terapia delle epatiti virali croniche 2012

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Gennaio-Marzo 2012 • Vol. 42 • N. 165 • pp. 3-11
epatologia
Terapia delle epatiti virali croniche 2012:
presente e futuro
Claudio Veropalumbo1, Pietro Vajro2
Dipartimento di Pediatria, Università degli Studi Federico II, Napoli
Cattedra di Pediatria, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Salerno
1
2
Riassunto
Le criticità relative all’attuale gestione dell’epatite virale sono molteplici. L’alto numero di soggetti infetti nel mondo dimostra la persistente necessità di
introdurre programmi di prevenzione efficaci. La scelta dei soggetti da trattare non è univoca, specialmente per quanto concerne l’età pediatrica, per il
decorso spesso indolente della patologia e gli alti tassi di sieroconversione spontanea. La nostra revisione della letteratura analizza i pro e i contro da tenere
in considerazione nel momento in cui si decide di intraprendere la terapia farmacologica. Vengono riportate le più recenti evidenze relative ai farmaci attualmente disponibili per il trattamento. Infine sono elencati i dati su agenti terapeutici emergenti nell’adulto, il loro meccanismo d’azione nonché le evidenze
disponibili sui vaccini preventivi e “terapeutici”.
Summary
Several emerging issues related to management of viral hepatitis have recently been discussed in the literature. The high number of infected individuals in
the world demonstrates the persisting need for effective prevention programs. Selection of subjects to be treated is not univocal, especially for the pediatric
age group where the disease course is often considered “mild” and spontaneous seroconversion rates are reported. Our review examines pros and cons to
take into account when one considers to begin pharmacological therapy. We list the most recent evidences related to currently available drugs for treatment. Finally, data on novel possible therapeutic agents, with their mechanisms of action and available evidence on preventive and “therapeutic” vaccines,
are presented and discussed.
Introduzione
Le epatiti virali (epatite virale B [HBV] e C [HCV]) continuano a costituire un problema di rilievo per la sanità mondiale nonostante
l’introduzione del vaccino contro il virus HBV. Il rischio di contagio
per entrambe le condizioni nella popolazione italiana è ulteriormente
aumentato anche in ragione delle adozioni internazionali e della crescente immigrazione da Paesi con elevata prevalenza (Giacchino et
al., 2010). La nostra revisione descrive novità circa aspetti generali
delle epatiti croniche da HBV e HCV, evidenziando le peculiarità che
tali patologie assumono quando interessano l’età pediatrica. Aspetto
centrale è però quello relativo alla gestione terapeutica, e pertanto
saranno approfonditi i principali approcci farmacologici a disposizione e gli aspetti ancora controversi ad essi correlati. Accanto ai
farmaci “tradizionali”, in epoca più recente si stanno sviluppando
nuove terapie che trovano il loro razionale nel blocco delle varie fasi
del ciclo replicativo dei virus epatitici, alcuni dei quali già utilizzabili
nella popolazione adulta, altri in attiva fase di sperimentazione clinica.
Obiettivo
All’interno della revisione sarà fornita una rassegna delle nuove
strategie terapeutiche basate sul miglioramento delle conoscenze
relative al ciclo replicativo virale, con un aggiornamento sullo stato
di evidenza disponibile.
Metodologia della ricerca bibliografica
È stata svolta una ricerca attraverso PubMed utilizzando termini
chiave come: “viral hepatitis treatment; interferon; PEG-interferon;
ribavirin; lamivudine; new antiviral drugs; viral hepatitis, children”,
anche tra loro incrociati. Sono stati selezionati articoli originali, revisioni, revisioni sistematiche e linee guida più recenti.
Epatite B (HBV)
L’epatite cronica da HBV (CHB) costituisce una delle principali
cause di epatopatia nel mondo. Si stima che oltre 400 milioni
di individui siano oggi ancora cronicamente infetti. Fino al 40%
degli individui infetti svilupperà complicanze, inclusa l’insufficienza epatica, la cirrosi scompensata e il carcinoma epatocellulare. L’incidenza di quest’ultimo è drammaticamente crollata nei
Paesi endemici dove è stato introdotto il programma vaccinale
(Chang, 2011).
La modalità di trasmissione ha importanti implicazioni poiché c’è
più alto rischio di sviluppare CHB se l’infezione è contratta in epoca
perinatale o prescolare, in relazione ad una maggiore immaturità
delle difese immunitarie che risultano meno capaci di eliminare il
virus. Il rischio di sviluppare CHB dopo esposizione al contagio varia
dal 90% nei nati da madri positive per l’Hepatitis B e Antigen (HBeAg), al 25-30% nei lattanti e nei bambini infettatisi prima dei 5 anni,
fino a meno del 5% nei bambini più grandi e negli adulti. Una volta
infetto, l’individuo può eliminare il virus oppure andare incontro alle
4 fasi della CHB, le cui principali caratteristiche sono riassunte in
tabella I.
