Introduzione alla tema: solidarietà e fraternità. Di Giannino Piana Premessa Cercherò di mettere a fuoco la relazione tra solidarietà e fraternità, temi non nuovi, per cui si rischia di dire cose abbastanza note e scontate soprattutto per chi ha dimestichezza con questi argomenti. Fraternità e solidarietà sono realtà complementari non solo perché i termini dicono una certa affinità anche se, come vedremo l'origine del termini fraternità è ben diversa da quella di solidarietà nel corso della storia. Comunque c'è una certa complementarietà e quindi non devono essere viste in contrapposizione, ma come due pilastri entrambi a sostegno di una unica realtà. Ho sempre letto la fraternità più nella prospettiva del fondamento ontologico della vita relazionale, la fraternità come la base, il fondamento della vita relazionale, mentre la solidarietà la vedo più nella prospettiva dell'agire conseguente a questo fondamento. Se siamo fratelli dobbiamo agire da fratelli e quindi agire in solidum cioè in modo da relazionarci positivamente per costruire insieme un progetto comune. D'altra parte fraternità e solidarietà sono da vedersi sotto due prospettive diverse e ancora complementari: da una parte la fraternità mette a fuoco più le relazioni profonde, interpersonali, relazioni con le quali si costruisce la vita comune non solo nei legami matrimoniali o familiari ma anche nei gruppi più ristretti in cui appunto si trovano relazioni interpersonali. Mentre la solidarietà ha un ambito più ampio di azione nel senso che riguarda anche relazioni con terzi (Per Ricoeur il personalismo va in qualche modo superato non nel senso di rifiuto, ma nel senso dell'andare oltre in quanto il personalismo ha sempre incentrato l'attenzione più sui rapporti diretti personali e non anche su quelli più allargati con le persone con cui si viene in contatto. In realtà ha dimenticato che accanto all'io e al tu con cui direttamente mi confronto esiste un terzo che non è l'anonimo, cioè un soggetto che non ha un'identità precisa ma con il quale non si avrà mai un rapporto diretto, immediato. Di questo terzo mi devo però occupare, devo sentirmi responsabile non direttamente, ma attraverso la creazione di strutture che consentano il rispetto della sua dignità e dei suoi diritti, dunque attraverso un'azione politica. Questo terzo è ogni uomo che esiste sulla faccia della terra e addirittura ogni uomo che deve ancora venire al mondo per assicurargli ad esempio un ambiente abitabile.) La solidarietà quindi non si occupa solo delle relazioni dirette ma anche di quelle indirette preoccupandosi di creare strutture giuste. Cioè esiste una dimensione della solidarietà che è quella strutturale. Partiti e sindacati, cioè realtà che attengono al mondo della politica e del lavoro, hanno utilizzato molto questo termine come punto di riferimento per lo sviluppo della loro attività dimostrando l'attenzione a questa dimensione strutturale che invece non attiene alla fraternità anche se questa è a fondamento della solidarietà. La fraternità Nella cultura occidentale il concetto di fraternità viene da una matrice religiosa che nel tempo si è poi laicizzato. E viene dalla matrice propria della tradizione ebraico-cristiana. Perché implica la visione di Dio come Dio Padre. La paternità di Dio è alla radice della fraternità cristiana, proprio perché siamo figli di un unico Padre siamo fratelli tra di noi. La prima espressione della fraternità che viene da questa concezione di Dio Padre sta nell'atto della creazione. Dio è Padre in quanto creatore e quindi tutti gli uomini sono creature dell'unico Padre e di conseguenza fratelli tra di loro. Se ci spostiamo sull'asse del N.T. la figliolanza divina che fonda la fraternità tra gli uomini trova la sua espressione più alta nella figura di Cristo, il Figlio. Per cui il mistero della Redenzione consegue a quello della Creazione, rinnova e, in qualche modo, va oltre il mistero della Creazione. La rinnova nel senso che si restituisce all'uomo la capacità originaria e va oltre perché consente agli uomini di diventare figli nel Figlio e quindi ancor più fratelli tra di noi. Questo concetto di fraternità si è successivamente laicizzato e in qualche modo è divenuto patrimonio della cultura dell'occidente, indipendentemente dal contenuto religioso. Questo è avvenuto nella Rivoluzione francese con i tre valori liberté, egalité e fraternité. Molti dicono che sul versante della libertà si è andati molto avanti, e in parte anche sul fronte della uguaglianza, non così è avvenuto per la fraternità che non è stata potenziata. Dove per potenziamento