LEZIONI DI ECONOMIA MONETARIA Di Francesco Forte I LEZIONE LA MONETA. I REGIMI MONETARI. LE UNIONI MONETARIE. IL CLUB MONETARIO. Sezione I I tre requisiti della moneta: misura dei valori, serbatoio di valori, mezzo di scambio 1. Moneta merce e moneta convenzionale. ll rapporto col potere politico. L'economia , men che primitiva, è inscindibile dal concetto di monetai: la moneta, infatti, è l'entità mediante cui i valori economici assumono una validità astratta, generale, vengono unificati e misurati. Senza il fenomeno monetario, i valori economici non avrebbero quella peculiarità «economica», che è loro propria, consistente nell'essere suscettibili di quantificazione, di scambio l'un con l'altro, di misurazione secondo un metro comune. La moneta è un fenomeno «sociale» nel senso che essa si sviluppa come mezzo di scambio per consentire all'economia di relazione, all'economia «sociale» di funzionare e di evolversi. Lo scambio in natura è un mezzo macchinoso, inadeguato. Un medico pagato dai contadini in uova e polli dovrebbe barattarli poi col sarto, il proprietario di casa ecc. Quanto più si infittiscono e si ramificano i rapporti economici nella società, tanto più questa si sviluppa, tanto più si amplia il campo di azione della moneta come mezzo per gli scambi. 1 La funzione della moneta come mezzo di scambio implica che debba avere determinate caratteristiche, come la sua agevole trasportabilità e la sua suddivisibilità e moltiplicazione in unità omogene non ingombranti. La moneta in tanto è mezzo di scambio, in quanto è serbatoio di valori, ossia può essere scambiata con un bene o servizio che ha un certo valore e conservarlo per altri successivi scambi. Il problema della conservazione di questi serbatoio implica che essa debba avere determinate caratteristiche, che ne favoriscono la conservazione. La funzione di «moneta» può essere assunta da una merce economica che viene usata come comune denominatore di tutti i valori oppure da una entità convenzionale, priva di contenuto intrinseco di merce e dotata solo di quello di metro dei valori economici. Il potere politico dà ufficialità, ossia “corso legale” alla moneta merce coniando le monete fatte di quella merce, di solito un metallo prezioso o, almeno, pregiato, di carattere omogeneo. La moneta convenzionale presuppone un’organizzazione politica che sanziona con la propria autorità quella convenzione. Invece la moneta merce non presuppone tale organizzazione politica: essa è un fenomeno «naturale», che può svilupparsi (e in fatto s’è sviluppato) per la forza degli usi e delle circostanze oggettive. 2 La moneta convenzionale, ovviamente, può essere regolata e usata più facilmente che la moneta merce, in quanto la sua produzione non è legata a leggi oggettive dell'economia e in quanto le sue caratteristiche esteriori (peso, dimensione, conservabilità) possono essere stabilite nel modo più comodo, scegliendo i materiali e i «tagli» più convenienti. Ma essa presuppone un grado maggiore di responsabilità politica e di conoscenza dei fenomeni economici da parte delle autorità pubbliche. È, insomma, uno strumento più «moderno», l'uso del quale comporta una razionalità maggiore. Quel che si è detto sul fatto che la moneta può essere una qualche merce o una entità convenzionale, mostra che il concetto di moneta si riferisce non a una certa sostanza, ma a un certo uso: come la definizione di sedia prescinde dal materiale di cui questa è composta per badare a uno scopo (a differenza della nozione di grano o di ferro), così quello di moneta. La funzione monetaria è (come si è accennato in principio) quella di metro dei valori economici e, nello stesso tempo, di mezzo di scambio e di serbatoio generico di valore economico. Le tre funzioni sono strettamente connesse nel concetto di moneta: infatti in tanto la moneta funge da metro dei valori economici e da mezzo di scambio in quanto ogni sua unità ha un valore economico, poiché così si stabilisce 3 l'equivalenza di valore di tot unità del singolo bene e di una unità di moneta di cui la suddetta misura consiste. La moneta può poi diventare misuratore di tutti i valori, perché o per natura o per convenzione, è molto diffusa, in quanto molto richiesta e facilmente accumulabile. Ma proprio questo la rende un buon serbatoio di valore economico. Riassumendo la moneta ha tre funzioni strettamene connesse: a) Misura di valori; b) Mezzo di scambio per superare la difficoltà del baratto; c) Serbatoio di valore economico. Le tre funzioni comportano, ciascuna, particolari caratteristiche, sia per la moneta merce che per quella convenzionale. 2. Benché le tre funzioni della moneta siano interdipendenti si possono avere beni monetari che non li hanno tutti o tre o li hanno solo parzialmente Sebbene vadano in concreto, molto spesso assieme queste tre funzioni non sono necessariamente «inscindibili», potendo la prima sussistere senza la seconda e la terza. Concettualmente possiamo avere (e in fatto oggi abbiamo in certi settori) una moneta che non può circolare da un soggetto all'altro e che quindi non può servire da «mezzo di scambio» o non in tutte le circostanze, pur essendo una misura di valori economici e un serbatoio di valore. 4 Si pensi all'oro; nella regolamentazione attuale degli Usa i privati non possono tenerne scorte (salvo per scopi industriali) perché ciò è vietato dalla legge. Nell’Unione europea invece è consentito detenere oro anche per scopi diversi da quelli industriali, ma il possesso è soggetto a controlli dell’Ufficio cambi. In ogni caso, la legge vigente fra le banche centrali dei paesi ad economia di mercato stabilisce un diritto di convertibilità fra oro e dollaro, per le banche centrali, cosicché l'oro ha la funzione monetaria di misura dei valori, in ogni caso indirettamente attraverso il dollaro (la cui quotazione ufficiale è legata all'oro). Nei pagamenti internazionali, la Banca della Riserva federale americana è tenuta, su richiesta (sotto certe condizioni) a regolare in oro le operazioni con molte altre Banche centrali. Essa ne deve tenere pertanto una scorta: e dunque l'oro è qui serbatoio di valore. Non si può invece concepire la seconda e la terza funzione senza possibilità della prima: infatti, un «serbatoio di valore» è per sua natura sempre adoperabile come misura di valore e un mezzo di scambio è, automaticamente, misura del valore scambiato. Però se la possibilità di misurare i valori necessariamente vi è, per ogni serbatoio di valore non è detto che essa sia sempre sfruttata in concreto. Analogamente un serbatoio di valore, potrebbe essere usato come mezzo di scambio, ma non è detto che lo sia in pratica. 5 L'argento è un buon «serbatoio di valore» ma pochi misurano in argento i valori, sebbene niente impedisca di farlo e, mentre un tempo esso era un buon mezzo di scambio, ora pochi lo usano come mezzo di scambio. Anche i diamanti sono un buon serbatoio di valore, ma non sono usati per la misura dei valori. Perché un bene meriti l'appellativo di moneta, è indispensabile che in concreto sia usato come misura di valori e mezzo di scambio e non solo che ne abbia la possibilità. Invero si potrebbero esprimere tutti i valori economici in quintali di frumento o in quintali di acciaio con certe caratteristiche. Altri beni non potrebbero adempiere a questa funzione decentemente: i metri di stoffa di lana possono essere dei tipi più diversi, le paia di scarpe possono essere di tipi molto diversi e così via. È però certo che l'elenco dei beni che si prestano a misurare i valori perché definibili in modo sicuro e riferendosi a tipi stabili, è molto numeroso. Si pensi al petrolio e al gas naturale, che sono quotati nei mercati mondiali. Però perché un bene possa meritare il nome di moneta non basta che qualche volta lo si impieghi come misura di valori, occorre che tale uso sia sistematico e normale, meglio ancora se è sanzionato ufficialmente dalle leggi. 6 Solo allora, infatti, si determinano le ampie conseguenze sociali che sono proprie della moneta come misura di valori: cioè si determina il suo carattere di valore astratto, di valore universale, in cui tutti gli altri, in effetti, si riferiscono e si traducono. Inoltre, perché un bene sia pienamente moneta, non basta che sia usato come misura dei valori, deve essere pure accettato come mezzo di scambio in modo generale. I mattoni il grano, anche se fossero usati molto come misura dei valori, non sono «moneta» perché non sono adoperati come mezzi di scambio. Essi non vi si prestano in quanto i mattoni sono troppo pesanti, rispetto al loro valore unitario e non è conveniente trasportarli molto lontano. Invece il grano, il riso, le carni, i succhi di frutta, il petrolio, il gas naturale, l’alluminio, etc. etc. sono oggetto di commercio a lunga distanza, sono beni fungibili, pertanto i certificarti che li rappresentano, come vedremo, nel VI capitolo, possono diventare prodotti finanziari di natura monetaria. «Serbatoio di valore» può essere ogni entità che ha un valore economico e che non si deteriora così rapidamente fisicamente ed economicamente da non poter essere «trasportato nel tempo». Un «buon» serbatoio di valore deve durare nel tempo e possibilmente acquistare pregio col tempo. 7 Per giunta l'utilità di un bene come serbatoio di valore si accresce se esso può essere immagazzinato con facilità e trasportato da un luogo all'altro senza troppa fatica. Infine il suo pregio come «serbatoio di valore» si accresce se il suo possesso dà una soddisfazione in sé: di ordine estetico, di curiosità ecc. I francobolli rari sono un esempio classico di ciò. Serbandoli a lungo salgono di valore e collezionarli soddisfa una curiosità, un gusto di raccolta che è un pregio in sé. I biglietti di banca si conservano e si trasportano facilmente e si nascondono con facilità. Però il valore intrinseco dei biglietti è soggetto a deterioramento in caso d’inflazione. Va dunque osservato che il carattere di moneta non è un carattere assoluto, ma una qualità più o meno intensa che molti strumenti di capitale finanziario possono avere. Già si è visto che per le «merci» il carattere di moneta può esistere, «potenzialmente» in vari gradi. Ma per esse si è notato che vi è un problema di «soglia»: se una merce non supera la «soglia» oltre la quale è socialmente accettata come moneta, non lo è in un dato contesto istituzionale. Per le merci, insomma, il requisito di moneta è un «assoluto»: dopo un certo assieme di condizioni, si ha il salto qualitativo alla moneta, al di sotto non si ha il carattere di moneta. 8 3. I prodotti finanziari come moneta. Liquidità e solvibilità. Diversa è la situazione per i capitali finanziari e i loro redditi contenuti nei prodotti finanziari. Essi, mentre servono da investimento finanziario, possono fungere, in grado più o meno vasto, da moneta, svolgendo compiti monetari in misura più o meno estesa: più è breve l'investimento, cioè più presto esso si converte nel denaro che esso rappresenta, più la capacità monetaria è alta. Infatti, se il valore nominale di moneta di un investimento finanziario è riscuotibile con facilità, ci si trova di fronte a un qualche cosa che, con una breve attesa, si trasforma in moneta. Anche la possibilità che certi operatori accettino un dato titolo finanziario, come moneta per i pagamenti a essi e per le incombenze nei loro riguardi (cauzioni, depositi ecc.) vale ad accentuarne il carattere monetario. Questo concetto di «grado di monetarietà» di un titolo finanziario può anche dirsi «grado di liquidità»: in quanto connesso, come si è detto, alla scadenza più o meno rapida del titolo e quindi al recupero, in moneta, del suo valore nominale. Nel caso della moneta cartacea emessa da una banca centrale la liquidità è il 100% e non ci si trova di fronte a un vero capitale finanziario, ma a una vera moneta. Ciò perché essa ha anche un elevato grado di solvibilità, ossia non si pensa che quel “pezzo di carta” con un certo valore monetario di veti 9 “carta straccia” , salvo nel caso di monete di stati che stano fallendo per eccesso di debiti o per una inflazione che non si riesce a bloccare. Anche per i prodotti finanziari, il requisito di “monetarietà” dipende, come condizione necessaria, anche se non sufficiente, dal loro grado di solvibilità. I prodotti finanziari tanto meglio possono adempiere alla funzione di moneta in quanto siamo tramutabili agevolmente e abbastanza rapidamente in moneta ossia siano dotati di un levato grado di liquidità e in quanto siano solvibili, ossia siano dotati di un alto grado di sicurezza, sul loro contenuto, cioè abbiano un elevato grado di solvibilità. In conclusione: a) ogni buon «serbatoio di valore» potrebbe servire da misuratore di valori, ma non sempre ha le caratteristiche anche di buon mezzo di scambio e quindi di moneta; b)non tutti i buoni serbatoi di valore che hanno anche buoni caratteri come mezzi di scambio, in fatto adempiono alla funzione di moneta, cioè sono usati negli scambi e per misurare i valori; c) solo quei serbatoi di valori che adempiono effettivamente in modo sistematico e generale al compito di mezzo di scambio e di misura dei valori meritano il nome di moneta perché solo essi hanno, nella realtà sociale, quel carattere astratto e generale di «valore in sé» che è proprio della moneta; 10 d) i prodotti finanziari standardizzati dotati di un elevato grado di liquidità e di un elevato grado di solvibilità e dotati di un ampio mercato sono “quasi moneta” o anche “moneta” e) non è necessario che i prodotti finanziari siano dotati di una regolamentazione che li rende “ufficiali” in un importante mercato finanziario perché essi siano riconosciuti come moneta socialmente, basta che ciò non sia vietato. 4. Le monete private. .I grandi gruppi multinazionali hanno creato la propria moneta elettronica, mediante le loro carte di credito. . L’economia digitale non ha creato solo BIT Coin, con cui è possibile abbonarsi a Il Giornale , che in tal modo ha segnalato una novità più vasta . Amazon in tal modo ha creato la sua moneta e sembra che la voglia creare anche Google, per i suoi servizi. Se tutti i grandi gruppi mondiali che operano in rete nel commercio elettronico, nella finanza on line e nell’informazione creeranno la propria moneta , ciò è destinato a modificare il sistema monetario mondiale. La questione della emissione di moneta da parte di Amazon o Google o , magari in futuro da parte di Ali Baba, il gigante cinese del commercio elettronico, fa avverare la tesi dell’economista liberista italiano dell’ottocento Francesco Ferrara, che voleva la concorrenza nella emissione di moneta . La moneta elettronica è una moneta fiduciaria , come quella delle banconote rispetto all’oro . Con la differenza che essa non è un derivato 11 della moneta primaria oro , ma della moneta cartacea attuale slegata dall’oro: che è il dollaro USA, l’euro o lo yuan cinese etcetera . La moneta di Amazon e analoghe . mediante carte di credito pre-pagate, sono serbatoi di valore monetario identici a quelli delle banconote, che si 5tenogno nel portafoglio, sebbene spendibili solo per certi beni acquistabili on line , la cui lista può via via via via accrescersi. . Se è lecito emettere queste carte di credito, che facilitano i pagamenti , non si può proibire a una società commerciale che opera in rete , come Amazon, di emettere una sua “moneta” che, primariamente, serve per comperare i suoi prodotti . Ma altri la possono accettare in pagamento, anche se non pensano di utilizzarla per comperare su Amazon, perché ritengono di poter pagare con essa un proprio creditore , che a sua volta la vuole usare per pagare terzi soggetti. Chiunque può sperare di comprare in rete prodotti di Amazon, in dollari o euro o le altre monete perché confida che ci sa abbastanza magazzino in Amazon per soddisfare tutti coloro che ne hanno unità monetarie e le vogliono convertire in merce del gruppo. Cioè questa moneta è garantita dalla merce di Amazon , tramite i dollari( o gli euro etc, che rappresenta ). . Diverso è il caso delle monete elettroniche emesse da un operato finanziario privato, come Bit Coin. Il loro valore dipende dalla domanda e offerta che se ne fa ,cioè dalla loro diffusione . Bit Coin, che ha come contro valore tutti coloro che operano in Bit Coin.. Con queste monete i pagamenti sono più rapidi che tramite banca, perché istantanei 12 o quasi .Inoltre non ci sono commissioni e la tracciabilità è simile a quella delle banconote , qualora lo stato non decida di controllare le operazioni in questione , tramite poteri di accesso alla rete che può avere , in base ai poteri anti riciclaggio La fluttuazione del valore di queste monete elettroniche però sconsiglia di tenerne importi troppo elevati o di investire in esse sui basi mensili, annuali, pluriennali . Ciò anche perché il loro valore dipenderà anche dalle regolamentazioni a cui saranno sottoposte , dalle varie autorità monetarie , con o senza la spinta degli interessi di banche che vedono ridursi l’area dei loro pagamenti. II Dalla moneta merce alla “moneta convenzionale” detta “Fiat money” 1. Dal Silver standard al gold standard La storia dell'oro come moneta coincide con la storia del mondo civile: è una vicenda molto animata, fatta di momentanee assenze e di ritorni inattesi. Il potere dello stato, aveva dato all’oro un valore ufficiale di moneta, mediante il conio di monete d’oro, con i simboli del potere regale e il loro valore facciale, di solito superiore a quello del contenuto metallico effettivo, in quanto la certificazione conferiva un valore aggiunto alle monete, rispetto all’oro in barre di peso e di carati equivalenti. 13 Tale valore aggiunto è il “signoraggio”, che va al Tesoro del sovrano o dello stato. In quasi tutto l'Ottocento, però, contrariamente a quanto si potrebbe credere il metallo monetario fondamentale, che dava vita al signoraggio mediante il conio delle monete da parte del potere dello stato oramai sempre più democratico e non solo più costituito da Regni, ma anche da Repubbliche, non fu l'oro, ma l'argento. Ad acclamare per prima l'oro come monarca assoluto del sistema monetario dell’ottocento, fu l'Inghilterra nel 1821. Francia e Germania la imitarono negli anni dal 1870 al 1880, e subito dopo quest'uso si sparse in tutti i continenti, incontrando deboli resistenze. Alla fine del secolo si convertì al «monometallismo aureo» perfino l'India, il paese classico della tesaurizzazione dell'argento. II predominio dell'oro era così assicurato. Non si trattava di una dittatura limitata alle monete metalliche: al fatto che l'argento veniva ridotto ad un ruolo secondario. Invero si era oramai diffuso un nuovo tipo di moneta: il biglietto di banca, che veniva emesso dalla banca, per certificare un credito verso di essa, che consisteva o nell’equivalente di un deposito di biglietti di banca o in un prestito alla clientela mediante utilizzo di tali depositi. Dopo aver sconfitto ogni suo concorrente diretto, l'oro si trovava a dover competere con una sostanza nuova e invadente: la carta. E nella seconda metà dell'Ottocento, si era verificata una rapida espansione 14 della carta moneta, depositata p fata a credito, che soddisfaceva alla crescente domanda di moneta. C'era però una trincea invalicabile, dietro la quale l'oro difendeva la sua supremazia: il «gold standard», cioè la parità aurea. La carta moneta era legalmente convertibile in oro da chiunque lo chiedesse. Attraverso la «convertibilità» il ruolo dell'oro di metro del valore della moneta carta si manteneva intatto. Le banche centrali erano tenute a consegnare ai propri clienti, in cambio di banconote, un valore corrispettivo in peso d'oro. Non sempre, per la verità, questa regola veniva rispettata. Ma neanche chi la rispettava aveva bisogno di un quantitativo di oro equivalente al valore che il mercato dava alla sua moneta, in quanto bastava esser certi che la Banca centrale fosse capace di rispettare il suo impegno. Il sistema però poteva funzionare solo sul presupposto che in tutti gli stati, che adottavano il gold standard , ciò consentisse l’equilibrio della loro bilancia dei pagamenti correnti, in pratica un equilibrio fra import ed export, che consentisse di non pagare in oro il deficit dei paesi meno efficienti verso i più efficienti. Ciò che emerge dunque è un teorema fondamentale, riguardante il gold standard o il silver (argento) standard universale o un sistema con cambio fisso fra oro e argento adottati entrambi come standard delle banconote cioè quello per cui tutte le monete sono legate fra loro da un cambio fisso , determinato dal loro rapporto con metallo 15 prezioso sicché l’equilibrio della bilancia dei pagamenti viene raggiunto con la flessibilità delle variabili che consentono ai vari paesi di pareggiare import ed export, nel lungo andare, salvo quelli che hanno miniere di oro o argento. Nessun altro paese nel lungo termine ha la bilancia dei pagamenti correnti strutturalmente in attivo: perché ciò implica che altri la hanno strutturalmente in passivo. Il gold o il silver standard non può funzionare a lungo in una economia internazionale evoluta , in economia di mercato di libero scambio, perché esso implica cambi fissi per sempre mentre se si adotta il libero scambio l’equilibrio si raggiunge solo con cambi sempre flessibili o fissi modificabili di quando in quando; diversamente non si può adottare il libero scambio. Il cambio fisso generalizzato è impossibile, in tali situazioni, sicché alcuni paesi controllano il cambio della loro moneta e il commercio internazionale, altri o questi stessi abrogano (temporaneamente, ma senza termine definito) la convertibilità della loro moneta in oro e la deprezzano per essere competitivi. Il libero scambio cessa di funzionare. 2.Il gold exchange standard o sistema della parità di cambio con competizione fra monete di riserva La prima guerra mondiale distrusse il gold standard, che già aveva subito varie deroghe in precedenza. 16 .Le maggiori nazioni del mondo avevano emesso, durante il conflitto, troppa carta moneta per potersi permettere di dichiarare la libera convertibilità di queste banconote in oro: le scorte di metallo prezioso a loro disposizione erano troppo modeste. C’era poi i debiti di guerra internazionali, che costringevano alcuni paesi ad avere la bilancia dei pagamenti in avanzo in oro. Compito impossibile per la Germania, sconfitta. In realtà, tutto ciò era il sintomo di una situazione più grave: c'era troppo poco oro nel mondo, ormai, per soddisfare il fabbisogno monetario d'un mondo industrializzato che si doveva riconvertire dalla guerra alla pace, utilizzando il progresso tecnologico e organizzativo della grande industria, con produzioni di massa in serie, che si era sviluppata negli sforzi bellici. Ecco allora sorgere, nel 1922, dalla conferenza della Società delle Nazioni, un nuovo sistema: quello del gold exchange standard, ossia della «parità del cambio aureo». Con questo sistema, il rapporto oro-moneta diventava meno diretto, meno automatico. Alcune monete cioè venivano dichiarate direttamente convertibili in oro con un rapporto fra banconote e oro variabile entro un tetto massimo che dava elasticità ai loro cambi reciproci; altre, invece, non erano cambiabili in oro ma in altre monete dotate a loro volta della convertibilità in oro. Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Giappone, Svezia, Norvegia, Canada, Danimarca, Brasile, Sud Africa, alla vigilia del ciclo economico 17 che aveva generato il boom e poi la grande depressione del 1929, avevano monete convertibili in oro, che perciò si chiamavano monete pregiate o anche di riserva; mentre Italia, Germania, India, Grecia, Polonia, Romania, Svizzera, Cecoslovacchia, Austria, Spagna, Olanda, Belgio avevano monete convertibili in monete pregiate. Conservare le monete «pregiate» o «di riserva» era dunque come conservare oro. In questo modo il fabbisogno di oro, per le riserve dei vari paesi del mondo, risultava molto minore di quello che sarebbe stato richiesto da un sistema aureo «puro». Inoltre i cambi delle monete non pregiate si potevano deprezzare o apprezzare modificando il rapporto con quelle di riserva. Il sistema di usare come riserva, oltre che l'oro, anche monete a base aurea attenuava le conseguenze della scarsezza del metallo prezioso, diversa, per i diversi paesi, non le eliminava. Soprattutto, il nuovo sistema poggiava su basi precarie: si fondava sulla solidità delle monete «pregiate», sulla loro effettiva convertibilità in oro. Era, insomma, un sistema a piramide rovesciata. basato in gran parte sulla fiducia, in ciò che stava nella punta della piramide, la base aurea. Il perno di tutto erano l'Inghilterra con le sue colonie africane e asiatiche e gli USA, ricco di industrie e di miniere auree. 18 La sterlina era la moneta del paese più ricco di scorte d'oro a causa del Commonwealth, cioè l'insieme dei paesi coloniali che detenevano la più alta produzione di quel metallo. Perciò quando la crisi economica, nel 1931, travolse la sterlina, tutto il sistema ne ebbe un grave contraccolpo. La moneta inglese fu svalutata e dichiarata non più convertibile in oro. La capacità inglese di esportare si era deteriorata, i prezzi e i costi inglesi erano saliti. Il gold exchange standard registrava così la sua prima sonora sconfitta. Tutti ora diffidano delle monete di carta, cercano oro sonante. In realtà la grande crisi era sorta negli USA che avevano avuto un boom e poi una depressione, che era stata contrastata con la deflazione monetaria, generando disoccupazione. Ciò non poteva durare. Nel prossimo capitolo vedremo che occorre una offerta di moneta adeguata alla domanda potenziale dell’economia per consentire l’utilizzo delle capacità produttive, in regime di stabilità monetaria, in una economia di mercato di concorrenza. Gli Stati Uniti, nel 1934, con Roosevelt, si decisero a svalutare il dollaro. Inoltre, per proteggersi dalla tesaurizzazione privata, si stabilì che i privati non possono convertire i dollari in oro. Il prezzo dell'oro venne fissato a 35 dollari l'oncia. Le misure prese da Roosevelt accrebbero la fiducia nel dollaro, e così i capitali defluirono dall'Europa verso gli Stati Uniti e le altre monete 19 andavano svalutandosi. Nel 1938 gli Stati Uniti detengono così la più grossa quota di oro di tutte le banche centrali del mondo: contro circa quindici miliardi di dollari di oro, depositati a Fort Knox 1. Ne conseguì un sistema di cambi manipolato e il protezionismo economico e valutario, in Italia il regime di autarchia. Neppure il gold exchange standard generalizzato consente lo sviluppo degli scambi in regime di libero scambio perché questo comporta che i cambi fra le varie monete siano flessibili, in base alla legge generale della domanda e offerta, che riguarda non solo le merci, ma anche i i valori capitali, come la moneta, serbatoio di valore. Si vive e si opera in un regime di «clearings», cioè di compensazioni di debiti e crediti fra i vari paesi, in un sistema di baratto internazionale. Nessuno si fida a privarsi del suo oro. La guerra accentua questa situazione. Il regime di moneta merce implica che, nei periodi ad alto rischio, per le proprietà di vario genere, si generi la tesaurizzazione del metallo monetario, come capitale non rischioso, causandone una scarsità artificiale, ingigantita nella circolazione monetaria dal regime di la Gran Bretagna nel '38 ne possiede solo tre, e il Belgio, la Francia, l'Olanda e la Svizzera messi insieme altri cinque; tutte le altre banche centrali totalizzano nel complesso soltanto tre miliardi di dollari in oro. Quanto all'Italia, le sue riserve auree sono esigue. Mussolini ha persino fatto incetta delle fedi nuziali degli italiani per tentare di rinsanguarle un poco. 20 exchange standard che ammette un moltiplicatore fra metallo prezioso e moneta circolante. 