Attualmente sono identificati 8 diversi genotipi di HBV (da A a H): i
genotipi B e C sono più comuni in Asia, l’A e il D sono più comuni in
Europa e in India, l’ A e il C predominano negli Stati Uniti. Il genotipo dell’HBV ha influenza sulla progressione della CHB: individui con
genotipo A, B, D o F in genere sieroconvertono ad anti-HBe entro
3
C. Veropalumbo, P. Vajro
Tabella I.
Fasi principali della epatite cronica B (CHB) (modificato da Hoofnagle et al. 2007).
Fase
ALT
Istologia
HBV-DNA
HBeAg
Immuno-tolleranza Normale o poco aumentata
Minima attività. Scarsa fibrosi
Livelli elevati (10 -10 copie/ml)
Presente
Presente
HBeAg+ CHB
Costantemente Aumentata
Attiva con variabile fibrosi
Livelli elevati (106 – 1010 copie/ml)
Presente
Presente
HBeAg- CHB
Aumentata, spesso fluttuante Attiva con variabile fibrosi
Moderato, fluttuante (103 -108 copie/ml)
Assente
Presente
Portatore inattivo
Normale
Inattiva con minima fibrosi
Basso, indosabile (<104 copie/ml)
Assente
Presente
Guarigione
Normale
Inattiva con scarsa fibrosi
Indosabile nel siero
Assente
Assente
8
11
HBsAg
l’età di 20 anni, mentre individui con genotipo C sieroconvertono ad
un’età media di 47.8 anni (Jonas et al., 2010).
Chi trattare in età pediatrica
La maggior parte dei bambini con CHB sono in fase di immunotolleranza. La decisione circa il quando e come l’intraprendere
la terapia farmacologica rappresenta pertanto un aspetto ancora
controverso, anche tenendo presente che la sieroconversione
spontanea HBeAg - HBeAb su base annua si verifica nel 7-16%
dei soggetti affetti. Le linee guida presenti in letteratura non
fanno chiaro riferimento all’età pediatrica (Alberti et al., 2011,
Carosi et al., 2007, EASLD, 2009, Lok et al., 2009). Il razionale
della terapia è quello di bloccare la replicazione virale, riducendo
quindi anche l’infettività, e prevenire le complicanze a lungo termine. Come nell’adulto, anche in età pediatrica fattori predittivi
di buona risposta al trattamento farmacologico sono la bassa
attività replicativa, la bassa carica virale, l’elevata attività citolitica ed istologica. Obiettivo terapeutico è quello di ottenere la
negativizzazione dell’HBeAg con livelli non rilevabili di HBV-DNA
(EASLD, 2009, Lok et al., 2009).
Incertezze circa l’opportunità di iniziare la terapia derivano dalla osservazione che la maggior parte dei pazienti non trattati presenta
malattia di grado lieve e che molti di quelli con patologia attiva vanno incontro a negativizzazione spontanea dell’HBeAg entro i primi
20 anni di vita (Jonas et al., 2010, EASLD, 2009, Lok et al., 2009,
Iorio et al., 2007). La terapia standard fino ad alcuni anni fa con
interferone (IFN) ± priming con steroidi mostrava differenze poco significative del tasso di sieroconversione e negativizzazione dell’HBV
DNA rispetto ai controlli non trattati, determinando tuttavia una significativa accelerazione della stessa sieroconversione e negativizzazione dell’HBV DNA (Vajro et al., 1996, Sokal et al., 1998, Bortolotti
et al., 2000). Pur in assenza di linee guida formali, diversi esperti
suggeriscono dei criteri in base ai quali scegliere se intervenire farmacologicamente o limitarsi alla sola sorveglianza clinico-laboratoristica e strumentale. È stato proposto che i bambini selezionati per il
trattamento debbano essere quelli con i seguenti fattori predittivi di
risposta: evidenza di CHB biochimicamente attiva (ALT >2 x v.n.), positività dell’Hepatitis B surface Antigen (HBsAg) per almeno 6 mesi e
HBeAg+ e/o HBV DNA > 2.000 IU/ml, e con infiammazione epatica
severa all’istologia (Shah et al., 2009, Giacchino et al., 2010, Jonas
et al., 2010).
I pazienti HBeAg+ con transaminasi ALT elevate devono essere osservati per almeno 12 mesi per valutare l’evenienza di sieroconversione spontanea. In mancanza di tale evenienza, i pazienti possono
essere considerati candidati alla terapia, preceduta da biopsia epatica che, in caso di riscontro di fibrosi e/o cirrosi, costituisce una
ulteriore indicazione al trattamento immediato (Jonas et al., 2010).
