Concerti dell`Auditorio 2013

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Maestro, poeta, cantanti
ed orchestra
Orchestra della Svizzera italiana
Coro della Radiotelevisione svizzera
Concerti dell’Auditorio, Lugano
1 1 gennaio – 29 marzo 201 3
INDICE
5 INTRODUZIONE AI CONCERTI
7 CALENDARIO
LUGANO
9 ABBONAMENTI E BIGLIETTI LUGANO
2 3 VENERDÌ 1 1 GENNAIO
1 5 OSI
27 GIOVEDÌ 24 GENNAIO
1 7 I FANTASMI DELL’OPERA
VENERDÌ 25 GENNAIO
85 DIREZIONE E STAFF
3 1 VENERDÌ 1. FEBBRAIO
87 CONTATTI
35 VENERDÌ 8 FEBBRAIO
AUDITORIO RSI
39 VENERDÌ 1 5 FEBBRAIO
43 VENERDÌ 2 2 FEBBRAIO
47 VENERDÌ 1. MARZO
5 1 VENERDÌ 8 MARZO
55 SABATO 9 MARZO
59 DOMENICA 1 0 MARZO
6 3 GIOVEDÌ 1 4 MARZO
VENERDÌ 1 5 MARZO
67 VENERDÌ 2 2 MARZO
TEATRO SOCIALE
BELLINZONA
43 SABATO 23 FEBBRAIO
COLLEGIATA
BELLINZONA
7 1 VENERDÌ 29 MARZO
CHRISTIAN GILARDI
Responsabile settore musicalE
DIPARTIMENTO CULTURA RSI
Se anche questi versi – frutto della collaborazione tra Carlo Pedrotti e Marco Marcelliano Marcello per il Tutti in maschera andato in scena al Teatro Nuovo di Verona il 4
novembre 1856 – non sono passati alla storia grazie ai particolari meriti artistici, assai
significativi sono nel rappresentare quel grumo di umanità e di energie che da sempre
si è connaturato all’opera lirica. Sapori forti, esistenze dinamiche, storie travolgenti,
scandali e lacrime che hanno contrappuntato quattro secoli di cultura italiana unificando il colto e il popolare, il ricco e il povero, il professore e l’analfabeta come nient’altro
ha saputo fare. Inutile poi dire dell’influenza che la musica operistica italiana ha avuto
in tutta Europa. E di questo indescrivibile vigore vogliono essere specchio i Concerti
dell’Auditorio 2013, in una forma sublimata che porterà il mondo dell’opera a ricondensarsi nella sala da concerto degli studi RSI a Besso. Niente palcoscenico e quinte, perciò:
l’intenso sapore del melodramma rivivrà attraverso il respiro sinfonico di celeberrime
ouvertures, suites o di irresistibili intermezzi danzanti. Verdi (del quale assieme a Wagner
si festeggia nel 2013 il duecentenario dalla nascita), Rossini, Mozart, Mascagni, Puccini
troveranno quindi un insolito posto sui leggii dell’Orchestra della Svizzera italiana, anche
grazie a pagine strumentali di rara esecuzione pubblica, come il Divertimento per due
clarinetti di Amilcare Ponchielli o il Concerto a fagotto principale di Gioachino Rossini.
La figura e l’opera del massimo pesarese faranno da introduzione ad un altro anniversario di questo 2013: il centenario dalla nascita di Benjamin Britten, il compositore
britannico che su materiali rossiniani compose le Soirées Musicales op. 9.
Nella nuova edizione dei Concerti dell’Auditorio si rinnova anche l’apprezzato appuntamento con i tre concerti “carta bianca” e, dato questo tema generale, non si poteva
che offrire la scelta dei programmi ad uno dei massimi custodi dell’arte lirica italiana:
il direttore d’orchestra Nello Santi che proporrà tre programmi insoliti nell’impaginazione,
frutto di un lungo lavoro di ricerca su Verdi e il Verismo italiano. Si rinnova anche
l’appuntamento con Primo Piano Ashkenazy che propone due concerti di musica da
camera con il grande pianista.
Per il bicentenario dalla nascita del grande operista bussetano, il Venerdì Santo, proporremo la Messa da Requiem con l’OSI e il Coro RSI diretti da Diego Fasolis.
In collaborazione con Lugano Festival, i Vesperali - Amici della Musica in Cattedrale
e il Municipio di Bellinzona saremo proprio nella Capitale ticinese, in Collegiata,
per proporvi il grande affresco musicale di Verdi.
Per realizzare questa stagione concertistica abbiamo chiamato direttori d’orchestra
e solisti che frequentano abitualmente questo repertorio, cercando di diversificare
le proposte con alcune novità che andrete scoprendo leggendo il programma.
5
“Maestro, poeta, cantanti ed orchestra
Levate le vele, la sorte vi è destra.
Con tante d’orecchie, v’aspetta Damasco;
Urlando, suonando farete furor.”
GENNAIO 201 3
FEBBRAIO 201 3
Venerdì 1 1 ore 20.30 p. 23
Orchestra della Svizzera italiana
Direttore Alain Lombard
Solista Benedetto Lupo pianoforte
Musiche di Mozart, Sibelius, Bizet
Venerdì 1 ore 20.30 p. 3 1
Orchestra della Svizzera italiana
Direttore Alain Lombard
Solista Raphael Wallfisch violoncello
Musiche di Mozart, Haydn, Schubert
Giovedì 24 e Venerdì 25
ore 20.30 p. 27
Orchestra della Svizzera italiana
Direttore Nello Santi
Musiche di Verdi
Venerdì 8 ore 20.30 p. 35
Orchestra della Svizzera italiana
Direttore Daniele Rustioni
Solista Pavel Berman violino
Musiche di Rossini, Prokof’ev,
Beethoven
Venerdì 15 ore 20.30 p. 39
Orchestra di fiati della Svizzera italiana
Direttore Angelo Bolciaghi
Musiche di Mercadante, Ponchielli,
Verdi, Respighi, Reed
Venerdì 22 ore 20.30 p. 43
Orchestra della Svizzera italiana
Direttore Donato Renzetti
Solista Vincent Godel fagotto
Musiche di Rossini, Britten
Sabato 23 febbraio ore 20.45 p. 43
Teatro Sociale Bellinzona
Orchestra della Svizzera italiana
Direttore Donato Renzetti
Solista Vincent Godel fagotto
Musiche di Rossini
MARZO 201 3
Venerdì 1 ore 20.30 p. 47
Orchestra della Svizzera italiana
Direttore Nello Santi
Solisti Corrado Giuffredi,
Paolo Beltramini clarinetto
Musiche di Mascagni, Wolf-Ferrari,
Cilea, Puccini, Catalani, Ponchielli
Venerdì 8 ore 20.30 p. 51
Orchestra della Svizzera italiana
Direttore Markus Poschner
Solista Cédric Pescia pianoforte
Musiche di Mozart, Schubert,
Beethoven
Venerdì 22 ore 20.30 p. 67
Orchestra della Svizzera italiana
Direttore Nello Santi
Solista Adriana Marfisi soprano
Musiche di Verdi
Venerdì 29 ore 20.40 p. 7 1
Collegiata Bellinzona
Concerto del Venerdì Santo
Orchestra della Svizzera italiana
Coro e solisti
della Radiotelevisione svizzera
Direttore Diego Fasolis
Musiche di Verdi
7
Sabato 9 ore 20.30 p. 55
Primo Piano Ashkenazy
Solisti Vladimir Ashkenazy,
Vovka Ashkenazy pianoforte,
Dimitri Ashkenazy clarinetto,
Daniel Dodds violino,
Antonio Lysy violoncello
Musiche di Blake, Šostakovi,
Musorgskij
Domenica 10 ore 17.00 p. 59
Primo Piano Ashkenazy
Solisti Vovka Ashkenazy pianoforte,
Dimitri Ashkenazy clarinetto,
Daniel Dodds violino,
Antonio Lysy violoncello
Musiche di Beethoven, Stravinskij,
Schickele
Giovedì 14 e Venerdì 15
ore 20.30 p. 63
Orchestra della Svizzera italiana
Direttore Juraj Valuha
Solista Detlef Roth baritono
Musiche di Wagner, Martin,
Beethoven
Sito web
rsi.ch/concertiauditorio
Con riserva di modifiche
Stampato in novembre 2012
ABBONAMENTI E BIGLIETTI
Abbonamenti Centrali Laterali
a 12 concerti
CHF 420.–360.–
Club Rete Due
Amici OSI CHF 340.–280.–
AVS e abbonati CdT CHF 400.–340.–
*
Abbonamenti Centrali Laterali
a 2 concerti
CHF 70.–60.–
Club Rete Due
Amici OSI CHF 50.–40.–
AVS e abbonati CdT CHF 60.–50.–
Biglietti
CHF 40.–35.–
Club Rete Due
Amici OSI CHF 30.–25.–
AVS e abbonati CdT CHF 35.–30.–
Studenti (da 19 anni) CHF 5.–
biglietto gratuito
Fino a 18 anni
Media Partner
La prevendita per i nuovi abbonamenti avrà luogo da lunedì 10 a venerdì 14 dicembre
alla RSI, Via Canevascini, Lugano, negli orari 9.00–1 1.30/13.30–16.30 oppure telefonando
allo 091 803 95 49.
In occasione dei Concerti dell’Auditorio 2013 verranno raddoppiati 2 concerti* il giovedì
24 gennaio e 14 marzo, con la possibilità di acquistare un mini abbonamento per le due
serate.
Prevendita biglietti da mercoledì 19 dicembre in tutti i punti vendita Ticketcorner
(uffici postali, Manor, stazioni FFS) e online www.ticketcorner.com.
I biglietti saranno pure in vendita alla cassa dell’Auditorio RSI la sera dei concerti
dalle 19.00.
I biglietti gratuiti destinati ai giovani fino a 18 anni, sono disponibili solo alla cassa
dell’Auditorio RSI la sera dei concerti dalle 19.00 (previa disponibilità dei posti in sala).
Il concerto di sabato 23 febbraio è fuori abbonamento. I biglietti sono acquistabili
online www.ticketcorner.com.
9
Il concerto di venerdì 29 marzo è fuori abbonamento. I biglietti saranno acquistabili
all’inizio della prevendita di Lugano Festival.
Con riserva di modifiche
AUDITORIO STELIO MOLO
1
1
37
37
3
3
39
39
5
41
77
5
41
77
7
43
79
7
9
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49
51
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15
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21
23
25 1727 1929 2131 2333 2535 27 3629 3431
57
59
61
63 5565 5767 5969 6171 6373 6575 67 7669 7471
93
1
13
3
3
95
97
99 101 103951059710799109
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9
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79
9
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17
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33
9
33
227 229 231 233 235
227
237
229
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231
241
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235
245
237
247
239
249
241
251
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245
255
247
256
249
254
251
2
275 277 279 281 283
275
285
277
287
279
289
281
291
283
293
285
295
287
297
289
299
291
301
293
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295
304
297
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299
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7
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1
7
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5
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40
DISPARI DISPARI
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3
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39
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3
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36
1
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36
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317
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323
325
327
329
331
305 307 309 311 313
305
315
307
309
311
313
315
333
335
337
338
336
333
3
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BALCONATA BALCONATA
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38
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92
39
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2
37
37
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40
36
0
40
6
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40
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36
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41
2
41
41
4
35
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340
4
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38
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38
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38
38
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0
39
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4
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27
34
6
34
34
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2
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36
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6
BALCONATA BALCONATA
Posti centrali
Posti laterali
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338
328
336
326
334
324
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322
330
320
328
318
326
316
324
314
322
312
320
310
318
308
316
306
314 312 310 308 306
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433
434
432
430
428
426
424 422 420 418 416
430
428
426
424
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420
418
416
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6
21
21
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298
303
296
304
294
302
292
300
290
298
288
296
286
294
284
292
282
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280
288
278
286
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116
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114
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112
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78
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62
88
7273 7075 68 7666 7464 7262 7060 6858 6656 64
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20
6
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16
24
54
3233 3035 28 3626 3424 3222 3020 2818 26
VIOLINI
FLAUTI
Robert Kowalski Spalla
Tamás Major Spalla
Walter Zagato Sostituto spalla
Andreas Laake 1a parte
Hans Liviabella 1a parte
Barbara Ciannamea–Monté Rizzi
Sostituto 1a parte
Maria Cristina Andreae–Ferrarini
Chun He Gao
Cristina Tavazzi–Savoldo
Irina Roukavitsina-Bellisario
Duilio Galfetti
Fabio Arnaboldi
Katie Vitalie
Denis Monighetti
Piotr Nikiforoff
Alfred Rutz 1a parte
Bruno Grossi 1a parte
VIOLE
Monica Benda 1a parte
Ivan Vukević 1a parte
Matthias Müller Sostituto 1a parte
Aurélie Adolphe
Andriy Burko
OBOI
Marco Schiavon 1a parte
Federico Cicoria 1a parte
CLARINETTI
Paolo Beltramini 1a parte
Corrado Giuffredi 1a parte
FAGOTTI
Vincent Godel 1a parte
Alberto Biano 1a parte
CORNI
Zora Slokar 1a parte
Georges Alvarez 1a parte
TROMBE
Sébastien Galley 1a parte
Milko Raspanti 1a parte
TIMPANI
VIOLONCELLI
Taisuke Yamashita 1a parte
Johann Sebastian Paetsch 1a parte
Felix Vogelsang Sostituto 1a parte
Beat Helfenberger
CONTRABBASSI
Ermanno Ferrari 1a parte
Enrico Fagone 1a parte
Anton Uhle
Louis Sauvêtre 1a parte
Direttori titolari
Alain Lombard
dal 2005 direttore onorario
1999–2005 direttore principale
Mikhail Pletnev
2008–2010 primo direttore ospite
Serge Baudo
1997–2000 primo direttore ospite
Nicholas Carthy
1993–1996 direttore stabile
Marc Andreae
1969–1991 direttore stabile
Otmar Nussio
1938–1968 direttore stabile
Leopoldo Casella
1935–1938 direttore stabile
ORCHESTRA DELLA SVIZZERA ITALIANA
L’Orchestra della Svizzera italiana è una delle 13 formazioni a livello professionale attive
in Svizzera. Composta da 41 musicisti stabili, è finanziata dal Cantone Ticino e dalla
Radiotelevisione svizzera. Dà vita annualmente alle due stagioni musicali di Rete Due
(Concerti d’autunno al Palazzo dei Congressi di Lugano e Concerti dell’Auditorio RSI)
e partecipa regolarmente alle Settimane Musicali di Ascona, a Lugano Festival e
al Progetto Martha Argerich. Si esibisce nei maggiori centri nazionali ed internazionali.
Effettua numerose registrazioni in studio, finalizzate all’emissione radiofonica o alla
produzione discografica. Per mantenere e consolidare il proprio impegno con la regione,
offre un’ampia serie di concerti rivolti alla popolazione: dai concerti estivi nelle località
più discoste della Svizzera italiana ai concerti per famiglie; dai concerti per le scuole
alle collaborazioni su più fronti con il Conservatorio della Svizzera italiana.
