LEZIONI DI ECONOMIA MONETARIA Di Francesco Forte I LEZIONE

LEZIONI DI ECONOMIA MONETARIA
Di Francesco Forte
I LEZIONE
LA MONETA. I REGIMI MONETARI. LE UNIONI MONETARIE. IL CLUB
MONETARIO.
Sezione I
I tre requisiti della moneta: misura dei valori, serbatoio di valori, mezzo
di scambio
1. Moneta merce e moneta convenzionale. ll rapporto col potere politico.
L'economia
, men che primitiva, è inscindibile dal concetto di
monetai: la moneta, infatti, è l'entità mediante cui i valori economici
assumono una validità astratta, generale, vengono unificati e misurati.
Senza il fenomeno monetario, i valori economici non avrebbero quella
peculiarità «economica», che è loro propria, consistente nell'essere
suscettibili di quantificazione, di scambio l'un con l'altro, di
misurazione secondo un metro comune.
La moneta è un fenomeno «sociale» nel senso che essa si sviluppa
come mezzo di scambio per consentire all'economia di relazione,
all'economia «sociale» di funzionare e di evolversi.
Lo scambio in natura è un mezzo macchinoso, inadeguato. Un
medico pagato dai contadini in uova e polli dovrebbe barattarli poi col
sarto, il proprietario di casa ecc. Quanto più si infittiscono e si
ramificano i rapporti economici nella società, tanto più questa si
sviluppa, tanto più si amplia il campo di azione della moneta come
mezzo per gli scambi.
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La funzione della moneta come mezzo di scambio implica che debba
avere determinate caratteristiche, come la sua agevole trasportabilità
e la sua suddivisibilità e moltiplicazione in unità omogene non
ingombranti.
La moneta in tanto è mezzo di scambio, in quanto è serbatoio di
valori, ossia può essere scambiata con un bene o servizio che ha un
certo valore e conservarlo per altri successivi scambi.
Il problema della conservazione di questi serbatoio implica che essa
debba avere determinate caratteristiche, che ne favoriscono la
conservazione.
La funzione di «moneta» può essere assunta da una merce economica
che viene usata come comune denominatore di tutti i valori oppure da
una entità convenzionale, priva di contenuto intrinseco di merce e
dotata solo di quello di metro dei valori economici. Il potere politico dà
ufficialità, ossia “corso legale” alla moneta merce coniando le monete
fatte di quella merce, di solito un metallo prezioso o, almeno, pregiato,
di carattere omogeneo.
La moneta convenzionale presuppone un’organizzazione politica che
sanziona con la propria autorità quella convenzione.
Invece la moneta merce non presuppone tale organizzazione politica:
essa è un fenomeno «naturale», che può svilupparsi (e in fatto s’è
sviluppato) per la forza degli usi e delle circostanze oggettive.
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La moneta convenzionale, ovviamente, può essere regolata e usata
più facilmente che la moneta merce, in quanto la sua produzione non
è legata a leggi oggettive dell'economia e in quanto le sue
caratteristiche esteriori (peso, dimensione, conservabilità) possono
essere stabilite nel modo più comodo, scegliendo i materiali e i «tagli»
più convenienti.
Ma essa presuppone un grado maggiore di responsabilità politica e di
conoscenza dei fenomeni economici da parte delle autorità pubbliche.
È, insomma, uno strumento più «moderno», l'uso del quale comporta
una razionalità maggiore.
Quel che si è detto sul fatto che la moneta può essere una qualche
merce o una entità convenzionale, mostra che il concetto di moneta si
riferisce non a una certa sostanza, ma a un certo uso: come la
definizione di sedia prescinde dal materiale di cui questa è composta
per badare a uno scopo (a differenza della nozione di grano o di ferro),
così quello di moneta.
La funzione monetaria è (come si è accennato in principio) quella di
metro dei valori economici e, nello stesso tempo, di mezzo di scambio
e di serbatoio generico di valore economico. Le tre funzioni sono
strettamente connesse nel concetto di moneta: infatti in tanto la
moneta funge da metro dei valori economici e da mezzo di scambio in
quanto ogni sua unità ha un valore economico, poiché così si stabilisce
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l'equivalenza di valore di tot unità del singolo bene e di una unità di
moneta di cui la suddetta misura consiste.
La moneta può poi diventare misuratore di tutti i valori, perché o per
natura o per convenzione, è molto diffusa, in quanto molto richiesta e
facilmente accumulabile.
Ma proprio questo la rende un buon serbatoio di valore economico.
Riassumendo la moneta ha tre funzioni strettamene connesse:
a) Misura di valori;
b) Mezzo di scambio per superare la difficoltà del baratto;
c) Serbatoio di valore economico.
Le tre funzioni comportano, ciascuna, particolari caratteristiche, sia per
la moneta merce che per quella convenzionale.
2. Benché le tre funzioni della moneta siano interdipendenti si possono
avere beni monetari che non li hanno tutti o tre o li hanno solo
parzialmente
Sebbene vadano in concreto, molto spesso assieme queste tre
funzioni non sono necessariamente «inscindibili», potendo la prima
sussistere senza la seconda e la terza.
Concettualmente possiamo avere (e in fatto oggi abbiamo in certi
settori) una moneta che non può circolare da un soggetto all'altro e
che quindi non può servire da «mezzo di scambio» o non in tutte le
circostanze, pur essendo una misura di valori economici e un serbatoio
di valore.
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Si pensi all'oro; nella regolamentazione attuale degli Usa i privati non
possono tenerne scorte (salvo per scopi industriali) perché ciò è vietato
dalla legge. Nell’Unione europea invece è consentito detenere oro
anche per scopi diversi da quelli industriali, ma il possesso è soggetto a
controlli dell’Ufficio cambi.
In ogni caso, la legge vigente fra le banche centrali dei paesi ad
economia di mercato stabilisce un diritto di convertibilità fra oro e
dollaro, per le banche centrali, cosicché l'oro ha la funzione monetaria
di misura dei valori, in ogni caso indirettamente attraverso il dollaro (la
cui quotazione ufficiale è legata all'oro).
Nei pagamenti internazionali, la Banca della Riserva federale
americana è tenuta, su richiesta (sotto certe condizioni) a regolare in
oro le operazioni con molte altre Banche centrali. Essa ne deve tenere
pertanto una scorta: e dunque l'oro è qui serbatoio di valore.
Non si può invece concepire la seconda e la terza funzione senza
possibilità della prima: infatti, un «serbatoio di valore» è per sua
natura sempre adoperabile come misura di valore e un mezzo di
scambio è, automaticamente, misura del valore scambiato.
Però se la possibilità di misurare i valori necessariamente vi è, per
ogni serbatoio di valore non è detto che essa sia sempre sfruttata in
concreto.
Analogamente un serbatoio di valore, potrebbe essere usato come
mezzo di scambio, ma non è detto che lo sia in pratica.
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L'argento è un buon «serbatoio di valore» ma pochi misurano in
argento i valori, sebbene niente impedisca di farlo e, mentre un
tempo esso era un buon mezzo di scambio, ora pochi lo usano come
mezzo di scambio.
Anche i diamanti sono un buon serbatoio di valore, ma non sono
usati per la misura dei valori.
Perché un bene meriti l'appellativo di moneta, è indispensabile che
in concreto sia usato come misura di valori e mezzo di scambio e non
solo che ne abbia la possibilità.
Invero si potrebbero esprimere tutti i valori economici in quintali di
frumento o in quintali di acciaio con certe caratteristiche. Altri beni
non potrebbero adempiere a questa funzione decentemente: i metri
di stoffa di lana possono essere dei tipi più diversi, le paia di scarpe
possono essere di tipi molto diversi e così via.
È però certo che l'elenco dei beni che si prestano a misurare i valori
perché definibili in modo sicuro e riferendosi a tipi stabili, è molto
numeroso. Si pensi al petrolio e al gas naturale, che sono quotati nei
mercati mondiali.
Però perché un bene possa meritare il nome di moneta non basta
che qualche volta lo si impieghi come misura di valori, occorre che
tale uso sia sistematico e normale, meglio ancora se è sanzionato
ufficialmente dalle leggi.
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Solo allora, infatti, si determinano le ampie conseguenze sociali che
sono proprie della moneta come misura di valori: cioè si determina il
suo carattere di valore astratto, di valore universale, in cui tutti gli
altri, in effetti, si riferiscono e si traducono.
Inoltre, perché un bene sia pienamente moneta, non basta che sia
usato come misura dei valori, deve essere pure accettato come mezzo
di scambio in modo generale.
I mattoni il grano, anche se fossero usati molto come misura dei valori, non sono «moneta» perché non sono adoperati come mezzi di
scambio. Essi non vi si prestano in quanto i mattoni sono troppo
pesanti, rispetto al loro valore unitario e non è conveniente
trasportarli molto lontano.
Invece il grano, il riso, le carni, i succhi di frutta, il petrolio, il gas
naturale, l’alluminio, etc. etc. sono oggetto di commercio a lunga
distanza, sono beni fungibili, pertanto i certificarti che li
rappresentano, come vedremo, nel VI capitolo, possono diventare
prodotti finanziari di natura monetaria.
«Serbatoio di valore» può essere ogni entità che ha un valore
economico e che non si deteriora così rapidamente fisicamente ed
economicamente da non poter essere «trasportato nel tempo». Un
«buon» serbatoio di valore deve durare nel tempo e possibilmente
acquistare pregio col tempo.
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Per giunta l'utilità di un bene come serbatoio di valore si accresce se
esso può essere immagazzinato con facilità e trasportato da un luogo
all'altro senza troppa fatica.
Infine il suo pregio come «serbatoio di valore» si accresce se il suo
possesso dà una soddisfazione in sé: di ordine estetico, di curiosità
ecc. I francobolli rari sono un esempio classico di ciò. Serbandoli a
lungo salgono di valore e collezionarli soddisfa una curiosità, un gusto
di raccolta che è un pregio in sé.
I biglietti di banca si conservano e si trasportano facilmente e si
nascondono con facilità. Però il valore intrinseco dei biglietti è
soggetto a deterioramento in caso d’inflazione.
Va dunque osservato che il carattere di moneta non è un carattere
assoluto, ma una qualità più o meno intensa che molti strumenti di
capitale finanziario possono avere.
Già si è visto che per le «merci» il carattere di moneta può esistere,
«potenzialmente» in vari gradi. Ma per esse si è notato che vi è un
problema di «soglia»: se una merce non supera la «soglia» oltre la
quale è socialmente accettata come moneta, non lo è in un dato
contesto istituzionale.
Per le merci, insomma, il requisito di moneta è un «assoluto»: dopo
un certo assieme di condizioni, si ha il salto qualitativo alla moneta, al
di sotto non si ha il carattere di moneta.
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3. I prodotti finanziari come moneta. Liquidità e solvibilità.
Diversa è la situazione per i capitali finanziari e i loro redditi contenuti
nei prodotti finanziari. Essi, mentre servono da investimento
finanziario, possono fungere, in grado più o meno vasto, da moneta,
svolgendo compiti monetari in misura più o meno estesa: più è breve
l'investimento, cioè più presto esso si converte nel denaro che esso
rappresenta, più la capacità monetaria è alta.
Infatti, se il valore nominale di moneta di un investimento finanziario
è riscuotibile con facilità, ci si trova di fronte a un qualche cosa che,
con una breve attesa, si trasforma in moneta. Anche la possibilità che
certi operatori accettino un dato titolo finanziario, come moneta per i
pagamenti a essi e per le incombenze nei loro riguardi (cauzioni,
depositi ecc.) vale ad accentuarne il carattere monetario.
Questo concetto di «grado di monetarietà» di un titolo finanziario
può anche dirsi «grado di liquidità»: in quanto connesso, come si è
detto, alla scadenza più o meno rapida del titolo e quindi al recupero,
in moneta, del suo valore nominale.
Nel caso della moneta cartacea emessa da una banca centrale la
liquidità è il 100% e non ci si trova di fronte a un vero capitale
finanziario, ma a una vera moneta.
Ciò perché essa ha anche un elevato grado di solvibilità, ossia non si
pensa che quel “pezzo di carta” con un certo valore monetario di veti
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“carta straccia” , salvo nel caso di monete di stati che stano fallendo
per eccesso di debiti o per una inflazione che non si riesce a bloccare.
Anche per i prodotti finanziari, il requisito di “monetarietà” dipende,
come condizione necessaria, anche se non sufficiente, dal loro grado
di solvibilità.
I prodotti finanziari tanto meglio possono adempiere alla
funzione di moneta in quanto siamo tramutabili agevolmente e
abbastanza rapidamente in moneta ossia siano dotati di un levato
grado di liquidità e in quanto siano solvibili, ossia siano dotati di un
alto grado di sicurezza, sul loro contenuto, cioè abbiano un elevato
grado di solvibilità.
In conclusione:
a) ogni buon «serbatoio di valore» potrebbe servire da misuratore di
valori, ma non sempre ha le caratteristiche anche di buon mezzo di
scambio e quindi di moneta;
b)non tutti i buoni serbatoi di valore che hanno anche buoni caratteri
come mezzi di scambio, in fatto adempiono alla funzione di moneta,
cioè sono usati negli scambi e per misurare i valori;
c) solo quei serbatoi di valori che adempiono effettivamente in modo
sistematico e generale al compito di mezzo di scambio e di misura dei
valori meritano il nome di moneta perché solo essi hanno, nella realtà
sociale, quel carattere astratto e generale di «valore in sé» che è proprio
della moneta;
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d) i prodotti finanziari standardizzati dotati di un elevato grado di
liquidità e di un elevato grado di solvibilità e dotati di un ampio mercato
sono “quasi moneta” o anche “moneta”
e) non è necessario che i prodotti finanziari siano dotati di una
regolamentazione che li rende “ufficiali” in un importante mercato
finanziario perché essi siano riconosciuti come moneta socialmente,
basta che ciò non sia vietato.
4. Le monete private.
.I grandi gruppi multinazionali hanno creato la propria moneta
elettronica, mediante le loro carte di credito. . L’economia digitale non
ha creato solo BIT Coin, con cui è possibile abbonarsi a Il Giornale ,
che in tal modo ha segnalato una novità più vasta . Amazon in tal modo
ha creato la sua moneta e sembra che la voglia creare anche Google, per
i suoi servizi. Se tutti i grandi gruppi mondiali che operano in rete nel
commercio elettronico, nella finanza on line e nell’informazione
creeranno la propria moneta , ciò è destinato a modificare il sistema
monetario mondiale.
La questione della emissione di moneta da parte di Amazon o Google
o , magari in futuro da parte di Ali Baba, il gigante cinese del commercio
elettronico, fa avverare la tesi dell’economista liberista italiano
dell’ottocento Francesco Ferrara, che voleva la concorrenza nella
emissione di moneta .
La moneta elettronica è una moneta fiduciaria , come quella delle
banconote rispetto all’oro . Con la differenza che essa non è un derivato
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della moneta primaria oro , ma della moneta cartacea attuale slegata
dall’oro: che è il dollaro USA, l’euro o lo yuan cinese etcetera .
La
moneta di Amazon e analoghe . mediante carte di credito pre-pagate,
sono serbatoi di valore monetario identici a quelli delle banconote, che
si 5tenogno nel portafoglio, sebbene spendibili solo per certi beni
acquistabili on line , la cui lista può via via via via accrescersi. . Se è
lecito emettere queste carte di credito, che facilitano i pagamenti , non
si può proibire a una società commerciale che opera in rete , come
Amazon, di emettere una sua “moneta” che, primariamente, serve per
comperare i suoi prodotti . Ma altri la possono accettare in pagamento,
anche se non pensano di utilizzarla per comperare su Amazon, perché
ritengono di poter pagare con essa un proprio creditore , che a sua volta
la vuole usare per pagare terzi soggetti.
Chiunque può sperare di comprare in rete prodotti di Amazon, in
dollari o euro o le altre monete perché confida che ci sa abbastanza
magazzino in Amazon per soddisfare tutti coloro che ne hanno unità
monetarie e le vogliono convertire in merce del gruppo. Cioè questa
moneta è garantita dalla merce di Amazon , tramite i dollari( o gli euro
etc, che rappresenta ).
. Diverso è il caso delle monete elettroniche emesse da un operato
finanziario privato, come
Bit Coin. Il loro valore
dipende dalla
domanda e offerta che se ne fa ,cioè dalla loro diffusione . Bit Coin, che
ha come contro valore tutti coloro che operano in Bit Coin.. Con queste
monete i pagamenti sono più rapidi che tramite banca, perché istantanei
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o quasi .Inoltre non ci sono commissioni e la tracciabilità è simile a
quella delle banconote , qualora lo stato non decida di controllare le
operazioni in questione , tramite poteri di accesso alla rete che può
avere , in base ai poteri anti riciclaggio
La fluttuazione del valore di queste monete elettroniche
però
sconsiglia di tenerne importi troppo elevati o di investire in esse sui
basi mensili, annuali, pluriennali . Ciò anche perché il loro valore
dipenderà anche dalle regolamentazioni a cui saranno sottoposte , dalle
varie autorità monetarie , con o senza la spinta degli interessi di banche
che vedono ridursi l’area dei loro pagamenti.
II
Dalla moneta merce alla “moneta convenzionale” detta “Fiat money”
1. Dal Silver standard al gold standard
La storia dell'oro come moneta coincide con la storia del mondo civile:
è una vicenda molto animata, fatta di momentanee assenze e di ritorni
inattesi.
Il potere dello stato, aveva dato all’oro un valore ufficiale di moneta,
mediante il conio di monete d’oro, con i simboli del potere regale e il
loro valore facciale, di solito superiore a quello del contenuto metallico
effettivo, in quanto la certificazione conferiva un valore aggiunto alle
monete, rispetto all’oro in barre di peso e di carati equivalenti.
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Tale valore aggiunto è il “signoraggio”, che va al Tesoro del sovrano o
dello stato.
In quasi tutto l'Ottocento, però, contrariamente a quanto si potrebbe
credere il metallo monetario fondamentale, che dava vita al
signoraggio mediante il conio delle monete da parte del potere dello
stato oramai sempre più democratico e non solo più costituito da
Regni, ma anche da Repubbliche, non fu l'oro, ma l'argento.
Ad acclamare per prima l'oro come monarca assoluto del sistema
monetario dell’ottocento, fu l'Inghilterra nel 1821. Francia e Germania
la imitarono negli anni dal 1870 al 1880, e subito dopo quest'uso si
sparse in tutti i continenti, incontrando deboli resistenze.
Alla fine del secolo si convertì al «monometallismo aureo» perfino
l'India, il paese classico della tesaurizzazione dell'argento.
II predominio dell'oro era così assicurato. Non si trattava di una
dittatura limitata alle monete metalliche: al fatto che l'argento veniva
ridotto ad un ruolo secondario.
Invero si era oramai diffuso un nuovo tipo di moneta: il biglietto di
banca, che veniva emesso dalla banca, per certificare un credito verso
di essa, che consisteva o nell’equivalente di un deposito di biglietti di
banca o in un prestito alla clientela mediante utilizzo di tali depositi.
Dopo aver sconfitto ogni suo concorrente diretto, l'oro si trovava a
dover competere con una sostanza nuova e invadente: la carta. E nella
seconda metà dell'Ottocento, si era verificata una rapida espansione
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della carta moneta, depositata p fata a credito, che soddisfaceva alla
crescente domanda di moneta.
C'era però una trincea invalicabile, dietro la quale l'oro difendeva la
sua supremazia: il «gold standard», cioè la parità aurea. La carta
moneta era legalmente convertibile in oro da chiunque lo chiedesse.
Attraverso la «convertibilità» il ruolo dell'oro di metro del valore della
moneta carta si manteneva intatto.
Le banche centrali erano tenute a consegnare ai propri clienti, in
cambio di banconote, un valore corrispettivo in peso d'oro. Non
sempre, per la verità, questa regola veniva rispettata. Ma neanche chi
la rispettava aveva bisogno di un quantitativo di oro equivalente al
valore che il mercato dava alla sua moneta, in quanto bastava esser
certi che la Banca centrale fosse capace di rispettare il suo impegno.
Il sistema però poteva funzionare solo sul presupposto che in tutti gli
stati, che adottavano il gold standard , ciò consentisse l’equilibrio della
loro bilancia dei pagamenti correnti, in pratica un equilibrio fra import
ed export, che consentisse di non pagare in oro il deficit dei paesi meno
efficienti verso i più efficienti.
Ciò che emerge dunque è un teorema fondamentale, riguardante il
gold standard o il silver (argento) standard universale o un sistema con
cambio fisso fra oro e argento adottati entrambi come standard
delle banconote cioè quello per cui tutte le monete sono legate fra loro
da un cambio fisso , determinato dal loro rapporto con metallo
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prezioso sicché l’equilibrio della bilancia dei pagamenti viene raggiunto
con la flessibilità delle variabili che consentono ai vari paesi di
pareggiare import ed export, nel lungo andare, salvo quelli che hanno
miniere di oro o argento.
Nessun altro paese nel lungo termine ha la bilancia dei pagamenti
correnti strutturalmente in attivo: perché ciò implica che altri la hanno
strutturalmente in passivo.
Il gold o il silver standard non può funzionare a lungo in una economia
internazionale evoluta , in economia di mercato di libero scambio,
perché esso implica cambi fissi per sempre mentre se si adotta il libero
scambio l’equilibrio si raggiunge solo con cambi sempre flessibili o fissi
modificabili di quando in quando; diversamente non si può adottare il
libero scambio.
Il cambio fisso generalizzato è impossibile, in tali situazioni, sicché
alcuni paesi controllano il cambio della loro moneta e il commercio
internazionale, altri o questi stessi abrogano (temporaneamente, ma
senza termine definito) la convertibilità della loro moneta in oro e la
deprezzano per essere competitivi. Il libero scambio cessa di
funzionare.
2.Il gold exchange standard o sistema della parità di cambio con
competizione fra monete di riserva
La prima guerra mondiale distrusse il gold standard, che già aveva
subito varie deroghe in precedenza.
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.Le maggiori nazioni del mondo avevano emesso, durante il conflitto,
troppa carta moneta per potersi permettere di dichiarare la libera
convertibilità di queste banconote in oro: le scorte di metallo prezioso a
loro disposizione erano troppo modeste. C’era poi i debiti di guerra
internazionali, che costringevano alcuni paesi ad avere la bilancia dei
pagamenti in avanzo in oro. Compito impossibile per la Germania,
sconfitta.
In realtà, tutto ciò era il sintomo di una situazione più grave: c'era
troppo poco oro nel mondo, ormai, per soddisfare il fabbisogno monetario d'un mondo industrializzato che si doveva riconvertire dalla guerra
alla pace, utilizzando il progresso tecnologico e organizzativo della
grande industria, con produzioni di massa in serie, che si era sviluppata
negli sforzi bellici.
Ecco allora sorgere, nel 1922, dalla conferenza della Società delle
Nazioni, un nuovo sistema: quello del gold exchange standard, ossia
della «parità del cambio aureo».
Con questo sistema, il rapporto oro-moneta diventava meno diretto,
meno automatico. Alcune monete cioè venivano dichiarate
direttamente convertibili in oro con un rapporto fra banconote e oro
variabile entro un tetto massimo che dava elasticità ai loro cambi
reciproci; altre, invece, non erano cambiabili in oro ma in altre
monete dotate a loro volta della convertibilità in oro.
Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Giappone, Svezia, Norvegia, Canada, Danimarca, Brasile, Sud Africa, alla vigilia del ciclo economico
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che aveva generato il boom e poi la grande depressione del 1929,
avevano monete convertibili in oro, che perciò si chiamavano monete
pregiate o anche di riserva; mentre Italia, Germania, India, Grecia,
Polonia, Romania, Svizzera, Cecoslovacchia, Austria, Spagna, Olanda,
Belgio avevano monete convertibili in monete pregiate.
Conservare le monete «pregiate» o «di riserva» era dunque come
conservare oro. In questo modo il fabbisogno di oro, per le riserve dei
vari paesi del mondo, risultava molto minore di quello che sarebbe
stato richiesto da un sistema aureo «puro». Inoltre i cambi delle
monete non pregiate si potevano deprezzare o apprezzare
modificando il rapporto con quelle di riserva. Il sistema di usare come
riserva, oltre che l'oro, anche monete a base aurea attenuava le
conseguenze della scarsezza del metallo prezioso, diversa, per i
diversi paesi, non le eliminava.
Soprattutto, il nuovo sistema poggiava su basi precarie: si fondava
sulla solidità delle monete «pregiate», sulla loro effettiva
convertibilità in oro. Era, insomma, un sistema a piramide rovesciata.
basato in gran parte sulla fiducia, in ciò che stava nella punta della
piramide, la base aurea.
Il perno di tutto erano l'Inghilterra con le sue colonie africane e
asiatiche e gli USA, ricco di industrie e di miniere auree.
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La sterlina era la moneta del paese più ricco di scorte d'oro a causa
del Commonwealth, cioè l'insieme dei paesi coloniali che detenevano
la più alta produzione di quel metallo.
Perciò quando la crisi economica, nel 1931, travolse la sterlina, tutto
il sistema ne ebbe un grave contraccolpo. La moneta inglese fu
svalutata e dichiarata non più convertibile in oro. La capacità inglese
di esportare si era deteriorata, i prezzi e i costi inglesi erano saliti.
Il gold exchange standard registrava così la sua prima sonora
sconfitta. Tutti ora diffidano delle monete di carta, cercano oro
sonante. In realtà la grande crisi era sorta negli USA che avevano
avuto un boom e poi una depressione, che era stata contrastata con
la deflazione monetaria, generando disoccupazione. Ciò non poteva
durare.
Nel prossimo capitolo vedremo che occorre una offerta di moneta
adeguata alla domanda potenziale dell’economia per consentire
l’utilizzo delle capacità produttive, in regime di stabilità monetaria, in
una economia di mercato di concorrenza.
Gli Stati Uniti, nel 1934, con Roosevelt, si decisero a svalutare il
dollaro. Inoltre, per proteggersi dalla tesaurizzazione privata, si stabilì
che i privati non possono convertire i dollari in oro. Il prezzo dell'oro
venne fissato a 35 dollari l'oncia.
Le misure prese da Roosevelt accrebbero la fiducia nel dollaro, e così
i capitali defluirono dall'Europa verso gli Stati Uniti e le altre monete
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andavano svalutandosi. Nel 1938 gli Stati Uniti detengono così la più
grossa quota di oro di tutte le banche centrali del mondo: contro circa
quindici miliardi di dollari di oro, depositati a Fort Knox 1.
Ne conseguì un sistema di cambi manipolato e il protezionismo
economico e valutario, in Italia il regime di autarchia.
Neppure il gold exchange standard generalizzato consente lo
sviluppo degli scambi in regime di libero scambio perché questo
comporta che i cambi fra le varie monete siano flessibili, in base alla
legge generale della domanda e offerta, che riguarda non solo le
merci, ma anche i i valori capitali, come la moneta, serbatoio di
valore.
Si vive e si opera in un regime di «clearings», cioè di compensazioni
di debiti e crediti fra i vari paesi, in un sistema di baratto
internazionale. Nessuno si fida a privarsi del suo oro.
La guerra accentua questa situazione.
Il regime di moneta merce implica che, nei periodi ad alto rischio, per
le proprietà di vario genere, si generi la tesaurizzazione del metallo
monetario, come capitale non rischioso, causandone una scarsità
artificiale, ingigantita nella circolazione monetaria dal regime di
la Gran Bretagna nel '38 ne possiede solo tre, e il Belgio, la Francia, l'Olanda e la
Svizzera messi insieme altri cinque; tutte le altre banche centrali totalizzano nel
complesso soltanto tre miliardi di dollari in oro. Quanto all'Italia, le sue riserve auree
sono esigue. Mussolini ha persino fatto incetta delle fedi nuziali degli italiani per tentare
di rinsanguarle un poco.
