Le decisioni di fine vita in Canada

Diritto
Le decisioni di fine vita in Canada:
spunti di riflessione per il dibattito
sul testamento biologico in Italia *
Viviana Molaschi **
1. Precisazioni terminologiche
e contenuti dell’analisi
che sarà sviluppata
Prima di affrontare lo studio della disciplina delle
decisioni di fine vita in Canada è opportuno formulare alcune precisazioni terminologiche, per chiarire quale sia il quadro, anche concettuale, in cui si
colloca il tema1.
* Questo scritto è il frutto delle ricerche
svolte, grazie ad una borsa di studio
dell’International Council for Canadian
Studies, presso la Faculty of Law e il
Joint Centre for Bioethics dell’Università
di Toronto. Si ringraziano per la loro
disponibilità e i preziosi consigli il
Professor Trudo Lemmens, Professore
di Medical Law della Faculty of Law; il
Professor Ross Upshur, Direttore del
Joint Centre for Bioethics; Bob Parke,
clinical ethicist dell’Humber River Regional
Hospital; Mark Handelman, Avvocato,
in passato membro del Consent and
Capacity Board dell’Ontario.
** Ricercatore di Diritto amministrativo
e Professore Aggregato di Legislazione
dei servizi sociali presso l’Università
degli Studi di Bergamo; Avvocato
iscritto all’albo speciale dei Professoriavvocati del Foro di Torino.
(1) Per un inquadramento generale
v. in P.A. Singers, A.M. Viens (a
cura di), The Cambridge Textbook of
Bioethics, Cambridge University Press,
Cambridge, 2008, la sezione II, intitolata
“End of life care”, 51 ss., con contributi
di J.A. Tulsky, Introduction; P.A. Singer,
N. MacDonald e J.A. Tulsky, Quality
end of life care; R.A. Pearlman, Substitute
decision making; J.A. Tulsky, L.L. Emanuel,
D.K. Martin e P.A. Singer, Advance care
planning; B.M. Dickens, J.M. Boyle Jr. e L.
Ganzini, Euthanasia and assisted suicide;
S. Dorr Goold, B.C. Williams e R.
Arnold, Conflict in the healthcare setting
at the end of life; S.D. Shemie, N. L azar e
B.M. Dickens, Brain death.
L’articolo affronta il tema delle
decisioni di fine vita in Canada.
In via preliminare, dopo alcune
precisazioni sulla terminologia
utilizzata nell’analisi, viene delineata
la cornice giuridica in cui la
materia si colloca: la sussistenza
di common law jurisdictions, ad
eccezione del Quèbec; l’intersecarsi
nella regolamentazione di common
law e statutory law; il complesso
riparto di competenze federali
e provinciali in materia sanitaria.
Lo scritto fornisce una ricognizione
delle diverse situazioni in cui il tema
delle decisioni di fine vita si articola:
eutanasia volontaria attiva e suicidio
assistito; eutanasia involontaria attiva;
rifiuto iniziale e interruzione di
trattamenti di sostegno vitale da parte
di individui capaci; non attivazione e
interruzione di trattamenti di sostegno
vitale rivolti a soggetti incapaci.
Particolare attenzione è riservata allo
studio delle c.d. advance directives,
la cui analisi offre interessanti spunti
di riflessione per il dibattito sul
testamento biologico in Italia.
5
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Le decisioni di fine vita in Canada:
spunti di riflessione per il dibattito
sul testamento biologico in Italia
Le decisioni di fine vita, infatti, abbracciano una pluralità di situazioni, di cui in questa sede, pur con
qualche limite sul piano della traduzione, si proporrà un’articolazione sintetica, basata sullo studio della dottrina2 e delle relazioni delle numerose commissioni governative e di riforma legislativa che in Canada si sono occupate dell’argomento3. Tale schematizzazione risulterà altresì funzionale ad individuare i contenuti della riflessione che
sarà sviluppata.
Le situazioni che saranno di seguito analizzate sono
le seguenti: 1) eutanasia volontaria attiva e suicidio
assistito (active voluntary euthanasia and assisted suicide); 2) eutanasia involontaria attiva (active involuntary
euthanasia); 3) rifiuto iniziale e interruzione di trattamenti di sostegno vitale da parte di individui capaci
(withholding and withdrawal of life sustaining treatment
by competent individuals); 4) non attivazione e interruzione di trattamenti di sostegno vitale rivolti a individui incapaci (withholding and withdrawal of life sustaining treatment of incompetent individuals).
Eutanasia attiva volontaria e suicidio assistito, al
cui, rispettivamente, si dà la morte ad una persona
che desidera porre fine alla propria esistenza o le si
dà aiuto, assistenza nel portare a compimento tale
proposito, sono accomunate dalla rispondenza alla
volontà dell’individuo destinatario dei trattamenti
6
(2) Tra gli autori che si sono occupati
di decisioni di fine vita in Canada,
contribuendo ad una sistematizzazione
della materia, v. J. Gilmour, Death,
Dying and Decision-making about End of
Life Care, in J. Downie, T. Caufield, C.
Flood, Canadian Health Law and Policy,
LexisNexis Canada, 3a ed., 2007, 437
ss.; J. Downie, Dying Justice. A case for
Decriminalizing Euthanasia & Assisted
Suicide in Canada, University of Toronto
Press, Toronto, 2004; T. Lemmens, B.
Dickens, Canadian Law on Euthanasia:
Contrasts and Comparisons, in European
Journal of Health Law, 2001, 8, 135 ss. In
argomento v. altresì T. Lemmens, Towards
the right to be killed? Treatment refusal,
assisted suicide and euthanasia in the United
States and Canada, in British Medical
Bullettin, 1996, 52, 2, 341 ss. Sull’impatto
della giurisprudenza delle Corti canadesi
sui processi di decisione politica che
coinvolgono temi eticamente sensibili
quali l’aborto, la fecondazione assistita
che ne determineranno il decesso e dalla sede della disciplina, che si trova, come si vedrà, nel Criminal Code canadese.
L’eutanasia viene qualificata come involontaria quando le volontà di una persona rispetto al trattamento cui è sottoposta non sono conosciute e quindi si
potrebbe addirittura ipotizzare una sua contrarietà
ad esso. Anche in questo caso la normativa di riferimento è rappresentata dal Criminal Code.
L’espressione withholding and withdrawal of life sustaining treatment ricomprende sia il caso in cui le
misure di sostegno vitale che possono tenere in vita una persona non vengono neppure iniziate sia il
caso in cui, una volta messe in atto, sono successivamente interrotte.
Withholding of life sustaining treatment significa, ad
esempio, non effettuare la rianimazione cardiopolmonare; non fare una trasfusione di sangue; non
avviare una terapia antibiotica; non dare inizio all’idratazione e alla nutrizione artificiali.
Withdrawal of life sustaining treatment vuol dire staccare un respiratore o rimuovere un sondino nasogastrico.
Entrambe le opzioni possono essere attuate in ossequio alla volontà di una persona capace. Può però anche darsi il caso, distinto, in cui la non attiva-
e l’eutanasia v. C. Rothmar Allison,
A. L’Espérance, Morality policies, legal
mobilisation, and the Canadian Charter of
Rights and Freedoms: Does policy determine
politics and patterns of judicalisation? (2010),
APSA 2010 Annual Meeting Paper, il cui
testo può leggersi in SSRN: http://ssrn.
com/abstract=1642595. Tra gli studiosi
italiani che hanno affrontato la questione
della pianificazione anticipata delle cure
in Canada v. F.G. Pizzetti, Alle frontiere
della vita: il testamento biologico tra valori
costituzionali e promozione della persona,
Giuffrè, Milano, 2008, in partic. 475 ss.
(3) Si ricordano, in particolare, i
seguenti studi e documenti: Law Reform
Commission of Canada, Euthanasia, Aiding
Suicide and Cessation of Treatment (Ottawa:
Department of Supply and Services
Canada, 1982); Law Reform Commission
of Canada, Euthanasia, Aiding Suicide and
Cessation of Treatment (Ottawa: Minister
of Supply and Services Canada, 1983);
Senate of Canada, Of Life and Death, Special
Senate Committee Report on Euthanasia
and Assisted Suicide (Ottawa: Minister
of Supply and Services Canada, 1995);
Senate of Canada, Special Subcommittee
to Update “Of Life and Death”, Quality
End-of-Life Care: The Right of Every
Canadian (Ottawa: Senate of Canada,
2000), in http://www.parl.gc.ca/36/2/
parlbus/commbus/senate/com-e/upda-e/
rep-e/repfinjun00-e.htm;
Manitoba
Law Reform Commission, Withholding
or Withdrawing Life Sustaining Medical
Treatment, Report # 109 (Winnipeg:
Manitoba Law Reform Commission,
2003). In tema v. altresì J. Gilmour, Study
Paper on Assisted Suicide, Euthanasia and
Foregoing Treatment (with additional
chapters by K. Capen, B. Sneiderman, M.
Verhoef) (Toronto: Ontario Law Reform
Commission, 1996); S. Carstairs, Still Not
There: Quality End-of-Life Care: A Progress
Report (2005), in http://sen.parl.gc.ca/
scarstairs/PalliativeCare/Still%20Not%20
There%20June%202005.pdf.
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spunti di riflessione per il dibattito
sul testamento biologico in Italia
zione o l’interruzione di un certo trattamento riguardi individui incapaci, i cui desideri sono sconosciuti ovvero sono stati espressi in precedenza in
advance directives4 .
È forse quest’ultima situazione quella che riveste
maggior interesse per lo studioso italiano. Il nostro Paese attende da tempo una disciplina del testamento biologico5. Per anni le campagne di sensibilizzazione volte a sollecitare un intervento normativo nella materia sono rimaste inascoltate. La
“macchina legislativa” si è messa in moto solo a seguito del clamore suscitato dal caso Englaro6.
Nell’iter parlamentare si sono alternate improvvise accelerazioni e rallentamenti. Nel mese di marzo 2009 il Senato ha approvato un disegno di legge, «Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento», c.d. “disegno di legge Calabrò”7, successivamente inviato all’altro ramo del
(4) A ben vedere, vi è un’ultima situazione,
indicata con l’espressione potentially
life-shortening palliative treatment, che
intercetta il tema delle decisioni di fine
vita e che, per completezza, occorre
menzionare, anche se non sarà oggetto
di disamina in questa sede: si tratta di
quei casi in cui la somministrazione di
trattamenti palliativi può potenzialmente
accelerare la morte di un individuo. In
argomento v. J. Downie, Dying Justice.
A case for Decriminalizing Euthanasia &
Assisted Suicide in Canada, cit., 29 ss.
(5) In tema si v. M. A zzalini, Le
disposizioni anticipate del paziente:
prospettiva civilistica, in S. Canestrari,
G. Ferrando, C.M. Mazzoni, S.
Rodotà , P. Z atti (a cura di), Il governo
del corpo, tomo II, Giuffrè, Milano,
2011, 1935 ss., in Trattato di Biodiritto,
diretto da S. Rodotà , P. Z atti; D.
Provolo, Le direttive anticipate: profili
penali e prospettiva comparatistica,
ibid., 1969 ss.; il numero monografico
su fine vita e testamento biologico di
MicroMega, n. 2/2009; F.G. Pizzetti, Alle
frontiere della vita: il testamento biologico
tra valori costituzionali e promozione
della persona, cit., nonché il volume
della Fondazione Umberto Veronesi,
Testamento biologico. Riflessioni di dieci
giuristi, Il Sole 24 Ore, Milano, 2006.