3.Il gold exchange standard di un solo paese con una autorità monetaria di controllo dell’equilibrio monetario mondiale . Nel 1944 nacque a Bretton Woods, vicino a Washington, un nuovo sistema di gold exchange standard basato su due principi: c’è una sola moneta di riserva che lo adotta e la sua base può essere modificata da un soggetto internazionale, il Fondo monetario internazionale, che funge da regolatore dei meccanismi monetari internazionali, disciplinando il moltiplicatore dello exchange standard , del rapporto di scambio con l’oro e le svalutazioni e rivalutazioni delle monete fra loro e rispetto ad esso. Il Fondo monetario internazionale, nelle intenzioni di Keynes , avrebbe dovuto avere soprattutto il compito di emettere una moneta mondiale convenzionale, che liberasse il mondo dai guai prodotti dall'insicurezza connessa col dominio dell'oro, ma egli al compromesso dello standard di scambio variabile L’oro non fu sconfitto a Bretton Woods. Infatti il Fondo monetario, per quanto riguarda la creazione d'una moneta convenzionale, svolse una funzione limitata: ogni paese avrebbe depositato presso il fondo riserve d'oro, che gli avrebbero dato diritto a un credito pari a quattro volte il valore depositato. La prima quota, pari al 25% di tale credito (ed equivalente all'oro versato), si poteva ritirare, in ogni momento, senza condizione: era un 21 «credito buono come l'oro». Gli altri tre quarti del credito si potevano ottenere solo dietro precise condizioni. Finita la guerra, il meccanismo monetario mondiale riprendeva a funzionare con il gold exchange standard basato sul dollaro e col meccanismo supplementare del Fondo monetario. La sterlina oramai era una moneta debole perché il Regno Unito inglese aveva perso le colonie e le loro miniere d’oro. Il dollaro aveva copertura aurea per il 25% del valore dei dollari in circolazione. Il prezzo dell'oro rimaneva fissato a 35 dollari l'oncia e la riserva federale americana s'impegnava a convertire i dollari in oro a qualsiasi banca centrale ne facesse richiesta, per qualsiasi motivo. Il nuovo sistema per gli USA, paese con moneta di riserva, implicava un privilegio, quello di pagare in dollari, con un deficit permanente della bilancia dei pagamenti correnti, in quanto i dollari servivano agli altri paesi come loro moneta di riserva, in luogo dell’oro e diventavano la moneta più usata negli scambi internazionali. Al fine di evitare che il dollaro si sopravalutasse gli USA dovevano adottare politiche del credito espansive2. Ma dovevano anche fare 2 La Spagna e il Portogallo dalla fine del 1600 in poi ebbero un declino rispetto agli altri paesi in quanto le loro monete erano sopravalutate a causa del fatto che essi avevano un surplus di oro dalle miniere d’oro delle colonie sud’americane . Pagavano in oro tratto dalle proprie colonie sud americane le importazioni di prodotti lavorati e di servizi di trasporto di altri paesi europei e non espandevano il credito in misura adeguata sul mercato interno e così non si industrializzavano. Lo stesso accadde alla Repubblica di Genova che si era specializzata in servizi finanziari e quindi aveva una moneta sopra valutata che ne rendeva non competitive le industrie. 22 attenzione a non generare inflazione, perché in tal caso gli operatori esteri avrebbero chiesto oro anziché dollari. Più aumentava la massa di dollari posseduta da operatori non USA e più aumentava il vincolo degli USA al loro comportamento monetario. Esso comportava che la Banca centrale degli USA avesse- accanto al grande beneficio di saldare i suoi debiti internazionali con la propria carta moneta e non con beni e servizi, diritti di proprietà e titoli di credito- anche il crescente onere di dover detenere grandi quantità di valute estere nelle proprie disponibilità per far fronte alle richieste di conversione in esse da parte di operatori che temevano che il dollaro si deprezzasse verso la propria valuta. Inoltre, poiché i dollari erano convertibili in oro, oramai la riserva di Fort Knox appariva troppo bassa rispetto all’enorme volume di dollari circolanti nel mondo, suscettibili di esser convertibili in oro e gli USA non avevano alcuna intenzione di dedicarsi all’acquisto di ingenti quantità di oro. La repubblica francese presieduta dal generale De Gaulle 1965 chiese la conversione in oro di oltre un miliardo di dollari contenuti nelle sue riserve. Era la manifestazione della «force de frappe» monetaria di De Gaulle. 23 Nel dicembre del 1966 la riserva di oro degli Usa era ormai pari a 13,3 miliardi di dollari. Il presidente De Gaulle sperava di avere spinto, con la sua «forza d'urto», gli Usa al punto critico, spingendoli a svalutare il dollaro rispetto all’oro. Ma questa operazione stava risolvendosi in una sconfitta per il gold exchange standard e per l’oro come base del sistema monetario mondiale. Nella primavera del 1968 la manovra francese per la rivalutazione dell’oro è saltato, sulle barricate di Parigi, degli operai francesi, che sostenuti dagli studenti universitari- chiesero e ottennero massicci aumenti di retribuzioni, sopportabili dalla bilancia dei pagamenti francese, solo tramite la scorta di oro accumulata dalla Francia. Il governo De Gaulle tirò avanti per un anno con una continua emorragia valutaria sino allo spirare del periodo presidenziale. Andato al potere Pompidou in luogo di De Gaulle il governo francese, nell'agosto 1969 svalutò il franco, escludendolo dal gold standard. Nell'agosto 1972 gli Usa dichiaravano il dollaro inconvertibile in oro portando il prezzo di quest’ultimo a 42 dollari l'oncia, determinando così una svalutazione del dollaro rispetto alle altre monete. I fattori politici avevano creato il gold standard, mediante la coniazione del metallo prezioso. Dopo la prima guerra mondiale del 900 avevano decretato la sua fine, perché non adatto all’economia di mercato con libertà di 24 commercio internazionale, che esige i cambi flessibili, ed anche perché non sempre adatto alle esigenze e alle vicende politiche. Il gold exchange standard multiplo, creato in sua sostituzione, aveva mostrato analoghi difetti, nel periodo fra le due guerre mondiali. Ed era caduto per una scelta politica obbligata nel secondo conflitto mondiale. Ma era caduto, per decisione politica, anche il gold exchange standard incentrato sugli USA che oramai non erano più in grado di reggere il peso enorme di questo enorme potere. 4. La moneta convenzionale o fiat money e la delega della sovranità monetaria dello stato alla banca centrale e al sistema del credito Ora vi era il problema di un regime di moneta convenzionale, con potere politico di creare moneta di carta. Come proteggersi dal rischio che esso ne abusasse, creando continue inflazioni, mediante le cessione del suo debito pubblico alla banca centrale in cambio di biglietti di carta moneta bancaria? La soluzione è stata trovata nella teoria dello stato di diritto in democrazia ed economia di mercato, che si basa sulla divisione dei poteri. Così come il potere esecutivo non ha quello legislativo, né quello giudiziario, che appartengono, rispettivamente, al parlamento e a un soggetto terzo, autonomo e indipendente, analogamente il potere monetario viene delegato dallo stato alla Banca Centrale e alle 25 strutture che vi si collegano, rese indipendenti dal potere politico, che tiene solo un residuo di signoraggio, consistente nel potere di indebitarsi, ma solo entro certi limi, con la Banca Centrale, così da usufruire, indirettamente, del potere di “stampare biglietti di banca”. Il fatto che, in periodo di depressione, quando c’è capacità produttiva inutilizzata o in periodi di salto tecnologico in cui si può produrre di più, con gli stessi mezzi, non ci sia bisogno di fare un debito, per utilizzare quella capacità produttiva, senza generare inflazione, ma al governo basti stampare moneta, non comporta il suoi diritto a farlo, perché ora signoraggio non è più del contribuente, è passato al sistema bancario, cioè al debitore, con l’avvallo ideologico della teoria macro economica keynesiana e con quello dei loro avversari in politica economica, i liberisti puri, che non si fidano dello stato. Queste due teorie, fra loro divergenti, comunque, servono al sistema finanziario, per espandere il suo potere. Ciò dà luogo al consenso per cui il potere monetario è “di tutti”, in realtà dei debitori della finanza privata. Sezione III Cambi fissi e flessibili. Le aree monetarie ottimali. I club monetari 1. Le unioni monetarie I sistemi monetari basati su una moneta merce implicano, per i paesi che vi aderiscono, cambi fissi o quasi fissi, in relazione al valore stabilito per la moneta cartacea in moneta merce. In regime 26 monetario con fiat money, un paese può optare per il cambio fisso o flessibile possono e può -legare la sua moneta ad un’altra in maniera consuetudinaria, come accadde per la lira, dal secondo dopoguerra sino agli anni 70 del novecento, in cui era praticamente legata al dollaro -legare la sua moneta a un’altra legalmente senza far parte del governo di quella moneta come accade per l’euro dello stato Vaticano, di san Marino e dello stato di Monaco o per il franco del Liechtenstein legato a quello svizzero -legare la sua moneta irrevocabilmente ( o quasi: in economia pubblica e in politica non c’è mai niente di assolutamente irrevocabile) a un’altra, abrogandola legalmente mediante una unione monetaria , in cui più stati ovvero loro banche centrali cogestiscono tale moneta. La convenenza degli stati a queste scelte dipende, innanzitutto, dalla loro dimensione. Gli stati piccoli ne hanno più necessità dei grandi, perché l’adoperare una unica moneta riduce il costo delle transazioni, cioè degli scambi e facilita quindi lo sviluppo di questi e dei costi decrescenti delle imprese mediante l’aumento della loro dimensione tramite lo sviluppo delle loro vendite e tramite la suddivisione del lavoro, con il decentramento produttivo nel mercato interno. 27 Gli stati di dimensione media non hanno una stringente necessità economica di far parte di una unione monetaria, se gli stati vicini geograficamente e culturalmente, con cui le loro imprese e le loro persone essi hanno la convenienza potenziale di intessere relazioni praticano il libero scambio, ma possono ritenerlo utile e quasi necessario se I)hanno imprese bisognose di un ampio mercato interno, per poter valorizzare appieno le proprie capacità II) vogliono evitare guerre e altri conflitti con i paesi vicini III) vogliono far parte di un raggruppamento politico e finanziario più vasto, per fronteggiare meglio i grandi paesi che operano sui mercati mondiali IV) vogliono realizzare una armonizzazione con i paesi vicini per creare più opportunità di scelta ai propri cittadini e alle proprie imprese presenti e future Tuttavia, per realizzare con successo questa operazione occorrono quattro condizioni a) Una unione politica fra stati che faccia da contenitore e cornice dell’Unione monetaria, in quanto il potere monetario che in regime di fiat money soprattutto è -come si è visto- un potere parafiscale va regolamentato con regole politiche e con regole sui poteri fiscali dei singoli stati (tributi, bilancio, debito pubblico) comuni 28 b) Un mercato unico ottimale, ossia tale per cui si possano ottenere le potenzialità del libero scambio in regime di parità fra i vari soggetti che ivi operano c) Una strumentazione monetaria adeguata per il sistema di moneta unica, con una pluralità di banche centrali e di sistemi bancari e finanziari d) Una politica fiscale comune, dato che -come si è visto- potere fiscale e monetario si condizionano reciprocamente nell’uso delle risorse economiche, in particolare in relazione ai cicli economici e ai cambiamenti strutturali dovuti al progresso scientifico e tecnologico e agli eventi naturali. 2. Le aree monetarie ottimali (OCA) La ricca letteratura sulle aree monetarie ottimali ( OCA:Optimal Currency Areas) iniziata con i saggi di Robert Mundell che ebbe perciò il premio Nobel per l’economia, può esser ridotta a due paradigmi elementari. -Quello delle condizioni di equilibrio per un sistema che abbia al suo esterno cambi flessibili e al suo interno cambi fissi -Quello delle condizioni ex ante e quello delle condizioni che si generano ex post, dopo che si è stabilito il cambio fisso interno. 29 Per entrambi, a noi è utile l’esperienza del Mezzogiorno di Italia che con la unificazione nazionale, entrò nella moneta unica nazionale, la lira negli anni 60 dell’0ttocento. La mancanza di adeguate condizioni di livello di istruzione, di ordine pubblico, di infrastrutture locali e nazionali, la rigidità dei contratti di lavoro agricoli, le carenze del sistema del credito, le carenze di competenze tecnologiche e manageriali hanno impedito al Mezzogiorno di beneficare dei vantaggi del mercato unico italiano, che d’altra parte non si è sviluppato in modo adeguato a livello internazionale, in tutto l’ottocento a causa dei vincoli che il gold standard generava all’utilizzo delle capacità produttive, mentre le vicende politiche nazionali e internazionali successive, hanno impedito che l’Italia sviluppasse tuto i suo potenziale e ciò ha particolarmente nuociuto alle sue aree meno forti. Dunque, la teoria corretta delle OCA non può essere svolta esclusivamente o prevalentemente considerando le variabili finanziarie, deve innanzitutto considerare quelle dell’economia reale e quelle del quadro istituzionale. Ma queste sono importanti sia come varabili ex ante, cioè per la scelta della adesione a una moneta unica, di più stati e sia ex post, i relazione ai vincoli e alle opportunità che ciò comporta per potere approfittare della esistenza di un mercato potenzialmente aperto in cui sviluppare i vantaggi del libero scambio, in condizione di parità o 30 non eccessiva disparità nei punti di partenza, nella gara economica del mercato di concorrenza. I fattori di armonizzazione, che assicurano questa parità di condizioni riguardano i vari fattori produttivi che fanno parte del processo economico, ossia il capitale fisico, quello finanziario, il lavoro e il capitale umano, il progresso tecnologico. La libertà di movimento dei capitali, one siano impiegati ove è più conveniente comporta di liberalizzarne gli impieghi e di armonizzare le norme del diritto civile, commerciale, penale commerciale e finanziario e di armonizzare la tassazione diretta che lo riguarda, per i redditi, i guadagni di capitale, i cespiti patrimoniali, i trasferimenti di ricchezza, oltreché la tassazione generale degli scambi con una imposta che non li ostacoli e non tassi i beni di investimento. La libertà di movimento e di impiego del fattore lavoro, a sua volta, comporta che i contratti di lavoro si debbono poter differenziare, secondo le scelte decentrare, legate alla sua diversa produttività, nei cari impieghi, nelle varie aree. La tesi di Robert Mundell secondo cui se in un paese i contratti di lavoro sono troppo rigidi e non orientati alla produttività aziendale, i lavoratori emigreranno verso le altre aree della moneta unica e ciò indurrà i sindacati a modificare le loro politiche, è doppiamente errata perché una emigrazione sistematica, che non riduce un eccesso di forza lavoro dovuto a un eccesso di popolazione, ma genera un 31 artificiale riduzione di popolazione rispetto al potenziale regionale contraddice la ragione stessa per cui uno stato razionalmente decide di entrare in una unione monetaria, che è quello di perseguire il benessere della propria popolazione. Inoltre i sindacati possono premere sullo stato per ottenere politiche assistenzialistiche a sostegno dei disoccupati e delle regioni in difficoltà Ed ecco così il primo teorema: poiché in una unione monetaria i cambi sono fissi, occorre che ci sia una variabile fondamentale flessibile che consenta di competere, senza modificare il cambio, cioè con un taglio del potere di acquisto della moneta domestica. 3. Se il cambio esterno è fisso, occorre che le variabili fondamentali dell’economia reale siano flessibili. La più importante variabile dell’economia reale che occorre che sia flessibile con i cambi fissi, è il fattore lavoro in rapporto alla sua produttività. Che questa sia la variabile per cui occorre flessibilità, con il cambio fisso, lo si può desumere dal fatto che quando cambio è flessibile, in effetti la svalutazione della moneta riduce il poter di acquisto dei salari e riporta la bilancia dei pagamenti in equilibrio 32 Se la flessibilità del fattore lavoro non è stato stabilito ex ante, all’ingresso nell’Unione, va stabilita dopo, per potervi restare godendone i vantaggi e non già subendone il danno del cambio fisso. Si noti che la flessibilità comporta un rilevante progresso sociale rispetto alla flessibilità del salario reale, che si ha, quando il cambio è flessibile o fisso, ma modificabile. Infatti lavoro può esser reso più produttivo in rapporto all’utilizzo del capitale. Questo, quando si lavoro solo di giorno, nei giorni feriali, viene utilizzato solo per meno di un terzo del suo potenziale. Il lavoro può esser reso più produttivo con miglioramento del capitale umano mediante addestramenti e aggiornamenti professionali e con un comportamento più attivo ed efficiente degli addetti, stimolati da retribuzioni collegate alla produttività La riduzione della retribuzione per ora lavorata ordinaria, può essere compensata da aumento delle ore lavorate, senza compenso o con riduzione del compenso per lavoro straordinario, festivo, notturno ecc. e con contratti di lavoro a tempo parziale, o temporanei, con orari flessibili etc. Il limite sociale a ciò sta nelle regole generali sulla retribuzione minima e su quelle che impediscono lo sfruttamento. Ma ci sono anche le armonizzazioni fiscali, istituzionali, infrastrutturali, che condizionano la produttività del lavoro e quella del capitale, in particolare 33 1)quelle fiscali, 2) quelle del dritto civile e commerciale e bancario 3)i regolamenti ammnistrativi e burocratici 4) il sistema giudiziario, 5)le infrastrutture dei trasporti e delle comunicazioni 6) le strutture dell’istruzione, della libertà di informazione, della legge e ordine, della certezza delle leggi ecc. 4. Le unioni politiche e monetarie come club. The “club approach” it is used in the economic literature in different meanings3. Here I refer to James Buchanan seminal theory of club goods and of the Governments as clubs offering a single public good or a set of public goods to their members (Buchanan 1965 and 2001 a)4. Those who belong to a given public goods- Club may get the common benefits of the goods that the club offers, but must accept 3 Clubs (here referred to the countries, in other studies referred to the local entities of a given country) has assumed different meanings from the time of its employment by W. Baumol (Baumol 1986). Some ambiguity relates to the subjective component of the paradigm: i.e. notion of club. This notion tends to have two meanings: one proper and the other figurative. The proper concept of club refers to the club as an institution providing (public) services, endowed of an own regulation and of a procedure for the admittance of the members. The figurative concepts refers to the club as a statistical notion, of a cohort of subjects statistically similar, as for given characters. To be unambiguous, one, for this figurative meaning, may use the word “cluster”. 4 The theory of club goods has had a broad theoretical development and diverse application [ see Pauly (1970a) and (Pauly 1970b), Berglas (1976), Sandler & Tishart (1980),Breannan & Flowers (1980), Casella & Frey (1992), Cornes & Sandler (1996), Sandler & Tishart (1997 ),(S.Scotchmer 2002)] . 34 the price rules and the other rules of the Club required to enable its members to get the common usage without harming the other users. In addition, there may be a conflict among the users on how the public good should be shaped. A given shape may please some member of the club and harm other members. In between solutions might distribute the harms i.e. the external diseconomies among all members, in an attempt to minimize it5.Thus the appurtenance to a given public good Club implies direct costs as prices and taxes for the production and maintenance of that public good and indirect costs consisting in the external diseconomies undergone in the usage of it. In the case of a multiple – public goods clubs supplying goods with different benefit-costs relations, a would be participant, should weigh the benefits and costs of each of them to assess whether the net benefits from the public good whose gross benefits are higher than the costs of the goods whose costs exceed the gross benefits. Territorial Governments, at the central state, regional and local levels may appear as clubs of this type, as for and the individuals and firms who are obliged to choose one of them. On the other hand, the Union of sovereign states are more similar to non-obligatory schools. 5 Cfr. See Fedeli and Forte (2002), with Comment by Chakrawarty and Skott (2002) 35 The Union of States may be either clubs supplying only one good as Nato, that offers the public good of reciprocal external defense or the WTO that offers the public good of fair international trade The United Nations offers, in a weak way, public goods of political international order. A monetary union among sovereign states is i.e. a Currency Union it is, per se, a multiple public goods club providing two joint public good of the common currency, those deriving from the reduction of the transaction costs as for the internal transaction and those deriving from the external ones, i. .e. reciprocal external economies as for the monetary but may also imply external diseconomies due to the imperfection of the rules club and to imperfect application of them, by the Union political authorities and by the Central Bank 6. One of the main goals of a Currency union is to synchronize and manage each country's monetary policy. 6 The Currency Union differs from a mere Currency Area, which consists of two or more countries that share a common currency because one or more of them have decided to peg their exchange rates to the currency of another country , in order to keep the value of their currency at the level of that country. In the mere Currency Area, there might be a pact of cooperation ad for in the monetary policy between the country that issues principal currency and the country who have pegged their currencies to it. This is what takes places, in different ways, between the Vatican State or San Marino Republic and Italy and the Monaco’s state and France, and therefore with the EMU, as for the euro. The Vatican Sate, San Marino and Monaco are not “agent” and “principals” of the ECB, the Central Bank, regulating the euro as the central banks of a "monetary union". 36 The fact that a Monetary Union as a club supplies monetary common goods for the members of its currency area, as for their internal and external transactions, means that it has to supply the public good of regulation of the banks of the states, member of the Monetary Union, because most the money is circulated and created by banks. This regulation may be assigned to its Central Bank, as in the EU or to an autonomous ad hoc authority. The public good shared, i. e. the common currency provides to all the members of the club the benefits of the trade with the same currency in the internal market and in the external transactions with the markets of countries in other currency areas. 5. Unlike fiscal clubs monetary clubs must be declared as irreversible. Buchanan has theorized EMU as a monetary club 7. However his basic club model assumed that the members of a club are free to move to another club, while, this principle hardly can be applied to a monetary union under the conventional monetary system because the countries that opt out do not assure the solvency of the contracts 7 James Buchanan has hinted that EU and EMU may be viable monetary clubs [See Buchanan (1990 in 2001b), Buchanan (1995 in 2001 b), Buchanan (1966 in 2001 b) and Buchanan (1997 in 2001 b)]. 37 done in the currency of the club, as the rate of exchange of their currency may undergo a heavy devaluation. For a monetary union, whose basic common good is the common currency, obviously, the possibility of secession implies a deterioration of the supply of that good. The opting out clause tends to make the clubs members homogenous, because those who get more costs than befits from the club may leave it. Like the supply of defense or justice, the supply of the common good of a single currency gives different benefits and harms to the various members, in relation to the monetary and Governments budgetary rules fixed in the chart of the club and to the degrees and modalities of their practical application by the central bank. The preferences as for the level of the inflation rate may differ among the different countries, even if all of them share the view that the common currency, basically, should have a low and as far as possible stable change in the price level. The inflation rate, emerging in the monetary union, may not have the same effect in the various countries, if their nominal wages and the behavior of their budget parameters differ. Countries with higher nominal deficits and public debts ratios to GDP may prefer a higher price level than countries with low deficits and low -debt/GDP ratios. 38 The central bank interest rate may originate different interest rates in the different countries. In addition to the fact that the benefits and costs of any given shape taken by the supply of the good “common currency” as for the internal market, there are different benefits and costs, for the individuals and firms of the different countries of the club, as for the external transactions with individuals and firms the other currency areas. 