Diritto Le decisioni di fine vita in Canada: spunti di riflessione per il dibattito sul testamento biologico in Italia * Viviana Molaschi ** 1. Precisazioni terminologiche e contenuti dell’analisi che sarà sviluppata Prima di affrontare lo studio della disciplina delle decisioni di fine vita in Canada è opportuno formulare alcune precisazioni terminologiche, per chiarire quale sia il quadro, anche concettuale, in cui si colloca il tema1. * Questo scritto è il frutto delle ricerche svolte, grazie ad una borsa di studio dell’International Council for Canadian Studies, presso la Faculty of Law e il Joint Centre for Bioethics dell’Università di Toronto. Si ringraziano per la loro disponibilità e i preziosi consigli il Professor Trudo Lemmens, Professore di Medical Law della Faculty of Law; il Professor Ross Upshur, Direttore del Joint Centre for Bioethics; Bob Parke, clinical ethicist dell’Humber River Regional Hospital; Mark Handelman, Avvocato, in passato membro del Consent and Capacity Board dell’Ontario. ** Ricercatore di Diritto amministrativo e Professore Aggregato di Legislazione dei servizi sociali presso l’Università degli Studi di Bergamo; Avvocato iscritto all’albo speciale dei Professoriavvocati del Foro di Torino. (1) Per un inquadramento generale v. in P.A. Singers, A.M. Viens (a cura di), The Cambridge Textbook of Bioethics, Cambridge University Press, Cambridge, 2008, la sezione II, intitolata “End of life care”, 51 ss., con contributi di J.A. Tulsky, Introduction; P.A. Singer, N. MacDonald e J.A. Tulsky, Quality end of life care; R.A. Pearlman, Substitute decision making; J.A. Tulsky, L.L. Emanuel, D.K. Martin e P.A. Singer, Advance care planning; B.M. Dickens, J.M. Boyle Jr. e L. Ganzini, Euthanasia and assisted suicide; S. Dorr Goold, B.C. Williams e R. Arnold, Conflict in the healthcare setting at the end of life; S.D. Shemie, N. L azar e B.M. Dickens, Brain death. L’articolo affronta il tema delle decisioni di fine vita in Canada. In via preliminare, dopo alcune precisazioni sulla terminologia utilizzata nell’analisi, viene delineata la cornice giuridica in cui la materia si colloca: la sussistenza di common law jurisdictions, ad eccezione del Quèbec; l’intersecarsi nella regolamentazione di common law e statutory law; il complesso riparto di competenze federali e provinciali in materia sanitaria. Lo scritto fornisce una ricognizione delle diverse situazioni in cui il tema delle decisioni di fine vita si articola: eutanasia volontaria attiva e suicidio assistito; eutanasia involontaria attiva; rifiuto iniziale e interruzione di trattamenti di sostegno vitale da parte di individui capaci; non attivazione e interruzione di trattamenti di sostegno vitale rivolti a soggetti incapaci. Particolare attenzione è riservata allo studio delle c.d. advance directives, la cui analisi offre interessanti spunti di riflessione per il dibattito sul testamento biologico in Italia. 5 Diritto Le decisioni di fine vita in Canada: spunti di riflessione per il dibattito sul testamento biologico in Italia Le decisioni di fine vita, infatti, abbracciano una pluralità di situazioni, di cui in questa sede, pur con qualche limite sul piano della traduzione, si proporrà un’articolazione sintetica, basata sullo studio della dottrina2 e delle relazioni delle numerose commissioni governative e di riforma legislativa che in Canada si sono occupate dell’argomento3. Tale schematizzazione risulterà altresì funzionale ad individuare i contenuti della riflessione che sarà sviluppata. Le situazioni che saranno di seguito analizzate sono le seguenti: 1) eutanasia volontaria attiva e suicidio assistito (active voluntary euthanasia and assisted suicide); 2) eutanasia involontaria attiva (active involuntary euthanasia); 3) rifiuto iniziale e interruzione di trattamenti di sostegno vitale da parte di individui capaci (withholding and withdrawal of life sustaining treatment by competent individuals); 4) non attivazione e interruzione di trattamenti di sostegno vitale rivolti a individui incapaci (withholding and withdrawal of life sustaining treatment of incompetent individuals). Eutanasia attiva volontaria e suicidio assistito, al cui, rispettivamente, si dà la morte ad una persona che desidera porre fine alla propria esistenza o le si dà aiuto, assistenza nel portare a compimento tale proposito, sono accomunate dalla rispondenza alla volontà dell’individuo destinatario dei trattamenti 6 (2) Tra gli autori che si sono occupati di decisioni di fine vita in Canada, contribuendo ad una sistematizzazione della materia, v. J. Gilmour, Death, Dying and Decision-making about End of Life Care, in J. Downie, T. Caufield, C. Flood, Canadian Health Law and Policy, LexisNexis Canada, 3a ed., 2007, 437 ss.; J. Downie, Dying Justice. A case for Decriminalizing Euthanasia & Assisted Suicide in Canada, University of Toronto Press, Toronto, 2004; T. Lemmens, B. Dickens, Canadian Law on Euthanasia: Contrasts and Comparisons, in European Journal of Health Law, 2001, 8, 135 ss. In argomento v. altresì T. Lemmens, Towards the right to be killed? Treatment refusal, assisted suicide and euthanasia in the United States and Canada, in British Medical Bullettin, 1996, 52, 2, 341 ss. Sull’impatto della giurisprudenza delle Corti canadesi sui processi di decisione politica che coinvolgono temi eticamente sensibili quali l’aborto, la fecondazione assistita che ne determineranno il decesso e dalla sede della disciplina, che si trova, come si vedrà, nel Criminal Code canadese. L’eutanasia viene qualificata come involontaria quando le volontà di una persona rispetto al trattamento cui è sottoposta non sono conosciute e quindi si potrebbe addirittura ipotizzare una sua contrarietà ad esso. Anche in questo caso la normativa di riferimento è rappresentata dal Criminal Code. L’espressione withholding and withdrawal of life sustaining treatment ricomprende sia il caso in cui le misure di sostegno vitale che possono tenere in vita una persona non vengono neppure iniziate sia il caso in cui, una volta messe in atto, sono successivamente interrotte. Withholding of life sustaining treatment significa, ad esempio, non effettuare la rianimazione cardiopolmonare; non fare una trasfusione di sangue; non avviare una terapia antibiotica; non dare inizio all’idratazione e alla nutrizione artificiali. Withdrawal of life sustaining treatment vuol dire staccare un respiratore o rimuovere un sondino nasogastrico. Entrambe le opzioni possono essere attuate in ossequio alla volontà di una persona capace. Può però anche darsi il caso, distinto, in cui la non attiva- e l’eutanasia v. C. Rothmar Allison, A. L’Espérance, Morality policies, legal mobilisation, and the Canadian Charter of Rights and Freedoms: Does policy determine politics and patterns of judicalisation? (2010), APSA 2010 Annual Meeting Paper, il cui testo può leggersi in SSRN: http://ssrn. com/abstract=1642595. Tra gli studiosi italiani che hanno affrontato la questione della pianificazione anticipata delle cure in Canada v. F.G. Pizzetti, Alle frontiere della vita: il testamento biologico tra valori costituzionali e promozione della persona, Giuffrè, Milano, 2008, in partic. 475 ss. (3) Si ricordano, in particolare, i seguenti studi e documenti: Law Reform Commission of Canada, Euthanasia, Aiding Suicide and Cessation of Treatment (Ottawa: Department of Supply and Services Canada, 1982); Law Reform Commission of Canada, Euthanasia, Aiding Suicide and Cessation of Treatment (Ottawa: Minister of Supply and Services Canada, 1983); Senate of Canada, Of Life and Death, Special Senate Committee Report on Euthanasia and Assisted Suicide (Ottawa: Minister of Supply and Services Canada, 1995); Senate of Canada, Special Subcommittee to Update “Of Life and Death”, Quality End-of-Life Care: The Right of Every Canadian (Ottawa: Senate of Canada, 2000), in http://www.parl.gc.ca/36/2/ parlbus/commbus/senate/com-e/upda-e/ rep-e/repfinjun00-e.htm; Manitoba Law Reform Commission, Withholding or Withdrawing Life Sustaining Medical Treatment, Report # 109 (Winnipeg: Manitoba Law Reform Commission, 2003). In tema v. altresì J. Gilmour, Study Paper on Assisted Suicide, Euthanasia and Foregoing Treatment (with additional chapters by K. Capen, B. Sneiderman, M. Verhoef) (Toronto: Ontario Law Reform Commission, 1996); S. Carstairs, Still Not There: Quality End-of-Life Care: A Progress Report (2005), in http://sen.parl.gc.ca/ scarstairs/PalliativeCare/Still%20Not%20 There%20June%202005.pdf. Diritto Le decisioni di fine vita in Canada: spunti di riflessione per il dibattito sul testamento biologico in Italia zione o l’interruzione di un certo trattamento riguardi individui incapaci, i cui desideri sono sconosciuti ovvero sono stati espressi in precedenza in advance directives4 . È forse quest’ultima situazione quella che riveste maggior interesse per lo studioso italiano. Il nostro Paese attende da tempo una disciplina del testamento biologico5. Per anni le campagne di sensibilizzazione volte a sollecitare un intervento normativo nella materia sono rimaste inascoltate. La “macchina legislativa” si è messa in moto solo a seguito del clamore suscitato dal caso Englaro6. Nell’iter parlamentare si sono alternate improvvise accelerazioni e rallentamenti. Nel mese di marzo 2009 il Senato ha approvato un disegno di legge, «Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento», c.d. “disegno di legge Calabrò”7, successivamente inviato all’altro ramo del (4) A ben vedere, vi è un’ultima situazione, indicata con l’espressione potentially life-shortening palliative treatment, che intercetta il tema delle decisioni di fine vita e che, per completezza, occorre menzionare, anche se non sarà oggetto di disamina in questa sede: si tratta di quei casi in cui la somministrazione di trattamenti palliativi può potenzialmente accelerare la morte di un individuo. In argomento v. J. Downie, Dying Justice. A case for Decriminalizing Euthanasia & Assisted Suicide in Canada, cit., 29 ss. (5) In tema si v. M. A zzalini, Le disposizioni anticipate del paziente: prospettiva civilistica, in S. Canestrari, G. Ferrando, C.M. Mazzoni, S. Rodotà , P. Z atti (a cura di), Il governo del corpo, tomo II, Giuffrè, Milano, 2011, 1935 ss., in Trattato di Biodiritto, diretto da S. Rodotà , P. Z atti; D. Provolo, Le direttive anticipate: profili penali e prospettiva comparatistica, ibid., 1969 ss.; il numero monografico su fine vita e testamento biologico di MicroMega, n. 2/2009; F.G. Pizzetti, Alle frontiere della vita: il testamento biologico tra valori costituzionali e promozione della persona, cit., nonché il volume della Fondazione Umberto Veronesi, Testamento biologico. Riflessioni di dieci giuristi, Il Sole 24 Ore, Milano, 2006. (6) Sul caso Englaro, in aggiunta agli Parlamento. È seguita una fase di stasi di più di due anni: il testo sul biotestamento è stato approvato dalla Camera, con modificazioni, il 12 luglio 20118, per poi essere ritrasmesso al Senato per un nuovo pronunciamento. La conoscenza di quanto avviene in un diverso sistema giuridico può forse offrire utili spunti di riflessione per il dibattito. 