Nel 2010 l’OSI si è esibita al Parco della Musica di Roma con Lorin Maazel, a Costanza
e Milano con Rudolf Buchbinder, in Tournée per tutta la Svizzera con Vadim Repin.
Nel settembre 201 1 è stata protagonista al Teatro degli Arcimboldi a Milano di un importante concerto con il noto gruppo rock italiano PFM. Il 2012 l’ha vista protagonista al
Teatro alla Scala di Milano nel cartellone ufficiale della stagione con Salvatore Accardo
e in tournée nei maggiori Teatri del Brasile con John Neschling.
15
LA STORIA
Nata come Orchestra di Radio Monte Ceneri nel 1935 a Lugano, ha contribuito in
maniera determinante allo sviluppo musicale del territorio. Ha dato avvio ad importanti
Festival a Lugano, Locarno e Ascona fin dagli anni ‘40, ed è stata diretta da grandi
personalità musicali quali Ansermet, Stravinskij, Stokowsky, Celibidache, Scherchen.
Ha collaborato con innumerevoli compositori quali Mascagni, R. Strauss, Honegger,
Milhaud, Martin, Hindemith e, in tempi più vicini, Berio, Henze e Penderecki.
Direttore stabile tra il 1938 ed il 1968 è stato Otmar Nussio, di origini grigionesi, che
ha dato grande sviluppo all’attività concertistica, aprendola a collaborazioni internazionali. Con Marc Andreae, direttore stabile dal 1969 al 1991, la Radiorchestra ha consolidato il proprio ruolo, ampliando la programmazione musicale e promuovendo prime
esecuzioni dei maggiori compositori viventi. Nel 1991 l’Orchestra prende il nome attuale
e inizia a mettersi in luce a livello internazionale, esibendosi nelle più prestigiose sale
di città come Vienna, Amsterdam, San Pietroburgo, Parigi, Milano e Salisburgo.
Nel 1999 avvia un’intensa collaborazione con Alain Lombard, che dapprima ricopre il
ruolo di direttore principale e nel 2005 è nominato direttore onorario. Dal 2008 al 2010
si avvale anche della prestigiosa collaborazione di Mikhail Pletnev in qualità di Primo
direttore ospite.
Attualmente l’Orchestra della Svizzera italiana attira a Lugano i grandi nomi del panorama direttoriale e i più celebri solisti del momento, alcuni dei quali sono divenuti ospiti
ricorrenti come Martha Argerich, Alexander Vedernikov e Heinz Holliger.
I fantasmi dell’opera
Enzo Restagno
Una stagione sinfonica costruita sul paradosso che spesso siano protagonisti in campo
sinfonico i compositori che dedicarono la maggior parte delle loro energie al teatro
musicale non può non suscitare curiosità e qualche divagazione leggermente surreale
sul destino della musica e dei musicisti. Proviamo dunque ad abbandonarci a qualche
ipotesi apparentemente bizzarra.
Per l’opera tedesca bisognava ancora aspettare a lungo ma quando alla fine Wagner
decise di farla nascere si trovò tra le mani, ed ebbe l’intelligenza di appropriarsene,
l’eredità del vecchio Kantor. Che cosa mai meglio dei recitativi delle Passioni del vecchio
Bach avrebbe potuto convenire ai lunghi racconti dei personaggi che popolano le sue
opere e che ogni tanto si fermano a raccontarsi la storia del mondo? Le parole tedesche
musicate in quelle partiture, che proprio allora stavano tornando prepotentemente
di moda, essendo mutuate dalle Scritture evangeliche, risuonavano con una forza sacra
e solenne. Avevano qualcosa di scultoreo che andava ben al di là del tono del racconto
e Wagner, determinato a lasciarsi dietro le spalle le scorie di banalità che, secondo lui,
affliggevano le opere degli altri compositori, scelse la sonorità di quelle parole, la fece
sua e diede alle sue opere un tono inconfondibile.
Wagner possedeva un talento per l’orchestrazione che non ha mai smesso di affascinare gli ascoltatori ed è normale, anche se un po’ ingenuo, che, ascoltando il Preludio
del Tristano o quello del Lohengrin, uno finisca col chiedersi come mai un simile mago
dell’orchestra non abbia (salvo qualche trascurabile tentativo giovanile) mai scritto
una sinfonia.
Nel mondo della musica contraddizioni del genere sono frequenti e la fantasia degli
ascoltatori non si stanca mai di rimodellare l’universo acustico seguendo il suo capriccio:
Bach che scrive delle bellissime opere e Wagner che compone delle splendide sinfonie
sono classiche manifestazioni di questo capriccio. Senza nulla togliere alla poeticità dei
sogni, è bello ricordare che la realtà, a osservarla un po’ in profondità, è in grado di
rivelare delle sorprese che a volte oltrepassano l’orizzonte dei sogni. Prendiamo l’esempio di Wagner che non compone delle sinfonie: non poteva farlo perché avrebbe negato
il principio su cui si regge la costruzione delle sue opere. Una sinfonia presuppone una
visione dialettica dell’esistenza (temi, sviluppi, riprese disposti ordinatamente come
un’architettura che è metafora di una ben ordinata visione del mondo) non più accetta-
17
Che Bach avesse un talento drammatico di prim’ordine è un fatto che non può essere
messo in dubbio; basta ascoltare le sue Passioni per rendersene conto; eppure il Kantor
non scrisse mai un’opera, né si vede come avrebbe potuto farlo nella severa e morigerata Lipsia in cui visse per molti anni. Il suo coetaneo Georg Friedrich Händel ebbe
una sorte tutta diversa; venne presto in Italia dove imparò il mestiere in maniera
incomparabile sparpagliando le sue opere “italiane” nei teatri di mezza Europa ma alla
fine, nell’Inghilterra che lo aveva adottato, finì anche lui con lo scrivere oratori.
ta dall’autore del Tristano per il quale la musica è un fluire ininterrotto come la vita
stessa nella quale possono anche verificarsi ritorni e ripetizioni ma non certo in maniera
sistematica, poiché i fili della vita senza troppa armonia li muove il destino o, volendo,
le tre parche che vediamo all’opera all’inizio del Crepuscolo degli Dei. Una sinfonia, anche
se assumesse il destino come tema, è una creazione filosoficamente molto orgogliosa
che presume di organizzare dialetticamente l’esistenza e, in tal senso, rivela la sua origine illuministica. E tuttavia il destino si insinua anche nei disegni della musica: quando
abbiamo notato che Wagner raccoglie l’eredità dei recitativi delle Passioni di Bach,
abbiamo rivelato solo una parte della verità. Per costruire il suo nuovo linguaggio l’opera
tedesca aveva anche bisogno di momenti lirici, e la parola tedesca dove aveva trovato
i suoi accenti lirici più persuasivi se non nell’atmosfera magica del Lied? Ecco quindi
l’eredità di Schubert, che da ragazzo faceva arrabbiare Salieri perché preferiva mettere
in musica insipidi versi tedeschi invece di quelli così ben sonanti del Metastasio, intrecciarsi a quella di Bach. Che cosa sia scaturito dalla confluenza di tali fonti lo scopriamo
ascoltando il primo atto di La Valchiria nel cui finale Siegmund canta alla sua Siglinde
“Folge mir nun, fort in des Lenzes lachendes Haus” (Seguimi ora nella ridente casa della
primavera).
Il Wagner di cui si è parlato fin qui compare nel nostro cartellone con L’Idillio di Sigfrido
che in nessun modo è riconducibile all’eroe della Tetralogia. L’origine di questo minuscolo e delizioso poema sinfonico è invece affettuosamente borghese giacché il Maestro
lo scrisse come omaggio alla moglie che aveva dato alla luce un figliolo cui fu imposto
il nome di Sigfrido, nome faticoso da portare, soprattutto per un uomo dal carattere
mite qual era Siegfried Wagner, accompagnato per tutta la vita da una madre e da una
moglie particolarmente autoritarie.
Anche il timido Schubert fu vittima di paradossi ormai dimenticati: delle sue meravigliose sinfonie, salvo le primissime scritte per l’orchestra del Real Convitto, non ebbe
occasione di ascoltarne nessuna. Anche dopo la sua morte l’umanità impiegò un certo
tempo a liberarsi del pregiudizio che il grande compositore di Lieder fosse un mediocre
sinfonista e questa valutazione la si doveva specialmente a coloro che erano stati
i suoi amici più cari. Il pensiero che Huttenbrenner, uno di questi amici, abbia per una
serie di frustrazioni e gelosie sconfinanti nella patologia (anche lui era un musicista!)
tenuta nascosta in un cassetto L’Incompiuta e che il mondo poté conoscerla solo
nel 1865, quasi quarant’anni dopo la morte dell’autore, è di quelli che fanno rabbrividire!
Anche la Sinfonia in do maggiore D.944, detta La Grande, era finita in un mucchio di
carte da musica dopo la morte dell’autore ma in questo caso la scoperta del capolavoro
avvenne nel segno della fraterna nobiltà di un artista come Robert Schumann.
La storia è piuttosto nota ma è così bella che val la pena di rievocarla fuggevolmente.
In visita a Vienna, Schumann va a far visita a Ferdinand, il fratello di Franz, che gli
mostra di buon grado tutte quelle carte da musica ammassate su un tavolo:
Che lo stato di compositore di opere fosse quello capace di procurare a un musicista
notorietà e magari anche ricchezza, furono in tanti a sperimentarlo a cominciare da
Beethoven. I viennesi erano fieri di aver coltivato come nessun altro la musica strumentale e di aver fatto nascere con Haydn, Mozart e Beethoven la sinfonia, ma bastava
che arrivasse in città una troupe di cantanti italiani diretta da Rossini, perché il pubblico
si precipitasse ad ascoltarli lasciando nella più nera delusione colui che fino al giorno
prima veniva definito “Il re dei musicanti”. Rossini però non era solo l’incomparabile tutore del Belcanto; era anche un musicista capace di far danzare gli strumenti dell’orchestra con un brio che ancor oggi prorompe incontenibile, oserei dire, perfino da esecuzioni mediocri. Quella che dopo tanto tempo avremmo cominciato a chiamare “gestualità
strumentale” l’ha inventata lui con le sue ouvertures e le sue sonate e il messaggio è
ancora così vivo e vibrante che hanno potuto accoglierlo e svilupparlo perfino compositori del nostro tempo come Benjamin Britten, Luciano Berio e Franco Donatoni.
Gestualità e humor, concisione e brillantezza, tenerezza e grandiosità… fare l’elenco
degli attributi della ouverture rossiniana equivale a descrivere il disegno delle foglie
di un intero albero; è così sterminato quell’elenco che tutti i compositori italiani di opere
ne hanno tratto qualcosa, a cominciare dal Verdi non solo delle ouvertures ma forse
ancor più dei “ballabili” che comportavano gli allestimenti francesi delle sue opere.
Mascagni, Cilea, Ponchielli e il suo allievo Puccini continuarono ad alimentare il paradosso dell’operista che cede, talora squisitamente, alle lusinghe sinfoniche; dell’esordiente
Puccini si arrivò addirittura a dire che forse con lui era nato un sinfonista!
Il punto in cui contraddizioni e paradossi cessano di esistere è Mozart. Dire, come
si sente ripetere da ogni parte, che ciò accade perché lui è l’unico compositore in grado
di affrontare con uguale bravura il teatro musicale e la musica strumentale non è altro
che una petizione di principio. Uno dei numerosi componimenti di Mozart che figurano
in questo cartellone riesce, a mio avviso, meglio di tutti gli altri a spiegare non solo
1
Ovviamente l’artista al quale Schumann si riferisce è Felix Mendelssohn, all’epoca direttore dei
concerti del Gewandhaus.
19
La ricchezza che ivi giaceva ammucchiata mi fece tremare di gioia; dove mettere
prima le mani, dove fermarsi? Fra l’altro, mi vennero mostrate le partiture di parecchie
sinfonie, molte delle quali non sono ancora state eseguite, anzi spesso furono messe
da parte, dopo ritoccate, perché troppo difficili o troppo ampollose. È necessario
conoscere Vienna, le particolari condizioni dei concerti, le difficoltà di riunire i mezzi
per allestire grandi esecuzioni, per scusare il fatto che qui, dove Schubert è vissuto
e ha scritto, all’infuori dei suoi Lieder, accade di sentir poco o nulla delle sue maggiori
opere strumentali. Chi sa quanto tempo anche la sinfonia, della quale oggi parliamo,
sarebbe rimasta coperta di polvere e nell’oscurità, s’io non mi fossi tosto inteso con
Ferdinand Schubert d’inviarla a Lipsia alla direzione del Gewandhaus ed all’artista
stesso che lo dirige, al cui acuto sguardo difficilmente sfugge la più timida bellezza
sbocciante e perciò tanto meno quella splendida e magistralmente abbagliante.1
l’affermazione della superiorità di Mozart ma anche alcuni dei problemi in cui ci siamo
imbattuti fino qui; mi riferisco all’Ouverture da Il ratto dal serraglio.
Secondo una giusta convinzione di Carl Maria von Weber, che diresse l’Opera a Dresda
nel 1818, col Ratto Mozart entra nella sua piena maturità conservando tuttavia gli
irripetibili charme della gioventù:
Oso esprimere la convinzione che nel Ratto dal serraglio l’esperienza artistica
di Mozart fosse già giunta a maturazione, il resto lo fece poi l’esperienza delle cose
del mondo. Di opere come Le Nozze di Figaro e Don Giovanni, il mondo poteva
ragionevolmente aspettarsene altre da lui. Un secondo Ratto dal serraglio, con tutta
la buona volontà, non avrebbe invece potuto scriverlo. In esso credo di scorgere
ciò che per ciascuno di noi rappresentano i primi anni della giovinezza, il cui splendore si sa di non poter mai più rivivere nello stesso modo.
Notoriamente Il ratto dal serraglio occupa nella produzione di Mozart un ruolo privilegiato dovuto al fatto che possiamo leggere le lettere in cui il compositore rivela al padre,
durante la composizione, la sua concezione drammaturgica. In una lettera del 13 ottobre
1781 Mozart scrive:
In un’opera la poesia deve assolutamente essere la figlia ubbidiente della musica.
Perché mai le opere italiane (comiche) piacciono ovunque? Perché la musica vi regna
sovrana e fa dimenticare tutto il resto […]. Le parole devono essere scritte unicamente in funzione della musica, senza mettere qua e là, per amore di qualche miserabile
rima […] parole o intere strofe che rovinano tutto il disegno del compositore […].
Il principio fondamentale che emerge dalle considerazioni di Mozart è che la struttura
musicale è portatrice di significato; investe il testo e lo plasma drammaturgicamente.
