L`Altra Musica - Euterpe Venezia

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L’ altra musica
Ulan Bator: tagli crudi
di chitarre matematiche in salsa di luna
di Andrea Dusio
H
anno di fatto anticipato molto del post-rock denico con il successivo Ego:Echo. La produzione è affidagli anni successivi, i transalpini Ulan Bator, una
ta a Michael Gira degli Swans, che accentua il taglio tedelle più interessanti formazioni continentali
nebroso e informale del suono, accentuandone le timbrifondate sull’idea di dare alla libera interazione di tre muche post-industriali. Nel frattempo la line up della band
sicisti un’articolazione il più possibile lontana dallo sche«cambia bandiera». A Lantignac e Manchion subentrama canonico del power trio. La band di Amaury Cambuno infatti gli italiani Matteo Dainese (ex Meathead ) e
zat ha ormai alle spalle quindici anni di storia, vissuti in
Manuel Fabbro, entrambi di Pordenone. La rabbia degli
bilico tra sperimentazione e melodia, in equilibrio instaesordi lascia il posto a dischi attraversati da una poesia
bile tra un suono alla Sonic Youth e i retaggi della canlunare, in cui Amaury enfatizza il lato più «cantautorale»
zone europea. Il concerto di Conegliano allo Zion Rock
della propria scrittura, mentre il suono complessivamenClub del 3 marzo, unitamente al mini tour italiano che
te si sposta verso un guitar rock marcatamente wave. Nala band è in procinto di affrontare, rappresenta peraltro
scono in tal modo album destinati a un impatto più imuna sorta di «seconda nascita» per gli Ulan Bator.
mediato, come Nouvel Air, prodotto da Robin Gouthrie,
Creato nel 1992 a Parigi, il gruppo si connota iniziale segnato dalla partecipazione di Egle Sommacal, provemente per un approccio strumentale, in cui la voce ha
niente dai Massimo Volume. Si tratta forse dell’episodio
un ruolo
marginale. L’impostazione è per
molti versi s i m i le a quella
dei gruppi che in
quegli
stessi anni si muovono, dall’altra part e dell’Atlantico, a Chica g o e
Ulan Bator: Amaury Cambuzat, Olivier Manchion, Alessio Gioffredi
Louisville. I riferimenti più immediati sono infatti agli Slint e ai Chrome.
più sottovalutato del back catalogue della band: un disco
Va anzi sottolineato che il debutto omonimo degli Ulan
che merita certamente di essere riscoperto, perché passaBator anticipa in realtà di un anno quello dei Tortoise del
to ingiustamente in sordina.
1994, che spesso viene considerato a torto l’atto fondatiLa critica ha invece giustamente celebrato nel 2005 Rovo del post rock. Estremamente evidenti, nel suono inordeo Massacre, per chi scrive il capolavoro degli Ulan Bator
ganico, disperso e destrutturato di Amaury e compagni,
(2005), oltre che uno dei dischi più significativi degli ultisono le influenze del Kraut-rock tedesco di entità come
mi anni. Al punto che Amaury probabilmente giunge alCan e Faust. Molto interessante è il tentativo di far vivela conclusione di avere in buona parte esplorato le potenre strutture progressive con le urgenze espressive della
zialità dalla «formazione italiana». E decide così di ridar
new wave più scabra e impervia. Il drumming di Frank
vita alla line up originaria. Con cui si appresta a editare
Lantignac e il basso di Olivier Manchion costituiscono
Ulanbaatar, una testimonianza del periodo 1993/1998 riuna delle sezioni ritmiche più spiazzanti ed eterodosse di
vissuto attraverso 21 tracce inedite, demo e live. Un laquegli anni. Francois invece usa suoni spiralati e avvolvoro in cui l’equilibrio si sposta ancora una volta verso
genti che lo legano in qualche modo alla lezione chitaril versante più sperimentale e strumentale, e che troveristica dei musicisti più malinconici e psichedelici del derà ampio spazio nel tour, nel corso del quale Lantignac
cennio precedente, dai Breathless
sarà sostituito da Alessio Gioffreai Cocteau Twins.
di, dei pratesi Dilatazione, pubbliL’approccio progressivo evolve
cati dalla minuscola label di culto
Conegliano (Tv) – Zion Rock Club
verso una forma di radicalismo soSlowmotionpinguino.