2. Le decisioni di fine vita tra civil law e common law, common law e statutory law, competenze federali e provinciali Per chi in Italia si occupa di diritto sanitario e, più nello specifico, di biodiritto9, affrontare lo studio della regolamentazione delle decisioni di fine vita in un paese come il Canada incontra non poche difficoltà. scritti menzionati nella nt. 5, v., ex multis, C. Casonato, Il caso «Englaro»: fine vita, il diritto che c’è, in Quad. cost., 2009, 99 ss.; R. Romboli, Il caso «Englaro»: la costituzione come fonte immediatamente applicabile dal giudice, ivi, 91 ss.; A. Pioggia , Consenso informato e rifiuto di cure: dal riconoscimento alla soddisfazione del diritto, cit., 267 ss. Sia inoltre consentito rinviare a V. Molaschi, Riflessioni sul caso Englaro. Diritto di rifiutare idratazione ed alimentazione artificiali e doveri dell’amministrazione sanitaria (nota a T.A.R. Lombardia, sez. III, 26 gennaio 2009, n. 214), in Foro amm. TAR, 2009, 984 ss. Il caso Englaro ha avuto risonanza anche all’estero: v. S. Moratti, The Englaro Case: Withdrawal of Treatment from a Patient in a Permanent Vegetative State in Italy, in Cambridge Quarterly of Healthcare Ethics, 2010, 19, 372–380; Italy, in J. Griffiths e H. Weyers , M. Adams (a cura di), Euthanasia and Law in Europe, Hart Publishing, Oxford and Portland, Oregon, 2008, 395 ss. (7) Per un’analisi v. A. Pioggia , Consenso informato e rifiuto di cure: dal riconoscimento alla soddisfazione del diritto (nota a T.A.R. Lombardia, sez. III, 26 gennaio 2009, n. 214), in Giornale dir. amm., 2009, in partic. 276 ss.; Id., Brevi considerazioni sui profili di incostituzionalità del Ddl Calabrò (2 marzo 2009), in http://www.astridonline.it/FORUM--Il-/. (8) Per un primo commento, invero fortemente critico, v. U. Veronesi, Così si apre la strada a tante cause legali, in La Stampa (13 luglio 2011), 1 e 33. (9) Sul biodiritto quale «materia che si occupa di descrivere in prospettiva critica le dimensioni giuridiche relative alle scienze della vita e della cura della salute dell’essere umano» v. S. Rodotà , M. Tallacchini (a cura di), Ambito e fonti del biodiritto, Giuffrè, Milano, 2010, in Trattato di Biodiritto, cit.; C. Casonato, Introduzione al biodiritto, Giappichelli, Torino, 2009, il cui volume si caratterizza per una prospettiva di indagine che privilegia il diritto costituzionale comparato. In tema v. altresì, ex multis, G. di Rosa , Biodiritto. Itinerari di ricerca, Giappichelli, Torino, 2010; A. Gorassini, Lezioni di biodiritto, Giappichelli, Torino, 2007; L. Palazzani, Introduzione alla biogiuridica, Giappichelli, Torino, 2002. In generale, sulla dialettica tra diritto e vita v. S. Rodotà , La vita e le regole. Tra diritto e non diritto, Feltrinelli, Milano, 2007; P. Veronesi, Il corpo e la Costituzione, Giuffrè, Milano, 2007; P. Z atti, Maschere del diritto. Volti della vita, Giuffrè, Milano, 2009. 7 Diritto Le decisioni di fine vita in Canada: spunti di riflessione per il dibattito sul testamento biologico in Italia Anzitutto, occorre tenere presente che, ad eccezione del Quèbec, tutte le Province del Canada ed i Territori10 sono common law jurisdictions. to anche in altre previsioni, di portata più generale, che sono state ritenute applicabili alla materia in esame. L’indagine risulta peraltro ulteriormente complicata dal fatto che, spesso, accanto alla tradizione di common law si hanno importanti esempi di statutory law, ossia di atti normativi con i quali il legislatore interviene nella regolamentazione di determinati settori. L’intersecarsi di common law e statutory law è tipico, come si vedrà, della materia sanitaria e, nello specifico, di quella del fine vita, ove le varie Province e i Territori hanno spesso emanato discipline ad hoc. Tra di esse si segnala l’art. 92(16) del Constitution Act, che devolve alle Province il potere di legiferare in relazione a «Generally all Matters of a merely local or private nature in the Province». Sulla base di tale disposizione si è ricondotta alla potestà legislativa provinciale la regolamentazione degli accertamenti e dei trattamenti obbligatori (ivi compreso il ricovero coatto) dei tossicodipendenti12 e delle persone con problemi psichiatrici13. Un’altra ragione di difficoltà nell’analisi risiede nel riparto della potestà legislativa tra Stato Federale e Province e Territori nel campo della sanità11: competenze federali e provinciali si intrecciano in un groviglio non sempre facilmente districabile, anche se la sfera d’azione attribuita alle Province sembra indubbiamente prevalente. Per quanto concerne queste ultime, viene anzitutto in considerazione l’art. 92(7) del Constitution Act (1867), che riconosce il potere di emanare leggi in relazione a «the Establishment, Maintenance, and management of Hospitals, Asylums, Charities, and Eleemosynary Institutions in and for the Province, other than Marine Hospitals». Gli ospedali marittimi sono espressamente esclusi dalla disposizione in esame in quanto inclusi, come si vedrà, nella lista degli ambiti oggetto dei poteri federali di cui all’art. 92(11). La jurisdiction delle Province trova però fondamen- 8 (10) Il Canada è costituito da dieci Province e tre Territori. Le Province sono: Ontario, British Columbia, Alberta, Saskatchewan, Manitoba, Québec, New Brunswick, Nova Scotia, Prince Edward Island, Newfoundland and Labrador (che compongono un’unica Provincia). I Territori sono: Yukon, Northwest Territories e Nunavut. (11) In argomento v. P.W. Hogg, Constitutional law of Canada, Carlswell, Scarborough, Ontario, 2010, cap. 321 ss.; C.M. Flood, The Anatomy of Medicare, in J. Downie, T. Caufield, C.M. Flood (a cura di), Canadian Health Law and Policy, Toronto, Butterworths, 2a ed., 2002, in partic. 11 ss.; M. Jackman, Il potere legislativo delle province in materia sanitaria si basa anche sull’art. 92(13), che ne sancisce la potestà normativa in tema di «property and Civil Rights», che abbraccia la materia dei contratti, della responsabilità e della proprietà. Tale competenza è stata interpretata estensivamente e, sulla base di essa, le Province possono occuparsi di assicurazioni sanitarie, pubbliche e private; professioni sanitarie; disciplina degli alimenti, ivi compresa la preparazione e la somministrazione di cibo e bevande nei luoghi di ristorazione, e dei farmaci. Per quanto riguarda la competenza federale, il potere del Parlamento di legiferare, ai sensi della previsione generale dell’art. 91 del Constitution Act, «for the Peace, Order, and good Government of Canada, in relation to all Matters not coming within the classes of subjects by this Act assigned exclusively to the Legislatures of the Provinces» consente l’intervento legislativo federale in tema di questioni di sanità pubblica Constitutional Jurisdiction Over Health in Canada, in Health Law Journal, 2000, 8, 95 ss. Sul sistema federale canadese v. il fascicolo monografico n. 1/2 di Amministrare, 2002, con contributi di A. Benazzo, G. Campanelli, E. Ceccherini, G. D’Ignazio, G. Gerbasi, T. Groppi, E. Libone, D. Loprieno, M. Orofino, N. Olivetti R ason, L. Palatucci, V. Piergigli, F. Rosa, G. Telese, D.E. Tosi, N. Vizioli, S. Volterra. Più in generale, sull’ordinamento costituzionale canadese v. T.E. Frosini, Le «derivazioni» dirette del sistema inglese: Australia, Canada, Nuova Zelanda, in P. Carrozza, A. Di Giovine, G.F. Ferrari, Diritto costituzionale comparato, Laterza, Bari, 2010, 104 ss.; G. Rolla (a cura di), L’apporto della Corte suprema alla determinazione dei caratteri dell’ordinamento costituzionale canadese, Giuffrè, Milano, 2008; T. Groppi, Canada, Il Mulino, Bologna, 2006; S. Gambino, C. Amirante (a cura di), Il Canada. Un laboratorio costituzionale. Federalismo, Diritti, Corti, Cedam, Padova, 2000. (12) Schneider v. The Queen [1982], 2 S.C.R. 112. (13) R. v. Lenart [1998], 39 O.R. (3d) 55 (C.A.). P.W. Hogg, Constitutional law of Canada, cit., 32-2, precisa che anche se nella decisione la Corte non è stata chiara nell’indicare il fondamento del potere legislativo provinciale, il riferimento all’art. 92(16) risulta il più ovvio. Diritto Le decisioni di fine vita in Canada: spunti di riflessione per il dibattito sul testamento biologico in Italia che hanno dimensione nazionale e, in particolare, attengono a situazioni di rischio ed emergenziali: è il caso delle epidemie14. Il Parlamento federale ha inoltre potere in relazione ad alcune categorie di individui e, di conseguenza, in concorrenza con le Province, si occupa anche della loro assistenza sanitaria: veterani, in base all’art. 91(7); aborigeni, ex art. 91(24), e immigrati, ai sensi dell’art. 91(25). Ai fini della comprensione del riparto di potestà normative in materia di sanità occorre altresì considerare che tra le materie attribuite alla competenza federale vi è, sulla base dell’art. 91(27), «the Criminal law, except the Constitution of Courts of Criminal Jurisdiction, but including the Procedure in Criminal Matters». Il diritto penale, infatti, “intercetta” il diritto alla salute: si pensi alla disciplina dell’aborto, un tempo proibito dal Criminal Code federale, fino all’intervento della Corte Suprema del Canada, che ha dichiarato l’incostituzionalità di tale divieto per violazione dell’art. 7 della Canadian Charter of Rights and Freedoms15. sa che, diversamente, non sarebbe possibile. Il Parlamento ha utilizzato questo potere per imporre alle Province e ai Territori che la loro pianificazione in materia di assicurazioni sanitarie rispetti precisi standard nazionali, come presupposto per ottenere contributi pubblici. Il provvedimento che ha delineato tale quadro comune è il Canada Health Act (1984)17. Il potere federale di occuparsi, ai sensi dell’art. 91(22), di «Patents of Invention and Discovery» include, ovviamente, la regolamentazione dei brevetti farmaceutici. Da non dimenticare, infine, è la competenza in tema di «Quarantine and the Establishment and Maintenance of Marine Hospitals», cui si è già accennato. Sintetizzata la suddivisione delle potestà legislative federali e provinciali in materia sanitaria, si tratta ora di capire come si collochi, in questo quadro, il tema delle decisioni di fine vita. Per rispondere al quesito non si può prescindere dalla classificazione proposta in premessa delle diverse situazioni in cui esse si articolano. Al riguardo si tenga peraltro presente che il Constitution Act, all’art. 92(14), ha devoluto alle Provincial Legislatures «the Administration of Justice in the Province, including the Constitution, Maintenance, and Organization of Provincial Courts, both of Civil and of Criminal Jurisdiction, and including Procedure in Civil Matters in those Courts»: tale previsione, come si vedrà, lascia ampia discrezionalità alle Province nell’amministrazione della giustizia16, il che restituisce loro un ruolo importante nella materia in esame. Eutanasia attiva, volontaria o involontaria, e suicidio assistito sono oggetto di competenza federale, ricomprendendo quest’ultima il diritto penale. La non sottoposizione a trattamenti c.d. salva-vita e l’interruzione di trattamenti sanitari di sostegno vitale già in corso è invece ascrivibile alla potestà legislativa provinciale: il fondamento di tale competenza risiede anzitutto nell’art. 92(13), in tema di «Civil Rights»; rilevano altresì gli artt. 92(7) e 92(16), che fondano la competenza provinciale in materia di organizzazione e professioni sanitarie18. Una leva fondamentale dell’intervento federale in materia sanitaria è rappresentata dal c.d. spending power o potere di spesa federale, che consente al Parlamento di imporre alle Province condizioni per poter beneficiare di sovvenzioni e finanziamenti, invadendo in tal modo la loro jurisdiction, co- La devoluzione della materia alla competenza provinciale non esclude, peraltro, che vi sia un quadro di riferimento comune, individuato nei principi di common law. Si pensi, ad esempio, al principio dell’informed consent, su cui si avrà modo di soffermarsi19. (14) Con riferimento ad un’epidemia di peste v. Toronto Electric Commissioners v. Snider [1925], A.C. 396, 412. (15) R. v. Morgentaler (No 2) [1988], 1 S.C.R. 30. (16) V. il par. successivo. (17) In tema v. W. L ahey, Medicare and the Law: Contours of an Evolving Relationship, in J. Downie, T. Caufield, C. Flood (a cura di), Canadian Health Law and Policy, cit., in partic. 