In questo spostamento della struttura musicale da un contesto all’altro, che abbiamo
visto impraticabile per Wagner, risiede la superiorità di Mozart. E per struttura musicale
non si intende l’applicazione di uno schema formale del tipo forma sonata ma la musica con tutte i suoi estri, umori e sottigliezze che penetra per infusione nel testo
conferendogli il suo vero significato.
Della sua Ouverture Mozart scrive: “Sarà molto breve e passerà continuamente dal
‘forte’ al ‘piano’. La musica turca ritorna con tutti i ‘forte’ modulando così da una tonalità
all’altra e nessuno potrebbe ascoltandola addormentarsi, nemmeno dopo una notte
insonne”. Come al solito Mozart racconta le cose con piglio scherzoso, ma quel “passare
continuamente dal ‘piano’ al ‘forte’” produce nell’ascoltatore una sensazione di misterioso spaesamento nel tempo e nello spazio e in questo andare e venire di frasi che si
ripetono spunta all’improvviso, in tempo “Andante”, una melodia un po’ esitante e malin-
conica in cui riconosciamo l’aria di Belmonte “Hier soll ich dich denn sehen, Konstanze”
che riascolteremo al termine dell’Ouverture. La melodia risuona malinconica nella tonalità
di do minore in mezzo all’Ouverture; poche battute dopo, sulla bocca di Belmonte passa in do maggiore e tutto diviene più concreto e nitido, come nel passaggio dal pensiero
alla realtà: ecco la musica che struttura le parole del dramma conferendo loro il vero
significato! A questo punto, ma solo a questo punto, tra un’opera, un concerto per pianoforte e orchestra o un quartetto può non esserci più alcuna differenza e di questa azione
plasmatrice svolta dalle sue note Mozart era perfettamente conscio, come dimostra
l’indimenticabile scambio di battute fra lui e l’imperatore al Burgtheater alla fine della
prima esecuzione dell’opera:
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– Troppo bello per le nostre orecchie e troppe note, mio caro Mozart!
– Solo quelle necessarie, Sire!
Il rimedio sta nell’arte e nella musica
Se è vero che la vita è un calvario di dolori e delusioni, un rimedio ideale potrebbe essere, secondo Schopenhauer, l’arte e soprattutto la musica. La Marcia
funebre massonica di Mozart deve la sua composizione alla morte, a poca distanza
tra loro, dei confratelli massoni Georg August von Mecklenburg-Strelitz e Franz
Esterházy von Galantha, avvenuta a Vienna ai primi del novembre 1785. Insieme
a Mozart i due nobili facevano parte della loggia massonica Zur gekrönten
Hoffnung, luogo dove si tenne anche la cerimonia funebre in loro onore. Mentre
la Marcia funebre di Mozart accompagna dunque un avvenimento doloroso ben
preciso, il suo ultimo Concerto per pianoforte e orchestra in si bemolle maggiore
invece è musica autonoma, “assoluta”, che si presta a varie interpretazioni.
Il suo carattere intimo, con la rinuncia al virtuosismo del solista, con i numerosi
passaggi in minore e con l’utilizzo, nel movimento finale, di un tema che sarebbe
diventato la canzonetta Komm, lieber Mai (Sehnsucht nach dem Frühling,
KV 596), ha indotto i suoi esegeti a vedervi tratti di rassegnazione e di nostalgia,
sublimati tuttavia da una bellezza matura. Poiché l’autografo reca la data del
5 gennaio 1791, questo concerto potrebbe essere letto come un presentimento
del compositore per l’ultima sua primavera. Ma più della musica assoluta è forse
la cosidetta “musica funzionale” la più efficace per riferirsi ad eventi dolorosi
concreti, anche quando questi si svolgono nello spazio immaginario del palcoscenico. Spesso tali composizioni sopravvivono alla pièce per la quale furono
composti. Georges Bizet scrisse una serie di brani orchestrali per la tragedia
L’Arlésienne (1872) di Alphonse Daudet. Si tratta di una novella che narra del folle
amore di un giovane per la figura centrale dell’opera, una giovane di Arles.
L’amore lo porterà al suicidio. Mentre Bizet diede alle stampe una prima suite
con pezzi tratti dalle sue musiche di scena, una seconda suite fu pubblicata solo
quattro anni dopo la morte del compositore ed è, sostanzialmente, opera di
Ernest Guiraud. In origine, anche la Valse triste op. 44 di Jean Sibelius faceva
parte di sei composizioni per il teatro che il compositore aveva scritto nel 1903
per la prima del dramma Kuolema di Arvid Järnefeldt. La Valse triste accompagna
la scena introduttiva: una madre, gravemente ammalata, racconta un suo sogno
al figlio che l’accudisce. Nei suoi ricordi vi è un ballo, che viene interrotto
dall’arrivo della Morte, con la quale la madre alla fine ballerà. Un valzer in minore,
che – volendo nuovamente citare Schopenhauer – “pare racconti la perdita
di una felicità frivola che sarebbe meglio disprezzare e sembra ricordare che,
dopo tante fatiche e strapazzi, il fine raggiunto è ben misero”.
Nicola Schneider
ORCHESTRA
WOLFGANG AMADEUS MOZART
DELLA SVIZZERA ITALIANA
1 756–1 79 1
DIRETTORE
Marcia funebre massonica
in do minore KV 477 (1785) 8’
Adagio
ALAIN LOMBARD
SOLISTA
BENEDETTO LUPO PIANOFORTE
Concerto per pianoforte e orchestra
n. 27 in si bemolle maggiore
KV 595 (1791) 30’
Allegro
Larghetto
Allegro
JEAN SIBELIUS
1 865–1 957
Valse triste per orchestra, dalla musica
di scena per Kuolema, dramma
di A. Järnefelt op. 44 (1903) 6’
GEORGES BIZET
1 838–1 875
L’Arlésienne per orchestra (1872) 35’
Suite n. 1
Prélude
Minuetto
Adagietto
Carillon
Suite n. 2
Menuet
Farandole
23 Concerti dell’Auditorio
Venerdì 1 1 gennaio
ore 20.30
Auditorio RSI
Lugano
Alain Lombard
25
Nel 1966 ha ottenuto la medaglia d’oro al Concorso Dimitri Mitropoulos, divenendo
subito dopo l’assistente di Karajan a Salisburgo e di Bernstein a New York. Ha avviato
un’intensa attività quale direttore ospite di importanti orchestre come la New York
Philharmonic, la Philadelphia Orchestra, la Chicago Symphony, la London Symphony
e i Berliner Philharmoniker. È stato direttore stabile del Metropolitan di New York,
dell’Orchestra Filarmonica di Strasburgo e dell’Opera di Rhin. Dal 1981 al 1983 ha assunto la direzione dell’Opera di Parigi e successivamente è stato direttore dell’Opera
di Bordeaux, dirigendo circa 200 spettacoli all’anno fra opere e concerti. Nel 1999 ha
iniziato una stretta collaborazione con l’Orchestra della Svizzera italiana nel ruolo
di direttore principale e nell’autunno 2005 gli è stata conferita la carica di direttore
onorario. Ha inciso numerosi dischi che hanno ottenuto prestigiosi riconoscimenti
internazionali, alcuni dei quali con l’OSI.
Benedetto Lupo
Considerato dalla critica internazionale come uno dei talenti più interessanti e completi
della sua generazione, ha debuttato a tredici anni con il Concerto n. 1 di Beethoven,
imponendosi subito in numerosi concorsi internazionali, tra i quali il Cortot ed il Ciudad
de Jaén in Europa, il Robert Casadesus, Gina Bachauer e Van Cliburn negli Stati Uniti.
Nel 1992, quando la sua intensa attività concertistica lo vedeva già impegnato nelle
Americhe, in Giappone ed in Europa, ha vinto a Londra il Premio Terence Judd. Ha al suo
attivo anche un’importante attività cameristica e didattica: insegna al Conservatorio
Nino Rota di Monopoli, tiene masterclasses presso importanti istituzioni internazionali
ed è spesso invitato nelle giurie di concorsi internazionali. Ha inciso per Teldec, BMG, VAI,
Nuova Era, Harmonia Mundi e Arts; nel 201 1 ha vinto il Diapason d’Or. Nato a Bari, dopo
un’audizione con Nino Rota, ha iniziato gli studi con Michele Marvulli presso il Conservatorio Piccinni, per poi proseguire con Pierluigi Camicia, Marisa Somma, Sergio Perticaroli,
Aldo Ciccolini. Ha frequentato le masterclasses di Carlo Zecchi, Nikita Magaloff, Jorge
Bolet e Murray Perahia.
L’altro Verdi
È pressoché inevitabile che il nome di Verdi evochi in noi l’immagine di Alfredo
nella scena del brindisi o quella di Violetta in Sempre libera degg’io, oppure
la celebre romanza di Radames Celeste Aida, o la ballata del Duca di Mantova
Questa o quella per me pari sono, per non parlare dell’intramontabile quartetto
Bella figlia dell’amore in Rigoletto, o il duetto tra Otello e Desdemona.
Nessuna meraviglia. Adesso alzi la mano chi si ricorda dei ballabili di Otello.
Ma ci sono davvero questi ballabili in Otello? Sì e no: di Otello, scritto per Milano
nel 1887, Verdi preparò anche una versione francese, alla quale aggiunse i balli
Danse Turque, Chanson Arabe, Chanson Grecque, La Muranese, Chant de Guerre,
prima del finale dell’Atto III. Ma perché il buon Verdi avrebbe deciso di aggiungere dei numeri di danza nel momento di massima tensione drammatica di tutta
l’opera? Proprio quando il Leone di Venezia sta per soccombere intrappolato
nel gioco mortifero in cui lo ha tratto l’onesto Iago, ci facciamo due balli?
Fu nel 1847 che Verdi si trovò per la prima volta confrontato con il problema del
balletto: dopo I Masnadieri, scritto per Londra, gli si chiedeva un’opera per Parigi
e non c’era tempo per mettere le mani su un nuovo libretto. Verdi decise di
adattare I Lombardi alla prima crociata e farne un grand-opéra secondo il gusto
del pubblico francese. Il balletto, che normalmente non trovava posto nell’opera
italiana, era particolarmente amato dai parigini, insieme a tutto ciò che contribuisse alla massima spettacolarità operistica: grandi cori e scenari imponenti.
Così I Lombardi divenne Jérusalem, praticamente una nuova opera, con non meno
di 12 scene corali ed un terzo atto per metà occupato da un Choeur dansé e
da Quatre Airs de Ballet (Pas de quatre, Pas de deux, Pas solo, Pas d’ensemble).
Qualcosa del genere accadde con Macbeth composto per il teatro La Pergola
di Firenze nel 1847 e poi ripreso per Parigi (1865), con l’aggiunta, tra l’altro,
dei balletti delle streghe nell’Atto III (l’idea delle streghe danzanti appare però
già nella prima versione). Anche il Trovatore (1853) include una serie di ballabili
(Pas de Bohemiens, Gitanilla, Seviliana, La Bohémienne, Galop, Sortie de la
danse), ma solo nell’Atto III della versione francese Le Trouvère. La maturazione
del gusto francese per il grand-opéra in Verdi sarebbe poi passata attraverso
Les Vêpres siciliennes (1855), e Don Carlos (1867), scritti esplicitamente per Parigi.
Noblesse oblige? Forse. Ma allora aggiungerei anche pecunia non olet.
Agli italianissimi anni di galera, invece, risalgono Luisa Miller (1849) e Stiffelio
(1850), due lavori in cui la sinfonia introduttiva, chiamata ad anticipare la qualità
drammatica dell’intero lavoro, o anche di un singolo atto, rappresenta l’unico
momento puramente strumentale dell’intera opera.
Massimo Zicari
Carta bianca a Nello Santi
Giovedì 24 e Venerdì 25 gennaio
ore 20.30
Auditorio RSI
Lugano
ORCHESTRA
DELLA SVIZZERA ITALIANA
NELLO SANTI
GIUSEPPE VERDI
1 8 1 3–1 901
Stiffelio, sinfonia (1850) 7’
Andante. Allegro brillante
Ballabili Le quattro stagioni dall’opera
Les Vêpres siciliennes (1855) 17’
Inverno Primavera Estate Autunno
Ballabili Atto III dall’opera Il Trovatore
(1853) 16’
Luisa Miller, sinfonia (1849)
Allegro. Poco più mosso 7’
Ballo della Regina, dall’opera Don Carlos
(1867) 17’
Ballabili Atto III dall’opera Macbeth
(1847) 10’
Ballo I. Allegro vivacissimo
Ballo II. Allegro. Andante
Ballo III. Allegro vivacissimo
Concerto ripreso da
Ballabili Atto III dall’opera Otello (1894) 7’
Allegro vivace Canzone araba
Invocazione di Allah Canzone greca
Danza La Muranese
27 Concerti dell’Auditorio
DIRETTORE
Nello Santi
29
Direttore tra i più richiesti a livello internazionale, si pone all’interno della grande tradizione come successore di Furtwängler e Toscanini. Nel 2001 ha festeggiato il Giubileo
dei 50 anni di direzione. Per i suoi meriti gli sono stati conferiti la medaglia Hans
Georg Nägeli, il premio STAB ed il titolo di Cavaliere dello Stato italiano. Dirige nei più
importanti teatri d’opera e sale da concerto di Vienna, Londra, Parigi, New York, Buenos
Aires, Monaco, Amburgo, Oslo, Venezia, Milano, Roma, Verona, Tokyo. Per 10 anni
direttore principale della Radio-Sinfonieorchester Basel, dal 1958 è sul podio dell’Opernhaus di Zurigo. Dal 1962 e per oltre 30 anni è stato acclamato direttore della Metropolitan Opera di New York. Lavora regolarmente con le Orchestre Sinfoniche della NHK
e Yomiuri di Tokyo, con la London Philharmonic Orchestra, con le Filarmoniche di Oslo
e di Monte Carlo. Nel 2005 è stato direttore principale dell’importante Pacific Music
Festival di Sapporo, mentre a breve sono previsti impegni a Mosca, Napoli, Tokyo
e Barcellona. Il suo repertorio operistico contempla più di 60 titoli, mentre quello sinfonico spazia dai classici, ai romantici, fino agli inizi del Novecento. Numerose le produzioni operistiche da lui dirette disponibili su DVD (I due Foscari registrato a Napoli
e Andrea Chénier alla Staatsoper di Vienna).