(6) Sul caso Englaro, in aggiunta agli
Parlamento. È seguita una fase di stasi di più di due
anni: il testo sul biotestamento è stato approvato
dalla Camera, con modificazioni, il 12 luglio 20118,
per poi essere ritrasmesso al Senato per un nuovo
pronunciamento.
La conoscenza di quanto avviene in un diverso sistema giuridico può forse offrire utili spunti di riflessione per il dibattito.
2. Le decisioni di fine vita tra
civil law e common law, common
law e statutory law, competenze
federali e provinciali
Per chi in Italia si occupa di diritto sanitario e, più nello specifico, di biodiritto9, affrontare lo studio della
regolamentazione delle decisioni di fine vita in un paese come il Canada incontra non poche difficoltà.
scritti menzionati nella nt. 5, v., ex multis,
C. Casonato, Il caso «Englaro»: fine vita,
il diritto che c’è, in Quad. cost., 2009,
99 ss.; R. Romboli, Il caso «Englaro»: la
costituzione come fonte immediatamente
applicabile dal giudice, ivi, 91 ss.; A.
Pioggia , Consenso informato e rifiuto di
cure: dal riconoscimento alla soddisfazione
del diritto, cit., 267 ss. Sia inoltre
consentito rinviare a V. Molaschi,
Riflessioni sul caso Englaro. Diritto di
rifiutare idratazione ed alimentazione
artificiali e doveri dell’amministrazione
sanitaria (nota a T.A.R. Lombardia, sez.
III, 26 gennaio 2009, n. 214), in Foro
amm. TAR, 2009, 984 ss. Il caso Englaro
ha avuto risonanza anche all’estero:
v. S. Moratti, The Englaro Case:
Withdrawal of Treatment from a Patient
in a Permanent Vegetative State in Italy,
in Cambridge Quarterly of Healthcare
Ethics, 2010, 19, 372–380; Italy, in J.
Griffiths e H. Weyers , M. Adams (a
cura di), Euthanasia and Law in Europe,
Hart Publishing, Oxford and Portland,
Oregon, 2008, 395 ss.
(7) Per un’analisi v. A. Pioggia ,
Consenso informato e rifiuto di cure:
dal riconoscimento alla soddisfazione
del diritto (nota a T.A.R. Lombardia,
sez. III, 26 gennaio 2009, n. 214), in
Giornale dir. amm., 2009, in partic. 276
ss.; Id., Brevi considerazioni sui profili
di incostituzionalità del Ddl Calabrò (2
marzo 2009), in http://www.astridonline.it/FORUM--Il-/.
(8) Per un primo commento, invero
fortemente critico, v. U. Veronesi, Così
si apre la strada a tante cause legali, in La
Stampa (13 luglio 2011), 1 e 33.
(9) Sul biodiritto quale «materia che
si occupa di descrivere in prospettiva
critica le dimensioni giuridiche relative
alle scienze della vita e della cura
della salute dell’essere umano» v. S.
Rodotà , M. Tallacchini (a cura di),
Ambito e fonti del biodiritto, Giuffrè,
Milano, 2010, in Trattato di Biodiritto,
cit.; C. Casonato, Introduzione al
biodiritto, Giappichelli, Torino, 2009,
il cui volume si caratterizza per una
prospettiva di indagine che privilegia
il diritto costituzionale comparato. In
tema v. altresì, ex multis, G. di Rosa ,
Biodiritto. Itinerari di ricerca, Giappichelli,
Torino, 2010; A. Gorassini, Lezioni di
biodiritto, Giappichelli, Torino, 2007; L.
Palazzani, Introduzione alla biogiuridica,
Giappichelli, Torino, 2002. In generale,
sulla dialettica tra diritto e vita v. S.
Rodotà , La vita e le regole. Tra diritto
e non diritto, Feltrinelli, Milano, 2007;
P. Veronesi, Il corpo e la Costituzione,
Giuffrè, Milano, 2007; P. Z atti,
Maschere del diritto. Volti della vita,
Giuffrè, Milano, 2009.
7
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spunti di riflessione per il dibattito
sul testamento biologico in Italia
Anzitutto, occorre tenere presente che, ad eccezione del Quèbec, tutte le Province del Canada ed
i Territori10 sono common law jurisdictions.
to anche in altre previsioni, di portata più generale, che sono state ritenute applicabili alla materia in esame.
L’indagine risulta peraltro ulteriormente complicata dal fatto che, spesso, accanto alla tradizione di
common law si hanno importanti esempi di statutory law, ossia di atti normativi con i quali il legislatore interviene nella regolamentazione di determinati settori. L’intersecarsi di common law e statutory
law è tipico, come si vedrà, della materia sanitaria
e, nello specifico, di quella del fine vita, ove le varie Province e i Territori hanno spesso emanato discipline ad hoc.
Tra di esse si segnala l’art. 92(16) del Constitution
Act, che devolve alle Province il potere di legiferare
in relazione a «Generally all Matters of a merely local
or private nature in the Province». Sulla base di tale
disposizione si è ricondotta alla potestà legislativa
provinciale la regolamentazione degli accertamenti
e dei trattamenti obbligatori (ivi compreso il ricovero coatto) dei tossicodipendenti12 e delle persone con problemi psichiatrici13.
Un’altra ragione di difficoltà nell’analisi risiede nel
riparto della potestà legislativa tra Stato Federale e
Province e Territori nel campo della sanità11: competenze federali e provinciali si intrecciano in un
groviglio non sempre facilmente districabile, anche
se la sfera d’azione attribuita alle Province sembra
indubbiamente prevalente.
Per quanto concerne queste ultime, viene anzitutto in considerazione l’art. 92(7) del Constitution Act (1867), che riconosce il potere di emanare
leggi in relazione a «the Establishment, Maintenance, and management of Hospitals, Asylums, Charities,
and Eleemosynary Institutions in and for the Province,
other than Marine Hospitals». Gli ospedali marittimi sono espressamente esclusi dalla disposizione
in esame in quanto inclusi, come si vedrà, nella lista degli ambiti oggetto dei poteri federali di cui
all’art. 92(11).
La jurisdiction delle Province trova però fondamen-
8
(10) Il Canada è costituito da dieci
Province e tre Territori. Le Province
sono: Ontario, British Columbia,
Alberta,
Saskatchewan,
Manitoba,
Québec, New Brunswick, Nova Scotia,
Prince Edward Island, Newfoundland
and Labrador (che compongono un’unica
Provincia). I Territori sono: Yukon,
Northwest Territories e Nunavut.
(11) In argomento v. P.W. Hogg,
Constitutional law of Canada, Carlswell,
Scarborough, Ontario, 2010, cap. 321 ss.; C.M. Flood, The Anatomy of
Medicare, in J. Downie, T. Caufield, C.M.
Flood (a cura di), Canadian Health Law
and Policy, Toronto, Butterworths, 2a
ed., 2002, in partic. 11 ss.; M. Jackman,
Il potere legislativo delle province in materia sanitaria si basa anche sull’art. 92(13), che ne sancisce la potestà normativa in tema di «property and
Civil Rights», che abbraccia la materia dei contratti, della responsabilità e della proprietà. Tale
competenza è stata interpretata estensivamente
e, sulla base di essa, le Province possono occuparsi di assicurazioni sanitarie, pubbliche e private; professioni sanitarie; disciplina degli alimenti,
ivi compresa la preparazione e la somministrazione di cibo e bevande nei luoghi di ristorazione, e dei farmaci.
Per quanto riguarda la competenza federale, il potere del Parlamento di legiferare, ai sensi della previsione generale dell’art. 91 del Constitution Act, «for
the Peace, Order, and good Government of Canada, in
relation to all Matters not coming within the classes of
subjects by this Act assigned exclusively to the Legislatures of the Provinces» consente l’intervento legislativo federale in tema di questioni di sanità pubblica
Constitutional Jurisdiction Over Health in
Canada, in Health Law Journal, 2000, 8,
95 ss. Sul sistema federale canadese
v. il fascicolo monografico n. 1/2 di
Amministrare, 2002, con contributi di A.
Benazzo, G. Campanelli, E. Ceccherini,
G. D’Ignazio, G. Gerbasi, T. Groppi,
E. Libone, D. Loprieno, M. Orofino,
N. Olivetti R ason, L. Palatucci, V.
Piergigli, F. Rosa, G. Telese, D.E. Tosi,
N. Vizioli, S. Volterra. Più in generale,
sull’ordinamento costituzionale canadese
v. T.E. Frosini, Le «derivazioni» dirette
del sistema inglese: Australia, Canada,
Nuova Zelanda, in P. Carrozza, A. Di
Giovine, G.F. Ferrari, Diritto costituzionale
comparato, Laterza, Bari, 2010, 104 ss.;
G. Rolla (a cura di), L’apporto della Corte
suprema alla determinazione dei caratteri
dell’ordinamento costituzionale canadese,
Giuffrè, Milano, 2008; T. Groppi, Canada,
Il Mulino, Bologna, 2006; S. Gambino,
C. Amirante (a cura di), Il Canada. Un
laboratorio costituzionale. Federalismo,
Diritti, Corti, Cedam, Padova, 2000.
(12) Schneider v. The Queen [1982], 2
S.C.R. 112.
(13) R. v. Lenart [1998], 39 O.R. (3d) 55
(C.A.). P.W. Hogg, Constitutional law of
Canada, cit., 32-2, precisa che anche se
nella decisione la Corte non è stata chiara
nell’indicare il fondamento del potere
legislativo provinciale, il riferimento
all’art. 92(16) risulta il più ovvio.
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spunti di riflessione per il dibattito
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che hanno dimensione nazionale e, in particolare,
attengono a situazioni di rischio ed emergenziali: è
il caso delle epidemie14.
Il Parlamento federale ha inoltre potere in relazione ad alcune categorie di individui e, di conseguenza, in concorrenza con le Province, si occupa anche della loro assistenza sanitaria: veterani, in base
all’art. 91(7); aborigeni, ex art. 91(24), e immigrati,
ai sensi dell’art. 91(25).
Ai fini della comprensione del riparto di potestà
normative in materia di sanità occorre altresì considerare che tra le materie attribuite alla competenza federale vi è, sulla base dell’art. 91(27), «the
Criminal law, except the Constitution of Courts of
Criminal Jurisdiction, but including the Procedure in Criminal Matters». Il diritto penale, infatti, “intercetta”
il diritto alla salute: si pensi alla disciplina dell’aborto, un tempo proibito dal Criminal Code federale, fino all’intervento della Corte Suprema del Canada,
che ha dichiarato l’incostituzionalità di tale divieto
per violazione dell’art. 7 della Canadian Charter of
Rights and Freedoms15.
sa che, diversamente, non sarebbe possibile. Il Parlamento ha utilizzato questo potere per imporre
alle Province e ai Territori che la loro pianificazione in materia di assicurazioni sanitarie rispetti precisi standard nazionali, come presupposto per ottenere contributi pubblici. Il provvedimento che ha
delineato tale quadro comune è il Canada Health
Act (1984)17.
Il potere federale di occuparsi, ai sensi dell’art.
