SE LA FICTION HA DIETRO UNO SCRITTORE 12 aprile 2010 Con “La doppia vita di Natalia Blum” ha preso il via su Raidue la seconda serie di “Crimini”, una collana di gialli italiani d’autore. L’idea (ottima) della collana è di Giancarlo De Cataldo, scrittore e magistrato. Il soggetto del primo telefilm è di Gianrico Carofiglio, scrittore ed anche lui ex magistrato. Ci deve essere qualcosa che spinge i giudici non solo, spesso, verso la politica, ma anche sulle sponde della “giallistica” letteraria e televisiva. Forse è la dimestichezza professionale con il crimine. Evidentemente, un mestiere (quello del giudice) a contatto quotidiano con i reati e fondato sull’inquisizione si apparenta facilmente col racconto, in ispecie con il “giallo”. Un genere che per l’appunto si fonda sul delitto, la ricostruzione dei fatti e dei moventi, l’individuazione dell’assassino. Ne “La doppia vita di Natalia Blum”, la coppia De Cataldo-Carofiglio tenta un’operazione nuova, assai interessante (anche se non del tutto riuscita). Non solo perché la storia del telefilm si intreccia col mondo dell’editoria. Ma perché la “fabbrica dei racconti”, quale è una casa editrice (ma anche un settore della Tv), serve agli autori anche per ricorrere a una sorta di “ipertesto” che accompagna la trama realistica. Mentre si dipana il racconto, si estrinsecano le regole, il senso comune e i linguaggi usati nel racconto stesso. Il protagonista Marco Spinelli (l’attore Emilio Solfrizzi) fa l’editor in una casa editrice romana. Per lanciare il libro che condensa la sua filosofia (dal titolo significativo: “Come scrivere un romanzo e farselo pubblicare”) Spinelli si reca nella natia Bari, ove ha luogo la conferenza stampa di lancio. Qui si imbatte in una giovane assai avvenente e misteriosa (la brava Anita Caprioli) che gli consegna per un giudizio preliminare i primi due capitoli di un romanzo autobiografico e assai morboso, ancora da completare. Da questo spunto originale prende l’avvio tutta la storia, ambientata a Bari e diretta con finezza da Anna Negri. Tuttavia ciò che la regista fa assai bene con gli “esterni” della città, non si può dire che l’autore del soggetto lo faccia per il “contesto” sociale e la “personalità” di Bari. Se la Puglia di oggi è un crogiolo di sviluppo, creatività, economia, affari e malaffare, dal telefilm non si avverte. Il telefilm è interessante come un giallo puro, ma contraddice la regola enunciata all’inizio dall’editor Spinelli: “È il racconto del contesto che rende credibile una storia. Per incredibile che sia…” Stefano Munafò