si intende che l'apporto della fraternità avrebbe potuto essere fondamentale perché l'uguaglianza nasce dalla fraternità. Il fatto di essere fratelli significa essere uguali, avere la stessa dignità e da ultimo gli stessi diritti. Ancora più interessante è il rapporto tra fraternità e libertà. Se la si legga alla luce della fraternità, la libertà non è intesa come libertà individualista come la intende il liberismo e poi il capitalismo per cui la mia libertà va fino a dove non urta con la libertà dell'altro. Quasi si trattasse di un conflitto di libertà nell'ambito dell'umano, per cui la libertà nell'ambito del liberismo è una visione negativa della libertà. Nella prospettiva della fraternità invece la libertà è tale nella misura in cui io con la mia libertà facilito lo sviluppo della tua libertà. La prospettiva è positiva nel senso che se siamo fratelli ciò significa che c'è una relazionalità costitutiva, ontologica, per cui la mia libertà non può essere messa in rapporto negativo con la tua in modo conflittuale. La realizzazione della fraternità, anche nella versione cosiddetta laica, si sviluppa attraverso relazioni autentiche, più profonde, ma non necessariamente solo in queste, anche in senso universalistico. Oggi viviamo in un mondo che è diventato un piccolo villaggio per cui l'interdipendenza di ciascuno di noi con l'umanità intera è costante. I nostri atti hanno significato positivo o negativo per l'umanità intera e, come si diceva, addirittura per l'umanità futura come ad esempio le azioni sull'ambiente o di tipo sociale le cui conseguenze si avverano anche a distanza. Il bene comune non ha soltanto una valente sincronica ma anche diacronica che riguarda le generazioni future di cui siamo responsabili. La solidarietà Il concetto di solidarietà parte da una considerazione critica nel senso che il concetto nel passato ha avuto in alcuni ambiti (una certa politica e un certo sindacato) una portata fondamentale, ma è anche vero che nel passato la solidarietà è stata anche criticata da destra e da sinistra. Da destra in quanto non rispondeva alla logica del mercato che è la logica del liberismo selvaggio dove la solidarietà non è assolutamente un elemento costitutivo per cui è semmai lo Stato a riparare certi danni provocati da questa logica. Da sinistra perché veniva guardata con sospetto in quanto costituiva uno strumento funzionale al mantenimento del sistema, moralizzandolo. La critica feroce che la sinistra marxista muoveva ad alcuni atteggiamenti dei partiti e dei sindacati cattolici era che attraverso l'introduzione di forme di solidarietà essi mitigavano la conflittualità esistente all'interno del sistema e quindi impedivano che il sistema andasse alla fine in rovina. Quindi la solidarietà era vista come un tentativo di umanizzare un sistema che non doveva essere umanizzato, ma ribaltato. Questo per dire che in passato non c'è stata una condiscendenza a questi valori. Oggi invece c'è una grossa convergenza. Tempo fa la CGIL aveva organizzato una assemblea nazionale proprio sul tema della solidarietà assumendo una categoria che non era nella tradizione del marxismo e del socialismo reale, ma che era diventata ormai una categoria acquisita nell'ambito della cultura di quel tempo che non poteva non essere assunta anche da un sindacato che si muoveva nell'ambito della promozione sociale. Paradossalmente oggi c'è una acquisizione del valore della solidarietà in senso generalizzato ma, di fatto, c'è meno solidarietà del passato. Acquisizione del valore e contemporaneamente crisi di fatto della solidarietà. Basterebbe ricordare come oggi siamo all'interno di una cultura in cui le spinte dominanti sono di tipo individualistico o corporativo e quinti anti-solidali se per solidarietà si intende non la solidarietà del clan ma quella intesa in senso allargato, verso tutti, che è riconoscimento del dignità e dei diritti di di ogni persona. Come definire allora la solidarietà? La solidarietà non nasce di per sé dalla tradizione cristiana come la fraternità, ma dal linguaggio giuridico: l'agire in solidum era l'agire con responsabilità di più soggetti in una azione comune. Successivamente il concetto di solidarietà ha assunto un valore etico, da giuridico a etico, designando una giustizia attenta alle ragioni di tutti, ma in particolare partendo dalle ragioni degli ultimi, di quelli che hanno meno diritti acquisiti e che devono quindi rivendicare questi diritti e nei confronti dei quali occorre favorire condizioni perché questi diritti vengano riconosciuti, promossi e sviluppati. Se ci muoviamo però nella prospettiva