91(22), di «Patents of Invention and Discovery» include, ovviamente, la regolamentazione dei brevetti
farmaceutici.
Da non dimenticare, infine, è la competenza in tema di «Quarantine and the Establishment and Maintenance of Marine Hospitals», cui si è già accennato.
Sintetizzata la suddivisione delle potestà legislative federali e provinciali in materia sanitaria, si tratta ora di capire come si collochi, in questo quadro,
il tema delle decisioni di fine vita. Per rispondere al
quesito non si può prescindere dalla classificazione
proposta in premessa delle diverse situazioni in cui
esse si articolano.
Al riguardo si tenga peraltro presente che il Constitution Act, all’art. 92(14), ha devoluto alle Provincial Legislatures «the Administration of Justice in
the Province, including the Constitution, Maintenance,
and Organization of Provincial Courts, both of Civil
and of Criminal Jurisdiction, and including Procedure
in Civil Matters in those Courts»: tale previsione, come si vedrà, lascia ampia discrezionalità alle Province nell’amministrazione della giustizia16, il che
restituisce loro un ruolo importante nella materia in esame.
Eutanasia attiva, volontaria o involontaria, e suicidio assistito sono oggetto di competenza federale,
ricomprendendo quest’ultima il diritto penale. La
non sottoposizione a trattamenti c.d. salva-vita e
l’interruzione di trattamenti sanitari di sostegno vitale già in corso è invece ascrivibile alla potestà legislativa provinciale: il fondamento di tale competenza risiede anzitutto nell’art. 92(13), in tema di
«Civil Rights»; rilevano altresì gli artt. 92(7) e 92(16),
che fondano la competenza provinciale in materia
di organizzazione e professioni sanitarie18.
Una leva fondamentale dell’intervento federale
in materia sanitaria è rappresentata dal c.d. spending power o potere di spesa federale, che consente al Parlamento di imporre alle Province condizioni per poter beneficiare di sovvenzioni e finanziamenti, invadendo in tal modo la loro jurisdiction, co-
La devoluzione della materia alla competenza provinciale non esclude, peraltro, che vi sia un quadro di riferimento comune, individuato nei principi di common law. Si pensi, ad esempio, al principio
dell’informed consent, su cui si avrà modo di soffermarsi19.
(14) Con riferimento ad un’epidemia di
peste v. Toronto Electric Commissioners
v. Snider [1925], A.C. 396, 412.
(15) R. v. Morgentaler (No 2) [1988], 1
S.C.R. 30.
(16) V. il par. successivo.
(17) In tema v. W. L ahey, Medicare
and the Law: Contours of an Evolving
Relationship, in J. Downie, T. Caufield,
C. Flood (a cura di), Canadian Health
Law and Policy, cit., in partic. 24 ss.
(18) Per tale analisi v. Senate of Canada,
Of Life and Death, Special Senate
Committee Report on Euthanasia and
Assisted Suicide, cit.
(19) V. il par. 5.
9
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spunti di riflessione per il dibattito
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3. Eutanasia volontaria
attiva e suicidio assistito
In Canada, come in Italia, è proibito qualsiasi comportamento attivo teso a porre fine alla vita di un
individuo, anche nei casi in cui la morte rappresenti la risposta ad una sua precisa volontà.
Il divieto di eutanasia volontaria attiva si ricava
dall’art 14 del Criminal Code: «No person is entitled to
consent to have death inflicted on him, and such consent does not affect the criminal responsibility of any
person by whom death may be inflicted on the person
by whom consent is given».
Benché il tentativo di suicidio sia stato decriminalizzato nel 1972, il suicidio assistito resta vietato dal Criminal Code. L’art. 241, che punisce anche
l’istigazione al suicidio, prevede: «Every one who (a)
counsels a person to commit suicide, or b) aids or abets
a person to commit suicide, whether suicide ensues or
not, is guilty of an indictable offence and liable to imprisonment for a term not exceeding fourteen years». Il reato è punito con una pena inferiore a quella dell’omicidio.
Nei confronti dell’art. 241 è stata sollevata questione di costituzionalità in un caso molto famoso, Rodriguez v. British Columbia (Attorney General) (1993)20.
A Sue Rodriguez, affetta da sclerosi laterale amiotrofica, era stato negato di ricevere legalmente assistenza nel commettere suicidio.
Le censure di incostituzionalità erano, sostanzialmente, due.
La prima riguardava la violazione dell’art. 7 della
Canadian Charter of Rights and Freedoms, parte I del
Constitution Act del 1982, secondo cui «Everyone has
the right to life, liberty and security of the person and
the right not to be deprived thereof except in accordance with the principles of fundamental justice».
Il problema del diritto alla sicurezza si poneva in re-
10
(20) Rodriguez v. British Columbia
(Attorney General) [1993], 107 D.L.R.
(4th) 342 (Sup. Ct. Can.). Su tale caso
v. J. Downie, Assisted Death at the
Supreme Court of Canada, in J. Downie,
E. Gibson (a cura di), Health Law at the
Supreme Court of Canada, Irwin Law,
Toronto, 2007, 219 ss.
lazione al “quando” e al “come” la donna, “da sola”, avrebbe potuto suicidarsi. L’impossibilità di essere aiutata nel suicidio, inoltre, l’avrebbe costretta
ad anticipare tale gesto, rispetto alla progressione
della malattia, con conseguente negazione del suo
diritto di vivere più a lungo.
La seconda previsione richiamata da Sue Rodriguez
a sostegno della propria pretesa era l’art. 15 della medesima Carta, che garantisce «the right to the
equal protection and equal benefit of the law without
discrimination and, in particular, without discrimination
based on... physical disability». La lamentata discriminazione atteneva alla diversa posizione delle persone fisicamente capaci, in grado di porre fine alla
propria esistenza senza contravvenire alla legge, e
quella dei soggetti con disabilità fisiche, aventi bisogno, a tal fine, di assistenza, con conseguente commissione, da parte di chi presta loro aiuto, di un reato ai sensi dell’art. 241 del Criminal Code.
La Supreme Court ha negato a Sue Rodriguez la possibilità di commettere suicidio assistito ed ha affermato la costituzionalità della proibizione del Criminal Code. Occorre però rilevare che ben quattro
dei nove giudici del collegio avrebbero dato il proprio assenso.
A sostegno del divieto di suicidio assistito stabilito dal codice penale i majority justices hanno invocato la difesa della vita, della libertà e della sicurezza
delle persone vulnerabili, soggette al rischio di essere manipolate, sottolineando il pericolo di confondere con il desiderio di morire semplici momenti di debolezza, che non sono espressione della reale volontà di un individuo di far cessare prematuramente la propria esistenza.
La maggioranza dei giudici, inoltre, non si è pronunciata sul fatto che l’art. 241 potesse rappresentare una discriminazione ai danni di Sue Rodriguez
sulla base della sua disabilità fisica. Si è infatti rilevato che, se anche ciò fosse avvenuto, si sarebbe trattato di una limitazione ragionevole e costituzionalmente legittima sulla base dell’art. 1 della
Charter of Rights and Freedoms, che garantisce «the
rights and freedoms set out in it subject only to such reasonable limits prescribed by the law in a free and democratic society».
Sue Rodriguez si è suicidata alla presenza di numerose persone, incluso un medico. A seguito delle inda-
Diritto
Le decisioni di fine vita in Canada:
spunti di riflessione per il dibattito
sul testamento biologico in Italia
gini giudiziarie, l’Attorney General della Provincia del
British Columbia, dove la donna era vissuta e morta, ha ritenuto che non fosse stato commesso alcun
reato. Il diritto penale è materia federale, ma, come
si è avuto modo di precisare, l’amministrazione della
giustizia è una responsabilità provinciale21.
4. Eutanasia involontaria attiva
Il divieto dell’eutanasia involontaria attiva risiede
nella previsione del Criminal Code che punisce l’omicidio. Ai sensi dell’art. 229, «Culpable homicide is murder (a) where the person who causes death of a human
being (i) means to cause his death, or (ii) means to cause
him bodily harm that he knows is likely to cause his
death, reckless whether death ensues or not...».
Ciononostante, nel famoso caso Latimer (2001)22 ,
la Supreme Court si è trovata ad affrontare lo spinoso tema se il c.d. mercy killing, ossia il dare la morte per ragioni, si potrebbe dire, di pietas, costituisca una fattispecie da considerare e trattare in maniera differente rispetto agli altri tipi di omicidio.
Robert Latimer, reo di aver soffocato la figlia gravemente disabile, venne condannato per omicidio di
secondo grado, con possibilità di rilascio sulla parola solo dopo un minimo di dieci anni di prigione. L’incriminazione per omicidio di secondo grado, peraltro, era già stata una sorta di “concessione” da parte dell’accusa, perché nel caso di omicidio di primo grado, che, sulla scorta dell’art. 231, si
ha quando il delitto è «planned and deliberate», non
vi può essere rilascio sulla parola se non sono trascorsi almeno venticinque anni.
Non è questa la sede per dare conto, nel dettaglio,
di una vicenda davvero complessa, che si è snodata attraverso diversi gradi di giudizio; ciò che rileva è che, quando è stata sottoposta all’attenzione
della Supreme Court, quest’ultima ha confermato la
condanna per omicidio di secondo grado e il conseguente regime del rilascio sulla parola.
In altri casi, però, come rilevano alcuni autori23, l’at(21) Per questo rilievo v. T. Lemmens, B.
Dickens, Canadian Law on Euthanasia:
Contrasts and Comparisons, cit., 138.
(22) R. v. Latimer [2001], 193 D.L.R. (4th)
577 (S.C.C.). Su tale caso v., tra gli altri, B.
teggiamento della Corte è stato meno severo.
Una prima serie di episodi ha come protagonisti dei
medici. Si pensi al caso R. v. de la Rocha (1993)24: il
Dottor de La Rocha diede del cloruro di potassio
ad un paziente in fin di vita. Incriminato per omicidio di secondo grado e per somministrazione di
sostanze nocive, fattispecie prevista dall’art. 245
del Criminal Code, rubricato «Administering noxious
thing», fu riconosciuto colpevole per il secondo dei
due reati e saldò il proprio debito con la giustizia
con tre anni di libertà vigilata.
Un altro caso riguardante un medico è R. v. Morrison (1998)25. Per il signor Paul Mills, affetto da cancro all’esofago, era stato fatto “tutto il possibile”,
ivi compresi numerosi interventi chirurgici. Venuta
meno ogni speranza, con il consenso dei familiari,
i medici avevano interrotto i trattamenti di sostegno vitale e avevano effettuato l’estubazione. Tolto il respiratore, nessuna delle medicine somministrate sembrava alleviare le sofferenze di Mills, agonizzante per la “fame d’aria”. La dottoressa Nancy
Morrison gli fece allora un’iniezione di cloruro di
potassio. Incriminata per omicidio di primo grado,
ottenne la libertà provvisoria su cauzione e riuscì a
ritornare ad una limitata attività professionale. Successivamente il caso fu chiuso.
Altri episodi sono, a ben vedere, la consumazione
di veri e propri drammi familiari. Tra questi si segnala il caso R. v. Myers (1994)26, in cui marito e moglie soffocarono il padre di lei, che stava morendo
di cancro, con un cuscino: i coniugi furono riconosciuti colpevoli di omicidio preterintenzionale e furono condannati a tre anni di libertà vigilata e centocinquanta ore di affidamento ai servizi sociali.
