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Parrocchia di san Simpliciano – Ciclo di 5 incontri sul tema
SAN BENEDETTO E L’EUROPA
tenuti da don Giuseppe Angelini, nei lunedì di gennaio/febbraio 2017
4. Il monachesimo benedettino e la nascita della Europa
cristiana
La questione: identità e origine dell’Europa
La questione dell’identità dell’Europa è controversa, anche perché non univoca è la nozione.
L’Europa come entità politica cerca le sue origini nel Sacro Romano Impero, che sanziona la
separazione dall’Oriente; l’Europa come civiltà e/o cultura ha invece le sue origini nel
monachesimo; appunto esso realizza quella interiorizzazione del regno di Cristo, che è all’origine
della res publica christiana. Il monachesimo occidentale è segnato da un tratto morale (fraternità),
che invece manca al monachesimo decisamente cultuale e contemplativo dellOriente.
La voce degli storici
I due saggi più interessanti sull’ideale Europeo pubblicati nel secondo dopoguerra, a margine dei
Trattati di Roma (1957) sottolineano il nesso tra idea di Europa e Cristianità, e quindi ne
definiscono l’identità per differenza.
Lo storico britannico Denis Hay (Europe: The Emergence of an Idea, 1957) per differenza e
conflitto rispetto all’Islam.
Federico Chabod (Storia dell’idea di Europa, 1961) invece delinea più immagini dell’Europa
corrispondenti a più differenze: (a) la Grecia antica e civile dai barbari; (b) la cristianità medievale
dai Turchi; (c) gli umanisti del rinascimento dai popoli non cristiani; (d) le democrazie europee dai
sistemi dispotici dell’Oriente (la virtù è definita dalla res pubblica, Macchiavelli); (e) la ragione e la
scienza laica contro le superstizioni medievali; (f) l’Europa del rapporto circolare di equilibrio
dialettico tra universale e nazionale.
L’immagine da Chabod privilegiata è quella già indicata dai due padri della scuola degli Annales,
Marc Bloch e Lucien Febvre: la nascita dell’Europa è successiva al crollo dell’impero romano.
Scrive Bloch:
Il mondo europeo, in quanto europeo, è una creazione del Medioevo, che, quasi contemporaneamente, ruppe l’unità,
almeno relativa, della civiltà mediterranea, e scaraventò alla rinfusa nel crogiuolo i popoli già romanizzati insieme a
quelli che Roma non aveva mai conquistato. Allora nacque l’Europa nel senso umano della parola… E da allora questo
mondo europeo non ha mai smesso di essere percorso da correnti comuni
E scrive Febvre che «l’Europa diventa una possibilità quando l’impero si disgrega»:
Per tutto il medioevo (un Medioevo che dobbiamo prolungare molto avanti nell’età moderna) la potente azione del
cristianesimo, facendo filtrare senza soste, attraverso le incerte frontiere di regni caleidoscopici, grandi correnti di valori
cristiani indipendenti dal territorio, ha contribuito a dare agli occidentali una coscienza comune, oltre le frontiere che li
separavano, una coscienza che, laicizzata poco a poco, è diventata una coscienza europea.
L’intuizione interessante è il nesso tra idea di Europa e universalismo; l’istanza di una società
accogliente per ogni uomo è propiziata dal cristianesimo; esso ha infatti nel suo patrimonio
cromosomico la destinazione universale. Le moderne guerre di religione in Europa alimentano
l’assunto che l’istanza universalistica esiga la rimozione di ogni riferimento a Dio. Ma non si rende
la casa accogliente per tutti eliminando porte e pareti. Perché la casa sia accogliente occorre che sia
casa; abbia pareti e porte, abbia una legge che consenta l’alleanza tra coloro che la abitano.
Gli inizi monastici dell’Europa
Il concorso dei monaci alla generazione dell’Europa cristiana si realizza anzi tutto grazie alla loro
presenza decisiva nel processo di evangelizzazione che parte dal Nord e si dirige alle nuove
popolazioni. La missione della Chiesa di Roma si dirige alle città. Mentre quella del settentrione
alle campagne. Ricordiamo i tre momenti decisivi.
a) La missione irlandese di san Colombano (542-615), dall’Irlanda attraverso i territori francesi fino
a Milano; proseguita dai monaci irlandesi nei secoli VI e VIII in Inghilterra e Germania.
b) la missione di sant’Agostino di Canterbury (534-604) impianta la Chiesa in Inghilterra.
c) La missione di Bonifacio alle popolazioni germaniche oltre il Reno.
Possiamo dire dunque che tutta l’evangelizzazione dal Nord fu monastica. E fu iniziativa decisiva in
ordine alla generazione di un’Europa cristiana. Espressione della missione monastica fu in
particolare la pratica penitenziale, prima tariffata e poi auricolare.
Il quinto grado dell'umiltà consiste nel manifestare con un'umile confessione al proprio abate tutti i cattivi pensieri che
sorgono nell'animo o le colpe commesse in segreto, secondo l'esortazione della Scrittura, che dice: "Manifesta al
Signore la tua via e spera in lui". E anche: "Aprite l'animo vostro al Signore, perché è buono ed eterna è la sua
misericordia", mentre il profeta esclama: "Ti ho reso noto il mio peccato e non ho nascosto la mia colpa. Ho detto:
"confesserò le mie iniquità dinanzi al Signore" e tu hai perdonato la malizia del mio cuore". (Regola di Benedetto, c. 7)
La riforma Gregoriana e Cluny
Il rilievo protagonista del monachesimo nel processo di formazione dell’Europa si manifesta
soprattutto a procedere dalla riforma gregoriana, sostenuta in maniera significativa appunto dalla
riforma monastica di Cluny. Il prestigio del monachesimo presso la coscienza cristiana comune
aveva già allora fatto della vita monastica un paradigma della vita cristiana. Appunto il
monachesimo resistette meglio che la chiesa delle diocesi e delle parrocchie al processo di
decadenza dei scoli VII/IX, caratterizzati dall’incipiente feudalesimo.