3 marzo, ore 21.00
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L ’ altra musica
Dal grunge all’indie-rock,
ecco il mondo Verdena
di Tommaso Gastaldi
Q
uando, nel 1999, viene pubblicato il primo
omonimo disco dei Verdena, il grunge ovvero
quel genere musicale nato a Seattle che agli inizi degli anni novanta aveva scosso il mercato
discografico globale con il suo suono grezzo e diretto,
era ormai diventato mito: Kurt Cobain, leader dei Nirvana, riposava in pace da qualche anno e molti dei grup-
tatti con le case discografiche: il primo contratto viene
firmato nel 1999. Ancora prima di veder pubblicato l’album e con un solo singolo in circolazione (Valvonauta
EP) si ritrovano proiettati sui palchi dei maggiori eventi live nazionali, dapprima come supporter dei Marlene Kuntz, poi al Gods of Metal ed infine all’Heineken
Jamming Festival, e grazie a queste esibizioni si accende attorno al loro nome un vivo interesse soprattutto in vista dell’uscita dell’album. Verdena, prodotto da Giorgio Canali (ex chitarrista dei CSI) esce a settembre del 1999 e la risposta del pubblico e della critica è subito positiva, tanto che verrà loro assegnato nello stesso
anno il premio PIM di Repubblica come miglior gruppo rivelazione di quell’anno. Si ritroveranno in studio, dopo
un lungo tour nei club di mezza Italia,
due anni dopo, quando iniziano le registrazioni del loro secondo lavoro Solo un Grande Sasso prodotto da Manuel
Agnelli degli Afterhours: un connubio
fruttuoso che segna un passo importante nella maturazione artistica della
band. Gli anni successivi sono segnati da una tournée lunga tre anni, conclusa nel 2004 quando iniziano i lavori
in vista dell’uscita del loro terzo album,
Il suicidio del Samurai. Con l’aggiunta del
tastierista Fidel Figaroli i Verdena autoproducono il loro lavoro più maturo e
di successo consolidando la loro imporVerdena
tante posizione nel piuttosto fragile panorama rock italiano.
Il cd, tra l’altro, viene pubblicato anpi di quella scena musicale (eccetto qualche raro caso)
che in Svizzera, Francia, Germania e Austria. Senza
avevano concluso la loro avventura. Nonostante ciò aldubbio l’esibizione dal vivo continua a essere la dimenl’ascolto di quel disco era innegabile il richiamo a quelle
sione che preferiscono, tanto che, al contrario di ciò che
sonorità e ai Verdena venne appiccicata, volenti o nolensolitamente si usa fare nel mercato musicale, inizieranti, l’etichetta di primo gruppo grunge italiano.
no il loro tour prima dell’uscita del loro quarto lavoro da
La loro storia ha inizio ad Albino, piccolo comune non
studio. Con Requiem, questo è il titolo del disco, scelgolontano da Bergamo, ai piedi della Val Seriana; i Verbeno di nuovo la via dell’autoproduzione dei quindici brana, così si chiamavano all’inizio, nascono da un’idea di
ni della tracklist, fatta eccezione per un paio di pezzi codue fratelli, Luca e Alberto Ferrari, che si dilettano tra
prodotti assieme a Mauro Pagani. Oramai l’etichetta di
batteria e chitarre distorte a suonare cover degli Stray
grunge band gli sta stretta e i Verdena confermano di esCats e dei Nirvana. Il loro percorso musicale vero e prosere un riferimento primario nel panorama della musica
prio inizia nel 1996 quando entra a far parte del gruppo
indie-rock nazionale. Radici punk mescolate a un cerla bassista Roberta Sammarelli: il nome viene cambiato
to gusto per la psichedelia, testi rabbiosi e introspettivi
in Verdena perché esiste già un’altra band con quel noe una ricerca precisa nella forma canzone lontana dai rime in America e con questo nuovo assetto il gruppo ottornelli o da melodie banali: i Verdena sono tutto quetiene una certa fama a livello locale, raggiunta grazie a
sto. In fondo il successo per loro sembra non essere un
una fitta serie di concerti nei locali delproblema, l’importante è poter fare mule loro zone. Viene pubblicato un seconsica, poterla suonare, condividere emodo demo tape che ottiene buoni risultati
zioni, specialmente su un palco, a stretto
Roncade (Tv) – New Age
2 marzo – ore 22.00
di vendite, e arrivano anche i primi concontatto con il pubblico.