Sulle note di Vienna
Nella Vienna di Giuseppe II ebbe luogo la prima rappresentazione de Il ratto dal
serraglio. Mozart si era trasferito nella capitale asburgica nel 1781 e con la composizione dell’Entführung partecipava ai tentativi dell’Imperatore di far nascere
uno specifico teatro musicale nazionale in lingua tedesca. Ma Mozart, genio nato
troppo presto, stava in realtà perseguendo la definizione di un proprio linguaggio
drammaturgico innovativo, che risentiva positivamente dell’opéra-comique francese e soprattutto dell’opera buffa italiana. La vivacità del Ratto è chiara all’ascoltatore già dall’ouverture che anticipa una vicenda tanto intrigante, che – a dirla
con le parole di Mozart – “sarebbe impossibile addormentarcisi sopra anche
avendo trascorso tutta una notte in bianco”. Nello splendore della Vienna classica
occupa un posto di primo piano anche la produzione di concerti per strumento
solista ed orchestra. Franz Joseph Haydn cavalcò la moda e ne scrisse parecchi,
alcuni per violoncello. Due soltanto ci sono pervenuti autentici, tra questi il Concerto in do maggiore: strutturato nei canonici tre movimenti, la composizione
presenta nel Moderato iniziale una struttura in cui il violoncello sostiene un dialogo alla pari con la compagine orchestrale e presenta alcuni elementi dal gusto
arcaico, soprattutto barocco. Nell’Adagio centrale lo strumento solista mette
in mostra tutta la sua splendida cantabilità. La forma sonata, così tipica del pensiero compositivo del periodo classico, compare nel primo e poi nel movimento
finale, Allegro molto, decisamente più virtuosistico. Vienna continuò ad essere
la capitale indiscussa della musica anche durante l’Ottocento e vide nascere
alcuni capolavori oggi – ma non al tempo – indiscussi. La Sinfonia n. 9 di Schubert,
detta La Grande per le sue proporzioni, è l’ultima sinfonia completa composta
da Schubert e il lavoro orchestrale al quale dedicò più tempo. I contemporanei
di Schubert la giudicarono troppo difficile e venne rifiutata. La partitura fu ritrovata da Schumann qualche anno dopo la morte dell’autore e conobbe la sua
prima esecuzione nel 1839, sotto la direzione di Felix Mendelssohn-Bartholdy.
La Grande è il risultato di un intenso studio della tradizione classica e della volontà di una realizzazione stilistica e formale che tendeva verso le nuove possibilità
sinfoniche aperte da Beethoven e ancora tutte da fissare. Ecco perché Schumann
scrisse: “Essa ci conduce in una regione dove non possiamo ricordare d’essere
già stati prima”.
Giada Marsadri
Venerdì 1. febbraio
ore 20.30
Auditorio RSI
Lugano
ORCHESTRA
DELLA SVIZZERA ITALIANA
ALAIN LOMBARD
SOLISTA
Raphael Wallfisch VIOLONCELLO
WOLFGANG AMADEUS MOZART
1 756–1 79 1
Il ratto dal serraglio, ouverture
KV 384 (1782) 5’
Presto
FRANZ JOSEPH HAYDN
1 732–1 809
Concerto per violoncello e orchestra
n. 1 in do maggiore Hob. VIIb:1 (1765) 24’
Moderato
Adagio
Finale. Allegro molto
FRANZ SCHUBERT
1 797–1 828
Sinfonia n. 9 in do maggiore D. 944
La Grande (1828) 55’
Andante. Allegro ma non troppo
Andante con moto
Scherzo. Allegro vivace
Finale. Allegro vivace
3 1 Concerti dell’Auditorio
DIRETTORE
Alain Lombard
33
Nel 1966 ha ottenuto la medaglia d’oro al Concorso Dimitri Mitropoulos, divenendo
subito dopo l’assistente di Karajan a Salisburgo e di Bernstein a New York. Ha avviato
un’intensa attività quale direttore ospite di importanti orchestre come la New York
Philharmonic, la Philadelphia Orchestra, la Chicago Symphony, la London Symphony
e i Berliner Philharmoniker. È stato direttore stabile del Metropolitan di New York,
dell’Orchestra Filarmonica di Strasburgo e dell’Opera di Rhin. Dal 1981 al 1983 ha assunto la direzione dell’Opera di Parigi e successivamente è stato direttore dell’Opera
di Bordeaux, dirigendo circa 200 spettacoli all’anno fra opere e concerti. Nel 1999 ha
iniziato una stretta collaborazione con l’Orchestra della Svizzera italiana nel ruolo
di direttore principale e nell’autunno 2005 gli è stata conferita la carica di direttore
onorario. Ha inciso numerosi dischi che hanno ottenuto prestigiosi riconoscimenti
internazionali, alcuni dei quali con l’OSI.
Raphael Wallfisch
È attualmente tra i più acclamati violoncellisti a livello internazionale. Vive a Londra,
dove è nato da una famiglia di illustri musicisti. Ha studiato con Amaryllis Fleming,
Amadeo Baldovino, Derek Simpson e in California con il violoncellista russo Gregor
Piatigorsky. Inizia la sua straordinaria carriera a 24 anni vincendo il Concorso Internazionale Gaspar Cassadò di Firenze. Ha suonato con le maggiori orchestre inglesi,
tedesche, cecoslovacche ed americane. Ha partecipato ai festivals di Edimburgo,
Aldeburgh, Spoleto, Prades, Oslo, Schleswig-Holstein e ai Proms della BBC.
È professore di violoncello ai Conservatori di Zurigo e Winterthur e al Royal Northern
College of Music a Manchester. Ha registrato tutti i più importanti concerti per
violoncello con EMI, Chandos, Black Box, ASV, Naxos e Nimbus, oltre che repertori
meno conosciuti di Dohnányi, Respighi, Barber, Hindemith, Martinů, Richard Strauss,
Dvoák, Kabalevskij, Khahaturjan e un’ampia scelta di opere per violoncello di
compositori inglesi, in parte a lui dedicate. Suona un violoncello di Gennaro Gagliano
del 1760.
“Classicismo” tra Otto- e Novecento
L’aggettivo “classico” potrebbe essere il denominatore comune delle tre composizioni in programma, nonostante appartengano a periodi e stili diversi.
Tra le più note ouvertures di Rossini, la sinfonia dell’opera L’Italiana in Algeri
– rappresentata a Venezia nel 181 3 al Teatro San Benedetto – è “classica” nella
struttura bipartita: movimento lento-movimento veloce. L’Ouverture si apre
con un Andante caratterizzato da pizzicati degli archi, cui fa seguito un Allegro
vivacissimo. Vi si trovano condensati quegli elementi caratteristici dello stile
di Rossini che lo rendono inconfondibile e che hanno contribuito alla sua fama:
fraseggio chiaro, orchestrazione limpida, ritmi pungenti, flusso melodico inarrestabile, armonie non complesse ma originali e – soprattutto – il crescendo,
ottenuto per mezzo di frasi ripetute più volte con sempre maggiore intensità.
Composto più di un secolo dopo, nel 1935, anche il Concerto n. 2 per violino
e orchestra op. 63 di Prokof’ev può definirsi “classico”, poiché risente di un’idea
di “classicità” contrassegnata da chiarezza di linee e di struttura.
Rispetto al suo Primo Concerto per violino e orchestra op. 19 del 1917, il Concerto n. 2 per violino è di una scrittura meno innovativa, più leggera, forse più
spensierata, privo di armonie e ritmi audaci. Sono passati quasi vent’anni
anche da quella personale visione “neoclassica” che aveva portato Prokof’ev
a comporre la sua opera più famosa: la Sinfonia Classica, nello stile di Haydn.
Qualcuno, nell’Andante assai del Concerto op. 63, ha intravisto una somiglianza con il primo movimento della Sonata Al chiaro di luna di Beethoven, in
particolare nell’accompagnamento orchestrale, che emana una serenità quasi
rassegnata. A differenza però della Sonata per pianoforte, la lunga melodia
del primo tema esposta dal violino è in ritmo binario, che conferisce ampiezza
ed espansività. Con la Sinfonia n. 2 in re maggiore, eseguita per la prima
volta a Vienna nel 1803, Beethoven ha ancora ben presente il Classicismo di
Haydn e Mozart, ma le ampie dimensioni, fino ad allora sconosciute nella musica sinfonica, preludono a futuri sviluppi che trascendono i canoni tradizionali.
Lo si ravvisa per esempio nella lunga coda alla fine del primo movimento e nel
movimento finale, scritto in una forma sonata ampliata, simile al rondò.
Evoluzioni che vanno oltre le aspettative del periodo: se Rossini, ancora in vita,
depone la penna e non scriverà più se non per suo personale diletto, Beethoven
inizia a comporre opere che – una volta di più – ci ricordano quanto fragili
e indefinibili siano i confini entro i quali si muove il termine “classico”.
Timoteo Morresi
Venerdì 8 febbraio
ore 20.30
Auditorio RSI
Lugano
ORCHESTRA
DELLA SVIZZERA ITALIANA
DANIELE RUSTIONI
SOLISTA
PAVEL BERMAN VIOLINO
GIOACHINO ROSSINI
1 792–1 868
L’Italiana in Algeri, ouverture (1813) 9’
Andante. Allegro vivacissimo
SERGEJ PROKOF’EV
1 89 1–1 953
Concerto per violino e orchestra n. 2
in sol minore op. 63 (1935) 24’
Allegro moderato
Andante assai
Allegro ben marcato
>
LUDWIG VAN BEETHOVEN
1 770–1 827
Mercoledì 6 febbraio 2013
ore 21.00
Teatro Fraschini, Pavia
Giovedì 7 febbraio 2013
ore 20.30
Teatro Ponchielli, Cremona
Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 36
(1802) 30’
Adagio molto. Allegro con brio
Larghetto
Scherzo. Allegro
Allegro molto
35 Concerti dell’Auditorio
DIRETTORE
Daniele Rustioni
37
A meno di 30 anni Daniele Rustioni è già una consolidata realtà nel panorama musicale internazionale; il critico del The Times ha detto di lui: “Chiaramente un altro talento
in ascesa destinato a grandi cose”. Nel settembre 2010 ha debuttato al Teatro alla
Scala mentre nel marzo 201 1 ha diretto per la prima volta alla Royal Opera House,
Covent Garden di Londra, dove tornerà nel 2014. Dal giugno 201 1 è direttore ospite
principale dell’Orchestra della Toscana. Dirige regolarmente nei maggiori teatri e festivals italiani, dalla Fenice di Venezia, al Teatro Regio di Torino, al Maggio Musicale
Fiorentino, al Rossini Opera Festival fino al Teatro alla Scala. Nel 201 1 ha debuttato al
Festival di Glimmerglass negli Stati Uniti, dove tornerà per la Washington National Opera.
Nel giugno 2014 debutterà all’Opera Nazionale di Monaco. Intensa l’attività sinfonica
con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, con l’Orchestra dell’Accademia Nazionale
di Santa Cecilia in Italia, mentre in Europa ha diretto la Filarmonica di Helsinki
e la BBC Philharmonic.
Pavel Berman
Nasce e studia a Mosca, dove debutta a sette anni. Vince nel 1987, a 17 anni, il secondo
premio al Concorso Paganini di Genova. Nel 1990 è vincitore e medaglia d’oro del
Concorso Internazionale di Indianapolis. Nel 1992 si trasferisce a New York dove prosegue gli studi con Dorothy DeLay alla Juilliard School e con Isaac Stern. Accanto alla lunga
collaborazione cameristica con suo padre Lazar Berman e ad altri eccellenti artisti,
ha collaborato con le più importanti orchestre e nelle sale da concerto più prestigiose.
Dal 1998 al 2006 è stato direttore musicale dell’Orchestra Sinfonica di Kaunas in
Lituania. Si esibisce sia come solista sia come direttore. Tra le sue registrazioni vi è
l’opera completa di Prokof’ev per violino e pianoforte (Dynamic 2010) e i due Concerti
per violino con l’OSI diretta da Andrey Boreyko. Ha inciso inoltre per Koch International,
Audiofon, Discover, Supraphon e Phoenix Classics. Dal settembre 2012 è docente
di violino al Conservatorio della Svizzera italiana. Suona il violino di Antonio Stradivari
“Maréchal Berthier”, 17 16, della Fondazione Pro Canale di Milano.
GLi operisti incontrano l’orchestra di fiati
In epoche sconosciute alla multimedialità un vettore utile alla divulgazione
popolare di ciò che avveniva nel teatro musicale era la trascrizione per banda
dell’opera stessa. Fu allora che la trasposizione per organici di strumenti a fiato
delle opere diventò prassi avallata dagli stessi autori o editori, conquistando
funzione di divulgazione. Nacque un repertorio di selezioni e di fantasie su temi
da opere d’italiani e non, che la stessa Casa Ricordi per prima stampò e distribuì con successo vista la frequenza con cui le bande amatoriali e professionali
le proponevano nei loro concerti. La trascrizione per banda contribuì a far conoscere acclamati capolavori a molte persone, più lontane dal teatro geograficamente e socialmente. Essenziale è inoltre ricordare che alcuni dei maggiori autori
d’opera ebbero contatti diretti con le bande e lasciarono dei lavori d’occasione
espressamente scritti per tale organico. E si instaurò anche la prassi di comporre,
per orchestra o banda, Fantasie e Parafrasi come rielaborazione di composizioni
di altro autore, svolgendo così funzione divulgativa a beneficio di un destinatario diverso dall’originale. S’inseriscono così i lavori degli operisti Mercadante
e Ponchielli: il primo – Omaggio a Bellini – nel filone della Fantasia che riprende
temi diventati popolari come il bellissimo Ah non credea mirarti dalla Sonnambula; il secondo invece – la Sinfonia per fiati in si bemolle op. 153 – come lavoro
originale per l’orchestra di fiati, contenente evidenti reminiscenze stilistiche
di autori come Verdi, soprattutto nel trattamento dei temi e nell’orchestrazione
che si è ulteriormente avvantaggiata dalla recente revisione di Franco Cesarini.
Il 201 3, in cui ricorre il comune bicentenario verdiano e wagneriano, diventa
anche occasione per proporre e cogliere come “una ricchezza” le differenze di
gesto, forme e ispirazione tra i due autori: ecco proporre il Verdi insolito dei
ballabili, dall’Otello parigino, e il Wagner dell’ultimo frammento musicale, quel
tema Porazzi dato in estremo dono d’amore a Cosima Listz e di cui si trova
traccia nel Tristano; tema che Alfred Reed riprende in forma di variazioni nel
movimento centrale della sua “hindemithiana” sinfonia. Anche l’operista
Respighi non si sottrasse, invitato, ad incontrare l’orchestra di fiati.
Lo fece con grande successo una sola volta, nel 1932, componendo la Ballata
per banda Huntingtower, considerata ora pietra miliare della letteratura
per orchestra di fiati.