La Figura 1 riassume le suddette informazioni in una flow-chart di
gestione semplificata.
4
Figura 1.
Proposta di flow-chart per la scelta del comportamento terapeutico con
lo standard of care (SOC) therapy (Interferone / lamivudina) in pazienti
pediatrici affetti da epatite cronica B (modificato da Jonas et al. 2010).
Terapia standard
Attualmente i farmaci approvati dalla Food and Drug Administration (FDA) per la terapia della CHB sono 7. Di questi solo 3 molecole (IFN α, lamivudina e adefovir) sono state sinora approvate
per la CHB in età pediatrica: le loro principali caratteristiche, dati
di efficacia ed effetti collaterali più frequenti sono riportati nella
tabella II.
Interferone α
L’ IFN possiede proprietà antivirali, antiproliferative e immunomodulatorie. In età pediatrica una terapia di 24 settimane con
IFN α 2b è stata associata ad una sieroconversione dell’HBeAg
nel corso del primo anno significativamente più rapida. Tuttavia i
risultati a 5 anni di follow up sono paragonabili a quelli del gruppo
di controllo. I pazienti trattati tuttavia mostrano una clearance di
HBsAg significativamente superiore a quella dei controlli (Sokal
et al., 1998).
Sulla scorta dei dati disponibili per l’epatite C, la terapia con IFN
Pegilato (farmaco caratterizzato da maggiore maneggevolezza legata alla monosomministrazione settimanale), ancorché sostenuta da
una scarsa esperienza in età pediatrica, appare essere una prospettiva interessante e promettente anche nel trattamento dei bambini
con CHB (Jonas et al., 2010, Giacchino et al., 2010).
Lamivudina
La Lamivudina, analogo nucleosidico in grado di inibire la trascrittasi
inversa dell’HBV, è stata auspicata avere un ruolo terapeutico primario nella terapia della CHB in età pediatrica, grazie alla possibilità
Terapia delle epatiti virali croniche 2012: presente e futuro
Tabella II.
Trattamenti disponibili per l’epatite cronica B in età pediatrica negli Stati Uniti (modificato da Ayoub et al. 2011).
Farmaco
Età
Vantaggi
Svantaggi
Effetti collaterali
Dosaggio
IFNα
≥2 aa
No resistenza. Breve durata
terapia (16-24 settimane)
Somministrazione
parenterale. Effetti
collaterali
Sintomi influenzali, aplasia
midollare, alopecia,
ipotiroidismo.
Rallentamento crescita
5-10 MU/m2 3
2-58
volte/settimana per
24 settimane
Lamivudina
≥ 2 aa
Buona tolleranza.
Somministrazione orale
Farmaco-resistenza Monitorare funzionalità renale
comune
3mg/kg/die fino
a 100 mg/die per
≥52 settimane
25-35
Adefovir
≥ 12 aa
Buona tolleranza.
Somministrazione orale.
Efficace vs HBV resistente a
lamivudina
Farmaco-resistenza Monitorare funzione renale
meno comune della
Lamivudina
10 mg/die per 48
settimane
16-23
di essere somministrata per via orale, anche se necessariamente in
maniera ininterrotta.
Uno studio multicentrico di 24 mesi nel bambino ha evidenziato
che la lamivudina porta ad una sieroconversione in un terzo e in
un quarto rispettivamente di 213 pazienti con CHB mai trattati
precedentemente o precedentemente trattati con lo stesso farmaco. Il problema principale della terapia con lamivudina è tuttavia rappresentato dal rischio significativo di farmaco-resistenza
(principalmente legata a mutazioni del locus YMDD del gene della
trascrittasi inversa dell’HBV): in questo studio mutazioni YMDD si
sviluppavano in circa il 50% e nel 64% dei casi, rispettivamente
(Sokal et al., 2006).
Altri analoghi nucleotidici e nucleosidici
Ad eccezione dell’Adefovir, utilizzabile negli USA già in età pediatrica, diversi analoghi sono stati approvati dall’FDA solo per la terapia
della CHB dell’adulto. Rispetto alla Lamivudina, questi farmaci appaiono di enorme interesse per il vantaggio di poter essere somministrati per via orale e per lunghi periodi inducendo una minore
farmaco resistenza.
Adefovir. Nel gruppo di età tra 2 e 19 anni, in uno studio pilota di
sicurezza, efficacia e farmacocinetica, il farmaco non ha purtroppo
mostrato effetto superiore al placebo nell’indurre sieroconversione
dell’HBsAg: un anno di terapia con Adefovir determina sieroconversione dell’HBeAg nel 12% dei pazienti trattati. Una volta raggiunta,
la sieroconversione è duratura nella quasi totalità dei casi. Come per
la Lamivudina, i pazienti HBeAg negativizzati richiedono trattamento
per tutta la vita (Jonas et al., 2008). Sia nell’adulto che nel bambino,
i tassi di resistenza osservati sono tuttavia nettamente inferiori a
quelli determinati dalla Lamivudina (0%- 29% a 1-5 anni di terapia)
(Jonas et al., 2008, Akman et al., 2010).