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exchange standard che ammette un moltiplicatore fra metallo
prezioso e moneta circolante.
3.Il gold exchange standard di un solo paese con una autorità monetaria di
controllo dell’equilibrio monetario mondiale .
Nel 1944 nacque a Bretton Woods, vicino a Washington, un nuovo
sistema di gold exchange standard basato su due principi: c’è una sola
moneta di riserva che lo adotta e la sua base può essere modificata
da un soggetto internazionale, il Fondo monetario internazionale, che
funge da regolatore dei meccanismi monetari internazionali,
disciplinando il moltiplicatore dello exchange standard , del rapporto
di scambio con l’oro e le svalutazioni e rivalutazioni delle monete fra
loro e rispetto ad esso. Il Fondo monetario internazionale, nelle
intenzioni di Keynes , avrebbe dovuto avere soprattutto il compito di
emettere una moneta mondiale convenzionale, che liberasse il
mondo dai guai prodotti dall'insicurezza connessa col dominio
dell'oro, ma egli al compromesso dello standard di scambio variabile
L’oro non fu sconfitto a Bretton Woods.
Infatti il Fondo monetario, per quanto riguarda la creazione d'una
moneta convenzionale, svolse una funzione limitata: ogni paese
avrebbe depositato presso il fondo riserve d'oro, che gli avrebbero
dato diritto a un credito pari a quattro volte il valore depositato. La
prima quota, pari al 25% di tale credito (ed equivalente all'oro
versato), si poteva ritirare, in ogni momento, senza condizione: era un
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«credito buono come l'oro». Gli altri tre quarti del credito si potevano
ottenere solo dietro precise condizioni.
Finita la guerra, il meccanismo monetario mondiale riprendeva a
funzionare con il gold exchange standard basato sul dollaro e col
meccanismo supplementare del Fondo monetario.
La sterlina oramai era una moneta debole perché il Regno Unito
inglese aveva perso le colonie e le loro miniere d’oro.
Il dollaro aveva copertura aurea per il 25% del valore dei dollari in
circolazione. Il prezzo dell'oro rimaneva fissato a 35 dollari l'oncia e la
riserva federale americana s'impegnava a convertire i dollari in oro a
qualsiasi banca centrale ne facesse richiesta, per qualsiasi motivo.
Il nuovo sistema per gli USA, paese con moneta di riserva,
implicava un privilegio, quello di pagare in dollari, con un deficit
permanente della bilancia dei pagamenti correnti, in quanto i dollari
servivano agli altri paesi come loro moneta di riserva, in luogo dell’oro
e diventavano la moneta più usata negli scambi internazionali.
Al fine di evitare che il dollaro si sopravalutasse gli USA dovevano
adottare politiche del credito espansive2. Ma dovevano anche fare
2
La Spagna e il Portogallo dalla fine del 1600 in poi ebbero un declino rispetto agli altri
paesi in quanto le loro monete erano sopravalutate a causa del fatto che essi avevano un
surplus di oro dalle miniere d’oro delle colonie sud’americane . Pagavano in oro tratto
dalle proprie colonie sud americane le importazioni di prodotti lavorati e di servizi di
trasporto di altri paesi europei e non espandevano il credito in misura adeguata sul
mercato interno e così non si industrializzavano. Lo stesso accadde alla Repubblica di
Genova che si era specializzata in servizi finanziari e quindi aveva una moneta sopra
valutata che ne rendeva non competitive le industrie.
22
attenzione a non generare inflazione, perché in tal caso gli operatori
esteri avrebbero chiesto oro anziché dollari. Più aumentava la massa
di dollari posseduta da operatori non USA e più aumentava il vincolo
degli USA al loro comportamento monetario.
Esso comportava che la Banca centrale degli USA avesse- accanto al
grande beneficio di saldare i suoi debiti internazionali con la propria
carta moneta e non con beni e servizi, diritti di proprietà e titoli di
credito- anche il crescente onere di dover detenere grandi quantità di
valute estere nelle proprie disponibilità per far fronte alle richieste di
conversione in esse da parte di operatori che temevano che il dollaro
si deprezzasse verso la propria valuta.
Inoltre, poiché i dollari erano convertibili in oro, oramai la riserva di
Fort Knox appariva troppo bassa rispetto all’enorme volume di dollari
circolanti nel mondo, suscettibili di esser convertibili in oro e gli USA
non avevano alcuna intenzione di dedicarsi all’acquisto di ingenti
quantità di oro.
La repubblica francese presieduta dal generale De Gaulle 1965
chiese la conversione in oro di oltre un miliardo di dollari contenuti
nelle sue riserve. Era la manifestazione della «force de frappe»
monetaria di De Gaulle.
23
Nel dicembre del 1966 la riserva di oro degli Usa era ormai pari a 13,3
miliardi di dollari. Il presidente De Gaulle sperava di avere spinto, con
la sua «forza d'urto», gli Usa al punto critico, spingendoli a svalutare il
dollaro rispetto all’oro.
Ma questa operazione stava risolvendosi in una sconfitta per il gold
exchange standard e per l’oro come base del sistema monetario
mondiale.
Nella primavera del 1968 la manovra francese per la rivalutazione
dell’oro è saltato, sulle barricate di Parigi, degli operai francesi, che sostenuti dagli studenti universitari- chiesero e ottennero massicci
aumenti di retribuzioni, sopportabili dalla bilancia dei pagamenti
francese, solo tramite la scorta di oro accumulata dalla Francia. Il
governo De Gaulle tirò avanti per un anno con una continua
emorragia valutaria sino allo spirare del periodo presidenziale.
Andato al potere Pompidou in luogo di De Gaulle il governo francese,
nell'agosto 1969 svalutò il franco, escludendolo dal gold standard.
Nell'agosto 1972 gli Usa dichiaravano il dollaro inconvertibile in oro
portando il prezzo di quest’ultimo a 42 dollari l'oncia, determinando
così una svalutazione del dollaro rispetto alle altre monete.
I fattori politici avevano creato il gold standard, mediante la
coniazione del metallo prezioso.
Dopo la prima guerra mondiale del 900 avevano decretato la sua
fine, perché non adatto all’economia di mercato con libertà di
24
commercio internazionale, che esige i cambi flessibili, ed anche
perché non sempre adatto alle esigenze e alle vicende politiche.
Il gold exchange standard multiplo, creato in sua sostituzione, aveva
mostrato analoghi difetti, nel periodo fra le due guerre mondiali. Ed
era caduto per una scelta politica obbligata nel secondo conflitto
mondiale.
Ma era caduto, per decisione politica, anche il gold exchange
standard incentrato sugli USA che oramai non erano più in grado di
reggere il peso enorme di questo enorme potere.
4. La moneta convenzionale o fiat money e la delega della sovranità
monetaria dello stato alla banca centrale e al sistema del credito
Ora vi era il problema di un regime di moneta convenzionale, con
potere politico di creare moneta di carta. Come proteggersi dal rischio
che esso ne abusasse, creando continue inflazioni, mediante le
cessione del suo debito pubblico alla banca centrale in cambio di
biglietti di carta moneta bancaria?
La soluzione è stata trovata nella teoria dello stato di diritto in
democrazia ed economia di mercato, che si basa sulla divisione dei
poteri. Così come il potere esecutivo non ha quello legislativo, né
quello giudiziario, che appartengono, rispettivamente, al parlamento
e a un soggetto terzo, autonomo e indipendente, analogamente il
potere monetario viene delegato dallo stato alla Banca Centrale e alle
25
strutture che vi si collegano, rese indipendenti dal potere politico, che
tiene solo un residuo di signoraggio, consistente nel potere di
indebitarsi, ma solo entro certi limi, con la Banca Centrale, così da
usufruire, indirettamente, del potere di “stampare biglietti di banca”.
Il fatto che, in periodo di depressione, quando c’è capacità produttiva
inutilizzata o in periodi di salto tecnologico in cui si può produrre di
più, con gli stessi mezzi, non ci sia bisogno di fare un debito, per
utilizzare quella capacità produttiva, senza generare inflazione, ma al
governo basti stampare moneta, non comporta il suoi diritto a farlo,
perché ora signoraggio non è più del contribuente, è passato al
sistema bancario, cioè al debitore, con l’avvallo ideologico della teoria
macro economica keynesiana e con quello dei loro avversari in
politica economica, i liberisti puri, che non si fidano dello stato.
Queste due teorie, fra loro divergenti, comunque, servono al
sistema finanziario, per espandere il suo potere. Ciò dà luogo al
consenso per cui il potere monetario è “di tutti”, in realtà dei debitori
della finanza privata.
Sezione III
Cambi fissi e flessibili. Le aree monetarie ottimali. I club monetari
1. Le unioni monetarie
I sistemi monetari basati su una moneta merce implicano, per i paesi
che vi aderiscono, cambi fissi o quasi fissi, in relazione al valore
stabilito per la moneta cartacea in moneta merce. In regime
26
monetario con fiat money, un paese può optare per il cambio fisso o
flessibile possono e può
-legare la sua moneta ad un’altra in maniera consuetudinaria, come
accadde per la lira, dal secondo dopoguerra sino agli anni 70 del
novecento, in cui era praticamente legata al dollaro
-legare la sua moneta a un’altra legalmente senza far parte del
governo di quella moneta come accade per l’euro dello stato
Vaticano, di san Marino e dello stato di Monaco o per il franco del
Liechtenstein legato a quello svizzero
-legare la sua moneta irrevocabilmente ( o quasi: in economia
pubblica e in politica non c’è mai niente di assolutamente
irrevocabile) a un’altra, abrogandola legalmente mediante una unione
monetaria , in cui più stati ovvero loro banche centrali cogestiscono
tale moneta.
La convenenza degli stati a queste scelte dipende, innanzitutto,
dalla loro dimensione. Gli stati piccoli ne hanno più necessità dei
grandi, perché l’adoperare una unica moneta riduce il costo delle
transazioni, cioè degli scambi e facilita quindi lo sviluppo di questi e
dei costi decrescenti delle imprese mediante l’aumento della loro
dimensione tramite lo sviluppo delle loro vendite e tramite la
suddivisione del lavoro, con il decentramento produttivo nel mercato
interno.
27
Gli stati di dimensione media non hanno una stringente necessità
economica di far parte di una unione monetaria, se gli stati vicini
geograficamente e culturalmente, con cui le loro imprese e le loro
persone essi hanno la convenienza potenziale di intessere relazioni
praticano il libero scambio, ma possono ritenerlo utile e quasi
necessario se
I)hanno imprese bisognose di un ampio mercato interno, per poter
valorizzare appieno le proprie capacità
II) vogliono evitare guerre e altri conflitti con i paesi vicini
III) vogliono far parte di un raggruppamento politico e finanziario più
vasto, per fronteggiare meglio i grandi paesi che operano sui mercati
mondiali
IV) vogliono realizzare una armonizzazione con i paesi vicini per
creare più opportunità di scelta ai propri cittadini e alle proprie
imprese presenti e future
Tuttavia, per realizzare con successo questa operazione occorrono
quattro condizioni
a) Una unione politica fra stati che faccia da contenitore e cornice
dell’Unione monetaria, in quanto il potere monetario che in regime di
fiat money soprattutto è -come si è visto- un potere parafiscale va
regolamentato con regole politiche e con regole sui poteri fiscali dei
singoli stati (tributi, bilancio, debito pubblico) comuni
28
b) Un mercato unico ottimale, ossia tale per cui si possano ottenere le
potenzialità del libero scambio in regime di parità fra i vari soggetti
che ivi operano
c) Una strumentazione monetaria adeguata per il sistema di moneta
unica, con una pluralità di banche centrali e di sistemi bancari e
finanziari
d) Una politica fiscale comune, dato che -come si è visto- potere fiscale e
monetario si condizionano reciprocamente nell’uso delle risorse
economiche, in particolare in relazione ai cicli economici e ai
cambiamenti strutturali dovuti al progresso scientifico e tecnologico e
agli eventi naturali.
2. Le aree monetarie ottimali (OCA)
La ricca letteratura sulle aree monetarie ottimali ( OCA:Optimal
Currency Areas) iniziata con i saggi di Robert Mundell che ebbe perciò
il premio Nobel per l’economia, può esser ridotta a due paradigmi
elementari.
-Quello delle condizioni di equilibrio per un sistema che abbia al suo
esterno cambi flessibili e al suo interno cambi fissi
-Quello delle condizioni ex ante e quello delle condizioni che si
generano ex post, dopo che si è stabilito il cambio fisso interno.
29
Per entrambi, a noi è utile l’esperienza del Mezzogiorno di Italia che
con la unificazione nazionale, entrò nella moneta unica nazionale, la
lira negli anni 60 dell’0ttocento.
La mancanza di adeguate condizioni di livello di istruzione, di ordine
pubblico, di infrastrutture locali e nazionali, la rigidità dei contratti di
lavoro agricoli, le carenze del sistema del credito, le carenze di
competenze tecnologiche e manageriali hanno impedito al
Mezzogiorno di beneficare dei vantaggi del mercato unico italiano,
che d’altra parte non si è sviluppato in modo adeguato a livello
internazionale, in tutto l’ottocento a causa dei vincoli che il gold
standard generava all’utilizzo delle capacità produttive, mentre le
vicende politiche nazionali e internazionali successive, hanno
impedito che l’Italia sviluppasse tuto i suo potenziale e ciò ha
particolarmente nuociuto alle sue aree meno forti.
Dunque, la teoria corretta delle OCA non può essere svolta
esclusivamente o prevalentemente considerando le variabili
finanziarie, deve innanzitutto considerare quelle dell’economia reale
e quelle del quadro istituzionale.
Ma queste sono importanti sia come varabili ex ante, cioè per la
scelta della adesione a una moneta unica, di più stati e sia ex post, i
relazione ai vincoli e alle opportunità che ciò comporta per potere
approfittare della esistenza di un mercato potenzialmente aperto in
cui sviluppare i vantaggi del libero scambio, in condizione di parità o
30
non eccessiva disparità nei punti di partenza, nella gara economica
del mercato di concorrenza.
I fattori di armonizzazione, che assicurano questa parità di condizioni
riguardano i vari fattori produttivi che fanno parte del processo
economico, ossia il capitale fisico, quello finanziario, il lavoro e il
capitale umano, il progresso tecnologico.
La libertà di movimento dei capitali, one siano impiegati ove è più
conveniente comporta di liberalizzarne gli impieghi e di armonizzare
le norme del diritto civile, commerciale, penale commerciale e
finanziario e di armonizzare la tassazione diretta che lo riguarda, per i
redditi, i guadagni di capitale, i cespiti patrimoniali, i trasferimenti di
ricchezza, oltreché la tassazione generale degli scambi con una
imposta che non li ostacoli e non tassi i beni di investimento.
La libertà di movimento e di impiego del fattore lavoro, a sua volta,
comporta che i contratti di lavoro si debbono poter differenziare,
secondo le scelte decentrare, legate alla sua diversa produttività, nei
cari impieghi, nelle varie aree.
La tesi di Robert Mundell secondo cui se in un paese i contratti di
lavoro sono troppo rigidi e non orientati alla produttività aziendale, i
lavoratori emigreranno verso le altre aree della moneta unica e ciò
indurrà i sindacati a modificare le loro politiche, è doppiamente
errata perché una emigrazione sistematica, che non riduce un eccesso
di forza lavoro dovuto a un eccesso di popolazione, ma genera un
31
artificiale riduzione di popolazione rispetto al potenziale regionale
contraddice la ragione stessa per cui uno stato razionalmente decide
di entrare in una unione monetaria, che è quello di perseguire il
benessere della propria popolazione.
Inoltre i sindacati possono premere sullo stato per ottenere politiche
assistenzialistiche a sostegno dei disoccupati e delle regioni in
difficoltà
Ed ecco così il primo teorema: poiché in una unione monetaria i
cambi sono fissi, occorre che ci sia una variabile fondamentale
flessibile che consenta di competere, senza modificare il cambio, cioè
con un taglio del potere di acquisto della moneta domestica.
3. Se il cambio esterno è fisso, occorre che le variabili fondamentali
dell’economia reale siano flessibili.
La più importante variabile dell’economia reale che occorre che sia
flessibile con i cambi fissi, è il fattore lavoro in rapporto alla sua
produttività.
Che questa sia la variabile per cui occorre flessibilità, con il cambio fisso,
lo si può desumere dal fatto che quando cambio è flessibile, in effetti la
svalutazione della moneta riduce il poter di acquisto dei salari e riporta
la bilancia dei pagamenti in equilibrio
32
Se la flessibilità del fattore lavoro non è stato stabilito ex ante,
all’ingresso nell’Unione, va stabilita dopo, per potervi restare
godendone i vantaggi e non già subendone il danno del cambio fisso.
Si noti che la flessibilità comporta un rilevante progresso sociale
rispetto alla flessibilità del salario reale, che si ha, quando il cambio è
flessibile o fisso, ma modificabile.
Infatti lavoro può esser reso più produttivo in rapporto all’utilizzo
del capitale. Questo, quando si lavoro solo di giorno, nei giorni feriali,
viene utilizzato solo per meno di un terzo del suo potenziale.
Il lavoro può esser reso più produttivo con miglioramento del
capitale umano mediante addestramenti e aggiornamenti
professionali e con un comportamento più attivo ed efficiente degli
addetti, stimolati da retribuzioni collegate alla produttività
La riduzione della retribuzione per ora lavorata ordinaria, può essere
compensata da aumento delle ore lavorate, senza compenso o con
riduzione del compenso per lavoro straordinario, festivo, notturno
ecc. e con contratti di lavoro a tempo parziale, o temporanei, con
orari flessibili etc.
Il limite sociale a ciò sta nelle regole generali sulla retribuzione
minima e su quelle che impediscono lo sfruttamento.
Ma ci sono anche le armonizzazioni fiscali, istituzionali,
infrastrutturali, che condizionano la produttività del lavoro e quella
del capitale, in particolare
33
1)quelle fiscali,
2) quelle del dritto civile e commerciale e bancario
3)i regolamenti ammnistrativi e burocratici
4) il sistema giudiziario,
5)le infrastrutture dei trasporti e delle comunicazioni
6) le strutture dell’istruzione, della libertà di informazione, della legge
e ordine, della certezza delle leggi ecc.
4. Le unioni politiche e monetarie come club.
The “club approach” it is used in the economic literature in different
meanings3. Here I refer to James Buchanan seminal theory of club
goods and of the Governments as clubs offering a single public good
or a set of public goods to their members (Buchanan 1965 and 2001
a)4. Those who belong to a given public goods- Club may get the
common benefits of the goods that the club offers, but must accept
3
Clubs (here referred to the countries, in other studies referred to the local entities of a
given country) has assumed different meanings from the time of its employment by W.
Baumol (Baumol 1986). Some ambiguity relates to the subjective component of the
paradigm: i.e. notion of club. This notion tends to have two meanings: one proper and
the other figurative. The proper concept of club refers to the club as an institution
providing (public) services, endowed of an own regulation and of a procedure for the
admittance of the members. The figurative concepts refers to the club as a statistical
notion, of a cohort of subjects statistically similar, as for given characters. To be
unambiguous, one, for this figurative meaning, may use the word “cluster”.
4
The theory of club goods has had a broad theoretical development and diverse
application [ see Pauly (1970a) and (Pauly 1970b), Berglas (1976), Sandler & Tishart
(1980),Breannan & Flowers (1980), Casella & Frey (1992), Cornes & Sandler (1996),
Sandler & Tishart (1997 ),(S.Scotchmer 2002)] .
34
the price rules and the other rules of the Club required to enable its
members to get the common usage without harming the other users.
In addition, there may be a conflict among the users on how the
public good should be shaped.
A given shape may please some member of the club and harm other
members. In between solutions might distribute the harms i.e. the
external diseconomies among all members, in an attempt to minimize
it5.Thus the appurtenance to a given public good Club implies direct
costs as prices and taxes for the production and maintenance of that
public good and indirect costs consisting in the external diseconomies
undergone in the usage of it.
In the case of a multiple – public goods clubs supplying goods with
different benefit-costs relations, a would be participant, should weigh
the benefits and costs of each of them to assess whether the net
benefits from the public good whose gross benefits are higher than
the costs of the goods whose costs exceed the gross benefits.
Territorial Governments, at the central state, regional and local levels
may appear as clubs of this type, as for and the individuals and firms
who are obliged to choose one of them. On the other hand, the
Union of sovereign states are more similar to non-obligatory schools.
5
Cfr. See Fedeli and Forte (2002), with Comment by Chakrawarty and Skott (2002)
35
The Union of States may be either clubs supplying only one good as
Nato, that offers the public good of reciprocal external defense or the
WTO that offers the public good of fair international trade The United
Nations offers, in a weak way, public goods of political international
order.
A monetary union among sovereign states is i.e. a Currency Union it
is, per se, a multiple public goods club providing two joint public good
of the common currency, those deriving from the reduction of the
transaction costs as for the internal transaction and those deriving
from the external ones, i. .e. reciprocal external economies as for the
monetary but may also imply external diseconomies due to the
imperfection of the rules club and to imperfect application of them,
by the Union political authorities and by the Central Bank 6.
One of the main goals of a Currency union is to synchronize and
manage each country's monetary policy.
6
The Currency Union differs from a mere Currency Area, which consists of two or more
countries that share a common currency because one or more of them have decided to
peg their exchange rates to the currency of another country , in order to keep the value of
their currency at the level of that country. In the mere Currency Area, there might be a
pact of cooperation ad for in the monetary policy between the country that issues
principal currency and the country who have pegged their currencies to it. This is what
takes places, in different ways, between the Vatican State or San Marino Republic and
Italy and the Monaco’s state and France, and therefore with the EMU, as for the
euro. The Vatican Sate, San Marino and Monaco are not “agent” and “principals” of the
ECB, the Central Bank, regulating the euro as the central banks of a "monetary union".
36
The fact that a Monetary Union as a club supplies monetary
common goods for the members of its currency area, as for their
internal and external transactions, means that it has to supply the
public good of regulation of the banks of the states, member of the
Monetary Union, because most the money is circulated and created
by banks.
This regulation may be assigned to its Central Bank, as in the EU or
to an autonomous ad hoc authority.
The public good shared, i. e. the common currency provides to all the
members of the club the benefits of the trade with the same currency
in the internal market and in the external transactions with the
markets of countries in other currency areas.
5. Unlike fiscal clubs monetary clubs must be declared as irreversible.
Buchanan has theorized EMU as a monetary club 7. However his
basic club model assumed that the members of a club are free to
move to another club, while, this principle hardly can be applied to a
monetary union under the conventional monetary system because
the countries that opt out do not assure the solvency of the contracts
7
James Buchanan has hinted that EU and EMU may be viable monetary clubs [See
Buchanan (1990 in 2001b), Buchanan (1995 in 2001 b), Buchanan (1966 in 2001 b) and
Buchanan (1997 in 2001 b)].
37
done in the currency of the club, as the rate of exchange of their
currency may undergo a heavy devaluation.
For a monetary union, whose basic common good is the common
currency, obviously, the possibility of secession implies a
deterioration of the supply of that good.
The opting out clause tends to make the clubs members
homogenous, because those who get more costs than befits from the
club may leave it.
Like the supply of defense or justice, the supply of the common
good of a single currency gives different benefits and harms to the
various members, in relation to the monetary and Governments
budgetary rules fixed in the chart of the club and to the degrees and
modalities of their practical application by the central bank.
The preferences as for the level of the inflation rate may differ
among the different countries, even if all of them share the view that
the common currency, basically, should have a low and as far as
possible stable change in the price level.
The inflation rate, emerging in the monetary union, may not have
the same effect in the various countries, if their nominal wages and
the behavior of their budget parameters differ.
Countries with higher nominal deficits and public debts ratios to GDP
may prefer a higher price level than countries with low deficits and
low -debt/GDP ratios.
38
The central bank interest rate may originate different interest rates
in the different countries.
In addition to the fact that the benefits and costs of any given shape
taken by the supply of the good “common currency” as for the
internal market, there are different benefits and costs, for the
individuals and firms of the different countries of the club, as for the
external transactions with individuals and firms the other currency
areas.
5. The political frame of a monetary club is not that of a Federation
or Confederation, but that of a club- higher level government
The monetary club implies a political frame of a Union of states,
conceived as clubs, with limited fiscal powers relating to specific
tasks, with limited redistributive functions.
The present model of the EU is mostly a regulatory Club; it has a
budget of no more than 1% of the GDP of the Union of 27 sevens
states whose expenditures consists mostly of an agricultural budget
and of structural Funds of the less developed parts of the Union.
The peculiarity of the EU as a Club Government it is that is a Club of
Clubs is that consists of two clubs, without barriers among them. One
is the a mostly regulatory Club , i.e. the EU and the other is the EMU
that offers additionally a common money.
39
Individuals and entities member of EU club may move in and out of
EMU with their capital, their labor, their enterprises their residence
and vice versa.
In the Simple Multiple Club model the Union of States as EU or
EMU, unlike in that of a Confederation or Federation, the
Government of the Club has a limited fiscal policy because its budget
is very limited.
As the redistribution policy is only a minor task of the club,
the debts of the member Government are in their responsibility, the
central government does not take care of them. The Central Banks of
the member states cannot buy debts of the member states in
exchange for their money supply, because their monetary policy is
divorced from the fiscal policy of the member states.
The nature of EU and EMU as Clubs in contrast to their evolution
toward a Federation, implies an adaptation of its member states to
the convergence to conditions in which they can survive with positive
results because adapt to them. Similarly, those who are member of a
club of “vegans” must converge to a condition of fitness, in which
they do not need eggs, milk and cheese or any food with them, not to
speak of meat and fish. In other words, they must adapt to these
constraints.
40
On the other hand, the Government of the clubs must adapt their
supplies to these constraints: must adopt all the vegetarian
surrogates that can virtuously replace the forbidden food.
TAVOLA 1
Maastricht rules of admission to EU have five parametric criteria,
which are mostly constraints:
1The inflation rate of a given Member state must not exceed by more
than 1.5 point that of the three best performing Member states in
terms of price stability.
2. The annual government deficit must not exceed 3% of GDP [N-1].
3. Government debt must not exceed 60% of GDP [N-1].
4. Exchange rate: Applicant countries must not devaluate their
currency. Member state must have participated in the exchange-rate
mechanism under the European Monetary System (EMS) for two
consecutive years before the examination, without severe tensions.
5. Long-term interest rates must not be more than 2% higher as those
of the three best performing Member states in terms of price
stability.
In addition to them there are qualitative criteria
I)geographical appurtenance to Europe II)institutions guaranteeing democracy,
III)institutions guaranteeing the rule of law,
IV) respect of the human rights
V) respect for and protection of minorities;
VI) functioning market economy
VII)capability of coping with the competitive pressure of the market economy
VIII) acceptance of the Community acquis:laws in line with the EU legislation
IX) commitment to adherence to the aims of political, economic and monetary union
41
While for the mere participation to a non-monetary Club the cost of
leaving may be limited, the exit of a state from a Monetary Union to
which is unfitted may be enormous not only when the exist has been
decided, but also and even more, when it may appear likely .
This is so, because all the obligations in the common currency of the
members of the state that may leave that Monetary Union appear at
risk of devaluation. On the other hand, the states who appear “over
fitted” for the Monetary Union may have a revaluation when the
weak states may appear to be obliged either to fit or to leave.
