LA NUOVA DISCIPLINA DELL`ACCESSO AI DOCUMENTI

LA NUOVA DISCIPLINA DELL’ACCESSO AI DOCUMENTI
AMMINISTRATIVI
di Nicola Tolfa
INDICE
1. Introduzione.
2. Ambito di applicazione della nuova disciplina: il riparto di competenza
normativa Stato-Regioni e la sussistenza di una pluralità di fonti
legittimanti l’accesso.
3. La legittimazione attiva all’accesso: i titolari del diritto di accesso.
4. I controinteressati: individuazione e tutela.
5. Il difficile bilanciamento tra accesso e riservatezza.
6. I soggetti passivi del diritto di accesso.
7. L’oggetto del diritto di accesso.
8. I limiti all’accesso.
9. Le modalità di esercizio del diritto di accesso.
10. La tutela del diritto di accesso.
11. Osservazioni conclusive.
1
1. INTRODUZIONE
Fino al 1990 non esisteva nell’ordinamento italiano un principio generale di
libera conoscibilità dell’attività amministrativa da parte dei cittadini, essendo
piuttosto la regola quella della riservatezza e del segreto d’ufficio.
E’ soltanto con l’introduzione della legge generale sul procedimento
amministrativo, legge 7 agosto 1990, n.241, che il principio di trasparenza e di
pubblicità dell’azione amministrativa assume una portata generale capovolgendo
completamente il sistema precedentemente in vigore basato sul segreto e sul
divieto di divulgazione degli atti in possesso della P.A.: si tratta di un
cambiamento di tale portata che ha spinto la dottrina a parlare giustamente di
“rivoluzione
copernicana”
e
di
“mutamento
genetico
della
pelle
dell’amministrazione”1.
In precedenza, infatti, vi erano soltanto delle discipline settoriali che
prevedevano la possibilità di accedere a determinati tipi di documenti
amministrativi: in particolare possiamo qui ricordare, per la sua rilevanza,
l’art.25 della legge sugli atti degli enti locali, L. 27 dicembre 1985, n. 816
(poi trasfuso nell’art.7 della L. 142/1990, ed attualmente nell’art. 10 del
d.lgs.267/2000), che riconosceva il diritto di tutti i cittadini di prendere visione
dei provvedimenti emessi da una serie di enti locali, quali province e comuni, e
di enti territoriali, quali le comunità montane e le unità sanitarie locali,
rimettendo alle singole amministrazioni il compito di disciplinare con proprio
regolamento l’esercizio di tale diritto2.
1
F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, L’accesso ai documenti amministrativi,
Giuffrè, Milano, 2007, p.1 e p.4.
2
Sulle carenze di tali regolamenti nel garantire un pieno ed effettivo diritto d’accesso, si veda R.TOMEI,
La nuova disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi, Commento alla legge n.241 del 1990 e al
d.p.r. n.184 del 2006, (a cura di), AA.VV., Cedam, Torino, 2007, p.xxIv, il quale, tra l’altro, rileva come
«dal punto di vista della portata sostanziale del diritto, non sono mancati casi nei quali l’espressione “tutti
i cittadini”, lungi dall’essere interpretata nella sua accezione più lata, è stata intesa con riguardo ai soli
cittadini elettori ovvero appartenenti al comune, se addirittura, come pure è accaduto, non si è fatto
espresso ed esclusivo riferimento che ai portatori di un interesse proprio e differenziato alla conoscenza
dell’atto. … Infine, sotto l’aspetto operativo, non va taciuto che erano numerosi i regolamenti che si
limitavano a garantire i cittadini solo per ciò che atteneva il “prendere visione”dei provvedimenti,
2
Più articolata, ma sempre limitata ad un ben determinato settore, era, poi, la
disciplina
sull’accesso
contenuta
nella
legge
istitutiva
del
Ministero
dell’ambiente (L. 8 luglio 1986, n.349), il cui articolo 14 stabiliva la più ampia
divulgazione da parte del Ministero dell’ambiente delle informazioni sullo stato
dell’ambiente, la pubblicazione per estratto nella Gazzetta Ufficiale degli atti del
Consiglio Nazionale che interessano la generalità dei cittadini, e il diritto
d’accesso “di qualsiasi cittadino alle informazioni sullo stato dell’ambiente
disponibili presso gli uffici della pubblica amministrazione”, con facoltà di
ottenerne copia previo rimborso delle sole spese di riproduzione e di ufficio3.
Tra le ulteriori diposizioni settoriali che, anteriormente alla L.241/1990,
prevedevano forme di accesso ai documenti detenuti dalla P.A. possono inoltre
citarsi
la limitata possibilità di ottenere copia degli atti detenuti da un
“depositario pubblico” ai sensi dell’articolo 743 del Codice di Procedura Civile;
l’articolo 10 della Legge 6 agosto 1967 n. 765 che, nel modificare l’articolo 31
della Legge Urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150, prevede che “chiunque può
prendere visione presso gli uffici comunali della licenza edilizia e dei relativi
atti di progetto”; l’articolo 1 del D.P.R. 23 giugno 1988 n. 250, che modifica
l’art. 56 del R.D. 21 aprile 1942 n. 444, Regolamento per l'esecuzione della
legge sul Consiglio di Stato, conferendo a chiunque il diritto di chiedere copia
dei pareri del Consiglio di Stato in sede di decisione di ricorso straordinario; il
regolamento di cui al D.P.R. 3 maggio 1957 n. 686, recante Norme di esecuzione
del testo unico delle disposizioni sullo statuto degli impiegati civili dello Stato,
approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, ai sensi del cui articolo 21,
escludendo che l’art.25 avesse inteso ricomprendere nel diritto la possibilità di estrarre copia del
documento, così consentendo la conservazione nel tempo dei risultati dell’esame. Dal punto di vista
dell’esercizio del diritto come tale, poi, le carenze dei regolamenti si facevano persino più evidenti:
…solo raramente furono approntate tutte quelle misure organizzative e gestionali idonee a rendere
concretamente operante il diritto stesso, … In conclusione … l’attuazione dell’art.25 aveva finito per
favorire le disparità esistenti nel nostro Paese, stante che i cittadini risultavano avere diversi statuti nei
rapporti con l’amministrazione in relazione alla sede e al tipo di amministrazione con cui entravano in
contatto».
3
Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.6; nonché M.CIAMMOLA,
Il diritto di accesso ai documenti dopo la legge n.15 del 2005: natura, soggetti legittimati e ambito
applicativo, in www.amministrazioneincamino.luiss.it, amministrazioni pubbliche, note e commenti,
2006, p.1-2.
3
l’interessato può “prendere visione del rapporto informativo” sulle prestazioni
svolte (documento riservato) ed, ai sensi dell’art. 29, ottenere il rilascio di copie
del proprio stato matricolare; l’articolo 10 del D.lgs. 6 settembre 1989, n.322,
relativo all’accesso ai dati statistici detenuti dal Sistema Statistico Nazionale,
riconosciuto secondo particolari modalità (forma anonima ed aggregata) ad enti
od organismi pubblici, persone giuridiche, società, associazioni e singoli
cittadini4.
Ma, come si è detto, è solo con l’emanazione della L. 241/1990 che si
compie un fondamentale “salto di qualità”, prevedendo una regolamentazione
del diritto di informazione amministrativa applicabile indistintamente a tutti i
procedimenti amministrativi5.
La legge 241/1990 mira infatti, ad informare l’operato della P.A., oltre che
ai principi costituzionali di legalità, imparzialità e buona amministrazione,
anche al nuovo principio di trasparenza, che, una volta reso realtà vivente ed
operativa all’interno dell’ordinamento, avrebbe dovuto dare una nuova
configurazione al rapporto con i cittadini6: Questi ultimi attraverso la possibilità
4
Per un’ampia ricostruzione della problematica dell’accesso prima della L.241/1990 si veda, per tutti,
R.TOMEI, La nuova disciplina…, cit., p.xvII e ss.
5
Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.10. Una previsione generalizzata
del diritto di accesso e di pubblicità dell’attività amministrativa era stata anticipata, sia pure a livello
settoriale (e con alcune differenze che hanno determinato problemi di coordinamento), dalla legge di
riforma dell’ordinamento delle autonomie locali, L.8 giugno 1990, n.142 (oggi sostituita dal nuovo
T.U.E.L., D.lgs. 267/2000), di due mesi anteriore alla L.241/1990.
6
La c.d. legge sul procedimento amministrativo, nota anche come “legge sulla trasparenza
amministrativa”, ha inserito nell’ordinamento, innanzitutto, la responsabilizzazione e perdita di
anonimato della p. a. prevedendo la figura del responsabile del procedimento, l’obbligo di conclusione
dello stesso mediante l’adozione di un provvedimento espresso e l’obbligo generale di motivazione dei
provvedimenti amministrativi; inoltre, ha introdotto istituti volti a garantire maggiore efficacia ed
efficienza all’azione amministrativa consentendo il ricorso a strumenti tratti dal diritto privato e
ampliando le ipotesi di partecipazione diretta del cittadino alle scelte operate dall’amministrazione;
infine, ha disciplinato il principio di pubblicità-trasparenza dell’attività della p. a. sancendo il diritto di
accesso agli atti amministrativi.
A proposito del principio di trasparenza, si è osservato come esso non rappresenti un preciso istituto
giuridico ma piuttosto un modo d’essere dell’Amministrazione, un risultato alla cui realizzazione sono
diretti istituti diversi tra i quali, appunto, quello dell’accesso ai documenti [Così A.Police, La
predeterminazione delle decisioni amministrative. Gradualità e trasparenza nell’esercizio del potere
discrezionale, ESI, Napoli, 1997, p.41.]. Si tratta di un principio fortemente avvertito anche
nell’ordinamento comunitario ed in esso definitivamente consacrato nel trattato istitutivo della
Costituzione europea. Gli artt. I-50 e II-102, infatti, affermano il compito delle istituzioni, organi e
organismi dell’Unione di operare nel modo più trasparente possibile nonché il diritto di accesso ai
documenti.
4
concessa dalla legge (attraverso il riconoscimento di diritti di informazione, di
partecipazione, di accesso agli atti) di controllare la conformità dell’attività
amministrativa all’ordinamento ed all’interesse pubblico, possono divenire
compartecipi dell’azione amministrativa, esercitando su di essa un controllo dal
basso che, in una concezione democratica dei rapporti tra cittadino e P.A.,
contribuisca a promuoverne e garantirne l’imparzialità ed il buon andamento,
nonché l’efficacia e l’efficienza. Ciò ha comportato una profonda rivoluzione,
sia sul piano soggettivo dei rapporti fra cittadini ed amministrazione che su
quello
oggettivo
dei
modelli
organizzativi
dell’attività
della
stessa
amministrazione, con un totale mutamento di prospettiva ed un capovolgimento
radicale del rapporto tra segretezza e pubblicità dell’azione amministrativa7: la
pubblicità viene posta come regola, mentre la segretezza è divenuta l’eccezione8.
Inoltre «la segretezza permane non come predicato soggettivo (un documento è
segreto perché è della P.A.) ma come requisito oggettivo del documento (il
segreto è tale per il tipo di notizie racchiuse nel documento). In altre parole: il
segreto da “personale”, ossia legato alla particolare qualità di dipendente
pubblico del soggetto che detiene le informazioni, diventa “reale”, ossia legato
direttamente alla consistenza sostanziale delle informazioni e degli interessi ad
esse connessi»9.
In tale quadro, la previsione di un generale diritto di accesso ai documenti
amministrativi (fatte salve le esclusioni esplicitamente previste dalla legge o dai
regolamenti) costituisce il principale strumento di esplicazione dei due principi
generali di pubblicità e di trasparenza dell’azione amministrativa10 nonché
7
Cfr. A.FERRUCCI, Diritto di accesso e riservatezza: osservazioni sulle modifiche ala l.241/90, in
www.giustamm.it, 2005.
8
L’art.28 della L.241/90, introdotto con la riforma del 2005 e modificativo dell’art.15 del testo unico
delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, D.P.R. n.3/1957, oggi
espressamente prevede che il segreto d’ufficio permane «al di fuori delle ipotesi e delle modalità previste
dalle norme sul diritto d’accesso. Nell’ambito delle proprie attribuzioni, l’impiegato preposto ad un
ufficio rilascia copie ed estratti di atti e documenti di ufficio nei casi non vietati dall’ordinamento».
9
E’ la tesi di G.Arena, riportata in F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.3, e
seguita da gran parte della dottrina e della giurisprudenza.
10
Così qualifica il diritto di accesso A.SANDULLI, L’accesso ai documenti amministrativi, in Giornale
di diritto amministrativo, n.5/2005, p.495, secondo il quale la qualificazione di esso quale “principio
5
proiezione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento,
che impongono all’amministrazione di operare come una “casa di vetro”11,
permettendo il controllo del suo operato da parte della collettività e favorendo la
partecipazione dei cittadini ai processi decisionali secondo la logica democratica,
per una più efficace tutela dei propri diritti12.
La previsione del diritto di acceso agli atti amministrativi si confronta,
però, con l’esistenza e la rilevanza di situazioni soggettive individuali e
collettive altrettanto degne di tutela, quale il diritto alla riservatezza dei soggetti
coinvolti nelle vicende che, di volta in volta, possono divenire oggetto di
conoscenza o divulgazione. Il legislatore, pertanto, è nuovamente intervenuto in
materia con la legge n.15/2005, apportando modifiche ed integrazioni alla legge
241/90 e cercando di rivedere la disciplina del diritto di accesso per renderla più
generale dell’attività amministrativa”, operato dall’art. 22 della L. 241/1990, così come modificato dalla
L. 15/2005, costituirebbe in realtà una imprecisione.
11
Tale celebre espressione viene attribuita a Filippo Turati, il quale la usò per la prima volta in
Parlamento nella discussione generale sulla legge 25 giugno 1908, n.290.
12
Cfr. M.CIAMMOLA, Il diritto di accesso..., cit., p.3.
Il fondamento costituzionale del diritto di accesso viene tradizionalmente rinvenuto, dalla prevalente
dottrina, nel principio di buona amministrazione di cui all’art.97 della Costituzione; esso è stato inoltre
ritenuto espressione del principio di libertà di informazione di cui all’art.21 Cost., intesa dal lato passivo
quale diritto ad essere informati; o ancora, funzionale alla garanzia della difesa nei confronti
dell’amministrazione, ai sensi degli artt. 24 e 113 Cost., atteso che una piena conoscenza dell’azione
amministrativa è presupposto necessario per agire in giudizio al fine di ottenere l’annullamento di
eventuali provvedimenti illegittimi. Un aggancio esplicito ai dettami costituzionali è stato oggi introdotto
dal legislatore con la L. n. 15/2005, che nel riformulare l’art.22 della L.241/1990, al secondo comma,
sancisce che «l’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse,
costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di
assicurarne l’imparzialità e la trasparenza, ed attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’art.117,
secondo comma, lettera m) della Costituzione». Si segnala infine un recente orientamento dottrinale
secondo cui il diritto all’informazione ed il diritto di accesso rientrerebbero nei c.d. nuovi diritti di
cittadinanza, riferendo quest’ultima all’innovativo concetto di cittadinanza amministrativa, che implica
il riconoscimento ad ogni uomo di adeguate possibilità di vita e di manifestazione, prescindendo dalla
appartenenza originaria alla comunità e valorizzando invece il concreto inserimento nella medesima.
Questi nuovi “diritti sociali” includerebbero tutte quelle situazioni giuridiche tendenti alla realizzazione
dei diritti positivi dell’eguaglianza, diritti che si pongono come una componente essenziale dei valori
fondamentali della democrazia. In tale contesto diritti quali quello all’informazione ed all’accesso sono
stati considerati come due aspetti di un più generale diritto alla conoscenza, da annoverarsi nella terza
generazione dei diritti dell’uomo. Sul punto si veda S.RUSCICA, Il diritto d’accesso, il diritto
all’informazione e la partecipazione nel dibattito sui nuovi diritti di (pluri)cittadinanza, in
www.altalex.it, (01.09.2008); nonché B.G. MATTARELLA, L’informazione amministrativa: profili
generali, Relazione al Convegno su “ I nuovi diritti di cittadinanza: il diritto all’informazione”,
Copanello, 25-26 giugno 2004, in F. Manganaro e Antonio Romano Tassone (a cura di), Giappichelli,
Torino, 2005.
6
compatibile con l’esigenza di tutela del diritto alla riservatezza dei terzi
(esigenza oggi sempre più sentita), e per tener conto, inoltre, delle conseguenze
derivanti dalla modifica del Titolo V della Costituzione ad opera della L.Cost.
n.3/2001, oltre che per correggere ed aggiornarne alcune previsioni alla luce
degli orientamenti giurisprudenziali nel frattempo formatisi13.
Con il presente lavoro ci si propone quindi di esaminare le principali
modifiche intervenute in seguito alla riforma del 2005 e verificare se ed in che
modo è cambiata la configurazione del diritto di accesso all’interno del nostro
ordinamento.
13
Cfr. A.FERRUCCI, Diritto di accesso e riservatezza…, cit.; nonchè M.CIAMMOLA, Il diritto di
accesso..., cit., p.4.
7
2. AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA NUOVA DISCIPLINA:
IL RIPARTO DI COMPETENZA NORMATIVA STATO-REGIONI E LA
SUSSISTENZA DI UNA PLURALITA’ DI FONTI LEGITTIMANTI
L’ACCESSO
La nuova disciplina generale dell’accesso ai documenti amministrativi
risulta attualmente definita dal Capo V della legge n.241/1990 (artt.22-28)14, così
come modificato dalla L.15/2005, nonché dal nuovo regolamento di attuazione
adottato con D.P.R.12 aprile 2006, n.184.
Il nuovo art. 29 della L.241/1990 affronta il delicato problema della
definizione dell’ambito applicativo della legge (di tutta la legge n. 241/90),
tenendo conto delle modifiche costituzionali apportate dalla legge costituzionale
n. 3/2001 e sancendo che « Le disposizioni della presente legge si applicano ai
procedimenti amministrativi che si svolgono nell'ambito delle amministrazioni
statali e degli enti pubblici nazionali e, per quanto stabilito in tema di giustizia
amministrativa, a tutte le amministrazioni pubbliche.
Le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze,
regolano le materie disciplinate dalla presente legge nel rispetto del sistema
costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell'azione
amministrativa, così come definite dai principi stabiliti dalla presente legge».
Sul punto si deve ricordare che, nel nostro testo costituzionale non è
prevista, tra le materie di competenza esclusiva della Stato, quella relativa ai
principi generali dell’azione amministrativa o del procedimento amministrativo.
Mentre tra queste materie, è compresa, come è noto, la giustizia amministrativa
(art. 117, 2° comma, lett. l, Cost.).
In via di principio si potrebbe, perciò, porre il problema se la disciplina
generale dell’azione amministrativa o del procedimento possa essere oggetto di
legislazione regionale, nel senso che ogni regione possa disciplinare in maniera
14
Un diritto di accesso c.d. endoprocedimentale o partecipativo, è inoltre espressamente previsto in
favore dei soggetti partecipanti al procedimento amministrativo dall’art. 10, L.241/90.