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L’ altra musica
La sintesi bohémien
dei Modena City Ramblers
Vena cantautoriale, impegno sociopolitico e rabbia rock
di Guido Michelone
C
’è grande attesa per il concerto dei Modena City
le cui recenti tradizioni – il cosiddetto rock celtico, in partiRamblers, a una svolta epocale per quanto riguarcolare quello dei Pogues – sono il principale referente estetida l’assetto del gruppo: tornati on the road, in questo
co-antropologico. C’è anche posto per un punk protestata2007, all’indomani dell’uscita del nuovo album Dopo il lunrio, come indica il primo demo Combat folk (allusione al Comgo inverno, i MCR (sigla ormai cara al pubblico di fans e sostebat rock dei mitici Clash). Il debutto discografico, però, arnitori) ridefi niscono l’organico, dopo la partenza di Ciriva nel 1994 con il cd Riportando tutto a casa (titolo riechegsco, presentando come voci soliste Betti Vezzani e Davide
giante un cele
celeberrimo brano
no di Bob Dylan, altro idolo di«Dudu» Morandi. La band emiliana è ora
chiarato): rilevante è la compresenza dei
un nonetto, composta, oltre ai due
due cantanti Alberto Morselli e
cantanti, da Arcangelo «KaStefano «Cisco» Bellotti; ma
ba» Cavazzuti (tastieil primo rimane solo per
re), Franco D’Anielquesto disco, menlo (fiati), Massimitre il secondo, fino
liano Fabianelal 2006, è destili (fisarmonica),
nato a diventaMassimo «Ice»
re il frontman,
Ghiacci (basl’uomo-immaso), Luca «Gagine dell’enbibbo» Giacosemble medemetti (mandosimo. Da allolino), Francera a oggi i camsco «Fry» Monebi di formazione
ti (chitarra), Roberrisultano frequenti
to Zeno (batteria).
e repentini: un segno,
Pensando ai Modena
però, da considerare anMod ena Cit y R a mbl ers
(affettuoso accorciativo) vieche in positivo, nel senso del
ne in mente il prezioso immenso laconcetto di gruppo aperto, di botteboratorio di sonorità, ricerche, mode e cultuga musicale artigiana che sperimenta in contire giovanili che dagli anni sessanta a oggi è l’Emilia Romanuazione, persino a diretto contatto con il proprio pubblico,
gna; pur attivo ormai da oltre un quindicennio, il gruppo è
come fa intendere il titolo del secondo album La grande famiforse la più recente completa espressione di quella via italiaglia (1996), un disco che segna l’influsso di ulteriori sonorità:
na all’arte rock che lambisce il Po, gli Appennini, la Riviera
all’Eire si aggiunge l’asse Spagna-Francia, grazie all’ascolto
Adriatica, la Pianura Padana. In passato la storia viene fatdi gruppi quali Negresses Vertes e Mano Negra; nel lavoro
ta da complessi beat come i Nomadi, i Corvi, l’Equipe 84;
entrano come ospiti Mara Redeghieri (Ustmamò), Marino
poi arrivano i cantautori di protesta alla Francesco Guccini,
Severini (Gang) e il comico Paolo Rossi, con il quale comquindi via via la foga rock’n’roll di Vasco e Ligabue, oppupiono una lunga fortunatissima tournée, che li proietta quare il punk ironico degli Skiantos e il pop intellettuale di CCsi a livello di star della canzone italiana. L’album successivo
CP-CSI-PGR, o di recente l’etno-folk, talvolta elettronico,
è un ulteriore allargamento di forme e contenuti musicali.
di Ustmamò e Fiamma Fumana.
