , disciplina fattispecie relative al diritto privato, al diritto commerciale e al diritto processuale civile. L’oggetto della normativa ha il fine di: • determinare l’ambito di giurisdizione italiana; • porre i criteri per l’individuazione del diritto applicabile; • disciplinare l’efficacia delle sentenze e degli atti stranieri. Essa rappresenta una codificazione organica del Diritto del Commercio Internazionale, tenuto conto del mutamento intervenuto, nel sistema giuridico italiano, dall’entrata in vigore di numerose Convenzioni internazionali FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE (2) CONVENZIONI E TRATTATI INTERNAZIONALI La necessità, avvertita da più governi nazionali, di contribuire in modo armonizzato allo sviluppo degli affari, ha portato diversi Paesi a definire regole e principi che possano essere applicati in maniera uniforme dagli imprenditori, dagli operatori del diritto commerciale, qualora siano chiamati a misurarsi con questioni attinenti al DCI. Tale esigenza (di concordare regole e principi comuni) viene soddisfatta dai governi e dalle organizzazioni internazionali mediante stipula di accordi (definiti Convenzioni), attraverso le quali si rafforza la cooperazione tra gli Stati, in vari campi (vds, ad esempio: relazioni diplomatiche e consolari, accordi finanziari, controllo o limitazioni sugli armamenti, protezione di minori o di specifiche categorie di persone discriminate ). Le Convenzioni possono essere bilaterali o multilaterali FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE segue CONVENZIONI E TRATTATI INTERNAZIONALI A differenza dei Trattati, le Convenzioni sono circoscritte a specifici argomenti piuttosto che a contenuti di più ampia portata. Esse vengono definite dalla Convenzione di Vienna del 23 maggio 1969, sul diritto dei Trattati “… un accordo internazionale concluso tra Stati in written form e retto dal Diritto Internazionale …” Le Convenzioni che interessano il settore del DCI sono adottate per regolare specifiche materie oppure per indicare i criteri per individuare la legge applicabile o la giurisprudenza competente a decidere una controversia tra parti con residenza abituale in Paesi differenti. FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE segue CONVENZIONI E TRATTATI INTERNAZIONALI Volendo raggruppare dal punto di vista delle finalità e dei contenuti le diverse Convenzioni si evidenzia che esse sono nate per: 1. definire i criteri di collegamento comuni e condivisi per individuare la legge applicabile, in presenza di contratto stipulato da Parti aventi sede in Stati diversi, ovvero soggette a sistemi giuridici differenti (vds. Convenzione di Roma del 1980 sulle obbligazioni contrattuali); 2. Individuare le regole che disciplinano uno specifico negozio giuridico in tutti o in parte i suoi aspetti, così che gli operatori economici o del diritto possano fare riferimento, qualora applicabile, ad un sistema di norme uniformi che possano consentire una pronta soluzione ad un quesito o ad una esigenza (Vds.ad esempio la Convenzione dell’Aja del 1955 sulla vendita internazionale di beni mobili, la Convenzione di Bruxelles del 1924 sul trasporto marittimo, la Convenzione di Varsavia del 1929 e successive modificazioni e integrazioni sul trasporto aereo, la Convenzione di Ottawa del 1988 in materia di leasing); FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE segue CONVENZIONI E TRATTATI INTERNAZIONALI 3. a) regolamentare la determinazione dell’ambito delle giurisdizioni nazionali e l’efficacia delle sentenze e degli atti stranieri attraverso l’individuazione di principi e regole di diritto processuale e civile uniformi; b) disciplinare gli strumenti per la risoluzione delle controversie alternativi alle Corti nazionali (Vds. ad esempio, la Convenzione di New York del 1958, sull’arbitrato, la Convenzione di Bruxelles del 1968, in materia di competenza giurisdizionale ed esecuzione delle sentenze civili e commerciali, la Convenzione di Lugano del 1988, sul riconoscimento delle decisioni giudiziarie e la Convenzione europea di Ginevra del 1961, sull’arbitrato commerciale