SPETTROSCOPIA IN LABORATORIO
di Ezio Fornero
Introduzione: perché la spettroscopia nelle scuole medie superiori
L’osservazione di spettri – in particolare, Na e Hg – da parte degli studenti, in particolare dei licei,
dovrebbe essere uno dei punti fermi dell’attività in laboratorio. Anche se non si fanno delle misure
quantitative, e se non si insiste su formule astratte – peraltro trattabili teoricamente in lezioni a ciò
dedicate – l’interesse che l’argomento può suscitare negli studenti, se non altro per l’aspetto estetico
(gli spettri sono belli a vedersi), e i suoi collegamenti con le regioni contigue della Fisica (struttura
dell’atomo, strumentazione ottica, natura della luce…) giustificano pienamente che un po’del
prezioso tempo a disposizione venga dedicato alla contemplazione delle righe spettrali. E questo
non (sol)tanto nei Licei scientifici, ma anche – e forse soprattutto – nei classici e nei linguistici,
dove c’è meno spazio per la teoria e per le formule, qualora sussista curiosità verso l’osservazione
dei fenomeni naturali.
Come integrare spiegazioni e osservazioni
Personalmente, ho inserito l’osservazione spettroscopica all’interno di una lezione in laboratorio
della durata di almeno due ore, per classi del liceo scientifico e del liceo linguistico, con modalità
poco differenti, integrando osservazioni collettive di fenomeni ottici, interpretazioni teoriche e
l’osservazione individuale degli spettri. Lo schema è, a grandi linee, il seguente:
Si inizia introducendo l’argomento – la struttura della luce e la natura dei colori. Questi sono
componenti della luce visibile – si deve chiarire che si tratta solo di separarli, rifacendoci al
fenomeno della dispersione ottica.
Si illustrano brevemente gli strumenti che operano tale separazione, cioè i prismi e i reticoli. È
opportuno introdurre o rivedere il concetto di passo di un reticolo.
Nella prima parte esaminiamo brevemente gli spettri continui ottenuti col prisma e col reticolo,
senza l’uso dello spettroscopio. Si usa la luce di un proiettore, e la si fa passare attraverso un prisma
e poi un reticolo; è bene regolare la focale del proiettore in modo che l’immagine della sorgente
sullo schermo sia nitida. Prisma di Amici. Si proietta lo spettro del prisma su uno schermo
riflettente (un foglio di cartone bianco appeso al muro) e osservare che il rosso è meno deviato
rispetto al violetto.
Segue l’osservazione dello spettro ottenuto facendo passare la luce del proiettore attraverso il
reticolo (ho usato quello da 300 linee/mm). Si spiega brevemente come funziona, o, meglio, si
richiamano i principi della diffrazione e dell’interferenza (massimo centrale, i massimi laterali…)
Si prendono in considerazione le differenze tra i due spettri (l’ordine dei colori, ecc.). È bene
eseguire le osservazioni al buio. Non bisogna esagerare con le spiegazioni teoriche, che possono
risultare noiose; bisogna accompagnarle alle osservazioni, motivandole come spiegazione di ciò
che si vede. Io mi sono limitato agli aspetti essenziali dell’ottica fisica; non ho fatto richiami
all’ottica geometrica, anche se questa sarebbe implicata nell’analisi dello spettroscopio, sia per
ragioni di tempo, sia perché la discussione di troppi argomenti teorici in laboratorio risulterebbe
ala lunga pesante e diminuirebbe il grado di attenzione del “pubblico”.
Esaurita l’illustrazione degli spettri continui, si fa riferimento al fatto che gli spettri ottenibili con
lampade spettroscopiche sono spettri discreti. Spiegare sinteticamente il principio di funzionamento
di una lampada spettroscopica, farla vedere in funzione non schermata. Spiegare la natura discreta
dello spettro in relazione alla struttura discreta dei livelli di energia (atomo di Bohr, quanti di luce,
legge di Planck) ed evidenziare come storicamente l’idea del modello discreto dei livelli energetici
dell’atomo deriva dalle osservazioni spettroscopiche.
Ezio Fornero – Spettroscopia in laboratorio – 1/13
http://www.superzeko.net – Per espressa volontà dell’autore, questo testo è liberamente utilizzabile per fini personali o didattici.
