metodi di elaborazione informatica per la ricostruzione

METODI DI ELABORAZIONE INFORMATICA PER LA RICOSTRUZIONE
CARTOGRAFICA: LE TRASFORMAZIONI TERRITORIALI DELLE BOCCHE DI
PORTO DI VENEZIA NELLA CARTOGRAFIA STORICA
C. Balletti, F. Guerra
Università IUAV di Venezia – laboratorio di fotogrammetria – Circe
s. croce 1624, 30125 Venezia
[email protected], [email protected]
Key word: Cartografia storica, georeferenziazione, trasformazioni geometriche, DTM, modellazione
Abstract
L’immagine del territorio che la cartografia storica propone costituisce una base concreta per un’analisi diacronica del territorio che
implichi elementi fisici, storici, economici e sociali. Lo scopo dell’analisi storica attraverso la cartografia è quello di cercare di capire
l’assetto attuale del territorio, frutto di scelte antiche, e valutarne criticamente la dinamica evolutiva: l’intervento esercitato nel
passato condiziona l’assetto del presente, così come gli interventi attuali potranno condizionare il futuro.
L’operazione fondamentale di georeferenziazione della cartografia storica rispetto ad una cartografia attuale di riferimento rende
necessaria l’individuazione e l’applicazione dei metodi innovativi per consentire innanzitutto di valutare e quindi di recuperare il
contenuto metrico e topologico nelle carte antiche, dando loro la possibilità di essere lette secondo un approccio quantitativo e non
solo qualitativo-descrittivo.
Lo studio delle bocche di porto di Venezia è un argomento di particolare interesse per la città e ci permette di descrivere i grandi
interventi di progettazione e realizzazione che hanno garantito una efficace portualità della città di Venezia. Le carte utilizzate (dal
‘500 fino ai giorni nostri) sono documenti significativi per capire l’evoluzione di una parte delicata della città di Venezia, parte
questa che ha da sempre ricevuto un’attenzione costante e prolungata nei secoli e un’estrema perizia e competenza da parte delle
magistrature della Serenissima.
Il lavoro si è concentrato nello studio e nell’applicazione di metodi rigorosi di georeferenziazione e sulla ricerca di rappresentazioni
cartografiche non ancora entrate nella prassi comune che provengono da tecniche e metodi in uso nella computer graphics e nella
elaborazione di immagini 3D.
Nella nostra società, nella quale la comunicazione visiva ha assunto un ruolo fondamentale nella diffusione delle informazioni, il
documento cartografico, opportunamente adeguato dalle possibilità tecnologiche ai nostri tempi, può costituire un messaggio
facilmente percepibile ed estremamente incisivo nella comunicazione delle informazioni che riguardano il territorio.
La cartografia selezionata
Per lo studio delle trasformazioni territoriali delle bocche di porto di Venezia è stata utilizzata una selezione di carte che ricoprono un
periodo che va dal ‘500 fino ai giorni nostri; queste carte sono documenti significativi per capire l’evoluzione di questa parte delicata
della città di Venezia, in quanto le aree oggetto di studio sono state da sempre oggetto di attenzione e cura da parte delle magistrature
della Serenissima.
Cartografia utilizzata per l’analisi dei profili di costa
• Cristoforo Sabbadino, Laguna di Venezia, XVI secolo.
• Anonimo, Venezia e le sue isole, XVII secolo.
• Anonimo, Laguna di Venezia, 1718.
• G. Zuliani, G. Pitteri, Laguna di Venezia, 1784.
• A. Grandis, A. Sandi, Laguna veneta, 1799.
• A. F. von Zach, Carta militare topografico-geometrica del ducato
di Venezia, 1798-1805.
• A. Denaix, Laguna di Venezia, 1809-1811.
• A. De Bernardi, Laguna veneta, 1843-1844.
• G. B. Tonegutti, Laguna veneta, 1845.
• Anonimo, Laguna veneta, 1866.
• Magistrato alle Acque di Venezia, Carta topografica della laguna
di Venezia, 1897-1901.