Angelo Bolciaghi
Venerdì 15 febbraio
ore 20.30
Auditorio RSI
Lugano
SAVERIO MERCADANTE
1 795–1 870
ORCHESTRA DI FIATI
DELLA SVIZZERA ITALIANA
Omaggio a Bellini, sinfonia (1860) 12’
Trascrizione di F. Cesarini
Allegro risoluto Andante Allegro
ANGELO BOLCIAGHI
AMILCARE PONCHIELLI
1 834–1 886
Sinfonia per fiati in si bemolle maggiore
op. 153 (1872) 9’
Revisione di F. Cesarini
GIUSEPPE VERDI
1 8 1 3–1 901
Ballabili Atto III dall’opera Otello (1894) 6’
Trascrizione di C. Pirola
Allegro vivace Canzone araba
Invocazione di Allah Canzone greca
Danza La Muranese
Ottorino Respighi
1 879–1 936
Huntingtower, ballata per banda (1932) 7’
Revisione di F. Cesarini
ALFRED REED
1 92 1–2005
Sinfonia n. 3 (1988) 23’
Pesante e molto sostenuto
Variazioni sul tema Porazzi di R. Wagner
Allegro deciso
39 Concerti dell’Auditorio
DIRETTORE
Angelo Bolciaghi
41
Nasce a Milano, studia in Italia, Olanda e con borse di studio tre anni negli Stati Uniti,
approfondendo il repertorio per orchestra di fiati. Significativo per la sua formazione
l’incontro con il maestro Thomas Briccetti (già candidato Pulitzer) e con Claudio
Mandonico. Ha diretto in Italia, Europa, Usa e all’American Bandmasters Association,
con prime esecuzioni. Primo premio in massima categoria con l’Orchestra di Fiati
Accademia al Concorso Internazionale di Kerkrade. Collabora anche con il mondo amatoriale come direttore, orchestratore ed educatore, accoglie inviti per seminari, giurie,
festivals e concorsi in Italia. Dal 2002 è direttore dell’Orchestra Fiati - Ensemble
Strumentale Fermano. Nel 201 1 è invitato alla direzione stabile del SaxEnsemble
al Conservatorio di Foggia. Orchestratore per gli Ottoni della Scala e per Bruno Casoni,
direttore del Coro del Teatro, i suoi lavori sono in Cartellone alla Scala (2009, 201 1,
2012, 2013) e Pomeriggi Musicali (2013). Ricco a oggi il repertorio di trascrizioni
per varie formazioni.
Orchestra di Fiati della Svizzera italiana
Dal 1991 promuove e divulga la musica per orchestra di fiati ad alto livello. È la prima
e unica orchestra nel suo genere in Ticino e dopo essersi esibita nelle più prestigiose
sale della Svizzera, quali il Casinò di Berna, la Tonhalle di Zurigo e il KKL di Lucerna,
è considerata un punto di riferimento a livello nazionale. L’OFSI è conosciuta anche
all’estero avendo tenuto concerti in Italia, Olanda, Austria e Francia. Il repertorio
comprende più di 130 brani fra cui diverse opere di compositori svizzeri contemporanei
e una decina di prime esecuzioni mondiali. Nei vent’anni d’attività sono stati realizzati
4 CD e diverse registrazioni radiofoniche. L’Orchestra ha partecipato a festivals internazionali, tra i quali i Festivals di Schladming, Interlaken e Saas Fee. Nel 2003 ha
accompagnato musicalmente i festeggiamenti ufficiali per i 200 anni della Repubblica
e Cantone Ticino a Bellinzona. I musicisti provengono principalmente dal Ticino,
dal Moesano e dall’Italia. Si tratta di musicisti di mestiere, studenti di conservatorio
o di ottimi dilettanti, che si esibiscono a titolo di volontariato.
Rossini e rossinismi più o meno d’autore
Prima d’entrare nell’Olimpo dei più celebrati compositori, anche Rossini patì le
lune avverse del pubblico. Nel caso del Signor Bruschino, però, allestito a Venezia
nel 181 3, il ventenne Gioachino la combinò davvero grossa: corredò la sinfonia
con percussioni inaudite, prescrivendo ai violini di battere l’archetto contro
i coprilampada dei leggii. Dapprima gli orchestrali si rifiutarono, ma alla seconda
recita l’ebbe vinta Rossini. Ahi lui, perché il pubblico, credendosi preso in giro,
reagì fischiando e suggellò il fiasco dell’opera. Ben altra accoglienza ebbe alla
Scala nel ’17 La gazza ladra, opera dall’inesauribile vena musicale, la cui sinfonia,
col Maestoso solennemente introdotto dai rulli di tamburo, l’accattivante
Allegro e il travolgente “crescendo”, suscitò e suscita sempre l’entusiasmo in sala.
Col Concerto a fagotto principale ci addentriamo nel campo delle ipotesi.
Secondo alcune fonti Rossini l’avrebbe composto a Bologna per il fagottista
Nazzareno Gatti, che frequentò il Liceo musicale della città dal ’45.
Il Concerto risalirebbe quindi a quegli anni, dato che nel ’48, scosso dai moti
rivoluzionari, il maestro fuggì Bologna per Firenze. Benché manchino le prove che
Rossini ne sia l’autore, questa pagina seduce per il suo indiscutibile charme rossiniano. Assolutamente d’autore sono invece le Soirées Musicales op. 9 che Britten
ricavò orchestrando cinque ariette da camera dell’omonima raccolta che Rossini
stampò nel 1835. Nate nel 1936 come musiche per un film-documentario della
GPO Film Unit, furono poi rielaborate dall’autore ed eseguite nel ’38 a Londra come suite da balletto. Britten vi ammiccherà nel ’41, componendo stavolta delle
Matinées Musicales sempre ispirate a temi rossiniani. Nell’Olimpo dei grandi Rossini sedeva già da tempo quando, il 3 agosto 1829, presentò a Parigi il Guillaume
Tell, in cui emerge forte la presenza della natura e del colore locale.
L’Ouverture è quasi musica a programma: violoncelli soli e timpani evocano la
serena maestosità del paesaggio alpino che di colpo è sconvolta da una drammatica tempesta a piena orchestra. Torna il sereno e s’ode un pastorale ranz des
vaches al corno inglese prima che nelle vallate irrompano gli indomiti svizzeri
nella galoppata vittoriosa sull’oppressore asburgico. “Il Tell – scriveva Fétis – apre
una nuova via all’arte rossiniana”. Quella via Rossini decise di non percorrerla
e a soli 37 anni, esaurito, cessò di comporre per un teatro musicale che a suo parere era ormai “da barricate”.
Giuliano Castellani
Venerdì 22 febbraio
ore 20.30
Auditorio RSI
Lugano
Sabato 23 febbraio
ore 20.45
Teatro Sociale
Bellinzona
ORCHESTRA
DELLA SVIZZERA ITALIANA
GIOACHINO ROSSINI
1 792–1 868
DONATO RENZETTI
Il signor Bruschino, ouverture (1813) 4’
Allegro
SOLISTA
VINCENT GODEL FAGOTTO
Concerto a fagotto principale (1845) 22’
Allegro
Largo
Rondo
GIOACHINO ROSSINI
1 792–1 868
La gazza ladra, ouverture (1817) 10’
Maestoso marziale. Allegro
BENJAMIN BRITTEN
1 9 1 3–1 976
Soirées Musicales op. 9 (1938) 1 1’
Marcia
Canzonetta
Tirolese
Bolero
Tarantella
GIOACHINO ROSSINI
1 792–1 868
Guillaume Tell, ouverture (1829) 12’
Andante. Allegro
43 Concerti dell’Auditorio
DIRETTORE
Donato Renzetti
45
Studia Composizione e direzione d’orchestra al Conservatorio G. Verdi di Milano e ottiene numerosi riconoscimenti: nel 1980 è proclamato vincitore assoluto del X Concorso
Guido Cantelli del Teatro alla Scala di Milano. Da allora la sua carriera non ha avuto soste,
alternando l’attività sinfonica con produzioni d’opera lirica e registrazioni discografiche.
Ha collaborato con le orchestre più prestigiose ed è stato invitato nei maggiori Teatri
Lirici del mondo. È stato direttore principale dell’Orchestra Internazionale d’Italia, dell’Orchestra della Toscana e dell’Orchestra Stabile di Bergamo e per 9 anni consecutivi
di Macerata Opera. Nel 1994 è stato nominato direttore principale dell’Orchestra Stabile
di Bergamo e della Filarmonica Veneta, nonché consulente artistico del Teatro Comunale di Treviso. Dal 2005 al maggio 2007 è stato direttore principale dell’Orchestra
Sinfonica Portoghese del Teatro S. Carlo di Lisbona. Dal 2007 è direttore principale ed
artistico della FORM Orchestra Filarmonica Marchigiana.
VinceNt Godel
Nasce a Ginevra nel 1977, consegue la maturità e studia all’Indiana University School
of Music di Blomington con K. Walker (Performer Diploma in bassoon). Secondo premio
al Concours national d’exécution musicale pour la Jeunesse, prosegue gli studi al
Conservatorio di Ginevra con D. Damiano (1er Prix de Virtuosité) e A. Venturieri (diploma
d’orchestra). Primo fagottista dell’Orchestra della Svizzera italiana dal 2003, collabora
anche con prestigiose orchestre quali la Tonhalle di Zurigo, l’Orchestre de la Suisse
Romande, l’Orchestre de Chambre de Lausanne, l’Orchestre de l’Opéra de Lyon,
l’Orchestra del Teatro la Fenice di Venezia e con maestri di fama internazionale quali
L. Maazel, A. Lombard, C. Dutoit, M. T. Thomas. Come solista ha inciso per la RSI con l’OSI.
Nel 2008 con Martha Argerich esegue e registra per la EMI il Concertino di Janacek.
Dal 2007 insegna controfagotto alla Hochschule der Künste a Berna e dal 2008
è invitato a tenere masterclasses e concerti al prestigioso Festival di Campos do Jordão
(Brasile). Nel 2003 ha ottenuto un Master in Economia all’Università di Ginevra.
“Pel sol piacere di far ballare l’orchestra”
“Ho sentito a dir molto bene del musicista Puccini. Pare però che predomini
in lui l’elemento sinfonico! Niente di male. Soltanto bisogna andar cauti in questo.
Non credo che in un’opera sia bello fare uno squarcio sinfonico, pel sol piacere
di far ballare l’orchestra”. Così scriveva Verdi nel 1884 dopo la prima dell’opera
Le Villi di Puccini, facendo riferimento alla nuova moda della giovane scuola
italiana di farcire le opere con pagine strumentali, sul modello dei grand-opéra
francesi. Quello che Verdi considerava un abuso del sinfonismo era in realtà
un desiderio dei compositori suoi contemporanei di esprimere il melodramma
non solo con arie e cori, ma anche con la forza espressiva della musica strumentale, con cullanti barcarole, adagi riflessivi, danze giocose. L’incisività di quelle
pagine era grande: spesso furono proprio i brani strumentali a entrare nella memoria degli spettatori e a essere canticchiati per strada. Se l’opera I quattro
rusteghi di Wolf-Ferrari è poco conosciuta, l’intermezzo dell’Atto II, leggerissimo
walzer-barcarola, è tutt’oggi celebre. Anche la Danza delle ore dalla Gioconda
di Ponchielli batte per fama tutte le altre pagine dell’opera. La vena cantabile di
Ponchielli rese famosi molti suoi brani strumentali anche all’infuori della sua
produzione operistica, tra cui Il Convegno per due clarinetti e orchestra.
Nelle opere del secondo Ottocento i momenti sinfonici non si limitano a essere
semplici stacchi strumentali o divertissements avulsi dal contesto, ma sono parte
integrante dell’azione. Accompagnano i protagonisti e i loro umori, segnano
l’arrivo di un temporale, il calare del sole, i cambi di scena. Ricordiamo la barcarola dell’Atto II del Silvano di Mascagni, che descrive musicalmente un romantico
tramonto, o il preludio all’Atto III dell’opera La Wally di Catalani (A sera), che
sottolinea con grande liricità e dolcezza il calare della notte. Oppure la citata
Danza delle ore, che mette in musica tutte le ore del giorno, dall’aurora alla notte,
con dodici ballerine che rappresentano le ore e due ballerini che danzano nel
mezzo a mo’ di lancette. Infine, l’intermezzo La Tregenda da Le Villi di Puccini, che
fa da sfondo a un paesaggio notturno e invernale un po’ inquietante e accompagna con una grottesca tarantella l’entrata in scena delle streghe. Tutti gioielli
sinfonici dalle memorabili melodie che vanno ben oltre il “piacere di far ballare
l’orchestra”, ma aggiungono significato al melodramma e commuovono lo spettatore, anche senza parole.
Roberta Gandolfi Vellucci
Carta bianca
a Nello Santi
Venerdì 1. marzo
ore 20.30
Auditorio RSI
Lugano
PIETRO MASCAGNI
1 863–1 945
Le Maschere, sinfonia (1901) 9’
Allegro moderato. Vivace
Barcarola dall’opera Silvano (1895) 6’
Andantino con moto
ERMANNO WOLF-FERRARI
1 876–1 948
DELLA SVIZZERA ITALIANA
DIRETTORE
NELLO SANTI
SOLISTI
CORRADO GIUFFREDI CLARINETTO
PAOLO BELTRAMINI CLARINETTO
Intermezzo Atto II dall’opera I quattro
rusteghi (1906) 3’
Il segreto di Susanna, ouverture (1909) 4’
FRANCESCO CILEA
1 866–1 950
Intermezzo Atto II dall’opera Adriana
Lecouvreur (1902) 4’
GIACOMO PUCCINI
1 858–1 924
La Tregenda, intermezzo sinfonico
dall’opera Le Villi (1883) 4’
Allegro non troppo
ALFREDO CATALANI
1 854–1 893
A sera, preludio Atto III dall’opera La Wally
(1888) 4’
Andante mesto
AMILCARE PONCHIELLI
1 834–1 886
>
Il Convegno, divertimento per
due clarinetti e orchestra in mi bemolle
maggiore op. 76 (1865) 10’
Allegro Andante sostenuto
Allegretto scherzando
Sabato 2 marzo 2013
ore 19.30
Musiksaal, Stadt-Casino, Basilea
Danza delle ore Atto III dall’opera
La Gioconda (1876) 9’
Allegro brillante
47 Concerti dell’Auditorio
ORCHESTRA
Nello Santi
Direttore tra i più richiesti a livello internazionale, si pone all’interno della grande tradizione come successore di Furtwängler e Toscanini. Nel 2001 ha festeggiato il Giubileo
dei 50 anni di direzione. Per i suoi meriti gli sono stati conferiti la medaglia Hans
Georg Nägeli, il premio STAB ed il titolo di Cavaliere dello Stato italiano. Dirige nei più
importanti teatri d’opera e sale da concerto di Vienna, Londra, Parigi, New York, Buenos
Aires, Monaco, Amburgo, Oslo, Venezia, Milano, Roma, Verona, Tokyo. Per 10 anni
direttore principale della Radio-Sinfonieorchester Basel, dal 1958 è sul podio dell’Opernhaus di Zurigo. Dal 1962 e per oltre 30 anni è stato acclamato direttore della Metropolitan Opera di New York. Lavora regolarmente con le Orchestre Sinfoniche della NHK
e Yomiuri di Tokyo, con la London Philharmonic Orchestra, con le Filarmoniche di Oslo
e di Monte Carlo. Nel 2005 è stato direttore principale dell’importante Pacific Music
Festival di Sapporo, mentre a breve sono previsti impegni a Mosca, Napoli, Tokyo
e Barcellona. Il suo repertorio operistico contempla più di 60 titoli, mentre quello sinfonico spazia dai classici, ai romantici, fino agli inizi del Novecento. Numerose le produzioni operistiche da lui dirette disponibili su DVD (I due Foscari registrato a Napoli
e Andrea Chénier alla Staatsoper di Vienna).