Entecavir. È un interessante analogo nucleotidico inibitore della polimerasi dell’HBV superiore alla Lamivudina nell’indurre soppressione
di HBV DNA, nel miglioramento dell’istologia epatica e nella normalizzazione delle transaminasi. L’incidenza di resistenza appare
particolarmente bassa, con un tasso del solo 1.2% dopo 5 anni. In
USA è possibile utilizzare il farmaco a partire già dai 16 anni. Recentemente ne è stata valutata l’efficacia e la sicurezza anche in
età pediatrica, in bambini con CHB precedentemente trattati senza
successo con IFN o Lamivudina o Adefovir da soli o in combinazione.
Dopo 24 settimane di trattamento si otteneva una riduzione signifi-
Risposta (%)
cativa dei livelli di HBV-DNA con scomparsa in circa il 90% dei bambini HBeAg negativi e nel 23% di quelli HBeAg positivi (Pawlowska
et al., 2011). Il Tenofovir è un analogo nucleotidico strutturalmente
correlato ma meno potente dell’Adefovir.
Emtricitabina. Analogo nucleotidico strutturalmente simile alla Lamivudina con rischio elevato di resistenza (13% dopo 2 anni di terapia).
Le prospettive principali sono date dalla potente associazione con
il Tenofovir nella forma di TRUVADA (Tenofovir 300 mg/emtricitabina 200 mg). È stato dimostrato che la resistenza alla Lamivudina o
all’Adefovir non influenzava l’azione di TRUVADA.
Telbivudina. Ultimo analogo nucleotidico approvato dalla FDA per il
trattamento della CHB, la Telbivudina determina un tasso di sieroconversione dell’HBeAg del 22% e 33% rispettivamente a 1 e 2 anni di
terapia. Come l’Emcitrabina, nella popolazione adulta è un farmaco
efficace specie nel trattamento dell’epatopatia scompensata da HBV.
Futuri campi di ricerca
Vaccino “terapeutico”
Il razionale di un vaccino terapeutico, da utilizzare da solo o in associazione alla terapia farmacologica convenzionale dell’HBV, è quello
di stimolare la risposta immune in soggetti cronicamente infetti. Recenti studi hanno valutato la somministrazione di vettori contenenti
la sequenza genica della regione preS (altamente immunogena) in
pazienti di età superiore ai 15 anni, mostrando buona tollerabilità
del vaccino ma incapacità, rispetto alla terapia farmacologica classica, di indurre sieroconversione (Cavenaugh et al., 2011). Una delle
principali problematiche sembra essere legata all’esaurimento della
risposta T-mediata nei soggetti cronicamente infetti, che quindi hanno minore capacità di rispondere allo stimolo immunologico di un
vaccino terapeutico. Recentemente il tentativo di incrementare l’immunogenicità del vaccino terapeutico si è concretizzato mediante la
somministrazione contemporanea di HBsAg e HBeAg ricombinanti
(vaccino noto col nome di NASVAC), in corso di attuale sperimentazione di fase I su popolazione adulta (Michel et al., 2011).
Epatite C (HCV)
L’infezione da HCV è una problematica di rilevo mondiale che coinvolge circa 180 milioni di persone. L’infezione è in grado di determinare epatiti acute e croniche con possibile evoluzione cirrotica
e sviluppo di cancro epatico. Esistono 6 genotipi maggiori e più di
5
C. Veropalumbo, P. Vajro
80 sottotipi con diversa prevalenza nelle aree mondiali. I genotipi 1a
e 1b sono i più comuni in Europa e negli Stati Uniti e, insieme al 2,
sono i più comuni in assoluto. Alcuni di essi, come il 2 ed il 3, sono
caratterizzati da minore aggressività, migliore risposta alle terapie
antivirali e maggiore possibilità di clearance spontanea (Bortolotti
et al., 2008). La principale modalità di infezione in età pediatrica
è oggi rappresentata dalla trasmissione verticale che rende conto
del 60% dei casi di epatite C nel bambino (Resti et al., 2003). I fattori associati alla trasmissione verticale sono rappresentati da alto
numero di copie di HCV-RNA materno (>106 copie/mm3), coinfezione
con HIV, travaglio prolungato (Mohan et al., 2010, Ruiz-Extremera
et al., 2011). I polimorfismi del locus rs1297986, accanto al gene
dell’interleuchina IL28B (recentemente studiati in relazione alla clearance virale post-terapia nei pazienti adulti) non sembrano essere
implicati nella trasmissione verticale dell’HCV. Il polimorfismo CC è
tuttavia indipendentemente associato con la clearance spontanea
sia dei bambini con genotipo-1 (Ruiz-Extremera et al., 2011) sia di
quelli con genotipo 2 e 3 (Indolfi et al., Hepatology 2011).
