La trasparenza nel procedimento dopo la legge

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La trasparenza nel procedimento dopo la legge anticorruzione
di Simonetta Fabris *
1. La trasparenza nei principi del procedimento
La legge 241/1990 “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di
accesso ai documenti amministrativi” costituisce la c.d. legge sulla “trasparenza” in quanto
permette al cittadino che partecipa al procedimento di effettuare un controllo
“democratico” sull’operato dei pubblici uffici al fine di verificare la conformità dei
provvedimenti amministrativi ai precetti normativi che ne regolano la formazione.
Il principio della trasparenza, pur se immanente nella legge in esame, è stato
espressamente codificato solo a partire dal 2005 con la legge 15 la quale ha modificato
l’art. 1 prevedendo che:
“l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta dai principi di
economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e trasparenza secondo le
modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli
procedimenti, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario”1.
La trasparenza diventa quindi un fine al quale sono strumentali pubblicità e diritto di
accesso, ma anche un mezzo, più forte dopo le modifiche apportate dalla legge
anticorruzione, per evitare elusioni del principio di imparzialità o della concorrenza e
l’instaurazione di accordi con l’affermarsi di interessi personali e di gruppo.
L’intento è stabilire un corretto rapporto con il cittadino anche al fine di ridurre il tasso di
contenzioso.
* Simonetta Fabris, dottore in scienze politiche, con master in Integrazione europea e specializzazioni in Innovazione e
Appalti nella pubblica amministrazione. Attualmente referente per la Regione del Veneto del Programma di cooperazione
transfrontaliera IPA Adriatico.
Il Trattato di Lisbona individua la trasparenza come principio che regola l’azione della Commissione (art. 11, c. 3) e di
ciascuna istituzione, organo od organismo europeo (art. 15 ex articolo 255 del TCE).
1
1
Si impone un’esigenza di chiarezza, di comprensibilità e di non equivocità non solo della
struttura organizzativa amministrativa ma anche del suo agire, allo scopo di garantire
l’affidamento dei cittadini, nonché l’imparzialità, il buon andamento e la legalità
dell’azione amministrativa.
In questo senso la pubblicità degli atti e provvedimenti amministrativi è elemento di
trasparenza in quanto mette a conoscenza i cittadini dell’attività posta in essere dai
pubblici poteri ma questo, da solo, non basta. L’atto pubblicato dovrà essere facilmente
reperibile, pubblicato in un periodo coerente (non durante i periodi festivi) e intelligibile
ovvero redatto in un linguaggio chiaro, lineare e comprensibile. In proposito il legislatore è
intervenuto più volte emanando Codici di stile o Direttive sul linguaggio amministrativo
per garantire la semplificazione del linguaggio stesso.2
In rapporto al diritto di accesso, secondo la dottrina, la trasparenza assume una contenuto
ben più ampio. In particolare l’accesso ad un atto incomprensibile potrebbe non garantire
la trasparenza o, viceversa, la secretazione delle offerte o il differimento dell’accesso
potrebbe non confliggere con la trasparenza.3
Secondo il Consiglio di Stato4 è sul parametro della trasparenza che si misura la legittimità
o meno delle limitazioni all’accesso. In proposito è stato affermato che l’accesso va
consentito anche nei confronti di soggetti formalmente privati, quando svolgano un’attività
di pubblico interesse, seppure con atti di diritto privato.
In tal senso assume ancor più vigore la novella introdotta all’art. 1, c. 1 ter, l. 241/1990,
dalla legge 190/2012 secondo cui “i soggetti privati preposti all’esercizio di attività
amministrative assicurano il rispetto dei criteri e dei principi di cui al comma 1 (tra cui la
trasparenza), con un livello di garanzia non inferiore a quello cui sono tenute
le p.a.” in forza delle disposizioni della stessa l. 241.
2. La trasparenza nella conclusione del procedimento
Passiamo ora in esame le norme della l. 241/90 che offrono più spunti in materia di
trasparenza nell’agire e nell’organizzazione amministrativa.
2 Si vedano il Codice di stile, realizzato dal Ministero della funzione pubblica nel 1993 e nel 1997 nonché la Direttiva dello
stesso Ministero sulla semplificazione del linguaggio dei testi amministrativi del 3 novembre 2005.
3 A. Simonati, Il differimento dell'accesso agli atti del procedimento di gara fra disciplina generale e disposizioni
settoriali, in Foro amm. TAR, 2008, 2847 ss.
4 Cons. St., sez. VI, 18 settembre 2009, n. 5625; Adunanza plenaria del Consiglio di Stato del 5 settembre 2005, n. 5 e
Cons. St., sez. VI, 2 ottobre 2009, n. 5987.
2
Ricordiamo innanzitutto l’art. 2 che prevede l’obbligo in capo alla P.A. di concludere il
procedimento avviato su istanza di parte o d’ufficio con l’adozione di un provvedimento
espresso nei termini previsti dalla stessa norma.5
In materia di trasparenza assume rilievo la nuova previsione introdotta al c.1 dell’articolo
citato dalla l. 190/2012 per cui, nel caso in cui la PA ravvisi la manifesta irricevibilità6,
inammissibilità7, improcedibilità8 o infondatezza9 della domanda deve concludere il
procedimento con un provvedimento espresso, redatto in forma semplificata, con una
motivazione contenente il sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto
risolutivo.
La novella impone l’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso,
anche quando negativo a causa dell’assoluta mancanza dei presupposti per l’avvio dell’
istruttoria.
Resta discussa la codifica del dovere di provvedere in un’ipotesi precedentemente esclusa
unanimemente dalla giurisprudenza ovvero la richiesta manifestamente infondata.10
La positivizzazione delle ipotesi citate offre comunque maggiore garanzia di trasparenza al
privato il quale viene messo a conoscenza della motivazione, seppur sintetica.