24 ss. (18) Per tale analisi v. Senate of Canada, Of Life and Death, Special Senate Committee Report on Euthanasia and Assisted Suicide, cit. (19) V. il par. 5. 9 Diritto Le decisioni di fine vita in Canada: spunti di riflessione per il dibattito sul testamento biologico in Italia 3. Eutanasia volontaria attiva e suicidio assistito In Canada, come in Italia, è proibito qualsiasi comportamento attivo teso a porre fine alla vita di un individuo, anche nei casi in cui la morte rappresenti la risposta ad una sua precisa volontà. Il divieto di eutanasia volontaria attiva si ricava dall’art 14 del Criminal Code: «No person is entitled to consent to have death inflicted on him, and such consent does not affect the criminal responsibility of any person by whom death may be inflicted on the person by whom consent is given». Benché il tentativo di suicidio sia stato decriminalizzato nel 1972, il suicidio assistito resta vietato dal Criminal Code. L’art. 241, che punisce anche l’istigazione al suicidio, prevede: «Every one who (a) counsels a person to commit suicide, or b) aids or abets a person to commit suicide, whether suicide ensues or not, is guilty of an indictable offence and liable to imprisonment for a term not exceeding fourteen years». Il reato è punito con una pena inferiore a quella dell’omicidio. Nei confronti dell’art. 241 è stata sollevata questione di costituzionalità in un caso molto famoso, Rodriguez v. British Columbia (Attorney General) (1993)20. A Sue Rodriguez, affetta da sclerosi laterale amiotrofica, era stato negato di ricevere legalmente assistenza nel commettere suicidio. Le censure di incostituzionalità erano, sostanzialmente, due. La prima riguardava la violazione dell’art. 7 della Canadian Charter of Rights and Freedoms, parte I del Constitution Act del 1982, secondo cui «Everyone has the right to life, liberty and security of the person and the right not to be deprived thereof except in accordance with the principles of fundamental justice». Il problema del diritto alla sicurezza si poneva in re- 10 (20) Rodriguez v. British Columbia (Attorney General) [1993], 107 D.L.R. (4th) 342 (Sup. Ct. Can.). Su tale caso v. J. Downie, Assisted Death at the Supreme Court of Canada, in J. Downie, E. Gibson (a cura di), Health Law at the Supreme Court of Canada, Irwin Law, Toronto, 2007, 219 ss. lazione al “quando” e al “come” la donna, “da sola”, avrebbe potuto suicidarsi. L’impossibilità di essere aiutata nel suicidio, inoltre, l’avrebbe costretta ad anticipare tale gesto, rispetto alla progressione della malattia, con conseguente negazione del suo diritto di vivere più a lungo. La seconda previsione richiamata da Sue Rodriguez a sostegno della propria pretesa era l’art. 15 della medesima Carta, che garantisce «the right to the equal protection and equal benefit of the law without discrimination and, in particular, without discrimination based on... physical disability». La lamentata discriminazione atteneva alla diversa posizione delle persone fisicamente capaci, in grado di porre fine alla propria esistenza senza contravvenire alla legge, e quella dei soggetti con disabilità fisiche, aventi bisogno, a tal fine, di assistenza, con conseguente commissione, da parte di chi presta loro aiuto, di un reato ai sensi dell’art. 241 del Criminal Code. La Supreme Court ha negato a Sue Rodriguez la possibilità di commettere suicidio assistito ed ha affermato la costituzionalità della proibizione del Criminal Code. Occorre però rilevare che ben quattro dei nove giudici del collegio avrebbero dato il proprio assenso. A sostegno del divieto di suicidio assistito stabilito dal codice penale i majority justices hanno invocato la difesa della vita, della libertà e della sicurezza delle persone vulnerabili, soggette al rischio di essere manipolate, sottolineando il pericolo di confondere con il desiderio di morire semplici momenti di debolezza, che non sono espressione della reale volontà di un individuo di far cessare prematuramente la propria esistenza. La maggioranza dei giudici, inoltre, non si è pronunciata sul fatto che l’art. 241 potesse rappresentare una discriminazione ai danni di Sue Rodriguez sulla base della sua disabilità fisica. Si è infatti rilevato che, se anche ciò fosse avvenuto, si sarebbe trattato di una limitazione ragionevole e costituzionalmente legittima sulla base dell’art. 1 della Charter of Rights and Freedoms, che garantisce «the rights and freedoms set out in it subject only to such reasonable limits prescribed by the law in a free and democratic society». Sue Rodriguez si è suicidata alla presenza di numerose persone, incluso un medico. A seguito delle inda- Diritto Le decisioni di fine vita in Canada: spunti di riflessione per il dibattito sul testamento biologico in Italia gini giudiziarie, l’Attorney General della Provincia del British Columbia, dove la donna era vissuta e morta, ha ritenuto che non fosse stato commesso alcun reato. Il diritto penale è materia federale, ma, come si è avuto modo di precisare, l’amministrazione della giustizia è una responsabilità provinciale21. 4. Eutanasia involontaria attiva Il divieto dell’eutanasia involontaria attiva risiede nella previsione del Criminal Code che punisce l’omicidio. Ai sensi dell’art. 229, «Culpable homicide is murder (a) where the person who causes death of a human being (i) means to cause his death, or (ii) means to cause him bodily harm that he knows is likely to cause his death, reckless whether death ensues or not...». Ciononostante, nel famoso caso Latimer (2001)22 , la Supreme Court si è trovata ad affrontare lo spinoso tema se il c.d. mercy killing, ossia il dare la morte per ragioni, si potrebbe dire, di pietas, costituisca una fattispecie da considerare e trattare in maniera differente rispetto agli altri tipi di omicidio. Robert Latimer, reo di aver soffocato la figlia gravemente disabile, venne condannato per omicidio di secondo grado, con possibilità di rilascio sulla parola solo dopo un minimo di dieci anni di prigione. L’incriminazione per omicidio di secondo grado, peraltro, era già stata una sorta di “concessione” da parte dell’accusa, perché nel caso di omicidio di primo grado, che, sulla scorta dell’art. 231, si ha quando il delitto è «planned and deliberate», non vi può essere rilascio sulla parola se non sono trascorsi almeno venticinque anni. Non è questa la sede per dare conto, nel dettaglio, di una vicenda davvero complessa, che si è snodata attraverso diversi gradi di giudizio; ciò che rileva è che, quando è stata sottoposta all’attenzione della Supreme Court, quest’ultima ha confermato la condanna per omicidio di secondo grado e il conseguente regime del rilascio sulla parola. In altri casi, però, come rilevano alcuni autori23, l’at(21) Per questo rilievo v. T. Lemmens, B. Dickens, Canadian Law on Euthanasia: Contrasts and Comparisons, cit., 138. (22) R. v. Latimer [2001], 193 D.L.R. (4th) 577 (S.C.C.). Su tale caso v., tra gli altri, B. teggiamento della Corte è stato meno severo. Una prima serie di episodi ha come protagonisti dei medici. Si pensi al caso R. v. de la Rocha (1993)24: il Dottor de La Rocha diede del cloruro di potassio ad un paziente in fin di vita. Incriminato per omicidio di secondo grado e per somministrazione di sostanze nocive, fattispecie prevista dall’art. 245 del Criminal Code, rubricato «Administering noxious thing», fu riconosciuto colpevole per il secondo dei due reati e saldò il proprio debito con la giustizia con tre anni di libertà vigilata. Un altro caso riguardante un medico è R. v. Morrison (1998)25. Per il signor Paul Mills, affetto da cancro all’esofago, era stato fatto “tutto il possibile”, ivi compresi numerosi interventi chirurgici. Venuta meno ogni speranza, con il consenso dei familiari, i medici avevano interrotto i trattamenti di sostegno vitale e avevano effettuato l’estubazione. Tolto il respiratore, nessuna delle medicine somministrate sembrava alleviare le sofferenze di Mills, agonizzante per la “fame d’aria”. La dottoressa Nancy Morrison gli fece allora un’iniezione di cloruro di potassio. Incriminata per omicidio di primo grado, ottenne la libertà provvisoria su cauzione e riuscì a ritornare ad una limitata attività professionale. Successivamente il caso fu chiuso. Altri episodi sono, a ben vedere, la consumazione di veri e propri drammi familiari. Tra questi si segnala il caso R. v. Myers (1994)26, in cui marito e moglie soffocarono il padre di lei, che stava morendo di cancro, con un cuscino: i coniugi furono riconosciuti colpevoli di omicidio preterintenzionale e furono condannati a tre anni di libertà vigilata e centocinquanta ore di affidamento ai servizi sociali. Da ricordare è anche il caso R. v. Brush (1995)27. Il Signor Brush soffriva di Alzheimer. Nel luglio 1994 tentò di suicidarsi insieme alla moglie; nessuno dei due vi riuscì. Un mese dopo la signora Brush accoltellò il marito e poi se stessa; il marito morì, ma lei sopravvisse. Il giudice la ritenne colpevole di omicidio preterintenzionale; la vicenda si concluse con diciotto mesi di libertà vigilata. Sneiderman, Latimer in the Supreme Court: Necessity, Compassionate Homicide, and Mandatory Sentencing, in Saskatchewan Law Review, 2001, 64, 511 ss. (23) V.J. Downie, Dying Justice, cit., 38 ss. (24) R. v. de la Rocha [1993], Timmins (Ont. Ct. (Gen. Div.)). (25) R. v. Morrison [1998], A.J. n. 688. (26) R. v. Myers [1994], N.S.J. n. 688. (27) R. v. Brush [1995], O.J. n. 656. 