• Ufficio tecnico LL.PP. del comune di Venezia, Laguna di
Venezia, 1910.
• A. Michieli, Laguna di Venezia, 1919.
• Magistrato alle Acque di Venezia, O. Bernardi, Idrografia della
laguna veneta, 1931.
• Magistrato alle Acque di Venezia, Venezia, 1934.
• O. Bernardi, Laguna di Venezia, 1937.
Cartografia utilizzata per l’analisi dei fondali
• A. Denaix, Laguna di Venezia, 1809-1811.
• Magistrato alle Acque di Venezia, Carta topografica della laguna di
Venezia, 1897-1901.
• Magistrato alle Acque di Venezia, Venezia, 1934.
• Carta Tecnica Regionale, 1984.
• Magistrato alle Acque di Venezia, Aggiornamento delle batimetrie
delle bocche di porto, 2003.
Tabella 1. le cartografie utilizzate
La cartografia storica ci restituisce quindi un’immagine precisa della realtà geografica del tempo, unica e preziosa testimonianza di
quei fenomeni che, come scrive Marinelli (1881) “nessuna descrizione orale o scritta poteva bastare ad esporli”. Lo studio della
cartografia storica a partire dal ‘500 ci permette di descrivere i grandi interventi di progettazione e realizzazione delle bocche di porto
che hanno garantito una efficace portualità della città di Venezia.
I metodi di georeferenziazione
La georeferenziazione di un’immagine raster consiste nell’assegnare delle coordinate cartografiche ad ogni pixel dell’immagine in
modo che questa sia sovrapponibile alle carte topografiche.
La sovrapposizione si ottiene mediante processi digitali di trasformazione geometrica e di ricampionamento: la trasformazione
geometrica è il processo mediante il quale la griglia dell’immagine originale viene trasformata in un nuovo reticolo con l’utilizzo di
polinomi adeguati; il ricampionamento è il procedimento che porta all’assegnazione dei valori radiometrici dei pixel relativi alla
nuova griglia in funzione dei valori dei pixel originari.
Il processo di trasformazione geometrica si effettua individuando una serie di punti di controllo ricavabili o da una cartografia o da
un’immagine di riferimento contenti il sistema cartesiano di riferimento .
Le trasformazioni geometriche applicabili ad un’immagine cartografica si possono classificare in due categorie: trasformazioni
globali e locali.
Le trasformazioni globali sono quelle i cui parametri, una volta scelta la modellazione delle deformazioni presenti nella carta da
georeferenziare, sono validi per qualsiasi punto dell’immagine. La posizione di ogni punto sarà calcolata applicando i parametri
calcolati sulla base dei punti di controllo. Si tratta delle tradizionali trasformazioni piane che fanno corrispondere biunivocamente un
insieme di punti ad un altro insieme di punti realizzando così il passaggio dal sistema (o, x, y) al sistema (O, X, Y).
Queste trasformazioni globali sono utilizzate nella procedura di referenziazione come trasformazione di massima. Allo stesso tempo
sono usate per valutare la presenza e la distribuzione delle deformazioni attraverso l'analisi dei residui.
L’equazione generale che regola il passaggio tra due sistemi di riferimento cartografici è rappresentato da un polinomio di ordine n
del tipo:
m
n
X = ∑ ∑ aij x i y j
i =0 j =0
m
n
Y = ∑ ∑ bij x i y j che sviluppato assume la forma:
i =0 j =0
X = a00 + a01 y + a10 x + a11 yx + a02 y 2 + a 20 x 2 + a12 xy 2 + a 21 x 2 y + a03 y 3 + a30 x 3 + ...
Y = b00 + b01 y + b10 x + b11 yx + b02 y 2 + b20 x 2 + b12 xy 2 + b21 x 2 y + b03 y 3 + b30 x 3 + ...
La procedura che utilizza questi polinomi è nota con il nome di rubber-sheeting. Nel caso che si tengano in considerazione solo i
termini lineari ci si riconduce alle trasformazioni lineari.