Terra e libertà (1997) non solo risulta un omaggio esplicito alDi tutte queste belle esperienze i Modena sembrano un po’
l’omonimo film di Ken Loach sulla guerra civile spagnola,
la sintesi bohemienne: è facile infatti individuare all’interma resta pure un caldo tributo alle culture latino-americane,
no dei loro dischi, in contemporanea, la vena cantautoriain riferimento sia al romanzo Cent’anni di solitudine di Gabriel
le, l’impegno sociopolitico, la rabbia rock, il discorso mulGarcia Marquez, sia alla collaborazione diretta di due eccelsi
ticulturale, persino un’ostentata matrice world, che guarda
romanzieri, Luis Sepulveda e Paco Ignacio Taibo II. È foral folclore europeo a Nord e a Sud. Ma al di là delle tante,
se questo lo zenit della carriera della banda, sancito intelleteterogenee matrici (e radici) artistico-musicali, i MCR, fin
tualmente dal bel volume di Paolone Ferrari e Paolo Verdal loro esordio, sanno in primo luogo essere soprattutto
ri Combat folk: l’Italia ai tempi dei Modena City Ramblers. In quese stessi, personali, originali, singolari.. L’esordio ufficiale,
sti ultimi dieci anni seguono altri sette album, tutti di quail 17 marzo 1991, coincide con
lità notevolissima proprio per
il giorno di San Patrizio, Santo
il comune desiderio di rinnopatrono dell’Eire; anche il novamento perenne: una bella leNew Age – Roncade (Tv)
me, in omaggio ai Dublin Cizione di dignità professionale,
9 marzo, ore 21.00
ty Ramblers, è uno spassiona- La Gabbia Music Club – San Giorgio in Bosco (Pd)
impegno artistico, messaggio
to tributo a una terra, l’Irlanda,
umanitario.
10 marzo, ore 21.00
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L ’ altra musica
Giovanni Allevi,
musicista eclettico e «contraddittorio»
di Tommaso Gastaldi
S
i fa fatica a trovare una categoria nella quale incasellare la musica di Giovanni Allevi: è un pianista classico, ma anche jazz e pop e, al contempo, è l’esatto contrario di tutto ciò. È senza alcun dubbio un eccellente pianista di formazione classica, iniziata con un doppio diploma in pianoforte e composizione rispettivamente ai Conservatori di Perugia e di Milano, affinata all’Accademia Internazionale di Alto Perfezionamento di Arezzo e corredata da una laurea in filosofia. L’elemento particolare che distingue Giovanni Allevi rispetto a tutti gli altri suoi colleghi
è che sin dal suo aspetto, dalle note che sprigiona dallo strumento, o da quel che si può leggere da una sua intervista, ci
si ritrova immersi in un assoluto senso di positività. La musica di Giovanni Allevi è colorata, lontana, ad esempio, dalla tensione compositiva del Jarrett del concerto di Colonia,
con il quale però condivide un rapporto vitale con il pianoforte, che diventa non solo mezzo d’espressione ma parte
integrante dell’artista. La sua carriera concertistica ha inizio dopo l’incontro con Jovanotti, che lo aiuta a pubblicare il suo primo disco, 13 Dita (1997), e lo porta con sé come
supporter alla sua tournée, ritrovandosi quindi non di fronte al pubblico composto e silenzioso dei teatri ma a quello dei palasport, chiassoso e poco incline ad un concerto
per pianoforte solo. Ma le sue composizioni incantano anche gli spettatori più difficili e da questa esperienza, punto di partenza di una carriera che lo ha portato a suonare
sui palchi dei maggiori teatri mondiali, ha imparato ad affrontare i pubblici più eterogenei: nel marzo del 2005, ad
esempio, ha tenuto un concerto al Blue Note di New York,
primo pianista italiano in assoluto ad avere l’onore di calcare un palco così celebre. Come spesso accade, i media italiani scoprono in ritardo il talento di Giovanni Allevi: è solo
nel 2005 con la pubblicazione di No Concept (il secondo album del 2003 si intitolava Composizioni), che il grande pubblico inizia a conoscerlo; tra l’altro uno dei brani di questo
disco viene scelto dal regista Spike Lee come colonna sonora di uno spot internazionale della BMW, «onore» che in
precedenza era toccato anche a Keith Jarrett. Sono diversi
i modelli e i punti di contatto con altri pianisti che ritroviamo nelle sue sonorità: ci sono elementi che riportano a certi lavori di Michael Nyman, alcune sfumature lo avvicinano al già citato Jarret, ma anche all’esplorazione armonica di
Satie, o alla maniacale ricerca della perfezione esecutiva di
Glenn Gould senza dimenticare un collega nazionale, Ludovico Einaudi, che prima di lui ha portato il pianismo italiano aldilà della mera riproposizione del repertorio classico.