8
anche differenziata questi principi con propria legge: Occorre infatti tener
presente che la legislazione regionale, in base al nuovo testo costituzionale non è
vincolata dai principi generali dell’ordinamento giuridico, come viceversa,
accadeva sulla base del precedente testo costituzionale. La legislazione
regionale, come quella dello Stato, è vincolata solo dal rispetto dei principi
costituzionali e di quelli dell’ordinamento europeo (art. 117, 1°comma), salvo
che, nelle materie di legislazione concorrente, dai principi fondamentali posti
dalla legislazione dello Stato in ordine alle singole materie previste dall’art. 117,
3° comma15.
In questo quadro si inserisce la nuova norma, la quale in primo luogo
stabilisce che le disposizioni della legge, in tutte le loro parti, anche quindi nelle
prescrizioni di dettaglio (ad esempio si pensi all’individuazione di alcuni
termini) si applicano ai procedimenti amministrativi statali, cioè quelli che si
svolgono nell’ambito delle Amministrazioni statali e degli enti pubblici
nazionali. Per quanto, invece, riguarda i procedimenti di competenza delle
regioni e degli enti locali, la norma, con una formula invero un po’ contorta, dice
in sostanza che questi enti, nell’ambito delle rispettive competenze disciplinano i
procedimenti amministrativi (“le materie disciplinate dalla presente legge”) con
il vincolo dei principi da questa stabiliti, in quanto considerati principi di rango
costituzionale.
La locuzione usata dalla norma (“nel rispetto del sistema costituzionale e
delle garanzie del cittadino nei riguardi dell’azione amministrativa, così come
stabilite dai principi della recente legge”), a parte l’involuzione della formula
usata, significa sostanzialmente questo16.
I principi desumibili dalle norme della legge in oggetto, (peraltro formulata
quasi interamente per principi), salve solo marginali norme di dettaglio,
15
Cfr. V.CERULLI IRELLI, Osservazioni generali sulla legge di modifica della L. n. 241/1990 – 6^
parte, p.6, in www.giustamm.it, 2005.
16
Così V.CERULLI IRELLI, cit., p.7.
9
divengono vincolanti per le regioni e per gli enti locali in quanto assunti a rango
costituzionale17.
L’articolo 22 della legge n. 15/2005 detta poi una disciplina transitoria e
stabilisce che, sino all’entrata in vigore della disciplina regionale di cui all’art.
29, secondo comma, L.241/90, i relativi procedimenti amministrativi sono
regolati dalle leggi regionali vigenti. In mancanza, si applicano le disposizioni
della legge n. 241 del 1990 come modificata dalla legge n. 15/05.
Al fine, quindi, di eliminare i dubbi in ordine alla competenza statale in
materia di accesso, il legislatore nel nuovo testo dell’art. 22 della L.241/90,
introdotto dalla L. 15/2005, al secondo comma, espressamente qualifica
l’accesso ai documenti amministrativi quale «principio generale dell’attività
amministrativa» e lo riconduce inoltre ai «livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il
territorio nazionale ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della
Costituzione», assicurando comunque alle regioni ed agli enti locali, in
conformità al nuovo riparto costituzionale delle competenze normative e
regolamentari, la possibilità di garantire «livelli ulteriori di tutela»: la normativa
nazionale cioè costituisce il minimo di tutela indispensabile per il cittadino in
ordine alla conoscenza degli atti della pubblica amministrazione che in qualche
misura lo possano riguardare18.
In ordine alla materia contemplata dall’art. 117, comma 2, lettera m) và
detto che si tratta dell’unica ipotesi di competenza dello Stato esclusiva ma non
esaustiva, tale circostanza crea la possibilità per le regioni e gli enti locali, nelle
rispettive competenze, di garantire livelli ulteriori di tutela. Per la regione, in
particolare, si renderà dunque possibile anche esercizio di legislazione esclusiva
17
Così V.CERULLI IRELLI, cit., p.8.
Cfr. C.TAGLIENTI, Accesso ai documenti dell’amministrazione, Aggiornamenti giurisprudenziali,
I^.1, in www.giustizia-amministrativa.it, 2007.
18
10
al di sopra del livello minimo di prestazioni definito dallo Stato del suo ambito
di competenza esclusivo19.
In proposito occorre ricordare l’interpretazione fornita dalla Corte
costituzionale in relazione alla lett. m) dell’art. 117, comma 2. La Consulta (sent.
26 giugno 2002, n. 282) ha infatti chiarito che “non si tratta di una «materia» in
senso stretto, ma di una competenza del legislatore statale idonea ad investire
tutte le materie, rispetto alle quali il legislatore stesso deve poter porre le norme
necessarie per assicurare a tutti, sull’intero territorio nazionale, il godimento di
prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti, senza che la
legislazione regionale possa limitarle o condizionale.”
Peraltro in dottrina si è osservato come «il vincolo per le regioni in materia
di disciplina sull’accesso sia più penetrante rispetto alla normativa sulla
partecipazione, perché il riferimento è alle singole disposizioni della legge
generale», infatti «l’art. 22, comma 2, dice qualche cosa di più, in quanto non fa
riferimento ai principi bensì ai livelli essenziali di tutela, come disciplinati dal
capo V, e consente alle regioni di introdurre livelli ulteriori, cioè più elevati di
tutela»20.
Oltre al suddetto corpo normativo, costituito dal capo V della legge n.
241/90, può considerarsi fonte generale sull’accesso anche il regolamento
governativo adottato ai sensi dell’art. 17 comma 2 della legge 23 agosto 1988 n.
40021. Il nuovo regolamento di attuazione adottato con D.P.R. 12 aprile 2006,
n.184, disciplina le concrete modalità di esercizio del diritto di accesso e si
applica integralmente (art.14, comma 1), ai soggetti indicati nell’art.23 della
19
Così L.LAMBERTI, Il diritto di accesso ai documenti amministrativi dopo la legge 15/2005, in
www.giustamm.it, 2005, par. 4, la quale osserva inoltre come «La locuzione livelli ulteriori di tutela, per
altro, non lascia intendere se, come suggerisce la lettera della norma ma sconsiglia la sedes materiae
(art. 22 e non art. 25), intenda aprire agli enti destinatari la possibilità di soluzioni integrative a quelle in
tema di tutela definite dall’art. 25 ovvero se, come sconsiglia la lettera della norma ma suggerisce la
sedes materiae (art. 22), intenda aprire ulteriori possibilità di accesso. In tal caso, essendo definiti dal
comma 3 gli atti accessibili, i livelli ulteriori di tutela dovrebbero consistere, nel permanente rispetto
delle posizioni tutelate di privacy, in possibilità di accesso anche a chi sia titolare di una legittimazione
meno completa di quella indicata nel comma 1 lett. b.». Tale ultima soluzione, ad avviso di chi scrive,
appare senz’altro preferibile.
20
Così C.TAGLIENTI, cit., I^.1.
21
Così C.TAGLIENTI, cit., I^.1.
11
L.241/90, ovvero nei confronti delle pubbliche amministrazioni, delle aziende
autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi, i quali
avrebbero dovuto adeguarsi alle diposizioni in esso contenute entro un anno
dalla sua entrata in vigore ( 2 giugno 2006) 22. Esso si applica inoltre anche alle
regioni ed agli enti locali, con esclusione delle norme (art. 1, comma 2; art. 7,
commi 3, 4, 5 e 6, e art. 8) disciplinanti i provvedimenti generali di
organizzazione (il cui contenuto minimo è invece fissato per i soggetti di cui
all’art.23, nell’art. 8 del regolamento) occorrenti per il concreto esercizio del
diritto d’accesso, nel rispetto della loro autonomia regolamentare, in quanto non
attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti il diritto all'accesso che
devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell'articolo 117,
secondo comma, lettera m), della Costituzione. Le regioni e gli enti locali sono
quindi tenute ad adeguare alle restanti disposizioni del regolamento i rispettivi
regolamenti in materia di accesso, vigenti alla data della sua entrata in vigore
(non è, tuttavia, previsto alcun termine), ferma restando la potestà di adottare,
nell'ambito delle rispettive competenze, le specifiche disposizioni e misure
organizzative necessarie per garantire nei rispettivi territori i livelli essenziali
delle prestazioni e per assicurare ulteriori livelli di tutela (art. 14, comma 2, DPR
184/06).
Nonostante l’esistenza di una pluralità di fonti normative e regolamentari
disciplinanti l’accesso, la dottrina e la giurisprudenza più recenti sembrano
ritenere superata la tesi pluralistica23 propensa ad intravedere tanti diritti di
accesso quante sono le fonti legittimanti, ossia un diritto di accesso interno al
procedimento, esercitabile da chi ad esso partecipi, ex art.10 L. 241/90, ed un
22
L’adozione del nuovo regolamento attuativo è stata prevista dall’art. 23 della L.15/2005, al fine di
adeguare le disposizioni del precedente regolamento alla modifiche introdotte. Peraltro mentre il
precedente D.P.R. 352/92 disciplinava sia le modalità di esercizio del diritto di accesso sia gli ulteriori
casi di esclusione dell’accesso (oltre quelli già previsti dalla legge), il nuovo D.P.R. n.184 del 2006
rimanda quest’ ultimo compito (art.10) ad un diverso regolamento governativo, da emanarsi ai sensi
dell’art. 24, comma 6, della legge 241/90, nonché ai regolamenti delle singole amministrazioni, così
come dispone l’art. 24, comma 2. La mancata emanazione del regolamento suddetto ha comportato la
necessità di far sopravvivere all’abrogazione dell’intero D.P.R. n. 352 del 1992 l’art. 8 di quest’ultimo,
onde evitare che nelle more la materia dell’esclusione rimanesse sprovvista di disciplina (art.15).
23
Per la quale si veda, tra gli altri, M.CIAMMOLA, Il diritto di accesso..., cit., p.4 e p.6 ss.
12
diritto esterno esercitabile al di fuori della procedura amministrativa (ex artt. 22
ss.); o, ancora, un diritto di accesso regolato dalla 241 e diritti di accesso
ontologicamente diversi disciplinati da fonti normative diverse (ad esempio la
legge 142/90, poi confluita nel T.U. 267/2000)24.
«La griglia dei principi generali di cui alla legge 241, ivi compreso lo
speciale rito creato in tema di actio ad exhibendum, è infatti destinata, stante
l’unitarietà delle esigenze e delle problematiche nonché dei punti di riferimento
costituzionali, a regolare l’universo intero dell’accesso amministrativo, inteso
come istituto unitario pur nelle specifiche connotazioni di dettaglio che possono
toccare determinate articolazioni e materie. In specie, sul versante processuale, al
rito speciale soggiacciono tutte le controversie in punto di accesso, a nulla
rilevando che si tratti di accesso endoprocedimentale ex art.10 o esterno al
procedimento ex art.22; ovvero di forme di accesso regolate direttamente dalla
legge n. 241 o presidiate da fonti anteriori e comunque diverse; ed infine che il
ricorso sia esperito, come suggerisce la lettera della norma, da chi si sia vista
rispedita al mittente l’istanza di accesso ovvero da chi si dolga dell’accoglimento
dell’altrui istanza di accesso»25.
24
25
Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.55.
Così F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.56.
13
3. LA LEGITTIMAZIONE ATTIVA: I TITOLARI DEL DIRITTO
D’ACCESSO
La legittimazione all’esercizio del diritto di accesso continua a
rappresentare senza dubbio l’aspetto più controverso del nuovo istituto e quindi
più frequentemente sottoposto al vaglio giurisprudenziale, essendo chiaro che
mediante il riconoscimento delle situazioni legittimanti si definiscono anche
l’uso e la funzione ordinamentale dell’istituto.
La legge n. 15/2005 ha integralmente sostituito l’art. 22 della legge n.
241/90, che, come noto, individua il c.d. “diritto di accesso conoscitivo o
extraprocedimentale”, in quanto si realizza a procedimento concluso e mira a
soddisfare un’esigenza conoscitiva del contenuto di atti: mentre la precedente
formulazione riconosceva la legittimazione a conoscere i documenti
dell’amministrazione a “chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni
giuridicamente rilevanti”, la riforma del 2005, seguendo una tecnica normativa
introdotta in sede europea ed ormai largamente in uso anche da noi, ha
introdotto, al comma 1 dell’art. 22, un elenco di definizioni dei principali
concetti giuridici ricorrenti nella normativa26: definito alla lettera a) il “diritto
di accesso” come “il diritto degli interessati di prendere visione ed estrarre
copia di documenti amministrativi”, la novella del 2005, alla lettera b)
definisce “interessati”, cioè legittimati attivi, “tutti i soggetti privati, compresi
quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto
concreto ed attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e
collegata al documento richiesto”.
Identica previsione è ora contenuta nel nuovo regolamento per l’accesso
ai documenti amministrativi, approvato con D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184, il
quale all’art. 2 dispone che “il diritto di accesso ai documenti amministrativi è
26
Oltre alla definizione del “diritto di accesso” e dei soggetti “interessati” all’accesso, vengono
introdotte le ulteriori nozioni (che si esamineranno in seguito) di “controinteressati”, di “documento
amministrativo” e di “pubblica amministrazione”: «Si tratta, invero, di definizioni con impatto
normativo innovativo (cioè di norme sostanziali)», così V.CERULLI IRELLI, cit., p.1.
14
esercitabile … da chiunque abbia un interesse diretto, concreto e attuale,
corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al
documento al quale è richiesto l’accesso”.
In primo luogo, risulta subito evidente nella definizione dei soggetti
“interessati”, la sostituzione del termine “chiunque” con l’espressione “tutti i
soggetti privati” (salvo poi reintrodurlo nuovamente nel regolamento di
attuazione): a prima vista la norma, letteralmente intesa, parrebbe escludere la
possibilità che dei soggetti pubblici possano formulare un’istanza di accesso a
documenti amministrativi tenuti presso altre amministrazioni, principio invece
pacifico. In realtà il legislatore, ha semplicemente preferito tracciare un regime
ad hoc per quanto concerne l’accesso ai documenti amministrativi da parte di
altri soggetti pubblici27, disponendo al nuovo comma 5 dell’art. 22, come
sostituito dalla legge 15 del 2005, che l’acquisizione di documenti
amministrativi da parte di soggetti pubblici – ove non rientrante nella
previsione dell’art. 43, comma 2, del testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui cui al
D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 44528 – “si informa al principio di leale
cooperazione istituzionale”29.
Il ricorso all’ampia dizione di “soggetti privati”, che racchiude sia i
cittadini, singoli o associati, sia persone giuridiche, società ed enti di natura
privatistica, sembra quindi potersi piuttosto ricondurre all’intento del
legislatore di voler tenere espressamente in considerazione l’attività di quelle
27
Va in proposito rammentato che, ai sensi del nuovo art. 3-bis, della L.241/90, le pubbliche
amministrazioni “per conseguire maggiore efficienza nella loro attività” incentivano l’uso della
telematica –oltre che nei rapporti interni ed in quelli esterni con i privati-- anche “tra le diverse
amministrazioni”.
28
L’art. 43, comma 2, del DPR 445/200, concerne la consultazione diretta da parte di una P.A. o di un
gestore di pubblico servizio, degli archivi dell’amministrazione certificante, “finalizzata
all’accertamento d’ufficio di stati, qualità e fatti ovvero al controllo sulle dichiarazioni sostitutive
presentate dai cittadini”.
29
Cfr. M.CIAMMOLA, Il diritto di accesso..., cit., p.44 ss., il quale giudica la soluzione escogitata
“un po’ ingenua” in quanto “essa sembra fare completo affidamento su una supposta – e in verità poco
rispondente al vero – apertura delle amministrazioni alle istanze di trasparenza provenienti da altri enti
pubblici”
15
molteplici associazioni (ambientalistiche, ma anche culturali, di tutela del
consumatore, ecc.) che, pur rivestendo natura formalmente privata, hanno per
scopo statutario o regolamentare la cura, la difesa e la promozione di interessi
collettivi o “diffusi” degni di tutela, e la cui legittimazione all’accesso risultava
in precedenza incerta30.
In secondo luogo si rileva come il vecchio testo dell’art. 22 non recasse
alcun riferimento alla qualificazione dell’interesse ad accedere; tuttavia l’art. 2
del precedente regolamento di cui al DPR n.352/92, precisava da subito che
esso dovesse essere “personale e concreto”: requisito poi chiarito dalla
giurisprudenza nel senso che l’interesse debba essere inerente alla sfera
giuridica dell’interessato (non potendosi ammettere che si invochi l’accesso a
documenti relativi a fatti, cose o persone in relazione ai quali non sia
rinvenibile un titolo atto a giustificare la pretesa conoscitiva del richiedente) e
tangibile, ovvero suscettibile di arrecare un vantaggio attuale e concreto per il
richiedente, non essendo sufficiente, ad esempio, un generico interesse alla
trasparenza amministrativa, occorrendo un quid pluris consistente nel
collegamento tra il soggetto ed il bene della vita coinvolto dal documento;
la giurisprudenza richiede inoltre che l’interesse all’accesso sia “serio”, e
quindi meritevole di tutela, non potendo trattarsi di un interesse emulativo,
fatto valere al solo scopo di recare molestia o nocumento ad altri, né
riconducibile a mera curiosità; esso và quindi “adeguatamente motivato”, con
riferimento alle ragioni che vanno esposte nella domanda di accesso
(motivazione oggi espressamente richiesta dal nuovo art. 25, secondo comma,
L. 241/90)31.
Ora i concetti della personalità e della concretezza dell’interesse ad
accedere sono stati traslati nel testo della normativa primaria, sostituendo al
30
Cfr. M.CIAMMOLA, Il diritto di accesso..., cit., p.39, il quale rileva come “per questa parte, allora,
l’intervento riformatore può dirsi aver esteso l’area dei soggetti legittimati o comunque aver posto fine
alle incertezze sulla loro legittimazione”.
31
Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.92-3, nochè A.CENNICOLA,
Il diritto di accesso dopo la legge n. 15/2005, in www.altalex.com, 2005, par.3. In giurisprudenza, ex
multis, C.d.S., Sez.V, 14.2.1998, n.1477.
16
concetto di “personale” quello di “diretto” ed aggiungendo il requisito
dell’attualità dell’interesse, da intendersi riferito alla richiesta di accesso in sé
considerata (e non già all’interesse ad agire in giudizio per la tutela immediata
della posizione sostanziale vantata ed alla cui tutela è comunque anche
indirettamente rivolta la domanda di accesso)32, ricalcando in tal modo il
paradigma dei requisiti qualificanti l’interesse a ricorrere33, sebbene la
giurisprudenza abbia sempre riconosciuto la piena autonomia della
legittimazione all’accesso rispetto alla sussistenza di un interesse tutelabile in
sede processuale34. Peraltro, «l’interesse ad agire, presupposto cardine per
l’instaurazione del processo amministrativo, in materia di accesso ai documenti
amministrativi ha una valenza di gran lunga maggiore, costituendo
sostanzialmente una sorta di filtro attraverso cui sono valutate la molteplici
richieste volte alla conoscenza dei documenti stessi»35.
Altro punto fermo in giurisprudenza è il principio per cui a sostegno della
domanda di accesso non è necessario dimostrare la titolarità di un interesse
ulteriore e distinto rispetto a quello alla conoscenza dell’atto o del documento
amministrativo,
ma
solo
la
meritevolezza
dell’interesse
medesimo:
meritevolezza che sembra possa ravvisarsi nel collegamento del soggetto con il
bene o con la vicenda oggetto dell’atto o del documento amministrativo di cui
si chiede la conoscenza. Tale collegamento è stato poi, via via, inteso dalla
giurisprudenza in senso sempre più ampio, non limitandolo alle tradizionali
32 Con esplicito riferimento al testo novellato dell’art. 22 si è espresso di recente il TAR Puglia, Bari,
sez. III, 7 maggio 2007, n. 1263, il quale ha escluso che il riferimento all’attualità dell’interesse possa
comportare la necessità dell’attualità delle esigenze di tutela della situazione giuridica sottostante:
l’attualità và riferita all’interesse conoscitivo. Peraltro, sul fatto che l’interesse ad accedere non debba
essere necessariamente attuale, si veda, tra le altre, C.d.S., Sez. IV, 20 settembre 1994, n.728.