Indicazioni al trattamento
Come per l’epatite cronica B, anche nel caso dell’infezione da HCV
non c’è unanime consenso su quali siano le categorie di pazienti
pediatrici da trattare.
I punti a favore del trattamento sono quelli di prevenire la possibile
progressione della patologia, evitando le gravi sequele epatiche e
riducendo il rischio di contagio nei confronti degli altri e la spesa
sanitaria (Ward et al., 2011). D’altra parte, l’asintomaticità clinica e
laboratoristico/ strumentale nella maggioranza dei pazienti, il costo
e i potenziali effetti collaterali dei farmaci, la lentezza della progressione e la risposta non sempre favorevole dei pazienti con genotipo 1, inducono perplessità riguardo all’inizio della terapia antivirale
(Wirth et al., 2011).
Considerando comunque che il 5% dei pazienti affetti in età pediatrica svilupperà epatopatia severa, esistono pressioni nel raccomandare l’inizio del trattamento antivirale già in età pediatrica, almeno
per i genotipi più favorevoli (Munir et al., 2010).
Terapia standard: Interferone + Ribavirina.
L’Interferone α pegilato (Peg-IFN α), in combinazione con la Ribavirina (RBV), è attualmente raccomandato come terapia di prima linea
(standard of care, SOC) dell’epatite cronica C (Mohan et al., 2010).
Il Peg-IFN α è in grado di potenziare la risposta immunitaria nei
confronti dell’HCV stimolando l’attività fagocitaria dei macrofagi e
l’attività citotossica dei linfociti nei confronti delle cellule bersaglio
infettate dal virus.
La Ribavirina – somministrata in associazione con l’IFN – è un analogo della guanosina in grado di inibire la sintesi dell’HCV RNA mediante inibizione della RNA polimerasi dell’HCV determinando, nella
popolazione adulta, un tasso medio di “sustained virological respon-
se” (SVR), definita dalla scomparsa di HCV RNA a 24 settimane dalla
sospensione della terapia di circa il 50% nei pazienti con genotipo 1
e di circa l’80% nei pazienti con genotipo 2 e 3 (Munir et al., 2010).
In un ampio studio pediatrico l’azione della terapia con Peg-IFN α +
ribavirina ha determinato un tasso di SVR in oltre la metà dei pazienti
con genotipi 1, 4, 5 e 6, ed in oltre il 90% dei genotipi 2 e 3 (Sokal
et al., 2010). Le caratteristiche dei due farmaci sono riassunte nella
tabella III.
“Terapia individualizzata”
Una recente acquisizione nella terapia dell’epatite C nell’adulto è
quella dell’ “individualizzazione” della stessa (tailored therapy), modulabile in base a parametri predittivi di SVR (Tsubota et al., 2011).
La SVR è definita dalla scomparsa di HCV RNA (ricercato mediante
PCR qualitativa) a 24 settimane dalla sospensione della terapia. I
parametri predittivi vengono convenzionalmente distinti in: fattori
legati all’ospite e fattori legati all’HCV.
Fattori legati all’ospite. Come la clearance spontanea, anche la risposta al trattamento dei pazienti con genotipo 1 è stata recentemente
associata al polimorfismo di un singolo nucleotide (SNP) accanto al
gene dell’interleukina 28-B sul cromosoma 19, che codifica per IFNλ-3. Il locus di interesse è rs 12979860 dove il polimorfismo di un
singolo nucleotide determina diversità allelica (allele C o allele T). Il
tasso di risposta alla terapia standard nei pazienti con HCV di genotipo 1 è superiore nei polimorfismi CC, rispetto ai CT e ai TT (Ghany et
al., 2011). Non sono disponibili dati pediatrici; tuttavia l’importanza
di questo polimorfismo sembra essere plausibile anche nel bambino
(Ruiz-Extremera A et al., 2011).
Fattori correlati all’HCV. Genotipo dell’HCV, carica virale pretrattamento e risposta virologica iniziale sono importanti fattori predittivi
di SVR. Come già accennato, i pazienti con genotipi 2 e 3 rispondono
alla terapia meglio di quelli con genotipi 1 e 4. Inoltre, basse cariche
virali basali sono elementi predittivi di successo terapeutico, così
come la rapida negativizzazione dell’ HCV-RNA.
Terapia guidata dalla risposta. Il concetto della correlazione tra la
rapidità di scomparsa dell’HCV RNA e il raggiungimento della SVR
ha permesso di introdurre il concetto della terapia guidata dalla risposta. L’“early viral response” (EVR) è la riduzione di HCV RNA > 2
log10 rispetto ai livelli pre-terapia (EVR parziale) e la scomparsa (EVR
completa) alla 12° settimana di terapia.