Da ricordare è anche il caso R. v. Brush (1995)27. Il
Signor Brush soffriva di Alzheimer. Nel luglio 1994
tentò di suicidarsi insieme alla moglie; nessuno dei
due vi riuscì. Un mese dopo la signora Brush accoltellò il marito e poi se stessa; il marito morì, ma lei
sopravvisse. Il giudice la ritenne colpevole di omicidio preterintenzionale; la vicenda si concluse con
diciotto mesi di libertà vigilata.
Sneiderman, Latimer in the Supreme Court:
Necessity, Compassionate Homicide, and
Mandatory Sentencing, in Saskatchewan
Law Review, 2001, 64, 511 ss.
(23) V.J. Downie, Dying Justice, cit., 38 ss.
(24) R. v. de la Rocha [1993], Timmins
(Ont. Ct. (Gen. Div.)).
(25) R. v. Morrison [1998], A.J. n. 688.
(26) R. v. Myers [1994], N.S.J. n. 688.
(27) R. v. Brush [1995], O.J. n. 656.
11
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spunti di riflessione per il dibattito
sul testamento biologico in Italia
I casi illustrati dimostrano, a parere di alcuni studiosi, che, benché l’eutanasia, ai sensi della normativa, rappresenti uno dei peggiori crimini, in concreto il sistema giudiziario la punisce meno severamente: «Euthanasia is de jure murder but de facto a
considerably less serious crime»28.
Nel contesto di questa lettura non è semplice comprendere la diversità di trattamento giudiziario del
caso Latimer rispetto agli altri cui si è da ultimo fatto cenno. Gli autori che si sono posti questo interrogativo29 hanno dato risposte incentrate su spiegazioni in larga parte legate a circostanze di fatto: si
è infatti sottolineato come la figlia di Latimer avesse una disabilità gravissima, che le cagionava profonde sofferenze, ma non fosse in fin di vita. La sua
condizione di dolore si sarebbe potuta affrontare
attraverso soluzioni che, con tutta evidenza, il padre aveva rifiutato di prendere in considerazione.
Latimer, inoltre, aveva in un primo tempo cercato
di ingannare la polizia offrendo una falsa spiegazione sulle modalità del decesso.
Il caso suscitò molto clamore e ha diviso le coscienze. Taluni hanno sostenuto che la sentenza
fosse ingiusta, non avendo tenuto conto delle circostanze in cui Robert Latimer aveva agito, compiendo un gesto da ritenersi, in fondo, espressione di compassione. Da questo punto di vista, si è
lamentata una mancanza di flessibilità del Criminal Code, in casi eccezionali di questo tipo. Altri
hanno reputato che la presa di posizione di parte dell’opinione pubblica in favore di Latimer rap-
12
(28) J. Downie, Dying Justice, cit., 38.
(29) T. Lemmens, B. Dickens, Canadian
Law on Euthanasia: Contrasts and
Comparisons, cit., 142-143.
(30) L’art. 215 del Criminal Code reca
la seguente previsione: «(1) Every one
is under a legal duty … (c) to provide
necessaries of life to a person under his
charge if that person (i) is unable, by reason
of detention, age, illness, mental disorder
or other cause, to withdraw himself from
that charge and (ii) is unable to provide
himself with necessaries of life. (2) Every
one commits an offence who, being under a
legal duty within the meaning of subsection
(1), fails without lawful excuse, the proof
of which lies on him, to perform that duty,
if… (b) with respect to a duty imposed by
presentasse una seria minaccia non solo per l’uguaglianza e la dignità delle persone con disabilità, ma anche per le loro stesse vite. Si è così mostrato apprezzamento per la Corte, che ben aveva fatto a non adottare un differente standard di
valutazione nel caso di omicidio di una persona affetta da disabilità.
5. Rifiuto iniziale e interruzione
di trattamenti di sostegno vitale
da parte di individui capaci. Il
principio del consenso informato
A prima vista, anche la non sottoposizione di un individuo a trattamenti c.d. “salva vita” o l’interruzione di interventi di questo tipo già in atto sembrerebbe sottostare a una serie di divieti e incriminazioni del Criminal Code canadese, che, per ragioni di
chiarezza, giova qui di seguito ricordare.
Ai sensi dell’art. 215, significativamente rubricato
«Duties Tending To Preservation of Life», grava su ogni
individuo il dovere legale, penalmente sanzionato,
di fornire le c.d. «necessaries of life» a chi, per ragioni quali, per quanto qui rileva, la vecchiaia, la malattia, uno stato di disordine mentale, non è in grado di provvedervi30. Tanto più questi doveri devono essere adempiuti dal personale sanitario, che ha
la responsabilità dei pazienti31.
Il Criminal Code, inoltre, punisce agli artt. 219, 220 e
222 la c.d «criminal negligence» e, in particolare, l’omicidio colposo32 .
paragraph (1)(c), the failure to perform the
duty endangers the life of the person to
whom the duty is owed or causes or is likely
to cause the health of that person to be
injured permanently». Rilevante è altresì
l’art. 217, secondo cui «Every one who
undertakes to do an act is under a legal duty
to do it if an omission to do the act is or may
be dangerous to life».
(31) Ai sensi dell’art. 216, «Every one
who undertakes to administer surgical or
medical treatment to another person or to
do any other lawful act that may endanger
the life of another person is, except in
case of necessity, under a legal duty to
have and to use reasonable knowledge,
skill and care in so doing».
(32) In base all’art. 219: «(1) Every one is
criminally negligent who (a) in doing anything,
or (b) in omitting to do anything that it is
his duty to do, shows wanton or reckless
disregard for the lives or safety of other
persons. (2) For the purposes of this section,
‘duty’ means a duty imposed by law». L’art.
220, a sua volta, stabilisce: «Every person
who by criminal negligence causes death
to another person is guilty of an indictable
offence and liable (a) where a firearm is
used in the commission of the offence, to
imprisonment for life and to a minimum
punishment for a term of four years; and
(b) in any other case, to imprisonment for
life». Infine, ai sensi dell’art. 222, «(5) A
person commits culpable homicide when he
causes the death of a human being… (b) by
criminal negligence».
Diritto
Le decisioni di fine vita in Canada:
spunti di riflessione per il dibattito
sul testamento biologico in Italia
Comprendere che cosa possa concretare una
«lawful excuse» per sottrarsi ai menzionati doveri o l’esatto contenuto della «criminal negligence» è
un passaggio necessario ai fini della qualificazione
dell’ipotesi di withholding or withdrawal of life sustaining treatment come reato o meno. Il Criminal Code,
di per sé, non dà risposte certe. Per escludere la
responsabilità penale occorre rifarsi ai principi di
common law e al statutory law provinciale.
Il primo e fondamentale principio di cui occorre tenere conto è quello dell’informed consent, strettamente correlato alla libertà di cura o, più in generale, al right of self determination33.
Prima di affrontarne l’analisi con riferimento al Canada, può essere di utilità ricordare che si tratta di
un principio sviluppato anche nell’ordinamento italiano34 e che trova fondamento in diversi articoli
della Costituzione: l’art. 2, che sancisce i diritti inviolabili della persona umana; l’art. 13, che garantisce la libertà personale, nell’ambito della quale rientra il potere della persona di disporre del proprio corpo e, infine, l’art. 32, relativo al diritto alla
salute35, secondo cui «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non
per espressa disposizione di legge».
Un importante riferimento al principio in esame
è contenuto nella Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea, adottata a Nizza il 7 dicembre 2000 e richiamata espressamente dal Trattato di Lisbona. La Carta reca un capo apposito dedicato alla «Dignità», il cui art. 1 afferma che «la dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispet(33) Sul principio del consenso informato
in Canada v. P. Peppin, Informed Consent, in
J. Downie, T. Caufield, C. Flood (a cura
di), Canadian Health Law and Policy, cit.,
189 ss. e la bibliografia ivi richiamata.
(34)
Sul
consenso
informato
nell’ordinamento italiano v., in
generale, M. Graziadei, Il consenso
informato e i suoi limiti, in L. Lenti, E.
Palermo Fabris, P. Z atti (a cura di), I
diritti in medicina, Giuffrè, Milano, 2011,
191 ss., in Trattato di Biodiritto, cit.
(35) Sul diritto alla salute nella nostra
Costituzione v., ex multis, R. Ferrara,
L’ordinamento della Sanità, Giappichelli,
Torino, 2007, 37 ss.; N. Aicardi,
La sanità, in S. Cassese (a cura di),
tata e tutelata». Al medesimo capo appartiene anche l’art. 3, relativo al «diritto all’integrità della persona», che annovera «il consenso libero e informato della persona interessata» tra i principi che debbono essere rispettati nell’ambito della medicina e
della biologia.
A livello internazionale, si segnala la Convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e sulla biomedicina del 4 aprile 1997, la cui ratifica è stata autorizzata dall’Italia con la l. 28 marzo 2001, n. 14536,
che, all’art. 5, pone la «Regola generale» in base alla quale «un intervento nel campo della salute non
può essere effettuato se non dopo che la persona
interessata abbia dato il proprio consenso libero e
informato».
Nell’elaborazione canadese del principio del consenso informato è stato essenziale il richiamo alla
giurisprudenza americana e, in particolare, alle statuizioni, risalenti già agli inizi del secolo scorso, del
Justice Cardozo: «Every human being of adult years
and sound mind has the right to determine what shall
be done with his own body»37.
Il leading case in materia di consenso informato in
Canada è Malette v. Shulman (1990)38, di cui giova
riportare alcuni passaggi significativi: «The right of
self determination, which underlies the doctrine of informed consent... obviously encompasses the right to
refuse medical treatment... The doctrine of informed
consent is primarly intended to ensure the freedom of
individuals to make choices concerning their medical
care. For this freedom to be meaningful, people must
have the right to make choices that accord with their
Trattato di diritto amministrativo. Diritto
amministrativo speciale, tomo I, Giuffrè,
Milano, 2003, II ed., 625 ss.; D. Morana,
La salute nella Costituzione italiana. Profili
sistematici, Giuffrè, Milano, 2002; C.M.
D’Arrigo, voce Salute (diritto alla), in Enc.
dir., Aggiornamento-V, Giuffrè, Milano,
2001, 1009 ss.; M. Cocconi, Il diritto
alla tutela della salute, Cedam, Padova,
1998; B. Pezzini, Principi costituzionali
e politica nella Sanità: il contributo
della giurisprudenza costituzionale alla
definizione del diritto sociale alla salute,
in C.E. Gallo-B. Pezzini (a cura di),
Profili attuali del diritto alla salute, Giuffrè,
Milano, 1998, 1 ss.; M. Luciani, voce
Salute (diritto alla salute – dir. cost.),
in Enc. giur. Treccani, Roma, 1991, vol.
XXVII; Id., Il diritto costituzionale alla
salute, in Dir. e società, 1980, 769 ss.; B.
Caravita, La disciplina costituzionale della
salute, in Dir. e società, 1984, 21 ss.
(36) Malgrado la legge di autorizzazione
alla ratifica, la Convenzione di Oviedo
non è ancora formalmente in vigore.
Ciononostante dottrina e giurisprudenza
vi fanno frequentemente riferimento
come se lo fosse o, comunque, applicano
costantemente i principi sul consenso
informato in essa sanciti.