Qualora tuttavia dovesse essere riprodotto su un sito web o in una pubblicazione, si prega di citare la fonte.
A questo punto, dopo aver ben chiarito che esiste una precisa relazione tra gli spettri discreti e la
struttura degli atomi e delle molecole, si può passare alle osservazioni individuali dello spettro del
Na o Hg.
Sorgenti luminose – caratteristiche della luce prodotta
Si usa una lampada spettroscopica. Si tratta essenzialmente di un recipiente di vetro o di quarzo
contenente un aeriforme a bassissima pressione (vapori di Hg, di Na, Ne, He ecc) e nel quale
penetrano due elettrodi (cioè due poli conduttori). Applicando a questi una tensione elettrica
sufficientemente elevata, si produce nell’aeriforme una scarica elettrica che lo rende luminoso.
Il meccanismo è a grandi linee il seguente. Il gas all’interno della lampada contiene una piccola
percentuale di particelle cariche (ioni positivi e negativi, ed elettroni liberi) che, sotto l’effetto della
tensione elettrica applicata, acquistano velocità e quindi energia cinetica (gli ioni positivi si
muovono verso il catodo, cioè l’elettrodo negativo, quelli negativi e gli elettroni verso l’anodo, che
è positivo). Queste particelle, se hanno acquistato sufficiente velocità, urtando le particelle
elettricamente neutre, trasferiscono agli ele ttroni esterni di queste una energia bastante per estrarne
un elettrone e ionizzarle; lo ione positivo e l’elettrone separati dall’urto si aggiungono alle cariche
già presenti e contribuiscono al meccanismo della scarica. Se la velocità acquistata non è sufficiente
per produrre la ionizzazione, ma è abbastanza elevata, l’urto trasferisce energia agli elettroni esterni,
che si “eccitano” e, dopo un brevissimo intervallo di tempo, rilasciano l’energia acquistata sotto
forma di radiazione luminosa. La luce osservata trasporta l’energia associata alle diseccitazione
degli elettroni eccitati dalla scarica elettrica. La radiazione è quindi dovuta alla somma di tante
componenti (dette “quanti di luce”) ciascuna delle quali dovuta a un singolo evento di
diseccitazione, cioè al passaggio di un elettrone da un livello di energia più alto a uno più basso.
Secondo la meccanica quantistica, l’energia E associata a un singolo quanto è collegata alla sua
frequenza ν ?dalla legge di Planck , in base alla quale
E
=
hν
dove “h” è la “costante di Planck”, che vale 6,62⋅10 -34 J ⋅ s . La lunghezza d’onda λ della luce e la
sua frequenza ν sono inversamente proporzionali, in base alla relazione
c
λ
=
ν
Quindi i “quanti” più energetici corrispondono alle lunghezze d’onda minori, cioè al blu, al violetto
e all’ultravioletto (non visibile), mentre quelli di frequenza minore sono associati al rosso e
all’infrarosso (quest’ ultimo non visibile).
Dato che la struttura dei livelli energetici degli elettroni nelle sostanze allo stato gassoso è discreta –
secondo uno schema che generalizza il modello di Bohr – anche l’insieme di tutte le possibili
transizioni da un livello più eccitato a un livello meno energetico è discreto, e quindi lo sono anche
le energie e le lunghezze d’onda che costituiscono la radiazione. Inoltre, dato che la struttura dei
livelli di energia negli atomi e nelle molecole dipende dalla configurazione elettronica, che è
caratteristica della particolare sostanza esaminata, ne segue che ad ogni elemento composto, allo
stato aeriforme, è associato un particolare insieme di componenti osservate (detto lo “spettro” della
radiazione). Quindi, dallo spettro luminoso osservato si risale alla natura della sostanza
luminescente, e anche alla sua struttura elettronica.
Struttura dello spettroscopio
Per esaminare lo spettro, bisogna poter osservare separatamente le sue componenti. Per questo
servono uno strumento che trasformi il fascio di luce origine, cioè prodotto dalla sorgente luminosa,
in un insieme di raggi con direzione di propagazione dipendente dalla λ?, e un cannocchiale che
permetta all’osservatore di vedere chiaramente, in posizioni diverse, le componenti dello spettro.