5. The political frame of a monetary club is not that of a Federation or Confederation, but that of a club- higher level government The monetary club implies a political frame of a Union of states, conceived as clubs, with limited fiscal powers relating to specific tasks, with limited redistributive functions. The present model of the EU is mostly a regulatory Club; it has a budget of no more than 1% of the GDP of the Union of 27 sevens states whose expenditures consists mostly of an agricultural budget and of structural Funds of the less developed parts of the Union. The peculiarity of the EU as a Club Government it is that is a Club of Clubs is that consists of two clubs, without barriers among them. One is the a mostly regulatory Club , i.e. the EU and the other is the EMU that offers additionally a common money. 39 Individuals and entities member of EU club may move in and out of EMU with their capital, their labor, their enterprises their residence and vice versa. In the Simple Multiple Club model the Union of States as EU or EMU, unlike in that of a Confederation or Federation, the Government of the Club has a limited fiscal policy because its budget is very limited. As the redistribution policy is only a minor task of the club, the debts of the member Government are in their responsibility, the central government does not take care of them. The Central Banks of the member states cannot buy debts of the member states in exchange for their money supply, because their monetary policy is divorced from the fiscal policy of the member states. The nature of EU and EMU as Clubs in contrast to their evolution toward a Federation, implies an adaptation of its member states to the convergence to conditions in which they can survive with positive results because adapt to them. Similarly, those who are member of a club of “vegans” must converge to a condition of fitness, in which they do not need eggs, milk and cheese or any food with them, not to speak of meat and fish. In other words, they must adapt to these constraints. 40 On the other hand, the Government of the clubs must adapt their supplies to these constraints: must adopt all the vegetarian surrogates that can virtuously replace the forbidden food. TAVOLA 1 Maastricht rules of admission to EU have five parametric criteria, which are mostly constraints: 1The inflation rate of a given Member state must not exceed by more than 1.5 point that of the three best performing Member states in terms of price stability. 2. The annual government deficit must not exceed 3% of GDP [N-1]. 3. Government debt must not exceed 60% of GDP [N-1]. 4. Exchange rate: Applicant countries must not devaluate their currency. Member state must have participated in the exchange-rate mechanism under the European Monetary System (EMS) for two consecutive years before the examination, without severe tensions. 5. Long-term interest rates must not be more than 2% higher as those of the three best performing Member states in terms of price stability. In addition to them there are qualitative criteria I)geographical appurtenance to Europe II)institutions guaranteeing democracy, III)institutions guaranteeing the rule of law, IV) respect of the human rights V) respect for and protection of minorities; VI) functioning market economy VII)capability of coping with the competitive pressure of the market economy VIII) acceptance of the Community acquis:laws in line with the EU legislation IX) commitment to adherence to the aims of political, economic and monetary union 41 While for the mere participation to a non-monetary Club the cost of leaving may be limited, the exit of a state from a Monetary Union to which is unfitted may be enormous not only when the exist has been decided, but also and even more, when it may appear likely . This is so, because all the obligations in the common currency of the members of the state that may leave that Monetary Union appear at risk of devaluation. On the other hand, the states who appear “over fitted” for the Monetary Union may have a revaluation when the weak states may appear to be obliged either to fit or to leave. To sum up, the governments of the countries that do not converge to the virtuous path, that allows to exploit the positive factors of growth offered by the club, cannot opt out , because the short and long term costs of leaving the EMU would appear too great and because may be obliged to stay . If they do not conform to the rules of the club, stagnation shall, at best be, their destiny. On the other hand, the countries over fitted may decide to leave the club if it becomes inadequate to them. Therefore, the option of secession of Government here is asymmetrical. The situation as for the choice of the member ship to EMU is similar to that of the contract of Faust with the devil. The first step is voluntary, the furthers are obligatory 42 The situation may be different for the firms and to an extent for the citizens of the “not virtuous” countries of EMU , who diverge from the conditions necessary to benefit from the participation to it . Indeed the citizens may migrate to or put their main stable residence to other countries of the EMU or of SC or to outer countries that offer them better labor opportunities , may invest their capitals in the financial institutions of other places inside and outside the union where the conditions appear to them more favorable . The firms may externalize their production in other states of the club or elsewhere or /and opt out These choices may sometime appear as positive sum games both for the individual and firms that opt out of the not virtuous countries of origin and for these states. Thus, they foster the convergence. In many other cases may produce negative effects for the not virtuous state aggravating its situation of divergence. An example of the positive sum game may be the outsourcing practiced by the firms of the not virtuous countries to other places inside or outside the EMU and the EU , that allows these firms to grow and to increase their exports from the home country. An example of a zero or negative sum game may be that of the capital outflows from the EMU not virtuous countries. 43 II LEZIONE LA QUANTITÀ DI MONETA SUL LATO DELL’OFFERTA E DELLA DOMANDA E LA MISURA DELLA STABILITÀ MONETARIA IN REGIME DI FIAT MONEY 1.Il regime monetario attuale è “cartaceo”. Il valore della moneta è dato dal suo potere di acquisto e cambio con altre monete Nel regime attuale- denominato di “fiat money”, moneta in quantità discrezionale, la moneta non è un bene dotato di valore intrinseco come l’oro o l’argento, né è convertibile in beni dotati di valore intrinseco, a un dato tasso stabilito legalmente, come nel regime cosi detto di “gold standard” o di di gold exchange standard. Il sistema monetario, a livello mondiale, è attualmente caratterizzata dalla moneta -carta, detta anche “fiat money” cioè “moneta creata da sé”. Il valore delle monete, però, è garantito da riserve che le banche di emissione tengono, sia in altre monete, sia in metallo aureo. Fra le banche centrali la regolazione dei debiti e crediti avviene in valute liberamente accettate ed eventualmente in oro. Non essendovi, per il valore della moneta, un riferimento all’oro, il valore intrinseco della moneta è dato dalla stabilità del suo potere di acquisto e dal suo rapporto di cambio con le monete degli altri paesi. 44 Ecco così che emerge la nozione di “stabilità monetaria “come potere di acquisto interno e internazionale, apparentemente semplice ma intrinsecamente ambigua, dato che una moneta può avere un potere di acquisto stabile sul mercato interno, ma mutevole sul piano internazionale, dato che il suo rapporto con le altre monete può cambiare, sia per fattori endogeni, cioè interni alla propria area monetaria sia per fattori esogeni, cioè dovuti a paesi appartenenti ad altre aree monetarie. Da ciò consegue che ogni autorità monetaria di una grande area monetaria, che abbia come suo obbiettivo primario, la stabilità del valore della sua moneta deve compiere una scelta preliminare: - stabilità de valore della moneta definita in prevalenza come stabilità del potere di acquisto interno con un cambio che riflette la parità con il potere di acquisto delle aree monetarie con cui si hanno i maggiori rapporti e quindi modifica del proprio cambio per seguire il principio generale del potere di acquisto - stabilità del valore della propria moneta come stabilità del suo potere di acquisto interno anche a costo di rivalutarsi verso le aree monetarie con cui ha i maggiori rapporti e viceversa. Ciò è appunto la scelta che hanno di fronte le due principali aree monetarie di cui qui ci occupiamo, cioè quella dell’euro e quella del dollaro. La Federal Reserve, che governa l’area del dollaro, è generalmente indotta a perseguire gli obbiettivi interni, in cui vi è -in 45 base al suo mandato legale- quello della stabilità monetaria, insieme agli altri. La BCE , che-come si vedrà- ha legalmente come obbiettivo primario, la stabilità monetaria, intesa come un tasso di inflazione non superiore al 2% annuo, invece oscilla fra un obbiettivo interno di stabilità monetaria che comporta la rivalutazione dell’euro sul dollaro, a prescindere dalle parità di potere di acquisto , ossia il principio della “moneta forte” e l’obbiettivo della stabilità monetaria come parità di potere di acquisto internazionale , salvo quando ciò comporti una violazione eccessiva della banda di oscillazione del 2% che definisce la stabilità monetaria con riferimento al livello del potere di acquisto interno. Questi temi verranno approfonditi nei successivi capitoli. 2.La nozione idi stabilità monetaria come stabilità del potere di acquisto interno ed estero e l’equilibrio fra domanda e offerta di moneta. In questo capitolo ci occupiamo del principio primario, per la moneta, in una economia di mercato di concorrenza. che è quello della stabilità monetaria come valore della moneta definito dal suo potere di acquisto interno ed esterno. Ciò implica di fare riferimento all’equilibrio fra l’offerta e la domanda di moneta: come per qualsiasi altro bene o servizio, in economia di libero mercato per individuare il prezzo, cioè il suo valore, vale la legge della domanda e dell’offerta. Se l’offerta eguaglia la domanda il prezzo rimane stabile. Se l’offerta eccede la domanda il suo prezzo ossia il suo 46 valore di scambio diminuisce cioè si deprezza, si svaluta mentre se la domanda eccede l’offerta il suo prezzo ossia il suo valore di scambio aumenta, cioè si rivaluta. Dunque, quando c’è troppa offerta di moneta rispetto alla sua domanda essa si deprezza, il suo potere di acquisto diminuisce, sia rispetto alla domanda interna che a quella internazionale, c’è una tendenza inflazionistica, i prezzi dei beni, dei servizi, delle valute estere salgono; quando l’offerta di moneta è scarsa rispetto alla domanda il suo valore cioè il suo potere di acquisto aumenta in termini di beni e servizi, con la stessa quantità di moneta di prima, se ne ottengono di più, perché il loro prezzo è più basso. Come si capisce da questo ragionamento il valore della moneta ossia il suo potere di acquisto di beni e servizi e altre monete (tasso di cambio) è l’inverso dei loro prezzi; ad alto potere di acquisto della moneta corrispondono prezzi bassi, deflazione e cambio favorevole con le altre monete; a basso potere di acquisto della moneta corrispondono prezzi alti, cambio sfavorevole con le altre monete. Ed ecco, così, che dobbiamo fare riferimento alla formula della eguaglianza fra offerta di moneta e domanda di moneta, che non è per nulla semplice, sul lato dell’offerta e sul lato della domanda, nel mondo contemporaneo caratterizzato non solo da enormi volumi di scambi di beni e servizi sul mercato interno e internazionale, ma anche da una estesa finanziarizzazione con nuovi prodotti finanziari e nuove specie di 47 soggetti finanziari all’esterno del sistema bancario e al suo interno come attività parabancaria . Si dovrà, necessariamente, fare un passo per volta e quindi il lettore spesso dovrà ora prender atto della loro esistenza, mentre in successive lezioni, a ciò riservate, se ne farà la specifica conoscenza. Per intanto definiamo la formula dell’equilibrio fra domanda e offerta di moneta, che fa riferimento a quella tradizionale della cosi detta teoria “quantitativa” , ma incorpora elementi nuovi , riguardanti la nuova finanza. Essa è MXV=PQ in cui M , la moneta, viene moltiplicato per la V, la sua velocità di circolazione e costituisce l’offerta di moneta che circola nell’economia fronteggiando la domanda costituita da Q , i beni e servizi scambiati sul mercato e nelle operazioni non contrattuali (soprattutto con l’operatore pubblico) moltiplicati per i loro prezzo. V assolve a una funzione analoga a quella della velocità dei mezzi di trasporto su rotaia, su gomma, aerei e per mare, lago, fiume, canale, di persone e cose; i quali hanno una capacità di trasporto che si ottiene moltiplicando il numero di persone e di tonnellate per la velocità oraria, incluse le pause minime di manutenzione e pulizia, onde stabilire la capacità potenziale di trasporto. Quanto maggiore è la velocità, tanto 48 maggiore la capacità potenziale di trasporto di un dato tipo di mezzo di trasporto, su una data linea. 3. La moneta primaria ovvero base monetaria M1 La creazione di banconote, la moneta primaria ufficiale, nel nostro ordinamento compete alla Banca centrale, soggetto autonomo dal governo, e non più al governo come potere sovrano, che un tempo la delegava alla Banca Centrale solo entro certi limiti. Il signoraggio monetario per la moneta cartacea compete a un soggetto autonomo, per evitare che il potere politico se ne impadronisca stampando troppa carta moneta, in cambio di proprio debito pubblico, che dà alla Banca centrale. M1, è costituito dalla riserva precauzionale della Banca Centrale, in cui c’è oro e valute estere e dalle banconote che essa emette + i conti correnti bancari con pagamenti a vista. Questa quantità di moneta, come si nota, non è tutta creata dalla Banca Centrale, una parte è creata dal sistema bancario, mediante la concessione di muovi crediti, agli operatori del mercato, siano essi le famiglie, le imprese, i soggetti non profit e le pubbliche amministrazioni. Tuttavia la tesi, che ad esempio espone la Banca Centrale inglese, con eccessiva semplificazione, nelle sue note illustrative, secondo cui la moneta primaria dipende essenzialmente dalle decisioni della banca centrale sulla quantità di banconote stampate e delle banche e non 49 degli operatori sul lato della domanda riguarda solo la sua emissione originaria. Invece, se non osserviamo la creazione originaria dell’offerta di moneta primaria M!, ma il suo flusso annuo dobbiamo riconoscere che lo stock dei depositi bancari a vista che si forma , ogni dato annuo, per una notevole parte dipende non da chi crea la moneta, sul lato dell’offerta, la Banca Centrale e le banche, ma dagli operatori del mercato e dalle stesse pubbliche amministrazioni che fan parte del Governo ai suoi vari livelli, mediante le loro decisioni di detenere banconote o nei loro portafogli (od in cassette di sicurezza o , come si dice, sotto il materasso) o nei conti correnti bancari a vista. -I) mediante scelte riguardanti la nuova moneta primaria emessa nell’anno, circa la sua destinazione:1)a liquidità monetaria o 2)a risparmio in prodotti finanziari non monetari nazionali ed esteri, 3) a investimento diretto nazionale od estero II) mediante decisioni circa il flusso di moneta primaria, emessa in precedenza, che circola nell’economia , passando da un operatore del mercato all’altro , sotto forma di 1)acquisto e vendita di beni e servizi per la produzione, sul mercato interno ed estero 2) di pagamento di salari e stipendi, di affitti , royalties, interessi passivi e dividendi, profitti accantonati dalle imprese 3)compravendite di beni immobili e di beni di investimento mobili, compravendite di prodotti finanziari non monetari, sul mercato interno ed estero: 50 Tale flusso di moneta primaria può variare I)in aumento mediante decisioni riguardanti la trasformazione di stock di moneta secondaria e terziaria pre-esistenti in moneta primaria e la liquidazione di prodotti finanziari e di beni reali materiali e immateriali non monetari in moneta primaria; II) in diminuzione per operazioni in senso opposto. Nel primo caso, le banche (site nel territorio nazionale e site all’estero) e gli altri operatori economici (siti in territorio nazionale od estero) hanno più liquido, perché il volume dell’investimento finanziario si è sgonfiato. Nel secondo caso, le banche creano nuovo credito. Nel primo caso, le banche possono aumentare i propri depositi presso la banca centrale oppure tenerne di più nel proprio sistema interbancario. Nel secondo caso le banche possono ridurre la propria liquidità interna al sistema o diminuire i propri depositi presso la banca centrale. 4.Le variazioni di domanda di moneta primaria M1 e la preferenza per la liquidità La quantità di moneta liquida che i vari operatori economici privati e i governi detengono non è una quantità fissa e neppure una percentuale fissa della entità delle operazioni in cui essa viene utilizzata o del prodotto nazionale, che -imperfettamente- le rappresenta, in prima 51 approssimazione. Infatti si può, innanzitutto, supporre, che la moneta liquida sia, secondo la formulazione di Milton Friedman, un “bene superiore”, la cui domanda o meglio utilizzo, cresce al crescere del prodotto nazionale pro capite, il che implica che la percentuale di moneta liquida nell’economia tenda a crescere con l’aumento del PIL pro capite. D’altro canto, lo sviluppo degli scambi è più che proporzionale alla crescita del PIL, ma il progresso tecnologico, velocizzando le informazioni e riducendone il costo, riduce la necessità di moneta per ogni data operazione di mercato o di finanza pubblica. E quindi neppure si può assumere una percentuale fissa di crescita della domanda di moneta, per gli scambi, in rapporto al PIL. Ciò stabilito, come punto di partenza, si deve aggiungere che la domanda di moneta non discende solo dal suo fabbisogno per gli scambi ordinari, dipende anche dal fabbisogno per gli eventi straordinari, e quindi da preferenze per il rischio calcolabile e l’incertezza, che dipendono sia da fattori psicologici variabili, sia da eventi che aumentano riducano i rischi calcolabili e le incertezze. A loro volta, questi rischi ed incertezze riguardano sia fattori cosi-detti “esogeni” cioè dipendenti da eventi esterni politici ed economici e da eventi naturali che incidono sulle nostre opportunità di investimento e disinvestimento e/o sulle nostre aree di scelta (una guerra, un terremoto, una incertezza politica). 52 J. M. Keynes denomina tutte le variazioni di domanda di moneta liquida, M1 come “preferenza per la liquidità”, una espressione macro economica avvincente, ma -indeterminata perché ha differenti versioni, una in rapporto al PIL un’altra in rapporto al PIL pro capite, una terza in rapporto al reddito lordo per persona o famiglia e al fatturato o introito lordo o spesa lorda per impresa e Pubblica Amministrazione -ed un contenuto eterogeno, di cui, come si è appena visto, le componenti piscologiche soggettive che l’analista economico deve prender come un dato emotivo solo una parte modesta. La componente economica strutturale, si presta ad essere esaminata con due modelli fra loro complementari: quello delineato da Friedman della moneta liquida come bene superiore, la cui domanda aumenta con il reddito disponibile e quello del costo, in termini di liquidità, delle varie operazioni di scambio, che rientra nella categoria dei “costi delle transazioni” (il termine “transazioni” qui è quello economico, teorizzato da Ronald Coase, che include il costo delle informazioni per preparare e concludere gli scambi e il costo per le attività gestionali e legali per portarli a termine. La componente di natura economica congiunturale, non riconducile ad aspetti psicologici emotivi, ma a fattori istituzionali e a variabili non facilmente controllabili, può esser molto importante: quando c’è molta 53 disoccupazione, ad esempio, la preferenza per la liquidità delle famiglie aumenta, nella misura in cui aumenta l’incertezza. Per le imprese e per gli operatori finanziari la necessità di tenere contante dipende dalla struttura organizzativa dell’amministrazione più o meno accentrata dei pagamenti e dal confronto fra le complicazioni del sistema accentrato e la maggior liquidità richiesta dal sistema decentrato. Sulla scelta sulla entità di liquidità da tenere, da parte dei vari operatori economici, incidono molto il tasso di interesse praticato dalla Banca centrale e il tasso di interesse sul mercato interbancario per quanto riguarda le scelte delle banche; il tasso di interesse praticato sui depositi e quello praticato ai richiedenti di prestiti delle banche per quanto riguarda le decisioni dei vari operatori economici il tasso di interesse sul debito a breve e quelli sul debito a medio e a lungo termine per quanto riguarda le scelte delle PA il tasso di inflazione: quando esso è inferiore al livello definito come stabilità monetaria, il tasso di interesse monetario è quasi interamente un tasso reale, mentre la componente reale diminuisce quando si arriva al livello di guardia; quando lo si supera alla componente effettiva di variazione del potere di acquisto si aggiunge una componente di rischio ulteriore, più o meno grande. Quando c’è 54 una aspirale inflazionistica le banche danno alti tassi sui depositi a vista per evitare che si comprimano e la moneta circola più velocemente. In conclusione la quantità di moneta M1 che il sistema monetabancario mette a disposizione, mediante lo stock preesistente che circola nell’economia e la aggiunta annuale ad esso di nuovo M1 , ai fini della misurazione della offerta quotidiana, settimanale , mensile , annuale di moneta che fronteggia la domanda quotidiana, settimanale, mensile, annuale di moneta liquida va moltiplicato per un coefficiente che denominiamo V1 ossia velocità di circolazione di M1 che aumenta in relazione inversa alla quantità di M1 che viene trattenuta dagli operatori economici per le loro transazioni correnti e per quelle di risparmio e investimento positivo o negativo. 5. La quantità di moneta secondaria e terziaria. M2 (M1+Ms) e M3(M1+Ms+Mt) L’aggregato intermedio M2 -nella regolamentazione della BCEcomprende insieme a M1, anche la moneta secondaria Ms composta depositi con durata prestabilita non superiore a due anni depositi rimborsabili con preavviso non superiore a tre mesi. L’aggregato complessivo M3 comprende oltre a M2 anche la moneta terziaria Mt composta da: 1) operazioni pronti contro termine, 2) quote e partecipazioni in fondi comuni monetari 55 3) titoli di debito pubblico e privato (obbligazioni e cambiali) con scadenza non superiore a due anni. La BCE adotta, per la sua politica monetaria, un valore di riferimento ufficiate riguardante per la crescita (positiva o negativa) di M3 , che è l’aggregato monetario ufficiale dell’euro. Ovviamente, anche nel caso di M2 e di M3, è importante individuare la rispettiva velocità di circolazione, V2 e V3 nell’economia, che consiste nella media ponderata delle velocità dell’aggregato (M1+Ms+Mt) onde stabilire la effettiva offerta di moneta che- nel circuito economico reale e finanziario- fronteggia la domanda. Anche in questo caso, emerge una relazione inversa fra la “preferenza per la liquidità”, lo scatolone post keynesiano che contiene le diverse variabili che inducono a detenere Ms e Mt Esse sono molto simili a quelle che inducono a tenere M1, anche perché -come già abbiamo notato- MS e Mt possono essere facilmente mutati in M1 e viceversa. Sulla scelta sulla entità di MS e Mt da tenere, da parte dei vari operatori economici, incidono molto a)le complicazioni burocratiche e le incertezze sul futuro, riguardante i regimi fiscali, la crescita del PIL, il commercio internazionale etc. che possono indurre a posticipare gli investimenti, tenendo nel frattempo i risparmi da investire in MS e Mt sotto forma di depositi bancari con durata limitata o rimborsabili con breve 56 preavviso titoli a breve termine del debito pubblico e di operatori di mercato b)il tasso di interesse ottenibile sui depositi Ms e Mt e quello a cui si deve sottostare per prestiti da parte delle banche onde graduare il rapporto fra crediti di liquidità e debiti per investimenti c) il tasso di interesse sul debito pubblico a breve e quello sulle obbligazioni quotate in borsa per le scelte fra le varie opzioni di liquidità oltreché per le ragioni di cui a b) e) il tasso di inflazione, per le ragioni viste per M16. f)la piramide del mercato monetario e della liquidità finanziaria A questo punto, per altro, interviene una -sovente non previstacomplicazione derivante dal fatto che nell’economia di mercato contemporanea il mercato finanziario che domanda e offre moneta non consiste solo in quello bancario e nelle borse, ma in un enorme mercato parabancario, in cui campeggiano due nuove specie di quasi moneta ossia i prodotti finanziari cartolarizzati (“securitized”) e quelli derivati e la loro ibridazione consistente nella securitizzazione dei derivati. 57 FIGURA 1 LA PIRAMIDE DELLA LIQUIDITA’ DI DAVIDE ROCHE 58 La liquidità mondiale, secondo David Roche, poco prima della grande crisi del 2007-2009 ,(come si vede nella piramide rovesciata della Figura 1), era composta: -per lo 1% da M1, -per il 6 % da prestiti bancari cioè M2 + la parte bancarie di M3 -per il 12% da debito cartolarizzato ABS (Asset baked securities) ossia trasformato in titoli dotati di una grazia e quindi , posto che questa funzioni, dotato di un valore facciale certo, non però necessariamente convertibile in moneta liquida nel breve termine. La securization ovvero cartoralizzazione che dà a questi titoli la garanzia di solvibilità consiste nel cosidetto “pooling” cioè nel raggruppamento di titoli con diversa rischiosità di insolvenza, consistenti in un grande numero di prestiti a differenti debitori, dello stesso tipo (ad esempio mutui immobiliari a trenta anni , assistiti dalla possibilità per il creditore di rivalersi sull’immobile, prestiti ad acquirenti di auto con garanzia sull’auto, crediti bancari in sofferenza “senior” , debiti su carte di credito). Il rischio di insolvenza così è distribuito su un ampio numero di casi e l’investitore che acquista una quota del pool ossia del gruppone, ha un rischio medio e un rendimento medio, riferito a una percentuale di quello globale del gruppone 59 - per lo 80% da derivati ossia prodotti finanziari il cui valore è collegato a un’attività sottostante: come contratti future, opzioni, swap, contratti a termine su prezzi dei titoli in borse valori e borse merci, su tassi di interesse, su tassi di cambio, su indici di mercati finanziari e da pacchetti di derivati. Pertanto dalle riserve delle banche presso la banca centrale e dalle banconote emesse dalla banca centrale alla moneta bancaria il moltiplicatore è 6 volte; diventa di 18 volte mediante l’aggiunta dei prodotti finanziari cartolarizzati mentre poi ci sono i derivati monetari, per i quali il moltiplicare apparente, che si riferisce ai contratti sottostanti, è ancora più alto, ma quello reale relativo ai derivati come stock è molto minore, come fra poco vedremo, perché raramente supera il 5% del valore dei contratti di riferimento. In rapporto al Pil mondiale pari – allora- a circa 60 mila miliardi di dollari, cioè 60 trilioni di dollari, i prestiti bancari erano lo 80%, ma se si aggiungeva il debito cartolarizzato composto solo in parte di debito obbligazionario a breve, facente parte di M3, si arrivava al 220 %, mentre per i contratti dei derivati monetari, che ufficialmente non sono moneta, ma derivati monetari che ne espandono la quantità in modo fluttuante e che possiamo chiamare moneta derivata Md, il moltiplicatore apparente era quasi dieci volte il Pil mondiale! 