11 Diritto Le decisioni di fine vita in Canada: spunti di riflessione per il dibattito sul testamento biologico in Italia I casi illustrati dimostrano, a parere di alcuni studiosi, che, benché l’eutanasia, ai sensi della normativa, rappresenti uno dei peggiori crimini, in concreto il sistema giudiziario la punisce meno severamente: «Euthanasia is de jure murder but de facto a considerably less serious crime»28. Nel contesto di questa lettura non è semplice comprendere la diversità di trattamento giudiziario del caso Latimer rispetto agli altri cui si è da ultimo fatto cenno. Gli autori che si sono posti questo interrogativo29 hanno dato risposte incentrate su spiegazioni in larga parte legate a circostanze di fatto: si è infatti sottolineato come la figlia di Latimer avesse una disabilità gravissima, che le cagionava profonde sofferenze, ma non fosse in fin di vita. La sua condizione di dolore si sarebbe potuta affrontare attraverso soluzioni che, con tutta evidenza, il padre aveva rifiutato di prendere in considerazione. Latimer, inoltre, aveva in un primo tempo cercato di ingannare la polizia offrendo una falsa spiegazione sulle modalità del decesso. Il caso suscitò molto clamore e ha diviso le coscienze. Taluni hanno sostenuto che la sentenza fosse ingiusta, non avendo tenuto conto delle circostanze in cui Robert Latimer aveva agito, compiendo un gesto da ritenersi, in fondo, espressione di compassione. Da questo punto di vista, si è lamentata una mancanza di flessibilità del Criminal Code, in casi eccezionali di questo tipo. Altri hanno reputato che la presa di posizione di parte dell’opinione pubblica in favore di Latimer rap- 12 (28) J. Downie, Dying Justice, cit., 38. (29) T. Lemmens, B. Dickens, Canadian Law on Euthanasia: Contrasts and Comparisons, cit., 142-143. (30) L’art. 215 del Criminal Code reca la seguente previsione: «(1) Every one is under a legal duty … (c) to provide necessaries of life to a person under his charge if that person (i) is unable, by reason of detention, age, illness, mental disorder or other cause, to withdraw himself from that charge and (ii) is unable to provide himself with necessaries of life. (2) Every one commits an offence who, being under a legal duty within the meaning of subsection (1), fails without lawful excuse, the proof of which lies on him, to perform that duty, if… (b) with respect to a duty imposed by presentasse una seria minaccia non solo per l’uguaglianza e la dignità delle persone con disabilità, ma anche per le loro stesse vite. Si è così mostrato apprezzamento per la Corte, che ben aveva fatto a non adottare un differente standard di valutazione nel caso di omicidio di una persona affetta da disabilità. 5. Rifiuto iniziale e interruzione di trattamenti di sostegno vitale da parte di individui capaci. Il principio del consenso informato A prima vista, anche la non sottoposizione di un individuo a trattamenti c.d. “salva vita” o l’interruzione di interventi di questo tipo già in atto sembrerebbe sottostare a una serie di divieti e incriminazioni del Criminal Code canadese, che, per ragioni di chiarezza, giova qui di seguito ricordare. Ai sensi dell’art. 215, significativamente rubricato «Duties Tending To Preservation of Life», grava su ogni individuo il dovere legale, penalmente sanzionato, di fornire le c.d. «necessaries of life» a chi, per ragioni quali, per quanto qui rileva, la vecchiaia, la malattia, uno stato di disordine mentale, non è in grado di provvedervi30. Tanto più questi doveri devono essere adempiuti dal personale sanitario, che ha la responsabilità dei pazienti31. Il Criminal Code, inoltre, punisce agli artt. 219, 220 e 222 la c.d «criminal negligence» e, in particolare, l’omicidio colposo32 . paragraph (1)(c), the failure to perform the duty endangers the life of the person to whom the duty is owed or causes or is likely to cause the health of that person to be injured permanently». Rilevante è altresì l’art. 217, secondo cui «Every one who undertakes to do an act is under a legal duty to do it if an omission to do the act is or may be dangerous to life». (31) Ai sensi dell’art. 216, «Every one who undertakes to administer surgical or medical treatment to another person or to do any other lawful act that may endanger the life of another person is, except in case of necessity, under a legal duty to have and to use reasonable knowledge, skill and care in so doing». (32) In base all’art. 219: «(1) Every one is criminally negligent who (a) in doing anything, or (b) in omitting to do anything that it is his duty to do, shows wanton or reckless disregard for the lives or safety of other persons. (2) For the purposes of this section, ‘duty’ means a duty imposed by law». L’art. 220, a sua volta, stabilisce: «Every person who by criminal negligence causes death to another person is guilty of an indictable offence and liable (a) where a firearm is used in the commission of the offence, to imprisonment for life and to a minimum punishment for a term of four years; and (b) in any other case, to imprisonment for life». Infine, ai sensi dell’art. 222, «(5) A person commits culpable homicide when he causes the death of a human being… (b) by criminal negligence». Diritto Le decisioni di fine vita in Canada: spunti di riflessione per il dibattito sul testamento biologico in Italia Comprendere che cosa possa concretare una «lawful excuse» per sottrarsi ai menzionati doveri o l’esatto contenuto della «criminal negligence» è un passaggio necessario ai fini della qualificazione dell’ipotesi di withholding or withdrawal of life sustaining treatment come reato o meno. Il Criminal Code, di per sé, non dà risposte certe. Per escludere la responsabilità penale occorre rifarsi ai principi di common law e al statutory law provinciale. Il primo e fondamentale principio di cui occorre tenere conto è quello dell’informed consent, strettamente correlato alla libertà di cura o, più in generale, al right of self determination33. Prima di affrontarne l’analisi con riferimento al Canada, può essere di utilità ricordare che si tratta di un principio sviluppato anche nell’ordinamento italiano34 e che trova fondamento in diversi articoli della Costituzione: l’art. 2, che sancisce i diritti inviolabili della persona umana; l’art. 13, che garantisce la libertà personale, nell’ambito della quale rientra il potere della persona di disporre del proprio corpo e, infine, l’art. 32, relativo al diritto alla salute35, secondo cui «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per espressa disposizione di legge». Un importante riferimento al principio in esame è contenuto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, adottata a Nizza il 7 dicembre 2000 e richiamata espressamente dal Trattato di Lisbona. La Carta reca un capo apposito dedicato alla «Dignità», il cui art. 1 afferma che «la dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispet(33) Sul principio del consenso informato in Canada v. P. Peppin, Informed Consent, in J. Downie, T. Caufield, C. Flood (a cura di), Canadian Health Law and Policy, cit., 189 ss. e la bibliografia ivi richiamata. (34) Sul consenso informato nell’ordinamento italiano v., in generale, M. Graziadei, Il consenso informato e i suoi limiti, in L. Lenti, E. Palermo Fabris, P. Z atti (a cura di), I diritti in medicina, Giuffrè, Milano, 2011, 191 ss., in Trattato di Biodiritto, cit. (35) Sul diritto alla salute nella nostra Costituzione v., ex multis, R. Ferrara, L’ordinamento della Sanità, Giappichelli, Torino, 2007, 37 ss.; N. Aicardi, La sanità, in S. Cassese (a cura di), tata e tutelata». Al medesimo capo appartiene anche l’art. 3, relativo al «diritto all’integrità della persona», che annovera «il consenso libero e informato della persona interessata» tra i principi che debbono essere rispettati nell’ambito della medicina e della biologia. A livello internazionale, si segnala la Convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e sulla biomedicina del 4 aprile 1997, la cui ratifica è stata autorizzata dall’Italia con la l. 28 marzo 2001, n. 14536, che, all’art. 5, pone la «Regola generale» in base alla quale «un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato il proprio consenso libero e informato». Nell’elaborazione canadese del principio del consenso informato è stato essenziale il richiamo alla giurisprudenza americana e, in particolare, alle statuizioni, risalenti già agli inizi del secolo scorso, del Justice Cardozo: «Every human being of adult years and sound mind has the right to determine what shall be done with his own body»37. Il leading case in materia di consenso informato in Canada è Malette v. Shulman (1990)38, di cui giova riportare alcuni passaggi significativi: «The right of self determination, which underlies the doctrine of informed consent... obviously encompasses the right to refuse medical treatment... The doctrine of informed consent is primarly intended to ensure the freedom of individuals to make choices concerning their medical care. For this freedom to be meaningful, people must have the right to make choices that accord with their Trattato di diritto amministrativo. Diritto amministrativo speciale, tomo I, Giuffrè, Milano, 2003, II ed., 625 ss.; D. Morana, La salute nella Costituzione italiana. Profili sistematici, Giuffrè, Milano, 2002; C.M. D’Arrigo, voce Salute (diritto alla), in Enc. dir., Aggiornamento-V, Giuffrè, Milano, 2001, 1009 ss.; M. Cocconi, Il diritto alla tutela della salute, Cedam, Padova, 1998; B. Pezzini, Principi costituzionali e politica nella Sanità: il contributo della giurisprudenza costituzionale alla definizione del diritto sociale alla salute, in C.E. Gallo-B. Pezzini (a cura di), Profili attuali del diritto alla salute, Giuffrè, Milano, 1998, 1 ss.; M. Luciani, voce Salute (diritto alla salute – dir. cost.), in Enc. giur. Treccani, Roma, 1991, vol. XXVII; Id., Il diritto costituzionale alla salute, in Dir. e società, 1980, 769 ss.; B. Caravita, La disciplina costituzionale della salute, in Dir. e società, 1984, 21 ss. (36) Malgrado la legge di autorizzazione alla ratifica, la Convenzione di Oviedo non è ancora formalmente in vigore. Ciononostante dottrina e giurisprudenza vi fanno frequentemente riferimento come se lo fosse o, comunque, applicano costantemente i principi sul consenso informato in essa sanciti. (37) Schloendorff v. Society of New York Hospital, 105 N.E. 92 (N.Y. 1914). (38) Malette v. Shulman [1990], 67 D.L.R. (4th) 321 (Ont. C.A.). 13 Diritto Le decisioni di fine vita in Canada: spunti di riflessione per il dibattito sul testamento biologico in Italia own values, regardless of how unwise or foolish those choices may appear to others». La vicenda riguardava una testimone di Geova, cui, a seguito di un incidente stradale, venne fatta una trasfusione di sangue, malgrado portasse con sé una Jehova’s Witness Card, nella quale dichiarava la sua contrarietà a tale trattamento. La sua istanza di risarcimento per negligenza venne rigettata, ma quella per battery, ossia violenza privata, venne accolta e le fu accordato un risarcimento simbolico di 20.000 dollari. Per quanto concerne, nello specifico, il tema del fine vita, non si può non segnalare il caso Nancy B. v. Hôtel-Dieu de Québec (1992)39. Nancy B., venticinque anni, era affetta da sindrome di Guillain-Barrè, permanentemente paralizzata dal collo in giù, incapace di respirare autonomamente e pertanto attaccata ad un respiratore meccanico. Il medico dell’ospedale che la seguiva, malgrado le sue richieste, si rifiutò di rimuoverlo, per il timore di conseguenze penali. Nancy B. citò in giudizio sia l’ospedale che il medico, chiedendo un’ingiunzione che li obbligasse a soddisfare la sua richiesta. La Québec Superior Court accolse le sue ragioni, stabilendo però, al contempo, che il medico che l’aveva in cura non fosse costretto a ottemperare, se in disaccordo. In questo caso avrebbe dovuto affidarla ad un altro collega disposto ad intervenire. L’ospedale, invece, avrebbe dovuto comunque dare tutto il supporto necessario affinché fosse data attuazione all’ingiunzione. 