33
Cfr. L.LAMBERTI, Il diritto di accesso…, cit., par.3.2, la quale osserva inoltre come “non è questa,
peraltro, circostanza che sorprende dal momento che l’interesse ad accedere non nasce come interesse
a ricorrere ma certo può divenirlo quando lo stesso non resti soddisfatto”, nt.32.
34
Si segnalano solo alcune delle più recenti pronunce di merito che hanno escluso la necessità
dell’imminenza della lite nell’ambito della quale esibire i documenti richiesti con l’accesso: TAR
Campania, Napoli, sez. V, 3 maggio 2007, n. 4702, ed anche la dimostrazione della possibilità
giuridica della lite stessa: TAR Sicilia Catania sez. IV 20 luglio 2007 n. 1277; sancendo inoltre che
l’inoppugnabilità degli atti non preclude l’accesso: TAR Lazio, sez. II, 12 giugno 2007, n. 5365.
Per una più ampia ricognizione della copiosa giurisprudenza sul tema, si veda F.CARINGELLA –
R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.71 ss.
35
Così F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.82.
17
categorie del diritto soggettivo o dell’interesse legittimo e giungendo a
riconoscere la legittimazione all’accesso anche in favore di soggetti portatori di
aspettative di diritto, di posizioni di interesse procedimentale36od anche di
interessi diffusi37 (cioè di interessi che pertengono ad una pluralità di soggetti,
unificata in una collettività, e che hanno per oggetto beni non suscettibili di
appropriazione e godimento esclusivi), con esclusione del generico interesse
alla trasparenza dell’attività amministrativa, nonché degli interessi di mero
fatto38.
36
Si pensi, ad esempio, alla situazione del legittimato a determinare l’apertura di un procedimento
amministrativo ad istanza di parte, nella fase anteriore alla presentazione della domanda.
37
Tuttavia, la titolarità di interessi diffusi non può mai giustificare un generalizzato e pluricomprensivo
diritto alla conoscenza della documentazione amministrativa inerente a qualsiasi attività pubblicistica
che si riverberi economicamente sui cittadini, ma unicamente a quell’attività in grado di conformare
direttamente il contenuto del singolo rapporto di utenza (TAR Lazio, sez. II, 22 giugno 2005, n. 1045);
non può cioè trasformarsi in azione popolare, esplicitamente vietata dalla legge (C.d.S., sez. VI., 10
febbraio 2006, n. 555).
38
Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.90-1; A.CENNICOLA,
Il diritto di accesso…, cit., par.3; L.LAMBERTI, Il diritto di accesso…, cit., par.3.2; C.TAGLIENTI,
cit., II^, che riporta un’interessante rassegna degli ultimi arresti giurisprudenziali. In particolare in
ordine al collegamento tra interesse e documento: Non è stato riconosciuto detto collegamento alla
ditta alla quale sono stati confiscati dei beni, in relazione agli atti di indizione dell’asta e di valutazione
dei beni per la vendita all’incanto (TAR Liguria, sez. II, 8 giugno 2007, n. 1065).
E’ stato riconosciuto l’interesse a società titolare di autorizzazione televisiva in ordine alle
autorizzazioni rilasciate ad altre società e sulla stessa frequenza (TAR Puglia, Bari, sez. III, 7 maggio
2007, n. 1263).
In materia ambientale non è stato riconosciuto il collegamento tra l’interesse del cittadino abitante in
zona ed i verbali della gara d’appalto per la realizzazione dell’opera contestata, in quanto esulante dalla
“informazione ambientale” (TAR Abruzzo, Pescara, 11 aprile 2007, n. 450).
Il soggetto che ha presentato un esposto dal quale sia scaturita una sanzione prevista dal codice della
strada ha interesse a conoscere gli atti relativi al procedimento sanzionatorio (C. di S., sez. VI, 6 aprile
2007, n. 1568 ).
La norma attuale parla ora di “soggetti privati” per individuare i legittimati attivi; nella vigenza del
testo precedente è stato invece riconosciuto anche ad un comune l’interesse a conoscere le planimetrie
degli immobili urbani per verificare la correttezza dei pagamenti dell’I.C.I. e della tassa sullo
smaltimento dei rifiuti (C. di S., sez. VI, 15 marzo 2007, n. 1257).
E’ stato riconosciuto il diritto di accesso a dipendente pubblico per atti relativi al suo rapporto di
lavoro, anche se questo risulta privatizzato; la questione attiene invero più alla giurisdizione (TAR
Sicilia, Catania, sez. IV, 9 marzo 2007, n. 437; TAR Calabria, Reggio Calabria, 2 gennaio 2007, n. 2).
Ad un pensionato INPDAP è stato riconosciuto il diritto di accedere agli atti della propria liquidazione
(TAR Lazio, sez. III, 22 febbraio 2007, n. 1579).
Il paziente che ha perso un occhio in seguito ad un intervento chirurgico ha diritto di visionare le
cartelle cliniche di altre operazioni simili in presenza di una inchiesta per una infezione verificatasi in
sala operatoria (ovviamente omettendo i nomi dei pazienti: TAR Lazio, sez. III, 22 febbraio 2007, n.
1600).
Il subappaltatore ha diritto di conoscere i documenti relativi all’esecuzione dei lavori appaltati (TAR
Lombardia, Milano, sez. I, 8 febbraio 2007, n. 209).
18
E’ invece pacifico in giurisprudenza che i requisiti d’interesse richiesti
dalla legge sussistono implicitamente e senza necessità di dimostrazione, in
tutti i casi in cui il soggetto richiedente è direttamente interessato dal
provvedimento
amministrativo,
come
avviene
nel
c.d.
“accesso
endoprocedimentale” disciplinato dall’art. 10, L. 241/90, che non richiede
istanza motivata in quanto concerne attività interne al procedimento riguardanti
i soggetti in esso coinvolti, ed in relazione al quale non sussistono problemi di
legittimazione39.
Il legislatore ha poi recepito la indicata evoluzione giurisprudenziale e
l’ha trasfusa nella norma in commento richiedendo che l’interesse all’accesso,
oltre ad essere diretto, concreto ed attuale, debba corrispondere ad una
“situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento richiesto”.
In ordine alla legittimazione ad accedere, la nuova norma, pur traducendo
in sostanza buona parte degli orientamenti giurisprudenziali, viene ritenuta
dalla prevalente dottrina «potenzialmente più restrittiva rispetto alla
precedente, soprattutto in riferimento alla valutazione relativa alla concretezza
ed all’attualità dell’interesse, ed alla sostituzione, in riferimento alla situazione
giuridica, del termine “rilevante” con il lemma “tutelata”»40.
In ogni caso, colui che richiede l’accesso ai documenti amministrativi
deve trovarsi in una posizione differenziata costituita dalla titolarità di una
situazione giuridica protetta dall’ordinamento41.
D’altronde non si deve dimenticare che la volontà del legislatore è
fortemente orientata non solo a evitare che il diritto d’accesso sia esercitato per
meri fini personali non connessi a situazioni giuridiche identificabili e tutelabili
dall’ordinamento, ma anche a rendere armonico il rapporto tra diritto d’accesso
39
Cfr.C.TAGLIENTI,cit., II^.1; F.CARINGELLA–R.GAROFOLI– M.T.SEMPREVIVA,cit., p.105-6.
Così A.SANDULLI, L’accesso ai documenti amministrativi, in Giornale di diritto amministrativo,
n.5/2005, p.494. Negli stessi termini F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit.,
p.101. La disposizione viene definita “un po’ più restrittiva” anche da V.CERULLI IRELLI, cit., p.1;
in senso parzialmente diverso, sembra, C.TAGLIENTI, cit., II^.3, secondo il quale “Non sembra che la
modifica, sotto tale profilo, rechi novità significative: deve cioè trattarsi della titolarità di una posizione
giuridica soggettiva, sia di diritto che di interesse, alla quale l’ordinamento riconosce tutela”.
41
Così, tra gli altri, F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.102.
40
19
e sostenibilità dello stesso da parte della pubblica amministrazione ricevente la
richiesta (si pensi soprattutto al comma 3 dell’articolo 24 nella parte in cui
precisa che l’accesso non possa essere preordinato ad un controllo
generalizzato dell’attività della pubblica amministrazione)42.
E’ chiaro che, comunque, la posizione soggettiva sostanziale è diversa da
quella meramente processuale; è sufficiente che l’ordinamento le riconosca una
tutela in astratto anche se in concreto essa non appare azionabile
processualmente43.
Si tratta dell’ovvio corollario della scelta di escludere l’azione popolare,
scelta già operata nel 199044: «Di conseguenza, l’attribuzione, ex art. 22, del
diritto di accesso ai soli titolari di situazioni giuridicamente tutelate limita in
modo significativo, nonostante gli sforzi estensivi della giurisprudenza, la
“democraticità” del controllo e, in ultima analisi, la piena attuazione del
principio di trasparenza. … resta irrinunciabile, tuttavia, onde prevenire la
paralisi dell’attività e degli uffici delle pubbliche amministrazioni subissate da
innumerevoli richieste, la necessità di ancorare l’esercizio di tale diritto ad un
42
Così P.DE ANGELIS, Le nuove norme in materia di azione amministrativa dopo le leggi 11
febbraio 2005 n. 15 e 14 maggio 2005 n. 80, in www.lexitalia.it, n.5/2006, cap.6.
43
Così C.TAGLIENTI, cit., II^.3., che riporta alcune recenti pronunce sul punto: è stato riconosciuto
che la qualità di autore di un esposto configura una situazione giuridicamente tutelabile, anche se
l’autore dell’esposto è rimasto estraneo all’azione disciplinare scaturita a carico di un terzo
dall’esposto stesso (TAR Marche 11 aprile 2007 n. 484); il titolare di identica attività commerciale
nell’area in cui è ubicato l’impianto autorizzato dal comune in favore del controinteressato, vanta una
situazione giuridicamente rilevante riconducibile al diritto di iniziativa economica, nel suo contenuto
negativo, le cui facoltà si proiettano nell’interesse a non subire iniziative concorrenziali illegittime
(TAR Puglia, Bari 7 dicembre 2005 n. 5295); l’impresa autorizzata in esclusiva a fornire lavoro
temporaneo nel porto di Venezia ha un posizione giuridicamente tutelabile rispetto ai provvedimenti
dell’Autorità portuale relativi a sanzioni irrogate a soggetti esercenti operazioni e servizi portuali che si
sono avvalsi, in violazione di detta esclusiva, di manodopera temporanea fornita da soggetti non
autorizzati (TAR Veneto sez. I 21 aprile 2005 n. 1721): l’interesse sembrerebbe qui ad una eventuale
azione di risarcimento danni; il titolare di un fondo ha un interesse giuridicamente rilevante a
conoscere i documenti relativi alla concessione per la realizzazione di opere nel terreno confinante, al
fine di verificarne la legittimità e valutare se intraprendere azioni a tutela (TAR Campania, Napoli sez.
V 9 marzo 2004 n. 2780): qui possono venire in rilievo il diritto al rispetto delle distanze ovvero quello
a tutela di immissioni nocive ecc.; la situazione giuridicamente rilevante per l’esercizio del diritto di
accesso agli atti di una gara d’appalto non può che ritrovarsi nell’interesse del concorrente alla gara a
sindacare l’operato della stazione appaltante nell’aggiudicare ad altro soggetto la fornitura da appaltare
(TAR Liguria, sez. II 4 febbraio 2004 n. 122) anche qui interesse economico commerciale tutelato
dall’ordinamento.
44
Così L.LAMBERTI, Il diritto di accesso…, cit., par.3.2
20
interesse che sia personale, attuale, concreto, serio, non emulativo e non
riconducibile a mera curiosità»45.
Và infine precisato, per completezza, che in materia ambientale (nella
quale, a dir il vero, è difficilmente rinvenibile la figura dei “controinteressati”)
il d.lgs. n. 39/97, oggi sostituito dal nuovo d.lgs. 195/05, ha previsto una
dilatazione sia del novero dei soggetti legittimati all’accesso sia dei documenti
ostensibili: per quanto riguarda i soggetti, è stato infatti previsto che legittimato
alla richiesta è “chiunque, senza che occorra dimostrare il proprio interesse”;
per quanto riguarda l’oggetto, viene adottata una nozione allargata rispetto al
dettato della legge n. 241/90, perché ricomprende “qualsiasi informazione in
materia ambientale”.
In dottrina si è quindi sostenuto che la speciale disciplina del diritto
d’accesso dettata in materia ambientale, venga invece a configurare, in tale
ambito, una vera e propria “azione popolare”, giustificata in ragione della
particolare natura dell’interesse tutelato46.
45
46
Così F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.102-3.
Cfr. S.MEZZACAPO, Il legislatore concede l’azione popolare negata dalla legge sulla trasparenza,
in Guida al Diritto, n.46/05, pag. 24: “E’ dunque un dato acquisito quello per cui nel più ampio
sistema, delineato dalla legge 7 agosto 1990 n. 241…si innesta la disciplina speciale, di origine
comunitaria, che riguarda propriamente la libertà d’accesso alle informazioni in materia di ambiente,
introducendo quell’azione popolare che la giurisprudenza aveva negato in relazione alla disciplina
contenuta nella legge n. 241 del 1990…”.
21
4. I CONTROINTERESSATI : INDIVIDUAZIONE E TUTELA
La categoria dei controinteressati non era prevista nell’originario testo
della L.241/90 e la sua introduzione ad opera della L.15/05 è il frutto
dell’elaborazione dell’ampio contenzioso sorto in materia.
Il tema dei controinteressati è infatti emerso progressivamente, man mano
che, a partire dal 1990 e cioè dalla prima formulazione della L. 241, è maturata
la sensibilità sociale sui temi dell’accesso e quello della privacy. Così, a partire
da una posizione di radicale sottovalutazione della posizione dei terzi, si è
giunti alla definitiva emersione della figura del controinteressato all’accesso ai
documenti amministrativi, inteso come il soggetto titolare dell’opposto ed
inconciliabile diritto alla riservatezza47.
Il nuovo art. 22 della L.241/90, alla lettera c) del comma 1, definisce
quindi “controinteressati” all’accesso, “tutti i soggetti, individuati o facilmente
individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall’esercizio
dell’accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza.
L’art.3 del D.P.R. 184/06 (Regolamento recante disciplina in materia di
accesso ai documenti amministrativi) prevede poi l’obbligo per la pubblica
amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso di darne notifica48 agli
eventuali controinteressati, garantendo a questi ultimi la possibilità di
presentare motivata opposizione all’accesso agli atti entro dieci giorni dalla
ricezione della comunicazione. Decorso tale termine, l’amministrazione potrà
provvedere sulla richiesta di accesso, accertata la regolare ricezione della
comunicazione da parte dei controinteressati.
Pertanto, tale notifica svolge la duplice funzione di rendere il
controinteressato edotto sulle procedure in corso in materia di accesso e di dare
attuazione al principio del giusto procedimento.
47
Cfr. L.LAMBERTI, Il diritto di accesso…, cit., par.3.3.
La notifica ai controinteressati può essere fatta mediante invio di copia della richiesta di accesso con
raccomandata con avviso di ricevimento oppure per via telematica, attraverso cioè la c.d.“posta
elettronica certificata”, per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione.
48
22
Rientrando la comunicazione in esame tra gli “atti del procedimento”, con
la conseguente applicabilità a tali fattispecie della disciplina generale in
materia di procedimento amministrativo, si deve ritenere che dal difetto della
medesima consegna consegua l’illegittimità dell’eventuale atto di assenso
all’accesso operato dall’amministrazione, con eventuale diritto al risarcimento
del danno in favore del privato controinteressato leso49.
Una volta riconosciuta dignità procedimentale all’accesso ai documenti,
ad esso si applicheranno le ulteriori disposizioni dettate in via generale dalla
L.241/90: ad esempio, il provvedimento conclusivo del procedimento di
accesso andrà comunque motivato, non solo quindi in caso di provvedimento
negativo, ma anche nell’ipotesi in cui la richiesta trovi accoglimento.
La ratio sottesa alla necessità della predetta notifica può rinvenirsi in
primo luogo, nell’intento di assicurare, in ossequio alla normativa sulla
privacy, ai soggetti titolari dei dati personali, l’effettivo esercizio del controllo
sui poteri pubblici in ordine ai flussi informativi; in secondo luogo, nell’intento
di instaurare un contraddittorio con la P.A., che assicuri la ponderazione e il
bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco50.
Si pone quindi, per l’amministrazione cui venga rivolta la richiesta di
accesso ai documenti in suo possesso, innanzi tutto, il problema della corretta
individuazione degli eventuali controinteressati, la cui presenza esclude, tra
l’altro, la possibilità – qualora non sussistano dubbi in ordine alla
legittimazione – di accedere immediatamente ai documenti secondo la
procedura
di
accesso
informale
disciplinata
dall’art.
5
del
nuovo
regolamento51:
49
Così S.MORRONE, Notifica ai controinteressati, in R.TOMEI, La nuova disciplina dell’accesso ai
documenti amministrativi, Commento alla legge n.241 del 1990 e al d.p.r. n.184 del 2006, (a cura di),
AA.VV., Cedam, Torino, 2007, p.143-4, la quale osserva come “nonostante la formulazione per certi
versi poco chiara della norma, viene difficile infatti disconoscere che la notifica prevista dall’art.3 del
D.P.R. n.184 del 2006, non riassuma in sé i tratti della comunicazione di avvio del procedimento di cui
all’art. 7 della legge n. 241 del 1990”. Nello stesso senso L.LAMBERTI, op. ult. cit., par.3.3.
50
Cfr. S.MORRONE, Notifica ai controinteressati, cit., p.144.
51
D.P.R. 12 aprile 2006, n.184, Art. 5. Accesso informale: «1. Qualora in base alla natura del
documento richiesto non risulti l'esistenza di controinteressati il diritto di accesso puo' essere
23
«Ora, la formulazione « individuati o facilmente individuabili » farebbe
ritenere, da un lato, che il riferimento alla natura del documento rilevi
esclusivamente ai fini della “facilità” di individuazione del controinteressato e,
soprattutto, che, laddove si giunga a ritenere che quest’ultimo non sia
« facilmente individuabile », dovrebbe potersi consentire il ricorso alla
procedura di accesso informale. Al contrario, l’art. 6, c. 1, del regolamento
prevede che debba darsi luogo alla procedura formale anche nel caso in cui
« sorgano dubbi (…) sull’esistenza di controinteressati »»52.