(37) Schloendorff v. Society of New York
Hospital, 105 N.E. 92 (N.Y. 1914).
(38) Malette v. Shulman [1990], 67
D.L.R. (4th) 321 (Ont. C.A.).
13
Diritto
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spunti di riflessione per il dibattito
sul testamento biologico in Italia
own values, regardless of how unwise or foolish those
choices may appear to others».
La vicenda riguardava una testimone di Geova, cui, a
seguito di un incidente stradale, venne fatta una trasfusione di sangue, malgrado portasse con sé una Jehova’s Witness Card, nella quale dichiarava la sua contrarietà a tale trattamento. La sua istanza di risarcimento
per negligenza venne rigettata, ma quella per battery,
ossia violenza privata, venne accolta e le fu accordato
un risarcimento simbolico di 20.000 dollari.
Per quanto concerne, nello specifico, il tema del fine vita, non si può non segnalare il caso Nancy B. v.
Hôtel-Dieu de Québec (1992)39.
Nancy B., venticinque anni, era affetta da sindrome di
Guillain-Barrè, permanentemente paralizzata dal collo in giù, incapace di respirare autonomamente e pertanto attaccata ad un respiratore meccanico. Il medico dell’ospedale che la seguiva, malgrado le sue richieste, si rifiutò di rimuoverlo, per il timore di conseguenze penali. Nancy B. citò in giudizio sia l’ospedale che il medico, chiedendo un’ingiunzione che li obbligasse a soddisfare la sua richiesta. La Québec Superior
Court accolse le sue ragioni, stabilendo però, al contempo, che il medico che l’aveva in cura non fosse costretto a ottemperare, se in disaccordo. In questo caso avrebbe dovuto affidarla ad un altro collega disposto ad intervenire. L’ospedale, invece, avrebbe dovuto
comunque dare tutto il supporto necessario affinché
fosse data attuazione all’ingiunzione.
14
ferma: «Canadian Courts have recognized a common
law right of patients to refuse consent to medical treatment, or to demand that treatment, once commenced,
be withdrawn or discontinued ... This has been specifically recognized to exist even if the withdrawal or refusal of treatment may result in death».
Il principio del consenso informato è sancito anche a livello della legislazione provinciale. Si consideri, per esempio, l’Ontario Health Care Consent Act
(1996), il cui art. 10, intitolato «No treatment without consent», prevede: «A health pratictioner who proposes a treatment for a person shall not administer the
treatment, and shall take reasonable steps to ensure
that it is not administerd, unless (a) he or she is of the
opinion that the person is capable with respect to the
treatment, and the person has given consent». L’art.
14, rubricato «Withdrawal of consent», a sua volta,
garantisce il diritto di ritirare il consenso precedentemente espresso: «A consent that has been given by or on behalf of the person for whom the treatment was proposed may be withdrawn at any time, (a)
by the person, if the person is capable with respect to
the treatment at the time of the withdrawal».
6. Non attivazione e interruzione
di trattamenti di sostegno vitale
rivolti a individui incapaci.
La rilevanza delle c.d. advance
directives: instructional
directives e proxy directives
Benché si tratti di un caso deciso da un tribunale di
prima istanza, che, pertanto, non costituisce un precedente, e sia stato affrontato nel Québec, di conseguenza nel contesto della tradizione francese di civil
law, Nancy B. v. Hôtel-Dieu de Québec è indicato dagli
studiosi come un vero e proprio leading case40.
Quando la non sottoposizione ad un dato trattamento di sostegno vitale o l’interruzione di interventi già in atto riguardano soggetti incapaci, assumono rilevanza le c.d. advance directives, ossia le direttive anticipate di trattamento.
Può essere di interesse osservare che ad esso si è
richiamata la decisione sul caso Rodriguez, ove si af-
Nella maggior parte delle Province canadesi è presente una legislazione in materia41.
(39) Nancy B. v. Hôtel-Dieu de Québec
[1992], 86 D.L.R. (4th) 385 (Québec.
Superior Ct.).
(40) Sul punto v. T. Lemmens, B. Dickens,
Canadian Law on Euthanasia: Contrasts
and Comparisons, cit., 143.
(41) Ontario: Health Care Consent Act
(1996), Substitute Decisions Act (1992);
British
Columbia:
Representation
Agreement Act (1996), Health Care
(Consent) and Care Facility (Admission) Act,
(1996), Adult Guardianship and Personal
Planning Statutes Amendment Act (2007);
Alberta: Personal Directives Act (2000);
Saskatchewan: The Health Care Directives
and Substitute Health Care Decision
Makers Act (1997); Manitoba: Health
Care Directives Act (1992), Child and Family
Services Act (1985); Québec: Civil Code of
Québec (1991), artt. 11-25, 153, 2130-2185;
Nova Scotia: Medical Consent Act (1989);
Prince Edward Island: Consent to Treatment
and Health Care Directives Act (1988);
Newfoundland and Labrador: Advance
Health Care Directives and the Appointment
of Substitute Decision Makers Act (1995);
Yukon Territory: Care Consent Act (2003);
Northwest Territories: Personal Directives
Act (2005). New Brunswick e Nonavut
non hanno una legislazione in materia.
Diritto
Le decisioni di fine vita in Canada:
spunti di riflessione per il dibattito
sul testamento biologico in Italia
Quando vi è una normativa ad hoc è al statutory law e
non già al common law che bisogna guardare per trovare la regola di diritto da applicare al caso concreto.
Nel caso in cui, invece, non vi sia una regolamentazione, tornano a valere i principi di common law, tra
i quali, come si è visto, rientra il right of self determination, come configurato, in materia sanitaria, da
decisioni quali Malette v. Shulman (1990) e Nancy B.
v. Hôtel-Dieu de Québec (1992). La mancanza di uno
statute non preclude quindi la possibilità di esercitare il proprio diritto al rifiuto di trattamenti sanitari non voluti42 .
Si possono distinguere due tipologie di direttive43:
le c.d. instructional directives, comunemente conosciute come living wills, e le proxy directives, indicate nella terminologia americana come durable powers of attorney.
Nelle direttive del primo tipo gli individui manifestano in anticipo, rispetto ad una possibile futura
situazione di incapacità, le proprie decisioni circa
i trattamenti cui intendono o non intendono essere sottoposti.
Le proxy directives consentono di nominare una persona che, sempre in caso di sopravvenuta incapacità,
decida in propria vece: il c.d. substitute decision maker.
Occorre peraltro precisare che tale figura è indicata
con espressioni che variano a seconda delle Province. Di substitute decision maker si parla in Ontario e
Newfoundland and Labrador. In British Columbia si
usa il termine representative; in Alberta e Northwest
Territories agent; in Saskatchewan, Manitoba, Prince
Edward Island e Yukon proxy. In Quèbec viene in considerazione il mandatary; in Nova Scotia il guardian.
Le Province che hanno una normativa in materia di
decisioni di fine vita44 prevedono entrambe le species di directives, che possono “combinarsi” in un’unica manifestazione di volontà. L’unica eccezione
è rappresentata dalla Nova Scotia, che contempla
solo le proxy directives.
(42) Su tali questioni v. J. Gilmour,
Death, Dying and Decision-making about
End of Life Care, cit., 447.
(43) In tema v. J. Downie, Dying Justice,
cit., 7.
(44) Per un’analisi della disciplina delle
diverse Province in materia di decisioni
di fine vita v. J. Zuckerberg, End-of-
Incidentalmente, per quanto riguarda l’Italia, si osservi che, benché non distingua in maniera esplicita
tra i due tipi di direttive, il disegno di legge recentemente approvato dalla Camera fa implicitamente
riferimento ad ambedue45: nella dichiarazione anticipata di trattamento, infatti, il soggetto, «con riguardo ad un’eventuale futura perdita permanente della propria capacità di intendere e di volere,
esprime orientamenti e informazioni utili per il medico, circa l’attivazione di trattamenti terapeutici»;
ha inoltre la possibilità di individuare un «fiduciario», i cui compiti, comunque, in assenza di nomina, sono svolti dai familiari, come indicati dal libro
II, titolo II, capi I e II del codice civile.
Si noti, peraltro, che l’ambito di applicazione della dichiarazione anticipata di trattamento, così come delineato dall’emanando testo sul biotestamento, sembra essere, allo stato, piuttosto circoscritto, assumendo rilievo tale dichiarazione solo «nel
momento in cui il soggetto si trovi nell’incapacità
permanente di comprendere le informazioni circa
il trattamento sanitario e le sue conseguenze per
accertata assenza di attività cerebrale integrativa
cortico-sottocorticale».
Gli statutes delle Province e dei Territori canadesi
presentano delle diversità ulteriori rispetto alle species di advance directives: essi, infatti, come si avrà
modo di illustrare, differiscono anche per ciò che riguarda il livello di formalità richiesto ai fini del riconoscimento di una direttiva anticipata come vincolante e l’età della persona che formula le direttive.
In ragione delle differenze che possono sussistere
tra le diverse discipline provinciali, alcune Province
osservano un principio di reciprocità e consentono
di dare esecuzione nel proprio territorio anche a
direttive impartite nel contesto delle regole di una
diversa jurisdiction46.
L’obbligo di rispettare le direttive anticipate è un
principio consolidato del common law. Si consideri,
Life Decisions: A View from Ontario and
Beyond, in European Journal of Health
Law, 2009, 16, 139 ss. In Italia il tema
delle advance directives in Canada è
stato studiato da F.G. Pizzetti, Alle
frontiere della vita: il testamento biologico
tra valori costituzionali e promozione della
persona, cit., 475 ss.
(45) V. gli artt. 3 e 6.
(46) British Columbia, Saskatchewan,
Manitoba, Ontario e Prince Edward
Island osservano tale regime di
reciprocità. In argomento v. S.
C arstair , Still Not There: Quality Endof-Life Care: A Progress report (2005),
cit.
15
Diritto
Le decisioni di fine vita in Canada:
spunti di riflessione per il dibattito
sul testamento biologico in Italia
nuovamente, il caso Malette v. Schulman (1990), in cui
si è affermato a chiare lettere: «A doctor is not free
to disregard a patient’s advance instructions any more
than he would be free to disregard instructions given at
the time of the emergency». Analoghe statuizioni possono leggersi in Fleming v. Reid (1991)47: «A doctor is
not free to disregard such advance instructions, even in
an emergency. The patient’s right to forgo treatment, in
the absence of some overriding societal interest, is paramount to the doctor’s obligation to provide medical care.
This right must be honoured, even though the treatment
may be beneficial or necessary to preserve the patient’s
life or health, and regardless of how ill-advised the patient’s decision may appear to others».
Il carattere vincolante o meno per il medico delle dichiarazioni è invece oggetto di discussione in Italia.
Al riguardo occorre anzitutto precisare che nel disegno di legge oggetto di dibattito parlamentare il
contenuto delle dichiarazioni anticipate non consiste in volontà ma, come si è già avuto modo di accennare, in «orientamenti e informazioni utili per il
medico» 48, realizzandosi in tal modo, a livello della stessa terminologia utilizzata, una dequotazione
del volere dell’individuo.
Coerentemente con questa impostazione riduttiva, mentre nel testo originariamente approvato dal
Senato l’articolo relativo al ruolo del medico in materia di fine vita parlava di «volontà espresse dal
soggetto nella sua dichiarazione anticipata di trattamento», nella nuova formulazione “passata” alla
Camera compare nuovamente la locuzione «orientamenti», che il medico ha l’obbligo di prendere in
considerazione, ma non di seguire49.