Si tratta di un nuovo strumento di semplificazione e imparzialità, già sperimentato
nell’ambito del processo amministrativo con il modello della cosiddetta sentenza breve.
Tra i primi commenti si è tuttavia affermato che la disposizione potrebbe nascondere
effetti negativi proprio nei confronti dei cittadini istanti.
5 30
gg se non stabilito diversamente, 90 gg in caso di termini individuati con o più DPCM o 180 gg per particolari casi.
consiste nell’assoluta carenza della possibilità stessa di ricevere l’istanza, ad esempio per assoluta carenza
di competenza da parte dell’ente (non così se incompetente è l’ufficio dell’amministrazione competente: l’ufficio ha il
dovere di trasmettere gli atti all’organizzazione competente).
Definizione tratta da “Legge anticorruzione, ennesime modifiche alla 241/1990” del 18 novembre 2012 in
http://rilievoaiaceblogliveri.wordpress.com/2012/11/18/legge-anticorruzione-ennesime-modifiche-alla-2411990/
di
Luigi Oliveri.
7 L’inammissibilità può essere la mancanza assoluta dei requisiti soggettivi richiesti all’istante come l’assenza di interesse
di agire o di qualificazione giuridica.. Da op. cit. di L. Oliveri.
8 Quale la mancanza di un’attività esterna o di un’azione oggettiva, obbligatoriamente richieste dalla legge all’istante,
come la mancata effettuazione di un tentativo di conciliazione o la violazione dei termini entro i quali depositare gli atti.
Da op. cit. di L. Oliveri.
9 Si tratta del profilo più problematico: l’infondatezza è determinata non solo da un’analisi di fatti e presupposti, ma
anche degli elementi di diritto e di merito che rendano inutile proseguire l’istruttoria. Da op. cit. di L. Oliveri.
10 In proposito si veda Tar Umbria, Perugia, 15 settembre 2010, n. 464 in materia di istanza di rinnovo di permesso di
costruire.
La giurisprudenza è altresì concorde nel negare il dovere di procedere nel caso di istanze assurde, illegali o reiterate con
lo stesso contenuto, senza mutamenti della situazione di fatto e di diritto.
6 L’irricevibilità
3
In particolare, attenendosi al dettato normativo, si potrebbe giungere alla conclusione, di
impedire il proseguimento di un procedimento quando sarebbe sufficiente richiedere una
semplice integrazione della domanda ai sensi dell’art. 6, lett b), l. 241/1990. 11
La norma in esame si può però prestare anche ad un’ulteriore interpretazione secondo cui
il generale favore per la partecipazione troverebbe un limite insuperabile nell’esigenza di
garantire la “par condicio” dei candidati. In tal caso l’imparzialità, esplicitata nel
comportamento della PA di fronte a casi “tipici”, verso tutti gli istanti, costituirebbe
elemento di trasparenza.
In riferimento ai termini di conclusione del procedimento la trasparenza assume poi
rilievo anche con la previsione che di cui al c. 9-bis e ss. dell’art. 2 secondo la quale,
qualora il procedimento amministrativo non venga concluso nei termini previsti dalla
legge, i cittadini possono ricorrere alla nuova figura sostitutiva prevista in caso di inerzia
ed individuata dall’organo di governo ovvero in mancanza, al dirigente generale o al
dirigente preposto all’ufficio o in mancanza al funzionario di più alto livello presente
nell’amministrazione affinché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente
previsto, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di
un commissario.
La trasparenza verso il privato è qui garantita dall’obbligo di rendere pubblico, con
congrua evidenziazione sul sito istituzionale dell’Amministrazione (presumibilmente con
l’indicazione di un indirizzo di posta elettronica dedicata), il nominativo del titolare del
potere sostituivo al quale lo stesso privato potrà scrivere per richiederne l’intervento.
Secondo la procedura prevista il titolare del potere sostitutivo in caso di ritardo, comunica
senza indugio il nominativo del responsabile, ai fini della valutazione dell’avvio del
procedimento disciplinare, e, in caso di mancata ottemperanza alle disposizioni del comma
in esame, assume la sua medesima responsabilità oltre a quella propria.
La ratio della norma è responsabilizzare il vertice dell’apparato amministrativo
consentendogli la conoscenza di tutti i casi in cui non è stato rispettato il termine per la
conclusione dei procedimenti permettendogli di avere un quadro completo e non
frammentario della situazione all’interno dell’ente.
11
In tal senso Francesca Ciangola in “Modifiche alla legge 241 del decreto anticorruzione. Il soccorso istruttorio.” In
http://www.leggichefare.it/modifiche-alla-legge-241-del-decreto-anticorruzione-il-soccorso-istruttorio/.
4
La norma prevede inoltre che il soggetto al quale è stato assegnato il potere sostitutivo,
entro il 30 gennaio di ogni anno, debba comunicare all’organo di governo i procedimenti,
suddivisi per tipologia e strutture amministrative competenti, nei quali non è stato
rispettato il termine di conclusione previsti dalla legge o dai regolamenti.
Tale onere assume particolare valenza laddove permette di monitorare i settori meno
solerti realizzando la trasparenza all’interno della stessa amministrazione anche ai fini
della valutazione della performance individuale, della responsabilità disciplinare e
amministrativo contabile del dirigente e del funzionario inadempiente.
Infine in tutti i provvedimenti adottati su istanza di parte, ove non siano rispettati i termini
per la conclusione del procedimento, deve essere indicato, oltre al termine di legge o di
regolamento, quello effettivamente impiegato per il rilascio del provvedimento stesso.