internazionale). FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE (3) ATTI Delle ISTITUZIONI COMUNITARIE e Delle NAZIONI UNITE Come già detto, stante l’assenza di un sistema giuridico completo ed omogeneo nel campo del DCI, fra le fonti alle quali accedere per la ricerca di principi e disposizioni applicabili, un rilievo sempre più crescente viene attribuito Da un lato (3,1), al Diritto commerciale comunitario, limitatamente alle Parti che risiedono negli Stati membri dell’Unione Europea; nell’ambito di questo settore del diritto troviamo (come noto): Trattati, Direttive e Regolamenti che disciplinano: - le obbligazioni commerciali; - alcuni tipi di contratti; - il contenuto di alcune prestazioni caratteristiche di numerosi accordi commerciali; - la costituzione e l’amministrazione di società. FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE (3) ATTI Delle ISTITUZIONI COMUNITARIE e Delle NAZIONI UNITE Dall’altro lato (3,2) agli; Atti e Risoluzioni dell’ONU e, in particolare, a quelli che riguardano o documentano le azioni e le attività svolte dai suoi Istituti specializzati in materia di cooperazione e sviluppo economico. FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE segue… ATTI delle ISTITUZIONI COMUNITARIE (3,1) Il ricorso alle normative comunitarie (per le parti di essa che disciplinano la materia della concorrenza, delle intese tra imprese, delle obbligazioni contrattuali in generale,di determinati argomenti di diritto commerciale e societario) rappresenta uno strumento sufficientemente esaustivo per poter redigere degli accordi (si rammenta, infatti, che fin dagli albori del MEC, poi evolutosi in CEE, in CE e, infine, in UE, gli Stati si erano posti l’obiettivo di facilitare gli scambi commerciali e la libertà di circolazione di capitali, persone, merci e servizi all’interno del territori o della Comunità e dei singoli Stati membri) In particolare, la fonte del diritto primario dell’UE (Trattato di Roma del 1957) Aveva previsto (artt. 55 – 85) delle regole applicabili alle imprese in materia di concorrenza, poi ribadite nelle diverse versioni dei Trattati comunitari (in merito, si veda quanto ribadito negli artt. 81 e segg. della Costituzione Europea, non ancora in vigore. FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE (3,1) COSTITUZIONE EUROPEA L’art. 81 si occupa di pratiche commerciali ed accordi che possono alterare il libero gioco della concorrenza in contrasto con l’interesse dei consumatori ed i principi comunitari. L’art. 82, sempre in merito a pratiche contrarie allo spirito del mercato comune, prevede che “ E’ incompatibile con il mercato comune e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio fra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato comune o su una parte sostanziale di questo.” Non deve apparire velleitario quanto sopra affermato in merito all’asserita transnazionalità/internazionalità delle leggi e dei principi comunitari, allorquando si tenga conto che le norme adottate dall’Unione Europea sono frutto dell’opera di organismi e gruppi di lavoro esperti d’impostazione civil law (Vds. Francia, Spagna, Germania, Italia, Olanda, Grecia ecc.) ma anche di professionalità di estrazione common law (Vds. Irlanda e Gran Bretagna) FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE segue COSTITUZIONE EUROPEA In considerazione di quanto detto, specialmente in materia economico-commerciale, le norme della Costituzione Europea e dell’Unione Europea contengono e recepiscono molti principi comuni o, quanto meno, condivisi sia dagli ordinamenti di Paesi il cui sistema si rifà al diritto civile che da quelli di Paesi il cui ordinamento si basa sul diritto comune. Quindi, considerato che gli ordinamenti della quasi totalità delle Nazioni si rifanno, per ragioni storico-culturali o coloniali, ad uno dei due sistemi, ci consente di poter confidare, ragionevolmente, in merito all’applicazione e alla validità di tali accordi anche al di fuori del territorio dell’Unione- FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE (3, 2) ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE Ai sensi dell’art. 60 della Carta ONU, gli Organi