To sum up, the governments of the countries that do not converge
to the virtuous path, that allows to exploit the positive factors of
growth offered by the club, cannot opt out , because the short and
long term costs of leaving the EMU would appear too great and
because may be obliged to stay . If they do not conform to the rules
of the club, stagnation shall, at best be, their destiny. On the other
hand, the countries over fitted may decide to leave the club if it
becomes inadequate to them.
Therefore, the option of secession of Government here is asymmetrical. The situation as for the choice of the member ship to
EMU is similar to that of the contract of Faust with the devil. The first
step is voluntary, the furthers are obligatory
42
The situation may be different for the firms and to an extent for the
citizens of the “not virtuous” countries of EMU , who diverge from
the conditions necessary to benefit from the participation to it .
Indeed the citizens may migrate to or put their main stable residence
to other countries of the EMU or of SC or to outer countries that
offer them better labor opportunities , may invest their capitals in
the financial institutions of other places inside and outside the union
where the conditions appear to them more favorable .
The firms may externalize their production in other states of the
club or elsewhere or /and opt out These choices may sometime
appear as positive sum games both for the individual and firms that
opt out of the not virtuous countries of origin and for these states.
Thus, they foster the convergence. In many other cases may produce
negative effects for the not virtuous state aggravating its situation of
divergence.
An example of the positive sum game may be the outsourcing
practiced by the firms of the not virtuous countries to other places
inside or outside the EMU and the EU , that allows these firms to
grow and to increase their exports from the home country.
An example of a zero or negative sum game may be that of the
capital outflows from the EMU not virtuous countries.
43
II LEZIONE
LA QUANTITÀ DI MONETA SUL LATO DELL’OFFERTA E DELLA DOMANDA E
LA MISURA DELLA STABILITÀ MONETARIA IN REGIME DI FIAT MONEY
1.Il regime monetario attuale è “cartaceo”. Il valore della moneta è dato
dal suo potere di acquisto e cambio con altre monete
Nel regime attuale- denominato di “fiat money”, moneta in quantità
discrezionale, la moneta non è un bene dotato di valore intrinseco
come l’oro o l’argento, né è convertibile in beni dotati di valore
intrinseco, a un dato tasso stabilito legalmente, come nel regime cosi
detto di “gold standard” o di di gold exchange standard.
Il sistema monetario, a livello mondiale, è attualmente caratterizzata
dalla moneta -carta, detta anche “fiat money” cioè “moneta creata da
sé”.
Il valore delle monete, però, è garantito da riserve che le banche di
emissione tengono, sia in altre monete, sia in metallo aureo. Fra le
banche centrali la regolazione dei debiti e crediti avviene in valute
liberamente accettate ed eventualmente in oro.
Non essendovi, per il valore della moneta, un riferimento all’oro, il
valore intrinseco della moneta è dato dalla stabilità del suo potere di
acquisto e dal suo rapporto di cambio con le monete degli altri paesi.
44
Ecco così che emerge la nozione di “stabilità monetaria “come potere di
acquisto interno e internazionale, apparentemente semplice ma
intrinsecamente ambigua, dato che una moneta può avere un potere di
acquisto stabile sul mercato interno, ma mutevole sul piano
internazionale, dato che il suo rapporto con le altre monete può
cambiare, sia per fattori endogeni, cioè interni alla propria area
monetaria sia per fattori esogeni, cioè dovuti a paesi appartenenti ad
altre aree monetarie.
Da ciò consegue che ogni autorità monetaria di una grande area
monetaria, che abbia come suo obbiettivo primario, la stabilità del
valore della sua moneta deve compiere una scelta preliminare:
- stabilità de valore della moneta definita in prevalenza come stabilità
del potere di acquisto interno con un cambio che riflette la parità con il
potere di acquisto delle aree monetarie con cui si hanno i maggiori
rapporti e quindi modifica del proprio cambio per seguire il principio
generale del potere di acquisto
- stabilità del valore della propria moneta come stabilità del suo potere
di acquisto interno anche a costo di rivalutarsi verso le aree monetarie
con cui ha i maggiori rapporti e viceversa.
Ciò è appunto la scelta che hanno di fronte le due principali aree
monetarie di cui qui ci occupiamo, cioè quella dell’euro e quella del
dollaro. La Federal Reserve, che governa l’area del dollaro, è
generalmente indotta a perseguire gli obbiettivi interni, in cui vi è -in
45
base al suo mandato legale- quello della stabilità monetaria, insieme agli
altri.
La BCE , che-come si vedrà- ha legalmente come obbiettivo primario, la
stabilità monetaria, intesa come un tasso di inflazione non superiore al
2% annuo, invece oscilla fra un obbiettivo interno di stabilità monetaria
che comporta la rivalutazione dell’euro sul dollaro, a prescindere dalle
parità di potere di acquisto , ossia il principio della “moneta forte” e
l’obbiettivo della stabilità monetaria come parità di potere di acquisto
internazionale , salvo quando ciò comporti una violazione eccessiva
della banda di oscillazione del 2% che definisce la stabilità monetaria
con riferimento al livello del potere di acquisto interno.
Questi temi verranno approfonditi nei successivi capitoli.
2.La nozione idi stabilità monetaria come stabilità del potere di acquisto
interno ed estero e l’equilibrio fra domanda e offerta di moneta.
In questo capitolo ci occupiamo del principio primario, per la moneta, in
una economia di mercato di concorrenza. che è quello della stabilità
monetaria come valore della moneta definito dal suo potere di acquisto
interno ed esterno.
Ciò implica di fare riferimento all’equilibrio fra l’offerta e la domanda di
moneta: come per qualsiasi altro bene o servizio, in economia di libero
mercato per individuare il prezzo, cioè il suo valore, vale la legge della
domanda e dell’offerta. Se l’offerta eguaglia la domanda il prezzo
rimane stabile. Se l’offerta eccede la domanda il suo prezzo ossia il suo
46
valore di scambio diminuisce cioè si deprezza, si svaluta mentre se la
domanda eccede l’offerta il suo prezzo ossia il suo valore di scambio
aumenta, cioè si rivaluta. Dunque, quando c’è troppa offerta di moneta
rispetto alla sua domanda essa si deprezza, il suo potere di acquisto
diminuisce, sia rispetto alla domanda interna che a quella
internazionale, c’è una tendenza inflazionistica, i prezzi dei beni, dei
servizi, delle valute estere salgono; quando l’offerta di moneta è scarsa
rispetto alla domanda il suo valore cioè il suo potere di acquisto
aumenta in termini di beni e servizi, con la stessa quantità di moneta di
prima, se ne ottengono di più, perché il loro prezzo è più basso.
Come si capisce da questo ragionamento il valore della moneta ossia il
suo potere di acquisto di beni e servizi e altre monete (tasso di cambio) è
l’inverso dei loro prezzi; ad alto potere di acquisto della moneta
corrispondono prezzi bassi, deflazione e cambio favorevole con le altre
monete; a basso potere di acquisto della moneta corrispondono prezzi
alti, cambio sfavorevole con le altre monete.
Ed ecco, così, che dobbiamo fare riferimento alla formula della
eguaglianza fra offerta di moneta e domanda di moneta, che non è per
nulla semplice, sul lato dell’offerta e sul lato della domanda, nel mondo
contemporaneo caratterizzato non solo da enormi volumi di scambi di
beni e servizi sul mercato interno e internazionale, ma anche da una
estesa finanziarizzazione con nuovi prodotti finanziari e nuove specie di
47
soggetti finanziari all’esterno del sistema bancario e al suo interno come
attività parabancaria .
Si dovrà, necessariamente, fare un passo per volta e quindi il lettore
spesso dovrà ora prender atto della loro esistenza, mentre in successive
lezioni, a ciò riservate, se ne farà la specifica conoscenza.
Per intanto definiamo la formula dell’equilibrio fra domanda e offerta
di moneta, che fa riferimento a quella tradizionale della cosi detta teoria
“quantitativa” , ma incorpora elementi nuovi , riguardanti la nuova
finanza.
Essa è
MXV=PQ
in cui M , la moneta, viene moltiplicato per la V, la sua velocità di
circolazione e costituisce l’offerta di moneta che circola nell’economia
fronteggiando la domanda costituita da Q , i beni e servizi scambiati sul
mercato e nelle operazioni non contrattuali (soprattutto con l’operatore
pubblico) moltiplicati per i loro prezzo.
V assolve a una funzione analoga a quella della velocità dei mezzi di
trasporto su rotaia, su gomma, aerei e per mare, lago, fiume, canale, di
persone e cose; i quali hanno una capacità di trasporto che si ottiene
moltiplicando il numero di persone e di tonnellate per la velocità oraria,
incluse le pause minime di manutenzione e pulizia, onde stabilire la
capacità potenziale di trasporto. Quanto maggiore è la velocità, tanto
48
maggiore la capacità potenziale di trasporto di un dato tipo di mezzo di
trasporto, su una data linea.
3. La moneta primaria ovvero base monetaria M1
La creazione di banconote, la moneta primaria ufficiale, nel nostro
ordinamento compete alla Banca centrale, soggetto autonomo dal
governo, e non più al governo come potere sovrano, che un tempo la
delegava alla Banca Centrale solo entro certi limiti. Il signoraggio
monetario per la moneta cartacea compete a un soggetto autonomo,
per evitare che il potere politico se ne impadronisca stampando troppa
carta moneta, in cambio di proprio debito pubblico, che dà alla Banca
centrale.
M1, è costituito dalla riserva precauzionale della Banca Centrale, in cui
c’è oro e valute estere e dalle banconote che essa emette + i conti
correnti bancari con pagamenti a vista.
Questa quantità di moneta, come si nota, non è tutta creata dalla
Banca Centrale, una parte è creata dal sistema bancario, mediante la
concessione di muovi crediti, agli operatori del mercato, siano essi le
famiglie, le imprese, i soggetti non profit e le pubbliche amministrazioni.
Tuttavia la tesi, che ad esempio espone la Banca Centrale inglese, con
eccessiva semplificazione, nelle sue note illustrative, secondo cui la
moneta primaria dipende essenzialmente dalle decisioni della banca
centrale sulla quantità di banconote stampate e delle banche e non
49
degli operatori sul lato della domanda riguarda solo la sua emissione
originaria.
Invece, se non osserviamo la creazione originaria dell’offerta di
moneta primaria M!, ma il suo flusso annuo dobbiamo riconoscere che
lo stock dei depositi bancari a vista che si forma , ogni dato annuo, per
una notevole parte dipende non da chi crea la moneta, sul lato
dell’offerta, la Banca Centrale e le banche, ma dagli operatori del
mercato e dalle stesse pubbliche amministrazioni che fan parte del
Governo ai suoi vari livelli, mediante le loro decisioni di detenere
banconote o nei loro portafogli (od in cassette di sicurezza o , come si
dice, sotto il materasso) o nei conti correnti bancari a vista.
-I) mediante scelte riguardanti la nuova moneta primaria emessa
nell’anno, circa la sua destinazione:1)a liquidità monetaria o 2)a
risparmio in prodotti finanziari non monetari nazionali ed esteri, 3) a
investimento diretto nazionale od estero
II) mediante decisioni circa il flusso di moneta primaria, emessa in
precedenza, che circola nell’economia , passando da un operatore del
mercato all’altro , sotto forma di 1)acquisto e vendita di beni e servizi
per la produzione, sul mercato interno ed estero 2) di pagamento di
salari e stipendi, di affitti , royalties, interessi passivi e dividendi, profitti
accantonati dalle imprese 3)compravendite di beni immobili e di beni di
investimento mobili, compravendite di prodotti finanziari non monetari,
sul mercato interno ed estero:
50
Tale flusso di moneta primaria può variare
I)in aumento mediante decisioni riguardanti la trasformazione di stock
di moneta secondaria e terziaria pre-esistenti in moneta primaria e la
liquidazione di prodotti finanziari e di beni reali materiali e immateriali
non monetari in moneta primaria;
II) in diminuzione per operazioni in senso opposto.
Nel primo caso, le banche (site nel territorio nazionale e site all’estero)
e gli altri operatori economici (siti in territorio nazionale od estero)
hanno più liquido, perché il volume dell’investimento finanziario si è
sgonfiato.
Nel secondo caso, le banche creano nuovo credito.
Nel primo caso, le banche possono aumentare i propri depositi presso
la banca centrale oppure tenerne di più nel proprio sistema
interbancario.
Nel secondo caso le banche possono ridurre la propria liquidità interna
al sistema o diminuire i propri depositi presso la banca centrale.
4.Le variazioni di domanda di moneta primaria M1 e la preferenza per la
liquidità
La quantità di moneta liquida che i vari operatori economici privati e i
governi detengono non è una quantità fissa e neppure una percentuale
fissa della entità delle operazioni in cui essa viene utilizzata o del
prodotto nazionale, che -imperfettamente- le rappresenta, in prima
51
approssimazione. Infatti si può, innanzitutto, supporre, che la moneta
liquida sia, secondo la formulazione di Milton Friedman, un “bene
superiore”, la cui domanda o meglio utilizzo, cresce al crescere del
prodotto nazionale pro capite, il che implica che la percentuale di
moneta liquida nell’economia tenda a crescere con l’aumento del PIL
pro capite.
D’altro canto, lo sviluppo degli scambi è più che proporzionale alla
crescita del PIL, ma il progresso tecnologico, velocizzando le
informazioni e riducendone il costo, riduce la necessità di moneta per
ogni data operazione di mercato o di finanza pubblica. E quindi neppure
si può assumere una percentuale fissa di crescita della domanda di
moneta, per gli scambi, in rapporto al PIL.
Ciò stabilito, come punto di partenza, si deve aggiungere che la
domanda di moneta non discende solo dal suo fabbisogno per gli scambi
ordinari, dipende anche dal fabbisogno per gli eventi straordinari, e
quindi da preferenze per il rischio calcolabile e l’incertezza, che
dipendono sia da fattori psicologici variabili, sia da eventi che
aumentano riducano i rischi calcolabili e le incertezze.
A loro volta, questi rischi ed incertezze riguardano sia fattori cosi-detti
“esogeni” cioè dipendenti da eventi esterni politici ed economici e da
eventi naturali che incidono sulle nostre opportunità di investimento e
disinvestimento e/o sulle nostre aree di scelta (una guerra, un
terremoto, una incertezza politica).
52
J. M. Keynes denomina tutte le variazioni di domanda di moneta
liquida, M1 come “preferenza per la liquidità”, una espressione macro
economica avvincente, ma
-indeterminata perché ha differenti versioni, una in rapporto al PIL
un’altra in rapporto al PIL pro capite, una terza in rapporto al reddito
lordo per persona o famiglia e al fatturato o introito lordo o spesa lorda
per impresa e Pubblica Amministrazione
-ed un contenuto eterogeno, di cui, come si è appena visto, le
componenti piscologiche soggettive che l’analista economico deve
prender come un dato emotivo solo una parte modesta.
La componente economica strutturale, si presta ad essere esaminata
con due modelli fra loro complementari: quello delineato da Friedman
della moneta liquida come bene superiore, la cui domanda aumenta con
il reddito disponibile e quello del costo, in termini di liquidità, delle varie
operazioni di scambio, che rientra nella categoria dei “costi delle
transazioni” (il termine “transazioni” qui è quello economico, teorizzato
da Ronald Coase, che include il costo delle informazioni per preparare e
concludere gli scambi e il costo per le attività gestionali e legali per
portarli a termine.
La componente di natura economica congiunturale, non riconducile ad
aspetti psicologici emotivi, ma a fattori istituzionali e a variabili non
facilmente controllabili, può esser molto importante: quando c’è molta
53
disoccupazione, ad esempio, la preferenza per la liquidità delle famiglie
aumenta, nella misura in cui aumenta l’incertezza.
Per le imprese e per gli operatori finanziari la necessità di tenere
contante dipende dalla struttura organizzativa dell’amministrazione più
o meno accentrata dei pagamenti e dal confronto fra le complicazioni
del sistema accentrato e la maggior liquidità richiesta dal sistema
decentrato.
Sulla scelta sulla entità di liquidità da tenere, da parte dei vari operatori
economici, incidono molto
il tasso di interesse praticato dalla Banca centrale e il tasso di
interesse sul mercato interbancario per quanto riguarda le scelte
delle banche;
il tasso di interesse praticato sui depositi e quello praticato
ai richiedenti di prestiti delle banche per quanto riguarda le decisioni
dei vari operatori economici
il tasso di interesse sul debito a breve e quelli sul debito a medio e
a lungo termine per quanto riguarda le scelte delle PA
il tasso di inflazione: quando esso è inferiore al livello definito
come stabilità monetaria, il tasso di interesse monetario è quasi
interamente un tasso reale, mentre la componente reale diminuisce
quando si arriva al livello di guardia; quando lo si supera alla
componente effettiva di variazione del potere di acquisto si aggiunge
una componente di rischio ulteriore, più o meno grande. Quando c’è
54
una aspirale inflazionistica le banche danno alti tassi sui depositi a vista
per evitare che si comprimano e la moneta circola più velocemente.
In conclusione la quantità di moneta M1 che il sistema monetabancario mette a disposizione, mediante lo stock preesistente che
circola nell’economia e la aggiunta annuale ad esso di nuovo M1 , ai fini
della misurazione della offerta quotidiana, settimanale , mensile ,
annuale di moneta che fronteggia la domanda quotidiana, settimanale,
mensile, annuale di moneta liquida va moltiplicato per un coefficiente
che denominiamo V1 ossia velocità di circolazione di M1 che aumenta in
relazione inversa alla quantità di M1 che viene trattenuta dagli operatori
economici per le loro transazioni correnti e per quelle di risparmio e
investimento positivo o negativo.
5. La quantità di moneta secondaria e terziaria. M2 (M1+Ms) e
M3(M1+Ms+Mt)
L’aggregato intermedio M2 -nella regolamentazione della BCEcomprende insieme a M1, anche la moneta secondaria Ms composta
depositi con durata prestabilita non superiore a due anni
depositi rimborsabili con preavviso non superiore a tre mesi.
L’aggregato complessivo M3 comprende oltre a M2 anche la moneta
terziaria Mt composta da:
1) operazioni pronti contro termine,
2) quote e partecipazioni in fondi comuni monetari
55
3) titoli di debito pubblico e privato (obbligazioni e cambiali)
con scadenza non superiore a due anni.
La BCE adotta, per la sua politica monetaria, un valore di riferimento
ufficiate riguardante per la crescita (positiva o negativa) di M3 , che è
l’aggregato monetario ufficiale dell’euro.
Ovviamente, anche nel caso di M2 e di M3, è importante individuare
la rispettiva velocità di circolazione, V2 e V3 nell’economia, che
consiste nella media ponderata delle velocità dell’aggregato
(M1+Ms+Mt) onde stabilire la effettiva offerta di moneta che- nel
circuito economico reale e finanziario- fronteggia la domanda.
Anche in questo caso, emerge una relazione inversa fra la
“preferenza per la liquidità”, lo scatolone post keynesiano che
contiene le diverse variabili che inducono a detenere Ms e Mt
Esse sono molto simili a quelle che inducono a tenere M1, anche
perché -come già abbiamo notato- MS e Mt possono essere facilmente
mutati in M1 e viceversa.
Sulla scelta sulla entità di MS e Mt da tenere, da parte dei vari
operatori economici, incidono molto
a)le complicazioni burocratiche e le incertezze sul futuro,
riguardante i regimi fiscali, la crescita del PIL, il commercio
internazionale etc. che possono indurre a posticipare gli investimenti,
tenendo nel frattempo i risparmi da investire in MS e Mt sotto forma
di depositi bancari con durata limitata o rimborsabili con breve
56
preavviso titoli a breve termine del debito pubblico e di operatori di
mercato
b)il tasso di interesse ottenibile sui depositi Ms e Mt e quello a cui si
deve sottostare per prestiti da parte delle banche onde graduare il
rapporto fra crediti di liquidità e debiti per investimenti
c) il tasso di interesse sul debito pubblico a breve e quello sulle
obbligazioni quotate in borsa per le scelte fra le varie opzioni
di liquidità oltreché per le ragioni di cui a b)
e) il tasso di inflazione, per le ragioni viste per M16.
f)la piramide del mercato monetario e della liquidità finanziaria
A questo punto, per altro, interviene una -sovente non previstacomplicazione derivante dal fatto che nell’economia di mercato
contemporanea il mercato finanziario che domanda e offre moneta non
consiste solo in quello bancario e nelle borse, ma in un enorme mercato
parabancario, in cui campeggiano due nuove specie di quasi moneta
ossia i prodotti finanziari cartolarizzati (“securitized”) e quelli derivati e
la loro ibridazione consistente nella securitizzazione dei derivati.
57
FIGURA 1
LA PIRAMIDE DELLA LIQUIDITA’ DI DAVIDE ROCHE
58
La liquidità mondiale, secondo David Roche, poco prima della grande
crisi del 2007-2009 ,(come si vede nella piramide rovesciata della
Figura 1), era composta:
-per lo 1% da M1,
-per il 6 % da prestiti bancari cioè M2 + la parte bancarie di M3
-per il 12% da debito cartolarizzato ABS (Asset baked securities) ossia
trasformato in titoli dotati di una grazia e quindi , posto che questa
funzioni, dotato di un valore facciale certo, non però necessariamente
convertibile in moneta liquida nel breve termine. La securization
ovvero cartoralizzazione che dà a questi titoli la garanzia di solvibilità
consiste nel cosidetto “pooling” cioè nel raggruppamento di titoli con
diversa rischiosità di insolvenza, consistenti in un grande numero di
prestiti a differenti debitori, dello stesso tipo (ad esempio mutui
immobiliari a trenta anni , assistiti dalla possibilità per il creditore di
rivalersi sull’immobile, prestiti ad acquirenti di auto con garanzia
sull’auto, crediti bancari in sofferenza “senior” , debiti su carte di
credito). Il rischio di insolvenza così è distribuito su un ampio numero
di casi e l’investitore che acquista una quota del pool ossia del
gruppone, ha un rischio medio e un rendimento medio, riferito a una
percentuale di quello globale del gruppone
59
- per lo 80% da derivati ossia prodotti finanziari il cui valore è
collegato a un’attività sottostante: come contratti future, opzioni,
swap, contratti a termine su prezzi dei titoli in borse valori e borse
merci, su tassi di interesse, su tassi di cambio, su indici di mercati
finanziari e da pacchetti di derivati.
Pertanto dalle riserve delle banche presso la banca centrale e dalle
banconote emesse dalla banca centrale alla moneta bancaria il
moltiplicatore è 6 volte; diventa di 18 volte mediante l’aggiunta dei
prodotti finanziari cartolarizzati mentre poi ci sono i derivati
monetari, per i quali il moltiplicare apparente, che si riferisce ai
contratti sottostanti, è ancora più alto, ma quello reale relativo ai
derivati come stock è molto minore, come fra poco vedremo, perché
raramente supera il 5% del valore dei contratti di riferimento.
In rapporto al Pil mondiale pari – allora- a circa 60 mila miliardi di
dollari, cioè 60 trilioni di dollari, i prestiti bancari erano lo 80%, ma se
si aggiungeva il debito cartolarizzato composto solo in parte di debito
obbligazionario a breve, facente parte di M3, si arrivava al 220 %,
mentre per i contratti dei derivati monetari, che ufficialmente non
sono moneta, ma derivati monetari che ne espandono la quantità in
modo fluttuante e che possiamo chiamare moneta derivata Md, il
moltiplicatore apparente era quasi dieci volte il Pil mondiale!
60
In realtà, il valore di mercato dei derivati era molto più piccolo, in
quanto essi riguardano margini di variazione dei contratti nel tempo.
Per la specie più importante, cioè i derivati riguardanti i tassi di
interesse, per esempio nel periodo 2006-2007 essi (come si vede dalla
Tavola 1) avevano un valore fra il 2 e il 5% dei contratti a cui essi si
riferiscono. Nel complesso il loro valore, nei periodi di maggior
tensione, è attorno all’8% dei contratti a cui si riferiscono.
I derivati monetari non sono moneta, ma ne ampliano, in modo
variabile, la velocità e generano un rischio di insolvenza di natura
monetaria, che contraddice la nozione stessa di liquidità
7. La difficoltà di misurare l’offerta e la domanda di moneta nel loro
intreccio al fine di arrivare alla stabilità monetaria, induce a guardare
i prezzi che assicurano il loro equilibrio, così come il medico misura la
febbre per stabilire se non ci sono, al presente, malattie
La stabilità monetaria, sulla base della formula della teoria
quantitativa della moneta, dipende dall’equilibrio fra l’offerta, che
riguarda il valore di questa, espresso da M3 moltiplicato per la sua
velocità di circolazione V3, ossia
M3X V3e la domanda data da volume degli scambi Q moltiplicato per i
suoi prezzi P, ossia QXP.
bis
M3X V3= QXP od anche
61
(1 ter)
M3=QP/ V3
Se c’ è abbastanza moneta e la domanda Q eccede l’offerta, aumenta
P , mentre se la domanda Q è fiacca ed inferiore all’offerta
disponibile, P tende a scendere. Anche se non c’è abbastanza M3 i
prezzi scendono, ma ciò può generare insolvenza nei debitori,
distruggendo offerta, con una spirale negativa di crisi. Ma si osservi
che se P aumenta perché non c’è abbastanza offerta per la domanda,
e la Banca centrale lascia che la quantità di moneta aumenti, la
domanda di beni aumenterà sul mercato finanziario, mediante
acquisti a debito e sul mercato finanziario con un aumento del valore
nominale dei titoli obbligazionari e dei loro interessi., a compenso del
tasso di inflazione, con una spirale pericolosa. V tenderà ad
aumentare perché si ridurrà al minimo la tenuta di M, per evitare il
danno del suo deprezzamento. L’autorità monetaria sarà indotta a
intervenire per ristabilire l’equilibrio riducendo l’offerta di moneta,
mediante varie misure, fra le quali l’aumento del tasso di interesse,
che riduce la domanda di credito.
Ma quanta moneta deve render disponibile la Banca Centrale per
evitare l’inflazione e la deflazione. Il calcolo dell’offerta corretta è
reso arduo dal fatto che V è variabile. V è influenzata variamente
anche da Md , la moneta derivata formale e dalla moneta privata
informale , come i Bit Coin creati in rete ed è di difficile misurazione
perché M1, M2 ed M3 hanno una differente velocità V1, v2, V3 e si
62
possono convertire fra loro e in strumenti finanziari non monetari e
viceversa , mentre la massa dei crediti cartolarizzati, su cui ci siamo
soffermati nel § 6, , è un ibrido para monetario che complica il
quadro.
Sicché non appare applicabile la formula di Friedman per cui la
stabilità monetaria si può garantire mettendo ogni anno una data
quantità di moneta, con un tasso di incremento dato, che dovrebbe
misurare la crescita media del suoi fabbisogno, determinato dal tasso
di crescita dell’economia e da quello della crescita della domanda di
moneta come bene superiore , al crescere dei redditi e dei profitti.