In tutte le norme esaminate la trasparenza diventa garanzia di fronte a illegittime dilazioni
dei termini verso i privati interessati al rilascio del provvedimento.
Infine è bene ricordare che se il privato non attiva lo strumento del comma 9 bis e ss, non
perde la possibilità di proporre ricorso giurisdizionale contro il silenzio inadempimento
dell’amministrazione ex d. lgs. 104/2010.
3. La trasparenza nella motivazione del provvedimento
La norma che consacra l’obbligatorietà della motivazione per ogni provvedimento
(compresi quelli sull’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei concorsi pubblici e
il personale) è l’art. 3 della l. 241/1990.
La motivazione rappresenta un elemento essenziale per la validità dell’atto amministrativo
in quanto consente di rendere trasparente il percorso logico e argomentativo seguito dalla
PA nel processo di formazione del provvedimento indicando i presupposti di fatto e le
ragioni giuridiche con cui la PA ha inteso ottimizzare l’interesse pubblico sottostante, in
relazione alle risultanze dell’istruttoria.
Ciò anche per consentire il successivo ed eventuale sindacato di legittimità ad opera del
giudice.
5
La norma ammette anche la motivazione per relationem ma producendo contestualmente
l’atto cui si richiama.
Inoltre, a tutela dell’interessato, in ogni atto a lui notificato vanno indicati anche il termine
e l’Autorità cui è possibile ricorrere.
L’assenza della motivazione lede il principio di trasparenza12 in quanto non permette agli
amministrati di valutare ex post il corretto operato della pubblica amministrazione
comprimendo la democrazia partecipativa che l’ordinamento interno e comunitario
impongono come principio generale dell’attività amministrativa, del quale deve potersi
controllare e verificare la ragionevolezza, la logicità e la coerenza.
Si ricorda infine quanto previsto dall’art. 3 bis della l. 241/1990 circa l’incentivazione
dell’uso della telematica. In questo ambito è chiaro come la rete possa costituire un
formidabile strumento di trasparenza sia nei processi interni, sia nel rapporto con i
cittadini.13
4. La trasparenza nella figura del responsabile del procedimento
Gli artt. 4, 5 e 6 e 6 bis della legge n. 241/1990 introducono e disciplinano la figura del
responsabile del procedimento amministrativo, la sua funzione e la sua incidenza sul
provvedimento finale.
L’istituzionalizzazione di tale figura rende il principio di trasparenza dell’attività
amministrativa effettivamente operante poiché permette agli interessati di avere un
referente a cui rivolgersi nei procedimenti che li riguardano.
L’esercizio della funzione amministrativa esce dall’anonimato e viene “personalizzato”
evitando la dispersione in una pluralità di uffici delle competenze e le conseguenti inerzie.
Si compie inoltre un importante passo ai fini della responsabilizzazione individuando un
soggetto che diviene il centro di riferimento di compiti, e di conseguenti responsabilità, nei
confronti di tutti i soggetti coinvolti nel procedimento.
12 Il
provvedimento immotivato o insufficientemente motivato è viziato per violazione di legge e non più, come si riteneva
in passato, di eccesso di potere.
13 In materia di comunicazione telematica si ricorda l’obbligo di pubblicazione on line, stabilito dall’art. 18
“Amministrazione aperta” (legge 7 agosto 2012, n.134), delle concessioni, sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili
finanziari a imprese e l’attribuzione di corrispettivi e di compensi a persone, professionisti, imprese ed enti privati e
comunque di vantaggi economici di qualunque genere. L’adempimento risulta particolarmente rilevante per importi
superiori a 1000,00 € nell’anno solare, costituendo condizione legale di efficacia dell’attribuzione.
6
Oltre alla sua figura è prevista l’individuazione dell’unità organizzativa e la loro
comunicazione agli interessati 14 e, a richiesta, a chiunque via abbia interesse. In mancanza
dell’individuazione del responsabile del procedimento, la figura coincide con quella del
dirigente preposto all’unità organizzativa15.
Circa le sue funzioni in rapporto al privato: egli può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la
rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete16, può esperire accertamenti tecnici
ed ispezioni nonché ordinare esibizioni documentali; cura le comunicazioni, le
pubblicazioni e le notificazioni previste dalle leggi e dai regolamenti, adotta il
provvedimento finale ovvero trasmette gli atti all’organo competente che non può
discostarsi dalle risultanze dell’istruttoria da esso condotta se non indicandone la
motivazione nel provvedimento finale.
La legge anticorruzione aggiunge il comma 6 bis prevedendo l’obbligo di astensione del
responsabile del procedimento e dei titolari degli uffici competenti ad adottare pareri,
valutazioni tecniche, atti endoprocedimentali e il provvedimento finale. Quindi sia nella
fase istruttoria che decisoria e sia in caso di conflitto reale che potenziale.
Il senso della trasparenza sta qui nella convinzione che la PA è imparziale solo se
impermeabile alla corruzione.
Secondo alcuni, viene codificata come disposizione di legge una norma che avrebbe dovuto
da tempo trovare il suo posto nei codici di comportamento ed in ogni piano interno posto a
garantire l’imparzialità e la trasparenza.17
5. La trasparenza nella partecipazione al procedimento
Il capo III (articoli 7-13) della l. 241/1990 disciplina le modalità di partecipazione dei
privati al procedimento amministrativo in ossequio ai principi di trasparenza, economicità
ed efficacia.18
14
I soggetti verso cui il provvedimento è destinato a produrre effetti diretti, quelli che per legge devono intervenire e a
quelli, individuati o facilmente individuabili, che potrebbero subire un pregiudizio dal provvedimento stesso
15 L’atto con il quale si individuano le unità organizzative competenti per ciascun procedimento ha natura regolamentare
mentre gli atti con i quali si individuano i singoli responsabili di procedimento hanno natura di atti di gestione e sono di
competenza dei dirigenti.