60 In realtà, il valore di mercato dei derivati era molto più piccolo, in quanto essi riguardano margini di variazione dei contratti nel tempo. Per la specie più importante, cioè i derivati riguardanti i tassi di interesse, per esempio nel periodo 2006-2007 essi (come si vede dalla Tavola 1) avevano un valore fra il 2 e il 5% dei contratti a cui essi si riferiscono. Nel complesso il loro valore, nei periodi di maggior tensione, è attorno all’8% dei contratti a cui si riferiscono. I derivati monetari non sono moneta, ma ne ampliano, in modo variabile, la velocità e generano un rischio di insolvenza di natura monetaria, che contraddice la nozione stessa di liquidità 7. La difficoltà di misurare l’offerta e la domanda di moneta nel loro intreccio al fine di arrivare alla stabilità monetaria, induce a guardare i prezzi che assicurano il loro equilibrio, così come il medico misura la febbre per stabilire se non ci sono, al presente, malattie La stabilità monetaria, sulla base della formula della teoria quantitativa della moneta, dipende dall’equilibrio fra l’offerta, che riguarda il valore di questa, espresso da M3 moltiplicato per la sua velocità di circolazione V3, ossia M3X V3e la domanda data da volume degli scambi Q moltiplicato per i suoi prezzi P, ossia QXP. bis M3X V3= QXP od anche 61 (1 ter) M3=QP/ V3 Se c’ è abbastanza moneta e la domanda Q eccede l’offerta, aumenta P , mentre se la domanda Q è fiacca ed inferiore all’offerta disponibile, P tende a scendere. Anche se non c’è abbastanza M3 i prezzi scendono, ma ciò può generare insolvenza nei debitori, distruggendo offerta, con una spirale negativa di crisi. Ma si osservi che se P aumenta perché non c’è abbastanza offerta per la domanda, e la Banca centrale lascia che la quantità di moneta aumenti, la domanda di beni aumenterà sul mercato finanziario, mediante acquisti a debito e sul mercato finanziario con un aumento del valore nominale dei titoli obbligazionari e dei loro interessi., a compenso del tasso di inflazione, con una spirale pericolosa. V tenderà ad aumentare perché si ridurrà al minimo la tenuta di M, per evitare il danno del suo deprezzamento. L’autorità monetaria sarà indotta a intervenire per ristabilire l’equilibrio riducendo l’offerta di moneta, mediante varie misure, fra le quali l’aumento del tasso di interesse, che riduce la domanda di credito. Ma quanta moneta deve render disponibile la Banca Centrale per evitare l’inflazione e la deflazione. Il calcolo dell’offerta corretta è reso arduo dal fatto che V è variabile. V è influenzata variamente anche da Md , la moneta derivata formale e dalla moneta privata informale , come i Bit Coin creati in rete ed è di difficile misurazione perché M1, M2 ed M3 hanno una differente velocità V1, v2, V3 e si 62 possono convertire fra loro e in strumenti finanziari non monetari e viceversa , mentre la massa dei crediti cartolarizzati, su cui ci siamo soffermati nel § 6, , è un ibrido para monetario che complica il quadro. Sicché non appare applicabile la formula di Friedman per cui la stabilità monetaria si può garantire mettendo ogni anno una data quantità di moneta, con un tasso di incremento dato, che dovrebbe misurare la crescita media del suoi fabbisogno, determinato dal tasso di crescita dell’economia e da quello della crescita della domanda di moneta come bene superiore , al crescere dei redditi e dei profitti. La soluzione, allora, potrebbe essere trovata facendo riferimento alla teoria dei quantitativisti della scuola austriaca o ai neoclassici che, rifacencdosi al modello tradizionale, misurano la domanda di moneta mediante l’assieme delle operazioni di scambio dell’economia di mercato moltiplicando il volume delle operazioni ossia le quantità Q dei beni e servizi materiali e immateriali scambiati per i loro prezzi P che -semplificando al massimo- includono oltre ai beni ceduti nello stadio finale del consumo che possiamo denominare Q1, anche le materie prime e i prodotti intermedi che possiamo denominare Q2 e le importazioni Q3, e le esportazioni Q4 anche le compravendite di diritti di proprietà , che possiamo denominare Q5 i quali hanno i rispettivi prezzi P1, P2,P3 , P4, P5 (2)M3V3= P1Q1+P2Q2+P3Q3 +P4Q4+P5Q5 63 Ovviamente P1 si compone di ,P1’ P1” ….P1m prezzi riguardanti i diversi tipi di beni e servizi Q1’,Q1”…Q1mossia (3) P1 Q1 = ,P1’ Q1’+ P1” ,Q1”+….QmP1m ed altrettanto vale per P2Q2 e per P3Q3 Il calcolo di tutte queste variabili non è agevole, ma è fattibile. Ed è possibile tradurlo solo in parte in un comprensibile indice dei prezzi che è la somma di tutti quelli che entrano nella formazione del prodotto nazionale, ponderata con l’apporto di ciascuna componente ad essa. A questi indice che riguarda le prime quattro componenti della parte destra della (2) si deve aggiungere l’indice dei prezzi dei diritti di proprietà scambiati, che non si può sommare con l’altro, in alcun modo ragionevole. Ma sin qui ci si trova con complicazioni risolvibili. Tuttavia, nell’economia dei mercati globali attuali , accanto alla componente di economia reale, della domanda di moneta, vi è una gigantesca componente di domanda che riguarda il mercato finanziario. La piramide di Roche mostra-ma solo parzialmente (infatti non include lo stock di debito pubblico, lo stock dei fondi di investimento e altro ancora) - che questa componente riguarda un multiplo del PIL. E si tratta di valori che tendono a fluttuare nel tempo. Occorre quindi considerare la formula (2) come un modello teorico di riferimento che non si può tradurre in pratica mediante una unica 64 formula e non si presta a una osservazione di brevissimo periodo, come guida per la politica monetaria concreta, che ha bisogno di informazioni aggiornate, per agire nei tempi richiesti, in modo appropriato. Non potendo misurare né l’offerta, né la domanda di moneta, con efficienza ed efficacia soddisfacenti, si deve così adottare un modello che riguarda il loro equilibrio o squilibrio, tramite la deviazione dal livello di prezzi che appare quello di equilibrio fra domanda ed offerta. Ma quali indici dei prezzi si debbano considerare per avere una veduta di assieme? 8. Il riferimento ai soli prezzi al consumo, ai fini della misura della stabilità monetaria, ha favorito la grande crisi del 2008. Insegnamento che se ne trae: il modello duale. Nel corso del periodo successivo alla crisi del 1992 il tasso annuale di crescita della massa monetaria M3, costituita dalla moneta cartacea, da quella inclusiva dei conti correnti bancari a vista e dei deposti a breve e dei titoli pubblici a breve e da quella inclusiva dei derivati monetari creati dal sistema finanziario e trattati come mezzo di pagamento è stato di circa il 10%, una cifra che implica un raddoppio della quantità di moneta che circola nel mondo all’incirca ogni sei o 65 sette anni. Questa politica è stata accompagnata o meglio favorita da tassi d’interesse bassi, o addirittura negativi. E ciò ha provocato la creazione di una bolla speculativa che si è manifestata in un sensibile aumento dei prezzi dei beni durevoli, delle attività finanziarie, dei beni fondiari e delle azioni che rappresentano diritti di proprietà su queste attività. L’indice delle azioni su base di 100 nel 1995,era giunto a 240 in cinque anni nel 2000 poi un crollo a 120 nel 2003 e una risalita a quasi 280 alla metà del 2007. Ovviamente questo aumento ciò non poteva rappresentare incrementi di valori reali, derivava da un eccesso di creazione di moneta , in parte per l’azione della Banca centrale e in parte per quella del mercato finanziario. Ma di questa anomalia non ci è si è accorti perché per misurare l’inflazione le autorità monetarie hanno fatto riferimento all’indice dei prezzi dei beni di consumo, senza considerare quello delle attività finanziarie, delle materie prime, dei beni capitali o dei beni fondiari i cui prezzi aumentano molto più di quelli dei beni di consumo. Ma -come osserva Pascal Salin- nel corso degli anni ’90 e all’inizio del XXI secolo, ci sono stati notevoli guadagni di produttività nella produzione di questi beni e i prezzi dei beni di consumo sono stati calmierati anche dalla entrata in campo delle produzioni a basso costo dei paesi emergenti. Non si aveva la sensazione che la politica monetaria fosse troppa espansiva perché i prezzi aumentavano del 2 o del 3% all’anno. Ma c’era un 66 tasso di aumento medio della produttività nel settore dei beni di consumo dal 3 al 5% all’anno, mentre nelle situazioni di forte crescita monetaria è normale che gli eccessi di creazione monetaria si riversino in particolare sui mercati dei beni patrimoniali reali e monetari. Ciò non poteva durare. Infine sono aumentati enormemente i prezzi delle materia prime e la loro grande inflazione ha contagiato i beni di consumo, si è dovuta restringere l’offerta di moneta e si è avuta l’esplosione della “bolla finanziaria”, quindi la crisi. 9.Concludendo Nella teoria monetaria di Friedman, classificata come “monetarista” , non si dovrebbe guardare al livello dei prezzi al consumo per stabilire se c’è o no pericolo di inflazione, ma anche a tutte le altre componenti della domanda di moneta, che influiscono sull’equilibrio con la quantità di moneta emessa. Purtroppo-però- chi segue tale teoria, spesso adotta una definizione troppo ristretta di tasso di inflazione facendo riferimento ai prezzi al consumo , perché la loro stabilità garantisce il consumatore sia come tale sia come risparmiatore, in quanto rinuncia a un potere di acquisto presente per averne uno in futuro possibilmente maggiore ma almeno equivalente. 67 Ma anche nel caso del consumatore è sbagliato fermarsi a quelli dei beni di consumo, bisogna includervi quelli dei valori patrimoniali, di natura reale (immobili) e finanziaria. Se i prezzi salgono, il consumatore vorrà un tasso di interesse più alto sulle obbligazioni e aumenterà la domanda di immobili, a parità di prezzo, contando sul fatto che il loro uso, in termini di prezzo monetario, varrà di più. Scartato l’indice dei prezzi al consumo che riguarda solo una parte della domanda e offerta di moneta, nel gioco fra richiesta di beni e servizi da parte dei consumatori e offerta da parte dei loro venditori, ci si dovrebbe rivolgere All’indice dei prezzi impliciti nella formazione del reddito nazionale lordo RNL che riguarda la intera offerta e domanda di beni e servizi dell’economia reale nazionale nell’anno dato ossia la somma di Importazioni +Consumi+ Investimenti lordi moltiplicati per i rispettivi Prezzi e divisi per la quota N1, N2, N3 di ciascuno dei tre addendi sul Valore totale di RLN dato dalla loro somma ossia (4) PRNL QRNL= PIMPQIMP/N1+PCQC/N2+ PILQIL/N3 e quindi la quantità di moneta che li mantiene in equilibrio, con prezzi che non segnalano né un eccesso di domanda sull’offerta, né una carenza di domanda rispetto all’offerta disponibile. Ma questo è solo una parte del quadro dell’equilibrio o squilibrio monetario, anche 68 nell’economia reale, perché non si considererebbe l’offerta e domanda di moneta, che riguarda i diritti di proprietà. Ed a questo punto si scoprirebbe che non c’è solo la struttura dell’economia reale, nell’offerta e domanda di moneta, per gli scambi di flussi e di stock, c’è anche la sua sovra struttura finanziaria sempre più articolata e intrecciata con l’economia reale. E’ giocoforza adottare un modello “duale”, con indicatori di equilibrio o squilibrio nei due mercati, reale e finanziario, tenendo per altro di continuo presente, che essi si intrecciano. III LEZIONE I MANDATI, GLI STRUMENTI E LE POLITICHE DELLE BANCHE CENTRALI. FEDERAL RESERVE USA E BCE EUROPEA. Sezione I. La Federal Reserve degli Usa 1. Le Federal Reserve degli USA come banca centrale di un sistema federale con potere presidenziale Il modello di banca centrale degli USA , che riguarda la Federal Reserve Bank (abbreviata come FED) è quello misto di una banca centrale di un sistema federale, in cui essa è espressione delle banche centrali degli stati membri e di un governo centrale formato e diretto da un presidente eletto dalla popolazione, il cui potere esecutivo e la cui iniziativa legislativa sono limitati da un sistema bicamerale con 69 camera e senato eletti con regole differenti. L’organo esecutivo della FED è il Board of Governors, composto da 7 membri, che sono nominati dal presidente degli USA , con conferma del senato. TAVOLA 1 . Il BOARD OF GOVERNORS DELLA FED The Board of Governors—located in Washington, D.C.—is the governing body of the Federal Reserve System. It is run by seven members, or “governors,” who are nominated by the President of the United States and confirmed in their positions by the U.S. Senate. The Board of Governors guides the operation of the Federal Reserve System to promote the goals and fulfil the responsibilities given to the Federal Reserve by the Federal Reserve Act. All of the members of the Board serve on the FOMC (Federal Open Market Committee), which is the body within the Federal Reserve that sets monetary policy ( Cfr. TAVOLA 2 “The Federal Open Market Committee). Each member of the Board of Governors is appointed for a 14-year the terms are staggered so that one term expires on January 31 of each even-numbered year. After serving a full 14-year term, a Board member may not be reappointed. If a Board member leaves the Board before his or her term expires, however, the person nominated and confirmed to serve the remainder of the term may later be appointed to a full 14-year term . 70 The Chairman and Vice Chairman of the Board are also appointed by the President and confirmed by the Senate, but serve only four-year terms. They may be reappointed to additional four-year terms. The nominees to these posts must already be members of the Board or must be simultaneously appointed to the Board. The Board oversees the operations of the 12 Reserve Banks and shares with them the responsibility for supervising and regulating certain financial institutions and activities. This authority includes oversight of the Reserve Banks’ services to depository institutions, and to the U.S. Treasury, and of the Reserve Banks’ examination and supervision of various financial institutions. As part of this oversight, the Board reviews and approves the budgets of each of the Reserve Banks. The Board also helps to ensure that the voices and concerns of consumers and communities are heard at the central bank by conducting consumer-focused supervision, research, and policy analysis, and, more generally, by promoting a fair and transparent consumer financial services market. Occorre notare che il potere del singolo presidente degli USA di nomina dei membri del Board della FED non si estende mai a tutti e sette membri, in quanto egli dura in carica solo tre anni e non può esser rieletto più di una volta , mentre i membri del Board of 71 Gvernors della FED sono 7 e sono nominati, ciascuno il 1 gennaio di un diverso anno. Le direttive della politica monetaria, come si è visto nella Tavola 1, non sono decise dal Board of Governors ma dal FOMC ( Federal Open Market Committee) TAVOLA 2 . IL FEDERAL OPEN MARKET COMMITTEE The FOMC is the body of the Federal Reserve System that sets national monetary policy. The FOMC makes all decisions regarding the conduct of open market operations, which affect the federal funds rate (the rate at which depository institutions lend to each other), the size and composition of the Federal Reserve’s asset holdings, and communications with the public about the likely future course of monetary policy. Congress enacted legislation that created the FOMC as part of the Federal Reserve System in 1933 and 1935. FOMC MEMBERSHIP The FOMC consists of 12 voting members—the 7 members of the Board of Governors; the president of the Federal Reserve Bank of New York; and 4 of the remaining 11 Reserve Bank presidents, who serve one-year terms on a rotating basis. By law, the FOMC determines its own internal organization and, by tradition, the FOMC elects the Chair of the Board of Governors as its 72 chair and the president of the Federal Reserve Bank of New York as its vice chair. FOMC meetings are typically held eight times each year in FOMC RESPONSIBILITIES The FOMC is charged with overseeing “open market operations,” the principal tool by which the Federal Reserve executes U.S. monetary policy. These operations affect the federal funds rate, which in turn influence overall monetary and credit conditions, aggregate demand, and the entire economy. The FOMC also directs operations undertaken by the Federal Reserve in foreign exchange markets and, in recent years, has authorized currency swap programs with foreign central banks and at other times as needed. Come si nota 5 dei 12 membri del FOMC sono nominati dalle Banche centrali degli stati membri e poiché solo 6 al massimo dei membri del Board of Governors possono essere eletti da uno stesso Presidente degli USA, la FED non è mai espressione del governo federale in carica; ed anche se è influenzata dal suo indirizzo di politica economica. agisce in modo autonomo. 2.La stabilità monetaria e gli altri tre obbiettivi della Banca Centrale nel modello della Federal Reserve degli USA. La Federal Reserve USA , per altro, in virtù delle leggi emanate nel 1977-78 dal presidente Carter (democratico) ha un compito monetario molto più ampio che quello di assicurare la stabilità 73 monetaria., che viene definita come una fluttuazione del tasso di inflazione nella fascia del 2% riferita ai prezzi al consumo , in base all’indice strutturale, che è depurato dai prezzi del petrolio e del gas naturale e da quelli agricoli. Il tasso di inflazione bei prezzi al consumo non superiore al 2% e non inferiore allo 1%, come si vedrà nella Sezione II, è anche quello perseguito dalla Banca Centrale Europea. Esso quello suggerito delle autorità monetarie internazionali, ossia il Fondo Monetario Internazionale e la Banca dei Regolamenti Internazionali (vedi V Lezione). Ovviamente , però, la definizione dei prezzi al consumo può differire nei vari paesi, sia per la scelta del paniere, che per i pesi dei beni e servizi che lo compongono. Ci sono notevoli differenze fra l’indice usato dalla FED per gli USA e quello usato dalla BCE, per l’Unione Europea. TAVOLA 3 LA MISSIONE DELLA FEDERAL RESERVE DEGLI USA “Il Board dei Governatori del Sistema della Federal Reserve e del Comitato Federale del Mercato Aperto dovrà mantenere la crescita di lungo periodo degli aggregati della moneta e del credito in una misurata proporzionale alla crescita potenziale di lungo periodo commensurate dell’economia, per accrescere la produzione così da promuovere effettivamente l’obbiettivo di massima occupazione, 74 prezzi stabili e moderato tasso di interesse di lungo termine.”. Dunque non solo l’obbiettivo di stabilità monetaria che si riferisce solo a quelli al consumo e neanche in modo completo, mentre i prezzi al consumo, come abbiamo sono solo una componente del potere di acquisto della moneta ossia della sua stabilità monetari, ma anche la crescita di lungo termine del PIL, la moderazione dei tassi di interesse e la massima occupazione. Si può osservare che da una banca centrale che ha come obbiettivo la massima occupazione e la crescita assieme alla stabilità monetaria non ci si può aspettare che persegua soprattutto la stabilità monetaria nella sua accezione piena. Sebbene la crescita del PIL, in una economia di mercato aperta di concorrenza, nel lungo termine sia coerente ed interdipendente con la stabilità della moneta e con la massima occupazione, se il mercato del lavoro è flessibile, nel breve termine ciò spesso non accade. Nel dosaggio dei tre obbiettivi, la politica monetaria della Fed può porre discrezionalmente più attenzione all’uno che all’altro, ponendosovente- la stabilità monetaria in seconda o anche in terza linea rispetto agli altri due. L’obbiettivo di un tasso di interesse moderato accentua la discrezionalità della Fed e pone l’obbiettivo di stabilità monetaria in una posizione meno rilevante. Il tasso di interesse moderato è una nozione che prescinde dalla legge di domanda e offerta che dovrebbe regolare anche il risparmio 75 in rapporto all’investimento. Quando l’offerta di risparmio da parte del mercato è bassa rispetto alla sua domanda per investimenti, se non vi è una supplenza di risparmio fornito dall’operatore pubblico all’economia di mercato, ci sono solo due alternative: un deficit di bilancia dei pagamenti che consente di avere un flusso di risparmio dall’estero e una tendenza all’inflazione, che genera risparmio forzato a carico dei residenti. Gli USA, per altro, sono in una posizione peculiare, perché il dollaro è moneta di riserva mondiale. Per conseguenza (come si è spiegato nella Lezione I), la domanda di dollari per il mercato globale si aggiunge a quella per il mercato degli USA, consentendo ad essi di avere un deficit permanente nel conto capitali della bilancia dei pagamenti, pagato in dollari, usati come moneta di riserva internazionale con un sostanziale equilibrio della bilancia dei pagamenti globale, senza una deriva inflazionistica fuori controllo. Va aggiunto che chi gestisce una moneta di riserva non può spingere l’espansione monetaria molti in là e molto a lungo perché entro breve termine importa l’inflazione che ha esportato in quanto influenza l’inflazione mondiale e la piramide rovesciata monetaria-finanziaria mondiale e quindi genera una situazione negativa estremamente pericolosa per la propria stabilità monetaria interna che mondiale. Poiché la FED ha come obbiettivo anche la moderazione dei tassi di 76 interesse non ci si può stupire che essa abbia adottato, nel complesso, negli ultimi due decenni politiche con potenziale inflazionistico e che abbia modificato di continuo la propria politica dei tassi. Il dover conciliare fra loro un mix di quattro obbiettivi fra loro spesso in contrasto autorizza la banca centrale a politiche discrezionali, continuamente variabili. Più semplice sarebbe il caso se essa avesse come obbiettivo la crescita di lungo termine del PIL nel quadro della stabilità monetaria estesa a quella finanziaria riguardante i prezzi dei beni capotali reali e monetaria le cui compravendite fanno parte di QP come QFPF. in cui il pedice F indica i prodotti finanziari. 3. La misura della stabilità monetaria. La stabilità finanziaria. La grande crisi finanziaria che ha colpito il mondo negli anni 20082009 ha avuto il suo epicentro negli USA tramite la politica di concessione dei mutui immobiliari a soggetti non in grado di pagare che ha dato vita a una gigantesca bolla speculativa finanziaria nel settore del credito per la casa e nel settore degli immobili. Questa bolla finanziata, poi scoppiata, (vedi Lezione IV) è dipesa da politiche del governo federale e dei singoli stati, a vantaggio dei meno favoriti, degli immigrati e della non discriminazione. Le banche erano incentivate a concedere questi mutui con generosità, ottenendo un 77 “bollino “di encomio da parte del governo statale, mentre lucravano tassi di interesse differenziali, connessi al basso merito di credito della clientela e potevano impacchettare tali mutui immobiliari in ABS (cfr. Lezione VI) .I mutui avevano ipoteca sul valore degli immobili, ma potevano essere concessi sul 100% di tale valore. I finanziamenti facili gonfiavano le domande di immobili a mutuo e ne facevamo salire il valore. Le banche degli USA creavano moneta praticando una politica di “deficit lending“ simile a quella keynesiana del deficit spending , basata sulla filosofia economica keynesiana ,per cui è la domanda che genera l’offerta e quindi genera , ex post, il risparmio, che non esiste ex ante. Se la Federal Reserve avesse inserito il prezzo degli immobili e dei prodotti finanziari cioè F2nella sua vigilanza sulla stabilità monetaria come stabilità finanziaria si sarebbe accorta per tempo che l’inflazione stava divampando in un’area contigua a quella dei prezzi al consumo, che stavano per esserne contaminati e avrebbe agito con il rialzo del tasso di interesse prima che la bolla finanziaria assumesse le proporzioni che ebbe, quando essa si decise ad intervenire, onde bloccare l’inflazione nei consumi. 78 4. La irreversibilità della autonomia della FED. Il LLOR e il debito pubblico Secondo una tesi che circola in alcuni ambienti poiché le regole della FED sugli obbiettivi della politica monetaria e sulla stabilità monetaria non fanno parte della costituzione il presidente degli USA le potrebbe cambiare, modificando per legge c he definisce i compiti della FED. Ma il presidente degli USA non ha questo potere, in quanto ha bisogno del doppio consenso della Camera e del Senato, che hanno una diversa composizione, essendo eletti con diverse regole sicché tale consenso equivale a una maggioranza qualificata, molto difficile da raggiungere per norme di questa portata, anche per le ripercussioni che ciò può avere sul dollaro come moneta di riserva. La sola vera possibilità del governo Federale di influire sulla politica monetaria sta nella sfera di discrezionalità che, con le norme esistenti, hanno il Board of Governors della FED e il FOMC, fermo restando che essi hanno un potere autonomo da quello del governo. Non c’è, nelle regole che riguardano la Federal Reserve alcun principio che si riferisca all’acquisto di debito pubblico del governo federale o di governi degli stati membri o degli enti locali. Non vi è né un divieto né un obbligo per la Federal Reserve di acquistare il debito pubblico del governo federale sul mercato aperto o, direttamente, dal Tesoro quando esso è emesso. 