La soluzione, allora, potrebbe essere trovata facendo riferimento
alla teoria dei quantitativisti della scuola austriaca o ai neoclassici che,
rifacencdosi al modello tradizionale, misurano la domanda di moneta
mediante l’assieme delle operazioni di scambio dell’economia di
mercato moltiplicando il volume delle operazioni ossia le quantità Q
dei beni e servizi materiali e immateriali scambiati per i loro prezzi P
che -semplificando al massimo- includono oltre ai beni ceduti nello
stadio finale del consumo che possiamo denominare Q1, anche le
materie prime e i prodotti intermedi che possiamo denominare Q2 e
le importazioni Q3, e le esportazioni Q4 anche le compravendite di
diritti di proprietà , che possiamo denominare Q5 i quali hanno i
rispettivi prezzi P1, P2,P3 , P4, P5
(2)M3V3= P1Q1+P2Q2+P3Q3 +P4Q4+P5Q5
63
Ovviamente P1 si compone di ,P1’ P1” ….P1m prezzi riguardanti i
diversi tipi di beni e servizi Q1’,Q1”…Q1mossia
(3) P1 Q1 = ,P1’ Q1’+ P1” ,Q1”+….QmP1m
ed altrettanto vale per P2Q2 e per P3Q3
Il calcolo di tutte queste variabili non è agevole, ma è fattibile. Ed è
possibile tradurlo solo in parte in un comprensibile indice dei prezzi
che è la somma di tutti quelli che entrano nella formazione del
prodotto nazionale, ponderata con l’apporto di ciascuna componente
ad essa. A questi indice che riguarda le prime quattro componenti
della parte destra della (2) si deve aggiungere l’indice dei prezzi dei
diritti di proprietà scambiati, che non si può sommare con l’altro, in
alcun modo ragionevole. Ma sin qui ci si trova con complicazioni
risolvibili.
Tuttavia, nell’economia dei mercati globali attuali , accanto alla
componente di economia reale, della domanda di moneta, vi è una
gigantesca componente di domanda che riguarda il mercato
finanziario. La piramide di Roche mostra-ma solo parzialmente (infatti
non include lo stock di debito pubblico, lo stock dei fondi di
investimento e altro ancora) - che questa componente riguarda un
multiplo del PIL. E si tratta di valori che tendono a fluttuare nel
tempo.
Occorre quindi considerare la formula (2) come un modello teorico di
riferimento che non si può tradurre in pratica mediante una unica
64
formula e non si presta a una osservazione di brevissimo periodo,
come guida per la politica monetaria concreta, che ha bisogno di
informazioni aggiornate, per agire nei tempi richiesti, in modo
appropriato.
Non potendo misurare né l’offerta, né la domanda di moneta, con
efficienza ed efficacia soddisfacenti, si deve così adottare un modello
che riguarda il loro equilibrio o squilibrio, tramite la deviazione dal
livello di prezzi che appare quello di equilibrio fra domanda ed
offerta.
Ma quali indici dei prezzi si debbano considerare per avere una
veduta di assieme?
8. Il riferimento ai soli prezzi al consumo, ai fini della misura della
stabilità monetaria, ha favorito la grande crisi del 2008.
Insegnamento che se ne trae: il modello duale.
Nel corso del periodo successivo alla crisi del 1992 il tasso annuale di
crescita della massa monetaria M3, costituita dalla moneta cartacea,
da quella inclusiva dei conti correnti bancari a vista e dei deposti a
breve e dei titoli pubblici a breve e da quella inclusiva dei derivati
monetari creati dal sistema finanziario e trattati come mezzo di
pagamento è stato di circa il 10%, una cifra che implica un raddoppio
della quantità di moneta che circola nel mondo all’incirca ogni sei o
65
sette anni. Questa politica è stata accompagnata o meglio favorita da
tassi d’interesse bassi, o addirittura negativi. E ciò ha provocato la
creazione di una bolla speculativa che si è manifestata in un sensibile
aumento dei prezzi dei beni durevoli, delle attività finanziarie, dei
beni fondiari e delle azioni che rappresentano diritti di proprietà su
queste attività.
L’indice delle azioni su base di 100 nel 1995,era giunto a 240 in
cinque anni nel 2000 poi un crollo a 120 nel 2003 e una risalita a quasi
280 alla metà del 2007. Ovviamente questo aumento ciò non poteva
rappresentare incrementi di valori reali, derivava da un eccesso di
creazione di moneta , in parte per l’azione della Banca centrale e in
parte per quella del mercato finanziario. Ma di questa anomalia non
ci è si è accorti perché per misurare l’inflazione le autorità monetarie
hanno fatto riferimento all’indice dei prezzi dei beni di consumo,
senza considerare quello delle attività finanziarie, delle materie
prime, dei beni capitali o dei beni fondiari i cui prezzi aumentano
molto più di quelli dei beni di consumo. Ma -come osserva Pascal
Salin- nel corso degli anni ’90 e all’inizio del XXI secolo, ci sono stati
notevoli guadagni di produttività nella produzione di questi beni e i
prezzi dei beni di consumo sono stati calmierati anche dalla entrata in
campo delle produzioni a basso costo dei paesi emergenti. Non si
aveva la sensazione che la politica monetaria fosse troppa espansiva
perché i prezzi aumentavano del 2 o del 3% all’anno. Ma c’era un
66
tasso di aumento medio della produttività nel settore dei beni di
consumo dal 3 al 5% all’anno, mentre nelle situazioni di forte crescita
monetaria è normale che gli eccessi di creazione monetaria si
riversino in particolare sui mercati dei beni patrimoniali reali e
monetari. Ciò non poteva durare. Infine sono aumentati
enormemente i prezzi delle materia prime e la loro grande inflazione
ha contagiato i beni di consumo, si è dovuta restringere l’offerta di
moneta e si è avuta l’esplosione della “bolla finanziaria”, quindi la
crisi.
9.Concludendo
Nella teoria monetaria di Friedman, classificata come “monetarista” ,
non si dovrebbe guardare al livello dei prezzi al consumo per stabilire
se c’è o no pericolo di inflazione, ma anche a tutte le altre
componenti della domanda di moneta, che influiscono sull’equilibrio
con la quantità di moneta emessa. Purtroppo-però- chi segue tale
teoria, spesso adotta una definizione troppo ristretta di tasso di
inflazione facendo riferimento ai prezzi al consumo , perché la loro
stabilità garantisce il consumatore sia come tale sia come
risparmiatore, in quanto rinuncia a un potere di acquisto presente
per averne uno in futuro possibilmente maggiore ma almeno
equivalente.
67
Ma anche nel caso del consumatore è sbagliato fermarsi a quelli dei
beni di consumo, bisogna includervi quelli dei valori patrimoniali, di
natura reale (immobili) e finanziaria.
Se i prezzi salgono, il consumatore vorrà un tasso di interesse più alto
sulle obbligazioni e aumenterà la domanda di immobili, a parità di
prezzo, contando sul fatto che il loro uso, in termini di prezzo
monetario, varrà di più.
Scartato l’indice dei prezzi al consumo che riguarda solo una parte
della domanda e offerta di moneta, nel gioco fra richiesta di beni e
servizi da parte dei consumatori e offerta da parte dei loro venditori,
ci si dovrebbe rivolgere
All’indice dei prezzi impliciti nella formazione del reddito nazionale
lordo RNL che riguarda la intera offerta e domanda di beni e servizi
dell’economia reale nazionale nell’anno dato ossia
la somma di Importazioni +Consumi+ Investimenti lordi moltiplicati
per i rispettivi Prezzi e divisi per la quota N1, N2, N3 di ciascuno dei tre
addendi sul Valore totale di RLN dato dalla loro somma ossia
(4) PRNL QRNL= PIMPQIMP/N1+PCQC/N2+ PILQIL/N3
e quindi la quantità di moneta che li mantiene in equilibrio, con prezzi
che non segnalano né un eccesso di domanda sull’offerta, né una
carenza di domanda rispetto all’offerta disponibile. Ma questo è solo
una parte del quadro dell’equilibrio o squilibrio monetario, anche
68
nell’economia reale, perché non si considererebbe l’offerta e
domanda di moneta, che riguarda i diritti di proprietà.
Ed a questo punto si scoprirebbe che non c’è solo la struttura
dell’economia reale, nell’offerta e domanda di moneta, per gli scambi
di flussi e di stock, c’è anche la sua sovra struttura finanziaria sempre
più articolata e intrecciata con l’economia reale.
E’ giocoforza adottare un modello “duale”, con indicatori di
equilibrio o squilibrio nei due mercati, reale e finanziario, tenendo per
altro di continuo presente, che essi si intrecciano.
III LEZIONE
I MANDATI, GLI STRUMENTI E LE POLITICHE DELLE BANCHE CENTRALI.
FEDERAL RESERVE USA E BCE EUROPEA.
Sezione I.
La Federal Reserve degli Usa
1. Le Federal Reserve degli USA come banca centrale di un sistema
federale con potere presidenziale
Il modello di banca centrale degli USA , che riguarda la Federal
Reserve Bank (abbreviata come FED) è quello misto di una banca
centrale di un sistema federale, in cui essa è espressione delle banche
centrali degli stati membri e di un governo centrale formato e diretto
da un presidente eletto dalla popolazione, il cui potere esecutivo e la
cui iniziativa legislativa sono limitati da un sistema bicamerale con
69
camera e senato eletti con regole differenti.
L’organo esecutivo della FED è il Board of Governors, composto da 7
membri, che sono nominati dal presidente degli USA , con conferma
del senato.
TAVOLA 1 . Il BOARD OF GOVERNORS DELLA FED
The Board of Governors—located in Washington, D.C.—is the governing body of the Federal Reserve System. It is run by seven members,
or “governors,” who are nominated by the President of the United
States and confirmed in their positions by the U.S. Senate. The Board
of Governors guides the operation of the Federal Reserve System to
promote the goals and fulfil the responsibilities given to the Federal
Reserve by the Federal Reserve Act.
All of the members of the Board serve on the FOMC (Federal Open
Market Committee), which is the body within the Federal Reserve
that sets monetary policy ( Cfr. TAVOLA 2 “The Federal Open Market
Committee).
Each member of the Board of Governors is appointed for a 14-year
the terms are staggered so that one term expires on January 31 of
each even-numbered year. After serving a full 14-year term, a Board
member may not be reappointed.
If a Board member leaves the Board before his or her term expires,
however, the person nominated and confirmed to serve the
remainder of the term may later be appointed to a full 14-year term .
70
The Chairman and Vice Chairman of the Board are also appointed by
the President and confirmed by the Senate, but serve only four-year
terms. They may be reappointed to additional four-year terms. The
nominees to these posts must already be members of the Board or
must be simultaneously appointed to the Board.
The Board oversees the operations of the 12 Reserve Banks and
shares with them the responsibility for supervising and regulating
certain financial institutions and activities.
This authority includes oversight of the Reserve Banks’ services to
depository institutions, and to the U.S. Treasury, and of the Reserve
Banks’ examination and supervision of various financial institutions.
As part of this oversight, the Board reviews and approves the budgets
of each of the Reserve Banks.
The Board also helps to ensure that the voices and concerns of consumers and communities are heard at the central bank by conducting
consumer-focused supervision, research, and policy analysis, and,
more generally, by promoting a fair and transparent consumer
financial services market.
Occorre notare che il potere del singolo presidente degli USA di
nomina dei membri del Board della FED non si estende mai a tutti e
sette membri, in quanto egli dura in carica solo tre anni e non può
esser rieletto più di una volta , mentre i membri del Board of
71
Gvernors della FED sono 7 e sono nominati, ciascuno il 1 gennaio di
un diverso anno.
Le direttive della politica monetaria, come si è visto nella Tavola 1,
non sono decise dal Board of Governors ma dal FOMC ( Federal Open
Market Committee)
TAVOLA 2 . IL FEDERAL OPEN MARKET COMMITTEE
The FOMC is the body of the Federal Reserve System that sets
national monetary policy. The FOMC makes all decisions regarding
the conduct of open market operations, which affect the federal
funds rate (the rate at which depository institutions lend to each
other), the size and composition of the Federal Reserve’s asset
holdings, and communications with the public about the likely future
course of monetary policy.
Congress enacted legislation that created the FOMC as part of the
Federal Reserve System in 1933 and 1935.
FOMC MEMBERSHIP
The FOMC consists of 12 voting members—the 7 members of the
Board of Governors; the president of the Federal Reserve Bank of
New York; and 4 of the remaining 11 Reserve Bank presidents, who
serve one-year terms on a rotating basis.
By law, the FOMC determines its own internal organization and, by
tradition, the FOMC elects the Chair of the Board of Governors as its
72
chair and the president of the Federal Reserve Bank of New York as its
vice chair. FOMC meetings are typically held eight times each year in
FOMC RESPONSIBILITIES
The FOMC is charged with overseeing “open market operations,” the
principal tool by which the Federal Reserve executes U.S. monetary
policy. These operations affect the federal funds rate, which in turn
influence overall monetary and credit conditions, aggregate demand,
and the entire economy. The FOMC also directs operations
undertaken by the Federal Reserve in foreign exchange markets and,
in recent years, has authorized currency swap programs with foreign
central banks and at other times as needed.
Come si nota 5 dei 12 membri del FOMC sono nominati dalle Banche
centrali degli stati membri e poiché solo 6 al massimo dei membri del
Board of Governors possono essere eletti da uno stesso Presidente
degli USA, la FED non è mai espressione del governo federale in
carica; ed anche se è influenzata dal suo indirizzo di politica
economica. agisce in modo autonomo.
2.La stabilità monetaria e gli altri tre obbiettivi della Banca Centrale
nel modello della Federal Reserve degli USA.
La Federal Reserve USA , per altro, in virtù delle leggi emanate nel
1977-78 dal presidente Carter (democratico) ha un compito
monetario molto più ampio che quello di assicurare la stabilità
73
monetaria., che viene definita come una fluttuazione del tasso di
inflazione nella fascia del 2% riferita ai prezzi al consumo , in base
all’indice strutturale, che è depurato dai prezzi del petrolio e del gas
naturale e da quelli agricoli.
Il tasso di inflazione bei prezzi al consumo non superiore al 2% e
non inferiore allo 1%, come si vedrà nella Sezione II, è anche quello
perseguito dalla Banca Centrale Europea.
Esso quello suggerito delle autorità monetarie internazionali, ossia il
Fondo Monetario Internazionale e la Banca dei Regolamenti
Internazionali (vedi V Lezione).
Ovviamente , però, la definizione dei prezzi al consumo può differire
nei vari paesi, sia per la scelta del paniere, che per i pesi dei beni e
servizi che lo compongono. Ci sono notevoli differenze fra l’indice
usato dalla FED per gli USA e quello usato dalla BCE, per l’Unione
Europea.
TAVOLA 3
LA MISSIONE DELLA FEDERAL RESERVE DEGLI USA
“Il Board dei Governatori del Sistema della Federal Reserve e del
Comitato Federale del Mercato Aperto dovrà mantenere la crescita
di lungo periodo degli aggregati della moneta e del credito in una
misurata proporzionale alla crescita potenziale di lungo periodo
commensurate dell’economia, per accrescere la produzione così da
promuovere effettivamente l’obbiettivo di massima occupazione,
74
prezzi stabili e moderato tasso di interesse di lungo termine.”.
Dunque non solo l’obbiettivo di stabilità monetaria che si riferisce
solo a quelli al consumo e neanche in modo completo, mentre i prezzi
al consumo, come abbiamo sono solo una componente del potere di
acquisto della moneta ossia della sua stabilità monetari, ma anche la
crescita di lungo termine del PIL, la moderazione dei tassi di interesse
e la massima occupazione.
Si può osservare che da una banca centrale che ha come obbiettivo
la massima occupazione e la crescita assieme alla stabilità monetaria
non ci si può aspettare che persegua soprattutto la stabilità
monetaria nella sua accezione piena.
Sebbene la crescita del PIL, in una economia di mercato aperta di
concorrenza, nel lungo termine sia coerente ed interdipendente con
la stabilità della moneta e con la massima occupazione, se il mercato
del lavoro è flessibile, nel breve termine ciò spesso non accade.
Nel dosaggio dei tre obbiettivi, la politica monetaria della Fed può
porre discrezionalmente più attenzione all’uno che all’altro, ponendosovente- la stabilità monetaria in seconda o anche in terza linea
rispetto agli altri due. L’obbiettivo di un tasso di interesse moderato
accentua la discrezionalità della Fed e pone l’obbiettivo di stabilità
monetaria in una posizione meno rilevante.
Il tasso di interesse moderato è una nozione che prescinde dalla
legge di domanda e offerta che dovrebbe regolare anche il risparmio
75
in rapporto all’investimento.
Quando l’offerta di risparmio da parte del mercato è bassa rispetto
alla sua domanda per investimenti, se non vi è una supplenza di
risparmio fornito dall’operatore pubblico all’economia di mercato, ci
sono solo due alternative: un deficit di bilancia dei pagamenti che
consente di avere un flusso di risparmio dall’estero e una tendenza
all’inflazione, che genera risparmio forzato a carico dei residenti.
Gli USA, per altro, sono in una posizione peculiare, perché il dollaro è
moneta di riserva mondiale.
Per conseguenza (come si è spiegato nella Lezione I), la domanda di
dollari per il mercato globale si aggiunge a quella per il mercato degli
USA, consentendo ad essi di avere un deficit permanente nel conto
capitali della bilancia dei pagamenti, pagato in dollari, usati come
moneta di riserva internazionale con un sostanziale equilibrio della
bilancia dei pagamenti globale, senza una deriva inflazionistica fuori
controllo.
Va aggiunto che chi gestisce una moneta di riserva non può spingere
l’espansione monetaria molti in là e molto a lungo perché entro breve
termine importa l’inflazione che ha esportato in quanto influenza
l’inflazione mondiale e la piramide rovesciata monetaria-finanziaria
mondiale e quindi genera una situazione negativa estremamente
pericolosa per la propria stabilità monetaria interna che mondiale.
Poiché la FED ha come obbiettivo anche la moderazione dei tassi di
76
interesse non ci si può stupire che essa abbia adottato, nel
complesso, negli ultimi due decenni politiche con potenziale
inflazionistico e che abbia modificato di continuo la propria politica
dei tassi.
Il dover conciliare fra loro un mix di quattro obbiettivi fra loro
spesso in contrasto autorizza la banca centrale a politiche
discrezionali, continuamente variabili.
Più semplice sarebbe il caso se essa avesse come obbiettivo la
crescita di lungo termine del PIL nel quadro della stabilità monetaria
estesa a quella finanziaria riguardante i prezzi dei beni capotali reali e
monetaria le cui compravendite fanno parte di QP come QFPF. in cui il
pedice F indica i prodotti finanziari.
3. La misura della stabilità monetaria. La stabilità finanziaria.
La grande crisi finanziaria che ha colpito il mondo negli anni 20082009 ha avuto il suo epicentro negli USA tramite la politica di
concessione dei mutui immobiliari a soggetti non in grado di pagare
che ha dato vita a una gigantesca bolla speculativa finanziaria nel
settore del credito per la casa e nel settore degli immobili.
Questa bolla finanziata, poi scoppiata, (vedi Lezione IV) è dipesa da
politiche del governo federale e dei singoli stati, a vantaggio dei meno
favoriti, degli immigrati e della non discriminazione. Le banche erano
incentivate a concedere questi mutui con generosità, ottenendo un
77
“bollino “di encomio da parte del governo statale, mentre lucravano
tassi di interesse differenziali, connessi al basso merito di credito della
clientela e potevano impacchettare tali mutui immobiliari in ABS (cfr.
Lezione VI) .I mutui avevano ipoteca sul valore degli immobili, ma
potevano essere concessi sul 100% di tale valore. I finanziamenti facili
gonfiavano le domande di immobili a mutuo e ne facevamo salire il
valore.
Le banche degli USA creavano moneta praticando una politica di
“deficit lending“ simile a quella keynesiana del deficit spending ,
basata sulla filosofia economica keynesiana ,per cui è la domanda che
genera l’offerta e quindi genera , ex post, il risparmio, che non esiste
ex ante.
Se la Federal Reserve avesse inserito il prezzo degli immobili e dei
prodotti finanziari cioè F2nella sua vigilanza sulla stabilità monetaria
come stabilità finanziaria si sarebbe accorta per tempo che
l’inflazione stava divampando in un’area contigua a quella dei prezzi
al consumo, che stavano per esserne contaminati e avrebbe agito con
il rialzo del tasso di interesse prima che la bolla finanziaria assumesse
le proporzioni che ebbe, quando essa si decise ad intervenire, onde
bloccare l’inflazione nei consumi.
78
4. La irreversibilità della autonomia della FED. Il LLOR e il debito pubblico
Secondo una tesi che circola in alcuni ambienti poiché le regole della
FED sugli obbiettivi della politica monetaria e sulla stabilità
monetaria non fanno parte della costituzione il presidente degli USA
le potrebbe cambiare, modificando per legge c he definisce i compiti
della FED. Ma il presidente degli USA non ha questo potere, in
quanto ha bisogno del doppio consenso della Camera e del Senato,
che hanno una diversa composizione, essendo eletti con diverse
regole sicché tale consenso equivale a una maggioranza qualificata,
molto difficile da raggiungere per norme di questa portata, anche per
le ripercussioni che ciò può avere sul dollaro come moneta di riserva.
La sola vera possibilità del governo Federale di influire sulla politica
monetaria sta nella sfera di discrezionalità che, con le norme esistenti,
hanno il Board of Governors della FED e il FOMC, fermo restando che essi
hanno un potere autonomo da quello del governo.
Non c’è, nelle regole che riguardano la Federal Reserve alcun
principio che si riferisca all’acquisto di debito pubblico del governo
federale o di governi degli stati membri o degli enti locali.
Non vi è né un divieto né un obbligo per la Federal Reserve di
acquistare il debito pubblico del governo federale sul mercato aperto
o, direttamente, dal Tesoro quando esso è emesso.
79
Ciò dipende dal fatto che la Costituzione degli Stati Uniti stabilisce
che il potere di emettere moneta è del governo federale. Questa
regola riguardava la moneta merce basata sull’oro (Cfr Lezione I).
Poiché il potere monetario primario-negli USA- è dello stato
federale, la FED deve concedere al governo federale prestiti in misura
illimitata, quando questi lo chieda e la legge glielo consenta.
A sua volta, la FED. non ha alcun divieto di comprare titoli del
debito pubblico, in misura illimitata, può dunque operare come
Lender of Last Resort,(LLOR) prestatore di ultima istanza, a favore del
governo oltreché del sistema bancario con il solo limite costituito
dalla credibilità della moneta che essa mette in circolazione .
Tuttavia la legge americana pone un limite al potere monetario di
emettere moneta per finanziare il proprio bilancio, in quanto esiste
una norma federale che impedisce che il governo degli USA superi un
dato tetto nella emissione del debito pubblico.
Esso nel luglio del 2011 stava per superare il tetto stabilito a 14.294
miliardi di dollari. Se non fosse stato trovato un accordo il Governo
federale non sarebbe stato in grafo di pagare gli stipendi ai pubblici
dipendenti, salvo drammatici aumenti di imposte e tagli di spese, che
potevano creare una deflazione e rischi per la difesa e la sicurezza, in
relazione al contenimento delle spese militari.
In agosto è stato trovato l’accordo per il varo di una nuova legge che
ha consentito di aumentarlo di 2.400 miliardi di dollari arrivando a
80
16.694, nell’arco di un decennio. Il debito federale alla fine del 2011
ha superato il 100% del Pil.
Sommando i debiti degli stati e degli enti locali si arrivava al 118%
del Pil che sarebbe stato superato nel 2012.
In seguito il rapporto debito /Pil si ridimensionò perché-come si
vedrà nel capitolo IV- vi fu una robusta crescita del PIL, in termini
reali e in termini monetari.
Ma non vi fu una crisi del debito degli USA perché la banca centrale
degli USA opera come LLOR, il cui limite -a parte quello che il
parlamento, con le due camere vi pone, in relazione al deficit
pubblico- è dato dalla monetizzazione del debito che così si può
determinare, quando la stampa di moneta supera il livello massimo
indicato dalla formula quantitativa della moneta e genera una
rilevante spirale di inflazione.
Se il paese in questione è molto grosso come gli USA e le sue
importazioni hanno molta influenza sulla domanda mondiale, ciò
genera inflazione nei paesi esportatori e ciò suscita aumento dei
prezzi del paese importatore.
Esso così è costretto ha deflazionare la propria espansione
monetaria, come fece la FED nel 2008 (cfr. sopra e Lezione IV).
81
Sezione II
Il Sistema Monetario Europeo. La Bce
1. Il sistema monetario dell’euro. Struttura di BCE in confronto a FED
Il sistema monetario dell’euro zona ha, anche esso, una struttura
articolata , simile a quella federale degli USA , nel senso che la Banca
Centrale, è una super banca centrale composta, con quote variabili,
dalle banche centrali degli stati membri. Ci so no però due differenze
fondamentali, rispetto alla Fed degli USA, la prima è che gli tati
membri della Fed fanno parte di una federazione, mentre gli stati
membri della euro zona sono stati sovrani membri di una Unione di
stati sovrani , che non ha un suo potere fiscale proprio né
competenze sui territori degli stati membri, ma solo un bilancio (pari
allo 1% circa del Pil degli stati membri) finanziati essenzialmente
con contributi e quote di imposte di questi e dazi doganali riscossi da
questi , ciascuno alla propria frontiera esterna all’UE , in base alla
tariffa doganale dell’Unione, che è anche una unione doganale.
La seconda differenza è che mentre il Trattato e lo Statuto del
Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea
(Statuto del SEBC), allegato al Trattato come protocollo, hanno
istituito ( dal 1° giugno 1998), la BCE e il Sistema europeo di banche
centrali (SEBC) composto dalla BCE e dalle banche centrali nazionali
(BCN) di tutti gli Stati membri dell’UE (articolo 107, paragrafo 1, del
82
Trattato 2), solo una parte degli stati dell’UE ha aderito EMU,
(European Monetary Union), che quindi è retta dallo “Eurosistema” .
Questo è composto dalla la BCE e le BCN degli Stati membri che
hanno adottato la moneta unica.
Il termine “area dell’euro” indica lo spazio economico comprendente
gli Stati membri dell’UE che hanno adottato la valuta europea. Non vi
è attualmente un governo politico dell’Eurozona diverso da quello
dell’Unione Europea composto dal Consiglio dei Ministri europeo e
dalla Commissione Europea e dal Parlamento Europeo.
Vi è solo un “eurogruppo” composto dai membri del Consiglio dei
Ministri Europeo degli stati membri dell’euro sona, che ha natura
informale e delibera senza alcuna regola ufficiale sulle votazioni (a
maggioranza semplice o qualificata e di quante quote). Non esiste, né
nella Commissione europea, né nel parlamento europeo, alcun “euro
gruppo” , sia pure informale.
Così l’Eurosistema riguarda, formalmente, solo la Banca Centrale e
gli organi dell’Unione Europea nei rapporti con essa. La scelta se far
intervenire l’Eurogruppo informale è discrezionale e dipende da chi lo
convoca, fra gli stati membri. Di fatto, si solito, la Germania, lo stato
membro di maggioranza relativa dell’EMU, con la quota del 17,99%
83
TAVOLA 1
QUOTE DI BCE SOTTOSCRITTE DALLE BCN DEGLI STATI DELL’EURO
ZONA
Quota
Capitale versato
(%)
(€)
17,9973
1.948.208.997,34
Banque de France (Francia)
14,1792
1.534.899.402,41
Banca d'Italia (Italia)
12,3108
1.332.644.970,33
Banco de España (Spagna)
8,8409
957.028.050,02
4,0035
433.379.158,03
2,4778
268.222.025,17
2,0332
220.094.043,74
1,9631
212.505.713,78
1,7434
188.723.173,25
Banca centrale nazionale
Deutsche Bundesbank
(Germania)
De Nederlandsche Bank
(Paesi Bassi)
Nationale Bank van
België/Banque Nationale de
Belgique (Belgio)
Bank of Greece (Grecia)
Oesterreichische
Nationalbank (Austria)
Banco de Portugal
(Portogallo)
84
Suomen Pankki - Finlands
1,2564
136.005.388,82
1,1607
125.645.857,06
0,7725
83.623.179,61
Lietuvos bankas (Lituania)
0,4132
44.728.929,21
Banka Slovenije (Slovenia)
0,3455
37.400.399,43
Latvijas Banka (Lettonia)
0,2821
30.537.344,94
0,203
21.974.764,35
0,1928
20.870.613,63
0,1513
16.378.235,70
0,0648
7.014.604,58
70,3915
7.619.884.851,40
Bank (Finlandia)
Bank Ceannais na hÉireann/
Central Bank of Ireland
(Irlanda)
Národná banka Slovenska
(Slovacchia)
Banque centrale du
Luxembourg
(Lussemburgo)
Eesti Pank (Estonia)
Central Bank of Cyprus
(Cipro)
Bank Ċentrali ta'
Malta/Central Bank of
Malta (Malta)
Totale
85
Le BCN degli stati dell’euro hanno dotato la BCE di riserve di
cambio per un valore equivalente a circa 40 miliardi di euro. Il
contributo di ciascuna banca centrale nazionale è stato fissato
proporzionalmente alla partecipazione nel capitale BCE ed è stato
versato in oro per il 15%, in dollari statunitensi e yen per il restante
85%.