principali preposti alla cooperazione economica sono: l’Assemblea Generale e, sotto la sua direzione, il Consiglio Economico e Sociale. In realtà, i soggetti che operativamente elaborano il contributo dell’ONU al DCI sono alcuni Organi sussidiari dai due Organismi suddetti istituiti e dalle Organizzazioni internazionali con le quali gli Stessi si coordinano (i cc.dd. Istituti Specializzati). L’azione dell’ONU, come fonte di norme e principi nel campo DCI, consiste soprattutto nella predisposizione di una serie di regole che le NU ritengono debbano disciplinare il mondo degli affari. Tali regole sono contenute in Dichiarazioni di principi, FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE (3, 2) ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE Raccomandazioni rivolte dall’Assemblea Generale agli Stati, Leggi modello e Progetti di trattati che, però, non hanno alcun valore vincolante per gli Stati membri. E’ innegabile, tuttavia, che per l’importanza dell’Organizzazione, il percorso di analisi, gli ideali perseguiti e la forma solenne, alcune di tali regole si possono ritenere precetti giuridicamente vincolanti, avvalendosi degli strumenti classici del DI.: la diuturnitas e la opinio juris (ricordate quanto detto a proposito delle “norme consuetudinarie” ?) FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE (3.3) ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL COMMERCIO (OIC) Un’altra Organizzazione Internazionale che ha tanto contribuito alla armonizzazione delle regole applicabili al commercio internazionale è il WTO (World Trade Organization). Essa ha assunto, nell’ambito della regolamentazione mondiale del Commercio, il ruolo precedentemente detenuto dal GATT (General Agreement on Tariffs and Trade); da quest’ultima organizzazione ha, infatti, recepito gli accordi e le convenzioni adottati con l’incarico di amministrarli ed estenderli, con la differenza che, contrariamente al GATT, il WTO, con sede a Ginevra, dispone di una struttura organizzativa istituzionalizzata. Obiettivo primario della WTO è quello di abolire le barriere tariffarie del commercio internazionale che ha per oggetto non solo i beni commerciali (com’era per il GATT), ma anche i servizi e le proprietà intellettuali. A norma dell’art. III dell’Accordo di Marrakech del 1994, le funzioni della WTO sono: FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE segue…OIC (o WTO) 1) favorire l’attuazione, l’amministrazione ed il funzionamento del presente accordo degli accordi commerciali multilaterali; 2) fornire un contesto nel cui ambito possano svilupparsi negoziati tra i suoi membri per quanto riguarda le loro relazioni commerciali multilaterali nei diversi settori contemplati nell’allegato al presente articolo; 3) amministrare l’intesa sulle norme e procedure che disciplinano la risoluzione delle controversie Per riassumere, la WTO, funge da: Forum negoziale per la discussione sulla normativa del commercio internazionale (nuova o esistente); Organizzazione per la risoluzione delle dispute internazionali sul commercio. FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE (4, 1) USI, PRATICHE E CONSUETUDINI Del COMMERCIO INTERNAZIONALE La maggior parte degli ordinamenti giuridici internazionali riconosce l’esistenza di usi e consuetudini che possono avere un certo rilievo nei rapporti negoziali tra le Parti, attribuendo ad essi, in determinate circostanze e condizioni, persino il ruolo di fonti del diritto. In particolare, le norme di Diritto Internazionale generale, quelle cioè sentite e intese come vincolanti per tutti gli Stati, hanno (come oramai a Voi noto) natura consuetudinaria; orbene, tanti Stati (alcuni di civil law, come Francia, Germania e Spagna, e molti di common law) fanno rientrare la consuetudine tra le fonti di diritto non scritto, pur se con rango e rilevanza minore rispetto a quelli attribuiti loro nel diritto internazionale generale dalla dottrina e giurisprudenza. FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE segue USI, PRATICHE E CONSUETUDINI Si veda, al riguardo, l’orientamento italiano, ove si prevede che: • gli usi hanno efficacia