È lontano dal jazz, non per quanto riguarda la tecnica, ma
per tutto ciò che riguarda l’improvvisazione con cui non
condivide, lo dice lui stesso, «il senso di indefinito di ogni
esecuzione». C’è poi tutto un vasto repertorio di riferimenti classici che contiene tutto ciò che di più intenso è uscito
dalla tastiera di un pianoforte nei secoli passati, da Debussy a Bach, da Chopin a Mozart. Con il suo fedele Bösendorfer ha composto e registrato il suo ultimo album Joy concepito nella sua mente durante un viaggio in ambulanza a seguito di un attacco di panico che lo aveva colpito sotto casa
sua, dovuto probabilmente al peso e alla tensione del successo ottenuto nei mesi precedenti. La
sua è una musica tonale basata su giochi melodici di facile ascolto, ma non per questo banali o superficiali: fa parte di un suo preciso piano diretto a «scrivere musica a partire da un confronto
con i giganti del passato», una musica che non
ha paura nemmeno di essere pop se questo significa non solo distribuire a un pubblico suoni
in maniera ordinata e armonica, ma anche coinvolgere, condividere ed emozionare.
Vicenza – Auditorium Canneti Fiera
5 marzo, ore 20.30
Verona – Teatro Nuovo
9 marzo, ore 20.30
Mestre (Ve) – Teatro Toniolo
10 marzo, ore 21.00
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L’ altra musica
Le nuove «Risonanze»
del Teatro Fondamenta Nuove
L’inedita rassegna tra jazz d’avanguardia,
rock indipendente e nuova elettronica
P
rende il largo l’8 marzo la stagione primaverile di
«Risonanze», puntuale rassegna di nuove musiche
contemporanee del Teatro Fondamenta Nuove di
Venezia, che propone un programma intenso, costruito
attorno a un’affascinante ipotesi di esplorazione delle diverse possibilità sonore della contemporaneità.
cantante degli Stereolab Laetitia Sadier, che già nel loro ultimo disco aveva partecipato in qualità di vocalist. Eccoli dunque assieme per un nuovo progetto non unicamente
elettronico, che inviterà il pubblico certamente a ballare,
ma anche a concentrarsi sul puro ascolto di nuove sonorità. Ancora in aprile, il 29, Bonnie «Prince» Billy – ovvero
Will Oldham – torna al Teatro Fondamenta Nuove, dove
già avevamo avuto occasione di ascoltarlo qualche tempo fa come ottima spalla dei Current 93. Eclettico artista
americano – ha anche vestito i panni di attore diretto da
Harmony Corinne, per citare un esempio – la cui prolifica carriera musicale si scinde in vari pseudonimi, è uno dei
nomi di culto del nuovo cantautorato della scena folk-rock
indipendente. Al Fondamenta Nuove presenta il suo ultimo disco accompagnato da Alex Neilson alla batteria e da
Dawn McCarthy, cantante dei Faun Fables, alla voce.
Col mese di maggio nuovi riflettori puntati sul jazz creativo, libero, d’improvvisazione con un quartetto angloitaliano composto dal sassofonista John Butcher, il pianista Alberto Braida, il contrabbassista John Edwards e il
batterista Fabrizio Spera.
Evan Parker
Libera improvvisazione, jazz d’avanguardia, nuova elettronica, rock indipendente e sperimentazione elettroacustica sono come al solito il terreno di un’instancabile ricerca, che sul palcoscenico del Teatro Fondamenta Nuove continua a presentare i nomi più stimolanti della scena
internazionale.
Ad inaugurare il cartellone è il jazz creativo del trio
Bauer-Tramontana-Blume, un appuntamento legato al
mondo dell’improvvisazione che ruoterà attorno alle sonorità di due tromboni e una batteria. Il 15 marzo, in collaborazione con l’Istituto Svizzero di Cultura, sarà la volta del jazz elettrico e contemporaneo del gruppo svizzero Christy Doran’s New Bag, una tra le formazioni più
estroverse del panorama europeo: con un organico di chitarra, voce, pianoforte, basso e perecussioni, un concerto
senz’altro più strutturato e meno free rispetto al precedente trio. Il 18 marzo è nuovamente di scena l’improvvisazione libera e ancora di altissimo livello, con un altro trio
davvero notevole formato dall’incontro tra il trombettista americano Roy Campbell, il tastierista Pat
Thomas e la leggenda del free inglese Roger Turner alla batteria.
Uno degli appuntamenti sicuramente più attesi è quello che, il
5 aprile per una delle pochissime
date previste in Italia, vede l’incontro tra i Mouse On Mars e la
Mouse On Mars
Sempre in maggio, il 17, torna a calcare le scene del Fondamenta Nuove il chitarrista Elliott Sharp, questa volta a
presentare un solo acustico. Gli appassionati del free non
perdano inoltre l’occasione del 21
maggio per ascoltare il trio composto da Evan Parker ai sassofoni, Herb Robertson alla tromba e
Agustì Fernandez al pianoforte.