14 ferma: «Canadian Courts have recognized a common law right of patients to refuse consent to medical treatment, or to demand that treatment, once commenced, be withdrawn or discontinued ... This has been specifically recognized to exist even if the withdrawal or refusal of treatment may result in death». Il principio del consenso informato è sancito anche a livello della legislazione provinciale. Si consideri, per esempio, l’Ontario Health Care Consent Act (1996), il cui art. 10, intitolato «No treatment without consent», prevede: «A health pratictioner who proposes a treatment for a person shall not administer the treatment, and shall take reasonable steps to ensure that it is not administerd, unless (a) he or she is of the opinion that the person is capable with respect to the treatment, and the person has given consent». L’art. 14, rubricato «Withdrawal of consent», a sua volta, garantisce il diritto di ritirare il consenso precedentemente espresso: «A consent that has been given by or on behalf of the person for whom the treatment was proposed may be withdrawn at any time, (a) by the person, if the person is capable with respect to the treatment at the time of the withdrawal». 6. Non attivazione e interruzione di trattamenti di sostegno vitale rivolti a individui incapaci. La rilevanza delle c.d. advance directives: instructional directives e proxy directives Benché si tratti di un caso deciso da un tribunale di prima istanza, che, pertanto, non costituisce un precedente, e sia stato affrontato nel Québec, di conseguenza nel contesto della tradizione francese di civil law, Nancy B. v. Hôtel-Dieu de Québec è indicato dagli studiosi come un vero e proprio leading case40. Quando la non sottoposizione ad un dato trattamento di sostegno vitale o l’interruzione di interventi già in atto riguardano soggetti incapaci, assumono rilevanza le c.d. advance directives, ossia le direttive anticipate di trattamento. Può essere di interesse osservare che ad esso si è richiamata la decisione sul caso Rodriguez, ove si af- Nella maggior parte delle Province canadesi è presente una legislazione in materia41. (39) Nancy B. v. Hôtel-Dieu de Québec [1992], 86 D.L.R. (4th) 385 (Québec. Superior Ct.). (40) Sul punto v. T. Lemmens, B. Dickens, Canadian Law on Euthanasia: Contrasts and Comparisons, cit., 143. (41) Ontario: Health Care Consent Act (1996), Substitute Decisions Act (1992); British Columbia: Representation Agreement Act (1996), Health Care (Consent) and Care Facility (Admission) Act, (1996), Adult Guardianship and Personal Planning Statutes Amendment Act (2007); Alberta: Personal Directives Act (2000); Saskatchewan: The Health Care Directives and Substitute Health Care Decision Makers Act (1997); Manitoba: Health Care Directives Act (1992), Child and Family Services Act (1985); Québec: Civil Code of Québec (1991), artt. 11-25, 153, 2130-2185; Nova Scotia: Medical Consent Act (1989); Prince Edward Island: Consent to Treatment and Health Care Directives Act (1988); Newfoundland and Labrador: Advance Health Care Directives and the Appointment of Substitute Decision Makers Act (1995); Yukon Territory: Care Consent Act (2003); Northwest Territories: Personal Directives Act (2005). New Brunswick e Nonavut non hanno una legislazione in materia. Diritto Le decisioni di fine vita in Canada: spunti di riflessione per il dibattito sul testamento biologico in Italia Quando vi è una normativa ad hoc è al statutory law e non già al common law che bisogna guardare per trovare la regola di diritto da applicare al caso concreto. Nel caso in cui, invece, non vi sia una regolamentazione, tornano a valere i principi di common law, tra i quali, come si è visto, rientra il right of self determination, come configurato, in materia sanitaria, da decisioni quali Malette v. Shulman (1990) e Nancy B. v. Hôtel-Dieu de Québec (1992). La mancanza di uno statute non preclude quindi la possibilità di esercitare il proprio diritto al rifiuto di trattamenti sanitari non voluti42 . Si possono distinguere due tipologie di direttive43: le c.d. instructional directives, comunemente conosciute come living wills, e le proxy directives, indicate nella terminologia americana come durable powers of attorney. Nelle direttive del primo tipo gli individui manifestano in anticipo, rispetto ad una possibile futura situazione di incapacità, le proprie decisioni circa i trattamenti cui intendono o non intendono essere sottoposti. Le proxy directives consentono di nominare una persona che, sempre in caso di sopravvenuta incapacità, decida in propria vece: il c.d. substitute decision maker. Occorre peraltro precisare che tale figura è indicata con espressioni che variano a seconda delle Province. Di substitute decision maker si parla in Ontario e Newfoundland and Labrador. In British Columbia si usa il termine representative; in Alberta e Northwest Territories agent; in Saskatchewan, Manitoba, Prince Edward Island e Yukon proxy. In Quèbec viene in considerazione il mandatary; in Nova Scotia il guardian. Le Province che hanno una normativa in materia di decisioni di fine vita44 prevedono entrambe le species di directives, che possono “combinarsi” in un’unica manifestazione di volontà. L’unica eccezione è rappresentata dalla Nova Scotia, che contempla solo le proxy directives. (42) Su tali questioni v. J. Gilmour, Death, Dying and Decision-making about End of Life Care, cit., 447. (43) In tema v. J. Downie, Dying Justice, cit., 7. (44) Per un’analisi della disciplina delle diverse Province in materia di decisioni di fine vita v. J. Zuckerberg, End-of- Incidentalmente, per quanto riguarda l’Italia, si osservi che, benché non distingua in maniera esplicita tra i due tipi di direttive, il disegno di legge recentemente approvato dalla Camera fa implicitamente riferimento ad ambedue45: nella dichiarazione anticipata di trattamento, infatti, il soggetto, «con riguardo ad un’eventuale futura perdita permanente della propria capacità di intendere e di volere, esprime orientamenti e informazioni utili per il medico, circa l’attivazione di trattamenti terapeutici»; ha inoltre la possibilità di individuare un «fiduciario», i cui compiti, comunque, in assenza di nomina, sono svolti dai familiari, come indicati dal libro II, titolo II, capi I e II del codice civile. Si noti, peraltro, che l’ambito di applicazione della dichiarazione anticipata di trattamento, così come delineato dall’emanando testo sul biotestamento, sembra essere, allo stato, piuttosto circoscritto, assumendo rilievo tale dichiarazione solo «nel momento in cui il soggetto si trovi nell’incapacità permanente di comprendere le informazioni circa il trattamento sanitario e le sue conseguenze per accertata assenza di attività cerebrale integrativa cortico-sottocorticale». Gli statutes delle Province e dei Territori canadesi presentano delle diversità ulteriori rispetto alle species di advance directives: essi, infatti, come si avrà modo di illustrare, differiscono anche per ciò che riguarda il livello di formalità richiesto ai fini del riconoscimento di una direttiva anticipata come vincolante e l’età della persona che formula le direttive. In ragione delle differenze che possono sussistere tra le diverse discipline provinciali, alcune Province osservano un principio di reciprocità e consentono di dare esecuzione nel proprio territorio anche a direttive impartite nel contesto delle regole di una diversa jurisdiction46. L’obbligo di rispettare le direttive anticipate è un principio consolidato del common law. Si consideri, Life Decisions: A View from Ontario and Beyond, in European Journal of Health Law, 2009, 16, 139 ss. In Italia il tema delle advance directives in Canada è stato studiato da F.G. Pizzetti, Alle frontiere della vita: il testamento biologico tra valori costituzionali e promozione della persona, cit., 475 ss. (45) V. gli artt. 3 e 6. (46) British Columbia, Saskatchewan, Manitoba, Ontario e Prince Edward Island osservano tale regime di reciprocità. In argomento v. S. C arstair , Still Not There: Quality Endof-Life Care: A Progress report (2005), cit. 15 Diritto Le decisioni di fine vita in Canada: spunti di riflessione per il dibattito sul testamento biologico in Italia nuovamente, il caso Malette v. Schulman (1990), in cui si è affermato a chiare lettere: «A doctor is not free to disregard a patient’s advance instructions any more than he would be free to disregard instructions given at the time of the emergency». Analoghe statuizioni possono leggersi in Fleming v. Reid (1991)47: «A doctor is not free to disregard such advance instructions, even in an emergency. The patient’s right to forgo treatment, in the absence of some overriding societal interest, is paramount to the doctor’s obligation to provide medical care. This right must be honoured, even though the treatment may be beneficial or necessary to preserve the patient’s life or health, and regardless of how ill-advised the patient’s decision may appear to others». Il carattere vincolante o meno per il medico delle dichiarazioni è invece oggetto di discussione in Italia. Al riguardo occorre anzitutto precisare che nel disegno di legge oggetto di dibattito parlamentare il contenuto delle dichiarazioni anticipate non consiste in volontà ma, come si è già avuto modo di accennare, in «orientamenti e informazioni utili per il medico» 48, realizzandosi in tal modo, a livello della stessa terminologia utilizzata, una dequotazione del volere dell’individuo. Coerentemente con questa impostazione riduttiva, mentre nel testo originariamente approvato dal Senato l’articolo relativo al ruolo del medico in materia di fine vita parlava di «volontà espresse dal soggetto nella sua dichiarazione anticipata di trattamento», nella nuova formulazione “passata” alla Camera compare nuovamente la locuzione «orientamenti», che il medico ha l’obbligo di prendere in considerazione, ma non di seguire49. Non si può non rimarcare la valenza discriminatoria di una scelta volta a rendere meramente orientative le scelte a suo tempo compiute da pazienti divenuti non più coscienti, che, a differenza di quelli ancora capaci, sostituendosi alla loro volontà quella del medico, non potrebbero vedere rispettato il proprio diritto a rifiutare le cure, sancito dall’art. 32, comma 2, Cost. La previsione costituzionale risulterebbe inoltre violata per il fatto che una norma di questo tenore, ol- 16 (47) Fleming v. Reid [1990], 4 O.R. (3d) 74 (Ont. C.A.). (48) V. l’art. 3. (49) V. l’art. 7. tre a contravvenire ai «limiti imposti dal rispetto della persona umana», non si limiterebbe ad imporre un «determinato» trattamento sanitario50, ma, potenzialmente, consentirebbe la prestazione, nonostante il dissenso del paziente, di qualsiasi terapia51. La sostituzione del medico al paziente, invero, potrebbe ritenersi ammissibile solo nei casi di evoluzione della scienza e della tecnica tale da rendere non più attuale e rispondente alla volontà del malato la dichiarazione anticipata di trattamento: si pensi al caso di una rivoluzionaria scoperta che rendesse reversibile lo stato vegetativo permanente. Anche in tale ipotesi, tuttavia, la rivalutazione della situazione da parte del medico incontrerebbe non poche difficoltà: si dischiuderebbero infatti nuovi scenari, altamente problematici, legati alla considerazione della qualità di vita del paziente una volta “rinato” o “ritornato”. 