In base a queste considerazioni (sinora validate solo nell’adulto) pazienti con genotipo 1 e 4 con EVR completa possono vantaggiosamente ridurre la durata del trattamento già a 24 settimane rispetto alle
48 convenzionali. Viceversa, in soggetti che non raggiungono la EVR,
la terapia dovrebbe essere prolungata fino a 72 settimane. Pazienti
con genotipo favorevole (2 e 3) sono anch’essi indirizzati al trattamento per una durata di 24 settimane. Quest’approccio modulabile costituisce una prospettiva interessante per l’età pediatrica, anche se non
sono attualmente disponibili evidenze preliminari (Hu et al., 2010).
Tabella III.
Principali caratteristiche dei farmaci utilizzati nel trattamento della epatite C in età pediatrica (modificato da Wirth et al. 2011).
SVR
IFN α
0-76%
IFN α + ribavirina
27-64%
PEG IFNα-2b/a +ribavirina
SVR = Sustained virological response; IFN Interferone; RBV= Ribavirina
6
Genotipo 1
Genotipi 2-3
Dosi
36-53%
>80%
IFN 3 milioni U 3volte/settimana
RBV 15mg/kg/die
44-59%
>90%
Peg IFN - 60 mg/mq/1volta/settimana
RBV 15 mg/Kg/die
Terapia delle epatiti virali croniche 2012: presente e futuro
Future prospettive terapeutiche
Nell’adulto vi sono interessanti studi sul ruolo di diversi nuovi farmaci che agiscono sulle varie fasi replicative dell’HCV, attualmente in
diversi stadi di sperimentazione clinica (Fig. 2).
Albinterferon. Si tratta di una proteina costituita da IFN α 2b geneticamente fuso ad albumina umana. Un trial nell’adulto ha mostrato un’efficacia dell’Albinterferon paragonabile a quella del PegIFN
α nell’indurre SVR in soggetti affetti da epatite C. Grazie alla possibilità di essere somministrato ogni 2 settimane, l’Albinterferon
costituisce un’alternativa interessante nel trattamento dell’epatite C (Nelson et al., 2009), ed è particolarmente attraente per l’età
pediatrica.
Nuovi antivirali anti HCV. Diversi farmaci, utilizzabili per via orale
in associazione (triplice) con la terapia standard IFN+ribavirina,
provvisti di meccanismo d’azione diverso dall’Interferone, si trovano attualmente in diverse fasi di sperimentazione clinica nell’adulto,
aumentando significativamente i tassi di negativizzazione dell’HCVRNA nel genotipo 1, e portando alla guarigione la quasi totalità dei
pazienti con genotipo 2 e 3. La loro possibile applicazione anche in
età pediatrica è pertanto fortemente auspicabile. La figura 3 illustra
i loro possibili siti di attacco.
Inibitori di proteasi NS3/4. La HCV NS3 serin proteasi e il cofattore
NS4a favoriscono il clivaggio della poliproteina virale in 4 protei-
ne non strutturali. L’inibizione di questo sistema non solo inibisce
la replicazione virale, ma favorisce l’immunità innata impedendo
il clivaggio del Toll-IL1- receptor domain (TRIF) e IFN-β promoter
simulator (IPS-1). Due di questi inibitori (Telaprevir e Boceprevir)
sono stati approvati per l’immissione sul mercato nel maggio 2011
negli USA per il trattamento della popolazione adulta infetta da HCV.
Il primo, somministrato in aggiunta alla SOC therapy incrementa la
SVR di circa il 20% in pazienti mai trattati precedentemente (SVR
fino al 75-80%) e di circa il 30% nei non responders con genotipo 1. Il secondo incrementa la SVR nei pazienti non trattati con
genotipo 1 solamente per somministrazioni prolungate (Kwong et
al., 2011). Entrambi i farmaci permetterebbero di ridurre considerevolmente anche la durata del trattamento. Tuttavia vanno segnalati
effetti collaterali specifici, quali rash, anemia (talora necessitante
l’uso di eritropoietina e/o riduzione del dosaggio), prurito, nausea
e diarrea per il primo, e anemia e disgeusia per il secondo. Inibitori
di proteasi di 2a e 3a generazione sono attualmente in attiva fase di
sperimentazione.
Inibitori dell’HCV polimerasi. La RNA polimerasi RNA-dipendente
NS5B è responsabile della sintesi dell’RNA virale. Gli inibitori di
tale enzima sembrerebbero essere meno efficaci degli inibitori di
NS3/4a, ma agiscono su un numero maggiore di genotipi inducendo
pertanto un vantaggioso minore tasso di resistenza.
