Cenni di Termodinamica (-) Inquadramento storico La termodinamica è la parte della fisica che studia i fenomeni in cui intervengono la temperatura e la quantità di calore. Prima di passare a definire in maniera formale tali grandezze fisiche è opportuno chiarire il collegamento che c'è con la meccanica e, per far ciò, è necessario seguire la nascita e l'evoluzione storica di questa nuova branca della fisica. Le parole “caldo”, “freddo”, “calore” corrispondono a dei concetti intuitivi molto evidenti e di uso comune. È anche evidente che il “calore” è in grado di produrre degli “effetti meccanici”. Basta pensare ad una pentola, contenente dell'acqua, chiusa da un coperchio e posta sul fuoco: quando l'acqua inizia a bollire il coperchio, se “chiude bene”, inizia a “saltellare”. È quindi comprensibile che in un'epoca in cui i dispositivi meccanici (argani, presse etc.) dovevano essere azionati dall'uomo o da animali, qualcuno si sia posto il problema di utilizzare il “calore” del fuoco per far muovere dispositivi meccanici, ossia di realizzare una “macchina termica”. Ciò avveniva tra la fine del '700 e gli inizi dell'800 ad opera, tra gli altri, dello scozzese Watt (1736-1819) e del francese Carnot (1796-1832), mentre nella seconda metà dell'800 si giunge, in gran parte ad opera del tedesco Clausius (1822-1888) e dell'inglese lord Kelvin (1824-1907) alla formalizzazione della “termodinamica classica” ed alla formulazione delle sue leggi. La termodinamica nasce quindi come una disciplina tecnica/ingegneristica il cui obiettivo è quello di progettare e costruire “macchine termiche”. Una curiosità: la parola “ingegnere”, che in italiano deriva da “ingegno”, nella lingua inglese si traduce con “engineer”, parola che può essere vista tanto nell'accezione di “professional engineer” quanto di “railroad engineer” con riferimento al motore, “engine”, che all'epoca in cui è stato coniato il termine era riferito alle macchine a vapore. Parallelamente ed indipendentemente, partendo dalla “meccanica classica”, si sviluppavano la “teoria cinetica dei gas” e la “meccanica statistica”, volte allo studio di sistemi costituiti da un numero tanto elevato di elementi (atomi, molecole, particelle) da poter applicare considerazioni probabilistiche/statistiche in modo da collegare grandezze meccaniche microscopiche con grandezze “medie” macroscopiche. Nell'ambito di tali studi si giunge a riconoscere che la “temperatura” e la “quantità di calore” sono l'espressione termodinamica macroscopica di grandezze meccaniche microscopiche: la temperatura è dovuta all'energia cinetica microscopica media e la quantità di calore è un modo di scambiare energia a livello microscopico. L'importanza pratica di queste grandezze ha fatto sì che la temperatura e la quantità di calore abbiano quella che potremmo chiamare una “doppia natura” a seconda che le guardiamo dal punto di vista macroscopico o microscopico. Ciò si ripercuote nel fatto che per la temperatura (formalmente, temperatura termodinamica assoluta) a fianco all'unità SI, il Kelvin, continua ad essere utilizzato il grado centigrado, e che la caloria (unità di misura della quantità di calore) sia tutt'ora utilizzata, in alcuni ambiti, al posto o insieme all'unità di misura SI dell'energia (il Joule). Qui tratteremo fondamentalmente il punto di vista macroscopico della termodinamica classica, passando tuttavia all'interpretazione microscopica quando ciò rende più semplice la comprensione di un fenomeno o di una definizione. Questo approccio fa' sì che l'ordine in cui sono presentati gli argomenti è, a volte, insolito sia rispetto ad un testo di termodinamica classica che rispetto ad un testo di termodinamica statistica. Lavoro ed energia: dalla meccanica alla termodinamica. Nella presentazione della meccanica si incontra spesso un capitolo (o una lezione) il cui tema è “lavoro ed energia” dove per energia si intende l'energia cinetica o l'energia potenziale, raggruppate sotto la denominazione di energia meccanica. Anche in termodinamica ed in altri settori della fisica, della chimica e della biologia ci si continua ad occupare di “lavoro” e di “energia” aggiungendo di volta in volta nuovi significati a quest'ultimo termine. Si parla pertanto di energia “cinetica”, “potenziale”, “meccanica”, “interna”, “elettromagnetica”, etc. . Da questo elenco di “energie” resta però fuori, non per dimenticanza, la quantità di calore. In meccanica abbiamo visto che un punto materiale ha una certa energia cinetica (il cui valore dipende dalla sua massa e dalla sua velocità) ed