Non si può non rimarcare la valenza discriminatoria
di una scelta volta a rendere meramente orientative
le scelte a suo tempo compiute da pazienti divenuti
non più coscienti, che, a differenza di quelli ancora capaci, sostituendosi alla loro volontà quella del medico,
non potrebbero vedere rispettato il proprio diritto a
rifiutare le cure, sancito dall’art. 32, comma 2, Cost.
La previsione costituzionale risulterebbe inoltre violata per il fatto che una norma di questo tenore, ol-
16
(47) Fleming v. Reid [1990], 4 O.R. (3d)
74 (Ont. C.A.).
(48) V. l’art. 3.
(49) V. l’art. 7.
tre a contravvenire ai «limiti imposti dal rispetto della persona umana», non si limiterebbe ad imporre un
«determinato» trattamento sanitario50, ma, potenzialmente, consentirebbe la prestazione, nonostante
il dissenso del paziente, di qualsiasi terapia51.
La sostituzione del medico al paziente, invero, potrebbe ritenersi ammissibile solo nei casi di evoluzione della scienza e della tecnica tale da rendere non più attuale e rispondente alla volontà del
malato la dichiarazione anticipata di trattamento:
si pensi al caso di una rivoluzionaria scoperta che
rendesse reversibile lo stato vegetativo permanente. Anche in tale ipotesi, tuttavia, la rivalutazione
della situazione da parte del medico incontrerebbe non poche difficoltà: si dischiuderebbero infatti nuovi scenari, altamente problematici, legati alla
considerazione della qualità di vita del paziente una
volta “rinato” o “ritornato”.
7. Alcune considerazioni
sul contenuto delle advance
directives: “Do not Resuscitate”
orders e emergency exception.
La rinuncia ad alimentazione
e idratazione artificiali
Per quanto concerne l’oggetto delle direttive anticipate, un primo fondamentale dato da sottolineare è che, ai fini dell’esercizio del proprio diritto di
autodeterminazione, in Canada non vi è distinzione
tra l’ipotesi di withholding e quella di withdrawal di un
trattamento. Nelle living wills si può decidere sia di
non essere sottoposto ad alcun intervento salva-vita
sia di interrompere dei trattamenti in essere. Rappresentano pertanto un esempio di instructional directives i c.d. “Do Not Resuscitate” orders, con i quali
un individuo può rifiutare, ad esempio, la rianimazione cardio-polmonare.
Circa la situazione italiana, può essere di interesse
osservare che nel testo originariamente approvato dal Senato nel 2009 si stabiliva che nella dichiarazione anticipata il soggetto potesse dichiarare il
proprio orientamento circa l’attivazione o non at-
(50) Ai sensi dell’art. 32, comma 2, Cost.,
«Nessuno può essere obbligato ad un
determinato trattamento sanitario se
non per disposizione di legge».
(51) Per quest’osservazione v. A. Pioggia,
Consenso informato e rifiuto di cure: dal
riconoscimento alla soddisfazione del diritto,
cit., 276.
Diritto
Le decisioni di fine vita in Canada:
spunti di riflessione per il dibattito
sul testamento biologico in Italia
tivazione di trattamenti sanitari; nel testo recentemente “passato” alla Camera gli «orientamenti e le
informazioni utili per il medico» riguardano soltanto «l’attivazione di trattamenti terapeutici»52 .
Si contempla, invero, la possibilità di esplicitare «la
rinuncia... ad ogni o ad alcune forme particolari di
trattamenti terapeutici in quanto di carattere sproporzionato o sperimentale». La portata di tale rinuncia, però, non appare del tutto perspicua: dalla formulazione della norma sorge il dubbio che essa non riguardi trattamenti che non abbiano i caratteri della sproporzione o della sperimentazione.
Inoltre, si prevede che in condizioni di urgenza o di
immediato pericolo di vita la dichiarazione anticipata di trattamento non si applica53.
Da una normativa così impostata rischia di scaturire
una situazione paradossale: una persona, pur essendosi espressa in senso contrario, non potrebbe non
essere rianimata, salvo poi ottenere la rimozione
del respiratore forzatamente inserito, in ossequio a
quanto indicato nel proprio testamento biologico.
Eccezioni o differenziazioni a seconda che il trattamento sanitario sia già in corso o debba ancora essere attivato sono però estranee all’art. 32 Cost,
ove la libertà di curarsi − o di non curarsi affatto −
incontra quale unico limite quello dei trattamenti
sanitari obbligatori per legge.
Analoga impostazione si rinviene nella Convenzione di Oviedo, alla quale il nostro ordinamento dovrebbe ispirarsi, il cui art. 5, come si è già avuto
modo di accennare, stabilisce quale «regola generale», priva di “distinguo”, che «un intervento nel
campo della salute non può essere effettuato se
non dopo che la persona interessata abbia dato
consenso libero e informato».
Il rilievo dato in Canada alla c.d. emergency exception è differente rispetto a quello che ci si propone
di accordare nel nostro Paese con l’esclusione, in
(52) V. l’art. 3 del disegno di legge cit.
(53) V. l’art. 4 del disegno di legge cit.
(54) Cass., sez. I, 16 ottobre 2007, n.
21748, in Foro it., 2007, I, 3025, con
nota di G. Casaburi. Su tale decisione
v., tra gli altri, il commento di C.
Casonato, Consenso e rifiuto delle cure
in una recente sentenza della Cassazione,
in Quad. cost., 2008, 545 ss.
situazioni di urgenza, dell’applicabilità delle dichiarazioni anticipate di trattamento. Il fatto che il common law sancisca che in tali situazioni si possa sottoporre un soggetto a trattamento medico in assenza del suo consenso non significa che questo
consenso, se espresso in precedenza, possa essere disconosciuto. L’emergency exception, infatti, riguarda casi in cui una persona si trova in stato di
incoscienza e, per le ragioni più varie, non ne sono note le volontà, dovendosi in tal modo presumere che avrebbe dato il proprio consenso al trattamento medico finalizzato a salvarne la vita o a
preservarne la salute. Come precisato in Malette v.
Shulman (1990), «in an emergency the law sets aside
the requirement of consent on the assumption that the
patient, as a reasonable person, would want emergency
aid to be rendered if she were capable of giving instructions». Lo stesso principio è presente in Fleming v.
Reid (1991), ove, come si è già avuto modo di ricordare, si afferma che «A doctor is not free to disregard
such advance instructions, even in an emergency».
Analoga impostazione nei confronti delle «situazioni
di emergenza» caratterizza l’art. 9 della Convenzione di Oviedo, secondo cui «allorquando in ragione
di una situazione d’urgenza, il consenso appropriato
non può essere ottenuto, si potrà procedere immediatamente a qualsiasi intervento medico indispensabile per il beneficio della persona interessata»: anche qui la possibilità per il medico di agire in assenza di un «consenso appropriato» si riferisce per lo
più ai casi di incertezza, in cui non è dato conoscere il convincimento dell’individuo; la norma non consente un trattamento “contro” la volontà della persona, come sembrerebbe emergere dalla previsione
criticata del disegno di legge in discussione in Italia.
Una delle questioni di maggior interesse in tema di
decisioni di fine vita è la possibilità di ricomprendere nei contenuti delle direttive anticipate idratazione e nutrizione artificiali.
Come è noto, la considerazione di tali interventi come presidi sanitari ovvero come irrinunciabili forme di
sostegno vitale – come acqua e cibo – è uno dei punti
più controversi del dibattito che, in Italia, si è sviluppato in relazione al caso di Eluana Englaro. La pronuncia
n. 21748/200754, con la quale la Cassazione ha riconosciuto il diritto di Eluana, manifestato dal padre, in qualità di tutore, di rinunciarvi, ha optato per la qualificazione del primo tipo: «non v’è dubbio», ha affermato la
17
Diritto
Le decisioni di fine vita in Canada:
spunti di riflessione per il dibattito
sul testamento biologico in Italia
Corte, che tali attività «integrano un trattamento che
sottende un sapere scientifico, che è posto in essere da
medici, anche se poi proseguito da non medici, e consiste nella somministrazione di preparati come composto chimico implicanti procedure tecnologiche».
corre essere decisionally capable, qualità che si
ritiene non ricorra nel caso di minori, che sono legally incompetent 58 . L’età della maggiore età,
peraltro, è materia provinciale ed è pertanto variabile.
Sennonché, la posizione assunta dalla Cassazione
non è stata in grado di porre la parola “fine” sulla questione: il disegno di legge in materia di testamento biologico attualmente in discussione prevede che l’alimentazione e l’idratazione artificiali,
quali che siano le modalità in base alle quali, secondo la scienza e la tecnica, vengono fornite al paziente, «devono essere mantenute fino al termine della vita», salvo il caso in cui non siano più in grado di
fornire al paziente in fase terminale i fattori nutrizionali necessari, e «non possono formare oggetto
di dichiarazioni anticipate di trattamento»55.
I genitori sono i substitute decision makers dei loro
figli sia in base al common law che in molti statutes
che si occupano di consenso informato.
Anche in Canada, in passato, si levarono voci, invero minoritarie, a sostegno dell’irrinunciabilità di tali
misure56. Tale impostazione è stata però superata e
oggi si ritiene che non vi sia differenza tra questi interventi e le altre forme di life sustaining treatment 57.
8. Direttive anticipate e minori
Per dare il proprio consenso ad un trattamento sanitario o per rifiutarlo, anche in Canada oc-
18
(55) V. l’art. 3 del disegno di legge cit.
(56) V. P. Derr, Why Food and Fluids Can
Never Be Denied, Hastings Center Rep.,
1986, 16(1), 28.
(57) In argomento v. V. J. Gilmour,
Death, Dying and Decision-making about
End of Life Care, cit., 449. V. altresì
Senate of Canada, Of Life and Death,
Special Senate Committee Report on
Euthanasia and Assisted Suicide, cap.
V: «The Committee considers artificial
hydration and nutrition as treatment;
thus, the withholding and withdrawal of
it is as acceptable in some circumstances
as is the withholding and withdrawal of
artificial respiration, blood transfusions
and CPR».
(58) In generale, sul diritto all’auto­
determinazione in materia sanitaria dei
minori v. J. Gilmour, Children, Adolescents
and Health Care, in J. Downie, T. Caufield,
C.M. Flood (a cura di), Canadian Health
Talora, però, la possibilità di decidere in ordine alla propria salute è riconosciuta anche a minori che
siano dotati di una particolare maturità: si tratta della c.d. “mature minor rule”, parte del common
law, secondo la quale quando un minore è in grado
di comprendere la natura di un certo trattamento sanitario e le conseguenze che ne discendono,
può dare validamente il proprio consenso e i medici non possono basarsi sul consenso dei genitori
anziché sul suo59.
Definire l’ambito di applicazione di tale regola, peraltro, è piuttosto complesso e presenta non poche ambiguità. Essa trova talora un limite nel c.d.
“welfare principle”60, recepito in alcune normative
provinciali, in base al quale si ritiene che l’autodeterminazione dei minori vada circoscritta a trattamenti da cui essi possono trarre beneficio, ossia
che altri considererebbero nel loro interesse61. Sul
piano logico, oltre che su quello tecnico-giuridico,
non è però semplice giustificare il riconoscimento
Law and Policy, 2a ed., 2002, cit., 205 ss.