Inibitori dell’ingresso cellulare e dell’assemblaggio virale. Una serie
di molecole sembrano costituire nuove prospettive terapeutiche per
Figura 2.
Rappresentazione schematica delle varie fasi di sperimentazione clinica delle opzioni terapeutiche per l’epatite C.
7
C. Veropalumbo, P. Vajro
Figura 3.
Fasi replicative del virus dell’epatite C e possibili siti d’azione dei nuovi farmaci antivirali (modificato da Wyless et al. 2010).
a. L’ingresso nella cellula può essere bloccato da anticorpi neutralizzanti.
b. Il rilascio dell’RNA virale attiva pathways endogeni dell’interferone.
c. L’RNA all’interno del ribosoma attiva l’immunità innata. L’ingresso è mediato dal sito di ingresso interno del ribosoma.
d. Traduzione e processamento delle poliproteine richiedono proteasi NS3/NS4a e possono essere bloccati da inibitori delle proteasi (Boceprevir
e Telaprevir, già in commercio negli USA).
e. La trascrizione può essere inibita dal blocco della traduzione (inibitori delle proteasi), dall’inibizione del legame tra RNA e polimerasi e complesso
replicativo (inibitori ciclofillina) inibitori di NS5A/B (inibitori polimerasi) e inibendo l’elicasi.(Taribavirina in avanzata sperimentazione clinica in
USA).
f. L’assemblaggio virale e la glicosilazione dell’envelope possono essere inibiti da celgosivir e inibitori di NS5A.
il prossimo futuro. Qui di seguito citiamo quelle la cui sperimentazione è in fase più avanzata (Fusco et al., 2011), rimandando inoltre
alla figura 3 la visualizzazione dei loro siti di attacco.
Civacir: pool di immunoglobuline derivate dal plasma di soggetti anti
HCV positivi teso ad inibire l’ingresso cellulare del virus, al pari degli
inibitori della sintesi delle lipoproteine.
Inibitori delle proteine NS5A e NS4B: la proteina NS5A è implicata
nell’assemblaggio delle componenti capsidiche virali, mentre NS4B,
favorisce la formazione di vescicole dalla membrana della cellula
infetta essenziali per costituire il complesso di assemblaggio virale.
Analoga funzione inibitoria sembra essere svolta da Inibitori di HMG
CoA reduttasi, della ciclofillina, e dell’α-glucosidasi.
Infine, gli Agonisti dei Toll like receptors potrebbero avere un ruolo
nel potenziare la risposta immune nei confronti dell’HCV.
Taribavirina (TBV). È un analogo della guanosina che è selettivamente captato dal fegato ed è rapidamente convertito a Ribavirina
da una adenosina deaminasi. La presenza di un gruppo carbossamidico ne ostacola l’accumulo nei globuli rossi riducendo l’incidenza dell’anemia tipica invece della Ribavirina. Lo studio ViSER
8
appena concluso ha confrontato l’azione del Peg IFNα associato
a RBV o TBV mostrando una minore capacità di indurre la SVR
della terapia comprendente TBV, ma con il vantaggio di un numero nettamente inferiore di eventi emolitici propri della Ribavirina
(Marcellin et al., 2010).
Vaccino
È un campo di ampio interesse. Il razionale è stimolare la risposta
immune verso l’HCV. Ad oggi le difficoltà sono dettate principalmente ancora dalle regioni ipervariabili del genoma virale codificanti per
componenti dell’involucro pericapsidico virale in grado di favorire la
continua evasione del virus dalla risposta immune dell’ospite. Attualmente sono oggetto di studio:
1. Vaccini preventivi in soggetti non infetti. Basano il loro razionale
sulla stimolazione di una produzione anticorpale in grado di inibire
l’ingresso cellulare e favorire l’eliminazione dell’HCV dopo il primo
contatto (Torresi et al., 2011).
2. Vaccini “terapeutici” in soggetti infetti, da soli o in associazione
alla terapia antivirale, stimolerebbero una risposta immune al fine
di accelerare il processo di siero conversione. Tra questi il GlobeIm-
Terapia delle epatiti virali croniche 2012: presente e futuro
Figura 4.
Previsione dei progressi terapeutici dell’Epatite Virale Cronica da HCV.
mune GI-5005 (costituito da Saccaromyces cerevisiae inattivato ed
esprimente proteine virali verso cui viene stimolata la risposta anticorpale e cellulo mediata) e l’IC41 (vaccino peptidico sintetico che
risulta in grado di indurre risposta specifica mediante secrezione di
IFN gamma da parte di cellule T CD4+ e CD8+). Vaccini basati su
Epitopi di NS3 ristretti per HLA-A2 utilizzano NS3 modificata per stimolare una risposta specifica T mediata.