nelle materie disciplinate da leggi e regolamenti, solo in quanto da essi espressamente richiamati (art. 8 delle disp. Sulla legge in generale); • deve essere attribuita considerazione ai cc.dd. “usi o pratiche negoziali” dal momento che essi costituiscono mezzi di interpretazione della volontà delle Parti, espressa in maniera ambigua nel contratto o delle conseguenze che derivano dalla sua esistenza, salvo che non risulti una volontà contraria delle Parti (artt. 1340, 1368, 1374 c.c.). La convergenza, spontanea, di diversi ordinamenti giuridici in tema di usi e consuetudini commerciali non poteva non avere riflessi e conseguenze anche sul DCI; La Convenzione di Vienna del 1980, sulle vendite internazionali di beni mobili (CISG), ha disciplinato la materia con l’art. 9. FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE (4, 2) LA LEX MERCATORIA Il concetto di lex mercatoria deriva dallo studio delle negoziazioni e trattative condotte dai mercanti di epoca medioevale, allorquando, caduto l’impero romano e non essendosi ancora radicati i diversi ordinamenti nazionali, i mercanti trattavano i propri affari e concludevano i contratti senza avvertire l’esigenza di fare riferimento ad alcuna legge nazionale ma limitandosi ad applicare gli usi e le regole del commercio delle loro Epoca. Alcuni sostenitori dell’esistenza della lex mercatoria in parola ne fanno risalire l’esistenza all’epoca dell’antico Egitto, oppure ai commerci marittimi degli antichi greci o fenici. FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE (4, 2) LA LEX MERCATORIA E’ nel Medio Evo, tuttavia, che questa “presunta legge “ avrebbe trovato la sua massima diffusione, nel presupposto che la comunità dei commercianti, ritenendo che la frammentarietà e l’obsolescenza delle norme feudali e romane non rispondesse ai bisogni dell’allora moderno commercio locale e internazionale (nella interpretazione che tale termine poteva avere in un’epoca che vedeva le terre conosciute divise in Imperi, Principati, Feudi, oltreché, naturalmente, in tutte le terre legate al dominio terreno della Chiesa di Roma, ecc.), avevano creato un diritto superiore che costituì la base legale per la grande espansione del commercio durante il Medio Evo e la cui applicazione si estese per otto secoli, sino all’affermarsi dei nazionalismi e delle codificazioni statali del XIX Secolo. FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE segue LA LEX In estrema sintesi, si sosteneva che il mondo del commercio (societas mercatorum) fosse dotato di un complesso di regole proprie, autonome e autosufficienti per far fronte ad ogni evenienza e necessità. La tesi suggestiva fu, ben presto, abbandonata sulla base di alcune critiche, qui di seguito, sinteticamente, riprodotte: 1. la c.d societs mercatorum è troppo frammentata fra soggetti di diversa estrazione culturale e sociale, dal momento che ne avrebbero necessariamente fatto parte imprese che vanno dalla ditta individuale alla multinazionale, con organizzazione ed approccio agli fari troppo disomogenei fra loro; FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE segue LA LEX 1. …. Continua … 2. quest’insieme di regole del commercio internazionale è largamente incompleto ( vds., ad esempio, la diversità di vedute da parte degli esportatori dei diversi Paesi circa i vizi dei beni venduti, o in ordine alla circostanza per la quale il ritardato pagamento comporti di pagare i danni o gli interessi moratori, ecc.) e non completamente autonomo dai sistemi giudiziari nazionali (Vds., ad esempio, il limite rappresentato dalle norme sull’ordine pubblico interno); 3. Numerosi principi individuati dalla “lex” sono in realtà diffusi e incorporati in moltissime leggi e ordinamenti nazionali; FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE segue LA LEX MERCATORIA 4. la mancanza di un sistema sanzionatorio certo ed applicabile per ogni specifica infrazione ad una delle regole della “lex”; 5. l’incertezza del numero e la tipologia delle regole e dei principi che compongono questa “new merchant law”; 6. la vaghezza della definizione di “lex mercatoria” data dalla maggior parte dei