(59) V. Johnston v. Wellesley Hospital
[1970], 17 D.L.R. (3d) 139 (Ont. H.C.);
Van Mol (Guardian ad litem of ) v. Ashmore
[1999], 168 D.L.R. (4th) 637 (B.C.C.A.),
in un caso di aborto di una minore.
(60) In argomento v. Manitoba Law
Reform Commission, Minors’ Consent
to Health Care, Report n. 91 (Winnipeg:
The Commission, 1995), 5.
(61) In British Columbia, ad esempio,
perché il consenso di un minore sia
effective è necessario che il personale
sanitario accerti, oltre alla sua capacità
decisionale, che «the health care is in
the infant’s best interests»: v. Infants Act
(1996) capitolo, 223, art. 17. Il New
Brunswick ha una previsione similare in
materia di minori con meno di sedici anni
ritenuti decisionally capable, in base alla
quale «The consent to medical treatment
of a minor who has not attained the age
of sixteen years is as effective as it would
be if he had attained the age of majority
where, in the opinion of a legally qualified
medical practitioner, dentist, nurse
practitioner or nurse attending the minor,
(a) the minor is capable of understanding
the nature and consequences of a medical
treatment, and (b) the medical treatment
and the procedure to be used is in the best
interests of the minor and his continuing
health and well-being»: v. Medical Consent
of Minors Act (1976), capitolo M-6.1,
art. 3. Si consideri, altresì, l’art. 17 del
Civil Code del Québec, secondo cui «A
minor 14 years of age or over may give his
consent alone to care not required by the
state of his health; however, the consent
of the person having parental authority or
of the tutor is required if the care entails
a serious risk for the health of the minor
and may cause him grave and permanent
effects».
Diritto
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spunti di riflessione per il dibattito
sul testamento biologico in Italia
della sola possibilità di dire “sì” a una prestazione
sanitaria, negando invece quella di dire “no”62 .
In base al statutory law le advance directives possono essere redatte sia da maggiorenni che, in talune Province e Territori, da minori, pur con alcuni limiti.
La legislazione è piuttosto variegata63. Mentre in
Alberta, Québec e Nova Scotia, sono richiesti i diciotto anni, in British Columbia e nei Northwest
Territories occorre averne diciannove64. In Ontario, Manitoba, Saskatchewan e Yukon, invece, è sufficiente che la persona ne abbia compiuti sedici. Ci
sono peraltro Province in cui si stabilisce semplicemente che l’autore delle directives debba essere un
individuo capace, senza dare indicazioni in merito
all’età: è questo il caso di Prince Edward Island e di
Newfoundland and Labrador.
Il disegno di legge in tema di dichiarazioni anticipate di trattamento in discussione in Italia prevede65, in termini generali, che, nel caso di minori,
il consenso informato sia espresso o rifiutato, dopo averne attentamente ascoltato i desideri e le richieste, dagli esercenti la potestà parentale o la tutela66. La decisione di tali soggetti, peraltro, è adottata «avendo come scopo esclusivo la salvaguardia
della vita e della salute psico-fisica del minore».
Qualora il minore sia emancipato si stabilisce che
il consenso sia prestato congiuntamente dal soggetto interessato e dal curatore, analogamente a
quanto avviene nel caso di soggetti inabilitati67.
Tali previsioni destano alcune perplessità, soprattutto se si volge lo sguardo alla Convenzione di
Oviedo.
L’art. 6 di tale Convenzione prevede che «quando,
secondo la legge, un minore non ha la capacità di
dare consenso a un intervento, questo non può essere effettuato senza l’autorizzazione del suo rap(62) J. Costello, If I Can Say Yes, Why
Can’I Say No? Adolescents at Risk and the
Right to Give or Withhold Consent to Health
Care, in R.S. Humm (a cura di), Child,
Parent and State: Law and Policy Reader,
Temple University Press, Filadelfia, 1994.
(63) V. le normative citate nella nota n. 41.
(64) Ai sensi dell’art. 1 dell’ Health Care
(Consent) and Care Facility (Admission)
Act, (1996) del British Columbia, che
presentante, di un’autorità o di una persona o di un
organo designato dalla legge». Alcuni autori hanno
evidenziato la differenza tra i termini «consenso» e
«autorizzazione», sottolineando come quest’ultima
appaia come «elemento prevalentemente formale,
che dà voce e valore giuridico alla volontà di consentire», la quale spetta comunque all’interessato,
pur non essendo sufficiente da sola68.
Si tratta di una filosofia diversa da quella sottesa al
disegno di legge in esame, in cui la volontà del minore viene ad essere sostituita da quella dei genitori o del tutore, riconoscendosi maggiori margini di
autonomia unicamente al minore emancipato a seguito di matrimonio, la cui volontà viene integrata
dall’assistenza del curatore.
Non pare in particolare condivisibile l’aver fatto riferimento alla sola necessità di “ascoltare” il minore, senza alcuna indicazione circa l’importanza di
tenere conto dei suoi convincimenti. Secondo l’art.
6 della Convezione di Oviedo «il parere di un minore è preso in considerazione come fattore sempre più determinante, in funzione della sua età e del
suo grado di maturità».
Per comprendere appieno la portata delle previsioni in materia di minori contenute nel disegno di legge in discussione in Italia può essere di utilità una
breve ricognizione delle disposizioni del codice civile concernenti coloro che non hanno ancora raggiunto la maggiore età.
Ai sensi dell’art. 2 c.c., i minori sono incapaci di
agire e sono, pertanto, soggetti alla potestà genitoriale. Nella disciplina codicistica si rinvengono,
peraltro, alcune circoscritte eccezioni: in base al
comma 2 del medesimo articolo il minore ultrasedicenne è ammesso a stipulare in proprio il contratto di lavoro ed è abilitato all’esercizio dei diritti e delle azioni che dipendono da esso. Il minore ultrasedicenne giudizialmente ammesso al ma-
reca le definizioni rilevanti ai sensi di
tale normativa, «adult means anyone
who has reached 19 years of age».
(65) V. l’art. 2 del disegno di legge cit.
(66) Sulla questione del consenso
informato ai trattamenti sanitari rivolti
a minorenni nell’ordinamento italiano
v., in generale, L. Lenti, Il consenso
informato ai trattamenti sanitari per i
minorenni, in L. Lenti, E. Palermo Fabris,
P. Z atti (a cura di), I diritti in medicina,
cit., 417 ss. Il tema è stato affrontato in
chiave penalistica da S. L arizza , Il diritto
alla salute del minore: profili penalistici,
ibid., 463 ss.
(67) V., nuovamente, l’art. 2 del disegno
di legge cit.
(68) Per tali rilievi v. L. Lenti, Il consenso
informato ai trattamenti sanitari per i
minorenni, cit., 422.
19
Diritto
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spunti di riflessione per il dibattito
sul testamento biologico in Italia
trimonio, c.d. minore emancipato, è inoltre chiamato a prestare in prima persona il consenso alle
nozze, ex art. 84, comma 2, c.c.; può altresì compiere autonomamente gli atti di ordinaria amministrazione, mentre, per quelli di straordinaria amministrazione, l’art. 394 c.c. prescrive l’assistenza
di un curatore, previamente autorizzato dall’autorità giudiziaria. L’art. 250, ultimo comma, c.c., infine, prevede la possibilità per i minori ultrasedicenni di riconoscere i figli naturali.
L’ “età della ragione” si abbassa nel diritto penale:
in base all’art. 98 c.p. è imputabile chi, al momento
di commissione del fatto di reato, aveva compiuto i
quattordici anni, ma non ancora i diciotto, se aveva
la capacità di intendere e di volere.
Sembra quantomeno incongruo negare a soggetti che, compiuti i sedici anni, possono contrarre,
a determinate condizioni, matrimonio, riconoscere i propri figli naturali e stipulare un contratto di
lavoro la possibilità di decidere in ordine alla propria salute. La libertà di autodeterminazione in materia sanitaria dei minori, quantomeno di quelli che
hanno raggiunto tale età, dovrebbe essere oggetto di maggiore considerazione da parte dell’ordinamento italiano, a prescindere dal fatto che si tratti
di minori emancipati o meno.
D’altra parte, alcune aperture in tal senso si hanno
nella l. 22 maggio 1978, n. 194, «Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza».
20
L’art. 12 stabilisce, anzitutto, che la richiesta di interruzione della gravidanza sia fatta «personalmente» dalla donna, quale che sia la sua età. Se, però, si
tratta di una persona di età inferiore ai diciotto anni è necessario l’assenso di chi esercita sulla donna
stessa la potestà o la tutela. Tuttavia, nei primi novanta giorni, quando vi siano seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione delle persone esercenti la potestà o la tutela, oppure queste,
interpellate, rifiutino il loro assenso o esprimano
pareri tra loro difformi, il consultorio o la struttura socio-sanitaria ovvero il medico di fiducia, espletati tutti gli accertamenti e le valutazioni richieste
dalla normativa, rimette entro sette giorni dalla richiesta una relazione, corredata del proprio parere, al giudice tutelare del luogo in cui opera. Questi, entro cinque giorni, sentita la donna e tenuto
conto della sua volontà, delle ragioni che adduce e
della relazione trasmessagli, può autorizzarla, con
atto non soggetto a reclamo, a decidere l’interruzione della gravidanza.
La disposizione prevede altresì che, qualora il medico accerti l’urgenza dell’intervento a causa di un grave pericolo per la salute della minore, indipendentemente dall’assenso di chi esercita la potestà o la tutela e senza adire il giudice tutelare, certifica l’esistenza
delle condizioni che giustificano il ricorso all’aborto.
Tale certificazione costituisce titolo per ottenere in
via d’urgenza l’intervento e, se necessario, il ricovero.
Non occorre l’assenso di chi esercita la potestà o
la tutela anche nel caso di interruzione della gravidanza dopo i primi novanta giorni, fermo restando
il rispetto dei presupposti – sussistenza di un grave
pericolo per la vita della donna o accertamento di
processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti
anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della stessa69 − e delle procedure prescritte
ex lege. In questo caso non è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare.
9. La forma delle advance
directives. I pazienti senza
direttive anticipate: il criterio
dei «patient’s best interests»
Un’altra questione di rilievo riguarda la forma delle
advance directives, che in Canada può variare a seconda della jurisdiction. La maggior parte delle Province e dei Territori richiede che esse siano espresse esclusivamente in documenti aventi precisi requisiti formali, tra i quali la firma di testimoni.
La normativa di Ontario, Prince Edward Island e
British Columbia riconosce anche direttive anticipate manifestate in altro modo ossia oralmente o
in scritti informali.
Le questioni più delicate si pongono nel caso dei
pazienti privi di advance directives.
Al riguardo occorre precisare che nelle Province
che, come appena accennato, consentono di esprimere le proprie dichiarazioni anticipate anche oralmente o informalmente si ritiene che, anche in as(69) V. l’art. 6 della l. 194/1978.
Diritto
Le decisioni di fine vita in Canada:
spunti di riflessione per il dibattito
sul testamento biologico in Italia
senza di un documento formale, tali manifestazioni
di volontà corrispondano a delle living wills. Ove tale ampiezza di riconoscimento non è garantita, invece, l’assenza di un power of attorney redatto secondo
precisi canoni corrisponde a mancanza di direttive.