una certa energia potenziale (il cui valore dipende dalla sua posizione e dal tipo di forza conservativa che agisce). Più avanti vedremo che un sistema termodinamico ha una certa “energia interna” (legata alla sua struttura microscopica ed alla sua temperatura). Nell'elettromagnetismo vedremo che una regione di spazio, anche vuoto, ha una certa “energia elettromagnetica” (legata ai campi elettromagnetici presenti). Ma non avremo mai un oggetto o una regione di spazio che ha una certa quantità di calore. Il motivo è che la quantità di calore è in effetti un “modo” di scambiare energia, non un “tipo” di energia. Un gioco di abilità che si fa' talvolta consiste nel disporre, su di una superficie orizzontale liscia, alcune monetine in fila, come i vagoni di un treno. Si prende poi un'altra monetina e, lanciandola in modo che strisci sulla superficie orizzontale, con essa si colpisce la monetina ad una estremità della fila. Si osserva che la monetina appena lanciata si ferma in coda alla fila e contemporaneamente la prima monetina si stacca dalla fila muovendosi con la stessa velocità di quella appena lanciata. Dal punto di vista “fisico” si ha un trasferimento di energia cinetica (e di quantità di moto) dalla prima monetina all'ultima tramite una serie di urti, ossia tramite fenomeni meccanici macroscopici. Se poniamo in contatto due oggetti avviene, a livello microscopico, un fenomeno analogo: alcune molecole di un oggetto trasferiscono, tramite urti a livello microscopico, la loro energia cinetica ad alcune molecole dell'altro oggetto. Il fenomeno avviene nei due versi per cui è possibile che nel complesso non ci sia nessun trasferimento di energia, ma ci sono situazioni (ad esempio se poniamo un recipiente sulla piastra calda di un fornello elettrico) c'è un trasferimento di energia da un oggetto all'altro. In questo caso si dice che c'è stato un trasferimento di una certa quantità di calore da un oggetto all'altro. Quantità di calore A seguito di queste considerazioni si definisce “quantità di calore” l'energia generata/assorbita o trasferita in maniera non attribuibile a lavoro meccanico. Si noti che, sebbene la situazione più semplice sia quella di scambio di calore per contatto diretto (scambio di calore per “conduzione”) nella definizione data • non si richiede che ci sia contatto diretto (si può avere scambio di calore tramite radiazione elettromagnetica, come avviene ad esempio tra il Sole e la Terra o in un forno a microonde): in questo caso si parla di quantità di calore trasferita per “irraggiamento” • sono incluse situazioni in cui lo scambio di calore è mediato da un trasporto di materia (le molecole di un fluido vengono in contatto alternativamente con un oggetto da cui ricevono energia e con un altro a cui la cedono): in questo caso si parla di quantità di calore trasferita per “convezione” o “trasporto di materia” • è inclusa l'energia generata (o assorbita) in una reazione chimica o nucleare (la combustione, i dispositivi per impacchi caldi o freddi, la generazione di calore all'interno del Sole) o in fenomeni elettromagnetici (una stufa elettrica, un fornello ad induzione, un frigo portatile ad effetto Peltier) Energia interna Premesso che un “sistema termodinamico” è un dispositivo macroscopico in grado di scambiare energia con l'“ambiente esterno” tramite quantità di calore oltre che come lavoro meccanico diciamo, per definizione, che l'“energia interna” di un sistema termodinamico è la somma delle energie presenti a livello microscopico all'interno del sistema ed include quindi: – l'energia cinetica (traslazionale, rotazionale e vibrazionale) dei costituenti microscopici (molecole/atomi) del sistema – l'energia dovuta alle interazioni tra molecole/atomi (energia di legame) – l'energia dovuta alla costituzione delle molecole/atomi (energia a riposo) e legata alle interazioni subatomiche ed alla massa stessa dei costituenti del sistema mentre non include l'energia cinetica e potenziale possedute dal sistema a livello macroscopico. Tanto l'energia interna quanto la quantità di calore si misurano, nel SI, in Joule. Tuttavia, per ragioni storiche, continua ad essere utilizzata un'altra unità di misura, la caloria (ne daremo la definizione più avanti) il cui valore è 1 cal=4.186 J , 1 k cal=4186 J Rileggendo con attenzione la definizione di sistema termodinamico risulta chiaro che la differenza sostanziale rispetto ad un “sistema meccanico” è che si tratta di un sistema “macroscopico”, ossia costituito da un gran numero di atomi/molecole. Tuttavia ha senso