79 Ciò dipende dal fatto che la Costituzione degli Stati Uniti stabilisce che il potere di emettere moneta è del governo federale. Questa regola riguardava la moneta merce basata sull’oro (Cfr Lezione I). Poiché il potere monetario primario-negli USA- è dello stato federale, la FED deve concedere al governo federale prestiti in misura illimitata, quando questi lo chieda e la legge glielo consenta. A sua volta, la FED. non ha alcun divieto di comprare titoli del debito pubblico, in misura illimitata, può dunque operare come Lender of Last Resort,(LLOR) prestatore di ultima istanza, a favore del governo oltreché del sistema bancario con il solo limite costituito dalla credibilità della moneta che essa mette in circolazione . Tuttavia la legge americana pone un limite al potere monetario di emettere moneta per finanziare il proprio bilancio, in quanto esiste una norma federale che impedisce che il governo degli USA superi un dato tetto nella emissione del debito pubblico. Esso nel luglio del 2011 stava per superare il tetto stabilito a 14.294 miliardi di dollari. Se non fosse stato trovato un accordo il Governo federale non sarebbe stato in grafo di pagare gli stipendi ai pubblici dipendenti, salvo drammatici aumenti di imposte e tagli di spese, che potevano creare una deflazione e rischi per la difesa e la sicurezza, in relazione al contenimento delle spese militari. In agosto è stato trovato l’accordo per il varo di una nuova legge che ha consentito di aumentarlo di 2.400 miliardi di dollari arrivando a 80 16.694, nell’arco di un decennio. Il debito federale alla fine del 2011 ha superato il 100% del Pil. Sommando i debiti degli stati e degli enti locali si arrivava al 118% del Pil che sarebbe stato superato nel 2012. In seguito il rapporto debito /Pil si ridimensionò perché-come si vedrà nel capitolo IV- vi fu una robusta crescita del PIL, in termini reali e in termini monetari. Ma non vi fu una crisi del debito degli USA perché la banca centrale degli USA opera come LLOR, il cui limite -a parte quello che il parlamento, con le due camere vi pone, in relazione al deficit pubblico- è dato dalla monetizzazione del debito che così si può determinare, quando la stampa di moneta supera il livello massimo indicato dalla formula quantitativa della moneta e genera una rilevante spirale di inflazione. Se il paese in questione è molto grosso come gli USA e le sue importazioni hanno molta influenza sulla domanda mondiale, ciò genera inflazione nei paesi esportatori e ciò suscita aumento dei prezzi del paese importatore. Esso così è costretto ha deflazionare la propria espansione monetaria, come fece la FED nel 2008 (cfr. sopra e Lezione IV). 81 Sezione II Il Sistema Monetario Europeo. La Bce 1. Il sistema monetario dell’euro. Struttura di BCE in confronto a FED Il sistema monetario dell’euro zona ha, anche esso, una struttura articolata , simile a quella federale degli USA , nel senso che la Banca Centrale, è una super banca centrale composta, con quote variabili, dalle banche centrali degli stati membri. Ci so no però due differenze fondamentali, rispetto alla Fed degli USA, la prima è che gli tati membri della Fed fanno parte di una federazione, mentre gli stati membri della euro zona sono stati sovrani membri di una Unione di stati sovrani , che non ha un suo potere fiscale proprio né competenze sui territori degli stati membri, ma solo un bilancio (pari allo 1% circa del Pil degli stati membri) finanziati essenzialmente con contributi e quote di imposte di questi e dazi doganali riscossi da questi , ciascuno alla propria frontiera esterna all’UE , in base alla tariffa doganale dell’Unione, che è anche una unione doganale. La seconda differenza è che mentre il Trattato e lo Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea (Statuto del SEBC), allegato al Trattato come protocollo, hanno istituito ( dal 1° giugno 1998), la BCE e il Sistema europeo di banche centrali (SEBC) composto dalla BCE e dalle banche centrali nazionali (BCN) di tutti gli Stati membri dell’UE (articolo 107, paragrafo 1, del 82 Trattato 2), solo una parte degli stati dell’UE ha aderito EMU, (European Monetary Union), che quindi è retta dallo “Eurosistema” . Questo è composto dalla la BCE e le BCN degli Stati membri che hanno adottato la moneta unica. Il termine “area dell’euro” indica lo spazio economico comprendente gli Stati membri dell’UE che hanno adottato la valuta europea. Non vi è attualmente un governo politico dell’Eurozona diverso da quello dell’Unione Europea composto dal Consiglio dei Ministri europeo e dalla Commissione Europea e dal Parlamento Europeo. Vi è solo un “eurogruppo” composto dai membri del Consiglio dei Ministri Europeo degli stati membri dell’euro sona, che ha natura informale e delibera senza alcuna regola ufficiale sulle votazioni (a maggioranza semplice o qualificata e di quante quote). Non esiste, né nella Commissione europea, né nel parlamento europeo, alcun “euro gruppo” , sia pure informale. Così l’Eurosistema riguarda, formalmente, solo la Banca Centrale e gli organi dell’Unione Europea nei rapporti con essa. La scelta se far intervenire l’Eurogruppo informale è discrezionale e dipende da chi lo convoca, fra gli stati membri. Di fatto, si solito, la Germania, lo stato membro di maggioranza relativa dell’EMU, con la quota del 17,99% 83 TAVOLA 1 QUOTE DI BCE SOTTOSCRITTE DALLE BCN DEGLI STATI DELL’EURO ZONA Quota Capitale versato (%) (€) 17,9973 1.948.208.997,34 Banque de France (Francia) 14,1792 1.534.899.402,41 Banca d'Italia (Italia) 12,3108 1.332.644.970,33 Banco de España (Spagna) 8,8409 957.028.050,02 4,0035 433.379.158,03 2,4778 268.222.025,17 2,0332 220.094.043,74 1,9631 212.505.713,78 1,7434 188.723.173,25 Banca centrale nazionale Deutsche Bundesbank (Germania) De Nederlandsche Bank (Paesi Bassi) Nationale Bank van België/Banque Nationale de Belgique (Belgio) Bank of Greece (Grecia) Oesterreichische Nationalbank (Austria) Banco de Portugal (Portogallo) 84 Suomen Pankki - Finlands 1,2564 136.005.388,82 1,1607 125.645.857,06 0,7725 83.623.179,61 Lietuvos bankas (Lituania) 0,4132 44.728.929,21 Banka Slovenije (Slovenia) 0,3455 37.400.399,43 Latvijas Banka (Lettonia) 0,2821 30.537.344,94 0,203 21.974.764,35 0,1928 20.870.613,63 0,1513 16.378.235,70 0,0648 7.014.604,58 70,3915 7.619.884.851,40 Bank (Finlandia) Bank Ceannais na hÉireann/ Central Bank of Ireland (Irlanda) Národná banka Slovenska (Slovacchia) Banque centrale du Luxembourg (Lussemburgo) Eesti Pank (Estonia) Central Bank of Cyprus (Cipro) Bank Ċentrali ta' Malta/Central Bank of Malta (Malta) Totale 85 Le BCN degli stati dell’euro hanno dotato la BCE di riserve di cambio per un valore equivalente a circa 40 miliardi di euro. Il contributo di ciascuna banca centrale nazionale è stato fissato proporzionalmente alla partecipazione nel capitale BCE ed è stato versato in oro per il 15%, in dollari statunitensi e yen per il restante 85%. 2. Organi decisionali della BC E e loro mandati Due sono gli organi decisionali della BCE competenti per la preparazione, la conduzione e l’attuazione della politica monetaria unica. Il Consiglio direttivo e il Comitato esecutivo, entrambi presieduti dal presidente della BCE e, in sua assenza, dal vice presidente. Il Consiglio direttivo della BCE è formato dai sei membri del Comitato esecutivo e dai governatori delle BCN dell’area dell’euro.. Il Comitato esecutivo è composto dal Presidente e dal Vicepresidente della BCE e da altri quattro membri, tutti nominati di comune accordo dai capi di Stato o di governo dei paesi dell’area dell’euro. Il Consiglio direttivo ha il compito di: I) adottare le decisioni e gli indirizzi necessari ad assicurare l’assolvimento dei compiti affidati all’Eurosistema; II) formulare la politica monetaria dell’area dell’euro, che comprende le decisioni relative agli obbiettivi monetari di medio termine, ai tassi di interesse guida e all’offerta di riserve nell’euro sistema 86 III) stabilire gli indirizzi necessari per l’attuazione di tali decisioni. Le funzioni del Comitato esecutivo, che è l’organismo operativo sono: • preparare le riunioni del Consiglio direttivo; • attuare la politica monetaria secondo gli indirizzi e le decisioni del Consiglio direttivo e, a tal fine impartire le necessarie istruzioni alle BCN dell’area dell’euro; • gestire gli affari correnti della BCE; • esercitare i poteri ad esso delegati dal Consiglio direttivo, che possono anche essere poteri di regolamentazione. . L’obiettivo principale del SEBC-secondo il Trattato Europeo- è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Fatto salvo l’obiettivo della stabilità dei prezzi, il SEBC sostiene le politiche economiche generali nella Comunità al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi della Comunità definiti dal Trattato Europeo, consistenti nello sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, in una crescita sostenibile e non inflazionistica, in un elevato grado di convergenza dei risultati economici, in un elevato livello di protezione dell’ambiente e il miglioramento di quest’ultimo, in un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, nel miglioramento del tenore e della qualità della vita, nella coesione economica e sociale e nella solidarietà tra Stati membri. 87 Come si nota, circa i principi da seguire, in subordine a quello di stabilità monetaria Consiglio direttivo e Comitato Esecutivo hanno ampia discrezionalità, non sono vincolati a perseguire la piena occupazione e la crescita, come la Fed. Per quanto riguarda il tasso di cambio, per la cui determinazione operano insieme al Consiglio e alla Commissione europea, devono agire in modo da coordinarlo con l’obbiettivo di stabilità monetaria, subordinandolo a questa Ma anche questa regola non è rigida, in quanto sia il Consiglio che il comitato esecutivo della Fed e gli organi decisionali dell’Unione Europea dovrebbero agire secondo i principi di una economia di mercato aperta, di libera concorrenza. E ciò comporterebbe di cercare di far sì che il tasso di cambio rispecchi il potere di acquisto della propria moneta rispetto alle altre e che non si pratichi una politica di sistematici surplus di bilancia dei pagamenti, ma di equilibrio tendenziale di questa, tramite il coordinamento della politica fiscale con quella monetaria. 3. Il mandato di stabilità monetaria e quello di stabilità finanziaria della BCE In linea di principio lo schema istituzionale che riguarda la politica monetaria europea e in particolare la BCE - con la stabilità monetaria quale mandato primario- con tutti gli altri in subordine, salvo il precetto di conformarsi principi generali di una economia di mercato aperta e di libera concorrenza, è Erhardiano ed Einaudiano, cioè si ispira alle teorie di Ordo della scuola liberale dell’economia sociale di mercato e a quella di Lugi Einaudi, il grande economista neo liberale italiano che le considerava coincidente con la sua teoria e che aveva affermato, con vis polemica, che l’aggettivo “sociale” 88 aggiunto all’economia di mercato genuina , cioè quella di libera concorrenza basata sul rispetto della perdona umana e dei suoi diritti, era un “semplice riempitivo”. In questa teoria la stabilità monetaria è un dogma a difesa del risparmiatore, persona comune, che ha una elevata propensione all’acquisto di titoli a reddito fisso di entità affidabili, perché non ha abbastanza competenza o tempo a disposizione per diventare un risparmiatore “attivo” con tempo e competenza per effettuare con successo e monitorare constante mente i propri investimenti di risparmi nei vari canali del mercato finanziario. Questo obbiettivo è stato definito come un tasso di inflazione che oscilla entro il 2%, ponendo così le premesse di un possibile coordinamento con la politica della Federal Reserve. In generale, la BCE , per perseguirlo, adotta l’indice europeo armonizzato dei prezzi al consumo. Tuttavia, essa accanto alla stabilità monetaria, interpretata con riferimento alla potere di acquisto del consumatore, essa ha il mandato della stabilità finanziaria ai sensi dell’articolo 3.3 dello statuto del SEBC che dà alla BCE il mandato di occuparsi oltreché della vigilanza sul sistema creditizio anche della stabilità finanziaria, che ovviamente include la stabilità dei prezzi dei prodotti finanziari e dei prezzi diritti di proprietà onde evitare le relative “bolle finanziarie” TAVOLA 2 OBBIETTIVI DI STABILITZZAZIONE FINANZIARIA DI BCE “il SEBC [e quindi la BCE] contribuisce alla buona conduzione delle politiche perseguite dalle competenti autorità per quanto riguarda la vigilanza prudenziale del sistema creditizio e la stabilità del sistema finanziario”. Art. 3,3, Statuto del SEBC La BCE, non si era accorta che un fenomeno di sovra espansione dei mutui 89 immobiliari , analogo a quello cui abbiamo accennato per gli USA, si stava manifestando in grandi proporzioni Irlanda e in Spagna, che erano nell’euro zona e nel Regno Unito, che ne era fuori e che esso poneva a rischio le banche che li finanziavano, in quanto questi mutui venivano smerciati come ABS (cfr. Capitolo V) contaminando il sistema finanziario e assicurativo nel complesso, ma venivano trattenute nei loro portafogli. Solo dopo la crisi si è capito che bisognava dar maggior rilevanza all’articolo 3.3. dello Statuto della SEB sulla vigilanza delle dinamiche dei mercati finanziari, affiancandola al monitoraggio dei prezzi al consumo, ma ancora non è chiaro che la stabilità dei prezzi dei diritti di proprietà fa parte della stabilità della moneta in base alla equazione dell’equilibrio fra domanda e offerta di moneta, correttamente interpretata. 4. Il divieto alla BCE di finanziamento dei bilanci degli stati membri non implica il divieto di comprarne titoli sul mercato secondario, per impedire crisi dell’euro zona. La previsione di Einaudi per cui alla banca centrale europea non sarebbe stati consentito di prestare denaro agli stati membri, perché nessuno di essi vuole pagare i debiti degli altri, si è pienamente verificata. Infatti l’articolo 101, n1. del trattato stabilisce TAVOLA 3 DIVIETO DI FINANZIAMENTO DEI DEFICIT DEGLI STATI PE LA BCE “È vietata la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della BCE o da parte delle banche centrali degli Stati membri (in appresso denominate «banche centrali nazionali»), a istituzioni o organi della Comunità, alle amministrazioni statali, agli enti regionali,locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri, così 90 come l'acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della BCE o delle banche centrali nazionali” (Art. 101 n.1). “La Comunità non risponde né si fa carico degli impegni assunti dalle amministrazioni statali, dagli enti regionali, locali, o altri enti pubblici, da altri organismi di diritto pubblico o da imprese pubbliche di qualsiasi Stato membro, fatte salve le garanzie finanziarie reciproche per la realizzazione in comune di un progetto economico specifico. Gli Stati membri non sono responsabili né subentrano agli impegni dell'amministrazione statale, degli enti regionali, locali o degli altri enti pubblici, di altri organismi di diritto pubblico o di imprese pubbliche di un altro Stato membro, fatte salve le garanzie finanziari reciproche per la realizzazione in comune di un progetto specifico” (art. 103). Ciò, secondo una opinione che mi pare debba essere condivisa, si spiega con il timore dei cittadini di Stati membri come la Germania, che l’espansione monetaria indebita, da parte non solo degli altri Stati, ma anche del proprio, possa generare inflazione. In questo caso, la linea rigorista dello statuto e della prassi della Banca centrale non deriva solo dal timore che l’espansione del credito vada a beneficio di altri Stati, mentre il suo onere, in termini d’inflazione, ricade su tutta la comunità, ma anche da un argomento non esplicitamente considerato da Einaudi, cioè le diverse preferenze per l’inflazione dei vari Stati membri, in relazione alle diverse esperienze negative da essi, al riguardo, subite. I Paesi favorevoli alla stabilità monetaria: che sono quelli a cui essa maggiormente conviene, nella competizione internazionale. La norma, che stabilisce che non c’è un obbligo di aiuto reciproco, mediante la Comunità o i rapporti bilaterali, non dice però nulla per il caso di un aiuto 91 comunitario o bilaterale, consistente nell’acquisto di titoli pubblici già in precedenza emessi e circolanti sul mercato secondario, che possa essere utile in caso di crisi finanziaria di singoli stati membri, per impedire che tale crisi “contagi” gli altri paesi membri . Che dire di schemi di supporto a singoli stati membri in difficoltà accompagnati da obblighi di consolidamento dei loro bilanci e di riforme, che possano essere nell’interesse della stabilità complessiva del sistema finanziario ? A questo punto la questione non è più quella di obbiettivi in contrasto con il principio della stabilità monetaria, compito precipuo della banca centrale nell’economia di mercato einaudiana ed ehrardiana, ma quello della stabilità monetaria nel senso proprio del termine, che riguarda non solo i consumatori ma anche i titolari di risparmi e gli investimenti , effettuati in quella moneta: coloro che possiedono titoli in euro circolanti nell’euro zona, che li hanno comprati contando sul fatto che l’euro sia una “ moneta buona” . Il Trattato originario dell’Unione Monetaria Europea trasfuso nel Trattato di Lisbona dell’Unione Europea, vigente attualmente, al riguardo è muto, come se il problema non si fosse molte volte proposto in Europa e fuori d’Europa nel passato e come se esso non fosse affrontato nelle regole monetarie e delle banche centrali degli altri stati dotati di propria moneta. Per quanto riguarda la BCE c’è però la sintetica norma 3.3. del suo statuto (di cui alla Tavola 2 ), pensata probabilmente per crisi bancarie e finanziarie con effetti prevalentemente all’interno dei singoli stati membri, che però può servire per crisi finanziarie di stati membri con un eccesso di debito pubblico, che rischiano l’insolvenza, che si diffonderebbe al suo sistema bancario , in quanto possessore di una quota importante di tale debito, con effetto di contagio sulla stabilità finanziaria dell’euro zona. 92 5. Il prestito di salvataggio alla Grecia,il Securities Market Program (SMP) del 2010-11, il “Wahtever it takes” di Draghi che dà a BCE il ruolo di LLOR per la stabilità monetaria. Sulla base di questa norma, oggetto tutt’ora di controversie interpretative, I paesi dell'Eurozona e il Fondo Monetario Internazionale nel 2010 approvarono un prestito di salvataggio per la Grecia di 110 miliardi di euro (30 da parte del FMI), subordinato alla realizzazione di severissime misure di austerità. Ma mentre la crisi greca riguardava soprattutto il debito pubblico, la crisi dell’Irlanda, che scoppiava nello stesso periodo riguardava soprattutto le banche che avevano praticato il deficit lending con i prestiti immobiliari in maniera simile a quelle operanti negli USA. Nel mese di novembre, è emersa la crisi del sistema bancario irlandese: il Governatore della banca centrale irlandese ha rivelato che le perdite delle banche domestiche ammontavano a 85 miliardi di euro (pari al 55% del PIL). L’Irlanda poteva andare in crisi in conseguenza del fallimento del sistema bancario che avrebbe nesso in ginocchio l’economia. La difesa dell’euro implicava un aiuto analogo a quello concesso alla Grecia anche se destinato alle banche E le istituzioni europee con la partecipazione del FMI hanno approvato un piano di sostegno per un ammontare pari a 85 miliardi di euro. A maggio 2011, UE, BCE e FMI (la cosiddetta Troika) hanno concesso un prestito di 78 miliardi di euro anche al Governo portoghese, in cui la crisi emergeva nell0intreccio fra debito pubblico e banche che ne possedevano larghe quote e che avevano an che problemi di insolvenza dei loro debitori, a causa della crisi che aveva contagiato il Portogallo. Le tensioni di questi paesi si sono riflesse immediatamente su tutti i principali mercati finanziari, ove si sono registrati cali di ampie dimensioni. Le maggiori agenzie di rating hanno inoltre abbassato il merito di credito di diversi paesi europei e, conseguentemente, di diverse banche con sede in tali paesi o con 93 consistenti esposizioni in titoli pubblici di paesi in difficoltà, amplificando in molti casi le turbolenze sui mercati. Il comparto dei titoli bancari, dati i suoi legami con il settore pubblico dovuto al possesso di debito pubblico da parte delle banche, è stato quello più contagiato8 Il “contagio”, sollecitato dalla speculazione contro i titoli pubblici della Spagna le cui banche regionali avevano praticato il deficit lending dei mutui immobiliari per lo sviluppo turistico e contro i titoli del debito pubblico italiano, che aveva un debito molto alto , posseduto in larga misura dalle banche, uno delle quali, di grandi dimensioni, il Monte dei Paschi di Siena, ne possedeva una quota molto ampia e aveva un grosso debito a causa di operazioni finanziarie errate, non andate a buon fine. La BCE, guidata dal pragmatico banchiere francese Trichet, aveva istituito, a metà del 2010 il Securities Market Program (SMP), finalizzato all'acquisto di titoli di Stato sul mercato secondario per controllare la dinamica degli spread. TAVOLA 4 IL SECURITIES MARKET PROGRAM (Decisione del Consiglio della BCE. 10-5-2010) The Governing Council of the European Central Bank (ECB) decided on several measures to address the severe tensions in certain market segments which are hampering the monetary policy transmission mechanism and thereby the effective conduct of monetary policy oriented towards price stability in the medium term. The measures will not affect the stance of monetary policy. In view of the current exceptional circumstances prevailing in the market, the Governing Council decided: To conduct interventions in the euro area public and private debt securities markets (Securities Markets Programme) to ensure depth and liquidity in those market 8 Cfr Consob, 94 segments which are dysfunctional. The objective is to restore an appropriate monetary policy transmission mechanism, and thus the effective conduct of monetary policy oriented towards price stability in the medium term. Th scope of the intervention shall be decided by ECB In making this decision we have taken note of the statement of the euro area governments that they “will take all measures needed to meet [their] fiscal targets this year and the years ahead in line with excessive deficit procedures” and of the precise additional commitments taken by some euro area governments to accelerate fiscal consolidation and ensure the sustainability of their public finances. The impact of these interventions is sterilised through specific operations to re-absorb the liquidity injected and thereby ensure that the monetary policy stance is not affected. Una larga parte di questi interventi aveva riguardato la Grecia e l’Irlanda, poi il Portogallo, nel 2011 be fruì la Spagna, nel 2012 la Spagna, l’Italia, che in cambio si impegnarono in programmi di risanamento finanziario controllati dalla Commissione europea, che per altro effetti recessivi in un’area dell’euro zona sempre maggiore, non controbilanciati da politiche fiscali e monetarie espansive e spesso attuati più con aumenti di imposte e tagli di spese pubbliche di investimento che con riduzioni di spese correnti e riforme rivolte a dare flessibilità al sistema e non apparivano efficaci nel promuovere la crescita assieme alla stabilità. Pertanto la speculazione internazionale contro il debito pubblico e le finanze bancarie di singoli paesi dell’euro ad alto debito, con banche i difficoltà, che ne possedevano molto, riprendeva, con l’intento di provocarne il crollo. Negli USA, un fenomeno analogo avrebbe comportato l’intervento della Federal Reserve come creditore di ultima istanza LORL (Lender of last Resort). E poiché ciò era noto, nessuno operatore gruppo di operatori finanziari, per quanto grande, lo usa fare. 95 Si è così presentato il tema se la BCE abbia la funzione, che la Fed svolge di “creditore di ultima istanza” per difendere la propria moneta, salvando uno stato dell’euro zona, che rischia di fallire, onde garantire la sopravvivenza e la affidabilità dell’euro. La Bce , con la guida di Mario Draghi, succeduto a Trichet, nell’estate del 2012, sulla base del mandato di stabilità monetaria, di fronte agli attacchi speculativi ai titoli del debito pubblico degli stati in difficoltà , ha dichiarato nel 2012 che la BCE , sotto la sua guida avrebbe fatto “whatever it takes”, tutto quello che aveva nelle sue possibilità per difendere l’euro dal crollo TAVOLA 5 DISCORSO DI MARIO DRAGHI PRESIDENTE DELLA BCE ALLA GLOBAL INVESTMENT CONFERENCE A LONDRA 26 LUGLIO 2012 (…) But the third point I want to make is in a sense more political. When people talk about the fragility of the euro and the increasing fragility of the euro, and perhaps the crisis of the euro, very often non-euro area member states or leaders, underestimate the amount of political capital that is being invested in the euro. And so we view this, and I do not think we are unbiased observers, we think the euro is irreversible. And it’s not an empty word now, because I preceded saying exactly what actions have been made, are being made to make it irreversible. But there is another message I want to tell you. Within our mandate, the ECB is ready to do whatever it takes to preserve the euro. And believe me, it will be enough. …………. 