Per separare queste singole componenti nello spazio, la luce emessa dalla sorgente deve passare
attraverso una fenditura, disposta verticalmente rispetto all’osservatore, piuttosto stretta (c.ca 1/10
Ezio Fornero – Spettroscopia in laboratorio – 2/13
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mm o anche meno) e deve essere collimata, cioè trasformata in un insieme di raggi paralleli, da una
lente convergente. La fenditura deve trovarsi nel fuoco della lente convergente (“collimatore”). La
luce collimata quindi viene fatta passare attraverso un prisma, oppure attraverso un reticolo di
diffrazione, ottenendo la separazione delle componenti; la radiazione a questo punto viene raccolta
dall’obiettivo del cannocchiale, e infine, attraverso l’oculare, è visibile all’osservatore. Le
componenti separate appaiono come immagini un po’ ingrandite della fenditura, cioè come righe
verticali rispetto all’osservatore, e quindi si parla di righe dello spettro. Il cannocchiale non serve
per separare fisicamente le singole componenti, ma ottimizza la visione dello spettro, distanziandole
nello spazio.
Si può utilizzare uno spettroscopio di quelli usualmente in dotazione ai laboratori di Fisica, che
sono per lo più a bassa dispersione (cioè permettono di vedere contemporaneamente tutte le righe
visibili, e di metterle tutte a fuoco, ma in compenso la separazione è ridotta; p.es. è difficile, o
impossibile, distinguere le due righe D gialle del Na, e sono poco o nulla visibili le righe più
deboli).
Per avere una migliore dispersione, rinunciando a vedere tutto lo spettro simultaneamente, ho
realizzato, con gli strumenti a disposizione del laboratorio, uno spettroscopio a media dispersione
che utilizza un reticolo di 590 linee/mm, col quale le due righe gialle del Na appaiono ben distinte.
Tale strumento è in linea di principio costruibile dal docente, se dispone di un numero sufficiente di
lenti, del reticolo e di un banco ottico.
Costruzione dello spettroscopio
Ho utilizzato il seguente materiale:
Alimentatore per lampade spettroscopiche, con portalampada, alimentato con tensione di rete 220 V
Lampade spettroscopiche Osram (Na, Hg, He…) con ampolla di quarzo (Ho utilizzato una lampada
al Na)
Lenti sferiche di vetro, montate su portalenti con asta metallica di sostegno fissati in cavalierini
scorrevoli sui banchi ottici
2 banchi ottici Phywe : una sbarra di acciaio lunga 100 cm a profilo pentagonale, suddivisa in mm,
e una sbarra di 57 cm con giunto girevole anch’essa millimetrata e a profilo pentagonale
Fenditure micrometriche verticali montate su schermo girevole ad apertura regolabile mediante una
vite
Sostegni con morsa per banco ottico, e per congiungere i due banchi ottici
Reticolo a 590 linee/mm
Lo schema è il seguente:
S = sorgente luminosa;
F = fenditura;
C = lente collimatrice (convergente; focale = + 10 cm);
G = giunzione tra i due banchi
ottici;
R = reticolo di diffrazione;
SN = snodo, intorno cui ruotare il cannocchiale;
Ob = obiettivo (convergente; focale = + 10 cm); D = lente di controllo (divergente, - 5 cm) ;
Oc = oculare (convergente, + 5cm).
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La fenditura F deve essere molto vicina alla sorgente S, in modo da raccogliere quanta più energia
è possibile. In teoria, la distanza tra il collimatore C e il reticolo R è arbitraria. Lo snodo SN
permette di orientare il cannocchiale rispetto alle diverse direzioni dei raggi in uscita dal reticolo.
La lente di controllo D può essere traslata lungo il cannocchiale, per mettere a fuoco le singole
righe dello spettro.