Nella pratica non sono molte le persone che scrivono un testamento biologico o che danno istruzioni, in modo più o meno formale, circa le proprie decisioni di fine vita. Può inoltre succedere che
le direttive anticipate espresse non siano applicabili alla situazione concretamente verificatasi e che
quindi il substitute decision maker non abbia indicazioni di trattamento in merito ad essa. In casi di
questo genere, in base sia al common law che al statutory law, le decisioni circa l’intervento sanitario
vanno prese «in the patient’s best interests».
L’individuazione di quale sia la “cosa migliore” per
il paziente è operazione non semplice, in cui l’identificazione di quale sia il “bene” per il singolo si intreccia con quella del “bene” comune, in una cornice assiologica non sempre condivisa70.
Alcune normative indicano i criteri da seguire per
far emergere i «patient’s best interests», esplicitando i valori e gli interessi di cui tenere conto.
L’Health Care Consent Act dell’Ontario, per esempio, stabilisce che il substitute decision maker debba prendere in considerazione il sistema di valori e le preferenze della persona quando era capace. Oggetto di valutazione debbono essere anche
i costi e i benefici del trattamento sanitario la cui
effettuazione si sta vagliando, il suo carattere più
o meno intrusivo e le possibili alternative ad esso, ivi compresa quella consistente nel non-trattamento71.
(70) Per una definizione di «patient’s best
interests» v. J. Gilmour, Death, Dying and
Decision-making about End of Life Care,
cit., 448, secondo cui «Any assessment
of an individual’s best interests must be
based on an underlying value system, a
conception of what constitutes “the good”,
both for that person and generally».
(71) Giova qui di seguito riportare
l’art. 21(2) dell’Health Care Consent Act:
«In deciding what the incapable person’s
best interests are, the person who gives or
refuses consent on his or her behalf shall
take into consideration, (a) the values and
Può essere di interesse osservare che nel caso
Englaro la Cassazione, nella citata decisione n.
21748/2007, ha seguito un ragionamento non dissimile nel delineare il ruolo del tutore che si faccia carico delle decisioni di fine vita dell’incapace:
questi «deve, innanzitutto, agire nell’esclusivo interesse dell’incapace; e, nella ricerca del best interest, deve decidere non “al posto” dell’incapace né “per” l’incapace, ma “con” l’incapace: quindi, ricostruendo la presunta volontà del paziente
incosciente, già adulto prima di cadere in tale stato, tenendo conto dei desideri da lui espressi prima della perdita della coscienza, ovvero inferendo
quella volontà dalla sua personalità, dal suo stile
di vita, dalle sue inclinazioni, dai suoi valori di riferimento e dalle sue convinzioni etiche, religiose,
culturali e filosofiche». Si noti che la Corte ha mutuato il criterio della ricerca del best interest dalla giurisprudenza straniera e, in particolare, statunitense: il riferimento è al famoso caso Cruznan72 ,
in cui la Corte Suprema degli Stati Uniti ha statui­
to che la Costituzione degli Stati Uniti d’America
non proibisce allo Stato del Missouri di stabilire «a
procedural safeguard to assure that the action of the
surrogate conforms as best it may to the wishes expressed by the patient while competent».
Il disegno di legge in discussione in Italia richiede
che le dichiarazioni anticipate di trattamento siano redatte in forma scritta, con atto avente data
certa e firma del soggetto interessato e che siano
raccolte esclusivamente dal medico curante che le
sottoscrive73.
Non è necessaria la presenza di testimoni, il che è da
giudicare positivamente, collocandosi l’elaborazione
delle decisioni di fine vita esclusivamente nel con-
beliefs that the person knows the incapable
person held when capable and believes he
or she would still act on if capable; (b) any
wishes expressed by the incapable person
with respect to the treatment that are not
required to be followed under paragraph
1 of subsection (1); and (c) the following
factors: 1. Whether the treatment is
likely to, i. improve the incapable person’s
condition or well-being, ii. prevent the
incapable person’s condition or well-being
from deteriorating, or iii. reduce the extent
to which, or the rate at which, the incapable
person’s condition or well-being is likely to
deteriorate. 2. Whether the incapable
person’s condition or well-being is likely to
improve, remain the same or deteriorate
without the treatment. 3. Whether the
benefit the incapable person is expected to
obtain from the treatment outweighs the
risk of harm to him or her. 4. Whether a
less restrictive or less intrusive treatment
would be as beneficial as the treatment
that is proposed. 1996, c. 2, Sched. A, s.
21 (2)».
(72) Cruzan v. Director, MDH, 497 U.S.
261 (1990).
(73) V. l’art. 4 del disegno di legge cit.
21
Diritto
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spunti di riflessione per il dibattito
sul testamento biologico in Italia
testo dell’“alleanza terapeutica” medico-paziente e
quindi in una dimensione di maggiore riservatezza.
Suscita invece riserve la disposizione del disegno di
legge secondo cui eventuali dichiarazioni di intenti
o orientamenti espressi dal soggetto al di fuori delle forme e dei modi previsti dalla legge «non hanno
valore e non possono essere utilizzati ai fini della
ricostruzione della volontà del soggetto».
Nello stesso ordine di idee si segnalano anche alcune previsioni relative al fiduciario, che riveste un
ruolo più limitato rispetto al substitute decision maker contemplato dagli statutes delle diverse Province: la figura delineata dall’emananda legislazione italiana, infatti, deve rapportarsi con il medico unicamente «con riferimento ai contenuti della dichiarazione anticipata di trattamento», «operando sempre e solo secondo le intenzioni legittimamente
esplicitate dal soggetto nella dichiarazione anticipata»74, di cui è un mero esecutore.
Tale norma fa propria l’esigenza di non tradire le
volontà dell’autore delle dichiarazioni anticipate,
ma, al contempo, fa sì che, in assenza di un testamento biologico, il fiduciario non possa dar voce
in alcun modo al soggetto interessato, impedendogli di decidere per conto o, comunque, «con»
quest’ultimo, secondo le indicazioni fornite dalla
Cassazione nel caso Englaro.
L’impostazione adottata dal disegno di legge presenta quindi taluni profili di contrasto con la libertà di autodeterminazione in materia sanitaria sancita
dall’art. 32 Cost., che afferma il primato della volontà dell’individuo. Al riguardo giova inoltre ricordare
che, ai sensi dell’art. 9 della Convenzione di Oviedo,
«i desideri precedentemente espressi a proposito di
un intervento medico da parte di un paziente che, al
momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà saranno tenuti in considerazione».
22
(74) V. l’art. 6 del disegno di legge cit.
(75) Così S. Rodotà , La vita e le regole.
Tra diritto e non diritto, cit., 259.
(76) V. J. Downie, Dying Justice. A case
for Decriminalizing Euthanasia & Assisted
Suicide in Canada, cit.
(77) Sull’operato del Select Committee
on Dying with Dignity v. il sito: http://
www.assnat.qc.ca/en/actualites-sallepresse/nouvelle/actualite-21205.html.
La dottrina italiana ha sottolineato in più occasioni i
rischi di un’eccessiva burocratizzazione delle decisioni di fine vita: le direttive anticipate non dovrebbero
esaurire le formule espressive a disposizione degli individui per manifestare i propri convincimenti sul fine
vita75. Riconoscere valore unicamente ai documenti
redatti secondo le prescrizioni di legge potrebbe portare a non attribuire il giusto rilievo ad altre indicazioni o comportamenti egualmente probanti.
10. Cenni su alcuni sviluppi
del dibattito sulle decisioni di fine
vita in Canada: partecipazione
e advance care planning
Tra i recenti sviluppi del dibattito sulle decisioni di
fine vita in Canada si segnala una ripresa delle discussioni in materia di eutanasia e suicidio assistito,
anche a seguito di contributi di studiosi autorevoli,
schieratisi a favore della legalizzazione76.
D’altra parte, come si è avuto modo di osservare, quando casi di questo tipo sono portati davanti
all’autorità giudiziaria, il reato tende ad essere derubricato e punito in maniera meno severa.
La legalizzazione di eutanasia e suicidio assistito è
inoltre oggetto di rilevanti iniziative a livello provinciale, in particolare in Québec. Al riguardo occorre
comunque puntualizzare che la materia è oggetto di
competenza federale e che nessuna Provincia o Territorio potrebbe pertanto regolamentarla. Ciò che si
sta portando avanti in Québec è, quindi, una riapertura del dibattito, al fine di valutare se tra la popolazione siano rinvenibili, a seguito di un eventuale mutamento culturale, orientamenti in questa direzione.
Il 4 dicembre 2009 la National Assembly ha creato
un apposito organismo, il Select Committee on Dying
with Dignity (SCDD) per promuovere una consultazione pubblica sul tema, estendendola peraltro all’intero ambito delle decisioni di fine vita77. La discussione è stata stimolata e guidata mediante la pubblicazione, il 25 maggio 2010, di un documento, intitolato «Dying with Dignity», allo scopo di fornire una base di partenza a tutti coloro, individui singoli e in
gruppi o organizzazioni, intenzionati a esprimere la
propria opinione. La raccolta di scritti, questionari e
commenti è durata fino al 16 luglio 2010. Successivamente si è aperta una fase di confronto orale con
Diritto
Le decisioni di fine vita in Canada:
spunti di riflessione per il dibattito
sul testamento biologico in Italia
soggetti scelti tra coloro che hanno manifestato interesse alla consultazione, da tenersi in undici città
della Provincia.
L’aspetto dell’iniziativa descritta che risulta maggiormente significativo “agli occhi” di un italiano è,
al di là del tema specifico, che indubbiamente divide gli animi, il carattere aperto e democratico del
dibattito, promosso dalle stesse istituzioni.
Infine, se, da un lato, si registrano le accennate
spinte nel senso della legalizzazione di eutanasia e suicidio assistito; dall’altro, si può osservare
come anche in Canada, quasi in controtendenza,
benché in generale la popolazione dichiari di credere nel valore delle direttive anticipate, di fatto
il ricorso ad esse non sia molto frequente. Vi è
cioè una certa riluttanza da parte degli individui
ad affrontare il tema delle decisioni di fine vita.
A tale questione si sta cercando di dare una soluzione attraverso la promozione di una nuova concezione delle advance directives, secondo la quale l’attenzione sia del paziente che, conseguentemente, degli operatori della sanità dovrebbe rivolgersi, più che alle living wills in sé e per sé considerate, allo sviluppo di un
advance care plan or planning78 . Questa nuova terminologia sottolinea che, oltre che sul form, ossia sul documento che reca la dichiarazione anticipata, occorrerebbe concentrarsi sul processo che porta alla sua
elaborazione79, articolandolo in momenti di informazione, confronto, rivalutazione, affinché l’individuo si
accosti con minor timore al tema e sia protagonista di
un percorso decisionale maggiormente consapevole.
(78) In argomento v. B. Parke, A.
Krayewsky, Successful Advance Directives
through Quality Disease Management, in
Healthcare Quaterly, 2010, 13, 4, 74 ss.
(79) V. Manitoba Law Reform
Commission, Withholding or Withdrawing
Life Sustaining Medical Treatment, Report
# 109 (Winnipeg: Manitoba Law Reform
Commission, 2003), 99-100.
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