16 Va ricordato che, secondo quanto previsto dall’art. 6, c. 2, lett. b) del d.l. 70/2011, convertito in l. 106/2011, le
pubbliche amministrazioni non possono respingere istanze per la mancata produzione di un documento senza il
preventivo invito a regolarizzare la documentazione entro un congruo termine.
17 Da op. cit. di Luigi Oliveri.
18 Si ricorda che le norme sulla partecipazione non si applicano agli atti normativi, a quelli a contenuto generale, agli atti
di programmazione e pianificazione, i quali già hanno una disciplina che contempla fasi di partecipazione attraverso le
osservazioni dei privati ai progetti di piano. Non si applica infine ai procedimenti tributari e a quelli riguardanti i
collaboratori di giustizia.
7
In questo
ambito
è importante ricordare che secondo
l’art.
57 del
Codice
dell’amministrazione digitale (d.lgs. 82/2005) le P.A. non possono chiedere ai cittadini
l’uso di moduli e formulari non pubblicati e che le disposizioni che prevedono l’obbligo per
le P.A. di pubblicare sui siti, per ciascun procedimento ad istanza di parte rientrante nelle
proprie competenze, l’elenco degli atti e documenti che l’istante ha l’onere di produrre a
corredo della domanda, si applicano anche agli atti o documenti, la cui produzione a
corredo dell’istanza è prevista da norme di legge, regolamento o atti pubblicati nella
Gazzetta Ufficiale (art. 6, c. 6, l. 180/2011, sullo statuto delle imprese).
La norma in esame attiva la partecipazione con la comunicazione di avvio del
procedimento
che
dell’amministrazione
contiene
l’indicazione
competente,
dell’oggetto
dell’ufficio
e
della
del
procedimento
persona
stesso,
responsabile
del
procedimento, la data entro cui deve concludersi e i rimedi esperibili in caso di inerzia
della P.A, nonché, nei casi di procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione
dell’istanza. Quest’ultima ipotesi, inizialmente esclusa dalla giurisprudenza, va messa in
relazione con la volontà di dare termini certi alla conclusione del procedimento. Si
presume però che essa sia principalmente riferita agli “altri interessati” visto che il
soggetto istante già conosce la data di presentazione.
Particolari esigenze di celerità del procedimento, ovvero il caso in cui l’espletamento della
comunicazione possa comportare un rallentamento nell’emanazione del provvedimento
finale tale da non permettere il soddisfacimento dell’interesse pubblico sottostante,
consentono di evitare tale adempimento19. Si deve tuttavia trattare di un’urgenza
qualificata ovvero obiettiva, concreta e attuale, opportunamente motivata.20
La comunicazione va effettuata ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è
destinato a produrre effetti diretti, ai soggetti che per legge debbono intervenire e ai
soggetti individuati o facilmente individuabili che possono subire un pregiudizio dal
provvedimento.
19
Sul punto si è pronunciata copiosa giurisprudenza oggi recepita nella l.241/1990 all’art. 21 octies. Il caso è quello dei
provvedimenti vincolati. Si è chiarito che la comunicazione di avvio del procedimento e la relativa partecipazione del
privato al procedimento stesso vanno viste come strumento di partecipazione collaborativa diretta ad arricchire
l’istruttoria procedimentale: se quest’ultima non può essere arricchita, la comunicazione e la partecipazione non hanno
motivo di esistere.
In sostanza la comunicazione di avvio del procedimento diventa superflua quando: l’adozione del provvedimento è
doverosa (oltreché vincolata) per l’amministrazione; i presupposti fattuali risultano incontestati; il quadro normativo di
riferimento non presenta margini di incertezza apprezzabili; l’eventuale annullamento del provvedimento finale per
violazione dell’obbligo formale di comunicazione non priverebbe l’amministrazione del potere di adottare un nuovo
provvedimento di identico contenuto.
20 Cons. di stato sez. IV 25 settembre 2000, n. 5061. Tra i casi in cui si è ravvisata l’urgenza: ordine di divieto di
prosecuzione dell’attività denunciata; provvedimenti in materia di discarica e rifiuti; provvedimenti in materia di
possesso di armi…
8
La partecipazione si realizza anche attraverso altri istituti come il diritto di intervento nel
procedimento in base al quale, qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o
privati, nonché i portatori di interessi diffusi, costituiti in associazioni o comitati, cui possa
derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento.
I diritti che questi soggetti possono esercitare si sostanziano nel diritto di prendere visione
degli atti del procedimento21 e di presentare memorie scritte e documenti che
l’amministrazione ha l’obbligo di valutare se coerenti con il procedimento.
La generalizzazione del principio di partecipazione è nuova, in quanto precedentemente
solo alcune discipline speciali (ad es. in materia urbanistica, di gestione del territorio)
prevedevano l’apporto del privato in fase endoprocedimentale.
Secondo la maggioranza della dottrina la codificazione della partecipazione è uno dei
sintomi più significativi della volontà di modificare il concetto di Autorità e di atto
autoritativo, tradizionalmente inteso come cardine dell’azione amministrativa.
L’intento sarebbe quello di pervenire ad una struttura non autoritaria e, per alcuni aspetti,
paritetica dell’atto (per esempio con gli accordi sostitutivi). 22
In proposito è interessante porre l’accento anche su altra dottrina, non partecipazionista,
la quale considera l’avvio del procedimento come l’emersione di un conflitto e ritiene il
potere amministrativo come un potere detonatore. Ciò, sia nei confronti di provvedimenti
sfavorevoli (come nel caso dei provvedimenti espropriativi il cui avvio non viene
comunicato perché previsti nei piani regolatori), sia nei provvedimenti favorevoli (alla cui
formazione partecipano, oltre che i destinatari anche coloro che subiranno gli effetti
pregiudizievoli dagli stessi)23.