«Per l’art. 22 l. n. 241/1990, inoltre, sono controinteressati « tutti i
soggetti (…) che dall’esercizio dell’accesso vedrebbero compromesso il loro
diritto
alla riservatezza ». Questa formulazione implica la necessità, per
l’amministrazione, di ponderare i casi in cui ricorra il rischio di
“compromettere” tale diritto rispetto a quelli nei quali, pur in presenza di
soggetti terzi, lo stesso non sia ravvisabile. Ad esempio, laddove l’accesso sia
esercitato « per curare o per difendere i propri interessi giuridici » è ovvio che
esso debba prevalere sulle esigenze di riservatezza del terzo che non possa
vantare la tutela di dati sensibili e giudiziari. In tali casi, attraverso
un’immediata
valutazione
delle
circostanze
di
fatto
compiuta
esercitato in via informale mediante richiesta, anche verbale, all'ufficio dell'amministrazione
competente a formare l'atto conclusivo del procedimento o a detenerlo stabilmente.
2. Il richiedente deve indicare gli estremi del documento oggetto della richiesta ovvero gli elementi
che ne consentano l'individuazione, specificare e, ove occorra, comprovare l'interesse connesso
all'oggetto della richiesta, dimostrare la propria identita' e, ove occorra, i propri poteri di
rappresentanza del soggetto interessato.
3. La richiesta, esaminata immediatamente e senza formalita', e' accolta mediante indicazione della
pubblicazione contenente le notizie, esibizione del documento, estrazione di copie, ovvero altra
modalità idonea.
4. La richiesta, ove provenga da una pubblica amministrazione, e' presentata dal titolare dell'ufficio
interessato o dal responsabile del procedimento amministrativo ed e' trattata ai sensi dell'articolo 22,
comma 5, della legge.
5. La richiesta di accesso puo' essere presentata anche per il tramite degli Uffici relazioni con il
pubblico.
6. La pubblica amministrazione, qualora in base al contenuto del documento richiesto riscontri
l'esistenza di controinteressati, invita l'interessato a presentare richiesta formale di accesso».
52
Così A.SANDULLI, La casa dai vetri oscurati: i nuovi ostacoli all’accesso ai documenti, in
Giornale di diritto amministrativo, n. 6/2007.
Per F.CARINGELLA – R.GAROFOLI –
M.T.SEMPREVIVA, cit., p.537, il riferimento alla natura del documento richiesto sembra implicare
che l’area dei soggetti controinteressati vada “determinata con riferimento alla natura in astratto e non
al contenuto in concreto del documento”.
24
dall’amministrazione, sarebbe possibile dare esecuzione alla procedura
informale. Sennonché, anche qui il riferimento all’insorgere di « dubbi
(…)
sull’esistenza
di
controinteressati
»
sembrerebbe
consentire
all’amministrazione di richiedere la procedura formale anche nelle ipotesi in
cui si possa dar seguito a quella informale»53.
Infine, occorre tener presente che l’art. 3 del nuovo regolamento di
attuazione, nell’ultima parte del primo comma, esplicitamente afferma che
devono essere notificati, in quanto controinteressati, anche tutti i soggetti che
possano vantare un diritto di riservatezza nei confronti di atti connessi ai
documenti dei quali si chiede l’esibizione; ciò in quanto ai sensi dell’art. 7,
comma 2, del regolamento, l’accoglimento della domanda di accesso ad un
documento comporta la facoltà di accesso agli altri documenti nello stesso
richiamati e appartenenti al medesimo procedimento.
In dottrina si è quindi osservato che dal combinato disposto di tali norme
potrebbe derivare « l’effetto perverso per il quale al richiedente potrebbe essere
negato l’accesso immediato al documento richiesto (con la conseguenza
dell’avvio della procedura formale) sulla base del rinvenimento di un
controinteressato alla diffusione di informazioni contenute non nel documento
richiesto, ma in uno ad esso connesso »54. A tale critica si è peraltro replicato
che se la richiesta di accesso ad un documento comporta necessariamente – di
fatto – l’accesso ad un documento connesso, non avrebbe senso assicurare la
tutela soltanto degli eventuali controinteressati al primo ed ignorare la tutela
degli eventuali controinteressati al secondo55. Nel caso poi la richiesta
d’accesso non comportasse necessariamente l’accesso al documento connesso
ben potrebbe, ad avviso di chi scrive, la P.A. concedere l’accesso in via
informale al documento principale richiesto, invitando quindi il richiedente a
53
Così A.SANDULLI, op. ult. cit.
Così A.SANDULLI, op. ult. cit.
55
Così S.GIACCHETTI,Accesso «über alles»?,in Giornale di diritto amministrativo,n.9/2007, p.1024.
54
25
presentare istanza formale di accesso in relazione al documento connesso,
qualora intenda avvalersi della facoltà di accedere anche ad esso.
Sotto il profilo processuale, la posizione del terzo controinteressato
all’accesso, è stata colta da dottrina e giurisprudenza soprattutto in relazione
alla necessità che il ricorso proposto avverso il diniego all’accesso venisse a
questi notificato, giungendo poi a trarne le conseguenti valutazioni in ordine
alla natura stessa del diritto d’accesso56.
In particolare, la questione della notifica del ricorso agli eventuali
controinteressati veniva fatta dipendere dalla soluzione adottata in merito alla
natura impugnatoria del giudizio stesso, e dunque dalla natura di interesse
legittimo o di diritto soggettivo attribuita all’accesso. Nel primo caso, il
riconoscimento del giudizio quale giudizio impugnatorio di legittimità, avrebbe
determinato l’applicazione della disciplina positiva prevista per il processo
amministrativo e dunque l’obbligo di notifica del ricorso ad almeno uno dei
controinteressati; al contrario, alla qualificazione dell’accesso in termini di
diritto soggettivo, sarebbe seguita l’applicabilità della disciplina prevista dal
codice di procedura civile, che nell’ipotesi di specie prevede, l’integrazione del
contraddittorio, ai sensi dell’art. 102 c.p.c.57.
Dopo vari contrasti giurisprudenziali sul punto è intervenuta l’Adunanza
Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 16 del 1999, la quale
qualificando come di interesse legittimo la situazione soggettiva connessa alla
richiesta d’accesso ai documenti, sanciva che il ricorso giurisdizionale per
l’accesso dovesse seguire le regole del processo amministrativo impugnatorio,
tra le quali quella dell’art. 21 legge n. 1034/71 che impone, ai fini della stessa
ammissibilità, la notifica ad almeno un controinteressato.
56
Tuttavia, come evidenziato da M.OCCHIENA in nota a C.d.S. 27 maggio 2003, n.2938, in Foro It.,
n. 10/2004, p.511, “dal punto di vista teorico ciò pare capovolgere la relazione tra piano sostanziale e
piano processuale: non sono le modalità della tutela processuale a caratterizzare la situazione giuridicosoggettiva che ne è oggetto, bensì è questa a condizionare le prime”.
57
Cfr. S.MORRONE, Notifica ai controinteressati, cit., p.139.
26
Le oscillazioni giurisprudenziali sono peraltro proseguite anche dopo tale
pronuncia ed anche dopo la riforma della legge n. 241/1990 ad opera della
legge n. 15/2005, con la quale viene dato rilievo, come si è visto, alla figura dei
controinteressati introducendone una definizione all’art.22, comma 1, lettera c)
ma non viene tuttavia inserita una previsione espressa dell’onere di notifica del
ricorso ai controinteressati: Oltre la definizione in parola, infatti, dei
controinteressati, vi è traccia solo marginale ed indiretta nel comma 5 dell’art
25, che reca la disciplina relativa alle Modalità di esercizio del diritto di
accesso e ricorsi (riscrivendo, sul punto, il primo comma dell’art. 21 della l.
1034/71, come sostituito dall’art. 1 della L. 205/2000), dove si stabilisce che in
pendenza di giudizio amministrativo, il ricorso contro le determinazioni
amministrative concernenti il diritto di accesso può essere proposto in via
incidentale con istanza presentata al presidente del tribunale e depositata presso
la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso principale, «previa notifica
all’amministrazione o ai controinteressati» e viene deciso con ordinanza
istruttoria adottata in camera di consiglio. Dall’uso della particella disgiuntiva
“o” si è quindi osservato come «nel nuovo testo normativo viene meno
l’obbligo di notifica ai controinteressati, circostanza che potrebbe a rigore
significare una scelta di campo definitiva del legislatore a favore
dell’attribuzione all’accesso della natura di diritto soggettivo»58.
La scelta del legislatore di consentire al ricorrente di notificare il ricorso
incidentale alternativamente all’amministrazione o ai controinteressati sembra,
ad avviso di chi scrive, piuttosto orientata dall’esigenza di tener conto di
problemi pratici, oltre che giuridici, legati alla notifica: la posizione del
controinteressato non è infatti agevolmente desumibile dal provvedimento
impugnato; inoltre spesso si tratta di persone menzionate nei documenti cui è
58
Così S.MORRONE, Notifica ai controinteressati, cit., p.140, la quale evidenzia inoltre come
“qualora si riconosca la natura non cassatoria del giudizio in materia di accesso ai documenti, non
sarebbe a rigore ipotizzabile l’inammissibilità del ricorso per mancata notifica al controinteressato, ma
eventualmente, l’integrazione del contraddittorio su ordine del giudice ex art. 102 c.p.c.”. Si veda
anche L.LAMBERTI, Il diritto di accesso…, cit., par.3.3.
27
stato negato l’accesso, le quali, proprio in ragione di tale diniego, non sempre
sono individuabili a priori dal richiedente. In tali casi l’onere di integrare il
contraddittorio comporterebbe una inconcepibile lesione del loro diritto alla
tutela giurisdizionale, ferma restando la possibilità per il giudice di concedere
la rimessione in termini per errore scusabile59. Ne consegue che, essendo
entrambi i soggetti (amministrazione e controinteressato) parti necessarie del
processo, dovrà essere il giudice, nel corso del giudizio, a dover ordinare
l’integrazione
della
notifica,
palesandosi
altrimenti
un
difetto
di
contraddittorio60.
Dopo le innovazioni legislative apportate con la leggi nn. 15 e 80
61
del
2005, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato è stata nuovamente investita
della questione relativa alla natura giuridica dell’accesso e di quella correlata
della necessità di notifica del ricorso ai controinteressati: questa volta però il
Supremo giudice amministrativo con le pronunce gemelle n.6 e n.7.,
rispettivamente del 18 e 20 aprile 2006, ha evitato di sbilanciarsi a sostegno
della natura di diritto soggettivo ovvero di interesse legittimo, affermando
invece che la situazione soggettiva (diritto o interesse) di colui che richiede un
documento è di natura strumentale, ossia «trattasi, a ben vedere, di situazioni
soggettive che, più che fornire utilità finali (caratteristica da riconoscere,
oramai, non solo ai diritti soggettivi ma anche agli interessi legittimi), risultano
caratterizzate per il fatto di offrire al titolare dell’interesse poteri di natura
procedimentale volti in senso strumentale alla tutela di un interesse
giuridicamente rilevante (diritti o interessi)». Tuttavia in tale contesto ha altresì
affermato che il processo mantiene la natura impugnatoria, con conseguente
obbligo di notifica ai controinteressati: vi si legge infatti che “non contrasta
59
Cfr. S.MORRONE, Notifica ai controinteressati, cit., p.138.
Cfr. S.CIMINI, Diritto di accesso e riservatezza: il legislatore alla ricerca di nuovi equilibri, in
www.giustamm.it, p.33.
61
Quest’ultima, tra l’altro, nel riformulare l’art. 2 della legge n. 241, introduce, al comma 5 di tale
disposizione, la previsione secondo la quale il giudice amministrativo, nei giudizi contro il silenziorifiuto, “può conoscere della fondatezza dell’istanza”, mentre nell’ultimo periodo del comma 5,
dell’art. 25, attribuisce alla “giurisdizione esclusiva” del giudice amministrativo tutte le controversie
relative all’accesso ai documenti amministrativi.
60
28
con la natura di vero e proprio diritto soggettivo – natura corroborata dal nuovo
testo dell’art. 117 Cost. e dagli artt. 22 e 25 della legge 241/90, quest’ultimo
assegnando, al comma 5, il processo per l’accesso alla giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo – del c.d. diritto d’accesso la configurazione di tipo
impugnatorio del mezzo di tutela giurisdizionale ad essa correlata ed idonea a
salvaguardare anche le posizioni dei controinteressati in ordine alla
riservatezza”62.
Quindi, «il giudice amministrativo sembra voler rompere quel
meccanismo di condizionamento, di cui si è detto, tra l’affermazione della
natura giuridica dell’accesso e l’indicazione delle conseguenze in punto di
disciplina processuale della materia. Il che farebbe pensare ad un
riconoscimento definitivo dell’esigenza di tutela processuale della riservatezza,
principio fondante della situazione giuridica soggettiva in capo al soggetto a
cui si riferiscono i dati e le informazioni riservate, contenute nei documenti
oggetto di richiesta»63.
Appare evidente che la materia in esame è intrisa di peculiarità che la
rendono non assimilabile ad altre e che richiedono e giustificano una disciplina
del tutto particolare, infatti, com’è stato osservato, una reale tutela processuale
del controinteressato richiederebbe: la sospensione dell’esecuzione del
provvedimento di accoglimento dell’istanza di accesso fino allo scadere del
termine per l’impugnazione; il riconoscimento di effetto sospensivo automatico
all’appello avverso la sentenza favorevole all’accedente; l’impossibilità di
ottenere l’accesso attraverso procedure cautelari64.
62
Nonostante i nuovi elementi normativi sembrino configurare il diritto di accesso in termini di diritto
soggettivo, il Consiglio di Stato non si precipita ad affermare la natura di diritto soggettivo, come larga
parte della dottrina ha, forse frettolosamente, ritenuto. Prudentemente la sentenza stabilisce che “non
sembra peraltro, che nella specie rivesta utilità ai fini dell’identificazione della disciplina applicabile al
giudizio avverso le determinazioni concernenti l’accesso, procedere all’esatta qualificazione della
natura della posizione giuridica soggettiva coinvolta”. Soluzione condivisa da G.P.CIRILLO, Il nuovo
sistema della tutela giustiziale e giurisdizionale in materia di accesso ai documenti amministrativi, in
www.giustamm.it, 2006, par. 4.I.
63
Così S.MORRONE, Notifica ai controinteressati, cit., p.140.
64
Cfr. S.MORRONE, Notifica ai controinteressati, cit., p.140, nonché L.LAMBERTI, Il diritto di
accesso…, cit., par.3.3, ultima parte.
29
La principale questione che il Regolamento sull’accesso del 2006 risolve
è quella relativa alla tutela del controinteressato, il quale viene del tutto
equiparato al ricorrente principale, essendogli non solo garantita una effettiva
partecipazione al procedimento susseguente alla richiesta (art. 3)65, ma anche la
possibilità di azionare i procedimenti giustiziali ogni qual volta vi sia una
decisione di accoglimento del ricorso giustiziale (art. 12, comma 1).
Rimane dubbio se possa azionare lo speciale rito di cui all’art. 25, comma
4, dato che in esso si fa riferimento al solo “richiedente”. Tuttavia l’art. 12 del
regolamento consente anche al controinteressato la possibilità di ricorrere alla
Commissione “avverso le determinazioni che consentono l’accesso”. Sicché
sarebbe strano che ciò sia consentito in sede giustiziale e, invece, non lo sia in
sede giurisdizionale66.
65
Peraltro, nell’eventuale contrasto tra regolamento della singola amministrazione e DPR n. 184/2006,
con specifico riguardo alla procedura di comunicazione ai controinteressati, la giurisprudenza ha
ritenuto che il regolamento interno debba essere sul punto disapplicato (TAR Sicilia, Catania, sez. IV,
20 luglio 2007, n. 1277).
66
Così G.P.CIRILLO, Il nuovo sistema…, cit., par. 5.IV.
30
5.
IL
DIFFICILE
BILANCIAMENTO
TRA
ACCESSO
E
RISERVATEZZA
Come si è visto nel precedente paragrafo, il motivo sostanziale per il quale si
rende necessario coinvolgere sia nel procedimento di accesso ai documenti che
nell’eventuale processo il “controinteressato”, è quello di consentire a
quest’ultimo di difendere la propria riservatezza, come esplicitamente afferma
la lettera c) dell’art. 22, comma 1, della legge 241/90: infatti trattandosi
sostanzialmente di richiesta di accedere a dati ed informazioni contenute nel
documento, non si configurano altri tipi di controinteresse, come ad es. quello
classico al mantenimento in vita dell’atto impugnato.
L’altra disposizione della legge generale che riguarda la riservatezza è
contenuta nell’art. 24 comma 6 lett. d): il Governo è delegato ad individuare
con regolamento casi in cui il diritto d’accesso è escluso per determinati
documenti, tra l’altro, quando questi «riguardino la vita privata o la
riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e
associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario,
professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto
titolari, «ancorchè i relativi dati siano forniti all’amministrazione dagli stessi
soggetti cui si riferiscono». Il comma 7 dell’art. 24 contiene però, nella sua
prima parte, una importante disposizione di chiusura, nella quale si afferma che
«deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti
amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o difendere i propri
interessi giuridici», introducendo subito dopo un principio di bilanciamento ex
lege nel caso di documenti contenenti “dati sensibili”67 e giudiziari ovvero
contenenti dati c.d.“supersensibili”, cioè dati idonei a rivelare lo stato di salute
e la vita sessuale (ad essi si ritiene vadano aggiunti i dati genetici): nel primo
67
Il Codice della privacy definisce “sensibili”, i dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed
etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti,
sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale.
31
caso «l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile»,
ossia come extrema ratio, alla quale ricorrere solo ove non sia possibile
provvedere altrimenti al perseguimento, nei singoli casi,
delle suddette
esigenza di cura e difesa68; nel secondo caso invece si rimanda all’articolo 60
del decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196 (Codice in materia di protezione
dei dati personali), il quale afferma che in questi casi l’accesso è consentito «se
la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di
accesso è di rango almeno pari al diritto dell’interessato, ovvero consiste in
un diritto della personalità o in altro diritto o libertà fondamentale e
inviolabile».
Tale ultima disposizione, riprendendo un orientamento in precedenza più
volte espresso dalla giurisprudenza, introduce quindi il “principio del pari
rango” chiarendo i presupposti per il trattamento dei suddetti dati laddove
siano oggetto di una richiesta d’accesso: il diritto di accesso può essere
esercitato solo se, in seguito ad una delicata operazione di bilanciamento di
interessi, la situazione giuridica rilevante sottesa al diritto di accesso viene
considerata di rango almeno pari al diritto alla riservatezza riferito alla sfera
della salute e della vita sessuale dell’interessato.
La comparazione va effettuata in concreto69, con riferimento alla diversa
valenza delle situazioni soggettive delle parti, tenendo anche conto dei generali
criteri di proporzionalità, di ragionevolezza, e di bilanciamento degli interessi
privati in gioco: occorrerà quindi valutare la effettiva necessità dei documenti
ai fini dell’azione o della difesa di cui all’art. 24, tenendo sempre in adeguata
considerazione il rispetto dei principi di pertinenza e di non eccedenza nel
trattamento previsti dal codice della privacy (art.11 e 22, d.lgs. n. 196/2003)70.
68
In tal senso si veda C.d.S., Sez. VI, n. 504/2005.
In tal senso si veda C.d.S., Sez. V, n. 5873/2004.
70
Per una rassegna dei principali principi giurisprudenziali in tema di bilanciamento tra diritto di
accesso e diritto ala riservatezza si veda, da ultimo C.d.S., Sez. V, 28 settembre 2007, n. 4499, il quale
dopo aver richiamato l’indirizzo interpretativo elaborato dalla più recente giurisprudenza
amministrativa che privilegia il diritto di accesso, considerando per converso recessivo l’interesse alla
riservatezza dei terzi, quando l’accesso stesso sia esercitato per la difesa di un interesse giuridico, nei
69
32
Da tale complesso normativo emerge quindi una graduazione della tutela
della riservatezza che partendo da una soglia minima per i dati c.d. “comuni”,
passa per un livello intermedio in relazione ai dati c.d. “sensibili” e giunge ad
un livello di intangibilità pressoché assoluto per i dati c.d. “sensibilissimi”71.