parlare di sistema termodinamico quando siamo particolarmente interessati o quando non possiamo trascurare i fenomeni di scambio di energia sotto forma di calore. Quindi possiamo considerare sistemi termodinamici la Terra, il corpo umano, un muscolo all'interno del corpo umano, il motore a scoppio, il gas contenuto all'interno di un cilindro di un motore a scoppio. I “sistemi termodinamici” citati sono tutti più o meno complessi, quindi difficili da utilizzare come punto di partenza per lo studio della termodinamica. Come in meccanica si inizia con lo studio del comportamento di un punto materiale, così in termodinamica si parte dallo studio del comportamento di un “gas perfetto”: ossia un sistema termodinamico costituito da un certo quantitativo di gas molto rarefatto contenuto in un recipiente che abbia almeno una parete mobile (affinché possa scambiare con l'ambiente esterno energia sotto forma di lavoro meccanico) ed una parete attraverso cui scambiare calore con l'ambiente esterno. Questo particolare sistema termodinamico permette di definire in situazioni ragionevolmente chiare ed intuitive quasi tutte le grandezze fisiche utili in termodinamica. Primo principio della termodinamica e conservazione dell'energia. Escludendo variazioni di energia meccanica (cinetica e potenziale) a livello macroscopico e scambio di materia con l'ambiente esterno la somma algebrica dell'energia scambiata da un “sistema termodinamico” con l'“ambiente esterno” è pari alla variazione della sua “energia interna” δ Q−δ L=d U Q è l'energia ricevuta dal sistema sotto forma di calore. In altre parole è la quantità di calore che il sistema scambia con l'ambiente considerando positiva la quantità di calore ricevuta dal sistema e negativa quella ceduta all'ambiente. Se il sistema termodinamico è il gas contenuto nel cilindro di un motore a scoppio l'energia fornita dalla reazione chimica dà un contributo positivo alla quantità di calore mentre l'energia trasferita al sistema di raffreddamento dà un contributo negativo. L è l'energia ceduta dal sistema sotto forma di lavoro meccanico. In altre parole il lavoro meccanico è positivo quando è fatto dal sistema termodinamico sull'ambiente esterno, mentre è negativo quando è fatto dall'ambiente esterno sul sistema termodinamico. Nel caso del gas contenuto nel cilindro di un motore a scoppio il lavoro fatto quando il gas si espande sollevando il pistone è positivo, mentre il lavoro fatto quando il pistone si abbassa, comprimendo il gas, è negativo. È opportuno sottolineare che l'energia ricevuta dal sistema è considerata positiva se scambiata sotto forma di calore mentre è considerata negativa se scambiata sotto forma di lavoro meccanico. Questa scelta, che a prima vista sembra incoerente, è dovuta a ragioni storiche: nello studio delle macchine termiche (in origine le macchine a vapore) le quantità di maggior interesse sono la quantità di calore fornita alla macchina termica ed il lavoro compiuto e, con questa scelta dei segni, sono entrambe positive. d U è la variazione di energia interna del sistema termodinamico. Dato che, in genere, per variazione si intende il valore finale meno il valore iniziale, tale quantità è positiva se l'energia interna è aumentata e negativa se è diminuita. É bene chiarire le motivazioni dell'utilizzo dei due simboli “ ” e “ d ”. Quando ci riferiamo all'energia interna ha senso parlare di “energia interna finale” e di “energia interna iniziale” e, facendone la differenza, di “variazione dell'energia interna”. Per questo si utilizza il simbolo “ d ” che in matematica indica un “differenziale esatto”. Quando ci riferiamo, invece, all'energia scambiata sotto forma di quantità di calore (o di lavoro meccanico) non esiste la quantità di calore (o il lavoro meccanico) iniziale o finale ma solo, per l'appunto, la quantità di energia scambiata. Pertanto utilizziamo un simbolo differente, “ ”, per sottolineare che si tratta di una quantità piccola (infinitesima) ma non di una differenza tra due valori (non è un differenziale esatto). In altri termini è possibile dire che l'energia interna è una funzione di stato (di cui parleremo più avanti), mentre quantità di calore e lavoro meccanico non lo sono. Contatto termico, equilibrio termico, temperatura. In meccanica abbiamo visto che l'interazione tra due punti materiali o, più in generale di due sistemi meccanici, si esplica tramite forze. In termodinamica non vogliamo prendere in considerazione le forze, anche se la presenza di lavoro meccanico implica la loro esistenza, per non entrare