sostenitori, non condivisa in modo unanime neanche fra loro, come “corpo di regole, differenti per origine e contenuto, creato dalla comunità dei commercianti per soddisfare le esigenze del commercio internazionale”. Le tesi dei propugnatori di questa dottrina, dopo un lungo periodo in cui parvero affievolirsi o essere abbandonate, di recente, hanno dimostrato un rinnovato interesse anche sulla scorta di un’accresciuta tendenza all’internazionalizzazione delle imprese. FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE (5) LE REGOLE UNIFORMI PRIVATE Due esempi di tali raccolte sono i Principi UNIDROIT a cura dell’Istituto così denominato, con sede a Roma, e gli INCOTERMS della Camera di Commercio Internazionale, con sede a Parigi (CCI), le quali , pur molto diverse tra loro , hanno assunto una certa rilevanza ed un crescente apprezzamento da parte degli operatori (tecnici e studiosi) del diritto degli scambi commerciali internazionali. Per decenni si preferì perseguire la via dell’adozione di strumenti legislativi vincolanti e condivisi dai Governi (vds. Trattati e Convenzioni); solo in epoca recente, venuto meno il blocco dei Paesi ad economia comunista, si sono sviluppati sforzi verso il ricorso a mezzi di soft-law per l’armonizzazione del Diritto commerciale internazionale privato. FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE (5) LE REGOLE UNIFORMI PRIVATE In particolare, va detto che: I Principi Unidroit sono frutto di una elaborazione avviata nel 1994 da un Gruppo di Lavoro formato da esperti in materia di diritto dei contratti commerciali internazionali di vari Paesi del mondo riuniti nell’Istituto Internazionale per l’Unificazione del Diritto Privato (Unidroit) che pubblicò una raccolta di Principi dei contratti internazionali commerciali. In seguito, agli inizi del 1997, un altro GdL, composto da un certo numero di esperti in materia, fu incaricato di redigere una versione più completa ed aggiornata di tali regole che fu approvata dal Consiglio Direttivo dell’Unidroit nel 2004; a tale edizione se ne è, poi, aggiunta una terza nel 2010. Si è, infine pervenuti ad una quarta nel FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE Tali Principi meritano di essere citati tra le fonti del DCI, pur provenendo da un Organismo Privato, atteso che: - presentano un insieme di disposizioni afferenti alla contrattualistica internazionale che gli imprenditori, con crescente interesse, tendono ad incorporare poi per relationem nei loro accordi; - analogamente, anche alcune Corti Arbitrali e, talvolta, anche alcuni Tribunali Ordinari hanno inteso farvi riferimento, ove le Parti di un contratto ne avessero fatto menzione. FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE Gli INCOTERMS , contrazione di international commercial terms è la serie di termini utilizzati nel campo delle importazioni ed esportazioni, valida in tutto il mondo, che definisce in maniera univoca e senza possibilità di errore ogni diritto e dovere competente ai vari soggetti giuridici coinvolti in una operazione di trasferimento di beni da una Nazione ad un’Altra • Nel trasporto di ogni materiale tra due Nazioni diverse sono coinvolti di norma diversi soggetti: • Venditore • Trasportatore • Dogana • Acquirente • Assicurazione FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE • Il trasferimento di un materiale da partenza ad arrivo può essere diviso schematicamente in blocchi (immagine a destra) che coinvolgono: • Mittente (colui che esporta la merce) • Dogana nella Nazione di partenza • Porto o aeroporto di imbarco • Frontiera che può essere geografica o virtuale (porto ed aeroporto sono considerati confini di Stato) • Mezzo di trasporto (autocarro, treno, aereo, nave) con cui la merce viene trasferita • Infrastrutture (porto, aeroporto, magazzino doganale) di sbarco • Dogana della nazione di arrivo • Destinatario (colui che importa la merce). I termini Incoterms sono stati ratificati dall' International Chamber of Commerce(ICC) e pubblicati originariamente in lingua inglese con traduzione autorizzata in altre 31 lingue da parte delle varie camere di commercio nazionali.