Primo clarinetto nell’Orchestra della Svizzera italiana e dal 2009 titolare della cattedra
di clarinetto presso la Hochschule di Luzern, si è imposto all’attenzione del pubblico
e della critica come uno dei più interessanti virtuosi di strumento a fiato. Ha ottenuto
importanti riconoscimenti e primi premi assoluti a concorsi internazionali. È ospite delle
più rinomate istituzioni concertistiche d’Europa, Africa, Asia e America. Incide per
Chandos, Ricordi, Fonit Cetra, Stradivarius, AS disc, RS, Rainbow ed ha effettuato registrazioni radiofoniche e televisive per la Rai ed altre emittenti europee. Come primo
clarinetto collabora con l’Orchestra del Concertgebouw di Amsterdam, la Filarmonica
della Scala, l’Orchestra di Santa Cecilia a Roma, la Mahler Chamber Orchestra, con
importanti direttori quali B. Haitink, M. Jansson, N. Jarvii, M. Wung Chung, G. Sinopoli,
A. Lombard, M. Pletnev, D. Gatti. È regolarmente invitato a tenere masterclasses
internazionali in Usa, Portogallo, Slovenia, Francia e Italia.
Corrado Giuffredi
Diplomato al Conservatorio di Parma con il massimo dei voti e la lode, è primo clarinetto
solista dell’Orchestra della Svizzera italiana. È docente di clarinetto all’Istituto Musicale
Superiore di Modena e ai corsi di perfezionamento di Città di Castello. Con la Filarmonica
della Scala ha partecipato a numerosi concerti nei festivals più prestigiosi sotto la
direzione di Riccardo Muti e Daniel Baremboim. Nel 2010 si è esibito per la prima volta
in Israele su invito di Giora Feidman al Festival Klezmer in Galilea. Ha riscosso uno
strepitoso successo alle edizioni del ClarinetFest di Los Angeles 201 1 e Lincoln 2012 in
duo con Cesare Chiacchiaretta e con la partecipazione di Eddie Daniels, Ricardo Morales
e David Krakauer. Ha eseguito in prima esecuzione italiana il Concerto per clarinetto
e orchestra di Penderecki. Nel repertorio cameristico vanta importanti collaborazioni
con musicisti di fama internazionale. Ha registrato per Emi, Decca, Brilliant, Arts, Aura,
Tactus, Foné e RaiTrade. Suona un clarinetto progettato per lui da Morrie Backun.
49
Paolo Beltramini
Le parti di un tutto
Due ouvertures d’opera, in un solo movimento, un concerto per pianoforte
nei suoi tre movimenti e una sinfonia nei suoi quattro movimenti. Qualcuno potrebbe chiedersi: è corretto estrapolare un’ouverture dall’opera intera?
Oppure: perché non un singolo movimento di concerto o di sinfonia? È lunga,
ormai, la tradizione di suonare in concerto un’ouverture staccata dall’opera per
la quale funge da preludio. Leonora n. 3 è una delle quattro (!) ouvertures
concepite per l’unica opera scritta da Beethoven, Fidelio. Esistono molte altre
ouvertures firmate dal genio di Bonn, scritte però per spettacoli di altra natura
e, di fatto, eseguite esclusivamente come brani da concerto. Ma anche nel
caso di Idomeneo di Mozart l’ouverture può essere eseguita senza l’opera intera.
E questo è possibile grazie all’architettura formale delle ouvertures classiche,
scritte in forma sonata, per usare un termine tecnico. Si tratta di una forma
simmetrica: esposizione dei temi, esplorazione e drammatizzazione degli stessi
e, per finire, la riesposizione come per ricordare all’ascoltatore qual era il punto
di partenza. L’ouverture è dunque una parte di un tutto, che può stare senza
il tutto, poiché è di senso compiuto. Storicamente l’ouverture, o sinfonia
all’opera, costituisce addirittura l’antecedente di un genere nuovo, la sinfonia
classica. Sammartini e Stamitz furono tra i primi a scrivere brevissime sinfonie
già in età preclassica; Haydn definì e sviluppò il genere che Beethoven fece
poi evolvere ulteriormente. La sinfonia n. 5 di Schubert è per molti versi la più
classica di tutte le sinfonie di questo compositore, sia per l’architettura, sia
per lo spirito, quasi mozartiano. Ma che ne è dell’autonomia dei singoli movimenti
di una sinfonia o di un concerto classico? Oggigiorno siamo abituati a concepire
tali lavori come un tutto indivisibile. E se un ascoltatore entusiasta applaude
tra un movimento e l’altro può facilmente diventare oggetto di occhiate maligne.
Tutt’al più troviamo accettabile ascoltare un primo movimento di concerto in
un saggio di allievi. Ma ottant’anni fa alla radio era del tutto normale che un
interprete suonasse in diretta un singolo movimento di concerto. Formalmente,
del resto, il primo movimento di sinfonia o di concerto dell’epoca classica è
scritto come un’ouverture, in forma sonata. E se torniamo alla Vienna della fine
del Settecento, il pubblico applaudiva calorosamente dopo qualunque movimento
particolarmente apprezzato per ottenerne l’immediata ripetizione, ovvero il bis.
Anche qui, dunque, esiste una certa autonomia di una parte del tutto.
Questa sera, tuttavia, aspetteremo la fine del concerto di Mozart per applaudire
il solista poiché oggi si usa così…
Silvia Meier Camponovo
Venerdì 8 marzo
ore 20.30
Auditorio RSI
Lugano
ORCHESTRA
DELLA SVIZZERA ITALIANA
MARKUS POSCHNER
SOLISTA
WOLFGANG AMADEUS MOZART
CÉDRIC PESCIA PIANOFORTE
1 756–1 79 1
Idomeneo, ouverture KV 366 (1781) 6’
Allegro
Concerto per pianoforte e orchestra
n. 17 in sol maggiore KV 453 (1784) 30’
Allegro
Andante
Allegretto. Presto
FRANZ SCHUBERT
1 797–1 828
Sinfonia n. 5 in si bemolle maggiore
D. 485 (1816) 28’
Allegro
Andante con moto
Minuetto
Allegro vivace
LUDWIG VAN BEETHOVEN
1 770–1 827
Leonore, ouverture n. 3 in do maggiore
op. 72a (1806) 12’
Adagio. Allegro
51 Concerti dell’Auditorio
DIRETTORE
Markus Poschner
53
Si è affermato negli ultimi anni per le sue particolari doti interpretative, attirando l’attenzione della critica e appassionando il pubblico soprattutto con opere di Beethoven,
Brahms e Strauss. Eccellente pianista jazz, è attratto da tutto ciò che è nuovo e tocca
confini stilistici diversi. Nasce nel 197 1 a Monaco, dove frequenta il conservatorio.
Si distingue inizialmente come assistente di grandi personalità quali Sir Roger Norrington
e Sir Colin Davis. Nel 2000 è direttore principale della Georgischen Kammerorchester
a Ingolstadt, e – dopo aver vinto nel 2004 il Deutsche Dirigentenpreis – viene chiamato
alla Komische Oper di Berlino. Nel 2007 viene nominato direttore musicale generale
dei Bremer Philharmoniker e del Teatro di Brema; nel 2010 l’Università di Brema lo nomina professore onorario della facoltà di musicologia. Come direttore ospite ha collaborato con le più importanti orchestre sinfoniche e teatri d’opera tedeschi, con l’Orchestra
Sinfonica della NHK e del Metropolitan di Tokyo. È primo direttore ospite della Deutsche
Kammerorchestra di Berlino e dei Dresdner Philharmoniker, con i quali ha intrapreso
un nuovo ciclo di concerti dedicati a Beethoven.
Cédric Pescia
Nasce a Losanna, dove studia pianoforte con Christian Favre al Conservatorio. Prosegue
gli studi a Ginevra con Dominique Merlet e li completa alla Universität der Künste
di Berlino nella classe di Klaus Hellwig. Parallelamente si perfeziona sotto la guida di
Pierre-Laurent Aimard, Daniel Barenboim, Ivan Klansky, Irwin Gage, Christian Zacharias,
Ilan Gronich e con il Quartetto Alban Berg. Dal 2003 al 2006, invitato all’International
Piano Academy Lake Como, studia con Dimitri Bashkirov, Leon Fleisher, Andreas Staier,
William G. Naboré e in particolare con Fou T’song. È detentore del primo premio, medaglia d’oro, della Gina Bachauer International Artists Piano Competition 2002 a Salt Lake
City, USA. Si esibisce in numerosi concerti e récitals a livello internazionale; è invitato
a prestigiosi festivals e a tenere masterclasses. Nel 2012 è nominato professore di pianoforte alla Haute École de Musique de Genève. Per Claves Records ha registrato sei CD.
Per AEON verrà pubblicato John Cage: Sonatas and Interludes for prepared piano.
Prima, dopo e durante il cinema
“Da lungo tempo intorno alla musica per film svolazzano come corvacci due
sinistri paradossi. Il primo proclama: una buona musica per film non si deve
sentire. E il secondo: non esistono buone musiche per film”. A proferire un simile
giudizio non è, purtroppo, un parvenu quanto piuttosto Gianfranco Plenizio,
compositore e direttore d’orchestra per il cinema che ha collaborato con registi
quali Billy Wilder, Germi, Rosi, Monicelli, Risi, Scola e Fellini. E il suo paradosso
è presto spiegato: se guardando un film esclamiamo “senti che bella musica!”
vuol dire che in realtà non si tratta di una buona musica per film, essendosi fatta
notare sopra le immagini e i dialoghi. Se invece una musica da film non viene
rimarcata, significa che ha asservito a dovere le immagini, ma che proprio
per questo non merita di essere ascoltata in quanto “pura musica”. Chissà cosa
ne deve pensare Howard Blake di questo punto di vista. Proprio lui che grazie
alle musiche per film – si ricordino ad esempio Flash Gordon o l’animazione
The Snowman – è assurto a notorietà globale, senza tuttavia mai abbandonare
la scrittura concertistica e cameristica: in quale delle due è davvero autore?
In quale delle due Blake è davvero musicista? In entrambe, verrebbe da dire,
anche in considerazione del fatto che nella sua musica più pura, quella da concerto, è conservata l’abilità descrittiva e comunicativa che lo ha reso una
celebrità in ambito cinematografico. Con un tipo di scrittura diatonica e spesso
tonale che, lungi dall’essere retrò, costituisce una rappresentazione nitida della
nostra complessità contemporanea. Del dilemma attorno alla musica per film
Modest Musorgskij non avrebbe nemmeno potuto capire il senso, essendo vissuto
diversi decenni prima che il cinema fosse inventato. Ma probabilmente non ne
avrebbe avuto a male sapendo che buona parte della sua celebrità novecentesca
sarebbe stata generata proprio da una pellicola d’animazione, quel Fantasia
di Walt Disney che nel 1940 diede colore e anima ad alcune delle più belle pagine
classiche, con i più tetri demoni a rappresentare il sabba di streghe evocato
nel suo poema sinfonico Una notte sul Monte Calvo. Dmitrij Šostakovi, invece,
non amava il cinema. Anzi: proprio lo disprezzava, stando a quanto ebbe occasione di raccontare nelle sue memorie. Un disprezzo che stupisce, se si pensa alle
trentasei partiture per cinema che ebbe a comporre durante tutta la sua carriera.
Non è però difficile da immaginare che al ruolo subalterno della musica nel film
Šostakovi preferisse la libertà espressiva garantita dalla musica pura. Una libertà
espressiva che, nel Trio n. 2 op. 67, ebbe ad inneggiare alla libertà reale, riconquistata nel 1944 con la capitolazione dell’esercito tedesco. Libertà che però
portò con sé la drammatica conta delle vittime tra gli amici e l’infausta scoperta
dell’olocausto perpetrato dai nazisti. Ed è proprio come tributo alla memoria che
in quest’opera venne inserito un tema popolare della tradizione ebraica.
Zeno Gabaglio
Primo Piano Ashkenazy
VLADIMIR ASHKENAZY PIANOFORTE
HOWARD BLAKE
VOVKA ASHKENAZY PIANOFORTE
1 938 *
DIMITRI ASHKENAZY CLARINETTO
DANIEL DODDS VIOLINO
ANTONIO LYSY VIOLONCELLO
Trio per violino, violoncello e pianoforte
op. 524 (1962) 8‘
Allegro Andante Allegro
DMITRIJ ŠOSTAKOVI
1 906–1 975
Trio per violino, violoncello e pianoforte
n. 2 in mi minore op. 67 (1944) 26’
Andante Allegro con brio Largo
Allegretto
MODEST MUSORGSKIJ
1 839–1 88 1
Una notte sul Monte Calvo (1867) 1 1’
Arr. per due pianoforti di Vovka Ashkenazy
HOWARD BLAKE
1 938 *
Danze per due pianoforti.
Suite da concerto in nove movimenti
op. 217 (2001) 13’
Parade Slow Ragtime Jump Medion
Rock Folk Ballad Boogie Jazz Waltz
Cha-Cha Galop
In collaborazione con
Sonata per due pianoforti in quattro
movimenti op. 130 (1995) 12’
Allegro Lento Scherzando Presto
55 Concerti dell’Auditorio
Sabato 9 marzo
ore 20.30
Auditorio RSI
Lugano
Vladimir Ashkenazy
Si è imposto sulla scena musicale mondiale con il Concorso Chopin di Varsavia del 1955:
è oggi uno dei pianisti e direttori d’orchestra più rinomati e riveriti, un artista d’ispirazione continua, la cui vita creativa comprende una vasta gamma di attività.
Direttore principale dell’Orchestra Filarmonica Ceca dal 1998 al 2003, è direttore musicale dell’Orchestra Sinfonica della NHK di Tokyo dal 2004. È stato nominato Conductor
Laureate dalla Philharmonia Orchestra (dal 2000) e dalla Iceland Symphony Orchestra.
Dal gennaio 2009 è direttore principale e consigliere artistico della Sydney Symphony
Orchestra. Mantiene contatti regolari con la Cleveland Orchestra (di cui è stato direttore
principale ospite), la San Francisco Symphony e la Deutsche Symphonie Orchester di
Berlino (direttore principale e musicale 1988-1996). È direttore musicale della European
Union Youth Orchestra. Continua a dedicarsi al pianoforte, arricchendo costantemente
il suo catalogo straordinariamente completo di incisioni. Con il figlio Vovka è costantemente impegnato in registrazioni e recitals per due pianoforti.