Le equazioni sono soddisfatte esattamente se il numero dei punti noti n risulta uguale a ½ p, dove p è numero dei parametri presi in
considerazione. Appare quindi evidente che se si hanno a disposizione un grande numero di punti noti e se si vuole una soluzione
esatta si dovranno usare polinomi di grado elevato.
In questo caso si applicano delle trasformazioni non lineari di ordine maggiore uguale al secondo. In generale si usano un numero di
punti maggiore di quello necessario e si stima il valore dei parametri ai minimi quadrati; in questo modo è possibile valutare i risultati
della trasformazione attraverso lo studio della distribuzione dei residui, indice della "efficienza" della trasformazione rispetto ai due
set di punti utilizzati.
Le trasformazioni locali sono quelle in cui i parametri sono calcolati per ogni singolo punto dell’immagine e hanno validità locale.
Lo scopo è quello di deformare solo una parte dell’immagine senza che il resto subisca modificazioni significative. Esse utilizzano
algoritmi basati su due diversi principi che sono:
• la scomposizione del dominio in elementi finiti,
• la creazione di campi di forze.
Gli algoritmi basati sul primo principio sono stati a volte utilizzati in cartografia e sono implementati in alcuni software commerciali.
Quelli invece che sfruttano il secondo sono stati usati solo nella computer graphics per ottenere gli effetti di warping e morphing.
L'approccio locale ha il vantaggio di permettere un ottimo adattamento dell’immagine da modificare rispetto ai punti di riferimento.
In generale si ha una trasformazione esatta per i punti noti e una approssimata per tutti gli altri. Dato che tutti i punti vengono
utilizzati non è possibile verificare il risultato delle operazioni con i consueti strumenti statistici della teoria degli errori.
fig. 1 Effetti della georeferenziazione: trasformazioni polinomiali di primo e secondo grado a sinistra; trasformazione di helmert e
warping a destra
La procedura di georefernziazione studiata e applicata dagli autori prevede due passi successivi: nel primo si applica una
trasformazione globale che permette una georeferenziazione di massima, ovvero l’eliminazione delle differenze quantitativamente
maggiori tra le due carte, cui segue l’applicazione di trasformazioni locali che permettono i “raffinamento” dei risultati ottenuti nel
passo precedente. Prevalentemente è stata applicata una trasformazione affine, mentre nelle carte più antiche e con modelli di
rappresentazione diversi (vedute prospettiche o modelli ibridi) è stata applicata una rototraslazione con variazione di scala,
intervenendo poi con trasformazioni locali di point based warping.
Estrazione dati geografici
La procedura di georeferenziazione permette di ottenere una serie storica di cartografie nello stesso sistema di riferimento che nel
caso presentato è quello della Cartografia ufficiale italiana. I dati estraibili dalle carte risultano omogenei e quindi confrontabili tra di
loro.
Lo studio si è concentrato su due aspetti dell’evoluzione morfologica delle aree delle bocche di porto: l’ andamento della linea di
costa dal ‘500 a oggi e all’evoluzione della batimetria dei fondali in seguito alla realizzazione delle dighe foranee (periodo 18092003)
L’estrazione dei dati avvenuta rispettivamente per digitalizzazione delle linee di costa e per numerizzazione delle quote batimetriche.
Nel primo caso, sovrapponendo i profili estratti dalle carte considerate si è evidenziato che la linea di costa è rimasta pressoché
invariata fino alla costruzione delle dighe foranee (Malamocco 1856, Lido 1897, Chioggia 1934;. in seguito la costa ha subito
notevoli mutamenti, che nel giro di un secolo hanno portato alla creazione di nuove aree di terra emersa, evidenti soprattutto nella
zona di Punta Sabbioni, Ca’Roman e Sottomarina.