A chiudere la stagione, una stimolante proposta elettronica con
Philip Samartzis, Eric La Casa e
Jean-Luc Guionnet. Buon ascolto! (i.p.)
Tra gli appuntamenti
più attesi
Mouse On Mars con
Laetitia Sadier
(Stereolab)
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L ’ altra musica
Brecht: la politica dell’anima
Milva torna a interpretare il grande drammaturgo
di Luca Ragagnin
B
ertolt Brecht, un uomo di musica.
poteva che appartenere a Tom Waits il teFolk, jazz, cabarettistica, persisto di «What keeps mankind alive?».
Belluno – Teatro Comunale
no pop. Il suo sodalizio con Kurt
E lo sapeva molto bene Giorgio Streh31 marzo e 1 aprile, ore 20.30
Weill, sua controparte perfetta sul penler che, qui da noi, affidò alla nostra più
tagramma, ha attraversato indenne ben oltre il mezzo secompleta interprete brechtiana uno spettacolo fatto sì
colo. E i songs di quei due sono opere paritarie al teatro
di canzoni, ma anche di immagini, ombre, epigrammi e
epico del maestro di Augusta, complementari a quella sua
poesie recitate: «Milva canta Brecht».
didattica dell’anima (politica).
Quello spettacolo, così come le parole e le melodie di cui
La canzone, poi, può essere una drammaturgia in miè composto, si è perfezionato con gli anni, si è stagionato
niatura, se confezionata con sapienza e necessità, requicome il buon vino in botte. La stessa Milva ha affermasiti che a Brecht non
to: «Non sarei quelmancavano di cerla che sono oggi, doto. E la canzone è
po più di quarant’anda sempre il mezzo
ni di carriera internaespressivo ideale dei
zionale, se non avessi
sentimenti umani, ecavuto la fortuna di inco perché qui la sencontrare sul mio camsibilità sociale di Bremino Giorgio Strehcht, indignata e battaler». Un incontro che
gliera, può anche imle ha cambiato la vita
malinconirsi e steme che ha avuto in Breperarsi nel compaticht uno dei momenmento per le vicende
ti più alti del suo perumane, per i singoli
corso artistico.
disagi dell’anima, pur
Lo spettacolo in versenza rinunciare alle
sione odierna è diviso
stoccate che il suo imin tre sezioni: le ballapegno storico infligge
te, la guerra e le figuin quasi ogni sua pare femminili, e Milva
gina teatrale. Si viene
le interpreta tutte con
a formare così un vegrande versatilità, sia
ro e proprio Canzonel canto che nella
niere del Novecento,
recitazione.
e di quelli imponenti,
La regia di Cristina
completi, grandangoPezzoli rende ancor
lari. Ma un Canzoniepiù atemporale quere è anche Suono. E
sto classico del teaMilva
un suono, dicevamo,
tro musicale italiano
moderno, senza temfacendo (più o meno
po, che si è traghettavelatamente) slittare
to fino ai giorni nostri senza troppi problemi.
le guerre che respirava Brecht nelle guerre che respiriaLo sapeva molto bene Hal Willner che, nel 1985, ormo noi oggi. Senza una minima forzatura perché l’assenganizza un tributo discografico al duo Brecht-Weill ragza di anacronismo, al di là delle regie, funziona naturalgruppando in uno studio di registrazione artisti d’ogni
mente solo con i grandi testi. «Milva canta Brecht» approvenienza musicale e affidando loro i gioielli del cataloproda al Teatro Comunale di Belluno sabato 31 marzo
go. La voce inconfondibile di Stan Ridgway, ex leader dei
e domenica 1 aprile 2007, nell’ambito della Stagione di
Wall of Voodoo, presta il suo
Prosa organizzata dalla Fondasarcasmo nasale per «The ballad
zione Teatri delle Dolomiti. Sul
of Mac The Knife»; l’altrettanto
palcoscenico, accanto a Milva
nasale ma più malinconico Ri- «Non sarei quella che sono se
ci saranno Vicky Schaetzinger
chard Butler, ex frontman degli
al pianoforte, Bruno Poletto alPsychedelic Furs illanguidisce non avessi avuto la fortuna di la fisarmonica, alla chitarra e al
in «Alabama Song»; lo spoken
Federico Ulivi, ai sassoincontrare sul mio cammino banjo
play di Lou Reed è perfetto per
foni soprano, contralto e bariGiorgio Strehler»
«September song», mentre non
tono Marco Albonetti.