7. Alcune considerazioni sul contenuto delle advance directives: “Do not Resuscitate” orders e emergency exception. La rinuncia ad alimentazione e idratazione artificiali Per quanto concerne l’oggetto delle direttive anticipate, un primo fondamentale dato da sottolineare è che, ai fini dell’esercizio del proprio diritto di autodeterminazione, in Canada non vi è distinzione tra l’ipotesi di withholding e quella di withdrawal di un trattamento. Nelle living wills si può decidere sia di non essere sottoposto ad alcun intervento salva-vita sia di interrompere dei trattamenti in essere. Rappresentano pertanto un esempio di instructional directives i c.d. “Do Not Resuscitate” orders, con i quali un individuo può rifiutare, ad esempio, la rianimazione cardio-polmonare. Circa la situazione italiana, può essere di interesse osservare che nel testo originariamente approvato dal Senato nel 2009 si stabiliva che nella dichiarazione anticipata il soggetto potesse dichiarare il proprio orientamento circa l’attivazione o non at- (50) Ai sensi dell’art. 32, comma 2, Cost., «Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge». (51) Per quest’osservazione v. A. Pioggia, Consenso informato e rifiuto di cure: dal riconoscimento alla soddisfazione del diritto, cit., 276. Diritto Le decisioni di fine vita in Canada: spunti di riflessione per il dibattito sul testamento biologico in Italia tivazione di trattamenti sanitari; nel testo recentemente “passato” alla Camera gli «orientamenti e le informazioni utili per il medico» riguardano soltanto «l’attivazione di trattamenti terapeutici»52 . Si contempla, invero, la possibilità di esplicitare «la rinuncia... ad ogni o ad alcune forme particolari di trattamenti terapeutici in quanto di carattere sproporzionato o sperimentale». La portata di tale rinuncia, però, non appare del tutto perspicua: dalla formulazione della norma sorge il dubbio che essa non riguardi trattamenti che non abbiano i caratteri della sproporzione o della sperimentazione. Inoltre, si prevede che in condizioni di urgenza o di immediato pericolo di vita la dichiarazione anticipata di trattamento non si applica53. Da una normativa così impostata rischia di scaturire una situazione paradossale: una persona, pur essendosi espressa in senso contrario, non potrebbe non essere rianimata, salvo poi ottenere la rimozione del respiratore forzatamente inserito, in ossequio a quanto indicato nel proprio testamento biologico. Eccezioni o differenziazioni a seconda che il trattamento sanitario sia già in corso o debba ancora essere attivato sono però estranee all’art. 32 Cost, ove la libertà di curarsi − o di non curarsi affatto − incontra quale unico limite quello dei trattamenti sanitari obbligatori per legge. Analoga impostazione si rinviene nella Convenzione di Oviedo, alla quale il nostro ordinamento dovrebbe ispirarsi, il cui art. 5, come si è già avuto modo di accennare, stabilisce quale «regola generale», priva di “distinguo”, che «un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato». Il rilievo dato in Canada alla c.d. emergency exception è differente rispetto a quello che ci si propone di accordare nel nostro Paese con l’esclusione, in (52) V. l’art. 3 del disegno di legge cit. (53) V. l’art. 4 del disegno di legge cit. (54) Cass., sez. I, 16 ottobre 2007, n. 21748, in Foro it., 2007, I, 3025, con nota di G. Casaburi. Su tale decisione v., tra gli altri, il commento di C. Casonato, Consenso e rifiuto delle cure in una recente sentenza della Cassazione, in Quad. cost., 2008, 545 ss. situazioni di urgenza, dell’applicabilità delle dichiarazioni anticipate di trattamento. Il fatto che il common law sancisca che in tali situazioni si possa sottoporre un soggetto a trattamento medico in assenza del suo consenso non significa che questo consenso, se espresso in precedenza, possa essere disconosciuto. L’emergency exception, infatti, riguarda casi in cui una persona si trova in stato di incoscienza e, per le ragioni più varie, non ne sono note le volontà, dovendosi in tal modo presumere che avrebbe dato il proprio consenso al trattamento medico finalizzato a salvarne la vita o a preservarne la salute. Come precisato in Malette v. Shulman (1990), «in an emergency the law sets aside the requirement of consent on the assumption that the patient, as a reasonable person, would want emergency aid to be rendered if she were capable of giving instructions». Lo stesso principio è presente in Fleming v. Reid (1991), ove, come si è già avuto modo di ricordare, si afferma che «A doctor is not free to disregard such advance instructions, even in an emergency». Analoga impostazione nei confronti delle «situazioni di emergenza» caratterizza l’art. 9 della Convenzione di Oviedo, secondo cui «allorquando in ragione di una situazione d’urgenza, il consenso appropriato non può essere ottenuto, si potrà procedere immediatamente a qualsiasi intervento medico indispensabile per il beneficio della persona interessata»: anche qui la possibilità per il medico di agire in assenza di un «consenso appropriato» si riferisce per lo più ai casi di incertezza, in cui non è dato conoscere il convincimento dell’individuo; la norma non consente un trattamento “contro” la volontà della persona, come sembrerebbe emergere dalla previsione criticata del disegno di legge in discussione in Italia. Una delle questioni di maggior interesse in tema di decisioni di fine vita è la possibilità di ricomprendere nei contenuti delle direttive anticipate idratazione e nutrizione artificiali. Come è noto, la considerazione di tali interventi come presidi sanitari ovvero come irrinunciabili forme di sostegno vitale – come acqua e cibo – è uno dei punti più controversi del dibattito che, in Italia, si è sviluppato in relazione al caso di Eluana Englaro. La pronuncia n. 21748/200754, con la quale la Cassazione ha riconosciuto il diritto di Eluana, manifestato dal padre, in qualità di tutore, di rinunciarvi, ha optato per la qualificazione del primo tipo: «non v’è dubbio», ha affermato la 17 Diritto Le decisioni di fine vita in Canada: spunti di riflessione per il dibattito sul testamento biologico in Italia Corte, che tali attività «integrano un trattamento che sottende un sapere scientifico, che è posto in essere da medici, anche se poi proseguito da non medici, e consiste nella somministrazione di preparati come composto chimico implicanti procedure tecnologiche». corre essere decisionally capable, qualità che si ritiene non ricorra nel caso di minori, che sono legally incompetent 58 . L’età della maggiore età, peraltro, è materia provinciale ed è pertanto variabile. Sennonché, la posizione assunta dalla Cassazione non è stata in grado di porre la parola “fine” sulla questione: il disegno di legge in materia di testamento biologico attualmente in discussione prevede che l’alimentazione e l’idratazione artificiali, quali che siano le modalità in base alle quali, secondo la scienza e la tecnica, vengono fornite al paziente, «devono essere mantenute fino al termine della vita», salvo il caso in cui non siano più in grado di fornire al paziente in fase terminale i fattori nutrizionali necessari, e «non possono formare oggetto di dichiarazioni anticipate di trattamento»55. I genitori sono i substitute decision makers dei loro figli sia in base al common law che in molti statutes che si occupano di consenso informato. Anche in Canada, in passato, si levarono voci, invero minoritarie, a sostegno dell’irrinunciabilità di tali misure56. Tale impostazione è stata però superata e oggi si ritiene che non vi sia differenza tra questi interventi e le altre forme di life sustaining treatment 57. 8. Direttive anticipate e minori Per dare il proprio consenso ad un trattamento sanitario o per rifiutarlo, anche in Canada oc- 18 (55) V. l’art. 3 del disegno di legge cit. (56) V. P. Derr, Why Food and Fluids Can Never Be Denied, Hastings Center Rep., 1986, 16(1), 28. (57) In argomento v. V. J. Gilmour, Death, Dying and Decision-making about End of Life Care, cit., 449. V. altresì Senate of Canada, Of Life and Death, Special Senate Committee Report on Euthanasia and Assisted Suicide, cap. V: «The Committee considers artificial hydration and nutrition as treatment; thus, the withholding and withdrawal of it is as acceptable in some circumstances as is the withholding and withdrawal of artificial respiration, blood transfusions and CPR». (58) In generale, sul diritto all’auto­ determinazione in materia sanitaria dei minori v. J. Gilmour, Children, Adolescents and Health Care, in J. Downie, T. Caufield, C.M. Flood (a cura di), Canadian Health Talora, però, la possibilità di decidere in ordine alla propria salute è riconosciuta anche a minori che siano dotati di una particolare maturità: si tratta della c.d. “mature minor rule”, parte del common law, secondo la quale quando un minore è in grado di comprendere la natura di un certo trattamento sanitario e le conseguenze che ne discendono, può dare validamente il proprio consenso e i medici non possono basarsi sul consenso dei genitori anziché sul suo59. Definire l’ambito di applicazione di tale regola, peraltro, è piuttosto complesso e presenta non poche ambiguità. Essa trova talora un limite nel c.d. “welfare principle”60, recepito in alcune normative provinciali, in base al quale si ritiene che l’autodeterminazione dei minori vada circoscritta a trattamenti da cui essi possono trarre beneficio, ossia che altri considererebbero nel loro interesse61. Sul piano logico, oltre che su quello tecnico-giuridico, non è però semplice giustificare il riconoscimento Law and Policy, 2a ed., 2002, cit., 205 ss. (59) V. Johnston v. Wellesley Hospital [1970], 17 D.L.R. (3d) 139 (Ont. H.C.); Van Mol (Guardian ad litem of ) v. Ashmore [1999], 168 D.L.R. (4th) 637 (B.C.C.A.), in un caso di aborto di una minore. (60) In argomento v. Manitoba Law Reform Commission, Minors’ Consent to Health Care, Report n. 91 (Winnipeg: The Commission, 1995), 5. (61) In British Columbia, ad esempio, perché il consenso di un minore sia effective è necessario che il personale sanitario accerti, oltre alla sua capacità decisionale, che «the health care is in the infant’s best interests»: v. Infants Act (1996) capitolo, 