fig. 2 Confronto tra i profili delle Bocche di Porto dal 1809 al 2003
Dal confronto dei modelli digitali delle altezze (DEM ottenuti sulla base delle quote estratte) che descrivono le superfici dei fondali
delle bocche di porto, si è potuto invece seguire le trasformazioni dei fondali stessi, evidenziando le zone di escavazione e di
interramento.
fig3-4 Confronto tra i dati morfologici della bocca di porto del Lido antecedenti e successivi alla costruzione delle dighe e quelli
attuali (a sinistra confronto 1809-2003; a destra confronto 1897-2003).
fig5-6 Confronto tra i dati morfologici della bocca di porto di Malamocco antecedenti e successivi alla costruzione delle dighe e
quelli attuali (a sinistra confronto 1809-2003; a destra confronto 1897-2003).
fig7-8 Confronto tra i dati morfologici della bocca di porto di Chioggia antecedenti e successivi alla costruzione delle dighe e quelli
attuali (a sinistra confronto 1809-2003; a destra confronto 1934-2003).
La rappresentazione cartografica digitale (raster e vector)
Lo sviluppo degli strumenti tecnologici negli ultimi anni ha modificato radicalmente i modi della rappresentazione e ne ha
accresciuto sensibilmente anche le capacità descrittive, creando una sorta di tavolozza degli strumenti informatici per la
rappresentazione del territorio che offre oggi infinite sfumature.
L’ambiente che consente l’integrazione tra i diversi supporti risulta essere quello digitale, luogo di incontro di efficaci strumenti di
rappresentazione del territorio, nel quale lavorare agilmente integrando basi di dati descrittive fino a ottenere rappresentazioni
tematiche e riproduzioni tridimensionali, con immagini o filmati direttamente connessi alla geometria del territorio. Innegabile
l’efficacia dei sistemi di realtà virtuale: l’uso dei modelli 3D, partendo direttamente da dati cartografici, per la verifica attraverso
situazioni anche immersive di tutte le scelte progettuali o gli interventi di pianificazione ipotizzati.
Le regole fondamentali per la rappresentazione del territorio e il trattamento dei dati geometrici sono da sempre le stesse.
La cartografia, infatti, permette di tradurre la realtà mediante una codifica e secondo artifici grafici, simboli convenzionali e
descrizioni, in una rappresentazione bidimensionale.
Chi si occupa di gestione del territorio sa che descrivere in maniera corretta un ambiente spesso complesso è impresa ardua. Molte
infatti sono le informazioni che servono per comprendere il territorio o un fenomeno che lo interessa e identificarlo con precisione.
L’aspetto comunicativo è ancora più evidente se si pensa al ruolo informativo e quindi decisionale dei dati che si vogliono
trasmettere: maggiori sono le informazioni contenute, meglio queste decisioni possono essere prese. Spesso va inoltre considerata la
necessità di rappresentare il variare di fenomeni nel tempo, così come accade nello studio delle Bocche di Porto di Venezia.
Gli aspetti descrittivi e conoscitivi del territorio possono però essere maggiormente arricchiti e valorizzati da sistemi che ne
permettano l’integrazione con elementi diversi, siano essi di tipo urbanistico, oppure morfologico, o naturale, o ancora economico. Si
tratta dunque di una opportunità rappresentativa più complessa ma sicuramente più completa, perché lega gli elementi grafici in
diverse scale di dettaglio, con altre informazioni, in modo da accrescerne la capacità descrittiva e migliorarne gestione e
comunicabilità.
Dalle ultime esperienze svolte in questo settore da diversi gruppi di ricerca1, risulta evidente che, quando gli strumenti “tradizionali”
sono affiancati da nuovi media, lo strumento comunicativo diventa più valido.
L’utilità di integrare i dati geografici e cartografici strutturati in modo convenzionale con strumenti multimediali - e quindi immagini,
filmati e suoni - si comprende specialmente quando è necessario presentare in modo comprensibile ed efficace un progetto o un
intervento di pianificazione e ci si rivolge ad un’audience non composta da tecnici.