Secondo questi studiosi la comunicazione di avvio avrebbe lo scopo di consentire un
dibattito tra PA e cittadino esclusivamente strumentale all’adozione di un “buon
provvedimento” acquisendo le conoscenze del privato sulla questione oggetto del
provvedimento.24
21
Si tratta dell’accesso ai documenti amministrativi esercitato prima della conclusione del procedimento ovvero l’accesso
endoprocedimentale.
22 Cosi Carlo Taglienti in “Trasparenza dell’atto amministrativo” da http://www.giustizia-amministrativa.it.
23 Si pensi al caso di un procedimento concorsuale in cui non è detto che la PA assuma il vincitore primo classificato
anche se sarebbe tenuta a farlo.
24 Solo il privato è a conoscenza se nel terreno da espropriare c’è un pozzo, o delle specie protette da non danneggiare..
9
Si determinerebbe quindi un effetto mitigatorio del provvedimento finale nel quale la
partecipazione non assumerebbe un valore in sé ma costruirebbe solo un elemento per
costruire un buon provvedimento.
In sostanza la comunicazione di avvio non sarebbe uno strumento deflativo del
contenzioso né del pre-contenzioso ma uno strumento istruttorio senza alcun valore in sé
in quanto sui valori non può essere concessa una mediazione.
Un’applicazione del principio di trasparenza può rinvenirsi anche nella previsione di cui
all’art. 10 bis, introdotto dalla legge di modifica n. 15 del 2005, che, nei procedimenti ad
istanza di parte, obbliga il responsabile del procedimento o l’autorità competente, prima
della eventuale formale adozione di un provvedimento negativo, a comunicare
tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domanda25.
Tale comunicazione è finalizzata a consentire agli interessati di presentare eventuali
osservazioni e documenti dei quali l’amministrazione deve tenere conto ai fini della
decisione finale. L’amministrazione, infatti, se conferma definitivamente il rigetto
dell’istanza, deve motivare le ragioni che hanno portato al mancato accoglimento delle
ulteriori considerazioni.
Secondo la dottrina maggioritaria la ratio della norma è cercare di limitare il contenzioso
tra cittadini e pubblica amministrazione.
L’altra parte della dottrina sopra richiamata ritiene invece che l’art. 10 bis costituirebbe
solo l’ultima chiamata alla partecipazione del privato, che avrebbe già ampiamente
partecipato grazie alla comunicazione di avvio. In particolare l’art. 10 bis costituirebbe una
vera ipotesi di pre-contenzioso.
A supporto di questa tesi si adduce che raramente le memorie presentate dal privato
determinano un cambiamento nel convincimento della PA e molto più spesso non si coglie
la possibilità offerta da questo articolo preferendo adire direttamente il giudice
amministrativo.
Nel capo dedicato alla partecipazione infine, l’art.11 disciplina la possibilità di stipulare
accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento26 con gli interessati.
25
Si deve ricordare che la norma in esame non si applica alle procedure concorsuali e ai procedimenti in materia
previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali. Non possono essere
addotti tra i motivi che ostano all’accoglimento della domanda inadempienze o ritardi attribuibili all’amministrazione.
26 I primi definiscono il contenuto del provvedimento amministrativo finale mentre i secondi lo sostituiscono. Si segnala
che l’accordo sostitutivo dal 2005 è divenuto istituto di generale applicazione.
10
In particolare è previsto che in accoglimento delle osservazioni e proposte presentate a
norma dell’articolo 10, l’amministrazione procedente “può concludere, senza pregiudizio
dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli
interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale
ovvero in sostituzione di questo”.
La norma attenua il carattere tradizionalmente unilaterale e autoritativo dell’attività
amministrativa consentendo che il procedimento amministrativo si concluda con una
determinazione frutto del consenso tra privati e PA.
La novella della legge 190/2012 aggiunge che “Gli accordi di cui al presente articolo
devono essere motivati ai sensi dell’articolo 3” 27
Lo scopo, valido per entrambe tipologie, è chiarire il presupposto secondo cui le parti
hanno deciso di ricorrere allo strumento consensuale e le ragioni di merito che ne sono alla
base.
Attualmente lo strumento offerto dall’articolo in esame è scarsamente utilizzato dalle P.A.
ma è facile immaginare che in futuro, in un periodo caratterizzato dalla scarsità di risorse,
il ricorso allo stesso si amplierà notevolmente.
Una volta effettuata la scelta pattizia tuttavia l’Amministrazione non dovrebbe avvalersi di
strumenti autoritativi per disciplinare la stessa fattispecie28.
Si deve comunque ricordare che la tutela giurisdizionale in materia di accordi invalidi è
tutt’oggi molto discussa in dottrina.
In effetti il provvedimento finale è sempre impugnabile oltre che dal destinatario anche
dai controinteressati lesi. Se invece è l’accordo ad essere invalido, restano ferme le norme
che regolano l’invalidità del contratto, il quale non può essere impugnato da chi non sia
parte dello stesso.
La norma in esame non assicura quindi una valida tutela di fronte allo strumento
privatistico dell’accordo.29
27
Per cui “gli accordi sostitutivi di provvedimenti sono soggetti ai medesimi controlli previsti per questi ultimi”.
Cosi Carlo Taglienti in “Trasparenza dell’atto amministrativo” da http://www.giustizia-amministrativa.it.
29 Ci si chiede inoltre: come impugnare di fronte al giudice un accordo con cui si danno più vantaggi ad un soggetto
piuttosto che ad un altro per disparità di trattamento?