Infine, Vaccini costituiti dal gene NS 3/4a, la cui espressione viene posta sotto il controllo di un promotore di CMV, hanno mostrato
risultati promettenti in associazione a IFN e ribavirina nell’indurre
sieroconversione (Lapierre et al., 2011; Torresi et al., 2011).
Conclusioni e prospettive per il futuro
La gestione delle epatiti virali si presenta ancora ricca di problematiche sia per la scelta di se e quando intraprendere un trattamento
farmacologico, sia per la scelta del farmaco da utilizzare, principalmente legate all’ancora incerta definizione dei fattori predittivi di
risposta a terapie talora inefficaci.
I nuovi farmaci antivirali utilizzati nell’epatite B, costituiti da analoghi nucleosidici e nucleotidici, sono caratterizzati da una minore farmaco-resistenza. Al momento l’Adefovir è adoperato in età
pediatrica a partire dai 12 anni negli Stati Uniti, mentre in Italia
può essere utilizzato solo dopo la transizione all’età adulta. Vaccini
terapeutici continuano ad essere testati come possibile trattamen-
to nei pazienti infetti da HBV, senza tuttavia mostrarsi fino ad ora
efficaci.
Nella terapia dell’epatite C nel bambino, la SOC therapy rimane ancora l’associazione duplice Peg IFN+Ribavirina. Le nuove prospettive terapeutiche – necessarie specie per i genotipi sfavorevoli 1
e 4 – sinora disponibili nell’adulto, sono costituite da nuove forme
coniugate di Interferone e dalla Taribavirina. L’utilizzo di algoritmi
guidati dai polimorfismi dell’IL28B premetterà di modulare appropriatamente dosi e durata di SOC therapy nei soggetti con fattori
predittivi sfavorevoli. Altre nuove stimolanti strategie terapeutiche
– spesso da utilizzare in associazione con la SOC therapy – sono
costituite dai farmaci attivi contro l’ingresso cellulare dell’HCV e
contro le diverse fasi del ciclo replicativo virale. I risultati degli
studi preliminari rendono fiduciosi che almeno alcuni di questi
– dotati di maggiore efficacia e/o minori effetti collaterali – entrino rapidamente nell’uso comune. Cocktail di questi moderni farmaci orali di nuova generazione, che potranno forse funzionare
senza l’associazione dell’IFN, ed eventualmente anche della RBV,
con maggiore efficacia, minori effetti collaterali, minore durata del
trattamento, minore farmaco resistenza, sono attesi nel prossimo
futuro (Fig. 4).
Il ruolo di vaccini contro l’HCV, sia in ambito preventivo che come
strategia terapeutica in soggetti infetti, è uno dei campi di maggiore
interesse. I risultati preliminari sulla popolazione adulta non forniscono ancora, tuttavia, prove concrete di efficacia.
Box di orientamento
Cosa si sapeva prima:
Le epatiti virali costituiscono una problematica di rilievo in considerazione della crescita delle adozioni internazionali e della popolazione immigrata non
vaccinata contro l’epatite B o infetta, e dell’assenza di un vaccino efficace per l’epatite C. La scelta di intraprendere il trattamento in età pediatrica è
ancora discussa, in considerazione dell’evoluzione spesso non severa dei pazienti affetti da epatite C, e della elevata percentuale di pazienti affetti da
epatite B che sieroconvertono spontaneamente. I farmaci attualmente utilizzati nel bambino sono pochi, non privi di effetti collaterali e responsabili di
farmaco resistenza in un numero non trascurabile di pazienti.
Cosa sappiamo adesso:
La scelta della terapia farmacologica potrà essere determinata – specie per l’epatite C – non solo dal genotipo virale e dalle caratteristiche laboratoristico/cliniche/ istologiche del paziente. Nuovi polimorfismi genici recentemente associati alla risposta alla terapia dei pazienti affetti da epatite C possono
infatti guidare nell’adulto una scelta terapeutica individualizzata. Inoltre nuovi farmaci, il cui meccanismo d’azione è basato sulla inibizione delle diverse
fasi replicative virali, sono attualmente studiati su popolazione adulta e auspicabilmente potranno essere testati anche nel bambino.
9
C. Veropalumbo, P. Vajro
Box di orientamento (segue)
Quali ricadute sulla pratica clinica:
Le problematiche di resistenza e di efficacia potrebbero essere superate da nuove strategie terapeutiche, attualmente sperimentate nella popolazione
adulta, sia per l’epatite B che per l’epatite C. Resta ancora controverso e comunque privo di evidenze un vantaggio da parte dei vaccini terapeutici nei
confronti delle terapie tradizionali.
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Corrispondenza
Pietro Vajro, Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Salerno, via Allende, 84081 Baronissi (SA). Tel. *39 089 672409. E-mail: [email protected]
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