Lo studio dell’evoluzione delle bocche di Porto di Venezia è risultato un esempio significativo e completo per valutare non tanto
quale tra i metodi di rappresentazione cartografica tradizionali e quelli innovativi (modelli 3D, animazioni 2D e 3D, morphing)
risulta essere il più efficace nella trasmissione delle informazioni, ma studiare appunto quali sono i metodi utilizzabili e soprattutto
l’integrazione tra loro.
A tale scopo i dati relativi all’evoluzione morfologica dei lidi e dei fondali estratti dalle cartografie storiche georeferenziate e da
quelle più attuali, sono stati “ri-rappresentati” utilizzando strumenti digitali atti a creare rappresentazioni che vanno da quelle più
tradizionali della cartografia bidimensionale a quelle tridimensionali usate in settori disciplinari vicini alla computer graphics.
Modelli digitali statici
L’elaborazione dei dati morfologici e batimetrici estratti dalle cartografie storiche e confrontatati con i dati attuali forniti dalla CTR
numerica e dall’aggiornamento fornito dal Magistrato alle Acque del 2003 segue due fondamentali modelli di rappresentazione, uno
statico che fa riferimento ai consolidati modelli cartografici a curve di livello o a superfici (DTM, DEM, DSM) e uno dinamico che
prende spunto dalla grafica ampiamente usata in ambito architettonico e più diffusamente nel settore della computer graphic, dove i
dati, nella forma di modelli 3d, vengono visualizzati attraverso animazioni.
Le animazioni possono essere di tipo differente: morphing di immagini sintetiche che rappresentano i vari stati di evoluzione del
fenomeno considerato, veri voli virtuali sulle ricostruzioni 3D ottenute dalle cartografie che rappresentano l’evoluzione delle Bocche
di porto sia dal punto di vista morfologico che temporale.
Cartografia numerica 2D con rappresentazione a curve di livello
La rappresentazione del territorio mediante curve di livello rimane il metodo più utilizzato per la descrizione altimetrica del territorio
(batimetrica per i fondali) mediante mappe (fig 9-13).
Una curva di livello è la curva immaginaria che collega tutti i punti situati alla medesima altezza rispetto ad una quota di riferimento.
In cartografia le curve di livello si presentano equamente spaziate da passo costante che si chiama equidistanza. L'equidistanza è la
differenza di quota tra una curva di livello e quella successiva. Il suo valore varia a seconda del terreno e della scala della
rappresentazione.
Convenzionalmente, per facilitare la lettura del terreno, si distinguono curva disegnate con un tratto più marcato, dette direttrice, che
indicano, nel caso della cartografia ufficiale per la rappresentazione di rilievi, le quote rispetto ad un passo fisso.
Le rappresentazioni a curve di livello sono ottenute generalmente per interpolazione manuale o automaticamente a partire da un TIN,
DEM o DTM.
Cartografia numerica 3D: il modello digitale del terreno (DTM)
Nelle rappresentazioni cartografiche l’andamento del terreno, non potendo essere rappresentato come una superficie che varia nello
spazio in modo continuo, viene visualizzato tramite le curve di livello. Tale metodo non è appropriato per eseguire modellazioni e
analisi numeriche.
E’ per questo che si è dovuti ricorrere allo sviluppo di nuove metodologie per descrivere la variazione continua della profondità dei
fondali.
Il Digita Terrein Model si presenta come un’insieme di coordinate ottenute attraverso l’interpolazione di alcuni punti da parte di
opportuni algoritmi matematici, a partire dalla misura, rispetto a un certo sistema di riferimento, di punti della superficie fisica
terrestre. Questi dati misurati devono, ovviamente, essere trasformati nel sistema di riferimento prescelto, in modo tale che possano
essere ammessi altri dati provenienti da differenti metodi di rilievo (fotogrammetria, topografia, ...) e, misurati con distribuzione
irregolare, devono essere trasformati nel modello di DTM scelto.