teologica la solidarietà prima ancora di un valore etico diventa una istanza teologale. Per un credente il dovere di essere solidale dipende dal fatto che egli fa esperienza di un Dio solidale. E' la solidarietà di Dio verso l'uomo che diventa la sorgente e il modello della solidarietà che gli uomini sono chiamati a realizzare nei loro rapporti. La prima solidarietà di Dio si manifesta nella creazione, il creare, il far essere dal nulla, del mondo e all'interno di questo mondo dell'umanità creata ad immagine e somiglianza di Dio. Questo atto è un atto del tutto gratuito, un atto d'amore ma nello stesso tempo un atto di volontà di Dio di uscire da se stesso per dialogare con un altro da sé. Concetto fondamentale dell'antropologia ebraica . L'uomo nell'ambito della creazione è l'unico essere a poter entrare in comunicazione con Dio. Questo concetto dice della solidarietà di Dio con l'uomo e dice però che è una solidarietà non sostitutiva in quanto Dio crea l'uomo ma lo spinge immediatamente ad assumersi la responsabilità del mondo. La solidarietà non è mai sostitutiva, cioè fare ciò che l'altro non è in grato di fare, semmai è mettere l'altro in grado di fare ciò che è in grado di fare. La solidarietà implica sempre il rispetto della libertà dell'altro, la tensione a mettere l'altro in grado di esercitare appieno e responsabilmente la sua libertà, responsabile del suo destino. Questo stesso concetto emerge in un'altra categoria veterotestamentaria: la categoria di alleanza. Questa categoria mette a fuoco un Dio che era lontano, perché l'uomo si era allontanato con il peccato, che si fa di nuovo vicino. Ma nell'atto stesso in cui si fa vicino ricorda all'uomo che è il Dio lontano (non ti farai di me immagine alcuna). Dio è l'innominabile, il diverso. Ancora una volta Dio rinvia all'uomo la sua responsabilità. La presenza di Dio si coniuga con la lontananza di Dio che proprio per questo mette poi l'uomo nella condizione di essere lui il responsabile della conduzione del mondo. La compagnia di Dio non è la sostituzione di Dio all'uomo, ma essere vicino stimolando l'uomo a sviluppare le potenzialità ricevute, la sua vocazione che è essere chiamato per nome. Nel N.T. ancora di più questa visione della solidarietà trova la sua espressione e la trova in due modi nel mistero di Cristo. Innanzitutto con la condivisione, essere con. L'incarnazione è condividere la condizione umana da parte di Dio. La Pasqua è il dono che Dio fa di sé all'uomo. La solidarietà qui acquista due significati uno appunto nel senso di compagnia, l'altro di dono di gratuità, di offerta di sé, addirittura della propria vita. La kenosis, la rivelazione di un Dio che si manifesta come dono assoluto e quindi come essere totalmente per gli altri. In questo contesto la solidarietà da istanza teologale si traduce anche in valore etico. Detto in modo un po' brutale la solidarietà è il momento della congiunzione della giustizia con la carità in cui trovano il loro momento di sintesi. Infatti la solidarietà implica la giustizia . Tuttavia la giustizia trova la sua espressione compiuta in qualcosa che va oltre, la trascende, la carità che non è solo la difesa e la promozione dei diritti ma tiene conto anche della singolarità delle persone e quindi delle differenze. L'uguaglianza è fondamentale , ma su questa si innescano le differenze. Quando si dice che summus ius può diventare summa iniuria si allude proprio all'oggettivazione a cui il diritto è votato, in quanto il diritto non è personalizzato è una sorta di livellamento dei soggetti a cui si riconoscono sì pari diritti ma non si riconosce la singolarità di ciascuno che va oltre il diritto. La carità poi si introduce all'interno della giustizia e la supera, ma la sua logica non è quella del bisogno ma del desiderio. La distinzione che fa l'antropologia moderna è importante e significa che il bisogno si soddisfa con i diritti, ma la persona non può essere soddisfatta solo dal riconoscimento dei suoi diritti. Il desiderio appartiene alla persona come qualcosa di aperto che può essere soddisfatto solo se lo si riconosce come espressione della singolarità di ciascuno. Ad esempio il malato deve essere certamente riconosciuto nei suoi diritti, ma non basta, occorre entrare in un rapporto personale con lui, come dovrebbe fare il volontariato con un dono gratuito, la carità è gratuità. Il bisogno è limitato, ma il desiderio non si circoscrive mai. Applicazioni. 