28
11
Infine, a chiusura dell’analisi del capo III, si cita la previsione dell’art. 12 la quale, in
un’ottica di trasparenza, stabilisce la predeterminazione e la pubblicazione, da parte delle
amministrazioni procedenti, dei criteri e delle modalità per la concessione di sovvenzioni,
contributi, sussidi ed ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici.
6. La trasparenza nel diritto di accesso ai documenti amministrativi nei
confronti dei soggetti controinteressati
Il diritto di accesso ai documenti amministrativi costituisce una delle massime applicazioni
del principio di trasparenza. La sua definizione e disciplina sono contenute nel capo V
(artt. 22-28) della l. 241/1990, come modificata dalla l. 15/2005 che ha recepito che le
pronunce giurisprudenziali, le elaborazioni dottrinarie e le innovazioni del sistema
costituzionale e normativo intercorse nel tempo.
Nel 2006, l’entrata in vigore del Regolamento, d.P.R. 184
30,
attuativo della riforma, ha
reso operative le nuove disposizioni e ha meglio definito il ricorso amministrativo di fronte
alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi.
Secondo l’art. 22 della legge 241 il diritto di accesso è “il diritto degli interessati di
prendere visione ed estrarre copia di documenti amministrativi” mentre gli interessati
sono “tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che
abbiamo un interesse diretto, concreto ed attuale corrispondente ad una situazione
giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”.
In materia di trasparenza sembra qui importante ricordare quanto previsto dall’art. 1, c. 30
della legge 190/2012 secondo cui le amministrazioni, nel rispetto della disciplina del
diritto di accesso ai documenti amministrativi hanno l'obbligo di rendere accessibili in
ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica di cui al
decreto legislativo 7 marzo 2005, n.82, e sm.i., le informazioni relative ai provvedimenti e
ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato
della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase.
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Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi
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Sul diritto di accesso si è già scritto molto. Per questo motivo chi scrive si focalizzerà
principalmente sulle garanzie che devono essere offerte nel modo più trasparente possibile
agli altri soggetti coinvolti nel procedimento di accesso ovvero i controinteressati.
Nella specie, l’emersione di profili di riservatezza all’interno delle vicende di accesso ha
reso necessaria l’istituzionalizzazione di tali soggetti all’interno del procedimento passando
da un rapporto bilaterale tra amministrazione e istante ad un rapporto trilaterale.
Essi sono definiti come “tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla
natura del documento richiesto, che dall’esercizio dell’accesso vedrebbero compromesso il
loro diritto alla riservatezza”. Si intendono quindi soggetti titolari di un diritto uguale e
contrario a quello attuato con l’accesso e in particolare dell’interesse all’esclusione del
soggetto interessato dalla conoscenza dei documenti che contengono dati loro riferiti.
Essi sono titolari del c.d. diritto di controrappresentazione solo se individuati o facilmente
individuabili. Dalla norma si evince che l’amministrazione non sembra oberata dal dovere
di effettuare accurate e approfondite indagini per individuarli.
In via generale si può comunque affermare che ad identificare tali soggetti concorrono due
elementi:
1. uno formale, ovvero l’esplicita indicazione del soggetto in un documento;
2. uno sostanziale, ossia l’interesse alla conservazione della situazione esistente in
ragione del proprio interesse qualificato a mantenere i propri dati riservati.
In tale prospettiva l’art. 24, c. 6, lettera d), rimette alla potestà regolamentare del Governo
la possibilità di escludere l’accesso quando “i documenti riguardino la vita privata o la
riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi imprese e associazioni con
particolare riferimento agli interessi epistolare (inviolabilità della corrispondenza),
sanitario (diritto fondamentale alla salute dell’individuo), professionale (sicurezza dei
rapporti intimi professionali tra il professionistica e il cliente), finanziario (mantenimento
dell’ordine pubblico economico), industriale e commerciale (riservatezza imprenditoriale,
del know how) di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti
all’amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono”.
La disposizione in parola specifica la tipologie di interessi a cui si può estendere la privacy
tuttavia essa deve essere armonizzata con quanto previsto dalle ulteriori norme
sull’accesso nonché con la normativa in materia di privacy.
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Innanzitutto va ricordato l’art. 22, c. 4 della legge 241/1990 che recepisce quanto previsto
dal Codice della privacy, d.lgs. 196/2003, in materia di accesso ai propri dati personali da
parte della persona cui i dati si riferiscono stabilendo che:
“non sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che
non abbiano forma di documento amministrativo salvo quanto disposto dal d. lgs. 196
del 2003 in materia di accesso ai dati personali da parte della persona cui i dati si
riferiscono”.
Per quanto concerne il conflitto tra accesso e riservatezza l’art. 24, c. 7, diversifica la
disciplina applicabile in relazione alle diverse tipologie di dati che possono essere
contenute nel documento31 prevedendo che “deve comunque essere garantito ai
richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per
curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati
sensibili e giudiziari l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile
e nei termini previsti dall’art. 60 del d.lgs. 196 del 2003 in caso di dati idonei a rivelare lo
stato di salute e la vita sessuale”
Secondo la dottrina, la disposizione segna una svolta a favore della conoscibilità dei
documenti amministrativi in quanto non si limita più a garantire la mera visione ma
assicura oggi all’interessato un accesso pieno con estrazione di copia.
Tuttavia va sempre tenuto presente che l’ostensione dovrà avvenire adottando
accorgimenti tali da oscurare (con omissis o cancellature) i dati riferiti a soggetti terzi non
necessari all’interessato all’accesso, secondo i principi di pertinenza e non eccedenza nel
trattamento.
Per i documenti che contengono dati personali comuni di terzi, la legge permette quindi di
accedere anche attraverso l’estrazione di copia degli stessi.