Peraltro, se si esclude quest’ultimo riferimento ai dati sensibili, il
principio della prevalenza dell’accesso sulla riservatezza nel caso in cui il
documento fosse indispensabile per tutelare gli interessi giuridici del
richiedente era già contenuto nel precedente testo della legge n. 241/90 che,
all’art. 24 comma 2 lett. d) includeva tra le materie oggetto del regolamento
governativo la riservatezza, precisando che si doveva comunque garantire agli
interessati la visione degli atti dei procedimenti amministrativi la cui
conoscenza fosse necessaria per curare o per difendere i loro interessi
giuridici. Ed infatti, il DPR 27 giugno 1992 n. 352, all’art. 8, comma 5 lett. d)
conteneva la norma che escludeva dall’accesso gli atti coinvolgenti la
riservatezza di terzi, con una formulazione poi recepita nella legge generale al
citato art. 24 comma 6 lett. d).
limiti in cui esso sia necessario alla difesa di quell’interesse (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 20 aprile 2006,
n. 2223), afferma che « Occorre, peraltro, che il principio venga applicato cum grano salis, attraverso
la ricerca e l’identificazione di un punto di equilibrio che, nel bilanciamento dei contrapposti interessi,
tenga conto della necessità di assicurare la tutela dell’interesse giuridicamente rilevante, di cui è
titolare il soggetto che esercita il diritto di accesso, nonché di salvaguardare l’esigenza di stabilità delle
situazioni giuridiche e di certezza delle posizioni dei controinteressati, che sono pertinenti ai rapporti
amministrativi scaturenti dai principi di pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa (interesse
alla riservatezza dei terzi; tutela del segreto) (cfr. Cons. Stato, A.P., 18 aprile 2006, n. 6).
E’ indispensabile, insomma, che un’attenta valutazione, caso per caso, delle situazioni giuridiche che
vengono via via in considerazione, si riveli in grado di garantire, da un lato, la difesa di un interesse
giuridicamente rilevante, ancorché nei limiti in cui l’accesso sia effettivamente necessario alla tutela di
quell’interesse; e, dall’altro, di salvaguardare, ove ciò risulti (e fino a quando risulti) possibile tutelare
il diritto alla riservatezza, al quale la legge riconosce ugualmente una particolare tutela.
Si impone, dunque, l’ineludibile esigenza che siano rigorosamente verificate l’effettività e la
concretezza del collegamento dell’accesso al documento con la dichiarata esigenza di tutela (cfr. Cons.
Stato, Sez. V, 2 ottobre 2006, n. 5718), giacché il diritto alla c.d. privacy non può essere sacrificato se
non a titolo di extrema ratio, restando altrimenti possibile assicurare un ampio esercizio del diritto di
accesso, pur salvaguardando l’interesse alla riservatezza mediante modalità, alternative alla limitazione
o al diniego dell’accesso, che utilizzino, ad esempio, la schermatura dei nomi dei soggetti menzionati
nei documenti, che si dichiarino fermamente intenzionati a mantenere l’anonimato, o che, invece, si
avvalgano dell’assenso delle persone di volta in volta indicate nei documenti in questione (cfr. per il
principio, Cons. Stato, Sez. VI, 22 novembre 2005, n. 6524)».
71
Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.531.
33
Le uniche varianti riguardano il riferimento alla sola visione degli atti, e la
specificazione che doveva trattarsi di atti dei procedimenti amministrativi,
mentre ora la legge, al comma 7 del’art. 24, fa genericamente riferimento
all’accesso e non alla sola visione, e d’altra parte l’accesso non è più limitato
ai soli documenti rientranti in un dato procedimento, ma esteso a tutti i
documenti amministrativi comunque in possesso della P.A.72.
Quanto alla mancata riproposizione del limite modale della sola visione,
in dottrina si è ritenuto che possa trattarsi di una “svista” del legislatore ovvero
che quest’ultimo, con un ragionamento opinabile, abbia giudicato superflua
tale specificazione, escludendo sia pure tacitamente la possibilità di estrazione
di copia dei documenti73, o infine che abbia effettivamente deciso di rimuovere
tale limitazione modale, seguendo un recente orientamento giurisprudenziale
secondo cui, in caso di accesso a documenti riservati, una interpretazione
costituzionalmente orientata della normativa sull’accesso, attenta ai valori
dell’eguaglianza (art. 3 Cost), difesa (art. 24) e buona ed imparziale
amministrazione (art. 97), fa sì che l’accesso si possa esplicare anche
attraverso l’estrazione di copia : se l’interessato che prende visione può
trascrivere integralmente il contenuto del documento, non si vede come la
stessa copia non possa essere rilasciata dall’amministrazione (TAR Brescia, 21
marzo 2000, n. 251)74.
Ad ogni modo, il nuovo D.P.R. n. 184/06 non disciplina i casi di
esclusione dell’accesso, sicchè bisognerà attendere l’emanazione del
regolamento governativo di cui all’art. 24, comma 6, l. n. 241/90, nelle more
del quale, è ancora in vigore l’art. 8 del precedente D.P.R. 352/92 (abrogato
per la restante parte) che prevede il limite modale della sola visione in presenza
di contrapposte esigenze di riservatezza.
72
Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p.462.
Come sembra emergere dal Resoconto della Camera dei deputati del 24 gennaio 2005, n. 573.
74
Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 463-4.
73
34
Occorre poi evidenziare la scarsa chiarezza ed univocità della clausola di
salvaguardia generale, contenuta nella prima parte del comma 7, la quale
mentre nella precedente formulazione della L.241 prevedeva la prevalenza
dell’accesso ai documenti (seppure nella sola modalità della visione),
allorquando la loro conoscenza fosse necessaria per curare o difendere gli
interessi giuridici del richiedente, ponendosi in relazione solo alle contrapposte
esigenze di tutela della riservatezza dei terzi, sembra ora invece riferirsi a tutte
le ulteriori ipotesi di esclusione dell’accesso previste dall’art. 24 75.
Si è inoltre rilevata in dottrina la inadeguatezza ad assolvere una funzione
di effettiva perimetrazione della limitazione dell’accesso ai soli casi di
necessità per la cura di interessi giuridici, ossia la fissazione di un requisito di
legittimazione (necessità e cura per la tutela degli interessi giuridici) più
restrittivo di quello generale di cui all’art. 22 della L.241/90 (riconoscimento
dell’accesso a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni
giuridicamente rilevanti). Infatti, il concetto di “difesa degli interessi giuridici”,
stante il carattere generale dell’espressione adoperata, va inteso non solo con
riguardo alla difesa tecnica processuale ex art. 24 Cost. ma anche, in coerenza
con i principi scolpiti dall’art. 97 Cost., in modo comprensivo della difesa
giustiziale e soprattutto procedimentale76:
Ne consegue che resta tagliato fuori dalla divulgazione il solo accesso di
carattere non difensivo-partecipativo, ossia finalizzato a partecipare al
procedimento o ad impugnare il relativo epilogo, ma puramente informativocollaborativo, sganciato dalla possibilità di prendere parte al procedimento o di
75
In quest’ultimo senso C.TAGLIENTI, cit., III^.2, il quale , peraltro, osserva che «la prevalenza del
diritto di accesso sulle ipotesi di sottrazione da disciplinarsi con regolamento governativo rende la
norma molto simile alla disciplina generale di cui all’art. 22: se cioè il diritto di accesso comunque
prevale, appare forse contraddittorio prevedere delle ipotesi di “presunta” sottrazione»; contra
F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 534 e p.463.
76
Così F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 459. In giurisprudenza si
veda TAR Abruzzo, Pescara, 5 dicembre 1997, n.681, che ha consentito l’accesso ad un datore di
lavoro per consentirgli la verifica della opportunità di prendere parte ad un procedimento
amministrativo relativo all’accertamento di malattie professionali contratte da dipendenti.
35
impugnare il provvedimento77: accesso evidentemente minoritario da un punto
di vista statistico e da una fetta ancora cospicua della giurisprudenza reputato
inammissibile per carenza di interesse.
Le stesse considerazioni possono poi svolgersi qualora dal dato testuale
della difesa e cura di “interessi giuridici”, si voglia ricavare la regola della
praticabilità dell’accesso per la sola tutela di diritti soggettivi ed interessi
legittimi, con conseguente esclusione di altre posizioni (aspettative ed interessi
diffusi): a prescindere dall’armonizzabilità di tale restrizione con la trama
normativa (la quale sia nell’art. 22 che nell’art. 24 chiarisce la necessaria
giuridicità dell’interesse da tutelare), bisogna infatti tener presente che anche
nell’ipotesi ordinaria di non incidenza sulla altrui riservatezza le ipotesi di
accesso non collegate ad una posizione sostanziale di diritto soggettivo o di
interesse legittimo sono largamente minoritarie; inoltre la giurisprudenza
esclude l’accesso anche nella sua forma ordinaria ove venga in rilievo un
interesse puramente fattuale78.
Alla pretesa idoneità di detto requisito della necessità per la cura o tutela
di interessi giuridici a rivestire il ruolo di fattore delimitativo può in fine
facilmente opporsi che la verifica della necessità del documento postula un
apprezzamento assai labile e soggettivo: apprezzamento che, secondo le
coordinate giurisprudenziali, in quanto rimesso solo a soggetto interessato
all’accesso a fini di difesa, è sindacabile in modo assai fievole, ossia solo ab
extrinseco, ad opera dell’Amministrazione e del Giudice; il principio della
parità delle armi esclude infatti che una delle parti della controversia possa
verificare l’utilità del documento per la difesa della controparte79.
Si è quindi conclusivamente ritenuto che sotto le mentite spoglie del
bilanciamento, il legislatore abbia in realtà creato le premesse per una
sistematica vittoria del principio di pubblicità, peraltro coerente con il
77
Si pensi, ad esempio, all’accesso a documenti sulla base dei quali è stato adottato un provvedimento
non più impugnabile per lo spirare dei termini di decadenza.
78
Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 460.
79
Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 461.
36
desiderio di apertura verso l’esterno della macchina amministrativa che
pervade la nervatura della legge del 1990. Ciò perché le valvole di
compensazione congegnate a protezione della riservatezza, non si appalesano
capaci di tutelare il soggetto aspirante alla preservazione della privacy80.
80
Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 459.
37
6. I SOGGETTI PASSIVI DEL DIRITTO DI ACCESSO.
Il nuovo testo dell'art. 23, come introdotto dal comma 2 dell’ art. 4 1.
265/1999, e non modificato dalla legge n. 15/2005, definisce in modo diverso e
più onnicomprensivo l'ambito dei soggetti nei cui confronti è esercitabile il diritto di accesso ai documenti. Ora, infatti, tale diritto è esercitabile nei
confronti di:
● tutte le pubbliche amministrazioni (non più solo statali);
● nei confronti delle aziende autonome e speciali;
● degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi.
L'art. 23, nuovo testo, si chiude poi con la specifica menzione della possibilità
di esercitare il diritto di accesso anche nei confronti delle Autorità di garanzia
e di vigilanza (cd. "autorità indipendenti"), che si esercita “nell'ambito dei
rispettivi ordinamenti secondo quanto previsto dall'art. 24”.
Il problema più importante, anteriormente alla riforma del 2005, si era
quindi posto per i soggetti privati gestori di pubblici servizi: fondamentali sul
punto sono le due decisioni dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4 e
n. 5 del 1999, la quale ha rilevato che ciò che conta ai fini dell’operatività del
diritto di accesso non è la natura pubblica o privata dell’attività posta in essere,
bensì il fatto che l’attività, ancorchè di diritto privato miri alla tutela di un
pubblico interesse e sia soggetta al canone di imparzialità.
La Plenaria ha quindi distinto tra attività privatistica della PA ed attività
dei privati concessionari di pubblici servizi:
Per quanto concerne l’attività privatistica della P.A., è stato ritenuto che
il diritto di accesso operi in ogni caso, perché tutta l’attività della P.A. è
sempre ispirata ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento.
Per quanto concerne l’attività dei concessionari (oggi “gestori”) di
pubblici servizi, la giurisprudenza ha distinto tra i vari momenti nei quali si
esplica:
38
- nei procedimenti per la formazione delle determinazioni contrattuali,
quali ad esempio la scelta del contraente, il dovere di imparzialità è ‘in re ipsa’
e l’accesso va garantito;
- analogamente per quanto concerne le scelte organizzative adottate in
sede di gestione del servizio (scelte dirette ad offrire un servizio avente certi
standards qualitativi), ove pure il dovere di imparzialità opera, anche qui
l’accesso va garantito;
- per quanto concerne le c.d. attività residuali del concessionario, ossia le
attività diverse dalla gestione del servizio, la giurisprudenza afferma che
occorre operare un giudizio di bilanciamento degli interessi cui la stessa è
preordinata, per cui se prevale l’interesse pubblico su quello puramente
imprenditoriale, il diritto di accesso deve operare (in tal caso la valutazione
comparativa deve tener conto di alcuni parametri, quali il grado di
strumentalità dell’attività rispetto all’attività di gestione del servizio; il regime
sostanziale dell’attività; l’adozione da parte del gestore di regole dirette a
garantire il rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza, buona fede e
correttezza).
All'opposto deve trovare applicazione integralmente il diritto privato
quando
il
soggetto,
pur
avendo
natura
pubblica,
formalmente
o
sostanzialmente (proprietà pubblica di una società), non gestisce servizi
pubblici e svolge un'attività comunque estranea alla sfera della rilevanza
collettiva degli interessi. In tal caso il privato dovrà avvalersi degli ordinari
strumenti previsti dal c.p.c. (art. 210 ordine di esibizione di atti alla parte o al
terzo).
La legge n. 15/2005, come si è detto, non è espressamente intervenuta sul
punto (anzi il disposto dell’art. 23 è rimasto invariato), ma si è indirettamente
occupata del problema a livello definitorio, laddove il nuovo testo dell’art. 22,
alla lettera e), ha statuito che ai fini dell’accesso ai documenti amministrativi,
nella nozione di “pubblica amministrazione” vanno ricompresi oltre a «tutti i
39
soggetti di diritto pubblico» anche tutti «i soggetti
di diritto privato
limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto
nazionale o comunitario», confermando in tal modo le soluzioni interpretative
sopra esposte e formulate dalla giurisprudenza più recente.
40
7. L’OGGETTO DEL DIRITTO DI ACCESSO
Il diritto di accesso si svolge nei confronti dei soli “documenti amministrativi”
come si legge ora nel comma 2 dell’ art. 22, della legge n. 241/90, come
modificato dalla legge n. 15/2005. Escluse quindi le ipotesi speciali di accesso
ambientale e di accesso negli enti locali che hanno un oggetto più ampio81, la
legge
generale
assume
come
oggetto
dell’accesso
il
“documento
amministrativo”. Il comma 4 dell’art. 22 individua tuttavia una ulteriore
eccezione che, rinviando al Codice della privacy, consente l’accesso anche ad
informazioni che non siano contenute in un documento, nel caso di accesso ai
dati personali da parte della persona cui i dati si riferiscono82.
Il “documento amministrativo” è quindi qualificato come «ogni
rappresentazione
grafica,
fotocinematografica,
elettromagnetica
o
di
qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad
uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e
concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura
pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale».
81
In entrambi i casi viene infatti riconosciuto l’accesso alle informazioni disponibili e non solo ai
documenti. In materia ambientale i vincoli imposti dal diritto comunitario non consentono limitazioni
di carattere oggettivo, posto che la normativa europea contiene una espressa menzione delle
informazioni ambientali. Riguardo agli enti locali, è invece rimessa all’autonomia delle singole
amministrazioni la possibilità di prevedere forme di accesso anche ad informazioni non trasfuse in
documenti, in considerazione del fatto che la legge n. 241 stabilisce un minimum indefettibile di
garanzie, sicchè eventuali garanzie più intense assicurate dall’ordinamento non vengono incise.
Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 166.
82
Tale previsione, introdotta su richiesta del Garante per i dati personali, è volta a coordinare la
disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi contenuta nella legge n. 241/90 con quella
del codice della privacy contenuto nel D.lgs. n. 196/2003. Come è noto, infatti, uno dei cardini intorno
a cui ruota la tutela dei dati personali è proprio costituito dal riconoscimento in capo alla persona cui si
riferiscono i dati – l’“interessato”− di una serie di diritti che gli consentono di controllare in via diretta
ed immediata l’uso che di tali informazioni viene fatto da terzi, nell’ottica di garantire quella che è
stata giustamente definita come “auto-determinazione informativa”. Cfr. F.CARINGELLA –
R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 163.
41
Come è stato notato in dottrina, il legislatore italiano, a differenza di
quello francese, non ha ritenuto di procedere ad una elencazione tipologica di
documenti, ma ha optato per una definizione di carattere generale83.
Tale definizione è parzialmente differente da quella contenuta al comma 2
dell’art. 22 vecchio testo: la più importante novità è costituita dal fatto che il
vecchio testo aveva riguardo agli atti formati dalla pubblica amministrazione,
quindi atti amministrativi in senso proprio (anche se poi si aggiungeva “o
comunque utilizzati ai fini dell’attività amministrativa”); il nuovo testo si
riferisce invece ad atti detenuti, ed abbandona il termine “formati”, dalla
pubblica amministrazione, anche se il loro regime sostanziale sia di diritto
privato, purchè concernenti attività di pubblico interesse. Quindi viene meglio
esplicitato il concetto che è considerato documento amministrativo anche
quello rappresentativo di atti di diritto privato (es. un contratto di
compravendita) se detenuto dall’amministrazione in funzione della sua attività
di pubblico interesse;
è infatti irrilevante il regime giuridico sostanziale
dell’atto, avendo significato determinante solo la connessione dello stesso con
l’attività di interesse pubblico svolta dal soggetto che lo detiene.
La seconda novità è costituita dal riferimento anche ad atti non relativi ad
uno specifico procedimento, precisazione che prima non vi era.
Il riferimento agli atti interni, e cioè endoprocedimentali, era il derivato
ovvio di tutta la normativa sulla trasparenza: un interesse alla loro conoscenza
sussiste infatti sicuramente per il soggetto interessato all’atto finale . Ma ora il
riferimento anche ad atti non relativi ad uno specifico procedimento, chiarisce
la possibilità di ampliamento dell’oggetto dell’accesso ad ipotesi nelle quali
l’interesse fatto valere non è direttamente legato ad un futuro provvedimento
amministrativo.
Devono quindi ritenersi accessibili tutti gli atti interni a prescindere dalla
loro utilizzazione, cioè indipendentemente dalla circostanza che tali atti siano
83
Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 140.
42
utilizzati o meno dall’amministrazione al fine della sua attività a rilevanza
esterna: d’altra parte tollerare la possibilità di una sottoripartizione, ai fini
dell’applicabilità della disciplina dell’accesso, della categoria degli atti interni,
in ragione dell’esistenza o meno di un loro collegamento con attività esterna
della P.A., consentirebbe a quest’ultima una valutazione sostanziale
dell’interesse sul quale è fondata la domanda di accesso, che, invece le è
preclusa dall’inquadramento normativo del diritto in parola. In sostanza, in
difetto di una espressa previsione normativa che impedisca l’accesso per i
motivi di cui all’art. 24 della legge 241/1990, tutti i documenti detenuti
dall’amministrazione relativamente ad attività di natura amministrativa devono
essere accessibili al privato che possa dimostrare la titolarità di un interesse
giuridicamente rilevante (oggi “tutelato”) alla loro conoscenza84.