1. Solidarietà e uguaglianza Il problema nella società di oggi non è l'egualitarismo demagogico. La diseguaglianza aumenta sempre più in un mondo in cui il divario tra ricchi (pochi) e i poveri (molti) aumenta sempre più. Soprattutto in questa fase di assenza del lavoro le differenze non solo non si sono attenuate ma sono accresciute e crescono continuamente tra un mondo sempre più ristretto di ricchi che hanno sempre di più e un mondo di poveri e anche del ceto medio che hanno sempre meno e che non possono far fronte ai bisogni. La solidarietà allora deve essere messa in rapporto con l'uguaglianza che appunto non è l'egualitarismo demagogico che non salva le differenze, ma è una reazione ad una cultura meritocratica. Una cultura in cui la professionalità,la responsabilità vengono eccessivamente accentuate allo scopo di favorire la diseguaglianza, anziché essere riconosciute nei limiti in cui vanno riconosciute senza esaltarle in questa visione meritocratica che sta prevalendo un po' ovunque. Sempre in merito all'uguaglianza occorre porre attenzione allo Stato sociale che in questo momento è sottoposto sempre più a revisioni critiche limitative. Non tanto a una revisione critica sul versante di alcuni aspetti (che è anche giusto fare) ma sul versante della limitazione delle prestazioni anziché della loro espansione come dovrebbe essere se si vuole garantire a tutti, come dice la Costituzione, i diritti fondamentali come quello della salute, all'istruzione, ecc. Sono diritti di tutti e basilari. L'art. 3 afferma che compito della Repubblica è quello di rimuovere gli ostacoli e creare condizioni per cui i cittadini si sentano veramente tali. La riforma dello Stato sociale deve andare sempre più nella direzione di una assunzione di presenza delle soggettività sociali nella gestione e nel controllo, sia pure con un riferimento costante alle istituzioni pubbliche. Una delle ragioni della crisi dello Stato sociale è data dal fatto che è stato demandato alle istituzioni pubbliche, con una gestione deficitaria, una realtà che invece va gestita in un rapporto costante tra società e Stato. Un altro aspetto della solidarietà è il rapporto tra solidarietà ed efficienza che tocca evidentemente la questione economica. La crisi economica che attraversiamo e da cui non siamo ancora assolutamente fuori nonostante certe affermazioni dei politici è una crisi di sistema, non congiunturale. Ben poche, compresa l'area della sinistra, sono le indicazioni alternative venute da riferirsi a una modificazione radicale del sistema attuale. Piccoli ritocchi qua e là sono suggeriti, ma non un ripensamento del sistema nell'ottica anche di una individuazione di un sistema alternativo oggi richiesto anche da ragioni che vanno oltre l'economia, come la questione ecologica, l'inquinamento, la conflittualità sociale in molte parti del mondo che ha anche ricadute negative sul terreno economico. Ripensare il sistema vuol dire in particolare mettere al centro la solidarietà come principio guida che non vuol dire dimenticare l'efficienza che però deve essere al servizio di un modello di sviluppo in cui la dimensione della produttività non viene vista solo in prospettiva quantitativa ma anche qualitativa: attenzione alla qualità della vita,alle relazioni interpersonali, ecc. Non si tratta di rinunciare alla crescita, ma di pensare ad una crescita diversa in cui gli unici valori non siano di produrre di più beni e servizi ma tentare un processo che allarghi il mondo delle relazioni. 2. Fraternità, solidarietà e cultura. Occorre una cultura dei diritti ma anche una cultura dei doveri e delle responsabilità. La solidarietà cresce là dove vengano riconosciuti i diritti, ma anche dove i diritti e doveri vengano visti come correlativi. Accanto alla rivendicazione dei diritti deve svilupparsi una coscienza della responsabilità soggettiva di ciascuno. La possibilità di cambiamento dello stato sociale con la limitazione dell'apparato pubblico deve coinvolgere la società con conseguente responsabilizzazione da parte dei soggetti che forma la società. Poco prima di morire ad un discorso ai parlamentari, nella presentazione del governo con l'astensione di comunisti, Aldo Moro sosteneva proprio che finora si era perseguita giustamente una cultura dei diritti consentendo avanzamenti di tutte le categorie, ma se il Paese non acquisisce una cultura dei doveri e delle responsabilità rischia di andare incontro ad una situazione sempre più difficile. Un altro aspetto cui prestare attenzione è il rapporto tra la persona e le strutture sociali, rapporto molto in crisi sia a causa della crescita dell’individualismo sia perché le strutture sociali pubbliche burocratizzandosi hanno perso molto dell’originale motivazione solidale.