In questo caso sarà sufficiente la motivazione della necessità della cura o difesa degli
interessi giuridici del richiedente. Se alla base dell’istanza non esistesse un interesse da
curare o difendere ma solo una volontà conoscitiva qualsiasi preverrebbe la riservatezza
dei terzi.
L’accesso ai documenti contenenti dati sensibili e giudiziari di terzi è consentito come
extrema ratio, solo ove non sia possibile provvedere diversamente.
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I dati dei terzi vanno quindi distinti, in base alle definizioni del Codice della privacy, in dati personali comuni (nome,
cognome, indirizzo, codice fiscale), dati sensibili e giudiziari (adesione a partiti politici, sindacati, credenze religiose,
iscrizione al casellario giudiziario…) e dati supersensibili (stato di salute e vita sessuale).
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Nel caso invece di documenti contenenti dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita
sessuale, si rinvia espressamente a quanto stabilito dall’art. 60 del Codice della privacy.
L’ostensione è quindi consentita solo se la situazione giuridicamente rilevante che si
intende tutelare con la richiesta di accesso è di rango almeno pari ai diritti dell’interessato,
ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e
inviolabile.
L’elencazione delle situazioni giuridiche da raffrontare contenute nell’art. 60 ha comunque
un carattere generale e non tassativo.
Conseguentemente esse devono essere individuate in una chiave storico evolutiva.
L’amministrazione dovrà quindi porre in essere un bilanciamento in concreto tra i due
diritti in contesa considerando le peculiarità della specifica vicenda a lei sottoposta.
Oggetto del bilanciamento sarà il diritto sottostante che l’interessato intende far valere con
l’acquisizione dei documenti contenenti i dati sensibilissimi di terzi.32 In questo ambito, ad
esempio, la giurisprudenza ha ritenuto, ad esempio che lo scioglimento del matrimonio e il
diritto al lavoro coinvolgessero situazioni giuridicamente rilevanti di uguale rango rispetto
alla riservatezza sulla salute del terzo controinteressato.
L’onere di dimostrare che l’interesse sotteso all’istanza è di rango almeno a quello alla base
della riservatezza incombe sul richiedente. Al contrario il titolare dei dati sensibilissimi
non è tenuto a dimostrare la sussistenza di una lesione al suo diritto essendo questo
tutelato in apice, dalla sua natura.
Secondo il Garante, la pubblica amministrazione nella valutazione degli interessi in
conflitto non dovrà limitarsi ad un confronto tra i diritti coinvolti ma dovrà anche
verificare se la conoscenza dei documenti sia effettivamente necessaria ai fini della difesa
dell’istante.
Sul piano procedurale il nuovo Regolamento attuativo del diritto di accesso, d.P.R. n.
184/2006 conferma l’impostazione del precedente d.P.R. 352/92. In particolare il
Regolamento continua a graduare l’esercizio del diritto di accesso su due livelli, quello
informale e quello formale.
L’accesso informale è nella prassi lo strumento più utilizzato per accedere alla
documentazione amministrativa tuttavia esso non e’ attuabile quando, in base al contenuto
(natura) del documento richiesto, la pubblica amministrazione ravvisi l’esistenza di
32Il Garante per la protezione dei dati personali ha aggiunto in via interpretativa l’ulteriore requisito dell’indispensabilità
dell’accesso ai fini della cura o difesa degli interessi giuridici dell’istante anche per questi dati.
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controinteressati. In tal caso essa dovrà invitare il richiedente a presentare istanza formale
di accesso e troverà applicazione la disciplina dell’art. 3 del Regolamento che prevede
l’immediata notifica33 di copia dell’istanza ai controinteressati.
E’ importante dire che l’amministrazione nell’individuazione dei soggetti controinteressati
dovrà tenere conto anche degli “atti connessi” al documento cui si chiede di accedere.
Infatti l’accoglimento dell’istanza ostensiva ad un documento comporta anche la facoltà di
accesso agli altri documenti nello stesso richiamati o riconducibili al medesimo
procedimento, salve le eccezioni di legge o Regolamento.
La ratio della notifica da parte della pubblica amministrazione consiste nella volontà di
assicurare ai soggetti titolari dei dati un effettivo controllo sui poteri pubblici in ordine ai
flussi informativi.
Inoltre la comunicazione dell’istanza di accesso è funzionale all’attivazione di un
contraddottorio sostanziale affinché il bilanciamento tra il diritto di accesso e la privacy sia
effettuato in concreto, attraverso una ponderazione di tutte le posizioni potenzialmente
configgenti.
Entro 10 giorni dalla ricezione della comunicazione i controinteressati possono presentare
motivata opposizione, anche per via telematica alla richiesta di accesso. La partecipazione
del controinteressato consentirà così alla P.A. di adottare la sua decisione contemperando
equamente i differenti interessi in gioco (attuando i principi del giusto procedimento).
Una volta trascorso il termine di 10 giorni la p.a. provvede accertata la ricezione della
comunicazione.
Alla luce della posizione del tutto peculiare del controinteressato, alcuni autori hanno
individuato nella notifica prevista dall’art. 3 del Regolamento un’ipotesi di comunicazione
obbligatoria di avvio del procedimento. La stessa possibilità di opporsi all’accesso sarebbe
espressione delle facoltà partecipative riservate ai terzi nel procedimento. Di conseguenza
si ritiene che il provvedimento conclusivo del procedimento andrebbe motivato non solo in
riferimento al diniego (espresso o tacito) o al differimento ma anche nel caso in cui
l’istanza trovi accoglimento.
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notifica ai controinteressati deve essere effettuata con raccomandata con avviso di ricevimento.