così in dettaglio: così ci limitiamo a considerare gli scambi di energia. Poiché un sistema termodinamico è caratterizzato dal fatto che interagisce con l'ambiente esterno tramite scambi di energia (quantità di calore e/o lavoro meccanico), è chiaro che anche le interazioni tra due sistemi termodinamico dovranno essere caratterizzate dagli scambi di energia. Diciamo che due sistemi termodinamici sono in “contatto termico” tra loro se tra di essi vi può essere scambio di energia sotto forma di “quantità di calore”. Si noti che l'assenza di contatto termico (ovvero l'“isolamento termico”) non può essere ottenuto semplicemente allontanando i due sistemi: la Terra ed il Sole sono in contatto termico. Per ottenere l'isolamento termico si deve usare un contenitore “adiabatico” che nella pratica può essere approssimato con un “vaso Dewar” (un “thermos”, una “borsa termica”). Una volta che due oggetti (considerati come due sistemi termodinamici) sono in contatto termico tra di loro, cosa determina se e quanta energia viene scambiata sotto forma di calore? Stando alla nostra esperienza quotidiana, quando c'è trasferimento di energia solo sotto forma di calore? Se abbiamo freddo alle mani le possiamo scaldare (ovvero trasferire alle mani energia sotto forma di calore) sfregandole tra loro o alitandoci sopra. Nel primo caso è presente anche del lavoro meccanico (dovuto alla forza di attrito tra le due mani), ma nel secondo caso c'è solo scambio di energia sotto forma di calore tra l'aria calda del nostro alito e le mani fredde. Ovvero: abbiamo scambio di energia sotto forma di calore tra un sistema “caldo” ed uno “freddo”. Proviamo a formalizzare questo concetto. Diciamo innanzitutto che due sistemi in “contatto termico” sono in “equilibrio termico” se tra essi non vi è alcuno scambio di energia (né quantità di calore né lavoro meccanico). In altre parole due oggetti sono in equilibrio termico se tra di essi non c'è scambio di calore anche se potrebbe esserci. Possiamo quindi esprimere le considerazioni fatte poco sopra affermando che due oggetti non sono in equilibrio termico quando uno è più caldo o più freddo dell'altro, mentre sono in equilibrio termico quando ciascuno dei due non è né più caldo né più freddo dell'altro. In sintesi possiamo dire che la “temperatura” è, a livello macroscopico, la caratteristica comune a due sistemi termodinamici in “equilibrio termico” tra loro. Tuttavia questa non è, dal punto di vista fisico, una “buona” definizione: non ci permette di associare un valore numerico ed una unità di misura alla temperatura di un sistema termodinamico. Termometri, scale termometriche e misura della temperatura In effetti non abbiamo modo di misurare direttamente la temperatura: quello che facciamo è misurare un'altra grandezza fisica che dipende dalla temperatura. Più precisamente prendiamo un oggetto (termometro) che abbia una caratteristica fisica (può essere la pressione, il volume, la resistenza elettrica, etc.) che dipende fortemente dalla temperatura, lo poniamo in equilibrio termico con l'oggetto di cui vogliamo misurare la temperatura e ne misuriamo la grandezza fisica scelta (la pressione, il volume, la resistenza elettrica, etc.). In tal modo finiremmo con l'avere un gran numero di termometri (termometro a gas perfetto a volume costante, termometro a gas perfetto a pressione costante, termoresistenza al platino, etc.) e di scale termometriche differenti. Per uniformare i risultati delle misure è stata inizialmente adottata la scala termometrica Celsius in “gradi centigradi”: alla temperatura a cui, a pressione ambiente, il ghiaccio fonde viene dato arbitrariamente il valore 0o C , alla temperatura a cui, a pressione ambiente, l'acqua si trasforma in vapore acqueo viene dato arbitrariamente il valore 100o C . Dallo studio del comportamento dei gas perfetti (torneremo più avanti su questo punto) e da altre osservazioni sperimentali si deduce che esiste una temperatura al di sotto della quale non è fisicamente possibile andare. Tale temperatura vale −273.15o C ed è detta lo “zero assoluto”: la temperatura di un oggetto può quindi avere un valore compreso tra −273.15o C e +∞ o C . Se la temperatura ha un limite inferiore perché non ridefinirla in modo da evitare i valori negativi? È propro quello che si fa', nel Sistema Internazionale, definendo la temperatura in Kelvin: T ( in K ) =T ( in °C ) +273.15 , T ( in °C ) =T ( in K ) −273.15 Si noti che le differenze di temperatura hanno lo stesso valore sia se espresse in gradi centigradi che in Kelvin ΔT ( in