Il “Progetto per un psicologia.” In sintesi, per Freud il processo primario è un’attività per la quale ad uno stimolo la cellula nervosa risponde con una scarica: se la scarica si verifica su un altro neurone e via via su altri, si produce una traccia mestica che tenderà a ripetersi “coattivamente”. La regola in tal caso pare la scarica obbligata ad una certa quantità d’energia alla ricerca di un livello minimo. Un livello alto corrisponderebbe al dispiacere, che la cellula nervosa deve scaricare. Siamo nel regime della necessità, della ripetizione , della coazione. “..ciò che condiziona il sonno è un abbassamento del carico endogeno nel nucleo ψ , che rende la funzione secondaria superflua” “.. possiamo pensare che condizione e caratteristica del sonno sia il discarico dell’io. E qui è subito evidente, noi abbiamo la condizione necessaria ai processi psichici primari. “Il sonno è caratterizzato da paralisi motoria (paralisi della volontà)” (p.420) Qui è ipotizzata una spaccatura nella stessa struttura biologica. F identifica nell’io una particolare popolazione di neuroni depositari del processo secondario il cui ruolo sarebbe di reprimere la popolazione di neuroni responsabili del processo primario. Il processo primario appare come un’entità staccata, inevitabilmente perversa e violenta, alquanto solipsistica ed incurante delle retroazioni ambientali. La malattia sembrerebbe comparire quando un io scarico non è più in grado di reprimere il gruppo di neuroni, o meglio le loro cariche. La terapia assume aspetti polizieschi da film horror dove il problema è la ricostruzione delle associazioni, epifenomeni di flussi di energia tra neuroni, fino ad arrivare al circuito “desiderante”, che rappresenta una specie di nemico interno, ormai “stampato nei circuiti”, parte di sé alienata, o al massimo reprimibile, ma mai risolvibile. Come se il sistema dei desideri fosse strutturalmente contrapposto ad una parte logica, presupposta come più elevata, più facente parte di quanto chiamiamo individuo. Il mito del centauro. Dove F cercava il Minotauro da incatenare, dopo averlo cercato avventurandosi nel labirinto, adesso possiamo dire che ogni aspetto di noi, istintivo o logico, autocosciente o incoscientemente, ripetuto in quanto acquisito e immagazzinato nella memoria implicita, è nostro, siamo sempre noi. Tutto ha un senso nell’ambito di interazioni con le persone significative della nostra vita. Anche gli aspetti più inquietanti di noi hanno spiegazioni in una contrattazione di cui non abbiamo coscienza di ricordo, per cui era importante essere in un certo modo; così importante che continuiamo a farlo anche se non ricordiamo l’originale perché. L’ipotesi freudiana di un processo primario, represso e simbolizzato nel classico sintomo isterico di conversione, solo in quanto sessuale, non costituisce forse un sistema di controllo ossessivo per una significazione relazionale di pericolo legato alla sessualità? Una razionalizzazione scientifica di una problematica personale, fatta affondare nel biologico e nel mitico? Se abbiamo dei desideri vorrà dire che ci sono utili e pensarli presenti in origine per produrre conflitti è direi alquanto di parte. Se ce li troviamo puntati addosso come nemici, forse la loro manifestazione non ha trovato apprezzamento ed è stato “significato” da evitare (Bollas). Ma il sistema anche biologico.neuronale è infinitamente più complesso e sconosciuto rispetto alla semplificazione freudiana. Il sistema psichico prospettato da F é monadico e solipsistico. Anche in un sistema biologico semplice le reazioni all’ambiente di evitamento e tropismo sono “relazionalmente” motivate. Non si capisce perché un sistema biologico superiore debba diventare incurante dell’ambiente e non, al contrario, capace di elaborare strategie più sofisticate di interazione. Ma se per F. il S.N.C. su difende con una difesa primaria, perché dovrebbe albergare un circuito illogico, che strutturalmente confonde un interazione reale con una memoria d’interazione carica di desiderio che deve essere istruita da un sistema più elevato? I sistemi semplici non patiscono allucinazioni. Un organismo semplice va verso un gradiente di nutriente e s’allontana se lo tocchi. Anche da un punto di vista evoluzionistico l’ipotesi fa acqua. I circuiti di controllo del dolore sono più semplici, modulano la percezione e regolano reazioni elementari al dolore. L’elaborazione successiva di una strategia, partendo da risposte semplici comporta, credo, una creazione di risposte standard(imparate) a situazioni sempre più complesse. Per logica, la parte più complicata del processo poggia su sotto processi più semplici e ne costituisce l’apice. Se quelli precedentemente non fossero stati funzionalmente utili non si sarebbero evoluti (perché un sistema dovrebbe “soffrire” inseguendo un gradiente di glucosio desiderato e non esistente. Se mai il sistema si sposterà finché l’aumento della concentrazione del nutriente segnalerà la direzione giusta. Ciò che F chiama segno di realtà credo sia qualcosa di molto più complicato e difficile da definire. Sistemi biologici semplici, senza coscienza, per definizione interagiscono in base a principi fisici rispondenti a leggi esistenti in sé, oltre ogni possibile decisionalità. La comparsa di quello che definirei un comportamento intelligente e ancora di più il pensiero e l’autocoscienza, dei quali il sonno rappresenta, credo, solo una modalità particolare di funzionamento, costituiscono un livello di complicazione maggiore, non spiegabile con i livelli inferiori. Cosa significhi realtà credo nessuno lo sappia. Forse possiamo parlare di sistemi di credenze e di convinzioni largamente condivise, ma non è possibile parlare di realtà senza escludere il punto di vista soggettivo, sia si parli di una persona o di un gruppo sociale. Quanto per me o per il mio gruppo è reale, totalmente condiviso, cioè un fatto sul cui significato siamo tutti d’accordo, per un altro o per un altro gruppo è delirio. Più si entrar nel modo dei significati, nell’interpretazione della risonanza emotiva, più tutto è assolutamente relativo e soggettivo. Quindi , ritornando a F, i neuroni ώ, posti alla fine della catena con scopi di segnalazione di realtà, sono una evidente contraddizione, se mai avrebbero dato un significato alle informazioni provenienti da piani inferiori; avrebbero integrato la loro informazione restituendo una risposta più elaborata. Semmai sarebbero degli integratori di stimoli provenienti da interno ed esterno. Un desiderio semmai è come una spia accesa su un livelli troppo alto o basso che innesca risposte retroattive. Insomma, realtà o non realtà è una categoria appartenente al soggettivo (e quindi agli ultimi livelli del biologico computazionale).