96 Then there’s another dimension to this that has to do with the premia that are being charged on sovereign states borrowings. These premia have to do, as I said, with default, with liquidity, but they also have to do more and more with convertibility, with the risk of convertibility. Now to the extent that these premia do not have to do with factors inherent to my counterparty - they come into our mandate. They come within our remit. To the extent that the size of these sovereign premia hampers the functioning of the monetary policy transmission channel, they come within our mandate. So we have to cope with this financial fragmentation addressing these issues. Dopo questo discorso la BCE annunciò il 6 settembre 2012 il programma OMT (OUTRIGHT MONETARY TRANSACTION) avente lo scopo di salvaguardare il canale di trasmissione della politica monetaria nell’euro zona impedendo che forti tensioni sui mercati dei titoli del debito pubblico conducano a un rialzo eccessivo dei tassi di interesse che avrebbero impedito alle banche e alle imprese finanziarsi a tassi sostenibili e potuto accelerare la spirale di recessione del paese coinvolto fino alla sua dichiarazione di insolvenza Le OMT consistono nell'acquisto diretto a titolo definitivo (outright) in quantità illimitata da parte della BCE di titoli di stato con scadenza fra uno e tre anni emessi da paesi in difficoltà macroeconomica grave e conclamata identificata dal fatto che il paese abbia avviato un programma di aiuto finanziario o un programma precauzionale con la Struttura Europea per la Stabilità Finanziaria La liquidità immessa nel mercato con l'acquisto dei titoli di stato di nuova emissione sarebbe stata pienamente sterilizzata vendendo altri titoli per evitare un danno alla stabilità monetaria dell’euro zona . L'ammontare delle OMT effettuate, per paese e il valore sarebbe stato pubblicato mensilmente Il 6 agosto venina pertanto terminato il Securities Market Program (SMP), giacché le finalità che si prefiggeva tale programma sono ora assolte dalle OMT. 97 La speculazione contro l’euro consistente nel vendere allo scoperto sul mercato secondario, titoli del debito pubblico di stati fortemente indebitati, ma solvibili, come l’Italia o la Spagna, si calmò, senza che la BCE attuasse alcun SMP verso di loro. Ma rimaneva la questione degli stati membri dell’euro zona che, come la Grecia, avevano problemi strutturali di solvibilità e non di mera liquidità, sia per il debito pubblico, sia per il sistema bancario, sia per la bilancia dei pagamenti. In questo caso l’aiuto di stato sarebbe stato inevitabile, mediante MSP. 6. Le misure monetarie non convenzionali Le misure monetarie non convenzionali, praticate sia alla Federal Reserve, sia dalla Banca Centrale Giapponese, (BOJ, Bank of Japan) che dalla Banca Centrale Inglese consistono: I) nella adozione da parte della Banca centrale di piani di rifinanziamento a lungo termine (Long Term Refinancing Operation, LTRO) con varie modalità: a) rifinanziamento di debito commerciale degli operatori economici contratto con le banche e con altri operatori finanziari, purché assistito da collaterali adeguati, cioè da garanzie costituite da titoli obbligazionari seri fra cui cartelle di debito pubblico considerate attendibili, b) rifinanziamento di obbligazioni di compagnie industriali, commerciali, finanziarie con collaterali come sopra salvo nel caso di obbligazioni dotate della fascia II) nella effettuazione da parte della Banca Centrale Europea di acquisti dalle banche di loro crediti, in modo da consentire loro di farne di nuovi ossia operazioni di QE Quantity Easing di Facilitazione Quantitative mediante vari programmi di acquisto ossia APP a)ABSPP ( ABS PURCHASE PROGRAM ) 98 b) CBPP ( COVERED BOND PURCHASE PROGRAMME) c) CSPP (CORPORATE SECTOR PURCHASE PROGRAMME) d) PSAPP (PUBLIC SECTOR ASSETS PURCHASE PROGRAMME) acquisto di titoli del debito pubblico a breve e lungo termine posseduti dalle banche. La ragione per cui queste operazioni rientrano nel mandato di stabilità della BCE è stata lucidamente spiegata dal Presidente Mario Draghi nel già citato discorso di Londra. TAVOLA 6 DISCORSO DI MARIO DRAGHI, PRESIDENTE DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA ALLA GLOBAL INVESTMENT CONFERENCE DI LONDRA 26 JULY 2012 (…) A Europe that is founded on four building blocks: a fiscal union, a financial union, an economic union and a political union. These blocks, in two words – we can continue discussing this later – mean that much more of what is national sovereignty is going to be exercised at supranational level, that common fiscal rules will bind government actions on the fiscal side. Then in the banking union or financial markets union, we will have one supervisor for the whole euro area. And to show that there is full determination to move ahead and these are not just empty words, the European Commission will present a proposal for the supervisor in early September. So in a month. And I think I can say that works are quite advanced in this direction. So more Europe, but also the various firewalls have been given attention and now they are ready to work much better than in the past. ……………. There are some short-term challenges, to say the least. The short-term challenges in our view relate mostly to the financial fragmentation that has taken place in the euro area. Investors retreated within their national boundaries. The interbank 99 market is not functioning. It is only functioning very little within each country by the way, but it is certainly not functioning across countries. And I think the key strategy point here is that if we want to get out of this crisis, we have to repair this financial fragmentation. There are at least two dimensions to this. The interbank market is not functioning, because for any bank in the world the current liquidity regulations make - to lend to other banks or borrow from other banks - a money losing proposition. So the first reason is that regulation has to be recalibrated completely. The second point is in a sense a collective action problem: because national supervisors, looking at the crisis, have asked their banks, the banks under their supervision, to withdraw their activities within national boundaries. And they ring fenced liquidity positions so liquidity can’t flow, even across the same holding group because the financial sector supervisors are saying “no”. So even though each one of them may be right, collectively they have been wrong. And this situation will have to be overcome of course. …… And then there is a risk aversion factor. Risk aversion has to do with counterparty risk. Now to the extent that I think my counterparty is going to default, I am not going to lend to this counterparty. But it can be because it is short of funding. And I think we took care of that with the two big LTROs where we injected half a trillion of net liquidity into the euro area banks. We took care of that. Then you have the counterparty recess related to the perception that my counterparty can fail because of lack of capital. We can do little about that. Va però osservato che se è vero che la ragione per cui gli acquisti in questione è quella di facilitano il deflusso del credito nei canali bancari, dalla banca centrale all’economia è anche vero che le operazioni di LTRO impiegando come 100 collaterali titoli del debito pubblico comportano un beneficio rilevante per i paesi che lo hanno emesso, in quanto lo tolgono dal mercato e lo danno al la Banca Centrale, sia pure solo come garanzia e non come acquisto vero e p Il successo dell’asta dei titoli di stati a breve termine – Gli effetti benefici per il debito pubblico italiano si videro ben presto nel 2012 Il tasso di interesse sui scese in breve tempo a livelli fra il 2,7 e lo 1,6 per i BOT annuali e per quelli semestrali . La Bce offrendo alle banche prestiti triennali all’1 %, in cambio di garanzie consistenti in titoli di ogni tipo, compresi i Bot induceva le banche a comperare BOT che durano tre anni o meno, senza rischio , guadagnando la differenza fra il tasso su questi e il tasso pagato alla BCE per le LTRO. Questo tipo di operazioni che gli intermediari finanziari facevano sui prestiti della Boj, la banca centrale giapponese, che per combattere la recessione dava prestiti ultra annuali allo 0,5%, è denominata “carry trade” , cioè è un commercio di riporto. Le aste di titoli pubblici spagnoli, svolte nello steso periodo hanno avuto un risultato analogo su titoli triennali quinquennali collocati rispettivamente al tasso del 3,38% e 3,7-3,9%. Il tasso per i titoli triennali spagnoli era più alto che quello per i nostri titoli annuali, perché su incideva di più il tasso di inflazione avendo una scadenza meno breve. Ma in termini reali, anziché monetari questi titoli spagnoli furono ceduti a un tasso più basso dei nostri Bot annuali , dato che l’inflazione annua era prevista al 2% 1,5%. . Anche i tassi sui BOT decennali, che non beneficiavano di carry trade scesero, perché la valutazione del rischio del debito pubblico italiano si attenuò, in quanto il finanziamento del debito a breve era diventato poco oneroso e ciò dava al governo due benefici: quello di spender meno per interessi, quello di poter espandere il debito a breve e medio termine se quello a lungo termine fosse apparso troppo oneroso. L’Italia nel 29012 emetteva 400 miliardi di titoli di stato. Oltre la metà sono annuali o biennali, sicché l’effetto 101 del rincaro di quelli lungo termine si diluiva di molto e lo spazio per la emissione di titoli triennali e quadriennali si era molto ampliata. L’acquisto di debito pubblico posseduto dalle banche mediante massicce operazioni di QE ovviamente comporta un salto di qualità per una Banca Centrale per la quale vi è il divieto di finanziamento del debito pubblico degli stati membri, ma occorre notare che si tratta non di nuovi titoli, bensì di titoli già emessi, e non di acquisti di debito dal Tesoro, ma dalle banche che li hanno in precedenza comprati. Ma nel discorso di Londra di Draghi vi è una lucida spiegazione del perché di questi acquisti in conformità al mandato della BCE di perseguire la stabilità monetaria e finanziaria TAVOLA 7 DISCORSO DI MARIO DRAGHI, PRESIDENTE DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA ALLA GLOBAL INVESTMENT CONFERENCE DI LONDRA 26 JULY 2012 …. Then there’s another dimension to this that has to do with the premia that are being charged on sovereign states borrowings. These premia have to do, as I said, with default, with liquidity, but they also have to do more and more with convertibility, with the risk of convertibility. Now to the extent that these premia do not have to do with factors inherent to my counterparty - they come into our mandate. They come within our remit. To the extent that the size of these sovereign premia hampers the functioning of the monetary policy transmission channel, they come within our mandate. So we have to cope with this financial fragmentation addressing these issues. 102 7. Le operazioni di QE della BCE del 2015-2016 La Banca centrale europea ha iniziato nel 2015 gli acquisti di titoli cartolarizzati (ABS), annunciati nel settembre 2014 per espandere il bilancio della banca e contrastare in questo modo l'inflazione eccessivamente bassa. Le operazioni sugli ABS riguardavano pacchi di crediti di imprese e famiglie dell’area euro contratti con banche dell’euro zona , assistiti da collaterali appartenenti alla categoria senior e anche alla categoria “mezzanina”, ove però dotati di una garanzia pubblica Le operazioni venivano condotte tramite quattro intermediari finanziaria specializzati (il Fondo USA Black Rock, il gruppo bancario assicurativo olandese Ing, il gruppo tedesco Deutsche Asset Management e la banca d’affari USA) Gli ABS acquistabili perché dotate delle caratteristiche descritte ammontano a circa 400 miliardi di euro. Gli i acquisti di CB (COVERED BONDS) sarebbero potuti arrivare a 600 miliardi, dopo il programma di 40 miliardi di euro decisi dal Consiglio della BCE il 6 Ottobre del 2011. Il programma dell’autunno 2011, il primo dell’era Draghi, riguardava bond denominati in euro emessi da banche dell’area euro e veniva svolto mediante acquisti diretti effettuati dalle banche centrali dell’euro zona, sia sul mercato secondario, che in quello primario, allo loro emissione. I bond acquistabili dovevano avere le caratteristiche di collaterali nelle operazioni dell’euro sistema, avere un volume di almeno 300 milioni di euro ciascuno ed un rating di almeno BBB od equivalente da parte di una delle maggiori agenzie di rating, una maturità residua non superiore a 10,5 anni, riferirsi a un cespite sottostante, riguardante esposizione a entità private o pubbliche. 103 TAVOLA 8 PROGRAMMA AMPLIATO DI APP DELLA BCE 22 gennaio 2015 La BCE estende gli acquisti alle obbligazioni emesse da amministrazioni centrali dei paesi dell’area dell’euro, agenzie situate nell’area dell’euro e istituzioni europee. Gli acquisti mensili di attività ammonteranno nell’insieme a 60 miliardi di euro. Secondo le intenzioni gli acquisti saranno effettuati almeno fino a settembre 2016. Il programma è concepito per l’assolvimento del mandato della stabilità dei prezzi. Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) ha annunciato oggi un programma ampliato di acquisto di attività finanziarie. Finalizzato all’adempimento del mandato della BCE per la stabilità dei prezzi, il programma prevede che la BCE acquisti obbligazioni sovrane in aggiunta ai programmi già in essere per l’acquisto di attività del settore privato, allo scopo di far fronte ai rischi derivanti da un periodo troppo prolungato di bassa inflazione. Il Consiglio direttivo ha assunto questa decisione in una situazione in cui gli indicatori dell’inflazione effettiva e attesa per l’area dell’euro si sono per lo più spostati verso i minimi storici. Poiché potenziali effetti di secondo impatto sul processo di formazione di salari e prezzi rischiavano di influire negativamente sull’andamento dei prezzi a medio termine, tale situazione ha richiesto una risposta vigorosa di politica monetaria. Gli acquisti di attività forniscono stimolo monetario all’economia in un contesto in cui i tassi di interesse di riferimento della BCE sono sul limite inferiore. Tali acquisti allentano ulteriormente le condizioni monetarie e finanziarie, rendendo meno costoso l’accesso al finanziamento da parte di imprese e famiglie. Ciò 104 sostiene tendenzialmente gli investimenti e i consumi e contribuisce, in ultima analisi, a un ritorno dei tassi di inflazione verso il 2%. Il programma comprenderà il Programma di acquisto di titoli emessi a fronte di operazioni di cartolarizzazione (asset-backed securities purchase programme, ABSPP) e il terzo Programma per l’acquisto di obbligazioni garantite (covered bond purchase programme 3, CBPP3), entrambi introdotti sul finire dello scorso anno. Gli acquisti mensili ammonteranno nell’insieme a 60 miliardi di euro. Secondo le intenzioni, saranno effettuati almeno fino a settembre 2016 e in ogni caso finché il Consiglio direttivo non riscontri un aggiustamento durevole del profilo dell’inflazione coerente con il proprio obiettivo di conseguire tassi di inflazione su livelli inferiori ma prossimi al 2% nel medio termine. La BCE acquisterà obbligazioni emesse da amministrazioni centrali dei paesi dell’area dell’euro, agenzie situate nell’area dell’euro e istituzioni europee nel mercato secondario a fronte di moneta di banca centrale, che gli enti creditizi cedenti i titoli potranno utilizzare per acquistare altre attività oppure erogare credito all’economia reale. In entrambi i casi ciò contribuisce ad allentare le condizioni finanziarie. Il programma segnala la determinazione del Consiglio direttivo di conseguire il proprio obiettivo della stabilità dei prezzi in un contesto economico e finanziario senza precedenti. Gli strumenti messi in campo sono adeguati nelle attuali circostanze e pienamente conformi ai trattati dell’UE. In merito agli acquisti di attività aggiuntive, il Consiglio direttivo manterrà il controllo su tutte le caratteristiche del programma e la BCE coordinerà gli acquisti, salvaguardando l’unicità della politica monetaria dell’Eurosistema. Quest’ultimo ricorrerà all’attuazione decentrata per attivare le proprie risorse. Quanto alla ripartizione di ipotetiche perdite, il Consiglio direttivo ha deciso che gli acquisti di titoli di istituzioni europee – che ammonteranno al 12% degli 105 acquisti di attività aggiuntive e verranno effettuati dalle banche centrali nazionali (BCN) – saranno soggetti alla ripartizione delle perdite. I restanti acquisti aggiuntivi da parte delle BCN non verranno invece sottoposti a tale regime. La BCE deterrà l’8% delle attività aggiuntive acquistate. Ne consegue che il 20% degli acquisti aggiuntivi sarà soggetto a un regime di ripartizione del rischio.L’attuale politica monetaria mediante acquisto debito pubblico e di enti pubblici e para pubbliche continuerà sino al marzo 2017, come stabilito sei settimane fa. Nella seduta di marzo la BCE rivedrà la sua politica in senso espansivo, per l ‘obbiettivo di stabilità monetaria, definito come un tasso di inflazione fra lo 1% e il 2%. Se le banche hanno troppo debito pubblico di un dato tipo e/o di un dato governo, possono trovarsi in una situazione di rischio eccessivamente concentrato. Se questo debito è rilevato dalla Banca centrale, il rischio di credito delle banche si può ridurre perché si distribuisce in modo differente ed esse possono dare più credito all’economia, a parità di parametri patrimoniali richiesti dall’autorità di vigilanza per garantire la loro solvibilità. Quando la Banca centrale pratica un tasso di interesse vicino allo zero, può accettare come collaterale o acquistare dalle banche il debito pubblico, valutandone il valore patrimoniale sulla base di tassi molto bassi più il margine di rischio differenziale che esso presenta dal punto di vista del pagamento degli interessi pattuiti. Il rischio del governo emittente di non essere in grado di rinnovare alla scadenza il suo stock di debito, si riduce a zero, se esso è in grado di pagare gli interessi pattuiti, in quanto la Banca centrale che lo ha comprato, se è credibile, non ha bisogno di rivenderlo, per approvvigionarsi di liquidità, in quanto la può 106 ottenere sul mercato, emettendo, in cambio, propria moneta. In sostanza sia il LTRO che il QE, per la quota di debito pubblico che ritirano dal mercato, al governo emittente che è in grado pagarne il servizio, tolgono il rischio di solvibilità, che esso avrebbe sul mercato, lasciando solo il rischio di liquidità. Dunque il LTRO e il QE, in sé, sono misure che rafforzano il meccanismo di trasmissione del risparmio all’investimento, cioè tipiche misure dell’uomo intero, quello del mondo einau-diano, non dell’uomo scisso, proprio del mondo keynesiano, in cui l’investimento prescinde dal risparmio, ossia, per usare una frase di Einaudi in polemica con Keynes, vuol fare il pasticcio di lepre senza lepre. Peraltro, un coltello che serve per tagliare il pane, può essere usato anche come arma per fare una rapina. Il governo emette debito pubblico per finanziare il deficit di bilancio e la Banca centrale lo compera, cioè, per usare una terminologia di Einaudi, lo Stato mette mano al torchio dei biglietti di carta moneta. Ma ciò non è insito nella natura non convenzionale 8 IL QE diretto all’economia Il maggiore problema che si è cercato di risolvere con il QE, per altro, era quello di far affluire il credito all’economia, saltando il tradizionale canale del credito bancario, intasato da crediti insoluti o di difficile recupero e spesso non sufficientemente patrimonializzato per poter erogare credito aggiuntivo. Il ribasso die tassi di interesse, adottato dalla BCE per combattere la deflazione, con una grande immissione di liquidità nell’economia aveva ridotto i guadagni delle banche, derivanti dalle loro attività tradizionali, sicché era per esse più difficile accrescere i propri parametri patrimoniali, mediante la messa a riserva di utili non distribuiti. Ecco così la decisione del Consiglio della BCE dell’Aprile 2016, con cui essa 107 scendeva dal suo piedestallo di banche delle banche per svolgere i compiti della banca. TAVOLA 9 ECB ANNOUNCES DETAILS OF THE CORPORATE SECTOR PURCHASE PROGRAMME (CSPP)-21 April 2016 The CSPP aims to further strengthen the pass-through of the Eurosystem’s asset purchases to the financing conditions of the real economy. The CSPP will be carried out by six national central banks acting on behalf of the Eurosystem, coordinated by the ECB. In combination with other non-standard measures, the programme will provide further monetary policy accommodation and help inflation rates return to levels below, but close to, 2% in the medium term. Further to its decision of 10 March 2016 to add a corporate sector purchase programme (CSPP) to the asset purchase programme (APP), the Governing Council of the European Central Bank (ECB) today decided on the main technical parameters of the programme. The Eurosystem’s collateral framework – the rules that lay down which assets are acceptable as collateral for monetary policy credit operations – will be the basis for determining the eligibility of corporate sector securities to be purchased under the CSPP. The following technical parameters will apply: - The programme will start in June 2016. - Outright purchases of investment-grade euro-denominated bonds issued by non-bank corporations established in the euro area will be carried out by six Eurosystem national central banks (NCBs): Nationale Bank van België / Banque Nationale de Belgique, Deutsche Bundesbank, Banco de España, Banque de 108 France, Banca d’Italia, and Suomen Pankki/Finlands Bank. Each NCB will be responsible for purchases from issuers in a particular part of the euro area. The ECB will coordinate the purchases. - The purchases will be conducted in the primary and secondary markets, but no primary market purchases will involve debt instruments issued by entities that qualify as public undertakings. - Debt instruments will be eligible for purchase, provided they fulfil all the following criteria: they are eligible as collateral for Eurosystem credit operations, based on the requirements defined in the Guideline on the implementation of the Eurosystem monetary policy framework (ECB/2014/60); they are denominated in euro; they have a minimum first-best credit assessment of at least credit quality step 3 (rating of BBB- or equivalent) obtained from an external credit assessment institution according to Guideline ECB/2014/60; they have a minimum remaining maturity of six months and a maximum remaining maturity of 30 years at the time of purchase; the issuer is a corporation established in the euro area, defined as the location of incorporation of the issuer. Corporate debt instruments issued by corporations incorporated in the euro area whose ultimate parent is not based in the euro area are also eligible for purchase under the CSPP, provided they fulfil all the other eligibility criteria; the issuer of the debt instrument: -is not a credit institution nor does have any parent undertaking (as defined in Article 4(15) of the Capital Requirements Regulation) which is a credit institution (as defined in Article 2 (14) of Guideline ECB/2014/60) -is not an asset management vehicle (as defined in the Bank Recovery and 109 Resolution Directive and Single Resolution Mechanism Regulation) or a national asset management and divestment fund established to support financial sector restructuring and/or resolution. - Purchases under the CSPP will be conducted with counterparties that are eligible for the Eurosystem’s monetary policy operations or counterparties that are used by the Eurosystem for the investment of its euro-denominated portfolios. - The Eurosystem will apply an issue share limit of 70% per international securities identification number (ISIN) on the basis of the outstanding amount. However, in specific cases a lower issue share limit will apply, e.g. for securities issued by public undertakings, which will be dealt with in a manner consistent with their treatment under the PSPP. - A benchmark will be defined at issuer group level. The benchmark will be neutral in the sense that it will reflect proportionally all outstanding issues qualifying for the benchmark. This also implies that market capitalisation provides a weighting for each of the jurisdictions of issuance within the benchmark. Issuer group limits will be based on the benchmark to ensure a diverse portfolio, while at the same time they will offer sufficient leeway to build up the portfolio. - The Eurosystem will conduct appropriate credit risk and due diligence procedures on the purchasable universe on an ongoing basis. - The volume of CSPP holdings will be published on a weekly and monthly basis. A breakdown of primary and secondary market purchases will also be published every month. - The CSPP holdings will be made available for securities lending by the relevant NCBs. 9. Il Fondo per gli aiuti di stato dell’Unione Monetaria Europea. 110 Il quesito di strutture alternative e complementari alla Bce , allo scopo di intervenire nei confronti degli stati dell’Unione che hanno violatole regole sul deficit e sul debito pubblico e che sono in grave crisi di solvibilità si era già presentato. Si tratta di un obbiettivo che non compete normalmente a una banca centrale, per il quale dovrebbero servire strumenti particolari che non si addicono a una Banca Centrale che ha il divieto di fornire aiuti di stato. Il compito dovrebbe competere soprattutto all’Unione Europea, come “unione fiscale” , che agisce con il concorso dei vari stati membri, secondo il modello cooperativo indicato da Draghi. E’ vero che l’articolo 103 del Trattato dice che gli stati membri non si fanno carico dei debiti degli altri stati. Ma esso stabilisce che non esiste la solidarietà obbligatoria fra stati, ossia fissa un diritto dei singoli stati e quindi dei loro cittadini presenti e futuri a non aiutare gli altri gratuitamente , non pone un divieto alla loro scelta di farlo, con strumenti onerosi per gli stati aiutati, che generano un onere per i loro contribuenti presenti o futuri, inferiore al beneficio che da ciò possono trarre, per il buon funzionamento del sistema. Da qui la creazione nell’autunno del 2010 del EFSF (European Financial Stability Facility ovvero Fondo europeo di stabilizzazione finanziaria, FESF) fondo di diritto lussemburghese, che compra debito pubblico degli stati in crisi , sulla base di una formale di richiesta di assistenza finanziaria, da parte loro che innesca una procedura di intervento con obbligo dello stato aiutato di aderire a determinate condotte e di assolvere a determinati impegni. Si tratta di una procedura complessa, che non contempla la possibilità di acquisti sul mercato secondario per scopi di stabilizzazione, finanziaria decisi unilateralmente dal FESF, al di fuori di tale procedura. Il Fondo aveva una capacità di finanziamento di 440 miliardi di euro raccolti mediante CDO, cioè Collateralized Debt Obbligations ossia debiti 111 collateralizzati (cui ogni stato membro contribuisce con una quota di garanzie pari a quella di partecipazione alla BCE l’Italia, ossia il 17,5 %, cioè risponde potenzialmente per 77 miliardi di euro). Alla fine del 2011 è rimasto con 240 miliardi dopo gli aiuti ad Irlanda, Portogallo e Grecia, con il concorso del Fondo Monetario Internazionale. La sua dotazione è stata così aumentata a 700 miliardi lordi. Poteva servire per aiuti anche a singoli grandi stati, ma non per crisi di più stati dell’euro zona con rilevanti rischi sistemici. In tal caso sarebbe stato necessario l’intervento aggiuntivo della BCE , oltreché del Fondo Monetario . Ma esso non può operare sul mercato secondario, per stabilizzare il mercato dei debiti pubblici degli stati in difficoltà, con acquisti immediati flessibili, paragonabili a quelli dei grandi operatori finanziari internazionali. Ecco così che, per tale scopo, oltreché per gli interventi di finanziamento del risanamento strutturale, su richiesta degli stati membri, si è approvato un nuovo strumento finanziario lo ESM (European Stability Mechanism , ovvero Meccanismo Europeo di Stabilità) che ha una dote di 700 miliardi, mediante collaterali ottenuti dagli stati membri in proporzione alla loro quota nella Bce, man mano che ciò occorra (per l’Italia 122 miliardi). Esso non si somma al Fondo precedente ma lo ha ereditato. Ed è stato impiegato per il secondo programma di intervento per la Grecia del 2014 10. Conclusioni sulle politiche misure monetarie non convenzionali. Sia il LTRO sia il QE mirano a curare un gap fra la offerta e la domanda potenziale di credito esistente, in una situazione in cui il credito non riesce a fluire al risparmio e c’è spazio per dare credito all’economia a bassi tassi, perché c’è una rilevante capacità produttiva inutilizzata, non a creare una nuova domanda. 