223, art. 17. Il New Brunswick ha una previsione similare in materia di minori con meno di sedici anni ritenuti decisionally capable, in base alla quale «The consent to medical treatment of a minor who has not attained the age of sixteen years is as effective as it would be if he had attained the age of majority where, in the opinion of a legally qualified medical practitioner, dentist, nurse practitioner or nurse attending the minor, (a) the minor is capable of understanding the nature and consequences of a medical treatment, and (b) the medical treatment and the procedure to be used is in the best interests of the minor and his continuing health and well-being»: v. Medical Consent of Minors Act (1976), capitolo M-6.1, art. 3. Si consideri, altresì, l’art. 17 del Civil Code del Québec, secondo cui «A minor 14 years of age or over may give his consent alone to care not required by the state of his health; however, the consent of the person having parental authority or of the tutor is required if the care entails a serious risk for the health of the minor and may cause him grave and permanent effects». Diritto Le decisioni di fine vita in Canada: spunti di riflessione per il dibattito sul testamento biologico in Italia della sola possibilità di dire “sì” a una prestazione sanitaria, negando invece quella di dire “no”62 . In base al statutory law le advance directives possono essere redatte sia da maggiorenni che, in talune Province e Territori, da minori, pur con alcuni limiti. La legislazione è piuttosto variegata63. Mentre in Alberta, Québec e Nova Scotia, sono richiesti i diciotto anni, in British Columbia e nei Northwest Territories occorre averne diciannove64. In Ontario, Manitoba, Saskatchewan e Yukon, invece, è sufficiente che la persona ne abbia compiuti sedici. Ci sono peraltro Province in cui si stabilisce semplicemente che l’autore delle directives debba essere un individuo capace, senza dare indicazioni in merito all’età: è questo il caso di Prince Edward Island e di Newfoundland and Labrador. Il disegno di legge in tema di dichiarazioni anticipate di trattamento in discussione in Italia prevede65, in termini generali, che, nel caso di minori, il consenso informato sia espresso o rifiutato, dopo averne attentamente ascoltato i desideri e le richieste, dagli esercenti la potestà parentale o la tutela66. La decisione di tali soggetti, peraltro, è adottata «avendo come scopo esclusivo la salvaguardia della vita e della salute psico-fisica del minore». Qualora il minore sia emancipato si stabilisce che il consenso sia prestato congiuntamente dal soggetto interessato e dal curatore, analogamente a quanto avviene nel caso di soggetti inabilitati67. Tali previsioni destano alcune perplessità, soprattutto se si volge lo sguardo alla Convenzione di Oviedo. L’art. 6 di tale Convenzione prevede che «quando, secondo la legge, un minore non ha la capacità di dare consenso a un intervento, questo non può essere effettuato senza l’autorizzazione del suo rap(62) J. Costello, If I Can Say Yes, Why Can’I Say No? Adolescents at Risk and the Right to Give or Withhold Consent to Health Care, in R.S. Humm (a cura di), Child, Parent and State: Law and Policy Reader, Temple University Press, Filadelfia, 1994. (63) V. le normative citate nella nota n. 41. (64) Ai sensi dell’art. 1 dell’ Health Care (Consent) and Care Facility (Admission) Act, (1996) del British Columbia, che presentante, di un’autorità o di una persona o di un organo designato dalla legge». Alcuni autori hanno evidenziato la differenza tra i termini «consenso» e «autorizzazione», sottolineando come quest’ultima appaia come «elemento prevalentemente formale, che dà voce e valore giuridico alla volontà di consentire», la quale spetta comunque all’interessato, pur non essendo sufficiente da sola68. Si tratta di una filosofia diversa da quella sottesa al disegno di legge in esame, in cui la volontà del minore viene ad essere sostituita da quella dei genitori o del tutore, riconoscendosi maggiori margini di autonomia unicamente al minore emancipato a seguito di matrimonio, la cui volontà viene integrata dall’assistenza del curatore. Non pare in particolare condivisibile l’aver fatto riferimento alla sola necessità di “ascoltare” il minore, senza alcuna indicazione circa l’importanza di tenere conto dei suoi convincimenti. Secondo l’art. 6 della Convezione di Oviedo «il parere di un minore è preso in considerazione come fattore sempre più determinante, in funzione della sua età e del suo grado di maturità». Per comprendere appieno la portata delle previsioni in materia di minori contenute nel disegno di legge in discussione in Italia può essere di utilità una breve ricognizione delle disposizioni del codice civile concernenti coloro che non hanno ancora raggiunto la maggiore età. Ai sensi dell’art. 2 c.c., i minori sono incapaci di agire e sono, pertanto, soggetti alla potestà genitoriale. Nella disciplina codicistica si rinvengono, peraltro, alcune circoscritte eccezioni: in base al comma 2 del medesimo articolo il minore ultrasedicenne è ammesso a stipulare in proprio il contratto di lavoro ed è abilitato all’esercizio dei diritti e delle azioni che dipendono da esso. Il minore ultrasedicenne giudizialmente ammesso al ma- reca le definizioni rilevanti ai sensi di tale normativa, «adult means anyone who has reached 19 years of age». (65) V. l’art. 2 del disegno di legge cit. (66) Sulla questione del consenso informato ai trattamenti sanitari rivolti a minorenni nell’ordinamento italiano v., in generale, L. Lenti, Il consenso informato ai trattamenti sanitari per i minorenni, in L. Lenti, E. Palermo Fabris, P. Z atti (a cura di), I diritti in medicina, cit., 417 ss. Il tema è stato affrontato in chiave penalistica da S. L arizza , Il diritto alla salute del minore: profili penalistici, ibid., 463 ss. (67) V., nuovamente, l’art. 2 del disegno di legge cit. (68) Per tali rilievi v. L. Lenti, Il consenso informato ai trattamenti sanitari per i minorenni, cit., 422. 19 Diritto Le decisioni di fine vita in Canada: spunti di riflessione per il dibattito sul testamento biologico in Italia trimonio, c.d. minore emancipato, è inoltre chiamato a prestare in prima persona il consenso alle nozze, ex art. 84, comma 2, c.c.; può altresì compiere autonomamente gli atti di ordinaria amministrazione, mentre, per quelli di straordinaria amministrazione, l’art. 394 c.c. prescrive l’assistenza di un curatore, previamente autorizzato dall’autorità giudiziaria. L’art. 250, ultimo comma, c.c., infine, prevede la possibilità per i minori ultrasedicenni di riconoscere i figli naturali. L’ “età della ragione” si abbassa nel diritto penale: in base all’art. 98 c.p. è imputabile chi, al momento di commissione del fatto di reato, aveva compiuto i quattordici anni, ma non ancora i diciotto, se aveva la capacità di intendere e di volere. Sembra quantomeno incongruo negare a soggetti che, compiuti i sedici anni, possono contrarre, a determinate condizioni, matrimonio, riconoscere i propri figli naturali e stipulare un contratto di lavoro la possibilità di decidere in ordine alla propria salute. La libertà di autodeterminazione in materia sanitaria dei minori, quantomeno di quelli che hanno raggiunto tale età, dovrebbe essere oggetto di maggiore considerazione da parte dell’ordinamento italiano, a prescindere dal fatto che si tratti di minori emancipati o meno. D’altra parte, alcune aperture in tal senso si hanno nella l. 22 maggio 1978, n. 194, «Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza». 20 L’art. 12 stabilisce, anzitutto, che la richiesta di interruzione della gravidanza sia fatta «personalmente» dalla donna, quale che sia la sua età. Se, però, si tratta di una persona di età inferiore ai diciotto anni è necessario l’assenso di chi esercita sulla donna stessa la potestà o la tutela. Tuttavia, nei primi novanta giorni, quando vi siano seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione delle persone esercenti la potestà o la tutela, oppure queste, interpellate, rifiutino il loro assenso o esprimano pareri tra loro difformi, il consultorio o la struttura socio-sanitaria ovvero il medico di fiducia, espletati tutti gli accertamenti e le valutazioni richieste dalla normativa, rimette entro sette giorni dalla richiesta una relazione, corredata del proprio parere, al giudice tutelare del luogo in cui opera. Questi, entro cinque giorni, sentita la donna e tenuto conto della sua volontà, delle ragioni che adduce e della relazione trasmessagli, può autorizzarla, con atto non soggetto a reclamo, a decidere l’interruzione della gravidanza. La disposizione prevede altresì che, qualora il medico accerti l’urgenza dell’intervento a causa di un grave pericolo per la salute della minore, indipendentemente dall’assenso di chi esercita la potestà o la tutela e senza adire il giudice tutelare, certifica l’esistenza delle condizioni che giustificano il ricorso all’aborto. Tale certificazione costituisce titolo per ottenere in via d’urgenza l’intervento e, se necessario, il ricovero. Non occorre l’assenso di chi esercita la potestà o la tutela anche nel caso di interruzione della gravidanza dopo i primi novanta giorni, fermo restando il rispetto dei presupposti – sussistenza di un grave pericolo per la vita della donna o accertamento di processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della stessa69 − e delle procedure prescritte ex lege. In questo caso non è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare. 9. La forma delle advance directives. I pazienti senza direttive anticipate: il criterio dei «patient’s best interests» Un’altra questione di rilievo riguarda la forma delle advance directives, che in Canada può variare a seconda della jurisdiction. La maggior parte delle Province e dei Territori richiede che esse siano espresse esclusivamente in documenti aventi precisi requisiti formali, tra i quali la firma di testimoni. La normativa di Ontario, Prince Edward Island e British Columbia riconosce anche direttive anticipate manifestate in altro modo ossia oralmente o in scritti informali. Le questioni più delicate si pongono nel caso dei pazienti privi di advance directives. Al riguardo occorre precisare che nelle Province che, come appena accennato, consentono di esprimere le proprie dichiarazioni anticipate anche oralmente o informalmente si ritiene che, anche in as(69) V. l’art. 6 della l. 194/1978. Diritto Le decisioni di fine vita in Canada: spunti di riflessione per il dibattito sul testamento biologico in Italia senza di un documento formale, tali manifestazioni di volontà corrispondano a delle living wills. Ove tale ampiezza di riconoscimento non è garantita, invece, l’assenza di un power of attorney redatto secondo precisi canoni corrisponde a mancanza di direttive. Nella pratica non sono molte le persone che scrivono un testamento biologico o che danno istruzioni, in modo più o meno formale, circa le proprie decisioni di fine vita. Può inoltre succedere che le direttive anticipate espresse non siano applicabili alla situazione concretamente verificatasi