L’art. 2, comma 2, del regolamento 12 aprile 2006 n. 184, esplicitamente
afferma che l’amministrazione non è tenuta ad elaborare dati in suo possesso al
fine di soddisfare la domanda di accesso: il documento cioè deve essere già
formato, così come del resto afferma la legge generale al comma 4 dell’art. 22
nuovo testo, non sono ammesse informazioni in generale.
Norme in certo senso di chiusura in ordine all’oggetto del diritto di
accesso sono quella che esclude istanze di accesso preordinate ad un controllo
generalizzato dell’operato della pubblica amministrazione (art. 24 comma 3
nuovo testo) e quella che circoscrive temporalmente il diritto di accesso al
periodo entro il quale l’amministrazione ha l’obbligo di detenere i documenti
(art. 22 comma 6). E’ infatti noto che in ogni amministrazione è generalmente
costituita una commissione per gli scarti d’archivio che stabilisce appunto
quale documentazione deve essere conservata, e come, e quale può essere
distrutta85.
84
85
Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 155 ss.
Cfr. C.TAGLIENTI, cit., V^.1.
43
8. I LIMITI ALL’ACCESSO
I limiti all’esercizio del diritto d’accesso sono individuati nell’art. 24 della
legge n. 241/90, che è stato fortemente innovato dalla legge n. 15/2005 la quale
dettagliando e specificando in maniera più esaustiva la normativa precedente,
ha previsto vari livelli di limitazioni al diritto di accesso.
Un primo livello di limiti è previsto dalla stessa legge:
L’art. 24, al primo comma, esclude il diritto di accesso innanzi tutto:
a) per i documenti coperti dal segreto di Stato, ai sensi delle vigenti
disposizioni di legge, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione
espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al
comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2.
Nella precedente formulazione, l’art. 24, nel dettare questa norma di
chiusura, faceva riferimento ai “documenti coperti da segreto o da divieto di
divulgazione altrimenti previsti dall’ordinamento”: in sostituzione di tale
generico riferimento, il legislatore del 2005, mentre da un lato limita i casi di
esclusione alle ipotesi tassative previste dalla legge, dall’altro amplia
potenzialmente lo spettro di tali ipotesi di segreto, prevedendo che le stesse
possano essere indicate, oltre che dalla legge, anche con i regolamenti
governativi
di
delegificazione
nonché
individuate
dalle
singole
amministrazioni86.
A tali materie, per le quali già il vecchio art. 24 prevedeva l’esclusione
del diritto di accesso, la legge n. 15/2005 ha espressamente aggiunto ulteriori
tre ipotesi, per cui l’accesso è escluso anche:
b) nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari
norme che li regolano;
86
Tra tali casi possono annoverarsi: il segreto industriale, il segreto commerciale, il segreto
professionale, il segreto epistolare, il segreto bancario, il segreto istruttorio, il segreto statistico.
Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 405.
44
c) nei confronti delle attività della PA dirette all’emanazione di atti
normativi,
atti
amministrativi
generali,
di
pianificazione
e
di
programmazione, che restano soggette alla loro disciplina particolare;
d) nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di
carattere psico-attitudinale relativi a terzi, nell’ambito di procedimenti
selettivi.
Nelle prime due ipotesi, di cui alle lettere b) e c) (documenti relativi ai
procedimenti tributari e documenti prodromici all’emanazione di atti
normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione)
l’accesso era in realtà precluso anche prima della riforma del 2005, per effetto
del rinvio operato dal vecchio art. 24 della l. 241/90, comma 6, all’art. 13 della
stessa normativa, mentre del tutto nuova risulta l’ultima previsione di cui alla
lettera d) (documenti contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale
relative a terzi, nei procedimenti selettivi).
In relazione alle prime due ipotesi va innanzi tutto segnalato che il divieto
d’accesso agli “atti preparatori” nel corso della formazione di atti generali o
normativi deve ritenersi non più operante una volta emanato il provvedimento
finale; e ciò nonostante la nuova formulazione sia meno univoca della
precedente e non faccia più esplicito riferimento a tali atti ma parli piuttosto di
“procedimenti tributari”. In sostanza, si tratta si divieti posti dalla legge ma non
in modo assoluto, in quanto temporalmente limitati alla definizione del
procedimento con l’adozione del provvedimento finale: più che di casi di
sottrazione all’accesso si tratterebbe propriamente di ipotesi di differimento87.
L’esclusione per legge dell’accesso ai documenti contenenti informazioni
psico-attitudinali di candidati a concorsi pubblici, ed a prove selettive in
generale (anche trasferimenti o promozioni) è stata invece introdotta ex novo
dalla legge n. 15/2005 e risponde verosimilmente alle istanze delle
87
Così F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 410.
45
Amministrazioni che, a tutela della riservatezza dei terzi, nei propri
regolamenti hanno sistematicamente inserito, tra gli atti non ostensibili, quelli
relativi a tali requisiti.
E’ chiaro che l’introduzione esplicita di una simile previsione in relazione
ai procedimenti selettivi introduce un filtro più difficilmente penetrabile dai
terzi interessati, ai quali, nei limiti definiti dal comma 7, dell’art. 24, in esame,
resta comunque garantito l’accesso quando questo sia necessario per la cura o
per la difesa dei propri interessi giuridici88.
Sull’inserimento dei documenti contenenti informazioni di tipo psicoattitudinale tra quelli sottratti tassativamente all’accesso la dottrina ha espresso
delle riserve, in quanto si ritiene sarebbe stato più opportuno applicare in tali
casi le norme relative al trattamento dei dati sensibili e sensibilissimi89.
Il comma 2 del nuovo articolo 24 riprende poi, con alcune differenze, il
dettato del vecchio comma 4, della stessa disposizione, prevedendo che «le
singole pubbliche amministrazioni individuano le categorie di documenti da
esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all’accesso
ai sensi del comma 1». Nella nuova formulazione la norma non parla più di
regolamenti; ciononostante è da reputarsi che lo strumento per l’individuazione
dei casi di esclusione non può che essere sempre il regolamento nella forma dei
decreti ministeriali, atteso che la finalità di rendere note le categorie di atti
sottratti all’accesso non può essere raggiunta attraverso provvedimenti aventi
efficacia meramente interna (quali ad es. le circolari). Inoltre l’art. 24 non pone
più l’obbligo per le singole amministrazioni di adottare i regolamenti in
questione e non fissa un limite temporale per la loro emanazione (prima era
previsto in sei mesi dalla entrata in vigore della legge n. 241)90.
88
Così F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 411. Contra, sembra invece,
C.TAGLIENTI, cit., VI^.1, secondo il quale la norma “rende però insuperabile il divieto, che la
normativa sulla riservatezza, per la protezione di dati analoghi, invece consente se la conoscenza del
documento è necessaria o indispensabile per la tutela dell’interesse del richiedente”.
89
In tal senso F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 411; analogamente
A.SANDULLI, L’accesso..., cit., p. 496.
90
Così F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 417.
46
Risulta tuttavia controverso il possibile contenuto di tali regolamenti, in
quanto dalla norma esso non appare ben delimitato:
Dalla lettura del combinato disposto dei commi 1 e 2 del nuovo art. 24,
sembra evincersi che le singole amministrazioni possono individuare categorie
di documenti da sottrarre all’accesso a tutela anche di altri interessi, oltre a
quelli a salvaguardia dei quali il vecchio comma 4, dell’art. 24 consentiva alle
amministrazioni di procedere alla esclusione dall’accesso (si trattava, in
particolare, della sicurezza, difesa nazionale e relazioni internazionali; politica
monetaria e valutaria; ordine pubblico, prevenzione e repressione dei reati;
riservatezza dei terzi, persone, gruppi ed imprese). Così interpretato, l’art. 24,
potrebbe dare adito a dubbi di legittimità costituzionale: non si rinvengono,
infatti, in relazione agli altri “casi di segreto o di divieto di divulgazione”
(di cui al comma 1, lett. a )
che le pubbliche amministrazioni possono
individuare, dei criteri direttivi (come invece è nel successivo comma 6), di
talchè la discrezionalità concessa alle singole amministrazioni nell’indicazione
delle categorie di documenti da sottrarre all’accesso potrebbe finire con il
vanificare la finalità di trasparenza sottesa a tutta la normativa in parola91.
Oltre alle ipotesi di esclusione individuate dalla legge (nel comma 1) o
dalle singole amministrazioni (comma 2), il comma 6 del nuovo art. 24 afferma
che ulteriori ipotesi di esclusione del diritto di accesso possono essere previste
con regolamento governativo cosiddetto “di delegificazione”, emanato nella
91
Così F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 418. A conclusioni simili,
pur partendo da premesse diverse (in particolare riferendo l’individuazione delle possibili categorie di
documenti sottratti all’accesso con regolamento delle singole amministrazioni alle sole materie
previste nel comma 1) sembra giungere anche A.SANDULLI, L’accesso..., cit., p. 497, quando
afferma che “si ha l’impressione, allora, che i regolamenti previsti dall’art. 24, co. 2, debbano servire
principalmente per individuare casi di documenti da sottrarre all’accesso perché segreti o non
divulgabili (e per fissare il periodo di tempo per il quale tali documenti siano da considerare segreti:
art. 24, co. 5). Se questo è il significato da attribuire alla disposizione, essa suscita qualche perplessità,
poiché sembra lasciata alle pubbliche amministrazioni, con atto normativo secondario, la valutazione
concernente la segretezza di un documento e la possibilità di divulgarne i contenuti, laddove tale
compito era dapprima assolto con fonte normativa primaria”.
47
forma del D.P.R. ai sensi del secondo comma dell' art. 17 1. 400/ 1988, per
salvaguardare92:
- la sicurezza, la difesa nazionale e le relazioni internazionali;
- la politica monetaria e valutaria;
- l'ordine pubblico e la prevenzione e repressione della criminalità;
- la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, giuridiche, gruppi,
imprese ed associazioni con particolare riferimento agli interessi di natura
epistolare, sanitaria, finanziaria, industriale e commerciale;
- l’attività in corso di contrattazione collettiva nazionale di lavoro e gli
atti interni connessi all’espletamento del relativo mandato.
La legge poi attribuisce però alla P.A. anche uno specifico potere
discrezionale (in relazione al quale si parla di “limiti facoltativi” all’accesso),
che le fonti secondarie possono disciplinare più dettagliatamente: il potere di
differire l'accesso ai documenti richiesti, ossia di negare l’accesso solo per un
periodo di tempo determinato, al fine di contemperare l’esigenza di conoscenza
degli atti amministrativi con l’esigenza di speditezza e di non intralcio
all’azione amministrativa93. In proposito si può osservare che il nuovo comma
4 dell’art. 24 disciplina il potere di differimento più genericamente di quanto
facesse in passato il vecchio comma 6, che condizionava l’esercizio del potere
di differimento alle ipotesi in cui la conoscenza del documento poteva
impedire o gravemente ostacolare lo svolgimento dell'azione amministrativa.
Non vi è dubbio quindi che, anche alla luce della nuova disciplina, i
regolamenti possano prevedere ipotesi specifiche di differimento, fissandone
però la durata: in tal caso non si configurerebbe un potere discrezionale in capo
alla P.A. procedente.
92
Si è giustamente osservato – cfr. A.SANDULLI, L’accesso..., cit., p. 497 – che la nuova
disposizione del comma 6, dell’art. 24, si presenta piuttosto confusa laddove stabilisce che con il
suddetto regolamento di delegificazione il Governo “può prevedere” casi di sottrazione all’accesso per
le esigenze di tutela ivi indicate, anziché “prevede”: non facendosi più menzione delle modalità di
esercizio del diritto di accesso cos’altro può contenere tale regolamento se non i casi di documenti
sottratti all’accesso? Né può ritenersi che lo stesso regolamento sia facoltativo, atteso che alla sua
emanazione è collegata l’entrata in vigore delle nuove disposizioni sull’accesso.
93
Cfr. F.CARINGELLA – R.GAROFOLI – M.T.SEMPREVIVA, cit., p. 402.
48
E’ infine previsto, come in precedenza, che la P.A. non possa negare
l’accesso ai documenti nelle ipotesi in cui sia sufficiente fare ricorso al potere
di differimento (art. 24, comma 4, come modificato dalla legge n. 15/2005).
Deve conclusivamente rilevarsi che il regolamento governativo di
attuazione emesso dopo la legge n. 15/2005, ed approvato con D.P.R. 12 aprile
2006, n. 184, non disciplina, tuttavia, i casi di esclusione e sostanzialmente
tiene in vigore l’art. 8 del precedente regolamento (D.P.R. n. 352/92), fino ad
emanazione di nuova disciplina; l’art. 8, peraltro, riporta esclusioni che sono
state poi recepite nella nuova formulazione della legge, esclusa l’ipotesi della
contrattazione collettiva, non presente nell’originario testo dell’art. 24, comma
2, e per la quale non esiste ancora la relativa norma di attuazione.
49
9. LE MODALITA DI ESERCIZIO DEL DIRITTO DI ACCESSO
Le modalità di esercizio sono disciplinate dai primi tre commi dell’art. 25 della
legge n. 241/90, che non risultano modificati dalla riforma del 2005, e dal
nuovo regolamento di attuazione contenuto nel D.P.R., 12 aprile 2006, n. 184,
in vigore dal 2 giugno 2006.
L’art. 25 apre stabilendo, innanzi tutto, che il diritto di accesso si esercita
mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministravi e che
l'esame dei documenti è gratuito, mentre per il rilascio di copia è dovuto
soltanto il rimborso del costo di riproduzione, oltre al pagamento
dell’eventuale imposta di bollo e dei diritti di ricerca e di visura.
L’art. 2 del regolamento, al comma 2, chiarisce poi che deve trattarsi di
documenti materialmente esistenti e detenuti dalla P.A. al momento della
richiesta, in quanto l’amministrazione non è tenuta ad elaborare dati in suo
possesso al fine di soddisfare la richiesta di accesso.
La richiesta, ai sensi del comma 2 dell’art. 25, deve essere motivata e
deve essere rivolta all’amministrazione che ha formato il documento o che lo
detiene stabilmente.
L’obbligo di motivazione si riconnette evidentemente alla possibilità di
verificare la sussistenza dei requisiti di legittimazione richiesti dalla legge per
l’accesso (sussistenza di
un interesse diretto, concreto ed attuale,
corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al
documento). La richiesta dovrà quindi indicare nel modo più preciso possibile
i documenti che si intende conoscere, poiché ciò consentirà di escludere un
inammissibile intento di controllo generale ed ispettivo sull’attività della
pubblica amministrazione, che invece potrebbe desumersi da una istanza
generica94.
94
Cfr. TAR Campania, Napoli, sez. V, 7 giugno 2007 n. 6021; TAR Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 20
marzo 2007, n. 81; TAR Lazio, sez. III, 1 febbraio 2007, n. 724.
50
Il destinatario della richiesta d’accesso che, come detto, l’art. 25, comma 2,
individua nell’«amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene
stabilmente», viene poi meglio precisato nel nuovo regolamento (riprendendo
peraltro la formulazione gia presente nel regolamento del 1992), nel senso che
esso deve individuarsi nell’«autorità competente a formare l’atto conclusivo o
a detenerlo stabilmente» (art. 2, comma 2, e art. 5, comma 1):
Le due norme sono solo apparentemente in contraddizione, ove si
consideri «che – di regola – il documento amministrativo (che non sia l’atto
conclusivo) non è un solitario stilita destinato a restarsene immobile, ma
l’anello di una catena procedimentale in movimento che si ferma con il
provvedimento conclusivo; e quindi è un atto intermedio che non è destinato a
sostare presso l’autorità che l’ha formato, ma a proseguire – appunto – verso
l’autorità competente a formare l’atto conclusivo, che è quella che alla fine lo
detiene stabilmente. Presso l’autorità che l’ha formato resta soltanto – al più –
la copia del documento; l’originale, che è l’esemplare al quale l’interessato ha
diritto ad accedere, sta esclusivamente presso l’autorità finale», e quindi non
c’è da stupirsi che la domanda d’accesso vada rivolta a quest’ultima95.
A seguito della presentazione della richiesta si apre un ordinario
procedimento amministrativo, al quale si applicheranno le regole generali in
materia di comunicazione dell’avvio, di individuazione di un’unità
organizzativa e di un funzionario responsabile.
In particolare, il nuovo regolamento per l’accesso prevede che la pubblica
amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti
controinteressati, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di
copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per
coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione. Entro dieci giorni
dalla ricezione di tale comunicazione, i controinteressati possono presentare
95
Così S.GIACCHETTI, Accesso «über alles»?, in Giornale di diritto amministrativo, n.9/2007,
p.1024-5, in replica ad A.SANDULLI, La casa dai vetri oscurati…, ivi, n.6/2007, il quale ipotizzava
potesse trattarsi di una “svista” del redattore del regolamento.
51
una motivata opposizione, anche per via telematica, alla richiesta di accesso.
Decorso tale termine, la pubblica amministrazione provvede sulla richiesta,
accertata la ricezione della comunicazione da parte dei controinteressati (art.3).
Le disposizioni sulle modalità di esercizio del diritto di accesso contenute
nel regolamento si applicano poi espressamente anche ai soggetti portatori di
interessi diffusi o collettivi (art. 4).
Il regolamento poi prevede due distinte procedure di accesso: una
procedura di accesso informale (art. 5) ed una procedura di accesso formale
(art. 6) a seconda che vi siano o non vi siano soggetti controinteressati96:
In particolare, qualora in base alla natura del documento richiesto non
risulti l'esistenza di controinteressati il diritto di accesso può essere esercitato
in
via
informale
mediante
richiesta,
anche
verbale,
all'ufficio
dell'amministrazione competente a formare l'atto conclusivo del procedimento
o a detenerlo stabilmente. Il richiedente deve indicare gli estremi del
documento oggetto della richiesta ovvero gli elementi che ne consentano
l'individuazione, specificare e, ove occorra, comprovare l'interesse connesso
all'oggetto della richiesta, dimostrare la propria identità e, ove occorra, i propri
poteri di rappresentanza del soggetto interessato. La richiesta, esaminata
immediatamente e senza formalità, è accolta mediante indicazione della
pubblicazione contenente le notizie, esibizione del documento, estrazione di
copie, ovvero altra modalità idonea. La pubblica amministrazione, qualora in
base
al
contenuto
del
documento
richiesto
riscontri
l'esistenza
di
controinteressati, invita l'interessato a presentare richiesta formale di accesso.
Ugualmente, qualora non sia possibile l'accoglimento immediato della
richiesta in via informale, ovvero sorgano dubbi sulla legittimazione del
richiedente, sulla sua identità, sui suoi poteri rappresentativi, sulla sussistenza
dell'interesse alla stregua delle informazioni e delle documentazioni fornite,
sull'accessibilità
96
del
documento
o
sull'esistenza
di
controinteressati,
Per un approfondimento delle problematiche connesse a questi ultimi si rinvia al paragrafo 4.