112 I due LTRO di Draghi non avevano nulla a che fare con le politiche di deficit di bilancio suggerite da Keynes per il rilancio delle economie, perché si basavano sul presupposto che i governi dei paesi con elevato deficit di bilancio lo riducessero e facessero (o almeno mettessero in cantiere) riforme strutturali. Su questi presupposti, la BCE aveva erogato alle banche crediti di durata pluriennale a basso tasso di interesse in cambio di garanzie su collaterali, cioè che includevano le cartelle del debito pubblico a medio e lungo termine, di Stati membri dell’Eurozo-na, compresi quelli italiani. Con il primo LTRO del 22 dicembre 2011, un insieme di 523 banche europee ricevette dalla BCE 489 miliardi. Con il secondo LTRO del dicembre del 2012, ben 800 banche ebbero altri 529 miliardi di euro. In totale il pompaggio di denaro dei due piani di finanziamento a lungo termine nell’economia dell’Eurozona fu di oltre mille miliardi, in meno di 12 mesi. Un quarto dei crediti andò a banche italiane e ciò ridusse di molto gli spread dei nostri tassi di interesse sui titoli del debito pubblico. Ma le nostre banche, con molte sofferenze verso imprese in crisi o in difficoltà, non poterono prestare il denaro all’economia nella misura desiderata. I due LTRO non bastarono a evitare che l’Eurozona, nel 2013, cadesse nel complesso in una deflazione monetaria e subisse un rallentamento della crescita, anziché una accelerazione, in quanto alcune economie, come quella italiana, nello sforzo di ridurre il deficit di bilancio, caddero in una ripetuta recessione, che si prolungò sino al 2014. La deflazione nell’Eurozona, peraltro, si era manifestata solo in parte a causa della simultanea riduzione dei deficit pubblici. In parte derivava dalla diminuzione brusca del prezzo del petrolio e in parte dagli effetti della guerra intestina in Ucraina e da quelli delle sanzioni commerciali fra Unione Europea e Russia. 113 Nel 2015, in ritardo, la BCE varò il QE per combattere la deflazione e per rilanciare la nostra economia e quella di altri Stati dell’Eurozona in difficoltà. Per effetto del QE adottato dalla BCE, il tasso di cambio dell’euro con il dollaro è calato, in poco tempo, verso il livello del cambio fra le due monete, che esse avevano quando l’euro era stato creato, rilanciando il commercio estero dei paesi dell’Eurozona. Ma neanche questo ribasso del cambio è bastato a rilanciare l’area dell’euro nel suo complesso. Sia il LTRO che il QE, però, non possono essere adoperati ad libitum, come un bancomat senza limiti, in una unione di stati, sia perché vanno ripartiti con quote proporzionali al Pil dei vari stati e alcuni possono esserne saturati prima degli altri, sia perché un tasso di interesse artificialmente basso non è a lungo sostenibile, in quanto danneggia il risparmio. La politica monetaria non può supplire a lacune persistenti nella politica di investimenti pubblici, in particolare dell’Unione Europea , che potrebbe esser finanziata dalla BCE, per grandi progetti di investimento, a bassissimo tasso, senza infrangere le regole sul divieto al finanziamento ai bilanci dei governi degli stati, che vale per quelli membri dell’Unione , non al suo governo . Nel complesso, per altro, queste misure hanno ben funzionato e sono servite a migliorare la situazione dell’euro zona in periodo in cui fattori politici esogeni come i flussi migratori dall’Africa, dal medio Oriente e da paesi finitimi, generano forti tensioni contro la sua coesione e a quella stessa , dell’Unione europea. 114 IV LEZIONE LE POLITICHE MONETARIE E FISCALI PER COMBATTERE LA CRISI E FAVORIRE LA RIPRESA. USA ED EMU A CONFRONTO. 1. Lo scoppio della crisi negli USA. Il TARP non fu un aiuto di stato . La crisi del debito che ha colpito l’Eurozona e l’Italia, e che ha creato disoccupazione, come si è visto, è nata negli USA dal deficit lending, la trasposizione al sistema bancario della teoria keynesiana del deficit spending. Questa teoria, afferma che non solo in periodi di depressione ma in linea generale, anche quando l’economia è semi-stagnante, le spese pubbliche in deficit e la riduzione delle imposte senza copertura finanziaria aumentando la domanda globale generano una espansione della produzione, che crea nuovo reddito, che a sua volta viene speso incentivando una nuova pro-duzione.85 Sicché la crescita del PIL non si ottiene mediante l’accumulazione di risparmio, per finanziare l’investimento privato e pubblico, ma mediante il deficit di bilancio anche per spese improduttive con seguente espansione del consumo. Al contrario, se nell’economia c’è troppo risparmio delle famiglie, non c’è un’adeguata domanda di consumi e l’economia non cresce. Quindi il risparmio, nel lungo periodo, è dannoso e il consumo virtuoso. La crisi ha avuto come epicentro la finanza degli USA, insediata soprattutto nel mercato finanziario di Wall Street, che Keynes -provocatoriamente- descriveva come una sorta di grande bisca e che, nell’epoca della finanza dei mercati globali non aveva ancora adeguate regolamentazioni dei prodotti e dei soggetti della nuova finanza. Tale mercato finanziario-come si è già visto- aveva avuto denaro facile dalla politica espansionista della Federal Reserve, la quale dal 2001 al 2007 aveva espanso la moneta, peraltro trascurando gli effetti moltiplicativi che venivano generati dai nuovi prodotti finanziari derivati, emessi al di fuori di ogni 115 regolamentazione. Le banche negli USA, nel Regno Unito, in Irlanda e in Spagna avevano fatto prestiti per l’edilizia con mutui pari al valore degli immobili che finanziavano e a volte anche per valori superiori a famiglie non dotate di un reddito bastevole per pagare le rate dei mutui, senza avere adeguati parametri patrimoniali per sostenere il rischio delle insolvenze. Come si è già notato, confidavano keynesianamente nel fatto che la crescita economica connessa al boom edilizio avrebbe generato un nuovo reddito, con cui le famiglie indebitate sarebbero divenute solvibili e che, comunque, ciò avrebbe fatto salire il valore degli immobili oggetto dei mutui in misura tale da soddisfare i creditori, nel caso di insolvenza dei mutuatari. Le operazioni erano-come si è detto- allettanti per due ragioni, perché i tassi di interesse caricati ai debitori erano più alti di quelli ordinari, dato lo scarso merito di credito dei debitori, e perché davano luogo a lucrose commissioni bancarie e a un lucroso commercio di titoli cosiddetti derivati, i quali consentivano alle banche guadagni maggiori di quelli ottenuti con le usuali attività bancarie. Ciò in quanto per essi non valevano gli obblighi di parametri patrimoniali vigenti per le operazioni di prestito, trattandosi non di credito ma di commercio finanziario ovvero trading. I mutui immobiliari in questione denominati “subprime”, con un termine eufemistico che vuol significare mutui di scarsa qualità ovvero di seconda scelta, sono stati mescolati a titoli di credito più sicuri con rendimenti ordinari, in modo da dare luogo a prodotti finanziari derivati compositi. Lo stesso si è fatto mediante la cartolarizzazione dei crediti per interessi e dei rimborsi riguardanti le carte di credito al consumo, che sono state impacchettate con altri titoli in prodotti finanziari derivati composti, venduti 116 dalle banche sul mercato. Una volta ceduti i derivati che contenevano i mutui immobiliari e le cartolarizzazioni delle carte di credito, le banche potevano fare nuovi mutui e nuovi prestiti con carte di credito. Anche questi prodotti finanziari “derivati” composti con la mescolanza di tipi diversi di crediti, con rendimenti bassi, medi e superiori al normale, davano luogo a rendimenti migliori della media. Avevano, però, elementi di rischio addizionali. Dietro questa finanza non c’erano più risparmi e investimenti effettivi. Alla fine, la bolla è scoppiata. Negli USA, per combattere la crisi derivante dal deficit lending, con Bush nel 2008 non si è adottato il deficit spending. Le banche, le grandi imprese finanziarie dell’edilizia agevolata popolare e le grandi imprese dell’auto sono state salvate mettendo in piedi, nel settembre del 2008, un ente finanziario transitorio: il cosiddetto TARP (Troubled Asset Relief Program),86 con una dotazione massima di 700 miliardi di dollari, che sarebbe stato gestito dal Tesoro, con crediti concessi di volta in volta, per i vari interventi, da restituire entro un arco di cinque anni, massimo dieci. Al 31 maggio 2015, la somma effettivamente sborsata risultava di 427 miliardi e quella recuperata di 441, ossia il 103,2%. Ovviamente una remunerazione del 3,2% per un programma finanziato a tassi prossimi allo zero, che si è esteso per sei anni, comporta una perdita, dati i costi amministrativi, anche nella ipotesi del recupero totale delle somme sborsate. Essa risulta attualmente solo di 13,9 miliardi, salgono a 37 nella previsione sino al termine del TARP. Ossia 3,7 miliardi di dollari all’anno, per dieci anni. Una cifra minima, considerando che il programma ha consentito di salvare la maggior parte delle imprese americane colpite da una crisi di dimensioni maggiori di quella del 1929, che avessero la possibilità di ritornare in utile, con quei finanziamenti, grazie a ristrutturazioni. 117 Ma la crisi aveva portato nel 2009 il deficit di bilancio del governo federale degli USA al 9,8% del PIL (Figura 1 e Tabella 1) . FIGURA 1 DEFICIT O SURPLUS DEL BILANCIO DEL GOVERNO FEDERALE DEGLI USA 1974-2024. Fonte CBO (Congresional Budget Office). Ufficio del bilancio del Parlamento degli USA-2014 TAVOLA 1 . I GRANDI INTERVENTI DEL TARP Nel settore delle auto il programma è servito a far uscire dalla crisi la General Motors e la Chrysler, comprata da Fiat, che sono state, entrambe ristrutturate e hanno restituito, nei tempi previsti, i prestiti a basso tasso ricevuti. Gli interventi maggiori sono stati quelli per le banche e per il mercato del credito, che sono stati molto numerosi e di importi variabili. Il maggiore ha riguardato il salvataggio di Citigroup, rimessa in sesto rapidamente. L’altro grosso intervento ha riguardato i 600 miliardi di titoli immobiliari degradati posseduti da Fannie Mae e Freddie Mac, istituzioni pubbliche di edilizia agevolata popolare. 118 I titoli sono stati rilevati dal TARP impedendo il fallimento delle due banche. La gigantesca compagnia assicurativa AIG che aveva subito grandi perdite a causa della caduta del settore immobiliare ed era in crisi di liquidità è stata aiutata dal TARP e da investitori privati con un credito, di 85 miliardi di dollari in cambio del 79,9% del suo capitale e con un prestito ulteriore di 37,8 miliardi di dollari con cui la sua attività veniva rilanciata. La grande compagnia di assicurazione di prestiti di banche e altri operatori finanziari (compresi i governi) Lehman Brothers, che, a causa della crisi, aveva un indebitamento di 630 miliardi di dollari, invece è stata lasciata fallire, perché il costo del salvataggio appariva eccessivo e in perdita. Ciò ebbe effetti devastanti sul mercato finanziario, che furono attutiti e poi riassorbiti tramite il QE. 2.La politica fiscale ha seguito precetti neo keynesiani solo in modo parziale e limitato . La ripresa è stata stimolata con la politica monetaria che è stata quantitativista . Anche con Obama ha salvaguardato la stabilità monetaria maneggiando con prudenza il QE Come si nota dalla Figura 1, tratta dal bilancio di previsione del governo Obama del 2014 per il 2015, il deficit di bilancio degli USA che dal 1994 non aveva mai superato il 3% del PIL, nel 2009 aumentò a tre volte tanto (attorno al 9%) e per altri tre anni rimase fuori norma, passando al 4% nel 2013, riguadagnando il livello del 3% nel 2014, per mantenersi poi al di sotto. La Tabella 1 mostra che il deficit di bilancio nel 2014 fu in effetti del 2,8%, almeno nel preconsuntivo degli inizi del 2015. Non ci fu una politica fiscale di ampi deficit. La ripresa fu stimolata con operazioni di ingegneria finanziaria tramite politiche del credito basate sul principio del tendenziale pareggio. mentre Le Federal Reserve, guidata da Ben Bernanke, agevolava la ripresa dalla crisi con misure finanziarie non convenzionali, compreso un QE che consentiva di assorbire parte del nuovo debito pubblico emesso sul mercato. 119 Ma si nota chiaramente (dalla Tabella 1) che Bernanke, quando nel 2008 il tasso di inflazione era arrivato al 3,8%, aveva tirato il freno a mano in modo drastico, tanto che l’anno dopo esso fu negativo scendendo a -0,4%. Il QE è stato manovrato dalla FED in modo prudenziale, sicché solo nel 2011 il tasso d’inflazione ha superato in misura sostanziale il 2% che la FED si era posta come vincolo di stabilità monetaria nel perseguimento degli obbiettivi di pieno impiego prescritti dal suo statuto. Solo nella seconda parte del 2011 c’è stato il rialzo anomalo dei prezzi e il tasso sul nuovo debito ha cominciato ad aumentare, ma il QE è potuto continuare con una bassa inflazione domestica, perché i dollari aggiuntivi servivano a pagare le importazioni dai paesi asiatici. Gli USA, nella politica monetaria erano stati keynesiani nella generazione della crisi mediante una politica monetaria troppo permissiva, paradossalmente attuata da un banchieri centrale non keynesiano come Alan Greenspan, che veniva elogiato da Wall Street perché la alimentava di politica espansiva. Dopotutto i prezzi al consumo non mostravano grandi segnali di inflazione, ma questa covava nel settore dei cespiti patrimoniali e da lì l’incendio si satebbe propagato 120 Ben Bernanke che gli era succeduto, seguace di Friedman, che sosteneva la preferibuilitè per flussi quantitativi regolari di moneta, non voleva fare l’errore di interrompere troppo bruscamente l’espansione monetaria, fu però costretto a farlo quando non ci fu altra scelta. Ma non si può affermare che le terapie messe in atto negli USA dal presidente repubblicano Bush e dal suo banchiere centrale Ben Bernanke per risollevare il paese dalla crisi dovuto al deficit lending abbiano seguito linee keynesiane. Il presidente della FED Ben Bernanke, come si è in precedenza fatto notare, ha attuato le politiche di espansione con il vincolo della stabilità monetaria. Si è apertamente dissociato dalle tesi keynesiane, che chiedevano una maggiore espansione monetaria, di Larry Summers e di Paul Krugman, secondo cui in questo secolo c’è un eccesso di risparmio sull’investimento che tende a causare ristagno. Neanche nella politica fiscale il governo di Bush, come si è visto sopra, ha generato un deficit di bilancio in base alla ricetta keynesiana di espandere la domanda globale, lo ha attuato per rifinanziare le banche e l’economia con interventi mirati mediante il TARP al fine di effettuare ristrutturazioni come quella del settore dell’auto, che si è conclusa con la restituzione dei prestiti concessi dal governo federale. Non si è trattato nel complesso di “salvataggi”, ma di operazioni economiche, anche se gli interventi a favore di banche e altri operatori finanziari colpiti da crisi di liquidità hanno violato il canone dell’economia di mercato per cui chi sbaglia deve fallire. Peraltro il fatto che la Lehman Brothers sia stata lasciata fallire, non solo perché “troppo grossa per esser salvata” ma anche perché non aveva solo una crisi di liquidità (aveva anche una crisi di solvibilità), ha impartito una buona lezione. 121 La politica del governo federale degli USA è ri-diventata parzialmente ed ambiguamente keynesiana con l’avvento al potere del presidente democratico Obama, il 20 gennaio del 2009, quando oramai il TARP era stato varato. Dal 2010 in poi la politica di deficit non è servita per combattere la crisi con politiche di riattivazione dell’offerta, ma con politiche orientate socialmente, come la riforma sanitaria con cui Obama ha vinto le prime elezioni e poi ha ottenuto la rielezione. Il bilancio federale aveva alti deficit non solo perché si riducevano le entrate rispetto al PIL, ma anche perché aumentavano le spese che Obama riteneva necessarie, in quanto facenti parte del suo programma sociale, che giustificava innanzitutto in termini di equità. E solo in seconda istanza in termini di efficienza macroeconomica neokeynesiana. La spesa federale, che nel 2009 era aumentata grandemente rispetto al PIL, a causa delle erogazioni dei sussidi di disoccupazione e del TARP, nel 2010 e nel 2011 non subì, rispetto al PIL, un sostanziale ridimensionamento. La spesa federale che con Bush, nel 2008, era salita a 2.900 miliardi e nel 2009 a 3.100, con il primo bilancio di Obama del 2010 balzò a 3.600 per salire a 3.800 nel 2011. Nel 2012 scese a 3.700 a causa della trattativa con i repubblicani sul rialzo del tetto per il volume di debito pubblico federale, ma l’anno dopo tornò a 3.800. Frattanto il PIL, che nel 2008 (Tabella 1) era sceso di 0,3 punti a causa della manovra di stabilizzazione della FED, guidata da Ben Bernanke e che nel 2009 era diminuito ancora di 2,6 punti, nel 2010, con il bilancio espansionista di Obama, 122 FIGURA 2 ENTRATE E SPESE DEL BILANCIO DEL GOVERNO FEDERALE IN % DEL PIL -1974-2014 aumentava di 1,6 punti in termini reali. TAVOLA 1 PIL, TASSO DI CRESCITA PIL, DEFICIT/PIL, DEBITO FEDERALE/PIL CON DEFINIZIONE STRETTA E AMPIA, TASSO DI INFLAZIONE, TASSO DI DISOCCUPAZIONE NEGLI USA, ANNI 2006-2015 Anno 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 Debito/PIL 63,3 63,9 64,8 76,0 87,1 95,2 99,4 100,1 101,5 PIL 13,1 (volume) Deficit/PIL 1,8 13,9 14,5 14,4 14,4 15,0 15,5 16,2 16,8 1,1 3,1 9,8 8,6 8,4 6,7 4,5 2,8 Debito 8,5 (volume) Debito/PIL 64,9 9,0 10,0 11,2 13,5 14,8 16,1 16,7 17,8 64,7 69,0 77,8 93,7 98,6 104,0 103,0 105,9 Tasso 2,7 variaz. PIL Tasso 3,2 inflazione Tasso 4,6 1,8 -0,3 -2,6 1,6 2,3 2,2 2,4 2,4 2,8 3,8 -0,4 1,6 3,2 2,1 1,5 1,6 4,6 5,8 9,3 9,6 8,9 7,1 7,4 6,1 disoccup. Fonti: Tesoro e Ufficio del Bilancio USA. I valori sono in dollari, in migliaia di miliardi Il tasso di inflazione che nel 2009 era stato di -0,4%- sotto le spinte del Quantitative Easing e al deficit di bilancio risaliva a 1,6 nel 2010, per poi 123 2015 18,4 3,1 5,5 arrivare al 3,2%. Bernanke, che Obama aveva riconfermato seguiva la sua linea di stabilizzazione monetaria alla Friedman, che – come si è visto- presenta molti aspetti in comune con quella nei classica, che in Italia, si basa sulla grande tradizione di Luigi Einaudi. Come questa, la teoria di Friedman, quanto basata sulla teoria quantitativa della moneta, con considerazione della sua velocità di circolazione, dovuta alla moneta creata dal sistema bancario. Con questi criteri Bernanke moderò il QE, e -dal 2012- il tasso di inflazione è stato attorno al 2%, con un trend fra l’1,5 e il 2%. Il tasso di disoccupazione nel 2015 è sceso al 5,5%, solo un punto in più che prima della crisi. Il debito pubblico degli USA è però aumentato enormemente. Nel 2006 era di 8.500 miliardi di dollari. Nel 2012 si era oramai gonfiato a 12, poi a 16 e nel 2015 a 18 mila miliardi. Nel 2006 era il 63-64% del PIL degli USA. Nel 2012 la sua percentuale era arrivata al 99,4-104%, a seconda del metodo usato per definirlo. Nel 2014 è giunto al 101-106% del PIL. Una quota elevata di questo debito (circa il 30%) sta nelle riserve delle banche centrali. Sul mercato ce ne è un 70%. Ma in volume, questo 70% è una massa imponente: si tratta di 13 mila miliardi di dollari. Ciò può servire, in gran parte, a spiegare perché in Europa la politica di elevati debiti pubblici non sia sostenibile e perché, qui, uno spazio per l’economia keynesiana sia molto esiguo e precario. Ma anche negli USA, anche con un presidente democratico, lo spazio per la politica fiscale neo-keynesiana è diventato precario. Nel frattempo i repubblicani avevano riconquistato la Camera. In cambio della modifica del tetto al debito chiedevano un taglio delle spese del 2,4%. Lo 124 scontro che si verificò rischiava di portare gli USA alla insolvenza del governo federale e alla fine ebbe luogo un faticoso accordo, in cui Obama, usando espressioni come “sequestro” e “precipizio fiscale” per il taglio delle spese richiesto dai repubblicani, riuscì a mantenere gran parte delle spese del suo programma, mentre adottava aumenti di imposte.87 Il deficit, benché un po’ ridimensionato, rimaneva pur sempre al 6,7% del PIL. Ma nel 2014 è sceso sotto il 3%. Gli USA hanno potuto effettuare questa politica di espansione, con un rapido rientro dalla crisi, con un regime di sostanziale stabilità monetaria (con la sola eccezione del 2011) perché hanno potuto mantenere un deficit elevato nella bilancia dei pagamenti correnti, finanziandolo con nuovi dollari (Tabella 3). Dato il potere del dollaro, come moneta mondiale di riserva, il risparmio necessario per ri lanciare l’investimento è stato ottenuto dall’estero tramite il deficit della bilancia corrente dei pagamenti, senza bisogno di una svalutazione della moneta. Ciò in quanto il dollaro è oramai la valuta di riserva fondamentale e l’offerta addizionale di dollari, derivante dal QE, è stata assorbita agevolmente dai paesi asiatici in forte crescita. Sino al 2011 le emissioni di nuovo debito pubblico USA sono state fatte a tasso negativo o a zero o poco sopra zero, mentre i prezzi rimanevano negli USA a livelli contenuti. Inoltre, nell’ultimo periodo, gli USA (come si evince dalla Tabella 5) hanno potuto migliorare di parecchio la loro bilancia dei pagamenti correnti, rispetto al trend precrisi, grazie ai nuovi giacimenti di petrolio e di gas, soprattutto gas 87. Si veda Gordon Brady, “Cognitive dissonance, iron triangle and rent seeking: sequester and the fiscal cliff”, in Francesco Forte et al. (a cura di), A Handbook of Alternative Theories of Public Economics, Cheltenham, Edward Elgar, 2014, pp. 400-412. 125 delle rocce sabbiose (shale gas), diventando esportatori netti di risorse energetiche, mentre erano, in precedenza, importatori netti. 3. L’elasticità della struttura di libero mercato e la quota limitata della spesa pubblica sul PIL che comporta bassa pressione fiscale favoriscono l’efficacia della politica monetaria espansive ai fini della crescita con stabilita Il sistema economico degli USA è caratterizzato dalla libertà di mercato, sia nel settore del lavoro, che negli altri. E ciò ha favorito le ristrutturazioni effettuate con interventi finanziari statali temporanei e il riemergere della capacità produttiva inutilizzata senza tensioni inflazionistiche. Va anche aggiunto che, grazie al TARP e al QE, il sistema del credito e degli altri intermediari finanziari degli USA è ora molto fluido e, pertanto, il denaro creato dalla FED fluisce realmente all’economia produttiva. La dimensione del governo, anche sommando quelli statali e locali a quello centrale, è molto moderata, come si vede chiaramente dalla Figura 3. La spesa del governo federale dagli anni Settanta del secolo scorso fluttua fra il 20 e il 25% del PIL. La gestione della crisi l’ha alzata di 5 punti rispetto al livello precedente del 20%: una percentuale enorme, in quanto pari al 25%. Ma aggiungendo a ciò la spesa dei governi statali e locali la dimensione totale del governo complessivo degli USA, anche nel periodo più critico della crisi, fra il 2008 e il 2011 non ha mai superato il 37% del PIL, mentre- come si vedrà fra poco- in Europa la spesa globale dei governi sfiora il 50% del PIL. Il livello moderato di spesa pubblica comporta due importanti conseguenze, per la politica di deficit temporaneo, durante un’emergenza. C’è una possibilità di dilatazione maggiore della spesa, a parità di deficit di bilancio, rispetto a paesi che hanno già una dimensione del governo attorno al 45% del prodotto nazionale. Inoltre c’è più margine per un aumento della pressione fiscale. 