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L’ altra musica
Richard Galliano in «Piazzolla Forever»
L’esclusiva italiana al Salieri di Legnago
A
conclusione del ciclo «¡Boleros y Tangos!», sabaGià nel 1992, nel cd Ballet Tango, Galliano si era cimento 17 marzo al Teatro Salieri di Legnago è di scetato con le più celebri pagine piazzolliane, da «Adios
na Piazzolla Forever, appuntamento con la musica
Nonino» a «Oblivion». È nel 1983 che avviene l’incondi uno dei grandi autori del Novecento. A interpretarne
tro tra i due, a Parigi, dove Piazzolla, di origini pugliesi,
le sonorità salirà sul palco Richard Galliano, erede diretascolta Galliano e osserva: «Perbacco, suoni come un arto di Piazzolla e suo storico collaboratore.
gentino! Anzi no: come un italiano...». Lo indurrà poi a
Richard Galliano – che in questa esclusiva italiana satrovare uno stile personale e a lavorare sulle proprie rarà accompagnato da altri sei musicisti nel più caratteridici. «Era alquanto critico riguardo la mia indole di fistico ensemble di tango argentino – interpreta, composarmonicista jazz. Diceva che ero francese e che dovene e orchestra una musica che parte dal popolare genere
vo lavorare sulla tradizione, proprio come lui aveva fatto
francese della mucol tango», ricorda
sette, ma nella quaGalliano.
le si mescolano reL’opera del meminiscenze swing
diterraneo e solae marcate eco di
re Galliano, antango, grazie alche lui di origila fondamentale
ni italiane, è l’ultilezione del granmo omaggio in orde maestro itadine di tempo allo
lo-argentino, gistraordinario arri di valzer dei bitista del bandoneón.
strot parigini, balBasti ricordare le
lads di Bill Evans,
riletture di interimprov visazioni
preti provenienti
di Keith Jarrett e
dalla musica leggela lezione nera di
ra (Milva, su tutti)
Parker e Coltrao addirittura danne. Il tutto con un
ce-pop (Grace Jocompiaciuto gusto
nes), di jazzisti di
cromatico che rirango (imperdibiporta alla migliore
li i duetti con il sax
tradizione francebaritono di Gerse, da Couperin a
ry Mulligan e il viDebussy e sopratbrafono di Gary
tutto a Ravel.
Burton, ma anche
I grandi meriti
l’album del chitarRichard Galliano
di Galliano sono
rista Al Di Meodunque l’originala) e di strumentilità dell’aver sapusti classici di altisto sintetizzare tutsimo livello. Tra
te queste esperienze musicali in una nuova musica euroquesti il posto d’onore spetta al violinista Gidon Krepea, fatta di improvvisazione jazzistica e di tradizione
mer, con il celebre cd Oblivion, che nel disco El Tango inmediterranea, e l’avere consentito alla fisarmonica (nelvita anche Caetano Veloso a recitare i testi di un poela sua variante francese a tasti, l’accordeon) e al bandoneon di
ma scritto da Borges per Piazzolla. Un modo di rievocaassurgere al ruolo di protagonisti nello scenario jazzistire quello struggimento e quella geografia dei sentimenti
co contemporaneo, strumenti scomodi che hanno avuto
che sono la ragion d’essere del tango.
sempre vita difficile nel jazz e nella musica colta.
Ma Borges non è stato l’unico grande ad amare il tanOfferto al pubblico di Legnago, ecco dunque un viaggo, e dopo di lui se ne sono occupati con passione Ernegio nella cultura ibero-americana letta attraverso il pristo Sábato (che ha collaborato anche con Astor Piazzolsma di due forme centrali: il bolero e, appunto, il tango.
la), Osvaldo Soriano (nel libro Artisti, pazzi e criminali) e
E con Piazzolla si tratta di nuesoprattutto Julio Cortázar, che
vo tango, basti pensare alle deha prestato i suoi poemi a Edcise innovazioni che il celebre
gardo Cantón per il disco, raTeatro Salieri – Legnago (Vr)
musicista ha apportato nel tanrissimo e bellissimo, Trottoir de
go tradizionale.
17 marzo, ore 20.30
Buenos Aires. (i.p.)
51
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