Nato a Mosca, primogenito di due grandi musicisti, inizia precocemente lo studio del
pianoforte con Sigurjónsson a Reykjavík (Islanda). In Inghilterra entra al Royal Northern
College of Music, dove segue i corsi di M.me Aronovsky, oltre a quelli di Leon Fleisher
e Peter Frankl. Debutta a Londra con il Concerto n. 1 di ajkovskij e la London Symphony
Orchestra diretta da Richard Hickox. Da allora suona in prestigiosi teatri in Europa,
Australia, Nuova Zelanda, Giappone e nelle due Americhe. Partecipa a numerosi festivals
internazionali ed è ospite delle maggiori orchestre. Suona spesso con il Quintetto di fiati
di Reykjavík, con il fratello, clarinettista, ed il padre, con il quale è spesso impegnato
in tournées e registrazioni. Risiede in Ticino dove tiene un corso “post graduate” presso
il Conservatorio della Svizzera italiana e dal 201 1 è professore presso la prestigiosa
Accademia Pianistica di Imola.
Dimitri Ashkenazy
Nato nel 1969 a New York, dal 1978 vive in Svizzera. Studia clarinetto con Giambattista
Sisini e consegue nel 1993 il diploma al Conservatorio di Lucerna. Si laurea in diversi
concorsi per la gioventù e fa parte della Schweizerische Jugend-Sinfonie-Orchester e
dell’Orchestra Gustav Mahler. Viene invitato da prestigiose istituzioni e suona con importanti orchestre europee. In ambito cameristico collabora con i Quartetti Kodály, Carmina
e Brodsky, con i pianisti Cristina Ortiz, Helmut Deutsch e Ariane Haering, i violoncellisti
Antonio Meneses e Christoph Richter, le cantanti Edita Gruberová e Barbara Bonney,
con suo fratello e suo padre. Dal 2007 si esibisce con orchestre internazionali, tiene
concerti da camera e corsi di perfezionamento in Europa, negli Stati Uniti e in Australia.
Suona in prima esecuzione il Concerto per clarinetto e orchestra Piano Americano
di Marco Tutino alla Scala di Milano, e Passages di Filippo del Corno con l’Orchestra
I Pomeriggi Musicali di Milano. Ha inciso CD e registrato produzione televisive.
Daniel Dodds
Antonio Lysy
Pagina 61
57
Vovka Ashkenazy
La musica popolare come fulcro d’ispirazione
Quando Joseph Haydn ascoltò alcune delle prime composizioni di Ludwig
van Beethoven a Bonn nel 1792 ne restò colpito e invitò il giovane compositore
a Vienna. Beethoven vi si recò, conscio della brillante vita musicale viennese
e della propria fama di pianista e improvvisatore. Nel Settecento, come succede
oggi nei concerti di musica jazz, era alla moda sfidarsi tra pianisti virtuosi.
Un duello d’improvvisazione epocale ebbe luogo nel 1800 nella casa del Conte
Moritz von Fries tra Beethoven – che vinse la gara – e Daniel Steibelt. Beethoven
suonò il suo Trio op. 1 1, detto Gassenhauer, di cui l’ultimo movimento è un
Tema con Variazione derivato dall’aria Pria ch’io l’impegno, un brano popolare
dall’opera L’amor marinaro di Joseph Weigl. In questo ultimo movimento del
Trio, Beethoven trasforma il brano operistico in variazioni strumentali, senza
parole, in stile quasi “galante”, alla moda, dove l’improvvisazione evidenzia l’individualità dell’espressione musicale. Un diverso tipo di utilizzo del materiale
musicale popolare lo si trova in Igor Stravinskij: L’histoire du soldat nasce nel
1918 a Losanna, alla fine della Grande Guerra e agli inizi della Rivoluzione Russa,
eventi che segnarono profondamente il compositore emigrato. Si tratta di un
brano teatrale scritto da Charles-Ferdinand Ramuz ispirato alle fiabe tradizionali
russe. Stravinskij affianca al racconto balli popolari russi e parodie di composizioni diverse, anche moderne: un corale, una marcia, un valzer, un tango e
un ragtime. Per questa favola “faustiana” il compositore crea un’opera del tutto
nuova, dove il testo viene “letto, suonato e danzato”. In opposizione al “wagnerismo” e alla musica a cavallo del secolo, Stravinskij aspirava piuttosto
ad “oggettivare” la musica, a renderla non romantica. La voleva più chiara, più
incisiva, senza complicazioni intellettuali. L’impatto musicale di Stravinskij fu
talmente forte, da indurre il grande compositore Pierre Boulez ad affermare
nel 1952, riferendosi alla musica atonale e dodecafonica ed al panorama musicale
che albergava: “Schönberg est mort, Stravinskij demeure”. Spostandoci cronologicamente al 1982 troviamo un particolare mago della trasformazione stilistica
satirica: Peter Schickele. Le sue composizioni sono spesso caratterizzate dall’accostamento di elementi provenienti dalla musica classica con altri di provenienza
popolare. Il compositore americano è conosciuto soprattutto come umorista
nonché creatore del compositore P. D. Q. Bach, l’immaginario ultimo figlio del
grande J. S. Bach, l’alter ego di Schickele, che scrive opere parodiche nello stile
del XVIII e XIX secolo. Con il Quartetto per clarinetto Schickele si scopre invece
compositore “serio”, regalando all’ascoltatore atmosfere briose con sorprendenti
combinazioni di sonorità strumentali.
Federica Thoeni
Primo Piano Ashkenazy
Domenica 10 marzo
ore 17.00
Auditorio RSI
Lugano
VOVKA ASHKENAZY PIANOFORTE
DANIEL DODDS VIOLINO
LUDWIG VAN BEETHOVEN
ANTONIO LYSY VIOLONCELLO
1 770–1 827
Trio n. 1 1 per clarinetto, violoncello
e pianoforte in si bemolle maggiore
op. 1 1 (1798) 25’
Allegro con brio
Adagio
Tema: Pria ch’io l’impegno.
Allegretto var. I-IX
IGOR STRAVINSKIJ
1 882–1 97 1
L’histoire du soldat per pianoforte,
violino e clarinetto (1919) 1 1’
La marcia del soldato
Il violino del soldato
Piccolo concerto
Tre danze: Tango, Valzer, Ragtime
Danza del Diavolo
PETER SCHICKELE
1 935 *
In collaborazione con
Quartetto per clarinetto, violino, violoncello
e pianoforte (1982) 20’
Moderate. Flowing
Fast. Driving
Slow. Elegiac
Quite fast. Dancing
59 Concerti dell’Auditorio
DIMITRI ASHKENAZY CLARINETTO
Daniel Dodds
61
Il violinista australiano, di madre cinese, debutta a cinque anni e decide di dedicarsi
alla musica a 14 anni a Linz, dove frequenta per un anno il Musikgymnasium.
A 17 anni si trasferisce in Svizzera dove studia al Conservatorio di Lucerna con Gunars
Larsens e si diploma con lode. Approfondisce la sua formazioni nelle masterclasses
di Rudolf Baumgartner, Franco Gulli e Nathan Milstein. Ottiene premi e riconoscenti
a livello internazionale. Attualmente è primo Konzertmeister dei Festival Strings di
Lucerna. Dal 2008, su invito di Abbado, è membro dell’Orchestra del Festival di Lucerna,
della quale è anche solista. Si esibisce inoltre a livello internazionale con le più importanti orchestre, musicisti e direttori; suona in formazioni cameristiche diverse.
Il suo vasto repertorio si estende dai concerti per violino di Bach e Vivaldi, a Brahms,
ajkovskij, Sibelius, fino a Hartmann, Piazzolla e Pe–teris Vasks. Suona un violino Stradivari
“ex Baumgartner” del 17 17 della Fondazione Festival Strings di Lucerna.
Antonio Lysy
Violoncellista di fama internazionale, si è esibito come solista nelle più importanti sale
da concerto e con orchestre di prestigio quali la Royal Philharmonic e la Philharmonia
Orchestra di Londra, la Camerata Academica di Salisburgo, la Tonhalle di Zurigo, i Solisti
della Zagabria, l’Orchestra di Padova e del Veneto, la Sinfonietta israeliana di Beersheva,
e in Canada con le Orchestre Sinfoniche di Montreal, Toronto e con Les Violons du Roi.
Ha collaborato con affermati direttori, tra questi Yuri Temirkanov, Charles Dutoit,
Sir Yehudi Menuhin e Sándor Végh. Si esibisce regolarmente in recitals da solista o in
formazioni cameristiche. È impegnato in particolari progetti che toccano i suoi svariati
interessi musicali. Tra questi: un nuovo album dedicato alle opere per violoncello
dell’Argentina e l’incisione – vincitrice del Latin Grammy – della Pampas composta
per lui da Lalo Schifrin, e realizzata nel 2010 per l’etichetta Yarlung Records.
Vladimir Ashkenazy
Dimitri Ashkenazy
Pagina 57
Tra moglie e marito…
Non sono mai stati fatti studi sistematici e approfonditi sull’apporto dato alla
storia della musica dalla presenza o dall’assenza di un partner accanto ai celebratissimi autori. Molto più serie sono infatti sempre sembrate – per gli studiosi –
le tematiche formali, le dispute estetiche, gli intrighi politici, le evoluzioni socioculturali. Ci sono tuttavia diverse opere la cui natura – quando non addirittura
l’esistenza – sarebbe inspiegabile senza prendere in considerazione la persona
affettivamente legata al rispettivo autore. L’Idillio di Sigfrido è una di queste:
un omaggio di Richard Wagner alla moglie Cosima per il trentatreesimo compleanno che nemmeno sarebbe dovuto uscire dalle mura domestiche. Fu infatti sulle
scale della villa lucernese di Tribschen che la mattina del 25 dicembre 1870 un
piccolo ensemble ne diede la prima esecuzione, come regalo e inaspettata
sorpresa per Cosima che proprio in quel momento stava uscendo accompagnata
da Sigfrido, il primogenito della coppia. L’Idillio di Sigfrido è quindi nel nome e
nella struttura una pagina eminentemente domestica, un poema sinfonico senza
testo, espressione del massimo stato di grazia e di felicità raggiunto dall’autore.
Anche Ludwig van Beethoven nel 1806 viveva uno dei rari momenti di tranquillità
affettiva di tutta la sua esistenza. La tormentata relazione con Teresa von
Brunswick gli stava infatti concedendo un periodo di particolare distensione, così
la Quarta Sinfonia – scritta quasi di getto nel corso dell’estate – non poté che
riverberare lo stato d’animo riappacificato dell’autore. E forse proprio la sospensione da atteggiamenti compositivi di carattere tragico o intellettualmente molto
impegnativi relegò nel giudizio dei commentatori questa sinfonia a un livello
inferiore rispetto a quella precedente e a quella successiva (“una slanciata
fanciulla mediterranea fra due giganti nordici” ebbe a dire Robert Schumann)
con un’ingiusta svalutazione dei contenuti intimamente apollinei in essa presenti.
Il ricco ed egoista Jedermann – descritto da Hugo von Hofmannsthal nell’omonima opera teatrale e preso a spunto da Frank Martin nel ciclo liederistico per
baritono e orchestra – non aveva invece nessuna moglie al proprio fianco, figuriamoci! La sua unica preoccupazione era quella di accumulare sempre maggiori
ricchezze e crescere nella considerazione sociale. Mai, però, avrebbe pensato
che proprio in quella festa, proprio in quella sera, un uomo gli sarebbe venuto
incontro annunciandogli la prossima morte. Nessuno, a quel punto, tra i suoi amici
e i suoi servitori si dichiarò pronto ad accompagnarlo fino al luogo del giudizio
finale: il ricco Jedermann rimase irrimediabilmente solo. E da solo si incamminò
verso l’aldilà, salvo esser raggiunto dopo pochi passi da qualcuno. Debole e
traballante, una donna.
Zeno Gabaglio
ORCHESTRA
RICHARD WAGNER
DELLA SVIZZERA ITALIANA
1 8 1 3–1 883
DIRETTORE
Siegfried-Idyll (1870) 19’
Ruhig bewegt
Immer langsamer werdend
Leicht bewegt
Lebhaft
Sehr ruhig
Bedeutend langsamer
JURAJ VALUHA
SOLISTA
DETLEF ROTH BARITONO
FRANK MARTIN
1 890–1 974
Sechs Monologe aus Jedermann,
trascrizione per baritono e orchestra
(1949) 17‘
Ist alles zu End das Freudenmahl
Ach Gott, wie graust mir vor dem Tod
Ist als wenn eins gerufen hätt
So wollt ich ganz zernichtet sein
Ja! ich glaub: solches hat er vollbracht
O ewiger Gott! o göttliches Gesicht!
LUDWIG VAN BEETHOVEN
1 770–1 827
Sinfonia n. 4 in si bemolle maggiore
op. 60 (1806) 34’
Adagio. Allegro vivace
Adagio
Allegro vivace
Allegro ma non troppo
63 Concerti dell’Auditorio
Giovedì 14 e Venerdì 15 marzo
ore 20.30
Auditorio RSI
Lugano
Juraj Valuha
65
È direttore principale dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai dal 2009. Nato nel
1976 a Bratislava, vi studia composizione e direzione; prosegue a San Pietroburgo con
Ilya Musin e a Parigi. Nel 2006 debutta con l’Orchestre National de France e al Comunale di Bologna con La Bohème. Seguono inviti dalle maggiori compagine internazionali:
Münchner Philharmoniker, Philharmonia di Londra, Filarmonica di Oslo, DSO di Berlino,
Orchestra del Gewandhaus di Lipsia, Orchestra della Radio svedese, Staatskapelle di
Dresda, Pittsburgh Symphony, Los Angeles Philarmonic e National Symphony di Washington.
Nel 201 1 e 2012 debutta con i Berliner Philharmoniker, l’Orchestra del Concertgebouw
di Amsterdam e la Boston Symphony e ritrova la Pittsburgh Symphony, i Münchner
Philharmoniker, la Staatskapelle di Dresda e la Philharmonia. Dirige una nuova produzione di La Bohème alla Fenice nonché le Orchestre del Maggio Musicale Fiorentino
e dell’Accademia di Santa Cecilia. Con l’Orchestra Sinfonica della Rai effettua una tournée al Musikverein di Vienna, alla Philharmonie di Berlino e nella stagione di Abu Dhabi
Classics. All’inizio della stagione 2012/2013 debutta con la New York Philharmonic,
la Filarmonica della Scala e la San Francisco Symphony.
Detlef Roth
Considerato tra i maggiori talenti della scena internazionale, il giovane baritono tedesco
si è imposto nell’ultimo decennio nelle sale da concerto e nei teatri più prestigiosi.
Si esibisce in lingua inglese, francese, tedesca, italiana, in latino ed in russo. Ha studiato
a Stoccarda e si è subito distinto con importanti premi e riconoscimenti. Collabora con
le più rinomate orchestre, musicisti e direttori. È invitato nei maggiori festivals internazionali. In campo operistico ha affrontato ruoli diversi, tra questi: Dulcamare nell’Elisir
d’amore, Papageno nel Flauto magico, Gunther nel Crepuscolo degli dei, Escamillo nella
Carmen, Marcello nella Bohème, Wolfram nei Tannhäuser, Evgenij Onegin nell’omonima
opera di ajkovskij, il principe Eleckij nella Dama di picche, il Conte nelle Nozze di Figaro,
e Amfortas nel Parsifal al prestigioso Festival di Bayreuth sotto la direzione di Daniele
Gatti (2008-1 1) e Philippe Jordan (2012). In campo concertistico, sacro e profano,
si è distinto nei Carmina Burana di Orff, nel Messiah di Händel, in opere di Beethoven,
Haydn, Mahler, Mendelssohn, Schubert, Schumann, Brahms, Fauré e Bach.