K ) =Δ T ( in °C ) mentre ciò non è vero con altre scale termometriche: per la scala Fahrenheit, utilizzata nei paesi anglosassoni, 9 5 T ( in °F )= T ( in °C ) +32 , T ( in °C ) = T ( in °F) −32 5 9 9 5 Δ T ( in °F) = Δ T ( in °C ) , Δ T ( in °C )= Δ T ( in °F) 5 9 Legge di stato deli gas perfetti Se racchiudiamo un certo quantitativo di “gas perfetto” in un recipiente con le pareti rigide, possiamo studiarne il comportamento a “volume costante”. Se, invece, lo racchiudiamo in un recipiente con una parete mobile, come un pistone, possimo studiarne il comportamento a “pressione costante”. Per mezzo di un manometro, un termometro ed ovvie misure geometriche possiamo valutare le variazioni di pressione o di volume del gas al variare della sua temperatura. Come per quasi tutte le sostanze (il ghiaccio è una interessante eccezione) aumentando la temperatura, il gas perfetto, a pressione costante, si espande. In particolare per il gas perfetto il volume ha un andamento lineare con la temperatura. Analogamente per un gas perfetto a volume costante la pressione cresce linearmente con la temperatura. Da queste osservazioni sperimentali si ricava la “legge di stato dei gas perfetti” che, nelle unità del Sistema Internazionale (quindi, in particolare, con la temperatura misurata in Kelvin) si esprime come p V =n R T ( in K ) dove n è il numero di moli di gas. Una mole è un modo per misurare le quantità e corrisponde al numero di atomi di 12 C contenuti in 12 g di tale sostanza. In altre parole, una mole è costituita da un 23 numero di oggetti pari al “numero di Avogadro” N A ≃6.022 10 . R=8.314 J/K mol è la “costante universale dei gas perfetti”. Il termine “universale” si riferisce al fatto che il suo valore è lo stesso qualunque sia il gas considerato, a patto che sia abbastanza rarefatto da poterlo considerare un “gas perfetto”. p , V e T sono, rispettivamente, la pressione, il volume e la temperatura del gas. Si noti che il prodotto p V che compare a primo membro della legge di stato dei gas perfetti non può essere negativo (non hanno senso fisico né una pressione né un volume negativi) per cui se questa legge fisica è sperimentalmente confermata se ne deve dedure che le temperature inferiori allo zero assoluto ( 0 K o =−273.15 C ) non sono fisicamente possibili. In effetti le temperature più basse raggiunte in laboratorio sono comunque al di sopra dello zero assoluto. Capacità termica e calore specifico Ponendo due oggetti a temperatura differente e ponendoli in contatto termico si ha spontaneamente trasferimento di energia sotto forma di calore dall'oggeto a temperatura maggiore verso quello a temperatura minore finché i due oggetti ragiungono la medesima temperatura, intermedia tra le due temperature iniziali. Il valore di tale temperatura dipende dalle caratteristiche dei due oggetti. Si trova che la quantità di calore scambiata vale m1 c s1 ( T 1−T f )=m2 c s2 ( T f −T 2) Il primo membro rappresenta la quantità di calore ceduta dal corpo 1 , di massa m1 , a seguito dell'abbassamento della sua temperatura da T 1 a T f ; il secondo membro rappresenta invece la quantità di calore ricevuta dal corpo 2 , di massa m2 , a seguito dell'innalzamento della sua temperatura da T 2 a T f . Le costanti c s1 e c s2 , caratteristiche del materiale di cui sono fatti i due corpi considerati, sono dette “calore specifico”. Il calore specifico si esprime, nel SI, in J/kg K , ma molto spesso si utilizza l'unità non-SI cal/g o C . L'uguaglianza delle due quantità di calore permette di ricavare il valore della temperatura finale di equilibrio T f . La quantità C=m c s (vale, ovviamente, sia per il corpo 1 che per il corpo 2 ) viene detta “capacità termica”. Poiché in termodinamica la quantità di materia si esprime in numero di atomi/molecole (unità: mol ) invece che in massa (unità: kg ) è più conveniente scrivere C=nc m dove cm è detto “calore specifico molare” e si misura in J/molK (unità SI) oppure in cal/mol o C (unità non-SI). Da tener presente che la relazione Q=mc s ( T f −T i ) applicata ad una massa m=1 g o o di acqua con T i =14.5 C e T f =15.5 C costituisce la definizione di caloria, avendo o arbitrariamente fissato il valore c s=1 cal/g C per il calore specifico dell'acqua a o T f =15 C : una caloria è la quantità di energia necessaria a portare la temperatura di 1 g di acqua da 14.5o C a 15.5o C . È necessario specificare il valore iniziale e quello finale e non solo la variazione di temperatura poiché il calore specifico, come tutte le proprietà fisiche, dipendono dalla temperatura.