2. Organi decisionali della BC E e loro mandati
Due sono gli organi decisionali della BCE competenti per la preparazione, la conduzione e l’attuazione della politica monetaria unica.
Il Consiglio direttivo e il Comitato esecutivo, entrambi presieduti dal
presidente della BCE e, in sua assenza, dal vice presidente.
Il Consiglio direttivo della BCE è formato dai sei membri del
Comitato esecutivo e dai governatori delle BCN dell’area dell’euro..
Il Comitato esecutivo è composto dal Presidente e dal Vicepresidente
della BCE e da altri quattro membri, tutti nominati di comune accordo
dai capi di Stato o di governo dei paesi dell’area dell’euro.
Il Consiglio direttivo ha il compito di:
I) adottare le decisioni e gli indirizzi necessari ad assicurare l’assolvimento dei compiti affidati all’Eurosistema;
II) formulare la politica monetaria dell’area dell’euro, che comprende
le decisioni relative agli obbiettivi monetari di medio termine, ai tassi
di interesse guida e all’offerta di riserve nell’euro sistema
86
III) stabilire gli indirizzi necessari per l’attuazione di tali decisioni.
Le funzioni del Comitato esecutivo, che è l’organismo operativo
sono:
• preparare le riunioni del Consiglio direttivo;
• attuare la politica monetaria secondo gli indirizzi e le decisioni del
Consiglio direttivo e, a tal fine impartire le necessarie istruzioni alle
BCN dell’area dell’euro;
• gestire gli affari correnti della BCE;
• esercitare i poteri ad esso delegati dal Consiglio direttivo, che
possono anche essere poteri di regolamentazione.
. L’obiettivo principale del SEBC-secondo il Trattato Europeo- è il
mantenimento della stabilità dei prezzi. Fatto salvo l’obiettivo della
stabilità dei prezzi, il SEBC sostiene le politiche economiche generali
nella Comunità al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi
della Comunità definiti dal Trattato Europeo, consistenti nello sviluppo
armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, in una
crescita sostenibile e non inflazionistica, in un elevato grado di
convergenza dei risultati economici, in un elevato livello di protezione
dell’ambiente e il miglioramento di quest’ultimo, in un elevato livello
di occupazione e di protezione sociale, nel miglioramento del tenore
e della qualità della vita, nella coesione economica e sociale e nella
solidarietà tra Stati membri.
87
Come si nota, circa i principi da seguire, in subordine a quello di stabilità
monetaria Consiglio direttivo e Comitato Esecutivo hanno ampia
discrezionalità, non sono vincolati a perseguire la piena occupazione
e la crescita, come la Fed.
Per quanto riguarda il tasso di cambio, per la cui determinazione operano
insieme al Consiglio e alla Commissione europea, devono agire in modo da
coordinarlo con l’obbiettivo di stabilità monetaria, subordinandolo a questa
Ma anche questa regola non è rigida, in quanto sia il Consiglio che il comitato
esecutivo della Fed e gli organi decisionali dell’Unione Europea dovrebbero
agire secondo i principi di una economia di mercato aperta, di libera
concorrenza.
E ciò comporterebbe di cercare di far sì che il tasso di cambio rispecchi il
potere di acquisto della propria moneta rispetto alle altre e che non si pratichi
una politica di sistematici surplus di bilancia dei pagamenti, ma di equilibrio
tendenziale di questa, tramite il coordinamento della politica fiscale con quella
monetaria.
3. Il mandato di stabilità monetaria e quello di stabilità finanziaria della BCE
In linea di principio lo schema istituzionale che riguarda la politica monetaria
europea e in particolare la BCE - con la stabilità monetaria quale mandato
primario- con tutti gli altri in subordine, salvo il precetto di conformarsi principi
generali di una economia di mercato aperta e di libera concorrenza, è
Erhardiano ed Einaudiano, cioè si ispira alle teorie di Ordo della scuola liberale
dell’economia sociale di mercato e a quella di Lugi Einaudi, il grande
economista neo liberale italiano che le considerava coincidente con la sua
teoria e che aveva affermato, con vis polemica, che l’aggettivo “sociale”
88
aggiunto all’economia di mercato genuina , cioè quella di libera concorrenza
basata sul rispetto della perdona umana e dei suoi diritti, era un “semplice
riempitivo”.
In questa teoria la stabilità monetaria è un dogma a difesa del risparmiatore,
persona comune, che ha una elevata propensione all’acquisto di titoli a reddito
fisso di entità affidabili, perché non ha abbastanza competenza o tempo a
disposizione per diventare un risparmiatore “attivo” con tempo e competenza
per effettuare con successo e monitorare constante mente i propri investimenti
di risparmi nei vari canali del mercato finanziario.
Questo obbiettivo è stato definito come un tasso di inflazione che oscilla entro
il 2%, ponendo così le premesse di un possibile coordinamento con la politica
della Federal Reserve. In generale, la BCE , per perseguirlo, adotta l’indice
europeo armonizzato dei prezzi al consumo.
Tuttavia, essa accanto alla stabilità monetaria, interpretata con riferimento alla
potere di acquisto del consumatore, essa ha il mandato della stabilità finanziaria
ai sensi dell’articolo 3.3 dello statuto del SEBC che dà alla BCE il mandato di
occuparsi oltreché della vigilanza sul sistema creditizio anche della stabilità
finanziaria, che ovviamente include la stabilità dei prezzi dei prodotti finanziari
e dei prezzi diritti di proprietà onde evitare le relative “bolle finanziarie”
TAVOLA 2
OBBIETTIVI DI STABILITZZAZIONE FINANZIARIA DI BCE
“il SEBC [e quindi la BCE] contribuisce alla buona conduzione delle politiche
perseguite dalle competenti autorità per quanto riguarda la vigilanza prudenziale
del sistema creditizio e la stabilità del sistema finanziario”. Art. 3,3, Statuto del
SEBC
La BCE, non si era accorta che un fenomeno di sovra espansione dei mutui
89
immobiliari , analogo a quello cui abbiamo accennato per gli USA, si stava
manifestando in grandi proporzioni Irlanda e in Spagna, che erano nell’euro
zona e nel Regno Unito, che ne era fuori e che esso poneva a rischio le banche
che li finanziavano, in quanto questi mutui venivano smerciati come ABS (cfr.
Capitolo V) contaminando il sistema finanziario e assicurativo nel complesso,
ma venivano trattenute nei loro portafogli.
Solo dopo la crisi si è capito che bisognava dar maggior rilevanza all’articolo
3.3. dello Statuto della SEB sulla vigilanza delle dinamiche dei mercati finanziari,
affiancandola al monitoraggio dei prezzi al consumo, ma ancora non è chiaro
che la stabilità dei prezzi dei diritti di proprietà fa parte della stabilità della
moneta in base alla equazione dell’equilibrio fra domanda e offerta di moneta,
correttamente interpretata.
4. Il divieto alla BCE di finanziamento dei bilanci degli stati membri non implica il
divieto di comprarne titoli sul mercato secondario, per impedire crisi dell’euro zona.
La previsione di Einaudi per cui alla banca centrale europea non sarebbe stati
consentito di prestare denaro agli stati membri, perché nessuno di essi vuole
pagare i debiti degli altri, si è pienamente verificata. Infatti l’articolo 101, n1. del
trattato stabilisce
TAVOLA 3
DIVIETO DI FINANZIAMENTO DEI DEFICIT DEGLI STATI PE LA BCE
“È vietata la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione
creditizia, da parte della BCE o da parte delle banche centrali degli Stati membri (in
appresso denominate «banche centrali nazionali»), a istituzioni o organi della
Comunità, alle amministrazioni statali, agli enti regionali,locali o altri enti pubblici,
ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri, così
90
come l'acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della BCE o delle
banche centrali nazionali” (Art. 101 n.1).
“La Comunità non risponde né si fa carico degli impegni assunti dalle
amministrazioni statali, dagli enti regionali, locali, o altri enti pubblici, da altri
organismi di diritto pubblico o da imprese pubbliche di qualsiasi Stato membro,
fatte salve le garanzie finanziarie reciproche per la realizzazione in comune di un
progetto economico specifico. Gli Stati membri non sono responsabili né
subentrano agli impegni dell'amministrazione statale, degli enti regionali, locali o
degli altri enti pubblici, di altri organismi di diritto pubblico o di imprese pubbliche
di un altro Stato membro, fatte salve le garanzie finanziari reciproche per la
realizzazione in comune di un progetto specifico” (art. 103).
Ciò, secondo una opinione che mi pare debba essere condivisa, si spiega con il
timore dei cittadini di Stati membri come la Germania, che l’espansione
monetaria indebita, da parte non solo degli altri Stati, ma anche del proprio,
possa generare inflazione.
In questo caso, la linea rigorista dello statuto e della prassi della Banca centrale
non deriva solo dal timore che l’espansione del credito vada a beneficio di altri
Stati, mentre il suo onere, in termini d’inflazione, ricade su tutta la comunità, ma
anche da un argomento non esplicitamente considerato da Einaudi, cioè le
diverse preferenze per l’inflazione dei vari Stati membri, in relazione alle diverse
esperienze negative da essi, al riguardo, subite. I Paesi favorevoli alla stabilità
monetaria: che sono quelli a cui essa maggiormente conviene, nella
competizione internazionale.
La norma, che stabilisce che non c’è un obbligo di aiuto reciproco, mediante la
Comunità o i rapporti bilaterali, non dice però nulla per il caso di un aiuto
91
comunitario o bilaterale, consistente nell’acquisto di titoli pubblici già in
precedenza emessi e circolanti sul mercato secondario, che possa essere utile in
caso di crisi finanziaria di singoli stati membri, per impedire che tale crisi
“contagi” gli altri paesi membri . Che dire di schemi di supporto a singoli stati
membri in difficoltà accompagnati da obblighi di consolidamento dei loro bilanci
e di riforme, che possano essere nell’interesse della stabilità complessiva del
sistema finanziario ?
A questo punto la questione non è più quella di obbiettivi in contrasto con il
principio della stabilità monetaria, compito precipuo della banca centrale
nell’economia di mercato einaudiana ed ehrardiana, ma quello della stabilità
monetaria nel senso proprio del termine, che riguarda non solo i consumatori
ma anche i titolari di risparmi e gli investimenti , effettuati in quella moneta:
coloro che possiedono titoli in euro circolanti nell’euro zona, che li hanno
comprati contando sul fatto che l’euro sia una “ moneta buona” .
Il Trattato originario dell’Unione Monetaria Europea trasfuso nel Trattato di
Lisbona dell’Unione Europea, vigente attualmente, al riguardo è muto, come se
il problema non si fosse molte volte proposto in Europa e fuori d’Europa nel
passato e come se esso non fosse affrontato nelle regole monetarie e delle
banche centrali degli altri stati dotati di propria moneta.
Per quanto riguarda la BCE c’è però la sintetica norma 3.3. del suo statuto (di
cui alla Tavola 2 ), pensata probabilmente per crisi bancarie e finanziarie con
effetti prevalentemente all’interno dei singoli stati membri, che però può
servire per crisi finanziarie di stati membri con un eccesso di debito pubblico,
che rischiano l’insolvenza, che si diffonderebbe al suo sistema bancario , in
quanto possessore di una quota importante di tale debito, con effetto di
contagio sulla stabilità finanziaria dell’euro zona.
92
5. Il prestito di salvataggio alla Grecia,il Securities Market Program (SMP) del 2010-11,
il “Wahtever it takes” di Draghi che dà a BCE il ruolo di LLOR per la stabilità
monetaria.
Sulla base di questa norma, oggetto tutt’ora di controversie interpretative, I
paesi dell'Eurozona e il Fondo Monetario Internazionale nel 2010 approvarono
un prestito di salvataggio per la Grecia di 110 miliardi di euro (30 da parte del
FMI), subordinato alla realizzazione di severissime misure di austerità.
Ma mentre la crisi greca riguardava soprattutto il debito pubblico, la crisi
dell’Irlanda, che scoppiava nello stesso periodo riguardava soprattutto le
banche che avevano praticato il deficit lending con i prestiti immobiliari in
maniera simile a quelle operanti negli USA. Nel mese di novembre, è emersa la
crisi del sistema bancario irlandese: il Governatore della banca centrale
irlandese ha rivelato che le perdite delle banche domestiche ammontavano a
85 miliardi di euro (pari al 55% del PIL). L’Irlanda poteva andare in crisi in
conseguenza del fallimento del sistema bancario che avrebbe nesso in
ginocchio l’economia. La difesa dell’euro implicava un aiuto analogo a quello
concesso alla Grecia anche se destinato alle banche
E le istituzioni europee con la partecipazione del FMI hanno approvato un
piano di sostegno per un ammontare pari a 85 miliardi di euro. A maggio 2011,
UE, BCE e FMI (la cosiddetta Troika) hanno concesso un prestito di 78 miliardi
di euro anche al Governo portoghese, in cui la crisi emergeva nell0intreccio fra
debito pubblico e banche che ne possedevano larghe quote e che avevano an
che problemi di insolvenza dei loro debitori, a causa della crisi che aveva
contagiato il Portogallo.
Le tensioni di questi paesi si sono riflesse immediatamente su tutti i principali
mercati finanziari, ove si sono registrati cali di ampie dimensioni. Le maggiori
agenzie di rating hanno inoltre abbassato il merito di credito di diversi paesi
europei e, conseguentemente, di diverse banche con sede in tali paesi o con
93
consistenti esposizioni in titoli pubblici di paesi in difficoltà, amplificando in
molti casi le turbolenze sui mercati.
Il comparto dei titoli bancari, dati i suoi legami con il settore pubblico dovuto al
possesso di debito pubblico da parte delle banche, è stato quello più
contagiato8
Il “contagio”, sollecitato dalla speculazione contro i titoli pubblici della Spagna
le cui banche regionali avevano praticato il deficit lending dei mutui immobiliari
per lo sviluppo turistico e contro i titoli del debito pubblico italiano, che aveva
un debito molto alto , posseduto in larga misura dalle banche, uno delle quali,
di grandi dimensioni, il Monte dei Paschi di Siena, ne possedeva una quota
molto ampia e aveva un grosso debito a causa di operazioni finanziarie errate,
non andate a buon fine.
La BCE, guidata dal pragmatico banchiere francese Trichet, aveva istituito, a
metà del 2010 il Securities Market Program (SMP), finalizzato all'acquisto di
titoli di Stato sul mercato secondario per controllare la dinamica degli spread.
TAVOLA 4
IL SECURITIES MARKET PROGRAM (Decisione del Consiglio della BCE. 10-5-2010)
The Governing Council of the European Central Bank (ECB) decided on several
measures to address the severe tensions in certain market segments which are
hampering the monetary policy transmission mechanism and thereby the effective
conduct of monetary policy oriented towards price stability in the medium term.
The measures will not affect the stance of monetary policy.
In view of the current exceptional circumstances prevailing in the market, the
Governing Council decided:
To conduct interventions in the euro area public and private debt securities markets
(Securities Markets Programme) to ensure depth and liquidity in those market
8
Cfr Consob,
94
segments which are dysfunctional. The objective is to restore an appropriate
monetary policy transmission mechanism, and thus the effective conduct of
monetary policy oriented towards price stability in the medium term. Th scope of
the intervention shall be decided by ECB In making this decision we have taken note
of the statement of the euro area governments that they “will take all measures
needed to meet [their] fiscal targets this year and the years ahead in line with
excessive deficit procedures” and of the precise additional commitments taken by
some euro area governments to accelerate fiscal consolidation and ensure the
sustainability of their public finances.
The impact of these interventions is sterilised
through specific operations to re-absorb the liquidity injected and thereby ensure
that the monetary policy stance is not affected.
Una larga parte di questi interventi aveva riguardato la Grecia e l’Irlanda, poi
il Portogallo, nel 2011 be fruì la Spagna, nel 2012 la Spagna, l’Italia, che in
cambio si impegnarono in programmi di risanamento finanziario controllati
dalla Commissione europea, che per altro effetti recessivi in un’area dell’euro
zona sempre maggiore, non controbilanciati da politiche fiscali e monetarie
espansive e spesso attuati più con aumenti di imposte e tagli di spese pubbliche
di investimento che con riduzioni di spese correnti e riforme rivolte a dare
flessibilità al sistema e non apparivano efficaci nel promuovere la crescita
assieme alla stabilità.
Pertanto la speculazione internazionale contro il debito pubblico e le
finanze bancarie di singoli paesi dell’euro ad alto debito, con banche i difficoltà,
che ne possedevano molto, riprendeva, con l’intento di provocarne il crollo.
Negli USA, un fenomeno analogo avrebbe comportato l’intervento della
Federal Reserve come creditore di ultima istanza LORL (Lender of last Resort). E
poiché ciò era noto, nessuno operatore gruppo di operatori finanziari, per
quanto grande, lo usa fare.
95
Si è così presentato il tema se la BCE abbia la funzione, che la Fed svolge di
“creditore di ultima istanza” per difendere la propria moneta, salvando uno
stato dell’euro zona, che rischia di fallire, onde garantire la sopravvivenza e la
affidabilità dell’euro.
La Bce , con la guida di Mario Draghi, succeduto a Trichet, nell’estate del
2012, sulla base del mandato di stabilità monetaria, di fronte agli attacchi
speculativi ai titoli del debito pubblico degli stati in difficoltà , ha dichiarato nel
2012 che la BCE , sotto la sua guida avrebbe fatto “whatever it takes”, tutto
quello che aveva nelle sue possibilità per difendere l’euro dal crollo
TAVOLA 5
DISCORSO DI MARIO DRAGHI PRESIDENTE DELLA BCE ALLA GLOBAL INVESTMENT
CONFERENCE A LONDRA 26 LUGLIO 2012
(…)
But the third point I want to make is in a sense more political.
When people talk about the fragility of the euro and the increasing fragility of the
euro, and perhaps the crisis of the euro, very often non-euro area member states
or leaders, underestimate the amount of political capital that is being invested in
the euro.
And so we view this, and I do not think we are unbiased observers, we think the
euro is irreversible. And it’s not an empty word now, because I preceded saying
exactly what actions have been made, are being made to make it irreversible.
But there is another message I want to tell you.
Within our mandate, the ECB is ready to do whatever it takes to preserve the
euro. And believe me, it will be enough.
………….
96
Then there’s another dimension to this that has to do with the premia that are
being charged on sovereign states borrowings. These premia have to do, as I said,
with default, with liquidity, but they also have to do more and more with
convertibility, with the risk of convertibility. Now to the extent that these premia
do not have to do with factors inherent to my counterparty - they come into our
mandate. They come within our remit.
To the extent that the size of these sovereign premia hampers the functioning of
the monetary policy transmission channel, they come within our mandate.
So we have to cope with this financial fragmentation addressing these issues.
Dopo questo discorso la BCE annunciò il 6 settembre 2012 il programma OMT
(OUTRIGHT MONETARY TRANSACTION) avente lo scopo di salvaguardare il
canale di trasmissione della politica monetaria nell’euro zona impedendo che
forti tensioni sui mercati dei titoli del debito pubblico conducano a un rialzo
eccessivo dei tassi di interesse che avrebbero impedito alle banche e alle
imprese finanziarsi a tassi sostenibili e potuto accelerare la spirale di
recessione del paese coinvolto fino alla sua dichiarazione di insolvenza
Le OMT consistono nell'acquisto diretto a titolo definitivo (outright) in quantità
illimitata da parte della BCE di titoli di stato con scadenza fra uno e tre anni
emessi da paesi in difficoltà macroeconomica grave e conclamata identificata
dal fatto che il paese abbia avviato un programma di aiuto finanziario o un
programma precauzionale con la Struttura Europea per la Stabilità Finanziaria
La liquidità immessa nel mercato con l'acquisto dei titoli di stato di nuova
emissione sarebbe stata pienamente sterilizzata vendendo altri titoli per
evitare un danno alla stabilità monetaria dell’euro zona . L'ammontare delle
OMT effettuate, per paese e il valore sarebbe stato pubblicato mensilmente
Il 6 agosto venina pertanto terminato il Securities Market Program (SMP),
giacché le finalità che si prefiggeva tale programma sono ora assolte dalle OMT.
97
La speculazione contro l’euro consistente nel vendere allo scoperto sul mercato
secondario, titoli del debito pubblico di stati fortemente indebitati, ma solvibili,
come l’Italia o la Spagna, si calmò, senza che la BCE attuasse alcun SMP verso di
loro.
Ma rimaneva la questione degli stati membri dell’euro zona che, come la
Grecia, avevano problemi strutturali di solvibilità e non di mera liquidità, sia per
il debito pubblico, sia per il sistema bancario, sia per la bilancia dei pagamenti.
In questo caso l’aiuto di stato sarebbe stato inevitabile, mediante MSP.
6. Le misure monetarie non convenzionali
Le misure monetarie non convenzionali, praticate sia alla Federal Reserve, sia
dalla Banca Centrale Giapponese, (BOJ, Bank of Japan) che dalla Banca Centrale
Inglese consistono:
I) nella adozione da parte della Banca centrale di piani di rifinanziamento a
lungo termine (Long Term Refinancing Operation, LTRO) con varie modalità:
a) rifinanziamento di debito commerciale degli operatori economici contratto
con le banche e con altri operatori finanziari, purché assistito da collaterali
adeguati, cioè da garanzie costituite da titoli obbligazionari seri fra cui cartelle
di debito pubblico considerate attendibili,
b) rifinanziamento di obbligazioni di compagnie industriali, commerciali,
finanziarie con collaterali come sopra salvo nel caso di obbligazioni dotate della
fascia
II) nella effettuazione da parte della Banca Centrale Europea di acquisti dalle
banche di loro crediti, in modo da consentire loro di farne di nuovi ossia
operazioni di QE Quantity Easing di Facilitazione Quantitative mediante vari
programmi di acquisto ossia APP
a)ABSPP ( ABS PURCHASE PROGRAM )
98
b) CBPP ( COVERED BOND PURCHASE PROGRAMME)
c) CSPP (CORPORATE SECTOR PURCHASE PROGRAMME)
d) PSAPP (PUBLIC SECTOR ASSETS PURCHASE PROGRAMME) acquisto di titoli
del debito pubblico a breve e lungo termine posseduti dalle banche.
La ragione per cui queste operazioni rientrano nel mandato di stabilità della
BCE è stata lucidamente spiegata dal Presidente Mario Draghi nel già citato
discorso di Londra.
TAVOLA 6
DISCORSO DI MARIO DRAGHI, PRESIDENTE DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA
ALLA GLOBAL INVESTMENT CONFERENCE DI LONDRA 26 JULY 2012
(…)
A Europe that is founded on four building blocks: a fiscal union, a financial union,
an economic union and a political union. These blocks, in two words – we can
continue discussing this later – mean that much more of what is national
sovereignty is going to be exercised at supranational level, that common fiscal
rules will bind government actions on the fiscal side.
Then in the banking union or financial markets union, we will have one supervisor
for the whole euro area. And to show that there is full determination to move
ahead and these are not just empty words, the European Commission will present
a proposal for the supervisor in early September. So in a month. And I think I can
say that works are quite advanced in this direction.
So more Europe, but also the various firewalls have been given attention and now
they are ready to work much better than in the past.
…………….
There are some short-term challenges, to say the least. The short-term challenges
in our view relate mostly to the financial fragmentation that has taken place in
the euro area. Investors retreated within their national boundaries. The interbank
99
market is not functioning. It is only functioning very little within each country by
the way, but it is certainly not functioning across countries.
And I think the key strategy point here is that if we want to get out of this crisis,
we have to repair this financial fragmentation.
There are at least two dimensions to this. The interbank market is not functioning,
because for any bank in the world the current liquidity regulations make - to lend
to other banks or borrow from other banks - a money losing proposition. So the
first reason is that regulation has to be recalibrated completely.
The second point is in a sense a collective action problem: because national
supervisors, looking at the crisis, have asked their banks, the banks under their
supervision, to withdraw their activities within national boundaries. And they ring
fenced liquidity positions so liquidity can’t flow, even across the same holding
group because the financial sector supervisors are saying “no”.
So even though each one of them may be right, collectively they have been
wrong. And this situation will have to be overcome of course.
…… And then there is a risk aversion factor. Risk aversion has to do with
counterparty risk. Now to the extent that I think my counterparty is going to
default, I am not going to lend to this counterparty. But it can be because it is
short of funding. And I think we took care of that with the two big LTROs where
we injected half a trillion of net liquidity into the euro area banks. We took care of
that.
Then you have the counterparty recess related to the perception that my
counterparty can fail because of lack of capital. We can do little about that.
Va però osservato che se è vero che la ragione per cui gli acquisti in questione è
quella di facilitano il deflusso del credito nei canali bancari, dalla banca centrale
all’economia è anche vero che le operazioni di LTRO impiegando come
100
collaterali titoli del debito pubblico comportano un beneficio rilevante per i
paesi che lo hanno emesso, in quanto lo tolgono dal mercato e lo danno al la
Banca Centrale, sia pure solo come garanzia e non come acquisto vero e p Il
successo dell’asta dei titoli di stati a breve termine –
Gli effetti benefici per il debito pubblico italiano si videro ben presto nel 2012
Il tasso di interesse sui scese in breve tempo a livelli fra il 2,7 e lo 1,6 per i BOT
annuali e per quelli semestrali . La Bce offrendo alle banche prestiti triennali
all’1 %, in cambio di garanzie consistenti in titoli di ogni tipo, compresi i Bot
induceva le banche a comperare BOT che durano tre anni o meno, senza rischio
, guadagnando la differenza fra il tasso su questi e il tasso pagato alla BCE per
le LTRO. Questo tipo di operazioni che gli intermediari finanziari facevano sui
prestiti della Boj, la banca centrale giapponese, che per combattere la
recessione dava prestiti ultra annuali allo 0,5%, è denominata “carry trade” ,
cioè è un commercio di riporto. Le aste di titoli pubblici spagnoli, svolte nello
steso periodo hanno avuto un risultato analogo su titoli triennali quinquennali
collocati rispettivamente al tasso del 3,38% e 3,7-3,9%. Il tasso per i titoli
triennali spagnoli era più alto che quello per i nostri titoli annuali, perché su
incideva di più il tasso di inflazione avendo una scadenza meno breve. Ma in
termini reali, anziché monetari questi titoli spagnoli furono ceduti a un tasso
più basso dei nostri Bot annuali , dato che l’inflazione annua era prevista al 2%
1,5%. . Anche i tassi sui BOT decennali, che non beneficiavano di carry trade
scesero, perché la valutazione del rischio del debito pubblico italiano si
attenuò, in quanto il finanziamento del debito a breve era diventato poco
oneroso e ciò dava al governo due benefici: quello di spender meno per
interessi, quello di poter espandere il debito a breve e medio termine se quello
a lungo termine fosse apparso troppo oneroso. L’Italia nel 29012 emetteva 400
miliardi di titoli di stato. Oltre la metà sono annuali o biennali, sicché l’effetto
101
del rincaro di quelli lungo termine si diluiva di molto e lo spazio per la
emissione di titoli triennali e quadriennali si era molto ampliata.