52
l'amministrazione invita l'interessato a presentare richiesta d'accesso formale,
di cui l'ufficio rilascia ricevuta97.
Il procedimento di accesso deve in ogni caso concludersi nel termine di
trenta giorni, decorrenti dalla presentazione della richiesta all'ufficio
competente.
Ove la richiesta sia irregolare o incompleta, l'amministrazione, entro
dieci giorni, ne dà comunicazione al richiedente con raccomandata con avviso
di ricevimento ovvero con altro mezzo idoneo a comprovarne la ricezione.
In tale caso, il termine del procedimento ricomincia a decorrere dalla
presentazione della richiesta corretta.
Responsabile del procedimento di accesso è il dirigente, il funzionario
preposto all'unità organizzativa o altro dipendente addetto all'unità competente
a formare il documento o a detenerlo stabilmente.
L'atto di accoglimento della richiesta di accesso contiene l'indicazione
dell'ufficio, completa della sede, presso cui rivolgersi, nonché di un congruo
periodo di tempo, comunque non inferiore a quindici giorni, per prendere
visione dei documenti o per ottenerne copia98.
97
Si è osservato – cfr. A.SANDULLI, op. ult. cit. – che le consistenti tutele per i controinteressati
introdotte con il regolamento del 2006, in linea con la riforma del 2005, hanno di fatto determinato la
scomparsa dell’accesso informale, meritorio istituto introdotto con il regolamento del ’92, e tuttavia
sempre scarsamente applicato ed aggirato dalle pubbliche amministrazioni in quanto costringe il
responsabile del procedimento a prendere una decisione in tempi rapidissimi, interloquendo con il
cittadino (con conseguente responsabilità risarcitoria in caso di omissioni od errori nell’individuazione
di eventuali controinteressati all’accesso). D’altra parte, nella predisposizione del regolamento, si è
ritenuto – cfr. S.GIACCHETTI, op. ult. cit. – che il conseguente modesto ritardo nel soddisfacimento
dell’interesse dell’accedente fosse un prezzo “congruo” da pagare per assicurare un giudizio conforme
alla Costituzione; la doverosa introduzione della tutela degli eventuali controinteressati, nel rispetto del
principio costituzionale del contraddittorio implica, infatti, che questi siano quanto meno messi in
grado di conoscere la domanda di accesso e di opporsi ad essa, anche se ciò comporta inevitabilmente
un rallentamento dell’accesso.
98
Dubbi sono stati sollevati in dottrina –cfr. A.SANDULLI, op. ult. cit. – in relazione alla previsione
di un termine per l’esercizio del diritto di accesso: in particolare non è chiaro se l’amministrazione
possa legittimamente negare l’accesso al richiedente che si rechi a prendere visione ed estrarre copia
dopo la scadenza del congruo temine fissato dall’amministrazione. In tal caso si tratterebbe di un
diritto esercitabile“a tempo”. Si ritiene quindi sarebbe stato meglio elidere il riferimento a tale termine.
Un ulteriore dubbio è stato poi sollevato dall’Autore in relazione all’utilizzo della particella “o”,
anziché di quella “e”, che sembrerebbe implicare una modalità alternativa, quando invece la
giurisprudenza è concorde nel ritenere che affinché il diritto di accesso sia soddisfatto, occorre che sia
congiuntamente garantita la presa visione e l’estrazione di copia. E’ stato tuttavia chiarito –
cfr. S.GIACCHETTI, op. ult. cit. – che l’espressione utilizzata vuole in realtà rimettere una facoltà di
53
L'accoglimento della richiesta di accesso a un documento comporta anche
la facoltà di accesso agli altri documenti nello stesso richiamati e appartenenti
al medesimo procedimento, fatte salve le eccezioni di legge o di regolamento.
L'esame dei documenti avviene presso l'ufficio indicato nell'atto di
accoglimento della richiesta, nelle ore di ufficio, alla presenza, ove necessaria,
di personale addetto.
I documenti sui quali è consentito l'accesso non possono essere asportati
dal luogo presso cui sono dati in visione, o comunque alterati in qualsiasi
modo.
L'esame dei documenti è effettuato dal richiedente o da persona da lui
incaricata, con l'eventuale accompagnamento di altra persona di cui vanno
specificate le generalità, che devono essere poi registrate in calce alla richiesta.
L'interessato può prendere appunti e trascrivere in tutto o in parte i documenti
presi in visione.
Qualora invece la risposta dell’amministrazione sia negativa, ovvero
rifiuti l'accesso, totalmente o parzialmente, o lo differisca, essa andrà motivata
con specifico riferimento alla normativa vigente, alla individuazione delle
categorie di cui all’art. 24 della legge ed alle circostanze di fatto che rendono
non accoglibile la richiesta così come proposta (art. 25, comma 3, non
modificato dalla legge n. 15/2005, ed art. 9, comma 1, D.P.R. n. 184/06).
Il diniego all’accesso potrebbe tuttavia anche essere tacito, infatti legge al
quarto comma dell’art. 25 prevede un’ipotesi di silenzio significativo
qualificabile come silenzio-rigetto (rectius silenzio-diniego), sancendo che
«decorsi trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta», con la
conseguenza che l'interessato, al pari dell’ipotesi di diniego espresso, potrà
attivare il rimedio giurisdizionale del ricorso al Tar (senza bisogno di alcun
atto di diffida e messa in mora dell' amministrazione), oltre agli altri rimedi
giustiziali previsti dallo stesso quarto comma.
scelta in capo al richiedente, il quale una volta visionato il documento potrebbe non ritenerlo utile e
quindi decidere di non estrarne copia.
54
10. LA TUTELA DEL DIRITTO DI ACCESSO
Il nuovo regolamento generale in materia di accesso (d.P.R. n. 184 del 2006)
disciplina in maniera sostanzialmente identica al precedente i possibili esiti
espressi del procedimento di accesso (artt. 7 e 9):
La risposta dell’amministrazione potrà quindi essere, di accoglimento
della richiesta (art. 7) oppure di non accoglimento della richiesta (art. 9).
Il non accoglimento, in particolare, secondo la norma da ultimo indicata,
si può concretizzare in un provvedimento espresso di “rifiuto”, ovvero di
“accoglimento parziale” (ossia “limitato” ad alcuni documenti soltanto),
ovvero di “differimento”, ove la conoscenza, al momento della richiesta, dei
documenti
possa
impedire
o
ostacolare
lo
svolgimento
dell’azione
amministrativa. Lo stesso art. 9 stabilisce che in tutte le ipotesi di non
accoglimento (integrale) o di differimento della richiesta, se vi è stato
procedimento di accesso formale, il provvedimento va motivato da parte del
responsabile del procedimento.
Ma, come si è visto, la legge prevede anche che il diniego
dell’amministrazione alla richiesta di accesso possa intervenire in maniera
tacita: si legge infatti al comma 4 dell’art. 25 della l. n. 241/90 che «decorsi
trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta» (silenzio-diniego).
Le tutele per il richiedente l’accesso nei confronti delle determinazioni
negative dell’amministrazione, sono previste nello stesso comma 4 e nei
commi 5, 5-bis e 6 dell’art. 25, e nell’art. 12 del DPR n. 184/06.
In particolare, nel caso di diniego dell’accesso, espresso o tacito, il
richiedente potrà chiedere tutela in via giustiziale (cioè amministrativa) e in via
giurisdizionale99. Nel primo caso organi competenti sono il Difensore Civico o
99
Per la dottrina prevalente il silenzio-tacito, al pari degli altri tipi di silenzio e al pari del diniego
esplicito, si atteggia a mero fatto di legittimazione processuale, posto che il giudizio o il procedimento
giustiziale non è diretto tanto alla verifica della legittimità del provvedimento quanto piuttosto alla
valutazione della fondatezza dell’istanza. Naturalmente, l’esercizio delle tutele possibili va esercitato
nel termine decadenziale, anche qualora sia da qualificarsi “diritto” la possibilità di accesso ai
55
la Commissione per l’accesso a seconda della natura dell’Autorità che non ha
consentito l’accesso; nel secondo caso competente è il giudice amministrativo
in via esclusiva.
Le novità principali riguardano la tutela giustiziale, cioè i ricorsi
amministrativi, in quanto in precedenza vi era la sola possibilità di ricorso al
difensore civico, introdotto nel tessuto originario della L. 241/90 con la legge
n. 340/00; il Legislatore del 2005, definisce meglio la competenza del
difensore civico e gli affianca quale ulteriore organo amministrativo la speciale
Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi
100
, istituita con l’art.
27, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, precisa poi espressamente i
termini del procedimento, configura il rapporto tra la Commissione ed il
Garante della privacy, individua la valenza della decisione giustiziale rispetto
all’Amministrazione richiesta dell’accesso101.
documenti amministrativi. Tuttavia, la possibilità per l’amministrazione di esprimersi legittimamente
attraverso una decisione silenziosa, pur non consentendo al ricorrente di impugnare il silenzio in
quanto tale, gli permette di portare il giudice alla valutazione della pretesa, a prescindere dalla
motivazione fornita, anche in presenza di un diniego tacito. Sicché, tutto sommato, le due forme di
determinazione dell’amministrazione finiscono con equivalersi ai fini della tutela. Cfr. G.P.CIRILLO,
Il nuovo sistema…, cit., par. 3.III.
100
Una delle tante novità introdotte dalla L. 15/05 nell’articolato originario della L. 241 è costituita
dalla riforma della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi. La Commissione era stata
inizialmente istituita, sul modello della Commission d’Accéss aux documents administrativs, con
compiti essenzialmente di vigilanza sulla corretta attuazione dei principi in materia di accesso;
a differenza di quanto previsto per la “sorella” francese, invece, non era attribuito alla Commissione
alcun potere paragiurisdizionale. Ebbene, la riforma del 2005, riscrivendo l’articolo 27, ha proprio
agito su questo fronte consentendo alla Commissione un ruolo più attivo proprio in materia di tutela
dei diritti dei richiedenti l’accesso.
La commissione è istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, è nominata con decreto del
Presidente del Consiglio, è composta di dodici membri oltre al sottosegretario di Stato alla Presidenza
del Consiglio dei Ministri, che la presiede, e dura in carica tre anni.
Quanto ai compiti, oltre a quelli in tema di attività giustiziale, può dirsi che alla luce della riforma la
Commissione possiede i seguenti compiti: vigila sulla piena attuazione del principio di conoscibilità
degli atti amministrativi; redige una relazione annuale sulla trasparenza nell’attività della pubblica
amministrazione; propone al Governo modifiche alle leggi e ai regolamenti al fine di realizzare la più
ampia tutela del diritto d’accesso; può chiedere informazioni e documentazione a tutte le
amministrazioni; è organo sostitutivo per l’adozione delle misure organizzative idonee a garantire
l’applicazione delle disposizioni in materia di autocertificazione e di presentazione di atti e documenti,
ai sensi dell’articolo 18 della L. 241.
Nonostante la modifica, che indubbiamente arricchisce di compiti la Commissione, la prevalente
dottrina, esclude che possa riconoscersi natura di Authority indipendente alla Commissione stessa.
101
Ad avviso di C.TAGLIENTI, cit., VI^.2, uno dei motivi che ha indotto il legislatore a prevedere un
organo facente capo al Governo per i dinieghi delle amministrazioni statali, è costituito dalle frequenti
resistenze opposte al difensore civico da prefetture e questure che, in base alla sentenza della Corte
Costituzionale 6 aprile 2004, n. 112 (che ha circoscritto, in caso di omissione di atti obbligatori per
56
Il ricorso amministrativo andrà quindi presentato al difensore civico
territorialmente competente, per gli atti negativi emessi dagli enti territoriali
(regioni province e comuni), ed alla Commissione per l’accesso, per gli atti
negativi delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato102.
La norma precisa anche che laddove il difensore civico non sia costituito
la competenza transita automaticamente in quello competente per l’ambito
territoriale immediatamente superiore.
Quanto al procedimento da seguirsi da parte degli Organi sopra indicati,
esso non presenta differenze: il difensore civico e la Commissione per
l’accesso devono pronunciarsi sull’istanza entro il termine di 30 giorni, scaduto
infruttuosamente tale termine il ricorso si intende respinto (trattasi di
un’ulteriore ipotesi di silenzio-rigetto).
Quindi:
- se la pronuncia è di rigetto o nel termine non vi è pronuncia (silenzio-rigetto)
il ricorrente potrà comunque presentare ricorso al TAR avverso l’originario
diniego (espresso o tacito) della pubblica amministrazione, entro 30 giorni dal
ricevimento dell’esito dell’istanza103;
legge, l’esercizio del potere sostitutivo agli organi di governo), sostenevano il venir meno del potere
del difensore civico.
102
Sembra restino fuori tutte le altre amministrazioni individuabili come legittimate passivamente
all’accesso; nel precedente testo non vi era alcuna individuazione dei soggetti passivi. Peraltro il
Consiglio di Stato ha affermato che non vi sono motivi per escludere il diniego di accesso dall’ambito
dei ricorsi gerarchici (Sez. VI, 27 maggio 2003, n. 2938), in quanto il ricorso gerarchico è considerato
un rimedio di carattere generale previsto dall’ordinamento; mentre è stato senz’altro escluso il ricorso
straordinario al Capo dello Stato per la specialità del rimedio previsto dall’art. 25 cit. e per
l’incompatibilità di detto rimedio con un giudizio di tipo meramente annullatorio (C. di S. sez. I, 13
novembre 1996, n. 2404/1996 e 31 luglio 2002, n. 489/02; sez. III, 26 febbraio 2002, n. 1723/02).
Secondo alcuni comunque per gli enti non individuati dalla legge (né Stato, né enti territoriali)
dovrebbe aversi riguardo all’ente territoriale di riferimento, e quindi difensore civico, pena
l’incostituzionalità della disposizione. Cfr. C.TAGLIENTI, cit., VI^.2.
103
Il rapporto tra la decisione sul ricorso ex art. 25 e la successiva azione giurisdizionale è stato
recentemente chiarito da TAR Lazio, Sez. I, 5 maggio 2008, n. 3675, nel senso che il trasferimento in
sede giurisdizionale di una controversia instaurata in sede gerarchica può avvenire solo quando il
procedimento giustiziale sia stato correttamente instaurato, ciò discendendo dalla necessità di evitare
facili elusioni del termine decadenziale previsto per l’esercizio dell’azione innanzi al giudice. Tale
principio è applicabile anche all’actio ad exhibendum in quanto, come chiarito da Cons. Stato, Ad.
plen., 18 aprile 2006, n. 6, la natura impugnatoria del relativo ricorso prescinde dalla natura della
situazione giuridica soggettiva sottostante. Una volta verificata la rituale introduzione del rimedio
amministrativo, non sembrano sussistere ostacoli alla cognizione diretta da parte del giudice anche
dell’originario provvedimento impeditivo dell’accesso se la relativa domanda faccia parte del petitum.
57
- se la pronuncia è di accoglimento ovvero se il difensore civico o la
Commissione per l'accesso ritengono illegittimo il diniego o il differimento, ne
informano il richiedente e lo comunicano all'autorità disponente: se questa non
emana un provvedimento confermativo motivato entro trenta giorni dal
ricevimento della comunicazione l'accesso è consentito (trattasi in questo caso
di un’ipotesi di silenzio-assenso)104.
Dunque, a seguito di decisione di accoglimento dell’istanza presentata dal
ricorrente, l’accesso è consentito solo se l’amministrazione rimane silente
(silenzio significativo con valore di assenso), altrimenti la pubblica
amministrazione attraverso un provvedimento confermativo del precedente può
rendere vano l’intero procedimento giustiziale esperito: è quindi palese che la
mancata attribuzione di efficacia esibitoria alla pronuncia giustiziale potrebbe
comportare il fallimento della stessa (con conseguente preferenza per il ricorso
diretto al giudice amministrativo), tuttavia si è osservato che, di fatto, almeno
nel caso dei ricorsi accolti dalla Commissione, le amministrazioni si sono
104
La natura di tale pronuncia giustiziale è chiarita da G.P.CIRILLO, Il nuovo sistema…, cit., par.
5.VI.: « Ad una prima lettura sembra trattarsi più che di una decisione in senso tecnico, di una sorta di
“invito” ad aprire un procedimento di riesame che, se non si conclude con una “conferma” motivata
del diniego originario (espresso o tacito), ha l’effetto, non di annullamento, ma quello più specifico di
consentire l’accesso; cosa che si avvicina di molto all’ordine “di esibizione dei documenti richiesti”
propria del rito speciale previsto in sede di ricorso giurisdizionale. Sicché la norma va interpretata, a
ben vedere, proprio perché si tratta comunque di una decisione amministrativa in senso tecnico, non in
funzione del possibile effetto ulteriore, ossia della eventuale conferma espressa dell’amministrazione,
bensì in funzione dei suoi effetti immediati. Essi sono quelli propri del procedimento contenzioso, che
si sostanzia nella soluzione della lite in senso tecnico, attraverso l’esame della fondatezza della pretesa
del ricorrente in contraddittorio con l’amministrazione e l’eventuale controinteressato. L’effetto
immediato del tipo di procedimento in esame non è quindi l’annullamento dell’atto, ma l’accoglimento
della specifica richiesta del ricorrente, ossia l’esibizione degli atti o il differimento della richiesta. Solo
così si spiega il significato dell’espressione “l’accesso è consentito”. Esso presuppone un vero e
proprio esame di merito, che si conclude con una decisione che elimina ogni margine di discrezionalità
all’amministrazione, in cui il suo potere di ottemperanza è fissato dal dispositivo della decisione, e che,
alla fin fine, è meno largo di quello susseguente alla decisione di annullamento. In altri termini, la
decisione di accoglimento ha l’effetto immediato di consentire l’accesso e l’effetto, ulteriore ed
eventuale, di consentire l’apertura del procedimento di riesame». Sulla controversa natura del rimedio
amministrativo introdotto dall’art. 25 della L.241/90, si è recentemente pronunciato TAR Lazio, Sez. I,
5 maggio 2008, n. 3675, aderendo alla tesi maggioritaria secondo la quale si tratterebbe di un ricorso
gerarchico improprio. In tal senso si era precedentemente espresso anche C.d S. sez. VI, 27 maggio
2003, n. 2938.
58
sempre attenute alle decisioni di quest’ultima, per cui, a dispetto di quel che si
temeva, esse risultano tutt’altro che “carenti di effettività”105.
In ogni caso, il rimedio giustiziale innanzi al difensore civico o alla
Commissione per l’accesso è facoltativo (ma gratuito, a differenza di quello
giurisdizionale) ed ha un evidente scopo deflativo dei contenziosi dinanzi al
giudice amministrativo che continuano ad essere sempre molto numerosi106.
Per il ricorso giurisdizionale contro il diniego all’accesso l’art. 25,
comma quinto, prevede un procedimento camerale speciale e semplificato che
si chiude con una decisione qualificabile come sentenza. In particolare il
procedimento si caratterizza per il dimezzamento dei termini per la
presentazione del ricorso rispetto al rito ordinario (30 giorni in luogo di 60),
che vengono sospesi in caso di ricorso giustiziale, il TAR dovrà poi decidere
sul ricorso in camera di consiglio entro trenta giorni dalla scadenza del termine
per il suo deposito. La decisione sarà successivamente appellabile entro i
successivi trenta giorni al Consiglio di Stato, il quale decide con le stesse
modalità e gli stessi termini.
In caso di accoglimento totale o parziale del ricorso, il giudice
amministrativo ordina l’esibizione dei documenti richiesti (art.25,comma 6)107.