126 FIGURA 3. SPESA PUBBLICA SUL PIL DEGLI USA 1947-2014 FONTE.CBO (CONGRESSIONAL BUDGET OFFICE), UFFICIO DEL BILANCIO DEL PARLAMENTO DEGLI USA, 2014 È evidente, infatti, che se la spesa pubblica è il 35% del PIL, il pareggio del bilancio può essere ottenuto con un insieme di entrate del 35% del PIL. Considerando un volume di entrate patrimoniali fra il 3 e il 5% del PIL, la pressione tributaria è attorno al 30-32% del PIL. La tassazione, con una bassa progressività nell’imposta personale e una bassa tassazione delle imprese favorisce i processi di formazione del risparmio e dell’investimento. La capacità della politica di QE di fornire a banche, imprese e persone i mezzi finanziari per valorizzare la capacità produttiva non utilizzata di una economia in cui la pressione fiscale è attorno al 30% del PIL e la progressività e la tassazione delle imprese sono, per conseguenza, entrambe molto moderate è assai superiore a quella che il QE può avere una economia con una pressione fiscale che supera il 40% del PIL. Un deficit di bilancio del 3% è facilmente sostenibile, se il tasso di inflazione 127 è il 2% e il tasso di crescita del PIL in termini reali è il 2%, in quanto ciò comporta una crescita del PIL monetario del 4. Ne consegue che, per un paese con un debito pari al 100% del PIL, il deficit del 3% accompagnato dal tasso di crescita reale del PIL del 2% implica una riduzione del rapporto debito/PIL al 99%. IL QE così , portando la crescita a un livello fra il 2 e il 3% aiuta a realizzare una politica di bilancio con un deficit sostenibile , ossia una politica di finanza pubblica ortodossa. Invero, se il deficit è il 2% del PIL e il debito pubblico il 100% del PIL, il tasso di inflazione del 2% implica una perdita di valore reale del debito del 2%. Pertanto, depurato del tasso di inflazione, il nuovo debito è zero. In termini reali, si persegue la regola del pareggio d bilancio. In ogni caso, quando il debito pubblico è devoluto a investimenti che danno un beneficio futuro durevole e non genera un aumento del rapporto debito /Pil che è moderato, la regola del pareggio può esser sostituita da quella di invarianza del rapporto debito/PIL, a condizione che il risparmio privato, al netto della quota per gli investimenti pubblici basti per finanziare l’investimento privato o che il deficit di bilancia dei pagamenti correnti che tende a determinarsi, a causa dell’eccesso dei consumi + gli investimenti domestici sul prodotto nazionale, sia pagato con redditi netti dall’stero e da emissioni di moneta di riserva destinata durevolmente alle finanze di altri paesi: la duplice condizione peculiare in cui si trovano gli USA. 4. Il successo limitato delle politiche monetarie espansive della BCE si spiega con l’elevata spesa pubblica sul PIL degli stati dell’EMU, che comporta una elevata pressione fiscale e colla rigidità delle strutture di mercato e l’imperfezione di quelle dell’EMU. . Gli effetti economici e occupazionali nell’EMU e nell’UE delle politiche monetarie attuate dalla B CE, sono stati molto meno soddisfacenti che negli USA. Infatti, come si nota dal confronto della Tabella 2 con le figure e la tabella 128 precedenti, riguardanti gli USA, nel 2014 la disoccupazione nell’Unione Europea era ancora al di sopra del 10% e quella dell’Eurozona addirittura sopra l’11%, mentre il tasso di crescita del PIL era solo l’1,3% e quello dell’Eurozona appena dello 0,8%. Mentre il tasso di inflazione era sotto l’1% nell’area europea complessiva e appena lo 0,6% nell’Eurozona, il deficit di bilancio era inferiore al 3% nell’Unione Europea e al 2,5% nell’Eurozona e la bilancia corrente dei pagamenti aveva un anomalo surplus dello 1,6% - tutto dovuto alla anomalia di un surplus del 3% nella bilancia corrente dell’Eurozona. Questi indicatori- messi assieme- mostrano che era in atto una politica eccessivamente restrittiva, che generava una capacità produttiva inutilizzata e dava luogo a una bassa crescita del PIL nominale, la quale generava un aumento del rapporto debito/PIL che vanificava gli sforzi virtuosi di consolidamento del bilancio. Non pare, peraltro, che da questo quadro si possa arguire che l’Unione Europea abbia sbagliato politica perché avrebbe dovuto seguire principi keynesiani di maggior deficit dei paesi membri con governi fortemente indebitati. Piuttosto, sembra che si possa arguire che l’Unione Europea abbia sbagliato politica, per eccesso di zelo, proprio in rapporto alle prescrizioni della teoria fiscale e monetaria neo classica, per l’economia di mercato di concorrenza, che muove dal risparmio che crea l’investimento, in regime di tendenziale stabilità monetaria e di tendenziale equilibrio della finanza pubblica. Il mondo in questione non è un mondo anti-keynesiano in cui si rovesciano le prescrizioni tendenzialmente inflazioniste di Keynes, praticando ricette deflazioniste. È un mondo in cui si praticano la stabilità monetaria e l’equilibrio finanziario e fiscale ai fini di una crescita durevole e di una elevata occupazione, attuate con un mercato di concorrenza, in cui i governi e le politiche delle banche centrali sono sussidiari e conformi al mercato e le politiche sociali vi si 129 integrano. I risultati europei sono peggiori di quelli degli USA soprattutto perché oltre agli eccessi di rigore, che hanno portato alla deflazione, vi sono le imperfezioni nel mercato unico e i lacci e lacciuoli, ovvero le bardature che impediscono ad alcune economie, come quella italiana, di sfruttare le proprie potenzialità e vi è una eccessiva dimensione del governo, che comporta un minor spazio per le forze del mercato rispetto agli USA. TAVOLA 2 .PIL IN TERMINI REALI, TASSO DI VARIAZIONE DEL PIL REALE, TASSO DI INFLAZIONE, DEFICIT/PIL, DEBITO/PIL, SPESA PUBBLICA/PIL , PRESSIONE FISCALE, DISOCCUPAZIONE E SALDO DELLA BILANCIA CORRENTE DEI PAGAMENTI DELL’UE (28 STATI) E DELL’EMU (19 STATI), 2006-2014 2006 12.304 2007 12.462 2008 2009 2010 2011 12.495 11.770 12.268 13.494 2012 13426 2013 13520 2014 13 694 Spesa pubblica/PIL 8.433 3,4 3,3 2,3 2,2 -1,4 -1,3 61,3 68,3 46,8 8.861 3,1 3,1 2,4 2,1 -0,8 -0,6 58,7 66,0 45,6 8.906 0,5 0,5 3,71 3,3 -2,4 -2,1 62,5 70,1 46,9 8.435 -4,4 -4,5 1,0 0,3 -6,9 -6,4 74,8 79,9 51,0 8.760 2,1 2,0 2,1 1,6 6,5 6,2 80,0 85,3 50,6 9.693 1,7 1,6 3,1 2,7 -4,5 -4,0 82,5 87,2 49,1 9607 -0,5 -0,9 2,6 2,5 -4,2 3,6 83,7 89,1 49,3 9621 0,1 -0,4 1,5 1,3 -3,3 2,9 85,5 90,9 49,0 9697 1,3 0,8 0,6 0,4 -2,9 -2,4 86,8 91,9 48,1 Entrate pubbliche/ PIL 47,3 45,2 46,0 44,6 47,1 44,6 51,2 44,1 51,0 44,1 49,4 44,3 49,9 45,4 49,8 45,7 49,1 45,2 45,7 8,2 8,4 -0,8 45,3 7,2 7,5 -0,6 45,0 7,0 7,6 -2,0 44,9 9,0 9,5 -1,1 44,8 9,6 10,1 -0,8 45,5 9,6 10,1 0,2 46,2 10,4 11,3 1,0 46,8 10,8 12,0 1,5 46,6 10,2 11,6 1,6 -0,1 Fonte: Commissione Europea -0,3 -1,1 -0,6 -0,5 0,5 1,9 2,5 3,0 PIL in termini reali Tasso di var. PIL Inflazione (Tasso) Deficit/PIL Debito/PIL Disoccupazione Bilancia corr. Pagamenti L’Unione Europea ha una struttura di mercato molto meno fluida di quella degli Stati Uniti : nonostante ufficialmente faccia riferimento a un mercato unico, in una economia aperta e di libera concorrenza, essa, a differenza degli USA, non li ha né nel lavoro, né nel capitale, né nell’economia del territorio e delle infrastrutture. Nell’Unione Europea e, in particolare, nell’Eurozona, non c’è un mercato unico del lavoro, di natura flessibile. I rapporti di lavoro, nelle singole nazioni, sono regolamentati con norme differenti, spesso rigide e/o verticiste. Le componenti 130 previdenziali non sono armonizzate. Nell’Unione Europea e in particolare nell’Eurozona non c’è un unico mercato dei capitali, dato che l’unione bancaria è ancora allo stato embrionale. Non c’è un mercato unico dei trasporti, delle comunicazioni e dell’energia. Le strutture di mercato sono meno elastiche che negli USA, anche a causa di una maggior presenza di regolamentazioni pubbliche nell’utilizzo e nella gestione del territorio e nell’edilizia e a causa di un eccesso di imprese pubbliche regionali e locali, in condizioni di (quasi) monopolio, di diritto o di fatto. Inoltre, come è agevole vedere dalla Tavola 2, anche prima della crisi, nel 2006, la dimensione del governo, nell’Unione Europea, superava il 45% del PIL. Era il 47% nell’area euro e il 46% nell’Unione nel suo complesso. Le entrate pubbliche erano attorno al 45% o superiori, sicché la pressione tributaria era attorno al 40% o superiore. L’Unione Europea ha subito i contraccolpi della crisi finanziaria degli USA, sia fuori che entro l’Eurozona, in un periodo in cui l’Unione monetaria era ancora agli inizi e in cui le autorità monetarie non avevano ancora alcuna esperienza del modo di comportarsi di fronte alle crisi. Le regole fiscali e di bilancio del Trattato di Maastricht erano oggetto di critica, a causa della loro palese inadeguatezza, in rapporto alle fluttuazioni cicliche, ma non si era ancora individuato un diverso e plausibile sistema di regole in tale materia. La Commissione Europea ha applicato i principi di bilancio stabiliti dalle regole di Maastricht, che comportano una procedura di infrazione a carico degli Stati che violano la regola del tetto del 3% al deficit di bilancio. Ha concesso deroghe temporanee a tali regole e ha prescritto percorsi di consolidamento dei bilanci pubblici scaglionati nel tempo, in cambio dell’accettazione di nuove regole, 131 introdotte- con il cosi-detto Fiscal Compact- senza una discussione approfondita, basate sul pareggio del bilancio corretto per gli effetti del ciclo, introdotte, anche su richiesta dell’Italia, allo scopo di rassicurare i mercati, sulla serietà dei comportamenti di miglioramento graduale. Nelle nuove regole il quasi pareggio del bilancio strutturale, ossia depurato dai fattori ciclici, può essere raggiunto dagli stati membri sia con l’aumento dei tributi, attuato in qualsiasi modo, che con la riduzione delle spese e fra queste non si fa distinzione fra spese correnti e di investimento. E’ ovvio che ciò stimoli i governi ad aumentare i tributi, in particolare aumentandone le aliquote e a tagliare le spese di investimenti, due politiche dannose alla crescita e all’occupazione, essendo questo politicamente più facile che contenere le spese correnti e limitare gli esoneri fiscali, che assicurano consensi. Il calcolo del deficit del bilancio corretto per gli effetti del ciclo comporta di individuare l’effettiva capacità produttiva inutilizzata: si tratta, lo si noti, di una nozione non keynesiana. Infatti non si tratta di una capacità produttiva potenziale, attivabile automaticamente con la domanda, ma di una offerta preesistente effettiva o potenziale, che è ancora buona, nelle mutate circostanze, perché non deriva da scelte sbagliate di investimento o da scelte buone nel passato, ma oramai obsolete, ma da “colli di bottiglia”, difficoltà di ricomporre il sistema, carenza di iniziative imprenditoriali dovute a carenze nel sistema di finanziamento. Ciò ha portato anche a individuare “riforme” che dovrebbero portare a eliminare quei “colli di bottiglia” ossia “riforme” per eliminare le “bardature” di origine pubblica o consociativa che, come diceva Luigi Einaudi, impediscono al sistema di mercato di funzionare, con i principi di concorrenza e trasparenza, che permettono al risparmio di diventare investimento, al lavoro di essere utilizzato se remunerato secondo la sua produttività, e agli imprenditori di 132 esplicare le loro iniziative senza l’oppressione di imposte e “lacci e lacciuoli”.89 Nell’Unione Europea si sono effettuati salvataggi finanziari sia di banche che di imprese industriali, in specie del settore dell’auto, che hanno generato grandi deficit di bilancio permanenti, perché, a differenza che negli USA, le somme non sono state restituite. Mentre ufficialmente si criticavano gli USA perché non abbastanza rigorosi, tranne in casi limitati, non ci si è adeguati alla linea per cui i soldi prestati vanno restituiti. Il salvataggio bancario tramite il TARP negli USA ha comportato un sistema bancario più efficiente. I salvataggi bancari europei, invece, sono serviti a mantenere la precedente frammentazione e le precedenti opacità e solo faticosamente si è avviata (e solo per l’Eurozona) una riforma bancaria, tramite l’Unione bancaria che, peraltro, è ancora solo agli inizi e contiene principi di punizione dei risparmiatori che hanno dato i propri soldi alle banche, che sono andate male, fidandosene: con una deroga ai principi del codice civile sui diritti di proprietà, che contrasta con i principi di libero mercato, che-pure-fanno carte del Trattato vigente dell’Unione Europea, come si è visto in precedenza. L’effetto della linea cosiddetta del “rigore fiscale” è spesso consistito nell’aumento della pressione fiscale, per finanziare nuove spese sociali rivolte a sostenere i lavoratori colpiti dalla crisi senza preoccuparsi di ristrutturazioni e rifinanziare le gestioni pubbliche in deficit mentre venivano ridotte le spese pubbliche di investimento. 89. L’espressione “lacci e lacciuoli” non è di Einaudi, ma di Tommaso Campanella negli Aforismi politici ed è stata utilizzata da Guido Carli, nell’epoca in cui era Governatore della Banca d’Italia, nelle Considerazioni finali alla Relazione della Banca d’Italia del 1973. Egli però riecheggiava un gruppo di sette articoli di Einaudi, pubblicati sul Correre della Sera del gennaio-aprile 1919, riediti nel quinto volume delle Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925), Torino, Einaudi, 1961, col titolo “Faccia il suo mestiere” (pp. 42-61) che si riferisce allo Stato per i compiti che dovrebbe avere e per quelli impropri che si è assunto. I titoli dei sette articoli sono “Abolire i vincoli!”; “Eseguire i pagamenti!”; “Licenziare i padreterni”; “Arrivare in tempo”; “Relitti della guerra”; “Via le ostriche dallo scoglio”; “Con le ostriche, via gli scogli”. Essi suonano estremamente attuali per i problemi dell’Italia nel periodo post-crisi, negli anni 2010 e successivi. 133 La “politica di rigore” fiscale mirante al pareggio del bilancio, che è stata attuata mediante le regole del Trattato di Maastricht e quelle successive del Fiscal compact, non ha fatto alcuna distinzione fra l’inasprimento delle imposte e la riduzione delle spese e l’eliminazione di gestioni pubbliche malsane in perdita. In particolare non lo è stata quando si è trattato di introdurre o aumentare imposte che danneggiano il risparmio e la produttività. Come risultato, nell’Eurozona nel 2014 le entrate hanno raggiunto la cifra record del 46,6% del PIL. L’adozione delle misure fiscali restrittive da parte di più governi simultaneamente ha creato un effetto deflazionistico di politica fiscale, che avrebbe richiesto l’adozione di misure in senso contrario rivolte a utilizzare la capacità produttiva inutilizzata. E completamente mancata un’azione di politica fiscale da parte dell’Unione europea compensativa, tramite i fondi del bilancio europeo e gli strumenti finanziari dell’Unione Europea come la BEI e nuovi meccanismi finanziari come le PPP (Public Private Partnership).90 Nei periodi post-crisi, in cui ci può esser risparmio inoperoso, economisti liberali come Einaudi suggeriscono politiche di investimento azionate dalla mano pubblica, rivolte a obbiettivi produttivi: le PPP possono realizzarle con un limitato costo per il bilancio europeo. 90. Le PPP sono strutture finanziarie a capitale pubblico e privato che posso avere per oggetto la realizzazione di infrastrutture o opere pubbliche e/o la gestione di servizio pubblici, con rendimento di mercato, che copre in tutto o parte il costo. Se, ad esempio, manca un 20% di rendimento rispetto a quello di un investimento conveniente, anche con finanziamenti a basso tasso, una quota del 20% dell’operatore pubblico, a fondo perduto, può attivare un investimento di cinque volte tanto, finanziato per 4/5 dai privati. 134 Ma l’Unione Europea, al riguardo, ha fatto solo proposte che sono rimaste senza seguito o si sono diluite e frammentate nel tempo, per mancanza di concretezza operativa manageriale paragonabile a quella esplicata dagli USA con il TARP- Il piano Juncker (che prende nome dal presidente della Commissione Europea Junker) del 2014 che doveva mobilitare 315 miliardi di investimenti mediante una dotazione di 16 miliardi tratti dal bilancio europeo, con il coinvolgimento della BEI91 durante il 2015 non si è saputo successivamente più nulla. Il rigore fiscale mirante solo alla riduzione del deficit non alle modalità per attuarlo si è accompagnato, nell’Unione Europea e, soprattutto, nell’Eurozona, alla continua violazione dei principi ortodossi dell’economia di mercato e della finanza ed economia pubblica conforme al mercato, e anzi ha accentuato e rafforzato tale violazione. Fra le bardature, le ostriche attaccate agli scogli e gli scogli, che dovrebbero essere eliminati, ci sono anche le rigidità del mercato del lavoro, le inadeguatezze del sistema bancario. TAVOLA 3 Il PIANO JUNKER Il piano Junker prevedeva la costituzione di un Fondo europeo per gli investimenti strategici (EFSI) con il concorso della Banca Europea degli Investimenti (BEI). L’EFSI è dotato di un capitale iniziale di 21 miliardi di euro, di cui 13 già versati, altri 5 forniti dalla BEI e i restanti 16 da ottenere con economie del bilancio UE. La BEI dovrebbe emettere obbligazioni e raccogliere fondi sul mercato per un totale di 60 miliardi, con cui iniziare i finanziamenti dei progetti, che sarebbero cofinanziati per i restanti tre quarti (81x4=324) fra il 2015 e il 2017. 135 5. Le difficoltà all’esplicazione di una politica monetaria espansiva con misure non convenzionali nell’area euro La Banca Centrale Europea sino a tutto il 2011 non ha esercitato alcuna efficace politica monetaria espansiva atta a contrastare gli effetti deflattivi della politica fiscale, né ha esercitato alcuna azione di stabilizzazione sul mercato secondario del debito pubblico degli Stati membri con alto debito o con difficili condizioni di bilancio, per difenderli da pressioni speculative rivolte a creare corsi anomali dei loro titoli. La politica monetaria sino al 2011 ha seguito una linea di non compensazione della politica fiscale restrittiva, che -nella somma con questa- era, per gli effetti monetari-finanziari globali- sostanzialmente deflattiva. Invece, ai fini della stabilità monetaria (che include quella finanziaria come si è più volte sottolineato), la politica monetaria deve tenere conto di quella fiscale e la Banca Centrale, nella sua autonomia, se segue il mandato di stabilità monetaria, vi si deve coordinare. Nei periodi dopo la crisi, essa deve essere espansiva non solo per compensare le politiche fiscali di riduzione del deficit, che hanno effetti restrittivi, ma anche per tenere conto che, nel complesso, in tali periodi, se vi è capacità produttiva inutilizzata, suscettibile di utilizzo, la somma della politica fiscale e monetaria non dee essere neutrale ma espansiva. Ora, se da un annoi all’altro, nel complesso, la somma dei deficit di bilancio dei governi di una data area monetaria, come l’EMU si riduce e il bilancio dell’Unione non esercita alcuna azione compensativa, la politica monetaria dovrà essere “doppiamente” espansiva: -per compensare quell’effetto deflattivo (politica fiscale-monetaria neutrale) - per valorizzare la capacità produttiva non utilizzata (politica fiscale-monetaria espansiva) Ma per evitare l’inflazione o la inutilizzazione degli stimoli monetari occorre la flessibilità del mercato del lavoro di tuta l’area e la capacità delle banche di 136 tutta l’area di far affluire il “denaro facile” ( l’“easy money”) all’economia delle imprese e delle famiglie. Solo con l’insediamento di Draghi alla presidenza della BCE a metà del 2011 la linea è cambiata, ma non in modo tempestivo, date le continue resistenze ed esitazioni dei rappresentanti della Bundesbank, che temevano che questa linea, facilitando l’azione dei governi dei paesi in difficoltà, ne rallentasse le riforme e le politiche di consolidamento. Che la politica di espansione monetaria sia stata attuata troppo lentamente lo dimostrano la riduzione del tasso di inflazione al di sotto del livello dell’1% con punte negative in alcuni Stati dell’Eurozona, nel 2014, e la creazione, nello stesso anno, di un artificioso surplus della bilancia corrente dei pagamenti dell’Eurozona del 3%, mentre il PIL in alcuni Stati, come l’Italia, registrava una nuova caduta. Solo dal 2015 questo andamento anomalo è stato corretto mediante il QE, rivolto a dare maggior spazio alla espansione. La caduta del PIL, in Italia, ha generato una riduzione di entrate che ha reso più difficile il contenimento del deficit e un aumento vistoso del rapporto debito/PIL 137 TAVOLA 3 I BILANCI PUBBLICI DEGLI STATI DELL’UNIONE EUROPEA E DI USA E GIAPPONE 2006-2016 Bilancio Media 2006-2010 20111 Austria -3 Belgio -2 Bulgaria -0,6 Cipro -1,4 Croazia n.d Danimar 1,5 Estonia 0,2 ca Finlandi 1,6 Francia -4,4 aGermani -1,7 Grecia -9,8 a Irlanda -10,1 Italia -3,5 Lettonia -4,4 Lituania -4 Lussemb 1,6 Malta -3,1 urgo Paesi -2 Polonia -4,8 Bassi Portogal -6,4 Regno -6,3 lo Repubbli -3 Unito Romania -5,2 ca Ceca Slovacch -4,7 Slovenia -3 ia Spagna -4,1 Svezia 1,3 Ungheri -5,5 Unione n.d aEuro -3,3 Europea Giappon -4,5 Zona USA -7,6 e FONTE:COMMISSIONE EUROPEA UNITI -2,6 -4,1 -2 -5,8 -7,5 -2,1 1,2 -1 5,1 -0,9 10, -3,5 12, -3,3 2 -8,9 7 0,4 -2,6 -4,3 -4,9 -7,4 -7,6 -2,7 -5,3 -4,1 -6,6 -9,4 -0,1 -5,5 -4,5 -4,1 -8,8 - 2012 2013 -2,2 -2,9 -0,7 -5,8 -5,3 -3,7 -0,2 -2,1 -4,8 0,1 -8,7 -8,1 -3 0,8 -3,1 0,1 -3,6 -4 -3,7 -5,6 -8,3 -3,9 -2,9 -4,2 -4 -10,3 -0,9 -2,3 -4,2 -3,6 -8,7 -8,9 10, 6 138 -1,3 -4,1 -0,9 -4,9 -5,4 -1,1 -0,2 -2,5 -4,1 0,1 -12,3 -5,8 -2,9 -0,7 -2,6 0,9 -2,6 -2,3 -4 -4,8 -5,7 -1,2 -2,2 -2,6 -14,9 -6,8 -1,4 -2,5 -3,2 -2,9 -8,5 -5,6 Previsioni.2014 P Previsioni 2015 Previsioni 2016 -2,4 -3,2 -2,8 -8,8 -5,7 1,2 0,6 -3,2 -4 0,7 -3,5 -4,1 -3 -1,4 -0,7 0,6 -2,1 -2,3 -3,2 -4,5 -5,7 -2 -1,5 -2,9 -4,9 -5,8 -1,9 -2,6 -2,9 -2,4 -7,8 -4,9 -2 -2,6 -2,9 -1,1 -5,6 -1,5 -0,2 -3,3 -3,8 0,6 -2,1 -2,8 -2,6 -1,4 -1,5 0 -1,8 -1,7 -2,8 -3,1 -4,5 -2 -1,6 -2,7 -2,9 -4,5 -1,5 -2,5 -2,5 -2 -7,1 -4,2 -2 -2,4 -2,9 -0,1 -5,7 -2,6 -0,1 -3,2 -3,5 0,5 -2,2 -2,9 2 -1,6 -0,9 0,3 -1,5 -1,2 -2,6 -2,8 -3,1 -1,5 -3,5 -2,5 -2,8 -3,5 -1 -2,2 -2 -1,7 -6,5 -3,8 Come si nota dalla Tabella 3, l’Italia nel 2011 aveva un deficit di bilancio solo di 0,5 punti di più del 3%. Dal 2012 al 2014 ha costantemente ridotto il suo deficit di bilancio al 3% o al 2,9%. Ma, a causa della riduzione del PIL in termini reali e del modesto aumento dei prezzi nel triennio, il rapporto debito/ PIL che era il 116,5% nel 2011, è diventato nel 2014 il 132% e nel 2015 è salito ancora al 133%. TAVOLA 4 DEBITO PUBBLICO /PIL STATI DELL’UNIONE EUROPEA, USA E GIAPPONE 2006-2016 Debito Me 201 2012 2013 Previsio Previ Previsione Pubblico dia 1 Austria 72, 82, Belgio 93, 102 /PIL 200 5 1 Bulgaria 16, 15, 7 6Cipro 53, 66 3 7 Croazia 43, 63, 201 8 Danimar 35, 46, 8 7 Estonia 5,2 6 0 ca 1 4 Finlandi 38, 48, Francia 71, 85, a 7 5 Germani 69, 77, 5 2 Grecia 117 171 aIrlanda 7 9 48 111 ,7 ,3 Italia 106 116 ,2 Lettonia 24 42, ,5 ,4 Lituania 22, 37, 7 Lussemb 12, 19, 6 2 Malta 65 69, urgo 7 1 Paesi 51, 61, 7 Polonia 48, 54, Bassi 6 3 Portogal 77, 111 3 8 Regno 56 81, lo 8 ,1 Repubbli 31, 39, Unito 8 Romania 18, 34, ca Ceca 3 9 Slovacch 33, 43, 3 2 Slovenia 28, 46, ia 1 4 Spagna 45, 69, 6 5 Svezia 39, 36, 3 2 Ungheria 72, 81 1 2 Unione 66, 81, 4 Euro 72, 86, Europea 2 4 FONTE COMMISSIONE EUROPEA Zona 6 5 81,5 103,8 18 79,5 69,2 45,6 9,7 52,9 89,6 79,3 156,9 121,7 123,1 40,9 39,8 21,9 67,4 66,5 54,4 125,8 85,8 44,6 37,3 52,1 53,7 84,4 36,6 78,5 85,1 91,1 80,9 104,4 18,3 102,2 80,6 45 10,1 55,8 92,3 77,1 175 123,2 128,5 38,2 38,8 24 69,2 68,6 55,7 129,7 87,3 45 38 54,6 70,3 92,1 38,7 77,3 87,3 93,2 ne 2014 84,5 106,5 27,6 107,5 85 45,2 10,6 59,3 95 74,7 177,1 109,7 132,1 40 40,9 23,6 68 68,8 50,1 130,2 89,4 42,6 39,8 53,6 80,9 97,7 43,9 76,9 88,6 94,2 sion 87 106, e 29,8 5 2015 106, 90,5 7 39,5 10,3 62,6 96,4 71,5 180, 107, 2 133, 1 37,3 1 41,7 24,9 67,2 69,9 50,9 124, 89,9 4 41,5 40,1 53,4 81,5 100 44, ,4 75 2 88 94 2016 85,8 106,4 31,2 108,4 93,9 39,2 9,8 64,8 97 68,2 173,5 103,8 130,6 40,4 37,3 25,3 65,4 68,9 50,8 123 90,1 41,6 42,4 53,5 81,7 101,4 43,4 73,5 86,9 92,5 139 Né si può dire che la deflazione che ha accompagnato, nel 2012-2014, la politica di correzione del deficit attuata dall’Italia soprattutto con aumenti di imposte, in un’economia piena di bardature, fosse necessaria a causa dello squilibrio della bilancia italiana dei pagamenti correnti. Infatti essa, dopo un modesto deficit nel 2012, è andata in surplus nel 2013 e nel 2014 presentava un anomalo saldo attivo del 2%, che permane nel 2015 e nel 2016. TAVOLA 5 BILANCIA DEI PAGAMENTI CORRENTI. STATI DELL’UNIONE EUROPEA, USA E GIAPPONE 2006-2016 I Bilancia Media dei 2006Pagamen 2010 ti Austria 3,1 Correnti Belgio 2,2 Bulgaria -15,1 Cipro -10,3 Croazia -5,6 Danimarca 3,3 Estonia -7,1 Finlandia 2,9 Francia -1,3 Germania 6,1 Grecia -14 Irlanda -3,5 Italia -2,2 Lettonia -9,1 Lituania -7,3 Lussemburgo 8,4 Malta -6,6 Paesi Bassi 6,5 Polonia -5,2 Portogallo -10,8 Regno Unito -2,8 Repubblica -4,5 Romania -9,1 Ceca Slovacchia -5,7 Slovenia -2,2 Spagna -7,2 Svezia 7,8 Ungheria -4,4 Unione -0,4 Euro Zona 0,1 Europea Giappone 3,7 Stati Uniti -4,2 2011 2012 2,1 0,3 0,9 -3,4 -0,6 5,7 1,4 -1,5 -2,2 6,2 -10,4 0,8 -3,1 -3,1 -3,8 5,8 -1,7 7,1 -5 -5,6 -1,7 -4,6 -4,7 -3,8 0,9 -3,3 5,9 0,8 0,2 0,5 2 -3,1 2,6 0,6 -1,2 -5,7 0 5,6 -2,4 -1,9 -2,5 7,2 -4,4 1,6 -0,4 -3,5 -0,9 5,7 3,5 8,8 -3,8 -2 -3,7 -2,2 -4,7 0,3 3 -0,4 6,3 1,7 1 1,9 1 -3 Prevision Prevision 2013 Previsi one e 2015 e 2016 2014 2,3 2,3 2,4 2,4 -1,5 0,4 2,1 2,2 1,6 0,9 1,3 1,2 -2 -4 -3,9 -4,2 0,1 0,6 2 3 7,2 6,2 6,1 6,2 -0,4 0,1 -0,3 -0,5 -1,9 -1,8 -0,7 -0,4 -2 -1,7 -0,9 -1,2 6,9 7,6 7,9 7,7 -2,3 -2,2 -1,6 -1,3 4,4 6,2 5,7 5,3 0,9 2 2,2 2,2 -2 -2,9 -2,3 -3 1,5 0,6 -0,2 -1 4,9 5,3 4,6 4,6 3 2,9 0,6 0,4 8,5 9,9 9 9,4 -1,3 -1,4 -1,8 -2,2 0,9 0,5 1,2 1,4 -4,5 -5,5 -4,9 -4,1 -2,2 -0,9 0,4 0,7 -1,2 -0,5 -0,8 -1 0,8 1,9 1,8 0,7 4,8 5,3 5,4 5,6 1,5 0,6 1,2 1 6,9 5,8 5,8 5,6 4,2 4,4 5,5 6,2 1,5 1,6 1,9 1,9 2,5 3 3,5 3,4 0,7 0,6 1,4 1,7 -2,5 -2,6 -2,2 -2,4 FONTE : COMMISSIONE EUROPEA 140 Ecco così la possibilità e la necessità di una politica della crescita con bilancio che, tramite la crescita, si avvia più facilmente al pareggio. Einaudi, al riguardo, si pronuncia per un programma di investimenti, azionato dalla mano pubblica ed affidato, in larga misura, alle imprese pubbliche e di pubblica utilità.92 Egli, peraltro, come si è visto, sostiene però soprattutto la necessità di azionare le leve bancarie e di rimuovere le bardature che ostacolano gli investimenti delle imprese. Ma, come emerge dalla Tabella 6, l’Italia negli anni della crisi ha continuamente ridotto i propri investimenti, privati e pubblici, sino al 2014 compreso. Solo nel 2015 vi è un limitato recupero. TAVOLA 6. DINAMICA DEGLI INVESTIMENTI. STATI DELL’UNIONE EUROPEA, USA E GIAPPONE 2006-2016 Investi Media 2006- menti 2010 2011 Austri -0,6 6, Totali Belgi 0,9 4 aBulga 8 (% 1 o Cipro 3 variazi ria 6, Croaz -1,3 9, one) Dani -1,6 0, 6 ia 2, Eston -6,2 32 4 marc 3 Finlan -0,2 4, 7 ia ,7 Franci 0,5 2, adia 1 Germ 1,4 7, a 1 Greci -2,4 ania 3 Irland -8,1 a 16 Italia -1,9 a 2, Letto -7,3 24 ,8 1, Litua -2,7 19 2 nia ,2 Lusse 1,3 14 9 nia ,4 Malta 1,9 mbur ,4 Paesi 0,5 5, 17 Polon 7,4 9, go Bassi 6 Porto -1,2 -,8 ia 3 Regn -1,2 2, gallo 12 Repu 2,3 1, o 3 Roma 5,7 2, ,5 bblica 1 Slova 1 12 Unito nia 9 Slove -2,3 Ceca cchia ,7 Spagn -3,2 nia 4, Svezi 1,8 5, a 6, Ungh -2,5 -6 a 7 Union -0,4 2 3 eria 2, Euro -0,6 1, e Giapp -2,7 1, 2 Zona 7 Stati -3,3 3, Europ one 4 FONTE: COMMISSIONE EUROPEA Uniti 7 ea 2012 0, 0 5 4, 2 2 0, 3, 1 0, 6 -3 0, 7 0, 2, -9 3 -2 0, 5, 2 -7 2 1 8, 9, 4, 7 2, 3 1, -5 5 -6 6 1, -1 1, 0, 1 -5 7 0, 6, 2, 1 6 -9 9, 8, -3 8, -9 0, -1 4, -2 2, 3, 2 3, 5, 8 4 7 3 2013 Previsione 2014 -1,5 -2,2 -0,1 -17,1 -1 0,9 2,3 -5,3 -1 -0,6 -9,5 -2,8 -5,8 -5,2 7 -4,5 2,7 -4 1,1 -6,7 3,4 -4,4 -7,9 -2,7 1,9 -3,8 -0,4 5,2 -1,5 -2,5 3,2 2,7 141 0,5 4,5 2,8 -18,8 -4 3,7 -2,8 -5,1 -1,5 3,4 2,7 11,3 -3,3 1,3 8 2,4 14 3,4 9,2 2,5 7,8 4,5 -3,5 5,7 4,8 3,4 6,5 11,7 2,5 1,1 2,6 3,7 Previsione 2015 Previsione 2016 0,9 0 -1,7 -3,6 -1,8 2,7 1 -1 -0,6 2,1 -3,1 9,8 1,1 0,5 4,3 2,4 19,9 4,5 6,9 3,5 5,6 5 3,2 4,6 4,3 5,5 4,1 4,6 2,6 1,7 -0,1 5,6 3,2 2,7 -2,9 3,6 1,6 3,7 3,2 2,5 3 4,4 7,2 9,9 4,1 4,4 5,8 3 5,6 4,2 5 4 5,5 2,5 4,2 3,7 0,3 5,1 4,5 -1 4,2 4 1,7 5,9 Il QE sarebbe potuto servire per generare maggiori investimenti, sia dando maggiori disponibilità di mezzi alle banche per farlo, sia operando direttamente con l’acquisto di obbligazioni della Cassa Depositi e Prestiti e di imprese pubbliche come le Ferrovie, l’Enel, Terna e la Snam, sia agevolando il credito delle banche mediante l’acquisto di debito pubblico in loro possesso. Ma i canali bancari funzionano imperfettamente, a causa delle insolvenze, che si sono accumulate negli ultimi anni, riducendo lo spazio per nuovi prestiti, sulla base dei parametri patrimoniali esistenti. Se le banche avessero più risparmio proprio, potrebbero fare più prestiti per le nuove iniziative. Le imprese, a loro volta, non hanno molti mezzi propri per i nuovi investimenti, perché i loro profitti sono limitati e il prelievo fiscale è elevato. La scarsità di risparmio fresco e di investimenti si ripercuote negativamente sul tasso di crescita del PIL. Dopo una decrescita di 4,9 punti in tre anni, fra il 2012 e il 2014, il PIL dell’Italia nel 2015 è aumentato dello 0,6% soltanto, mentre la media dell’Eurozona è l’1,5. Nel 2016 la percentuale di aumento sarà l’1,6%, mentre la media dell’Eurozona è stimata nell’1,9%. Le medie dell’Eurozona sono basse, in confronto a quelle degli USA, e quelle italiane sono basse in confronto a quelle dell’Eurozona. I malanni che spiegano questo fenomeno non riguardano le politiche monetarie espansive non convenzionali, ma le inadeguatezze nel sistema del credito, nel sistema tributario, nel mercato del lavoro, nella politica del bilancio, nell’eccesso di regolamentazioni e nelle inefficienze del settore delle imprese pubbliche locali. 142 143 144 145 146 ). 147 148 149 150 151 152 . 153