L’acquisto di debito pubblico posseduto dalle banche mediante massicce
operazioni di QE ovviamente comporta un salto di qualità per una Banca
Centrale per la quale vi è il divieto di finanziamento del debito pubblico degli
stati membri, ma occorre notare che si tratta non di nuovi titoli, bensì di titoli
già emessi, e non di acquisti di debito dal Tesoro, ma dalle banche che li hanno
in precedenza comprati.
Ma nel discorso di Londra di Draghi vi è una lucida spiegazione del perché di
questi acquisti in conformità al mandato della BCE di perseguire la stabilità
monetaria e finanziaria
TAVOLA 7
DISCORSO DI MARIO DRAGHI, PRESIDENTE DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA
ALLA GLOBAL INVESTMENT CONFERENCE DI LONDRA 26 JULY 2012
….
Then there’s another dimension to this that has to do with the premia that are
being charged on sovereign states borrowings. These premia have to do, as I said,
with default, with liquidity, but they also have to do more and more with
convertibility, with the risk of convertibility. Now to the extent that these premia
do not have to do with factors inherent to my counterparty - they come into our
mandate. They come within our remit.
To the extent that the size of these sovereign premia hampers the functioning of
the monetary policy transmission channel, they come within our mandate.
So we have to cope with this financial fragmentation addressing these issues.
102
7. Le operazioni di QE della BCE del 2015-2016
La Banca centrale europea ha iniziato nel 2015 gli acquisti di titoli cartolarizzati
(ABS), annunciati nel settembre 2014 per espandere il bilancio della banca e
contrastare in questo modo l'inflazione eccessivamente bassa.
Le operazioni sugli ABS riguardavano pacchi di crediti di imprese e famiglie
dell’area euro contratti con banche dell’euro zona , assistiti da collaterali
appartenenti alla categoria senior e anche alla categoria “mezzanina”, ove
però dotati di una garanzia pubblica Le operazioni venivano condotte tramite
quattro intermediari finanziaria specializzati (il Fondo USA Black Rock, il gruppo
bancario assicurativo olandese Ing, il gruppo tedesco Deutsche Asset
Management e la banca d’affari USA) Gli ABS acquistabili perché dotate delle
caratteristiche descritte ammontano a circa 400 miliardi di euro.
Gli i acquisti di CB (COVERED BONDS) sarebbero potuti arrivare a 600
miliardi, dopo il programma di 40 miliardi di euro decisi dal Consiglio della BCE
il 6 Ottobre del 2011.
Il programma dell’autunno 2011, il primo dell’era Draghi, riguardava bond
denominati in euro emessi da banche dell’area euro e veniva svolto mediante
acquisti diretti effettuati dalle banche centrali dell’euro zona, sia sul mercato
secondario, che in quello primario, allo loro emissione. I bond acquistabili
dovevano avere le caratteristiche di collaterali nelle operazioni dell’euro
sistema, avere un volume di almeno 300 milioni di euro ciascuno ed un rating di
almeno BBB od equivalente da parte di una delle maggiori agenzie di rating,
una maturità residua non superiore a 10,5 anni, riferirsi a un cespite
sottostante, riguardante esposizione a entità private o pubbliche.
103
TAVOLA 8
PROGRAMMA AMPLIATO DI APP DELLA BCE
22 gennaio 2015
La BCE estende gli acquisti alle obbligazioni emesse da amministrazioni centrali
dei paesi dell’area dell’euro, agenzie situate nell’area dell’euro e istituzioni
europee.
Gli acquisti mensili di attività ammonteranno nell’insieme a 60 miliardi di euro.
Secondo le intenzioni gli acquisti saranno effettuati almeno fino a settembre
2016.
Il programma è concepito per l’assolvimento del mandato della stabilità dei
prezzi.
Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) ha annunciato oggi un
programma ampliato di acquisto di attività finanziarie. Finalizzato
all’adempimento del mandato della BCE per la stabilità dei prezzi, il programma
prevede che la BCE acquisti obbligazioni sovrane in aggiunta ai programmi già in
essere per l’acquisto di attività del settore privato, allo scopo di far fronte ai rischi
derivanti da un periodo troppo prolungato di bassa inflazione.
Il Consiglio direttivo ha assunto questa decisione in una situazione in cui gli
indicatori dell’inflazione effettiva e attesa per l’area dell’euro si sono per lo più
spostati verso i minimi storici. Poiché potenziali effetti di secondo impatto sul
processo di formazione di salari e prezzi rischiavano di influire negativamente
sull’andamento dei prezzi a medio termine, tale situazione ha richiesto una
risposta vigorosa di politica monetaria.
Gli acquisti di attività forniscono stimolo monetario all’economia in un contesto in
cui i tassi di interesse di riferimento della BCE sono sul limite inferiore. Tali
acquisti allentano ulteriormente le condizioni monetarie e finanziarie, rendendo
meno costoso l’accesso al finanziamento da parte di imprese e famiglie. Ciò
104
sostiene tendenzialmente gli investimenti e i consumi e contribuisce, in ultima
analisi, a un ritorno dei tassi di inflazione verso il 2%.
Il programma comprenderà il Programma di acquisto di titoli emessi a fronte di
operazioni di cartolarizzazione (asset-backed securities purchase programme,
ABSPP) e il terzo Programma per l’acquisto di obbligazioni garantite (covered
bond purchase programme 3, CBPP3), entrambi introdotti sul finire dello scorso
anno. Gli acquisti mensili ammonteranno nell’insieme a 60 miliardi di euro.
Secondo le intenzioni, saranno effettuati almeno fino a settembre 2016 e in ogni
caso finché il Consiglio direttivo non riscontri un aggiustamento durevole del
profilo dell’inflazione coerente con il proprio obiettivo di conseguire tassi di
inflazione su livelli inferiori ma prossimi al 2% nel medio termine.
La BCE acquisterà obbligazioni emesse da amministrazioni centrali dei paesi
dell’area dell’euro, agenzie situate nell’area dell’euro e istituzioni europee nel
mercato secondario a fronte di moneta di banca centrale, che gli enti creditizi
cedenti i titoli potranno utilizzare per acquistare altre attività oppure erogare
credito all’economia reale. In entrambi i casi ciò contribuisce ad allentare le
condizioni finanziarie.
Il programma segnala la determinazione del Consiglio direttivo di conseguire il
proprio obiettivo della stabilità dei prezzi in un contesto economico e finanziario
senza precedenti. Gli strumenti messi in campo sono adeguati nelle attuali
circostanze e pienamente conformi ai trattati dell’UE.
In merito agli acquisti di attività aggiuntive, il Consiglio direttivo manterrà il
controllo su tutte le caratteristiche del programma e la BCE coordinerà gli
acquisti, salvaguardando l’unicità della politica monetaria dell’Eurosistema.
Quest’ultimo ricorrerà all’attuazione decentrata per attivare le proprie risorse.
Quanto alla ripartizione di ipotetiche perdite, il Consiglio direttivo ha deciso che
gli acquisti di titoli di istituzioni europee – che ammonteranno al 12% degli
105
acquisti di attività aggiuntive e verranno effettuati dalle banche centrali nazionali
(BCN) – saranno soggetti alla ripartizione delle perdite. I restanti acquisti
aggiuntivi da parte delle BCN non verranno invece sottoposti a tale regime. La BCE
deterrà l’8% delle attività aggiuntive acquistate. Ne consegue che il 20% degli
acquisti aggiuntivi sarà soggetto a un regime di ripartizione del rischio.L’attuale
politica monetaria mediante acquisto debito pubblico e di enti pubblici e para
pubbliche continuerà sino al marzo 2017, come stabilito sei settimane fa.
Nella seduta di marzo la BCE rivedrà la sua politica in senso espansivo, per l
‘obbiettivo di stabilità monetaria, definito come un tasso di inflazione fra lo 1% e il
2%.
Se le banche hanno troppo debito pubblico di un dato tipo e/o di un dato
governo, possono trovarsi in una situazione di rischio eccessivamente
concentrato. Se questo debito è rilevato dalla Banca centrale, il rischio di
credito delle banche si può ridurre perché si distribuisce in modo differente ed
esse possono dare più credito all’economia, a parità di parametri patrimoniali
richiesti dall’autorità di vigilanza per garantire la loro solvibilità.
Quando la Banca centrale pratica un tasso di interesse vicino allo zero, può
accettare come collaterale o acquistare dalle banche il debito pubblico,
valutandone il valore patrimoniale sulla base di tassi molto bassi più il margine
di rischio differenziale che esso presenta dal punto di vista del pagamento degli
interessi pattuiti.
Il rischio del governo emittente di non essere in grado di rinnovare alla
scadenza il suo stock di debito, si riduce a zero, se esso è in grado di pagare gli
interessi pattuiti, in quanto la Banca centrale che lo ha comprato, se è credibile,
non ha bisogno di rivenderlo, per approvvigionarsi di liquidità, in quanto la può
106
ottenere sul mercato, emettendo, in cambio, propria moneta. In sostanza sia il
LTRO che il QE, per la quota di debito pubblico che ritirano dal mercato, al
governo emittente che è in grado pagarne il servizio, tolgono il rischio di
solvibilità, che esso avrebbe sul mercato, lasciando solo il rischio di liquidità.
Dunque il LTRO e il QE, in sé, sono misure che rafforzano il meccanismo di
trasmissione del risparmio all’investimento, cioè tipiche misure dell’uomo
intero, quello del mondo einau-diano, non dell’uomo scisso, proprio del mondo
keynesiano, in cui l’investimento prescinde dal risparmio, ossia, per usare una
frase di Einaudi in polemica con Keynes, vuol fare il pasticcio di lepre senza
lepre.
Peraltro, un coltello che serve per tagliare il pane, può essere usato anche
come arma per fare una rapina. Il governo emette debito pubblico per
finanziare il deficit di bilancio e la Banca centrale lo compera, cioè, per usare
una terminologia di Einaudi, lo Stato mette mano al torchio dei biglietti di carta
moneta. Ma ciò non è insito nella natura non convenzionale
8 IL QE diretto all’economia
Il maggiore problema che si è cercato di risolvere con il QE, per altro, era
quello di far affluire il credito all’economia, saltando il tradizionale canale del
credito bancario, intasato da crediti insoluti o di difficile recupero e spesso non
sufficientemente patrimonializzato per poter erogare credito aggiuntivo. Il
ribasso die tassi di interesse, adottato dalla BCE per combattere la deflazione,
con una grande immissione di liquidità nell’economia aveva ridotto i guadagni
delle banche, derivanti dalle loro attività tradizionali, sicché era per esse più
difficile accrescere i propri parametri patrimoniali, mediante la messa a riserva
di utili non distribuiti.
Ecco così la decisione del Consiglio della BCE dell’Aprile 2016, con cui essa
107
scendeva dal suo piedestallo di banche delle banche per svolgere i compiti della
banca.
TAVOLA 9
ECB ANNOUNCES DETAILS OF THE CORPORATE SECTOR PURCHASE PROGRAMME
(CSPP)-21 April 2016
The CSPP aims to further strengthen the pass-through of the Eurosystem’s asset
purchases to the financing conditions of the real economy.
The CSPP will be carried out by six national central banks acting on behalf of the
Eurosystem, coordinated by the ECB.
In combination with other non-standard measures, the programme will provide
further monetary policy accommodation and help inflation rates return to levels
below, but close to, 2% in the medium term.
Further to its decision of 10 March 2016 to add a corporate sector purchase
programme (CSPP) to the asset purchase programme (APP), the Governing
Council of the European Central Bank (ECB) today decided on the main technical
parameters of the programme.
The Eurosystem’s collateral framework – the rules that lay down which assets are
acceptable as collateral for monetary policy credit operations – will be the basis
for determining the eligibility of corporate sector securities to be purchased
under the CSPP. The following technical parameters will apply:
- The programme will start in June 2016.
- Outright purchases of investment-grade euro-denominated bonds issued by
non-bank corporations established in the euro area will be carried out by six
Eurosystem national central banks (NCBs): Nationale Bank van België / Banque
Nationale de Belgique, Deutsche Bundesbank, Banco de España, Banque de
108
France, Banca d’Italia, and Suomen Pankki/Finlands Bank. Each NCB will be
responsible for purchases from issuers in a particular part of the euro area. The
ECB will coordinate the purchases.
- The purchases will be conducted in the primary and secondary markets, but no
primary market purchases will involve debt instruments issued by entities that
qualify as public undertakings.
- Debt instruments will be eligible for purchase, provided they fulfil all the
following criteria:
they are eligible as collateral for Eurosystem credit operations, based on the
requirements defined in the Guideline on the implementation of the Eurosystem
monetary policy framework (ECB/2014/60);
they are denominated in euro;
they have a minimum first-best credit assessment of at least credit quality step 3
(rating of BBB- or equivalent) obtained from an external credit assessment
institution according to Guideline ECB/2014/60;
they have a minimum remaining maturity of six months and a maximum
remaining maturity of 30 years at the time of purchase;
the issuer is a corporation established in the euro area, defined as the location of
incorporation of the issuer. Corporate debt instruments issued by corporations
incorporated in the euro area whose ultimate parent is not based in the euro area
are also eligible for purchase under the CSPP, provided they fulfil all the other
eligibility criteria;
the issuer of the debt instrument:
-is not a credit institution nor does have any parent undertaking (as defined in
Article 4(15) of the Capital Requirements Regulation) which is a credit institution
(as defined in Article 2 (14) of Guideline ECB/2014/60)
-is not an asset management vehicle (as defined in the Bank Recovery and
109
Resolution Directive and Single Resolution Mechanism Regulation) or a national
asset management and divestment fund established to support financial sector
restructuring and/or resolution.
- Purchases under the CSPP will be conducted with counterparties that are eligible
for the Eurosystem’s monetary policy operations or counterparties that are used
by the Eurosystem for the investment of its euro-denominated portfolios.
- The Eurosystem will apply an issue share limit of 70% per international securities
identification number (ISIN) on the basis of the outstanding amount. However, in
specific cases a lower issue share limit will apply, e.g. for securities issued by
public undertakings, which will be dealt with in a manner consistent with their
treatment under the PSPP.
- A benchmark will be defined at issuer group level. The benchmark will be neutral
in the sense that it will reflect proportionally all outstanding issues qualifying for
the benchmark. This also implies that market capitalisation provides a weighting
for each of the jurisdictions of issuance within the benchmark. Issuer group limits
will be based on the benchmark to ensure a diverse portfolio, while at the same
time they will offer sufficient leeway to build up the portfolio.
- The Eurosystem will conduct appropriate credit risk and due diligence
procedures on the purchasable universe on an ongoing basis.
- The volume of CSPP holdings will be published on a weekly and monthly basis. A
breakdown of primary and secondary market purchases will also be published
every month.
- The CSPP holdings will be made available for securities lending by the relevant
NCBs.
9. Il Fondo per gli aiuti di stato dell’Unione Monetaria Europea.
110
Il quesito di strutture alternative e complementari alla Bce , allo scopo di
intervenire nei confronti degli stati dell’Unione che hanno violatole regole sul
deficit e sul debito pubblico e che sono in grave crisi di solvibilità si era già
presentato. Si tratta di un obbiettivo che non compete normalmente a una
banca centrale, per il quale dovrebbero servire strumenti particolari che non si
addicono a una Banca Centrale che ha il divieto di fornire aiuti di stato.
Il compito dovrebbe competere soprattutto all’Unione Europea, come “unione
fiscale” , che agisce con il concorso dei vari stati membri, secondo il modello
cooperativo indicato da Draghi.
E’ vero che l’articolo 103 del Trattato dice che gli stati membri non si fanno
carico dei debiti degli altri stati. Ma esso stabilisce che non esiste la solidarietà
obbligatoria fra stati, ossia fissa un diritto dei singoli stati e quindi dei loro
cittadini presenti e futuri a non aiutare gli altri gratuitamente , non pone un
divieto alla loro scelta di farlo, con strumenti onerosi per gli stati aiutati, che
generano un onere per i loro contribuenti presenti o futuri, inferiore al
beneficio che da ciò possono trarre, per il buon funzionamento del sistema.
Da qui la creazione nell’autunno del 2010 del EFSF (European Financial Stability
Facility ovvero Fondo europeo di stabilizzazione finanziaria, FESF) fondo di
diritto lussemburghese, che compra debito pubblico degli stati in crisi , sulla
base di una formale di richiesta di assistenza finanziaria, da parte loro che
innesca una procedura di intervento con obbligo dello stato aiutato di aderire
a determinate condotte e di assolvere a determinati impegni.
Si tratta di una procedura complessa, che non contempla la possibilità di
acquisti sul mercato secondario per scopi di stabilizzazione, finanziaria decisi
unilateralmente dal FESF, al di fuori di tale procedura.
Il Fondo aveva una capacità di finanziamento di 440 miliardi di euro raccolti
mediante CDO, cioè Collateralized Debt Obbligations ossia debiti
111
collateralizzati (cui ogni stato membro contribuisce con una quota di garanzie
pari a quella di partecipazione alla BCE l’Italia, ossia il 17,5 %, cioè risponde
potenzialmente per 77 miliardi di euro).
Alla fine del 2011 è rimasto con 240 miliardi dopo gli aiuti ad Irlanda,
Portogallo e Grecia, con il concorso del Fondo Monetario Internazionale.
La sua dotazione è stata così aumentata a 700 miliardi lordi. Poteva servire per
aiuti anche a singoli grandi stati, ma non per crisi di più stati dell’euro zona con
rilevanti rischi sistemici. In tal caso sarebbe stato necessario l’intervento
aggiuntivo della BCE , oltreché del Fondo Monetario .
Ma esso non può operare sul mercato secondario, per stabilizzare il mercato
dei debiti pubblici degli stati in difficoltà, con acquisti immediati flessibili,
paragonabili a quelli dei grandi operatori finanziari internazionali.
Ecco così che, per tale scopo, oltreché per gli interventi di finanziamento del
risanamento strutturale, su richiesta degli stati membri, si è approvato un
nuovo strumento finanziario lo ESM (European Stability Mechanism , ovvero
Meccanismo Europeo di Stabilità) che ha una dote di 700 miliardi, mediante
collaterali ottenuti dagli stati membri in proporzione alla loro quota nella Bce,
man mano che ciò occorra (per l’Italia 122 miliardi).
Esso non si somma al Fondo precedente ma lo ha ereditato. Ed è stato
impiegato per il secondo programma di intervento per la Grecia del 2014
10. Conclusioni sulle politiche misure monetarie non convenzionali.
Sia il LTRO sia il QE mirano a curare un gap fra la offerta e la domanda
potenziale di credito esistente, in una situazione in cui il credito non riesce a
fluire al risparmio e c’è spazio per dare credito all’economia a bassi tassi,
perché c’è una rilevante capacità produttiva inutilizzata, non a creare una
nuova domanda.
112
I due LTRO di Draghi non avevano nulla a che fare con le politiche di deficit di
bilancio suggerite da Keynes per il rilancio delle economie, perché si basavano
sul presupposto che i governi dei paesi con elevato deficit di bilancio lo
riducessero e facessero (o almeno mettessero in cantiere) riforme strutturali.
Su questi presupposti, la BCE aveva erogato alle banche crediti di durata
pluriennale a basso tasso di interesse in cambio di garanzie su collaterali, cioè
che includevano le cartelle del debito pubblico a medio e lungo termine, di Stati
membri dell’Eurozo-na, compresi quelli italiani. Con il primo LTRO del 22
dicembre 2011, un insieme di 523 banche europee ricevette dalla BCE 489
miliardi. Con il secondo LTRO del dicembre del 2012, ben 800 banche ebbero
altri 529 miliardi di euro. In totale il pompaggio di denaro dei due piani di
finanziamento a lungo termine nell’economia dell’Eurozona fu di oltre mille
miliardi, in meno di 12 mesi. Un quarto dei crediti andò a banche italiane e ciò
ridusse di molto gli spread dei nostri tassi di interesse sui titoli del debito
pubblico. Ma le nostre banche, con molte sofferenze verso imprese in crisi o in
difficoltà, non poterono prestare il denaro all’economia nella misura
desiderata.
I due LTRO non bastarono a evitare che l’Eurozona, nel 2013, cadesse nel
complesso in una deflazione monetaria e subisse un rallentamento della
crescita, anziché una accelerazione, in quanto alcune economie, come quella
italiana, nello sforzo di ridurre il deficit di bilancio, caddero in una ripetuta
recessione, che si prolungò sino al 2014. La deflazione nell’Eurozona, peraltro,
si era manifestata solo in parte a causa della simultanea riduzione dei deficit
pubblici. In parte derivava dalla diminuzione brusca del prezzo del petrolio e in
parte dagli effetti della guerra intestina in Ucraina e da quelli delle sanzioni
commerciali fra Unione Europea e Russia.
113
Nel 2015, in ritardo, la BCE varò il QE per combattere la deflazione e per
rilanciare la nostra economia e quella di altri Stati dell’Eurozona in difficoltà.
Per effetto del QE adottato dalla BCE, il tasso di cambio dell’euro con il dollaro
è calato, in poco tempo, verso il livello del cambio fra le due monete, che esse
avevano quando l’euro era stato creato, rilanciando il commercio estero dei
paesi dell’Eurozona.
Ma neanche questo ribasso del cambio è bastato a rilanciare l’area dell’euro
nel suo complesso.
Sia il LTRO che il QE, però, non possono essere adoperati ad libitum, come un
bancomat senza limiti, in una unione di stati, sia perché vanno ripartiti con
quote proporzionali al Pil dei vari stati e alcuni possono esserne saturati prima
degli altri, sia perché un tasso di interesse artificialmente basso non è a lungo
sostenibile, in quanto danneggia il risparmio. La politica monetaria non può
supplire a lacune persistenti nella politica di investimenti pubblici, in particolare
dell’Unione Europea , che potrebbe esser finanziata dalla BCE, per grandi
progetti di investimento, a bassissimo tasso, senza infrangere le regole sul
divieto al finanziamento ai bilanci dei governi degli stati, che vale per quelli
membri dell’Unione , non al suo governo .
Nel complesso, per altro, queste misure hanno ben funzionato e sono servite a
migliorare la situazione dell’euro zona in periodo in cui fattori politici esogeni
come i flussi migratori dall’Africa, dal medio Oriente e da paesi finitimi,
generano forti tensioni contro la sua coesione e a quella stessa ,
dell’Unione europea.
114
IV LEZIONE
LE POLITICHE MONETARIE E FISCALI PER COMBATTERE LA CRISI E FAVORIRE LA
RIPRESA. USA ED EMU A CONFRONTO.
1. Lo scoppio della crisi negli USA. Il TARP non fu un aiuto di stato .
La crisi del debito che ha colpito l’Eurozona e l’Italia, e che ha creato
disoccupazione, come si è visto, è nata negli USA dal deficit lending, la
trasposizione al sistema bancario della teoria keynesiana del deficit spending.
Questa teoria, afferma che non solo in periodi di depressione ma in linea
generale, anche quando l’economia è semi-stagnante, le spese pubbliche in
deficit e la riduzione delle imposte senza copertura finanziaria aumentando la
domanda globale generano una espansione della produzione, che crea nuovo
reddito, che a sua volta viene speso incentivando una nuova pro-duzione.85
Sicché la crescita del PIL non si ottiene mediante l’accumulazione di risparmio,
per finanziare l’investimento privato e pubblico, ma mediante il deficit di
bilancio anche per spese improduttive con seguente espansione del consumo.
Al contrario, se nell’economia c’è troppo risparmio delle famiglie, non c’è
un’adeguata domanda di consumi e l’economia non cresce. Quindi il risparmio,
nel lungo periodo, è dannoso e il consumo virtuoso.
La crisi ha avuto come epicentro la finanza degli USA, insediata soprattutto nel
mercato finanziario di Wall Street, che Keynes -provocatoriamente- descriveva
come una sorta di grande bisca e che, nell’epoca della finanza dei mercati
globali non aveva ancora adeguate regolamentazioni dei prodotti e dei soggetti
della nuova finanza.
Tale mercato finanziario-come si è già visto- aveva avuto denaro facile dalla
politica espansionista della Federal Reserve, la quale dal 2001 al 2007 aveva
espanso la moneta, peraltro trascurando gli effetti moltiplicativi che venivano
generati dai nuovi prodotti finanziari derivati, emessi al di fuori di ogni
115
regolamentazione.
Le banche negli USA, nel Regno Unito, in Irlanda e in Spagna avevano fatto
prestiti per l’edilizia con mutui pari al valore degli immobili che finanziavano e a
volte anche per valori superiori a famiglie non dotate di un reddito bastevole
per pagare le rate dei mutui, senza avere adeguati parametri patrimoniali per
sostenere il rischio delle insolvenze.
Come si è già notato, confidavano keynesianamente nel fatto che la crescita
economica connessa al boom edilizio avrebbe generato un nuovo reddito, con
cui le famiglie indebitate sarebbero divenute solvibili e che, comunque, ciò
avrebbe fatto salire il valore degli immobili oggetto dei mutui in misura tale da
soddisfare i creditori, nel caso di insolvenza dei mutuatari.
Le operazioni erano-come si è detto- allettanti per due ragioni, perché i tassi
di interesse caricati ai debitori erano più alti di quelli ordinari, dato lo scarso
merito di credito dei debitori, e perché davano luogo a lucrose commissioni
bancarie e a un lucroso commercio di titoli cosiddetti derivati, i quali
consentivano alle banche guadagni maggiori di quelli ottenuti con le usuali
attività bancarie.
Ciò in quanto per essi non valevano gli obblighi di parametri patrimoniali
vigenti per le operazioni di prestito, trattandosi non di credito ma di commercio
finanziario ovvero trading. I mutui immobiliari in questione denominati “subprime”, con un termine eufemistico che vuol significare mutui di scarsa qualità
ovvero di seconda scelta, sono stati mescolati a titoli di credito più sicuri con
rendimenti ordinari, in modo da dare luogo a prodotti finanziari derivati
compositi.
Lo stesso si è fatto mediante la cartolarizzazione dei crediti per interessi e dei
rimborsi riguardanti le carte di credito al consumo, che sono state
impacchettate con altri titoli in prodotti finanziari derivati composti, venduti
116
dalle banche sul mercato.
Una volta ceduti i derivati che contenevano i mutui immobiliari e le
cartolarizzazioni delle carte di credito, le banche potevano fare nuovi mutui e
nuovi prestiti con carte di credito. Anche questi prodotti finanziari “derivati”
composti con la mescolanza di tipi diversi di crediti, con rendimenti bassi, medi
e superiori al normale, davano luogo a rendimenti migliori della media.
Avevano, però, elementi di rischio addizionali. Dietro questa finanza non
c’erano più risparmi e investimenti effettivi. Alla fine, la bolla è scoppiata.
Negli USA, per combattere la crisi derivante dal deficit lending, con Bush nel
2008 non si è adottato il deficit spending.
Le banche, le grandi imprese finanziarie dell’edilizia agevolata popolare e le
grandi imprese dell’auto sono state salvate mettendo in piedi, nel settembre
del 2008, un ente finanziario transitorio: il cosiddetto TARP (Troubled Asset Relief
Program),86 con una dotazione massima di 700 miliardi di dollari, che sarebbe
stato gestito dal Tesoro, con crediti concessi di volta in volta, per i vari
interventi, da restituire entro un arco di cinque anni, massimo dieci.
