un nuovo new deal - Centro Studi Monte Sa

UN NUOVO NEW DEAL
10.11.1998 - Una nuova prova del nove attende l’Unione europea (Ue). Fra poche settimane essa si doterà di un unico
strumento monetario. Si tratta di un passo enorme poiché la moneta è uno dei principali attributi dello Stato. Per
raggiungere quest’obiettivo i sacrifici sono stati importanti, ma necessari. Vediamo perché. La moneta comune è stata
concepita essenzialmente come scambio geopolitico tra la Germania e i suoi partner. All’inizio di questo decennio,
spaventati dalla caduta del Muro di Berlino, gli Europei, la Francia, permisero la rinascita della Grande Germania a
condizione però che questa accettasse di sacrificare il marco, strumento di potenza, sull’altare dell’Unione europea. Il
paese di Adenauer e di Kohl soddisfece quest’esigenza, ma chiese e ottenne che la futura moneta comune, poi
battezzata euro, assomigliasse in tutto e per tutto alla propria: gli Stati che avrebbero adottato la nuova valuta dovevano
operare per avere finanze pubbliche sane e inflazione sotto controllo. Purtroppo durante gli anni Novanta le economie
dei paesi dell’Ue – ad eccezione di quella inglese – si trovarono in una situazione di generale diminuzione dei consumi.
E ciò avveniva proprio mentre gli Stati, per rispettare gli impegni presi a Maastricht, riducevano le spese contribuendo
quindi ad un’ulteriore flessione della domanda. Parallelamente a questi fenomeni, l’avvento dell’informatica migliorava la
produttività delle aziende, le quali, per soddisfare i desiderata degli azionisti, comprimevano fortemente i costi, anche
quelli del personale, causando quindi disoccupazione e diminuzione reale dei salari.
In questo contesto di deflazione (cioè di diminuzione dei prezzi), i paesi candidati all’euro continuavano ostinatamente a
combattere, come don Chichotte con i mulini a vento, l’inflazione. Situazione paradossale, ma obbligata: se gli accordi di
Maastricht non fossero stati rispettati non si sarebbe creata la fiducia necessaria alla nascita di un euro stabile.
Ora però è tempo di cambiare. La moneta non può essere fine a se stessa. L’Europa ha bisogno di un nuovo “New
Deal”, come ha detto recentemente Romano Prodi, ex presidente del Consiglio italiano. Al più presto devono essere
impostate politiche attive di rilancio dell’economia, magari liberando parte delle riserve della Banca centrale europea. Ciò
produrrà due effetti, uno economico (rilanciare la domanda e l’occupazione), l’altro politico (dimostrare che la Ue è in
grado di partorire una concreta progettualità, di assumere un ruolo leader). Se iniziative di questo genere verranno
intraprese – a Bruxelles pare se ne discuta seriamente – anche gli svizzeri, quelli scettici e prudenti, si convinceranno
che l’Unione europea è ormai diventata una realtà irrinunciabile e l’adesione apparirà un passo naturale.