L’ acquisizione dei dati ha lo scopo di creare le informazioni discrete che sono alla base della generazione del DTM. Le coordinate
dei punti batimetrici (note tridimensionalmente) sono state determinate in differenti modi:
a) dalle cartografia storiche: digitalizzando le triplette di coordinate rappresentanti punti fondale a partire dalla distribuzione
sparsa presente sulle carte georeferenziate rispetto alla CTR numerica ;
b) dal rilievo batimetrico: solo nel caso delle cartografie più recenti (CTRN 1984 e Magistrato alle acque 2004);
L’elaborazione dei dati costituisce la fase di costruzione di un modello digitale, il quale permette poi la descrizione dell’oggetto
assieme a elementi topologici e morfologici tipici della superficie indagata.
1
Si vedano le attività svolte presso il CIRCE di questa Università sullo studio delle cartografia storica e la sua
georeferenziazione mediante nuovi strumenti infografici.
La costruzione dei modelli digitali delle diverse epoche è stato effettuato con procedure di interpolazione con funzioni splines
bilineari o bicubiche su punti disposti nelle maglie di una griglia regolare. In sostanza si è trattato di andare a determinare l’altezza in
corrispondenza di ciascun nodo della griglia regolare con il più adatto principio matematico di interpolazione a partire dalla
conoscenza del dato acquisito in fase di rilevamento;.
Tra i diversi metodi di interpolazione quello impiegato per le elaborazioni dei dati dei fondali desunti dalle cartografie considerate è
il metodo statistico detto del Kriging il quale, basandosi sul concetto di variabile regionale suddivide le variazioni altimetriche in una
componente correlata con quelle adiacenti e una componente di errore casuale. Il Kriging usa un approccio di tipo iterativo e produce
una superficie che passa per i punti, stimando la varianza di ogni punto interpolato, e quindi rimanendo coerente con i dati di
partenza.
fig.14 Rappresentazioni del DTM del fondale di Malamocco (1897): vista planimetrica a curve di livello; viste assonometriche della
superficie 3D continua. Al centro, il modello è mappato con una image map (mappa dove il valore radiometrico dei pixel è in
funzione del valore altimetrico); a destra, il dato batimetrico è rappresentato attraverso le curve di livello mentre la descrizione della
costa è dato dal contenuto semantico della carta storica georeferenziata.
fig.15 Rappresentazioni del DTM del fondale del Lido 1809-2003: viste assonometriche della superficie 3D continua mappato le
immagini di sintesi dei differenti livelli infomativi (evoluzione coste, fondali e carte georeferenziate)
fig. 16-17 sovrapposizione degli strati informativi nella visualizzazione del DTM della bocca del Lido del 1897: modello digitale
delle superfici, cartografia storica georeferenziata e mappa delle curve di livello
fig 18-20 viste planimetriche dei modelli digitali nella serie temporale considerata: Lido, Malamocco e Chioggia.
Le sequenze di immagini sono state utilizzate come fotogrammi di base di morphing animatii con lo scopo di evidenziare il
cambiamento delle tre bocche di porto negli ultimi due secoli
Modelli digitali dinamici
La comunicazione attraverso l’animazione fa parte della nostra cultura e ha origini antiche, ed è l’evoluzione dell’illustrazione, di cui
troviamo traccia fin dai tempi antichi nelle grotte. Una scena, un racconto, una cronaca vengono accompagnate da immagini che ne
illustrano i momenti salienti e la arricchiscono.
L’animazione dal punto di vista del fruitore finale non è altro che una sequenza di immagini (composta da più fotogrammi o frames
per diminuire la loro distanza temporale) visualizzate a velocità predefinita, opportunamente costruite per simulare il movimento,
indipendentemente dalla tecnica di realizzazione.
L’informatica ha consentito di creare ed elaborare fotogrammi in ambiente digitale con tecnologie informatiche di varia natura
(programmi di normale image processing, rendering di ambienti tridimensionali, elaborazione di dati di varia natura) e quindi il
montaggio dell’animazione in funzione dell’informazione che si vuole trasmettere.