Al 31 maggio 2015, la somma effettivamente sborsata risultava di 427 miliardi
e quella recuperata di 441, ossia il 103,2%. Ovviamente una remunerazione del
3,2% per un programma finanziato a tassi prossimi allo zero, che si è esteso per
sei anni, comporta una perdita, dati i costi amministrativi, anche nella ipotesi
del recupero totale delle somme sborsate. Essa risulta attualmente solo di 13,9
miliardi, salgono a 37 nella previsione sino al termine del TARP. Ossia 3,7
miliardi di dollari all’anno, per dieci anni.
Una cifra minima, considerando che il programma ha consentito di salvare la
maggior parte delle imprese americane colpite da una crisi di dimensioni
maggiori di quella del 1929, che avessero la possibilità di ritornare in utile, con
quei finanziamenti, grazie a ristrutturazioni.
117
Ma la crisi aveva portato nel 2009 il deficit di bilancio del governo federale degli
USA al 9,8% del PIL (Figura 1 e Tabella 1)
.
FIGURA 1
DEFICIT O SURPLUS DEL BILANCIO DEL GOVERNO FEDERALE DEGLI USA 1974-2024.
Fonte CBO (Congresional Budget Office). Ufficio del bilancio del Parlamento degli USA-2014
TAVOLA 1 . I GRANDI INTERVENTI DEL TARP
Nel settore delle auto il programma è servito a far uscire dalla crisi la General Motors
e la Chrysler, comprata da Fiat, che sono state, entrambe ristrutturate e hanno
restituito, nei tempi previsti, i prestiti a basso tasso ricevuti. Gli interventi maggiori
sono stati quelli per le banche e per il mercato del credito, che sono stati molto
numerosi e di importi variabili. Il maggiore ha riguardato il salvataggio di Citigroup,
rimessa in sesto rapidamente. L’altro grosso intervento ha riguardato i 600 miliardi di
titoli immobiliari degradati posseduti da Fannie Mae e Freddie Mac, istituzioni
pubbliche di edilizia agevolata popolare.
118
I titoli sono stati rilevati dal TARP impedendo il fallimento delle due banche. La
gigantesca compagnia assicurativa AIG che aveva subito grandi perdite a causa della
caduta del settore immobiliare ed era in crisi di liquidità è stata aiutata dal TARP e
da investitori privati con un credito, di 85 miliardi di dollari in cambio del 79,9%
del suo capitale e con un prestito ulteriore di 37,8 miliardi di dollari con cui la sua
attività veniva rilanciata. La grande compagnia di assicurazione di prestiti di banche
e altri operatori finanziari (compresi i governi) Lehman Brothers, che, a causa della
crisi, aveva un indebitamento di 630 miliardi di dollari, invece è stata lasciata fallire,
perché il costo del salvataggio appariva eccessivo e in perdita.
Ciò ebbe effetti devastanti sul mercato finanziario, che furono attutiti e poi
riassorbiti tramite il QE.
2.La politica fiscale ha seguito precetti neo keynesiani solo in modo parziale e limitato .
La ripresa è stata stimolata con la politica monetaria che è stata quantitativista . Anche
con Obama ha salvaguardato la stabilità monetaria maneggiando con prudenza il QE
Come si nota dalla Figura 1, tratta dal bilancio di previsione del governo Obama
del 2014 per il 2015, il deficit di bilancio degli USA che dal 1994 non aveva mai
superato il 3% del PIL, nel 2009 aumentò a tre volte tanto (attorno al 9%) e per
altri tre anni rimase fuori norma, passando al 4% nel 2013, riguadagnando il
livello del 3% nel 2014, per mantenersi poi al di sotto.
La Tabella 1 mostra che il deficit di bilancio nel 2014 fu in effetti del 2,8%,
almeno nel preconsuntivo degli inizi del 2015. Non ci fu una politica fiscale di
ampi deficit. La ripresa fu stimolata con operazioni di ingegneria finanziaria
tramite politiche del credito basate sul principio del tendenziale pareggio.
mentre Le Federal Reserve, guidata da Ben Bernanke, agevolava la ripresa
dalla crisi con misure finanziarie non convenzionali, compreso un QE che
consentiva di assorbire parte del nuovo debito pubblico emesso sul mercato.
119
Ma si nota chiaramente (dalla Tabella 1) che Bernanke, quando nel 2008 il
tasso di inflazione era arrivato al 3,8%, aveva tirato il freno a mano in modo
drastico, tanto che l’anno dopo esso fu negativo scendendo a -0,4%.
Il QE è stato manovrato dalla FED in modo prudenziale, sicché solo nel 2011
il tasso d’inflazione ha superato in misura sostanziale il 2% che la FED si era
posta come vincolo di stabilità monetaria nel perseguimento degli obbiettivi di
pieno impiego prescritti dal suo statuto.
Solo nella seconda parte del 2011 c’è stato il rialzo anomalo dei prezzi e il
tasso sul nuovo debito ha cominciato ad aumentare, ma il QE è potuto
continuare con una bassa inflazione domestica, perché i dollari aggiuntivi
servivano a pagare le importazioni dai paesi asiatici.
Gli USA, nella politica monetaria erano stati keynesiani nella generazione della
crisi mediante una politica monetaria troppo permissiva, paradossalmente
attuata da un banchieri centrale non keynesiano come Alan Greenspan, che
veniva elogiato da Wall Street perché la alimentava di politica espansiva.
Dopotutto i prezzi al consumo non mostravano grandi segnali di inflazione, ma
questa covava nel settore dei cespiti patrimoniali e da lì l’incendio si satebbe
propagato
120
Ben Bernanke che gli era succeduto, seguace di Friedman, che sosteneva la
preferibuilitè per flussi quantitativi regolari di moneta, non voleva fare l’errore
di interrompere troppo bruscamente l’espansione monetaria, fu però costretto
a farlo quando non ci fu altra scelta.
Ma non si può affermare che le terapie messe in atto negli USA dal presidente
repubblicano Bush e dal suo banchiere centrale Ben Bernanke per risollevare il
paese dalla crisi dovuto al deficit lending abbiano seguito linee keynesiane.
Il presidente della FED Ben Bernanke, come si è in precedenza fatto notare, ha
attuato le politiche di espansione con il vincolo della stabilità monetaria.
Si è apertamente dissociato dalle tesi keynesiane, che chiedevano una
maggiore espansione monetaria, di Larry Summers e di Paul Krugman, secondo
cui in questo secolo c’è un eccesso di risparmio sull’investimento che tende a
causare ristagno.
Neanche nella politica fiscale il governo di Bush, come si è visto sopra, ha
generato un deficit di bilancio in base alla ricetta keynesiana di espandere la
domanda globale, lo ha attuato per rifinanziare le banche e l’economia con
interventi mirati mediante il TARP al fine di effettuare ristrutturazioni come
quella del settore dell’auto, che si è conclusa con la restituzione dei prestiti
concessi dal governo federale.
Non si è trattato nel complesso di “salvataggi”, ma di operazioni economiche,
anche se gli interventi a favore di banche e altri operatori finanziari colpiti da
crisi di liquidità hanno violato il canone dell’economia di mercato per cui chi
sbaglia deve fallire.
Peraltro il fatto che la Lehman Brothers sia stata lasciata fallire, non solo
perché “troppo grossa per esser salvata” ma anche perché non aveva solo una
crisi di liquidità (aveva anche una crisi di solvibilità), ha impartito una buona
lezione.
121
La politica del governo federale degli USA è ri-diventata parzialmente ed
ambiguamente keynesiana con l’avvento al potere del presidente democratico
Obama, il 20 gennaio del 2009, quando oramai il TARP era stato varato.
Dal 2010 in poi la politica di deficit non è servita per combattere la crisi con
politiche di riattivazione dell’offerta, ma con politiche orientate socialmente,
come la riforma sanitaria con cui Obama ha vinto le prime elezioni e poi ha
ottenuto la rielezione.
Il bilancio federale aveva alti deficit non solo perché si riducevano le entrate
rispetto al PIL, ma anche perché aumentavano le spese che Obama riteneva
necessarie, in quanto facenti parte del suo programma sociale, che giustificava
innanzitutto in termini di equità. E solo in seconda istanza in termini di
efficienza macroeconomica neokeynesiana.
La spesa federale, che nel 2009 era aumentata grandemente rispetto al PIL, a
causa delle erogazioni dei sussidi di disoccupazione e del TARP, nel 2010 e nel
2011 non subì, rispetto al PIL, un sostanziale ridimensionamento.
La spesa federale che con Bush, nel 2008, era salita a 2.900 miliardi e nel 2009
a 3.100, con il primo bilancio di Obama del 2010 balzò a 3.600 per salire a
3.800 nel 2011.
Nel 2012 scese a 3.700 a causa della trattativa con i repubblicani sul rialzo del
tetto per il volume di debito pubblico federale, ma l’anno dopo tornò a 3.800.
Frattanto il PIL, che nel 2008 (Tabella 1) era sceso di 0,3 punti a causa della
manovra di stabilizzazione della FED, guidata da Ben Bernanke e che nel 2009
era diminuito ancora di 2,6 punti, nel 2010, con il bilancio espansionista di
Obama,
122
FIGURA 2
ENTRATE E SPESE DEL BILANCIO DEL GOVERNO FEDERALE IN % DEL PIL -1974-2014
aumentava di 1,6 punti in termini reali.
TAVOLA 1
PIL, TASSO DI CRESCITA PIL, DEFICIT/PIL, DEBITO FEDERALE/PIL CON DEFINIZIONE STRETTA E
AMPIA, TASSO DI INFLAZIONE, TASSO DI DISOCCUPAZIONE NEGLI USA, ANNI 2006-2015
Anno
2006 2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
Debito/PIL 63,3
63,9
64,8
76,0
87,1
95,2
99,4
100,1
101,5
PIL
13,1
(volume)
Deficit/PIL 1,8
13,9
14,5
14,4
14,4
15,0
15,5
16,2
16,8
1,1
3,1
9,8
8,6
8,4
6,7
4,5
2,8
Debito
8,5
(volume)
Debito/PIL 64,9
9,0
10,0
11,2
13,5
14,8
16,1
16,7
17,8
64,7
69,0
77,8
93,7
98,6
104,0 103,0
105,9
Tasso
2,7
variaz.
PIL
Tasso
3,2
inflazione
Tasso
4,6
1,8
-0,3
-2,6
1,6
2,3
2,2
2,4
2,4
2,8
3,8
-0,4
1,6
3,2
2,1
1,5
1,6
4,6
5,8
9,3
9,6
8,9
7,1
7,4
6,1
disoccup.
Fonti: Tesoro e Ufficio del Bilancio USA. I valori sono in dollari, in migliaia di miliardi
Il tasso di inflazione che nel 2009 era stato di -0,4%- sotto le spinte del
Quantitative Easing e al deficit di bilancio risaliva a 1,6 nel 2010, per poi
123
2015
18,4
3,1
5,5
arrivare al 3,2%.
Bernanke, che Obama aveva riconfermato seguiva la sua linea di
stabilizzazione monetaria alla Friedman, che – come si è visto- presenta molti
aspetti in comune con quella nei classica, che in Italia, si basa sulla grande
tradizione di Luigi Einaudi. Come questa, la teoria di Friedman, quanto basata
sulla teoria quantitativa della moneta, con considerazione della sua velocità di
circolazione, dovuta alla moneta creata dal sistema bancario.
Con questi criteri Bernanke moderò il QE, e -dal 2012- il tasso di inflazione è
stato attorno al 2%, con un trend fra l’1,5 e il 2%. Il tasso di disoccupazione nel
2015 è sceso al 5,5%, solo un punto in più che prima della crisi.
Il debito pubblico degli USA è però aumentato enormemente. Nel 2006 era di
8.500 miliardi di dollari. Nel 2012 si era oramai gonfiato a 12, poi a 16 e nel
2015 a 18 mila miliardi.
Nel 2006 era il 63-64% del PIL degli USA. Nel 2012 la sua percentuale era
arrivata al 99,4-104%, a seconda del metodo usato per definirlo. Nel 2014 è
giunto al 101-106% del PIL.
Una quota elevata di questo debito (circa il 30%) sta nelle riserve delle banche
centrali. Sul mercato ce ne è un 70%.
Ma in volume, questo 70% è una massa imponente: si tratta di 13 mila
miliardi di dollari.
Ciò può servire, in gran parte, a spiegare perché in Europa la politica di
elevati debiti pubblici non sia sostenibile e perché, qui, uno spazio per
l’economia keynesiana sia molto esiguo e precario. Ma anche negli USA, anche
con un presidente democratico, lo spazio per la politica fiscale neo-keynesiana
è diventato precario.
Nel frattempo i repubblicani avevano riconquistato la Camera. In cambio della
modifica del tetto al debito chiedevano un taglio delle spese del 2,4%. Lo
124
scontro che si verificò rischiava di portare gli USA alla insolvenza del governo
federale e alla fine ebbe luogo un faticoso accordo, in cui Obama, usando
espressioni come “sequestro” e “precipizio fiscale” per il taglio delle spese
richiesto dai repubblicani, riuscì a mantenere gran parte delle spese del suo
programma, mentre adottava aumenti di imposte.87
Il deficit, benché un po’ ridimensionato, rimaneva pur sempre al 6,7% del PIL.
Ma nel 2014 è sceso sotto il 3%.
Gli USA hanno potuto effettuare questa politica di espansione, con un rapido
rientro dalla crisi, con un regime di sostanziale stabilità monetaria (con la sola
eccezione del 2011) perché hanno potuto mantenere un deficit elevato nella
bilancia dei pagamenti correnti, finanziandolo con nuovi dollari (Tabella 3).
Dato il potere del dollaro, come moneta mondiale di riserva, il risparmio
necessario per ri lanciare l’investimento è stato ottenuto dall’estero tramite il
deficit della bilancia corrente dei pagamenti, senza bisogno di una svalutazione
della moneta. Ciò in quanto il dollaro è oramai la valuta di riserva fondamentale
e l’offerta addizionale di dollari, derivante dal QE, è stata assorbita
agevolmente dai paesi asiatici in forte crescita. Sino al 2011 le emissioni di
nuovo debito pubblico USA sono state fatte a tasso negativo o a zero o poco
sopra zero, mentre i prezzi rimanevano negli USA a livelli contenuti.
Inoltre, nell’ultimo periodo, gli USA (come si evince dalla Tabella 5) hanno
potuto migliorare di parecchio la loro bilancia dei pagamenti correnti, rispetto
al trend precrisi, grazie ai nuovi giacimenti di petrolio e di gas, soprattutto gas
87. Si veda Gordon Brady, “Cognitive dissonance, iron triangle and rent seeking: sequester and the
fiscal cliff”, in Francesco Forte et al. (a cura di), A Handbook of Alternative Theories of Public
Economics, Cheltenham, Edward Elgar, 2014, pp. 400-412.
125
delle rocce sabbiose (shale gas), diventando esportatori netti di risorse
energetiche, mentre erano, in precedenza, importatori netti.
3. L’elasticità della struttura di libero mercato e la quota limitata della spesa
pubblica sul PIL che comporta bassa pressione fiscale favoriscono l’efficacia
della politica monetaria espansive ai fini della crescita con stabilita
Il sistema economico degli USA è caratterizzato dalla libertà di mercato, sia nel
settore del lavoro, che negli altri. E ciò ha favorito le ristrutturazioni effettuate
con interventi finanziari statali temporanei e il riemergere della capacità
produttiva inutilizzata senza tensioni inflazionistiche.
Va anche aggiunto
che, grazie al TARP e al QE, il sistema del credito e degli altri intermediari finanziari degli USA è ora molto fluido e, pertanto, il denaro creato dalla FED fluisce
realmente all’economia produttiva.
La dimensione del governo, anche sommando quelli statali e locali a quello
centrale, è molto moderata, come si vede chiaramente dalla Figura 3.
La spesa del governo federale dagli anni Settanta del secolo scorso fluttua fra
il 20 e il 25% del PIL. La gestione della crisi l’ha alzata di 5 punti rispetto al
livello precedente del 20%: una percentuale enorme, in quanto pari al 25%. Ma
aggiungendo a ciò la spesa dei governi statali e locali la dimensione totale del
governo complessivo degli USA, anche nel periodo più critico della crisi, fra il
2008 e il 2011 non ha mai superato il 37% del PIL, mentre- come si vedrà fra
poco- in Europa la spesa globale dei governi sfiora il 50% del PIL.
Il livello moderato di spesa pubblica comporta due importanti conseguenze,
per la politica di deficit temporaneo, durante un’emergenza. C’è una possibilità
di dilatazione maggiore della spesa, a parità di deficit di bilancio, rispetto a
paesi che hanno già una dimensione del governo attorno al 45% del prodotto
nazionale. Inoltre c’è più margine per un aumento della pressione fiscale.
126
FIGURA 3. SPESA PUBBLICA SUL PIL DEGLI USA 1947-2014
FONTE.CBO (CONGRESSIONAL BUDGET OFFICE), UFFICIO DEL BILANCIO DEL PARLAMENTO DEGLI USA, 2014
È evidente, infatti, che se la spesa pubblica è il 35% del PIL, il pareggio del
bilancio può essere ottenuto con un insieme di entrate del 35% del PIL.
Considerando un volume di entrate patrimoniali fra il 3 e il 5% del PIL, la
pressione tributaria è attorno al 30-32% del PIL. La tassazione, con una bassa
progressività nell’imposta personale e una bassa tassazione delle imprese
favorisce i processi di formazione del risparmio e dell’investimento.
La capacità della politica di QE di fornire a banche, imprese e persone i
mezzi finanziari per valorizzare la capacità produttiva non utilizzata di una
economia in cui la pressione fiscale è attorno al 30% del PIL e la progressività e
la tassazione delle imprese sono, per conseguenza, entrambe molto moderate
è assai superiore a quella che il QE può avere una economia con una pressione
fiscale che supera il 40% del PIL.
Un deficit di bilancio del 3% è facilmente sostenibile, se il tasso di inflazione
127
è il 2% e il tasso di crescita del PIL in termini reali è il 2%, in quanto ciò
comporta una crescita del PIL monetario del 4.
Ne consegue che, per un paese con un debito pari al 100% del PIL, il deficit
del 3% accompagnato dal tasso di crescita reale del PIL del 2% implica una
riduzione del rapporto debito/PIL al 99%.
IL QE così , portando la crescita a un livello fra il 2 e il 3% aiuta a realizzare
una politica di bilancio con un deficit sostenibile , ossia una politica di finanza
pubblica ortodossa. Invero, se il deficit è il 2% del PIL e il debito pubblico il
100% del PIL, il tasso di inflazione del 2% implica una perdita di valore reale del
debito del 2%. Pertanto, depurato del tasso di inflazione, il nuovo debito è zero.
In termini reali, si persegue la regola del pareggio d bilancio.
In ogni caso, quando il debito pubblico è devoluto a investimenti che danno
un beneficio futuro durevole e non genera un aumento del rapporto debito /Pil
che è moderato, la regola del pareggio può esser sostituita da quella di
invarianza del rapporto debito/PIL, a condizione che il risparmio privato, al
netto della quota per gli investimenti pubblici basti per finanziare
l’investimento privato o che il deficit di bilancia dei pagamenti correnti che
tende a determinarsi, a causa dell’eccesso dei consumi + gli investimenti
domestici sul prodotto nazionale, sia pagato con redditi netti dall’stero e da
emissioni di moneta di riserva destinata durevolmente alle finanze di altri
paesi: la duplice condizione peculiare in cui si trovano gli USA.
4. Il successo limitato delle politiche monetarie espansive della BCE si spiega con
l’elevata spesa pubblica sul PIL degli stati dell’EMU, che comporta una elevata
pressione fiscale e colla rigidità delle strutture di mercato e l’imperfezione di quelle
dell’EMU.
. Gli effetti economici e occupazionali nell’EMU e nell’UE delle politiche
monetarie attuate dalla B CE, sono stati molto meno soddisfacenti che negli
USA. Infatti, come si nota dal confronto della Tabella 2 con le figure e la tabella
128
precedenti, riguardanti gli USA, nel 2014 la disoccupazione nell’Unione Europea
era ancora al di sopra del 10% e quella dell’Eurozona addirittura sopra l’11%,
mentre il tasso di crescita del PIL era solo l’1,3% e quello dell’Eurozona appena
dello 0,8%. Mentre il tasso di inflazione era sotto l’1% nell’area europea
complessiva e appena lo 0,6% nell’Eurozona, il deficit di bilancio era inferiore al
3% nell’Unione Europea e al 2,5% nell’Eurozona e la bilancia corrente dei
pagamenti aveva un anomalo surplus dello 1,6% - tutto dovuto alla anomalia di
un surplus del 3% nella bilancia corrente dell’Eurozona.
Questi indicatori- messi assieme- mostrano che era in atto una politica
eccessivamente restrittiva, che generava una capacità produttiva inutilizzata e
dava luogo a una bassa crescita del PIL nominale, la quale generava un
aumento del rapporto debito/PIL che vanificava gli sforzi virtuosi di consolidamento del bilancio.
Non pare, peraltro, che da questo quadro si possa arguire che l’Unione Europea
abbia sbagliato politica perché avrebbe dovuto seguire principi keynesiani di
maggior deficit dei paesi membri con governi fortemente indebitati.
Piuttosto, sembra che si possa arguire che l’Unione Europea abbia sbagliato
politica, per eccesso di zelo, proprio in rapporto alle prescrizioni della teoria
fiscale e monetaria neo classica, per l’economia di mercato di concorrenza, che
muove dal risparmio che crea l’investimento, in regime di tendenziale stabilità
monetaria e di tendenziale equilibrio della finanza pubblica.
Il mondo in questione non è un mondo anti-keynesiano in cui si rovesciano le
prescrizioni tendenzialmente inflazioniste di Keynes, praticando ricette
deflazioniste. È un mondo in cui si praticano la stabilità monetaria e l’equilibrio
finanziario e fiscale ai fini di una crescita durevole e di una elevata occupazione,
attuate con un mercato di concorrenza, in cui i governi e le politiche delle
banche centrali sono sussidiari e conformi al mercato e le politiche sociali vi si
129
integrano.
I risultati europei sono peggiori di quelli degli USA soprattutto perché oltre agli
eccessi di rigore, che hanno portato alla deflazione, vi sono le imperfezioni nel
mercato unico e i lacci e lacciuoli, ovvero le bardature che impediscono ad
alcune economie, come quella italiana, di sfruttare le proprie potenzialità e vi è
una eccessiva dimensione del governo, che comporta un minor spazio per le
forze del mercato rispetto agli USA.
TAVOLA 2
.PIL IN TERMINI REALI, TASSO DI VARIAZIONE DEL PIL REALE, TASSO DI INFLAZIONE, DEFICIT/PIL,
DEBITO/PIL, SPESA PUBBLICA/PIL , PRESSIONE FISCALE, DISOCCUPAZIONE E SALDO DELLA BILANCIA
CORRENTE DEI PAGAMENTI DELL’UE (28 STATI) E DELL’EMU (19 STATI), 2006-2014
2006
12.304
2007
12.462
2008
2009
2010
2011
12.495 11.770 12.268 13.494
2012
13426
2013
13520
2014
13 694
Spesa pubblica/PIL
8.433
3,4
3,3
2,3
2,2
-1,4
-1,3
61,3
68,3
46,8
8.861
3,1
3,1
2,4
2,1
-0,8
-0,6
58,7
66,0
45,6
8.906
0,5
0,5
3,71
3,3
-2,4
-2,1
62,5
70,1
46,9
8.435
-4,4
-4,5
1,0
0,3
-6,9
-6,4
74,8
79,9
51,0
8.760
2,1
2,0
2,1
1,6
6,5
6,2
80,0
85,3
50,6
9.693
1,7
1,6
3,1
2,7
-4,5
-4,0
82,5
87,2
49,1
9607
-0,5
-0,9
2,6
2,5
-4,2
3,6
83,7
89,1
49,3
9621
0,1
-0,4
1,5
1,3
-3,3
2,9
85,5
90,9
49,0
9697
1,3
0,8
0,6
0,4
-2,9
-2,4
86,8
91,9
48,1
Entrate pubbliche/ PIL
47,3
45,2
46,0
44,6
47,1
44,6
51,2
44,1
51,0
44,1
49,4
44,3
49,9
45,4
49,8
45,7
49,1
45,2
45,7
8,2
8,4
-0,8
45,3
7,2
7,5
-0,6
45,0
7,0
7,6
-2,0
44,9
9,0
9,5
-1,1
44,8
9,6
10,1
-0,8
45,5
9,6
10,1
0,2
46,2
10,4
11,3
1,0
46,8
10,8
12,0
1,5
46,6
10,2
11,6
1,6
-0,1
Fonte: Commissione Europea
-0,3
-1,1
-0,6
-0,5
0,5
1,9
2,5
3,0
PIL in termini reali
Tasso di var. PIL
Inflazione (Tasso)
Deficit/PIL
Debito/PIL
Disoccupazione
Bilancia corr. Pagamenti
L’Unione Europea ha una struttura di mercato molto meno fluida di quella degli
Stati Uniti : nonostante ufficialmente faccia riferimento a un mercato unico, in
una economia aperta e di libera concorrenza, essa, a differenza degli USA, non li
ha né nel lavoro, né nel capitale, né nell’economia del territorio e delle
infrastrutture.
Nell’Unione Europea e, in particolare, nell’Eurozona, non c’è un mercato unico
del lavoro, di natura flessibile. I rapporti di lavoro, nelle singole nazioni, sono
regolamentati con norme differenti, spesso rigide e/o verticiste. Le componenti
130
previdenziali non sono armonizzate.
Nell’Unione Europea e in particolare nell’Eurozona non c’è un unico mercato
dei capitali, dato che l’unione bancaria è ancora allo stato embrionale. Non c’è
un mercato unico dei trasporti, delle comunicazioni e dell’energia.
Le strutture di mercato sono meno elastiche che negli USA, anche a causa di
una maggior presenza di regolamentazioni pubbliche nell’utilizzo e nella
gestione del territorio e nell’edilizia e a causa di un eccesso di imprese
pubbliche regionali e locali, in condizioni di (quasi) monopolio, di diritto o di
fatto.
Inoltre, come è agevole vedere dalla Tavola 2, anche prima della crisi, nel
2006, la dimensione del governo, nell’Unione Europea, superava il 45% del PIL.
Era il 47% nell’area euro e il 46% nell’Unione nel suo complesso. Le entrate
pubbliche erano attorno al 45% o superiori, sicché la pressione tributaria era
attorno al 40% o superiore.
L’Unione Europea ha subito i contraccolpi della crisi finanziaria degli USA, sia
fuori che entro l’Eurozona, in un periodo in cui l’Unione monetaria era ancora
agli inizi e in cui le autorità monetarie non avevano ancora alcuna esperienza
del modo di comportarsi di fronte alle crisi.
Le regole fiscali e di bilancio del Trattato di Maastricht erano oggetto di critica,
a causa della loro palese inadeguatezza, in rapporto alle fluttuazioni cicliche,
ma non si era ancora individuato un diverso e plausibile sistema di regole in
tale materia.
La Commissione Europea ha applicato i principi di bilancio stabiliti dalle regole
di Maastricht, che comportano una procedura di infrazione a carico degli Stati
che violano la regola del tetto del 3% al deficit di bilancio. Ha concesso deroghe
temporanee a tali regole e ha prescritto percorsi di consolidamento dei bilanci
pubblici scaglionati nel tempo, in cambio dell’accettazione di nuove regole,
131
introdotte- con il cosi-detto Fiscal Compact- senza una discussione
approfondita, basate sul pareggio del bilancio corretto per gli effetti del ciclo,
introdotte, anche su richiesta dell’Italia, allo scopo di rassicurare i mercati, sulla
serietà dei comportamenti di miglioramento graduale. Nelle nuove regole il
quasi pareggio del bilancio strutturale, ossia depurato dai fattori ciclici, può
essere raggiunto dagli stati membri sia con l’aumento dei tributi, attuato in
qualsiasi modo, che con la riduzione delle spese e fra queste non si fa
distinzione fra spese correnti e di investimento. E’ ovvio che ciò stimoli i
governi ad aumentare i tributi, in particolare aumentandone le aliquote e a
tagliare le spese di investimenti, due politiche dannose alla crescita e
all’occupazione, essendo questo politicamente più facile che contenere le
spese correnti e limitare gli esoneri fiscali, che assicurano consensi.