Con la riforma di Cluny il monachesimo partecipa alla più generale riforma della Chiesa resa
necessaria dalla creazione del sistema feudale. La respublica christiana (o Christianitas) era,
nell’alto Medioevo, il risultato di un’aggregazione politica garantita dalla lingua latina, dal diritto
romano corretto con apporti germanici, e soprattutto dalla religione comune, quella cristiana. La
formula respublica christiana fu coniata soltanto nel XIII secolo, dall'Imperatore Federico II; nel
suo impiego la formula intendeva suggerire il superamento dell'Idea di un Impero delle Monarchie.
Il Corpus Saecularium Principum è al servizio dei Diritti Umani e della Giustizia Universale; il
potere stesso dell'Imperatore è al servizio del Signore Universale. A misura in cui i due poteri,
sacerdotium e imperium, si definiscono istituzionalmente e di fatto ambiscono all’esercizio di una
giurisdizione universale, entrano in conflitto. La riforma gregoriana mira alla restituzione di un
primato politico al sacerdotium. Ma a misura in cui si definiscono gli stati nazionali e laici, la
teocrazia è destinata ad apparire impraticabile, se non anche poco fedele al vangelo.
Le riforme del XII secolo
La riforma cisterciense persegue l’obiettivo della povertà, dell’essenzialità, di una concentrazione
fin esasperata sullo Spirito. Il documento di fondazione, la Charta Charitatis (qualificata anche
come prima carta costituzionale europea, 1100) promuove un inflessibile spirito di povertà e di
semplicità; prende decisamente le distanze dalla magnificenza della liturgia di Cluny e dallo sfoggio
di decorazioni; obbliga alla totale separazione dal mondo. Il desiderio di differenziarsi dai
cluniacensi comporta anche il richiamo alla solitudine eremitica ed al silenzio; ka diffidenza nei
confronti delle folle di pellegrini. La giustificazione riflessa era il ritorno alle origini della Regola,
che i cluniacensi avevano parzialmente corretto sul tema del lavoro; ma l’ispirazione di fondo era
decisamente nuova.
Contemporanee e simili alla riforma dei cistercensi furono quelle di camaldolesi, vallombrosani e
certosini. Nel complesso le riforme del XII secolo realizzano un arretramento dei monasteri rispetto
al loro ministero di aggregazione sociale, molto rilevante nel periodo che va dalle origi fino alla
Riforma gregoriana. Le ragioni dell’arretramento sono facili da comprendere; sono anche
condivisibili. Comportano però insieme inconvenienti. Mi riferisco all’accentuazione del lato
‘ascetico’ della vita monastica, che si definisce ora per differenza e contrasto rispetto alla vita
comune del cristiano.
La devotio moderna
Appunto su questo sfondo è da intendere la medesima inclinazione spiritualista della devotio
moderna, destinata a segnare profondamente la religiosità e la civiltà stessa europea dei secoli
‘moderni’.
L’opera maggiore della devotio moderna è certo la Imitazione di Cristo. La spiritualità da essa
proposta è centrata sulla preghiera interiore, mediante la quale è coltivata la vigilanza su sé stessi, la
lotta contro le passioni e il peccato, il raccoglimento.
Cerca il tempo adatto per pensare a te e rifletti frequentemente sui benefici che vengono da Dio. Tralascia ogni cosa
umanamente attraente; medita argomenti che ti assicurino una compunzione di spirito, piuttosto che un modo qualsiasi
di occuparti. Un sufficiente spazio di tempo, adatto per dedicarti a buone meditazioni, lo troverai rinunciando a fare
discorsi inutilmente oziosi e ad ascoltare chiacchiere sugli avvenimenti del giorno. I più grandi santi evitavano, per
quanto possibile, di stare con la gente.
L’imitazione di Cristo segnò profondamente anche i maestri della mistica cattolica spagnola del 16°
secolo, Ignazio di Loyola e Giovanni della Croce.
Incarnazionisti ed escatologisti
Che cos’è deprecabile mondanizzazione e che cosa è necessaria incarnazione? La controversia è
stata esplicita nel cattolicesimo francese di metà Novecento; il pensiero cattolico di lingua tedesca
in quegli stessi anni appariva decisamente più attento alla crisi civile, e alla minaccia che pendeva
sull’umanesimo occidentale (R. Guardini scrive Ansia per l’uomo e La fine dell’epoca moderna). Il
difetto maggiore degli “incarnazionisti” è di discutere in generici termini di principio, ignorando il
momento di analisi storico culturale. L’ottimismo incarnazionista reagisce certo al pessimismo
antropologico dell’Imitazione di Cristo, come allo spiritualismo disincarnato di un cattolicesimo
mistico. Ma la questione seria non è certo quella espressa dall’alternativa “impegno temporale sì o
no?”. È piuttosto quello relativa alla qualità dell’impegno temporale. Delle cose del tempo ci si può
e ci di deve occupare in termini cristianamente pertinenti unicamente a procedere da una speranza
che vada oltre il tempo.
Per pensare la forma cristiana dell’impegno temporale occorre pensare la necessaria connotazione
religiosa della forma morale. La tradizione del pensiero filosofico occidentale, la stessa tradizione
del pensiero teologico dal XIII secolo in poi, ha postulato una irreale fondazione razionale
dell’imperativo morale. Il razionalismo morale prepara la rimozione presente della questione morale
dal repertorio degli interrogativi della filosofia,
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