Morphing
Nella computer-graphics con il termine morphing si intende quella procedura che, date due immagini, una di partenza e una finale,
permette di creare una sequenza di immagini intermedie che montate sequenzialmente generano una animazione di trasformazione tra
gli oggetti rappresentati.
Questa tecnica di manipolazione delle immagini è precedente alla computer-graphics: infatti già nei primi tempi della cinematografia
erano stati realizzati dei procedimenti di morphing sfruttando solo trucchi ottici.
Con l'avvento della computer-graphics e in particolare con la diffusione dell'uso dei computer nel trattamento delle immagini i
metodi per la creazione di questo tipo di effetti speciali si sono molto sviluppati.
Il primo effetto introdotto è stato la dissolvenza incrociata tra le immagini, già usata nel cinema: date le due immagini, sorgente e
destinazione, ogni pixel di ogni frame intermedio è dato dalla media pesata delle immagini di partenza e di arrivo. Se l'animazione da
ottenere prevede N frame, il frame 0 coinciderà con l'immagine sorgente e il frame N con l'immagine destinazione.
Negli ultimi anni le tecniche descritte sono state applicate oltre che alle immagini, a varie classi di oggetti grafici. Tra questi i più
significativi sono i solidi e i suoni. Si tratta dell'applicazione delle stesse tecniche utilizzate nelle immagini bidimensionali nel caso
tridimensionale e monodimensionale.
Animazioni 3D
Questo tipo di animazione, in campo architettonico, viene chiamata walkthrough, questo perché nella Computer Grafica è possibile
animare sia oggetti che cineprese. Dall’animazione delle cineprese si ottengono le “passeggiate” all’interno degli ambienti creati al
computer. Viene rappresentato così un viaggio virtuale all’interno di uno spazio che può non esistere ancora (è il caso dei progetti
architettonici o urbanistici), che esiste realmente, o che è esistito ma è scomparso o in rovina (i resti di antiche civiltà o archeologici
in generale). In questi casi la computer graphic non mette in scena soltanto un “mondo”, ma soprattutto la possibilità di percorrerlo,
che affida ad uno sguardo: è infatti il punto di vista, che guida il viaggio tra le forme e gli oggetti, a porsi come tema centrale.
fig.21-22 Frames di animazioni realizzate con i dati digitali estratti dalle cartografie
Per lo studio delle Bocche di Porto è stata eseguita una animazione a fotogrammi che corrisponde ad un volo virtuale sulla costa
veneziana non solo in termini spaziali ma anche cronologici usando texture dei modelli per il rendering le immagini frutto delle
georeferenziazioni delle carte storiche e le successive elaborazioni cartografiche prodotte.
Il volo è stato quindi arricchito di effetti di transizione per la successione della descrizione cartografica e di effetti di morphing 3D
per enfatizzare il cambiamento della costa stessa e dei fondali in seguito della costruzione delle dighe.
Bibliografia
Grillo S., 1989. Venezia. Le difese a mare. Profilo architettonico delle opere di difesa idraulica nei litorali di Venezia, Arsenale
Editrice, Venezia.
Favero V., Parolini R., Scattolin M., 1988. Morfologia storica della laguna di Venezia, Arsenale Editrice, Venezia.
C. Balletti, F. Guerra, 2002. Warping algorithms for Cadastre cartography georeferencing, in VII International Congress of earth
Sciencies 2002, Santiago, Cile.
Novello Massai G., 2002. Nuove forme e modelli per la conoscenza dwll’ambiente e del territorio, in DDD_04 - Disegno e Design
Digitale Nuove tecnologie, multimedia e standard grafici per la rappresentazione del territorio, edizioni Poli.design. Consultabile su
http://www.mediadigitali.polimi.it/ddd/ddd_004/indice.htm
Claudia Carlon, Cartografia digitale: elaborazione di carte storiche e di carte attuali, tesi di laurea discussa presso
l’università IUAV di Venezia, relatore Francesco Guerra, correlatore Caterina Balletti, anno accademico 2004-2005.