Il calcolo del deficit del bilancio corretto per gli effetti del ciclo comporta di
individuare l’effettiva capacità produttiva inutilizzata: si tratta, lo si noti, di una
nozione non keynesiana.
Infatti non si tratta di una capacità produttiva potenziale, attivabile
automaticamente con la domanda, ma di una offerta preesistente effettiva o
potenziale, che è ancora buona, nelle mutate circostanze, perché non deriva da
scelte sbagliate di investimento o da scelte buone nel passato, ma oramai
obsolete, ma da “colli di bottiglia”, difficoltà di ricomporre il sistema, carenza di
iniziative imprenditoriali dovute a carenze nel sistema di finanziamento.
Ciò ha portato anche a individuare “riforme” che dovrebbero portare a
eliminare quei “colli di bottiglia” ossia “riforme” per eliminare le “bardature” di
origine pubblica o consociativa che, come diceva Luigi Einaudi, impediscono al
sistema di mercato di funzionare, con i principi di concorrenza e trasparenza,
che permettono al risparmio di diventare investimento, al lavoro di essere
utilizzato se remunerato secondo la sua produttività, e agli imprenditori di
132
esplicare le loro iniziative senza l’oppressione di imposte e “lacci e lacciuoli”.89
Nell’Unione Europea si sono effettuati salvataggi finanziari sia di banche che di
imprese industriali, in specie del settore dell’auto, che hanno generato grandi
deficit di bilancio permanenti, perché, a differenza che negli USA, le somme
non sono state restituite.
Mentre ufficialmente si criticavano gli USA perché non abbastanza rigorosi,
tranne in casi limitati, non ci si è adeguati alla linea per cui i soldi prestati vanno
restituiti.
Il salvataggio bancario tramite il TARP negli USA ha comportato un sistema
bancario più efficiente. I salvataggi bancari europei, invece, sono serviti a
mantenere la precedente frammentazione e le precedenti opacità e solo
faticosamente si è avviata (e solo per l’Eurozona) una riforma bancaria, tramite
l’Unione bancaria che, peraltro, è ancora solo agli inizi e contiene principi di
punizione dei risparmiatori che hanno dato i propri soldi alle banche, che sono
andate male, fidandosene: con una deroga ai principi del codice civile sui diritti
di proprietà, che contrasta con i principi di libero mercato, che-pure-fanno
carte del Trattato vigente dell’Unione Europea, come si è visto in precedenza.
L’effetto della linea cosiddetta del “rigore fiscale” è spesso consistito
nell’aumento della pressione fiscale, per finanziare nuove spese sociali rivolte a
sostenere i lavoratori colpiti dalla crisi senza preoccuparsi di ristrutturazioni e
rifinanziare le gestioni pubbliche in deficit mentre venivano ridotte le spese
pubbliche di investimento.
89. L’espressione “lacci e lacciuoli” non è di Einaudi, ma di Tommaso Campanella negli Aforismi
politici ed è stata utilizzata da Guido Carli, nell’epoca in cui era Governatore della Banca d’Italia, nelle
Considerazioni finali alla Relazione della Banca d’Italia del 1973. Egli però riecheggiava un gruppo di
sette articoli di Einaudi, pubblicati sul Correre della Sera del gennaio-aprile 1919, riediti nel quinto
volume delle Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925), Torino, Einaudi, 1961,
col titolo “Faccia il suo mestiere” (pp. 42-61) che si riferisce allo Stato per i compiti che dovrebbe
avere e per quelli impropri che si è assunto. I titoli dei sette articoli sono “Abolire i vincoli!”;
“Eseguire i pagamenti!”; “Licenziare i padreterni”; “Arrivare in tempo”; “Relitti della guerra”; “Via le
ostriche dallo scoglio”; “Con le ostriche, via gli scogli”. Essi suonano estremamente attuali per i
problemi dell’Italia nel periodo post-crisi, negli anni 2010 e successivi.
133
La “politica di rigore” fiscale mirante al pareggio del bilancio, che è stata
attuata mediante le regole del Trattato di Maastricht e quelle successive del
Fiscal compact, non ha fatto alcuna distinzione fra l’inasprimento delle imposte
e la riduzione delle spese e l’eliminazione di gestioni pubbliche malsane in
perdita.
In particolare non lo è stata quando si è trattato di introdurre o aumentare
imposte che danneggiano il risparmio e la produttività. Come risultato,
nell’Eurozona nel 2014 le entrate hanno raggiunto la cifra record del 46,6% del
PIL.
L’adozione delle misure fiscali restrittive da parte di più governi
simultaneamente ha creato un effetto deflazionistico di politica fiscale, che
avrebbe richiesto l’adozione di misure in senso contrario rivolte a utilizzare la
capacità produttiva inutilizzata.
E completamente mancata un’azione di politica fiscale da parte dell’Unione
europea compensativa, tramite i fondi del bilancio europeo e gli strumenti
finanziari dell’Unione Europea come la BEI e nuovi meccanismi finanziari come
le PPP (Public Private Partnership).90
Nei periodi post-crisi, in cui ci può esser risparmio inoperoso, economisti
liberali come Einaudi suggeriscono politiche di investimento azionate dalla
mano pubblica, rivolte a obbiettivi produttivi: le PPP possono realizzarle con un
limitato costo per il bilancio europeo.
90. Le PPP sono strutture finanziarie a capitale pubblico e privato che posso avere per oggetto la realizzazione di infrastrutture o opere pubbliche e/o la gestione di servizio pubblici, con rendimento di
mercato, che copre in tutto o parte il costo. Se, ad esempio, manca un 20% di rendimento rispetto a
quello di un investimento conveniente, anche con finanziamenti a basso tasso, una quota del 20%
dell’operatore pubblico, a fondo perduto, può attivare un investimento di cinque volte tanto,
finanziato per 4/5 dai privati.
134
Ma l’Unione Europea, al riguardo, ha fatto solo proposte che sono rimaste
senza seguito o si sono diluite e frammentate nel tempo, per mancanza di
concretezza operativa manageriale paragonabile a quella esplicata dagli USA
con il TARP- Il piano Juncker (che prende nome dal presidente della
Commissione Europea Junker) del 2014 che doveva mobilitare 315 miliardi di
investimenti mediante una dotazione di 16 miliardi tratti dal bilancio europeo,
con il coinvolgimento della BEI91 durante il 2015 non si è saputo
successivamente più nulla.
Il rigore fiscale mirante solo alla riduzione del deficit non alle modalità per
attuarlo si è accompagnato, nell’Unione Europea e, soprattutto, nell’Eurozona,
alla continua violazione dei principi ortodossi dell’economia di mercato e della
finanza ed economia pubblica conforme al mercato, e anzi ha accentuato e
rafforzato tale violazione.
Fra le bardature, le ostriche attaccate agli scogli e gli scogli, che dovrebbero
essere eliminati, ci sono anche le rigidità del mercato del lavoro, le
inadeguatezze del sistema bancario.
TAVOLA 3
Il PIANO JUNKER
Il piano Junker prevedeva la costituzione di un Fondo europeo per gli
investimenti strategici (EFSI) con il concorso della Banca Europea degli
Investimenti (BEI). L’EFSI è dotato di un capitale iniziale di 21 miliardi di euro, di
cui 13 già versati, altri 5 forniti dalla BEI e i restanti 16 da ottenere con
economie del bilancio UE. La BEI dovrebbe emettere obbligazioni e raccogliere
fondi sul mercato per un totale di 60 miliardi, con cui iniziare i finanziamenti dei
progetti, che sarebbero cofinanziati per i restanti tre quarti (81x4=324) fra il
2015 e il 2017.
135
5. Le difficoltà all’esplicazione di una politica monetaria espansiva con misure non
convenzionali nell’area euro
La Banca Centrale Europea sino a tutto il 2011 non ha esercitato alcuna efficace
politica monetaria espansiva atta a contrastare gli effetti deflattivi della politica
fiscale, né ha esercitato alcuna azione di stabilizzazione sul mercato secondario
del debito pubblico degli Stati membri con alto debito o con difficili condizioni
di bilancio, per difenderli da pressioni speculative rivolte a creare corsi anomali
dei loro titoli.
La politica monetaria sino al 2011 ha seguito una linea di non compensazione
della politica fiscale restrittiva, che -nella somma con questa- era, per gli effetti
monetari-finanziari globali- sostanzialmente deflattiva.
Invece, ai fini della stabilità monetaria (che include quella finanziaria come si è
più volte sottolineato), la politica monetaria deve tenere conto di quella fiscale
e la Banca Centrale, nella sua autonomia, se segue il mandato di stabilità
monetaria, vi si deve coordinare. Nei periodi dopo la crisi, essa deve essere
espansiva non solo per compensare le politiche fiscali di riduzione del deficit,
che hanno effetti restrittivi, ma anche per tenere conto che, nel complesso, in
tali periodi, se vi è capacità produttiva inutilizzata, suscettibile di utilizzo, la
somma della politica fiscale e monetaria non dee essere neutrale ma espansiva.
Ora, se da un annoi all’altro, nel complesso, la somma dei deficit di bilancio
dei governi di una data area monetaria, come l’EMU si riduce e il bilancio
dell’Unione non esercita alcuna azione compensativa, la politica monetaria
dovrà essere “doppiamente” espansiva:
-per compensare quell’effetto deflattivo (politica fiscale-monetaria neutrale)
- per valorizzare la capacità produttiva non utilizzata (politica fiscale-monetaria
espansiva)
Ma per evitare l’inflazione o la inutilizzazione degli stimoli monetari occorre la
flessibilità del mercato del lavoro di tuta l’area e la capacità delle banche di
136
tutta l’area di far affluire il “denaro facile” ( l’“easy money”) all’economia delle
imprese e delle famiglie.
Solo con l’insediamento di Draghi alla presidenza della BCE a metà del 2011 la
linea è cambiata, ma non in modo tempestivo, date le continue resistenze ed
esitazioni dei rappresentanti della Bundesbank, che temevano che questa linea,
facilitando l’azione dei governi dei paesi in difficoltà, ne rallentasse le riforme e
le politiche di consolidamento.
Che la politica di espansione monetaria sia stata attuata troppo lentamente lo
dimostrano la riduzione del tasso di inflazione al di sotto del livello dell’1% con
punte negative in alcuni Stati dell’Eurozona, nel 2014, e la creazione, nello
stesso anno, di un artificioso surplus della bilancia corrente dei pagamenti
dell’Eurozona del 3%, mentre il PIL in alcuni Stati, come l’Italia, registrava una
nuova caduta. Solo dal 2015 questo andamento anomalo è stato corretto
mediante il QE, rivolto a dare maggior spazio alla espansione. La caduta del PIL,
in Italia, ha generato una riduzione di entrate che ha reso più difficile il
contenimento del deficit e un aumento vistoso del rapporto debito/PIL
137
TAVOLA 3
I BILANCI PUBBLICI DEGLI STATI DELL’UNIONE EUROPEA E DI USA E GIAPPONE 2006-2016
Bilancio
Media 2006-2010 20111
Austria
-3
Belgio
-2
Bulgaria
-0,6
Cipro
-1,4
Croazia
n.d
Danimar
1,5
Estonia
0,2
ca
Finlandi
1,6
Francia
-4,4
aGermani
-1,7
Grecia
-9,8
a
Irlanda
-10,1
Italia
-3,5
Lettonia
-4,4
Lituania
-4
Lussemb
1,6
Malta
-3,1
urgo
Paesi
-2
Polonia
-4,8
Bassi
Portogal
-6,4
Regno
-6,3
lo
Repubbli
-3
Unito
Romania
-5,2
ca Ceca
Slovacch
-4,7
Slovenia
-3
ia
Spagna
-4,1
Svezia
1,3
Ungheri
-5,5
Unione
n.d
aEuro
-3,3
Europea
Giappon
-4,5
Zona
USA
-7,6
e
FONTE:COMMISSIONE
EUROPEA
UNITI
-2,6
-4,1
-2
-5,8
-7,5
-2,1
1,2
-1
5,1
-0,9
10,
-3,5
12,
-3,3
2
-8,9
7
0,4
-2,6
-4,3
-4,9
-7,4
-7,6
-2,7
-5,3
-4,1
-6,6
-9,4
-0,1
-5,5
-4,5
-4,1
-8,8
-
2012
2013
-2,2
-2,9
-0,7
-5,8
-5,3
-3,7
-0,2
-2,1
-4,8
0,1
-8,7
-8,1
-3
0,8
-3,1
0,1
-3,6
-4
-3,7
-5,6
-8,3
-3,9
-2,9
-4,2
-4
-10,3
-0,9
-2,3
-4,2
-3,6
-8,7
-8,9
10,
6
138
-1,3
-4,1
-0,9
-4,9
-5,4
-1,1
-0,2
-2,5
-4,1
0,1
-12,3
-5,8
-2,9
-0,7
-2,6
0,9
-2,6
-2,3
-4
-4,8
-5,7
-1,2
-2,2
-2,6
-14,9
-6,8
-1,4
-2,5
-3,2
-2,9
-8,5
-5,6
Previsioni.2014 P Previsioni 2015 Previsioni 2016
-2,4
-3,2
-2,8
-8,8
-5,7
1,2
0,6
-3,2
-4
0,7
-3,5
-4,1
-3
-1,4
-0,7
0,6
-2,1
-2,3
-3,2
-4,5
-5,7
-2
-1,5
-2,9
-4,9
-5,8
-1,9
-2,6
-2,9
-2,4
-7,8
-4,9
-2
-2,6
-2,9
-1,1
-5,6
-1,5
-0,2
-3,3
-3,8
0,6
-2,1
-2,8
-2,6
-1,4
-1,5
0
-1,8
-1,7
-2,8
-3,1
-4,5
-2
-1,6
-2,7
-2,9
-4,5
-1,5
-2,5
-2,5
-2
-7,1
-4,2
-2
-2,4
-2,9
-0,1
-5,7
-2,6
-0,1
-3,2
-3,5
0,5
-2,2
-2,9
2
-1,6
-0,9
0,3
-1,5
-1,2
-2,6
-2,8
-3,1
-1,5
-3,5
-2,5
-2,8
-3,5
-1
-2,2
-2
-1,7
-6,5
-3,8
Come si nota dalla Tabella 3, l’Italia nel 2011 aveva un deficit di bilancio solo di
0,5 punti di più del 3%. Dal 2012 al 2014 ha costantemente ridotto il suo deficit
di bilancio al 3% o al 2,9%. Ma, a causa della riduzione del PIL in termini reali e
del modesto aumento dei prezzi nel triennio, il rapporto debito/ PIL che era il
116,5% nel 2011, è diventato nel 2014 il 132% e nel 2015 è salito ancora al
133%.
TAVOLA 4
DEBITO PUBBLICO /PIL STATI DELL’UNIONE EUROPEA, USA E GIAPPONE 2006-2016
Debito
Me
201
2012
2013
Previsio
Previ
Previsione
Pubblico
dia
1
Austria
72,
82,
Belgio
93,
102
/PIL
200
5
1
Bulgaria
16,
15,
7
6Cipro
53,
66
3
7
Croazia
43,
63,
201
8
Danimar
35,
46,
8
7
Estonia
5,2
6
0
ca
1
4
Finlandi
38,
48,
Francia
71,
85,
a
7
5
Germani
69,
77,
5
2
Grecia
117
171
aIrlanda
7
9
48
111
,7
,3
Italia
106
116
,2
Lettonia
24
42,
,5
,4
Lituania
22,
37,
7
Lussemb
12,
19,
6
2
Malta
65
69,
urgo
7
1
Paesi
51,
61,
7
Polonia
48,
54,
Bassi
6
3
Portogal
77,
111
3
8
Regno
56
81,
lo
8
,1
Repubbli
31,
39,
Unito
8
Romania
18,
34,
ca Ceca
3
9
Slovacch
33,
43,
3
2
Slovenia
28,
46,
ia
1
4
Spagna
45,
69,
6
5
Svezia
39,
36,
3
2
Ungheria
72,
81
1
2
Unione
66,
81,
4
Euro
72,
86,
Europea
2
4
FONTE COMMISSIONE EUROPEA
Zona
6
5
81,5
103,8
18
79,5
69,2
45,6
9,7
52,9
89,6
79,3
156,9
121,7
123,1
40,9
39,8
21,9
67,4
66,5
54,4
125,8
85,8
44,6
37,3
52,1
53,7
84,4
36,6
78,5
85,1
91,1
80,9
104,4
18,3
102,2
80,6
45
10,1
55,8
92,3
77,1
175
123,2
128,5
38,2
38,8
24
69,2
68,6
55,7
129,7
87,3
45
38
54,6
70,3
92,1
38,7
77,3
87,3
93,2
ne
2014
84,5
106,5
27,6
107,5
85
45,2
10,6
59,3
95
74,7
177,1
109,7
132,1
40
40,9
23,6
68
68,8
50,1
130,2
89,4
42,6
39,8
53,6
80,9
97,7
43,9
76,9
88,6
94,2
sion
87
106,
e
29,8
5
2015
106,
90,5
7
39,5
10,3
62,6
96,4
71,5
180,
107,
2
133,
1
37,3
1
41,7
24,9
67,2
69,9
50,9
124,
89,9
4
41,5
40,1
53,4
81,5
100
44,
,4
75
2
88
94
2016
85,8
106,4
31,2
108,4
93,9
39,2
9,8
64,8
97
68,2
173,5
103,8
130,6
40,4
37,3
25,3
65,4
68,9
50,8
123
90,1
41,6
42,4
53,5
81,7
101,4
43,4
73,5
86,9
92,5
139
Né si può dire che la deflazione che ha accompagnato, nel 2012-2014, la
politica di correzione del deficit attuata dall’Italia soprattutto con aumenti di
imposte, in un’economia piena di bardature, fosse necessaria a causa dello
squilibrio della bilancia italiana dei pagamenti correnti. Infatti essa, dopo un
modesto deficit nel 2012, è andata in surplus nel 2013 e nel 2014 presentava
un anomalo saldo attivo del 2%, che permane nel 2015 e nel 2016.
TAVOLA 5 BILANCIA DEI PAGAMENTI CORRENTI. STATI DELL’UNIONE EUROPEA, USA E GIAPPONE 2006-2016
I
Bilancia
Media
dei
2006Pagamen
2010
ti
Austria
3,1
Correnti
Belgio
2,2
Bulgaria
-15,1
Cipro
-10,3
Croazia
-5,6
Danimarca
3,3
Estonia
-7,1
Finlandia
2,9
Francia
-1,3
Germania
6,1
Grecia
-14
Irlanda
-3,5
Italia
-2,2
Lettonia
-9,1
Lituania
-7,3
Lussemburgo
8,4
Malta
-6,6
Paesi Bassi
6,5
Polonia
-5,2
Portogallo
-10,8
Regno Unito
-2,8
Repubblica
-4,5
Romania
-9,1
Ceca
Slovacchia
-5,7
Slovenia
-2,2
Spagna
-7,2
Svezia
7,8
Ungheria
-4,4
Unione
-0,4
Euro
Zona
0,1
Europea
Giappone
3,7
Stati Uniti
-4,2
2011
2012
2,1
0,3
0,9
-3,4
-0,6
5,7
1,4
-1,5
-2,2
6,2
-10,4
0,8
-3,1
-3,1
-3,8
5,8
-1,7
7,1
-5
-5,6
-1,7
-4,6
-4,7
-3,8
0,9
-3,3
5,9
0,8
0,2
0,5
2
-3,1
2,6
0,6
-1,2
-5,7
0
5,6
-2,4
-1,9
-2,5
7,2
-4,4
1,6
-0,4
-3,5
-0,9
5,7
3,5
8,8
-3,8
-2
-3,7
-2,2
-4,7
0,3
3
-0,4
6,3
1,7
1
1,9
1
-3
Prevision Prevision
2013 Previsi
one
e 2015
e 2016
2014
2,3
2,3
2,4
2,4
-1,5
0,4
2,1
2,2
1,6
0,9
1,3
1,2
-2
-4
-3,9
-4,2
0,1
0,6
2
3
7,2
6,2
6,1
6,2
-0,4
0,1
-0,3
-0,5
-1,9
-1,8
-0,7
-0,4
-2
-1,7
-0,9
-1,2
6,9
7,6
7,9
7,7
-2,3
-2,2
-1,6
-1,3
4,4
6,2
5,7
5,3
0,9
2
2,2
2,2
-2
-2,9
-2,3
-3
1,5
0,6
-0,2
-1
4,9
5,3
4,6
4,6
3
2,9
0,6
0,4
8,5
9,9
9
9,4
-1,3
-1,4
-1,8
-2,2
0,9
0,5
1,2
1,4
-4,5
-5,5
-4,9
-4,1
-2,2
-0,9
0,4
0,7
-1,2
-0,5
-0,8
-1
0,8
1,9
1,8
0,7
4,8
5,3
5,4
5,6
1,5
0,6
1,2
1
6,9
5,8
5,8
5,6
4,2
4,4
5,5
6,2
1,5
1,6
1,9
1,9
2,5
3
3,5
3,4
0,7
0,6
1,4
1,7
-2,5
-2,6
-2,2
-2,4
FONTE : COMMISSIONE EUROPEA
140
Ecco così la possibilità e la necessità di una politica della crescita con bilancio
che, tramite la crescita, si avvia più facilmente al pareggio. Einaudi, al riguardo,
si pronuncia per un programma di investimenti, azionato dalla mano pubblica
ed affidato, in larga misura, alle imprese pubbliche e di pubblica utilità.92 Egli,
peraltro, come si è visto, sostiene però soprattutto la necessità di azionare le
leve bancarie e di rimuovere le bardature che ostacolano gli investimenti delle
imprese. Ma, come emerge dalla Tabella 6, l’Italia negli anni della crisi ha
continuamente ridotto i propri investimenti, privati e pubblici, sino al 2014
compreso. Solo nel 2015 vi è un limitato recupero.
TAVOLA 6.
DINAMICA DEGLI INVESTIMENTI. STATI DELL’UNIONE EUROPEA, USA E GIAPPONE 2006-2016
Investi
Media 2006-
menti
2010
2011
Austri
-0,6
6,
Totali
Belgi
0,9
4
aBulga
8
(%
1
o
Cipro
3
variazi
ria
6,
Croaz
-1,3
9,
one)
Dani
-1,6
0,
6
ia
2,
Eston
-6,2
32
4
marc
3
Finlan
-0,2
4,
7
ia
,7
Franci
0,5
2,
adia
1
Germ
1,4
7,
a
1
Greci
-2,4
ania
3
Irland
-8,1
a
16
Italia
-1,9
a
2,
Letto
-7,3
24
,8
1,
Litua
-2,7
19
2
nia
,2
Lusse
1,3
14
9
nia
,4
Malta
1,9
mbur
,4
Paesi
0,5
5,
17
Polon
7,4
9,
go
Bassi
6
Porto
-1,2
-,8
ia
3
Regn
-1,2
2,
gallo
12
Repu
2,3
1,
o
3
Roma
5,7
2,
,5
bblica
1
Slova
1
12
Unito
nia
9
Slove
-2,3
Ceca
cchia
,7
Spagn
-3,2
nia
4,
Svezi
1,8
5,
a
6,
Ungh
-2,5
-6
a
7
Union
-0,4
2
3
eria
2,
Euro
-0,6
1,
e
Giapp
-2,7
1,
2
Zona
7
Stati
-3,3
3,
Europ
one
4
FONTE: COMMISSIONE EUROPEA
Uniti
7
ea
2012
0,
0
5
4,
2
2
0,
3,
1
0,
6
-3
0,
7
0,
2,
-9
3
-2
0,
5,
2
-7
2
1
8,
9,
4,
7
2,
3
1,
-5
5
-6
6
1,
-1
1,
0,
1
-5
7
0,
6,
2,
1
6
-9
9,
8,
-3
8,
-9
0,
-1
4,
-2
2,
3,
2
3,
5,
8
4
7
3
2013
Previsione 2014
-1,5
-2,2
-0,1
-17,1
-1
0,9
2,3
-5,3
-1
-0,6
-9,5
-2,8
-5,8
-5,2
7
-4,5
2,7
-4
1,1
-6,7
3,4
-4,4
-7,9
-2,7
1,9
-3,8
-0,4
5,2
-1,5
-2,5
3,2
2,7
141
0,5
4,5
2,8
-18,8
-4
3,7
-2,8
-5,1
-1,5
3,4
2,7
11,3
-3,3
1,3
8
2,4
14
3,4
9,2
2,5
7,8
4,5
-3,5
5,7
4,8
3,4
6,5
11,7
2,5
1,1
2,6
3,7
Previsione 2015 Previsione 2016
0,9
0
-1,7
-3,6
-1,8
2,7
1
-1
-0,6
2,1
-3,1
9,8
1,1
0,5
4,3
2,4
19,9
4,5
6,9
3,5
5,6
5
3,2
4,6
4,3
5,5
4,1
4,6
2,6
1,7
-0,1
5,6
3,2
2,7
-2,9
3,6
1,6
3,7
3,2
2,5
3
4,4
7,2
9,9
4,1
4,4
5,8
3
5,6
4,2
5
4
5,5
2,5
4,2
3,7
0,3
5,1
4,5
-1
4,2
4
1,7
5,9
Il QE sarebbe potuto servire per generare maggiori investimenti, sia dando
maggiori disponibilità di mezzi alle banche per farlo, sia operando direttamente
con l’acquisto di obbligazioni della Cassa Depositi e Prestiti e di imprese
pubbliche come le Ferrovie, l’Enel, Terna e la Snam, sia agevolando il credito
delle banche mediante l’acquisto di debito pubblico in loro possesso. Ma i
canali bancari funzionano imperfettamente, a causa delle insolvenze, che si
sono accumulate negli ultimi anni, riducendo lo spazio per nuovi prestiti, sulla
base dei parametri patrimoniali esistenti. Se le banche avessero più risparmio
proprio, potrebbero fare più prestiti per le nuove iniziative. Le imprese, a loro
volta, non hanno molti mezzi propri per i nuovi investimenti, perché i loro
profitti sono limitati e il prelievo fiscale è elevato. La scarsità di risparmio fresco
e di investimenti si ripercuote negativamente sul tasso di crescita del PIL.
Dopo una decrescita di 4,9 punti in tre anni, fra il 2012 e il 2014, il PIL dell’Italia
nel 2015 è aumentato dello 0,6% soltanto, mentre la media dell’Eurozona è
l’1,5. Nel 2016 la percentuale di aumento sarà l’1,6%, mentre la media
dell’Eurozona è stimata nell’1,9%. Le medie dell’Eurozona sono basse, in
confronto a quelle degli USA, e quelle italiane sono basse in confronto a quelle
dell’Eurozona.
I malanni che spiegano questo fenomeno non riguardano le politiche
monetarie espansive non convenzionali, ma le inadeguatezze nel sistema del
credito, nel sistema tributario, nel mercato del lavoro, nella politica del
bilancio, nell’eccesso di regolamentazioni e nelle inefficienze del settore delle
imprese pubbliche locali.
142
143
144
145
146
).
147
148
149
150
151
152
.
153