Ha registrato per DG, ERATO, Arte Nova e Naxos.
“La solita forma”
Quando si va all’opera ci si predispone ad assistere ad uno spettacolo spesso
diseguale, capace di regalarci attimi di grande emozione, ma anche di infliggerci
lunghi momenti di insopportabile tedio. Un musicologo diagnosticherebbe il
fenomeno spiegandoci che, specialmente nel caso di un’opera del ’700, ciò
dipenderà con tutta probabilità dalla tipica scansione drammaturgica composta
da recitativo ed aria: laddove il primo è funzionale allo svolgimento dell’azione,
la seconda fornisce la tinta emotiva e lascia libero sfogo all’espressività del canto.
Uno spettatore non informato potrebbe ribattere che trattasi di una strana,
seppur irresistibile combinazione di incomprensibili quanto noiosi declamati,
finalmente seguiti dalla tanto agognata aria; quest’ultima sarà tanto più agognata quanto più lungo ed incomprensibile sarà stato il recitativo che la precede.
Quanto poi a descrivere un’opera nel suo complesso, probabilmente ne sentiremo
raccontare la trama immaginando che la musica segua il suo svolgimento in
maniera semispontanea. Forse le cose non stanno sempre così. Nelle opere di
Verdi la distanza tra recitativi e arie va accorciandosi a tal punto che non sempre
siamo in grado di capire se l’aria è già iniziata o se il recitativo non è più tale
(Otello docet): l’interprete passa dalla declamazione al canto spesso senza apparente soluzione di continuità, con l’orchestra che non cessa mai di sostenere
la voce. Ma anche dietro questa apparente fluidità si cela un contenitore formale
molto ben delineato, che già nel 1959 il critico Abramo Basevi definiva “la solita
forma” dal momento che, da Rossini in poi, gli operisti italiani se ne servivano solitamente come modello. La Cavatina di Lida Quante volte come un dono ce ne
fornisce un esempio: essa introduce il personaggio – vocalmente ma anche drammaturgicamente –, è preceduta da una scena (momento d’azione), è seguita
da un tempo di mezzo (altro momento d’azione) e si conclude con la cabaletta
A frenarti, o cor, nel petto, momento lirico conclusivo, eventualmente collettivo.
Lo stesso si può dire per Tacea la notte placida, seconda cavatina di Leonora
in Il Trovatore, anch’essa preceduta da una scena iniziale per proseguire con un
tempo di mezzo e concludere con la cabaletta Di tale amor, che dirsi. In estrema
sintesi, qualcuno potrebbe avere l’ardire di sostenere che, nell’Ottocento, la
successione di tempo d’attacco (scena) – cavatina – tempo di mezzo – cabaletta
sta all’opera come la forma esposizione – sviluppo – ripresa sta alla sinfonia
tedesca.
Massimo Zicari
Venerdì 22 marzo
ore 20.30
Auditorio RSI
Lugano
ORCHESTRA
DELLA SVIZZERA ITALIANA
DIRETTORE
NELLO SANTI
SOLISTA
ADRIANA MARFISI SOPRANO
GIUSEPPE VERDI
1 8 1 3–1 901
Giovanna d’Arco, sinfonia (1845) 7’
Allegro. Andante pastorale
Allegro
O fatidica foresta, romanza Atto I
dall’opera Giovanna d’Arco (1845) 5’
Andantino
La Battaglia di Legnano, sinfonia (1849) 8’
Allegro marziale. Maestoso
Quante volte come un dono, scena e
cavatina di Lida dall’opera La Battaglia
di Legnano (1849) 8’
Andante
Ballabili Atto III dall’opera Jérusalem
(1847) 10’
Tacea la notte placida, aria e cavatina
di Leonora Atto I dall’opera Il Trovatore
(1853) 5’
Andantino
Aida, sinfonia (1872) 9’
Ritorna vincitor, aria e cabaletta Atto II
dall’opera Aida (1872) 4’
Ernani, preludio (1844) 3’
Adagio
Attila, preludio (1846) 4’
Largo
Macbeth, preludio Atto I (1847) 3’
Les Vêpres siciliennes, sinfonia (1855) 9’
Largo. Allegro agitato. Prestissimo
Mercé dilette amiche, siciliana dall’opera
Les Vêpres siciliennes (1855) 4’
67 Concerti dell’Auditorio
Carta bianca
a Nello Santi
Nello Santi
69
Direttore tra i più richiesti a livello internazionale, si pone all’interno della grande tradizione come successore di Furtwängler e Toscanini. Nel 2001 ha festeggiato il Giubileo
dei 50 anni di direzione. Per i suoi meriti gli sono stati conferiti la medaglia Hans
Georg Nägeli, il premio STAB ed il titolo di Cavaliere dello Stato italiano. Dirige nei più
importanti teatri d’opera e sale da concerto di Vienna, Londra, Parigi, New York, Buenos
Aires, Monaco, Amburgo, Oslo, Venezia, Milano, Roma, Verona, Tokyo. Per 10 anni
direttore principale della Radio-Sinfonieorchester Basel, dal 1958 è sul podio dell’Opernhaus di Zurigo. Dal 1962 e per oltre 30 anni è stato acclamato direttore della Metropolitan Opera di New York. Lavora regolarmente con le Orchestre Sinfoniche della NHK
e Yomiuri di Tokyo, con la London Philharmonic Orchestra, con le Filarmoniche di Oslo
e di Monte Carlo. Nel 2005 è stato direttore principale dell’importante Pacific Music
Festival di Sapporo, mentre a breve sono previsti impegni a Mosca, Napoli, Tokyo
e Barcellona. Il suo repertorio operistico contempla più di 60 titoli, mentre quello sinfonico spazia dai classici, ai romantici, fino agli inizi del Novecento. Numerose le produzioni operistiche da lui dirette disponibili su DVD (I due Foscari registrato a Napoli
e Andrea Chénier alla Staatsoper di Vienna).
Adriana Marfisi
Il soprano nasce a Zurigo, dove studia musica, pianoforte e violino al Conservatorio.
Segue la formazione vocale a Zurigo con Anna Alexieva e a New York con Lorraine Nubar.
Studia in Italia con Margherita Rinaldi e con Valentino Barcellesi e si laurea al Conservatorio Luigi Cherubini. Vince importanti Concorsi e debutta nel 1998 nel ruolo di Gilda
in Rigoletto. Inizia una veloce carriera nei più prestigiosi teatri internazionali, con i più
importanti artisti e direttori. Tra i suoi ruoli: Traviata, Manon, Alice in Falstaff, Giovanna
D’Arco, Leonora nel Trovatore, Matilde nel Guglielmo Tell, Pamina nel Flauto Magico, Aida,
Liù in Turandot, Mimì nella Bohème, Giulietta nei Capuleti e Montecchi, Susanna nel
Segreto di Susanna, Lauretta in Gianni Schicchi, e altri. Conduce parallelamente un’importante attività concertistica in Italia, Norvegia, Olanda, Svizzera, Monaco, Spagna e Giappone. Oltre al repertorio italiano, esegue quello classico, sacro e profano, tedesco,
francese e spagnolo (Schubert, Beethoven, Schumann, Mahler, Brahms, Wolf, Ravel,
De Falla, Debussy, Poulenc).
Un operista davanti allA morte
“Si schiude il ciel” e “Pace t’imploro” sono i versi con i quali Verdi rappresenta
sulla scena la morte di Aida e Radames: ripetuti quasi ossessivamente dai protagonisti fino allo spegnersi dell’opera, rimangono fortemente ancorati nella
memoria emotiva dello spettatore. I due amanti, sepolti vivi, muoiono nel sepolcro inghiottiti dalla terra, ma guardano al cielo, mentre Amneris, l’antagonista
distrutta dai rimorsi, implora la pace per sé. Siamo nel 187 1 e per Verdi sta
per iniziare un periodo di “morte creativa”, che verrà superato solo con Otello
nel 1887. Un dramma nel dramma per un compositore che fu estremamente
fecondo e che fu capace di lunghi periodi di duro lavoro, quelli da lui stesso
definiti “gli anni di galera”. La morte lo aveva già colpito duramente negli affetti
più intimi: neppure il successo fu d’aiuto a Verdi nel mitigare quell’insostenibile
dolore causatogli dalla morte dei due piccoli figli e della moglie tra il 1938
e il 1940. Mentre Otello contempla Desdemona che ha appena soffocato e sta
morendo, canta “calma come una tomba”. Il successivo suicidio di Otello termina
invece con le terribili parole rivolte al corpo inerme dell’amata “Un bacio...
un bacio ancora… ah!… un altro bacio”, poi la morte lo coglie. L’opera non racconta gli eventi, l’opera rappresenta il dramma con la musica e lo fa attraverso
quei forti sentimenti che muovono le azioni umane. Il culmine è la morte.
Verdi lo aveva profondamente capito e vissuto, ma i tempi stavano mutando
e il verismo, ormai alle porte, portava con sé rappresentazioni sempre più realistiche e morti “vere”, quelle che durano l’attimo del distacco. Tra Aida e Otello,
prima del verismo, nasce la Messa da Requiem di Verdi (1874). Le circostanze
vanno ricordate: la morte di Alessandro Manzoni. Il progetto di scrivere un
requiem risale però al 1868 e alla morte di Rossini. Di questo primo tentativo
rimane solo il “Libera me domine”, ripreso da Verdi per Manzoni, poiché il resto
della partitura – pensata per diversi compositori italiani – non fu mai realizzata.
La struttura di questa messa ricalca in generale la tradizione e ne rispetta le
parti liturgiche con l’aggiunta del “Libera me domine”, in origine legato all’ufficio
della sepoltura. Una struttura di tradizione sacra, che però esprime innegabilmente contenuti drammatici e umani che travalicano la fede religiosa e che
– con la musica – ripercorrono intensamente e dolorosamente l’esperienza di un
operista che troppo spesso si trovò davanti alla morte.
Anna Ciocca-Rossi
La Messa da Requiem di Verdi in un’importante ed inedita coproduzione, con diretta
televisiva, all’interno della splendida Collegiata di Bellinzona, vede impegnati la RSI, Rete
Due, Lugano Festival che eccezionalmente offre uno dei suoi concerti alla capitale del
Cantone, i Vesperali – Amici della Musica in Cattedrale ed il Municipio di Bellinzona.
Per il bicentenario dalla nascita del grande operista, il Concerto del Venerdì Santo viene
così portato a Bellinzona ed affidato ad affermate e prestigiose Istituzioni musicali
del territorio.
Concerto del Venerdì Santo
Venerdì 29 marzo
ore 20.40
Collegiata
Bellinzona
ORCHESTRA
DELLA SVIZZERA ITALIANA
CORO e SOLISTI
7 1 Concerti dell’Auditorio
DELLA RADIOTELEVISIONE SVIZZERA
DIRETTORE
DIEGO FASOLIS
GIUSEPPE VERDI
1 8 1 3–1 901
In coproduzione con
Concerto ripreso da
Messa da Requiem per soli, coro
e orchestra (1874) 90’
Requiem e Kyrie
Dies irae
Offertorio
Sanctus
Agnus Dei
Lux aeterna
Libera me
Diego Fasolis
73
Formatosi a Zurigo in organo, pianoforte, canto e direzione, è titolare di diversi premi
e lauree internazionali (Stresa, Migros-Göhner, Hegar Preis, Concorso di Ginevra).
Come organista ha studiato con i maggiori didatti (Eric Vollenwyder, Gaston Litaize
e Michael Radulescu) conducendo una ricca attività che lo ha portato ad eseguire più
volte le integrali di Bach, Buxtehude, Mozart, Mendelssohn, Franck e Liszt. Dal 1993
è maestro stabile del Coro della RSI e nel 1998 ha fondato I Barocchisti, di cui è direttore
stabile. Con questi due gruppi ha prodotto una notevole discografia (più di 80) insignita dei più ambiti riconoscimenti della stampa specializzata. In ambito concertistico
sono numerosi i riscontri ottenuti su scala internazionale anche come direttore ospite,
presso istituzioni quali RIAS Kammerchor Berlin, Sonatori de la Gioiosa Marca, Concerto
Palatino, Orchestra Sinfonica e Orchestra Barocca di Siviglia, Orchestre e Cori dei Teatri
La Scala Milano, Opera di Roma, Carlo Felice di Genova, Arena di Verona, Comunale
di Bologna e le maggiori orchestre svizzere. “In ragione della sua eccellenza di artista”
gli è stato attribuito dal Pontificio Istituto di Musica Sacra il dottorato honoris causa.
Coro della Radiotelevisione Svizzera
Fondato nel 1936 da Edwin Loehrer ha raggiunto rinomanza mondiale con registrazioni
radiofoniche e discografiche relative al repertorio italiano tra Cinque e Settecento
ed è oggi unanimemente riconosciuto come uno dei migliori complessi vocali a livello
internazionale. Dopo Edwin Loehrer, Francis Travis e André Ducret, dal 1993 il Coro
è stato affidato alla cura di Diego Fasolis con cui si è sviluppata un’ulteriormente ricca
attività concertistica e discografica. Disco d’oro, Grand Prix du Disque, Diapason d’or,
Stella di Fonoforum, Disco del Mese Alte Musik Aktuell, 5Diapason, Nomination Grammy
Award e A di Amadeus sono alcuni dei riconoscimenti assegnati al Coro RSI dalla stampa
specializzata per i dischi pubblicati con le etichette Accord, Arts, Chandos, Decca, EMI,
Naxos, Virgin e RSI-Multimedia. Claudio Abbado, René Clemencic, Michel Corboz, Ton
Koopman, Robert King, Gustav Leonhardt, Alain Lombard, Andrew Parrott e Michael
Radulescu sono infine alcuni dei prestigiosi direttori ospiti che hanno lodato le qualità
musicali e tecniche del Coro RSI, che grazie alla propria struttura flessibile risulta
appropriato ed efficace in repertori che vanno dal madrigale fino alle partiture contemporanee.
Rinuncia a tutto,
ma non al concerto!
Per seguire passo a passo
tutti gli appuntamenti della stagione
dei Concerti dell’Auditorio 2013
scarica l’APP del programma generale
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Paul Klee
Wohin? Junger Garten
1920
Collezione
Città di Locarno
Paul Klee
Fausto Melotti
Museo d’Arte
Riva Caccia 5, Lugano
Dal 17 marzo al 30 giugno 2013
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REDAZIONE BARBARA WIDMER
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