e che quindi il substitute decision maker non abbia indicazioni di trattamento in merito ad essa. In casi di questo genere, in base sia al common law che al statutory law, le decisioni circa l’intervento sanitario vanno prese «in the patient’s best interests». L’individuazione di quale sia la “cosa migliore” per il paziente è operazione non semplice, in cui l’identificazione di quale sia il “bene” per il singolo si intreccia con quella del “bene” comune, in una cornice assiologica non sempre condivisa70. Alcune normative indicano i criteri da seguire per far emergere i «patient’s best interests», esplicitando i valori e gli interessi di cui tenere conto. L’Health Care Consent Act dell’Ontario, per esempio, stabilisce che il substitute decision maker debba prendere in considerazione il sistema di valori e le preferenze della persona quando era capace. Oggetto di valutazione debbono essere anche i costi e i benefici del trattamento sanitario la cui effettuazione si sta vagliando, il suo carattere più o meno intrusivo e le possibili alternative ad esso, ivi compresa quella consistente nel non-trattamento71. (70) Per una definizione di «patient’s best interests» v. J. Gilmour, Death, Dying and Decision-making about End of Life Care, cit., 448, secondo cui «Any assessment of an individual’s best interests must be based on an underlying value system, a conception of what constitutes “the good”, both for that person and generally». (71) Giova qui di seguito riportare l’art. 21(2) dell’Health Care Consent Act: «In deciding what the incapable person’s best interests are, the person who gives or refuses consent on his or her behalf shall take into consideration, (a) the values and Può essere di interesse osservare che nel caso Englaro la Cassazione, nella citata decisione n. 21748/2007, ha seguito un ragionamento non dissimile nel delineare il ruolo del tutore che si faccia carico delle decisioni di fine vita dell’incapace: questi «deve, innanzitutto, agire nell’esclusivo interesse dell’incapace; e, nella ricerca del best interest, deve decidere non “al posto” dell’incapace né “per” l’incapace, ma “con” l’incapace: quindi, ricostruendo la presunta volontà del paziente incosciente, già adulto prima di cadere in tale stato, tenendo conto dei desideri da lui espressi prima della perdita della coscienza, ovvero inferendo quella volontà dalla sua personalità, dal suo stile di vita, dalle sue inclinazioni, dai suoi valori di riferimento e dalle sue convinzioni etiche, religiose, culturali e filosofiche». Si noti che la Corte ha mutuato il criterio della ricerca del best interest dalla giurisprudenza straniera e, in particolare, statunitense: il riferimento è al famoso caso Cruznan72 , in cui la Corte Suprema degli Stati Uniti ha statui­ to che la Costituzione degli Stati Uniti d’America non proibisce allo Stato del Missouri di stabilire «a procedural safeguard to assure that the action of the surrogate conforms as best it may to the wishes expressed by the patient while competent». Il disegno di legge in discussione in Italia richiede che le dichiarazioni anticipate di trattamento siano redatte in forma scritta, con atto avente data certa e firma del soggetto interessato e che siano raccolte esclusivamente dal medico curante che le sottoscrive73. Non è necessaria la presenza di testimoni, il che è da giudicare positivamente, collocandosi l’elaborazione delle decisioni di fine vita esclusivamente nel con- beliefs that the person knows the incapable person held when capable and believes he or she would still act on if capable; (b) any wishes expressed by the incapable person with respect to the treatment that are not required to be followed under paragraph 1 of subsection (1); and (c) the following factors: 1. Whether the treatment is likely to, i. improve the incapable person’s condition or well-being, ii. prevent the incapable person’s condition or well-being from deteriorating, or iii. reduce the extent to which, or the rate at which, the incapable person’s condition or well-being is likely to deteriorate. 2. Whether the incapable person’s condition or well-being is likely to improve, remain the same or deteriorate without the treatment. 3. Whether the benefit the incapable person is expected to obtain from the treatment outweighs the risk of harm to him or her. 4. Whether a less restrictive or less intrusive treatment would be as beneficial as the treatment that is proposed. 1996, c. 2, Sched. A, s. 21 (2)». (72) Cruzan v. Director, MDH, 497 U.S. 261 (1990). (73) V. l’art. 4 del disegno di legge cit. 21 Diritto Le decisioni di fine vita in Canada: spunti di riflessione per il dibattito sul testamento biologico in Italia testo dell’“alleanza terapeutica” medico-paziente e quindi in una dimensione di maggiore riservatezza. Suscita invece riserve la disposizione del disegno di legge secondo cui eventuali dichiarazioni di intenti o orientamenti espressi dal soggetto al di fuori delle forme e dei modi previsti dalla legge «non hanno valore e non possono essere utilizzati ai fini della ricostruzione della volontà del soggetto». Nello stesso ordine di idee si segnalano anche alcune previsioni relative al fiduciario, che riveste un ruolo più limitato rispetto al substitute decision maker contemplato dagli statutes delle diverse Province: la figura delineata dall’emananda legislazione italiana, infatti, deve rapportarsi con il medico unicamente «con riferimento ai contenuti della dichiarazione anticipata di trattamento», «operando sempre e solo secondo le intenzioni legittimamente esplicitate dal soggetto nella dichiarazione anticipata»74, di cui è un mero esecutore. Tale norma fa propria l’esigenza di non tradire le volontà dell’autore delle dichiarazioni anticipate, ma, al contempo, fa sì che, in assenza di un testamento biologico, il fiduciario non possa dar voce in alcun modo al soggetto interessato, impedendogli di decidere per conto o, comunque, «con» quest’ultimo, secondo le indicazioni fornite dalla Cassazione nel caso Englaro. L’impostazione adottata dal disegno di legge presenta quindi taluni profili di contrasto con la libertà di autodeterminazione in materia sanitaria sancita dall’art. 32 Cost., che afferma il primato della volontà dell’individuo. Al riguardo giova inoltre ricordare che, ai sensi dell’art. 9 della Convenzione di Oviedo, «i desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà saranno tenuti in considerazione». 22 (74) V. l’art. 6 del disegno di legge cit. (75) Così S. Rodotà , La vita e le regole. Tra diritto e non diritto, cit., 259. (76) V. J. Downie, Dying Justice. A case for Decriminalizing Euthanasia & Assisted Suicide in Canada, cit. (77) Sull’operato del Select Committee on Dying with Dignity v. il sito: http:// www.assnat.qc.ca/en/actualites-sallepresse/nouvelle/actualite-21205.html. La dottrina italiana ha sottolineato in più occasioni i rischi di un’eccessiva burocratizzazione delle decisioni di fine vita: le direttive anticipate non dovrebbero esaurire le formule espressive a disposizione degli individui per manifestare i propri convincimenti sul fine vita75. Riconoscere valore unicamente ai documenti redatti secondo le prescrizioni di legge potrebbe portare a non attribuire il giusto rilievo ad altre indicazioni o comportamenti egualmente probanti. 10. Cenni su alcuni sviluppi del dibattito sulle decisioni di fine vita in Canada: partecipazione e advance care planning Tra i recenti sviluppi del dibattito sulle decisioni di fine vita in Canada si segnala una ripresa delle discussioni in materia di eutanasia e suicidio assistito, anche a seguito di contributi di studiosi autorevoli, schieratisi a favore della legalizzazione76. D’altra parte, come si è avuto modo di osservare, quando casi di questo tipo sono portati davanti all’autorità giudiziaria, il reato tende ad essere derubricato e punito in maniera meno severa. La legalizzazione di eutanasia e suicidio assistito è inoltre oggetto di rilevanti iniziative a livello provinciale, in particolare in Québec. Al riguardo occorre comunque puntualizzare che la materia è oggetto di competenza federale e che nessuna Provincia o Territorio potrebbe pertanto regolamentarla. Ciò che si sta portando avanti in Québec è, quindi, una riapertura del dibattito, al fine di valutare se tra la popolazione siano rinvenibili, a seguito di un eventuale mutamento culturale, orientamenti in questa direzione. Il 4 dicembre 2009 la National Assembly ha creato un apposito organismo, il Select Committee on Dying with Dignity (SCDD) per promuovere una consultazione pubblica sul tema, estendendola peraltro all’intero ambito delle decisioni di fine vita77. La discussione è stata stimolata e guidata mediante la pubblicazione, il 25 maggio 2010, di un documento, intitolato «Dying with Dignity», allo scopo di fornire una base di partenza a tutti coloro, individui singoli e in gruppi o organizzazioni, intenzionati a esprimere la propria opinione. La raccolta di scritti, questionari e commenti è durata fino al 16 luglio 2010. Successivamente si è aperta una fase di confronto orale con Diritto Le decisioni di fine vita in Canada: spunti di riflessione per il dibattito sul testamento biologico in Italia soggetti scelti tra coloro che hanno manifestato interesse alla consultazione, da tenersi in undici città della Provincia. L’aspetto dell’iniziativa descritta che risulta maggiormente significativo “agli occhi” di un italiano è, al di là del tema specifico, che indubbiamente divide gli animi, il carattere aperto e democratico del dibattito, promosso dalle stesse istituzioni. Infine, se, da un lato, si registrano le accennate spinte nel senso della legalizzazione di eutanasia e suicidio assistito; dall’altro, si può osservare come anche in Canada, quasi in controtendenza, benché in generale la popolazione dichiari di credere nel valore delle direttive anticipate, di fatto il ricorso ad esse non sia molto frequente. Vi è cioè una certa riluttanza da parte degli individui ad affrontare il tema delle decisioni di fine vita. A tale questione si sta cercando di dare una soluzione attraverso la promozione di una nuova concezione delle advance directives, secondo la quale l’attenzione sia del paziente che, conseguentemente, degli operatori della sanità dovrebbe rivolgersi, più che alle living wills in sé e per sé considerate, allo sviluppo di un advance care plan or planning78 . Questa nuova terminologia sottolinea che, oltre che sul form, ossia sul documento che reca la dichiarazione anticipata, occorrerebbe concentrarsi sul processo che porta alla sua elaborazione79, articolandolo in momenti di informazione, confronto, rivalutazione, affinché l’individuo si accosti con minor timore al tema e sia protagonista di un percorso decisionale maggiormente consapevole. (78) In argomento v. B. Parke, A. Krayewsky, Successful Advance Directives through Quality Disease Management, in Healthcare Quaterly, 2010, 13, 4, 74 ss. (79) V. Manitoba Law Reform Commission, Withholding or Withdrawing Life Sustaining Medical Treatment, Report # 109 (Winnipeg: Manitoba Law Reform Commission, 2003), 99-100. 23