Novità introdotta dalla novella del 2005, per evidenti ragioni di economia
processuale, è la possibilità di inserire, in via incidentale, il rito dell’accesso
all’interno di un ricorso ordinario già pendente: in questo caso, il ricorso per
105
Cfr. S.GIACCHETTI, op. cit., p.1025, il quale ha inoltre evidenziato che nel primo semestre di
operatività (28 giugno – 31 dicembre 2006) la Commissione ha deciso n. 125 ricorsi ed ha rilasciato
n.47 pareri su vari quesiti ed istanze, nonché su regolamenti per l’accesso di singole amministrazioni,
mentre nel secondo semestre di attività ha deciso 150 ricorsi ( dei quali quelli accolti rappresentano
oltre il triplo rispetto a quelli respinti) ed ha rilasciato n.88 pareri, ed il numero di richieste di
pronunzia rivolte alla Commissione è in ulteriore aumento.
106
E’ da rilevare la recente affermazione della giurisprudenza per la quale l’amministrazione deve
essere condannata al pagamento delle spese di giudizio se comunica l’accoglimento dell’istanza
d’accesso dopo la presentazione del ricorso giurisdizionale (TAR Marche, 24 maggio 2007, n. 388).
107
La mancata tempestiva impugnazione del diniego o del silenzio determina l’inammissibilità del
ricorso e l’impossibilità di reiterare la medesima istanza se non è stata contestata giudizialmente la
precedente risposta negativa; una nuova istanza di accesso sarà ammissibile solo per fatti nuovi,
sopravvenuti o meno, non rappresentati nell’originaria istanza o anche a fronte di una diversa
prospettazione dell’interesse giuridicamente rilevante (cfr. TAR Sicilia, Catania, sez. III, 26 giugno
2007, n. 1110; TAR Lombardia, Milano, sez. I, 19 aprile 2007, n. 1875; TAR Abruzzo, L’Aquila, sez.
I, 20 marzo 2007, n. 81).
59
l’accesso può essere proposto con istanza presentata al presidente del tribunale
e depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso
principale, previa notifica all'amministrazione o ai controinteressati, e viene
deciso con ordinanza istruttoria adottata in camera di consiglio.
Alla riforma del 2005 risale anche l’attribuzione delle controversie
relative all’accesso ai documenti alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo (L. n.80/05 che ha aggiunto tale previsione alla fine del comma
5 dell’art. 25)
Sempre in un ottica di semplificazione, la riforma del 2005 nei giudizi in
materia di accesso, ha confermato la possibilità (già introdotta dalla L. n.
205/00) per le parti di stare in giudizio personalmente, senza l’assistenza del
difensore; mentre l’Amministrazione resistente può essere rappresentata e
difesa da un proprio dipendente, purché in possesso della qualifica di dirigente
ed autorizzato dal rappresentante legale dell'ente (art. 25, comma 5-bis).
E’ previsto poi un incrocio di pareri tra Commissione e Garante per i dati
personali, per i rispettivi provvedimenti di competenza nel caso in cui si tratti
di accesso riguardante appunto la riservatezza di terzi; incrocio che non è
previsto per il difensore civico, ma che si ritiene debba valere anche per
esso108.
Il regolamento del 2006 prevede all’art. 12 una articolata disciplina del
ricorso alla Commissione, che si applica, per quanto compatibile, anche al
ricorso al difensore civico (comma 10).
La principale questione che l’indicato regolamento risolve è quella
relativa alla tutela del controinteressato, il quale viene del tutto equiparato al
ricorrente principale, essendogli non solo garantita una effettiva partecipazione
al provvedimento susseguente alla richiesta (art. 3), ma anche la possibilità di
azionare i procedimenti giustiziali ogni qual volta vi sia una decisione di
accoglimento del ricorso giustiziale (art. 12, comma 1).
108
Cfr. V.CERULLI IRELLI, Osservazioni generali …, cit, p.5.
60
Rimane dubbio se possa azionare lo speciale rito di cui all’art. 25, comma
4, dato che in esso si fa riferimento al solo “richiedente”. Tuttavia l’art. 12 del
regolamento consente anche al controinteressato la possibilità di ricorrere alla
Commissione “avverso le determinazioni che consentono l’accesso”. Sicché
sarebbe strano che ciò sia consentito in sede giustiziale e, invece, non lo sia in
sede giurisdizionale109.
109
Così G.P.CIRILLO, Il nuovo sistema…, cit., par. 5.IV.
61
11. OSSERVAZIONI CONCLUSIVE
La disciplina generale sul procedimento amministrativo e sull’accesso ai
documenti amministrativi introdotta per la prima volta con la legge n. 241/90
ha rappresentato una normativa dal fortissimo impatto innovativo, tracciando le
linee direzionali per una radicale trasformazione del rapporto tra cittadino e
pubblica amministrazione, dove al sistema autoritario e della separazione dei
ruoli si sostituisce un rapporto paritario, di democrazia procedimentale, in cui
l’apporto del privato è visto non come un ostacolo ma come un ausilio al
corretto svolgimento dell’azione pubblica, con il conseguente abbandono del
tradizionale segreto e la sua sostituzione con principi generali di pubblicità e
trasparenza dell’attività amministrativa.
In tale quadro, un ruolo fondamentale nella realizzazione dei principi
costituzionali della sovranità popolare, dell’imparzialità e del buon andamento
della pubblica amministrazione va senz’altro riconosciuto all’affermazione del
diritto d’accesso ai documenti amministrativi.
La riforma introdotta introdotta con la legge n. 15/2005 ha avuto una
portata innovativa più modesta, recando per lo più una codificazione di principi
giurisprudenziali e dottrinari consolidatisi nel corso del tempo.
Tra l’altro, mentre la legge n. 241/90 guardava principalmente al
cittadino, mirando a costruire attorno ad esso una rete di garanzie e di
facilitazione dei rapporti con le pubbliche amministrazioni, le poche misure
della legge n. 15/2005 che hanno innovato rispetto al precedente panorama
normativo e giurisprudenziale non sembrano andare verso questa direzione,
ma
paiono,
al
contrario
guardare
ai
problemi
dall’angolazione
dell’amministrazione, erodendo gli spazi di garanzia e di trasparenza e
limitando i doveri di responsabilità delle pubbliche amministrazioni110.
110
Cfr. A.SANDULLI, Verso la codificazione della disciplina amministrativa? in Giornale di diritto
amministrativo, n.6/2006.
62
Un esempio di ciò può rinvenirsi proprio nella disciplina dell’accesso ai
documenti amministrativi dove in ordine alla legittimazione ad accedere
nessun passo in avanti è stato compiuto rispetto all’originaria stesura: anzi, si è
prodotto forse un arretramento poiché alla meno preclusiva locuzione
«chiunque sia titolare di una situazione giuridicamente rilevante» si è
sostituita la più stringente formula «tutti i soggetti privati … che abbiano un
interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione
giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso».
Tale formulazione pur traducendo in sostanza buona parte degli orientamenti
giurisprudenziali, appare “potenzialmente più restrittiva” rispetto alla
precedente, sia in riferimento alla valutazione relativa alla concretezza ed
all’attualità dell’interesse, che alla sostituzione, in relazione alla situazione
giuridica, del termine “rilevante” con quello “tutelata”111.
Analoga previsione è attualmente contenuta nell’art. 2 del nuovo
regolamento per l’accesso approvato con il DPR n. 184/06, con l’unica
variante della riproposizione del termine «chiunque» in luogo di «tutti i
soggetti privati».
Pertanto colui che richiede l’accesso ai documenti amministrativi deve
necessariamente trovarsi in una posizione differenziata costituita dalla titolarità
di una situazione giuridica protetta dall’ordinamento.
È evidente che siamo lontani da quel processo graduale di apertura verso
una piena estensione della legittimazione ad accedere auspicato dalla
Commissione Nigro112 e dalla stessa legge del 1990, se dopo quasi un
ventennio, in evidente distonia con la disciplina comunitaria e con la normativa
di altri paesi europei, il legislatore ha ritenuto opportuno restringere, almeno
formalmente, le maglie dell’accesso con una più preclusiva formulazione della
situazione giuridica sottesa al desiderio di ostensione.
111
Così A.SANDULLI, L’accesso..., cit., p. 494.
Che nell’originario disegno di legge riconosceva la titolarità del diritto di accesso a «tutti i
cittadini», con ciò intendendo dar foggia ad una vera e propria azione popolare.
112
63
A riguardo, è stato giustamente rilevato che essendo la scelta di ampliare
la sfera delle garanzie per i privati rimessa all’autonoma decisione di regioni ed
enti locali (artt. 22, c.2, e 29, c.2), “i nuovi confini della legittimazione ad
accedere sono affidati alle spinte provenienti dal basso”113.
È evidente che la limitazione della sfera dei soggetti legittimati ad
accedere ai documenti amministrativi, contenuta nel nuovo art. 22 della legge
n. 241/90, è destinata ad incidere negativamente sul conseguimento
dell’obiettivo della trasparenza amministrativa.
Difatti, la piena attuazione di tal fine implica l’esercizio di un controllo
democratico da parte della generalità dei cittadini sull’operato dei soggetti
pubblici. Di conseguenza, l’attribuzione del diritto di accesso ai soli titolari di
situazioni giuridicamente tutelate limita in modo significativo, nonostante gli
sforzi estensivi della giurisprudenza, la “democraticità” del controllo e in
ultima analisi la piena attuazione del principio della trasparenza.
Resta tuttavia irrinunciabile, onde prevenire la paralisi dell’attività e degli
uffici delle pubbliche amministrazioni subissate da innumerevoli richieste, la
necessità di ancorare l’esercizio di tale diritto ad un interesse che sia personale,
attuale, concreto, serio, non emulativo e non riconducibile a mera curiosità.
Occorre inoltre considerare che l’esercizio del diritto di accesso ai
documenti amministrativi può determinare un vulnus al diritto alla riservatezza
dei terzi coinvolti nel documento, diritto anch’esso costituzionalmente tutelato
(art. 2 Cost.), e che l’esigenza di tutela della privacy negli ultimi anni è
divenuta in generale via via più sentita all’interno della nostra società (si pensi
ad esempio al potenziale offensivo arrecato dalle nuove tecnologie, alla
diffusione dei sistemi di videosorveglianza nelle città e negli uffici, pubblici e
privati, alle intercettazioni telefoniche e telematiche abusive, ecc.).
Tale esigenza di tutela, in relazione all’enorme patrimonio di dati e
documenti detenuto dalla pubblica amministrazione per fini istituzionali, fino
113
Così A.SANDULLI, L’accesso..., cit., p. 494.
64
al 1990 sostanzialmente non si poneva, essendo tale attività caratterizzata dalla
riservatezza e dal segreto. Essa è invece divenuta imprescindibile in seguito
all’apertura della P.A. verso l’esterno ed alla previsione del diritto di accesso ai
documenti amministrativi.
È quindi da accogliere con favore il tentativo del legislatore di fornire,
seppur
cristallizzando
precedenti
orientamenti
giurisprudenziali,
all’amministrazione ed al giudice un parametro legale di riferimento nel
difficile bilanciamento dei contrapposti interessi alla conoscenza ed alla
riservatezza, prevedendo che nel caso di documenti contenenti dati sensibili o
giudiziari relativi a terzi l’accesso vada concesso «nei limiti in cui sia
strettamente indispensabile», e nei termini previsti dall’art. 60 del Codice della
privacy, ovvero tenendo conto, nel caso concreto, del rango degli interessi
contrapposti, nel caso di documenti contenenti dati ultrasensibili (salute, vita
sessuale, dati genetici). All’accesso viene comunque riconosciuta una generale
preminenza qualora esso sia necessario per curare o difendere i propri interessi
giuridici (art. 24, c. 7). Sull’inidoneità di tale parametro a rappresentare una
reale perimetrazione del diritto d’accesso, e di converso a tutelare quello alla
riservatezza, si è già detto nel corso della trattazione.
Doverosa appare poi, in ossequio ai principi costituzionali della difesa e
del contraddittorio, la tutela dei controinteressati introdotta con la legge di
riforma e prima del tutto assente, sebbene questa determini un inevitabile
rallentamento dell’accesso ed una notevole restrizione alla possibilità di
accedere in via informale.
Da rimarcare positivamente è anche l’estensione dell’ambito di
operatività del diritto d’accesso anche all’attività privata di pubblico interesse,
attraverso
una
formulazione
ampia
della
definizione
di
“pubblica
amministrazione” rilevante ai fini della normativa sull’accesso (art. 22, c.1,
lett.d).
65
Si è tuttavia evidenziato in dottrina che “per quanto riguarda la
trasparenza amministrativa, si è persa l’occasione di passare dal diritto
d’accesso ai documenti alla pubblicità delle informazioni”114 come è avvenuto
ad esempio negli ordinamenti anglosassoni (USA e Regno Unito) e scandinavi
dove sono state introdotte discipline che tutelano la libertà di informazione
nell’ottica dell’open government, e cioè della massima pubblicità delle
informazioni, grazie anche ad un consistente processo di innovazione
tecnologica, e come pure sta avvenendo in altri paesi dell’Europa occidentale e
nello stesso ordinamento comunitario che si sono mossi in direzione
dell’ampliamento delle forme di accesso, da noi registratosi solo in materia
ambientale dove chiunque può chiedere di accedere alle relative informazioni
senza che debba dichiarare il proprio interesse. Inoltre nel nostro sistema
oggetto dell’accesso permane il documento, anziché le informazioni in esso
contenute, con l’implicazione che l’amministrazione non è tenuta a compiere
elaborazioni sui dati richiesti115.
Partendo da queste ultime osservazioni può però osservarsi, innanzi tutto,
che in materia ambientale le informazioni hanno di regola natura obiettiva, non
attengono a dati personali ed interessano in via diretta ed immediata l’intera
collettività, per cui in materia ambientale è difficile ipotizzare situazioni di
controinteresse giuridicamente tutelabili (un’apertura analoga potrebbe
ipotizzarsi per le informazioni sanitarie, e specialmente per quelle di carattere
farmaceutico)116. Inoltre, il fatto che l’amministrazione non sia tenuta a
compiere elaborazioni sui dati richiesti non và visto in termini necessariamente
negativi: infatti, a parte la considerazione che l’elaborazione presupporrebbe
una totale informatizzazione degli archivi amministrativi (dalla quale la P.A.
italiana, nonostante gli sforzi, e tranne alcune eccezioni, risulta ancora molto
114
Così B.G.MATTARELLA, in Le dieci ambiguità della legge n. 15 del 2005, in Giornale di diritto
amministrativo, n.8/2005, p. 822.
115
Così A.SANDULLI, La casa dai vetri oscurati: i nuovi ostacoli all’accesso ai documenti, in
Giornale di diritto amministrativo, n.6/2007.
116
Così S.GIACCHETTI, Accesso «über alles»?, in Giornale di diritto amministrativo, n.9/2007,
p.1024 e p.1026.
66
lontana), va tenuto presente che l’elaborazione può comportare un notevole
impegno in termini di tempo e di costo ed una responsabilità circa l’esattezza
dei dati forniti, e che la legge vigente prevede che l’accedente sia tenuto a
sostenere soltanto il costo vivo di ricerca e riproduzione dei documenti. Sicchè
l’amministrazione potrebbe trovarsi gravata da una serie di “oneri impropri”
che verrebbero inevitabilmente a gravare sui rispettivi contribuenti (a meno di
non prevedere un compenso a parte per l’elaborazione dei dati), e non sembra
che attualmente le amministrazioni siano in grado di permetterselo117.
Quanto alla critica principale, relativa al mancato raggiungimento di una
piena e completa trasparenza amministrativa si è osservato che “la generosa
aspirazione per una casa di vetro in cui dovrebbe vivere ed operare la pubblica
amministrazione è l’aspirazione naturale di ogni sincero democratico” tuttavia
essa rappresenta “una meta ideale a cui tendere, ma con la consapevolezza che
si tratta di una meta irraggiungibile, come una sorta di arcobaleno della
democrazia: perché pure nelle case più per bene esistono stanze in cui è buona
regola non entrare senza aver chiesto prima permesso e in cui comunque non è
opportuno collocare l’occhio del grande fratello”118.
«E questo perchè non va dimenticato che l’accesso è in sostanza un’arma:
e come tutte le armi può essere usata per un fine personale (di tutela dei propri
interessi giuridici) coincidente con il suo fine istituzionale (contribuire ad
aumentare il tasso di democrazia reale all’interno di un determinato aggregato
sociale, come in sostanza prevede l’art. 22, c. 2, della legge n. 241/1990); ma
può anche essere usata per un fine personale (raccolta di notizie altrui per
motivi che possono spaziare dal gossip allo spionaggio ed al ricatto, come non
di rado accade in pratica) non coincidente con il suo fine istituzionale.
Ora in quegli ordinamenti (quali quelli anglosassoni e scandinavi, ricordati da
Aldo Sandulli) in cui un forte senso civico si accompagna ad una forte
117
118
Così S.GIACCHETTI, cit., p.1024.
Così S.GIACCHETTI, cit., p.1026.
67
rivendicazione di libertà individuale, a cui però fa da contrappeso una sicura e
tempestiva applicazione del principio “chi sbaglia paga” ( … ) può anche
essere consentita una disinvolta commercializzazione di un’arma quale
l’accesso. Ma in un ordinamento come il nostro, a basso o bassissimo senso
civico, in cui l’equilibrio diritti/doveri è fortemente sbilanciato in favore dei
primi con conseguente alta propensione alla conflittualità ed alla contenziosità,
in cui doveri, controlli e sanzioni sono in sostanza un optional (basta pensare
all’evasione fiscale e all’emergenza rifiuti in Campania), ed in cui i soli valori
unificanti sembrerebbero quelli sportivi o canori, un accesso generalizzato ed
incontrollato potrebbe creare qualche rischio per una serena convivenza sociale
e
– al limite −
per lo stesso sistema democratico, anche perché allora
diventerebbe incomprensibile e contraddittorio un interesse generale secondo
cui dovrebbero essere accessibili i documenti amministrativi del Comune di
Roccacannuccia di Sotto e invece non sono accessibili i documenti
amministrativi della Parmalat.
Non è possibile quindi mitizzare il diritto
d’accesso e farne, in virtù della dignità di (inconsapevole) collaboratore di
giustizia amministrativa che il citato art. 22, c. 2, sembrerebbe attribuire
all’accedente, una sorta di bollino di garanzia della democraticità, un
superdiritto über alles, al di sopra di ogni disciplina positiva e al di fuori di
ogni controllo; si tratta pur sempre di un diritto limitato e quindi disciplinato e
controllato»119. Solo qualora, per avventura, il nostro Paese raggiungesse gli
standard dei paesi di più antica democrazia, potrebbe realizzarsi la massima
pulizia possibile dei vetri attualmente oscurati120.
Dott. Nicola Tolfa *
119
Così S.GIACCHETTI, cit., p.1026.
Così S.GIACCHETTI, cit., p.1027.
* Funzionario amministrativo presso la Direzione Generale INPS di Roma.
Il presente lavoro, frutto dell’elaborazione personale dell’autore ed in alcun modo riconducibile
all’Ente di appartenenza, rappresenta la tesi finale elaborata dall’autore nell’ambito del Master di II
livello in Diritto Amministrativo e Scienze dell’Amministrazione svoltosi presso l’Università degli
Studi Roma Tre nell’anno 2008.
120
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