In ossequio all’art. 3 bis, l. 241/90, si contempla come modalità alternativa di notifica lo strumento telematica (PEC), ma
solo per coloro che vi abbiano dato il proprio consenso
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Per quanto riguarda la tutela, la legge 241 prevede la possibilità di attivare dei ricorsi
giustiziali di fonte al difensore civico, per gli atti delle amministrazioni regionali,
provinciali e comunali e davanti alla Commissione per l’accesso, per gli atti di
amministrazioni statali. La previsione dei ricorsi giustiziali risponde principalmente ad
una esigenza di diminuzione del contenzioso di fronte al giudice amministrativo. I ricorsi
giustiziali hanno comunque carattere facoltativo in quanto il termine per ricorrere di
fronte al Tar resta sospeso fino all’acquisizione della decisione dei due organi.
Nei ricorsi di fronte alla Commissione, il Regolamento estende la legittimazione anche al
soggetto controinteressato.34 Nonostante la bontà della nuova disposizione, l’interesse dei
controinteressati a non veder divulgati i propri dati non è garantito appieno in quanto se
l’accesso fosse consentito nella sede procedimentale a nulla servirebbe il loro ricorso di
fronte alla Commissione.
Secondo la dottrina, sarebbe stato quindi più opportuno prevedere che nella sede
procedimentale l’opposizione manifestata dal controinteressato valesse a inibire
l’esibizione del documento richiesto sospendendo l’accesso fino ad un certo termine, al fine
di consentire ai titolari della riservatezza di ricorrere nelle sedi opportune.
Sempre in tema di controinteressati, il Regolamento precisa che qualora essi non siano
stati individuati nel procedimento e la Commissione ne ravvisi l’esistenza, provvede essa
stessa a notificargli il ricorso.
Quando invece essi siano già conosciuti all’interno del procedimento, l’obbligo di notifica
del ricorso incombe sul richiedente35.
Si prevede infine che quando l’accesso è negato o differito per motivi inerenti a dati
personali riferiti a soggetti terzi la Commissione acquisisce il parere del Garante per la
protezione dei dati personali. La norma si riferisce unicamente ai ricorsi proposti davanti
alla Commissione, competente per gli atti delle amministrazioni centrali o periferiche dello
Stato, senza considerare i ricorsi davanti al difensore civico. Tale diversità di disciplina
configura un presumibile errore materiale o forse una svista del legislatore. Inoltre la
norma si riferisce indistintamente a tutti i dati e non, come sarebbe stato più opportuno, ai
34 L’introduzione di tale possibilità in una norma regolamentare di rango secondario ha destato alcune perplessità sul
piano della gerarchia delle fonti ma è apparsa comunque opportuna in quanto completa il formale riconoscimento dei
contro interessati, già definiti dalla legge.
35 Nel termine di 15 giorni dall’avvenuta comunicazione i controinteressati possono presentare alla Commissione le loro
controdeduzioni.
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soli dati sensibili e giudiziari. Conseguentemente è probabile che il Garante si disinteressi
dei casi riguardanti dati privi di una tutela differenziata.
L’arricchimento delle competenze della Commissione non toglie alla stessa la
fondamentale funzione, già prevista, di vigilare affinché sia attuato il principio di piena
conoscibilità dell’attività della pubblica amministrazione. Tale compito è esercitabile nei
confronti di tutte le pubbliche amministrazioni, sia statali, che locali in quanto volto a
garantire i livelli essenziali delle prestazioni in materia di accesso. Per lo svolgimento delle
funzioni di vigilanza la normativa vigente attribuisce alla Commissione una serie di
compiti di controllo e/o ispettivi. In tal senso tutte le amministrazioni sono tenute a
comunicare alla stessa, nel termine da essa assegnato, le informazioni ed i documenti da
essa richiesti, ad eccezione di quelli coperti da segreto di Stato.
Essa cura la conservazione dell’archivio degli atti con cui le amministrazioni (statali
regionali e locali) individuano le categorie di documenti da esse formati o comunque
rientranti nella loro disponibilità, sottratti all’accesso in quanto riconducibili ai casi di
esclusione tassativa all’accesso.
La Commissione conserva poi il compito di redigere una relazione annuale sulla
trasparenza da comunicare alle camere e al Presidente del Consiglio dei Ministri.
La Commissione è titolare anche di poteri consultivi. Oltre al parere al Garante, essa
esprime pareri volti a favorire il coordinamento dell’attività organizzativa delle
amministrazioni in materia di accesso e per garantire l’uniforme applicazione dei principi
sugli atti che le singole amministrazioni adottano ai sensi dell’art. 24, c. 2.
Essa esprime il parere che il Governo può richiederle in vista dell’adozione del
Regolamento di specificazione dei casi di sottrazione all’accesso di cui all’art. 24, c. 6. E’
infine titolare di un compito propulsivo e correttivo proponendo modifiche dei testi
legislativi e regolamentari che siano utili a realizzare la più ampia garanzia del diritto di
accesso.
Per concludere la trattazione va ricordato il generale obbligo previsto dall’art 26 della
legge sul procedimento secondo cui vanno pubblicati, secondo le modalità previste dai
singoli ordinamenti, le direttive, i programmi, le istruzioni, le circolari e ogni atto che
dispone in generale sull’organizzazione, sulle funzioni, sugli obiettivi, sui procedimenti di
una pubblica amministrazione ovvero nel quale si determina l'interpretazione di norme
giuridiche o si dettano disposizioni per l’applicazione di esse. Sono pubblicate inoltre le
relazioni annuali della Commissione per l’accesso e, in generale, va data la massima
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pubblicità a tutte le disposizioni attuative della legge sulla trasparenza e a tutte le iniziative
dirette a precisare ed a rendere effettivo il diritto di accesso.
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