Se le lenti fossero otticamente perfette, lo sperimentatore osserverebbe le righe tutte messe a fuoco
contemporaneamente. Tuttavia, le lenti sferiche, anche se geometricamente perfette, presentano due
tipi di aberrazioni ottiche, vale a dire difetti ineliminabili in quanto dovuti alla loro forma:
l’aberrazione cromatica e quella di sfericità. La prima consiste nel fatto che il fuoco delle lenti non è
lo stesso per tutte le lunghezze d’onda. In un sistema di tre lenti convergenti, le aberrazioni
cromatiche si sommano, e quindi non è possibile mettere a fuoco contemporaneamente tutte le righe
dello spettro. Inoltre, non tutti i raggi passano attraverso il centro delle lenti, e non tutti possono
essere paralleli all’asse ottico del cannocchiale. Per correggere in parte questi difetti, si può inserire
tra l’oculare e l’obiettivo del cannocchiale una lente divergente “di controllo” che può venire
spostata verso l’oculare o l’obiettivo, a seconda della particolare riga che si vuole mettere a fuoco.
Inoltre, bisogna considerare che lo spettroscopio è a media dispersione , cioè la “distanza” visuale
tra le righe visibili estreme (rosso e violetto) supera il campo dell’oculare: quindi non è possibile
visualizzare contemporaneamente tutte le righe, ma bisogna ruotare l’asse del cannocchiale intorno
a uno snodo posto tra il reticolo e l’obiettivo, in modo da avere nel centro dell’oculare la riga che si
vuole osservare.
Per quanto riguarda il montaggio dello spettroscopio: l’operazione richiede un po’ di tempo. Si deve
porre attenzione alla posizione esatta del reticolo: il piano su cui giace il reticolo deve passare per lo
snodo intorno al quale può ruotare il braccio del banco ottico snodabile, e deve essere
perpendicolare al banco ottico su cui è montata la sorgente; se il reticolo non è ben posizionato sarà
difficile ottenere delle immagini nitide. È ovvio che i piani delle lenti devono essere il più possibile
perpendicolari al banco ottico. Io ho usato una lente convergente con focale = +10 cm per collimare
la luce trasmessa dalla fenditura posta davanti alla sorgente; in tal caso, la distanza tra il collimatore
C e tale fenditura F dovrà essere di 10 cm. In ogni caso, è bene controllare che il fascio luminoso
sia ben collimato: dopo aver montato lampada, fenditura e lente collimatrice, si può porre uno
schermo riflettente davanti al collimatore e spostarlo di alcuni cm avanti e indietro; l’immagine
riflessa sullo schermo deve mantenere dimensioni (quasi) costanti ed essere nitida. La fenditura non
deve essere troppo aperta. Ho sistemato sorgente, fenditura e collimatore sul banco ottico più lungo;
la distanza tra collimatore e reticolo è teoricamente arbitraria, negli strumenti da me costruiti era
compresa tra 10 e 15 cm.
Per quanto riguarda il cannocchiale, è bene procedere empiricamente: posizionare l’oculare (ho
usato una lente convergente da +5 cm) all’estremità del banco snodabile più lontana dal reticolo, e
l’obiettivo (convergente + 10) fisso più vicino al reticolo, a una distanza di pochi cm; bisogna
anzitutto sistemare la lente divergente di focale –5 cm (che mette a fuoco le immagini della
fenditura) in modo che siano ben visibili e nitide alcune righe dello spettro. Il mio metodo è quello
di tarare lo strumento in modo da ottimizzare la visione delle righe gialle del Na. Questa operazione
richiede un po’ di tempo, ma deve ritenersi compiuta solo quando le due righe D del Na appaiono
ben visibili, distinte e senza troppe sbavature. La qualità dell’immagine dipende dall’orientamento
di tutte le lenti e da quello della fenditura, e si deve procedere a tentativi finchè non si è soddisfatti
del risultato. Si tenga presente che lo spettro è visibile lateralmente rispetto alla direzione del banco
ottico contenente la sorgente, quindi bisogna cercare anzitutto di determinare sperimentalmente
l’angolo di rotazione del braccio snodabile per cui l’immagine delle righe gialle è al centro
dell’oculare. Lo spettro che generalmente si osserva è quello del primo ordine (il reticolo genera più
spettri), e lo si trova facilmente facendo ruotare il braccio snodabile a partire dalla direzione
Ezio Fornero – Spettroscopia in laboratorio – 4/13
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allineata col banco ottico contenete la sorgente indifferentemente verso destra o sinistra. Una volta
riuscita l’ottimizzazione delle righe gialle del Na, le altre righe si vedono ruotando il braccio
snodabile; per metterle a fuoco, si deve spostare la lente divergente D, che serve a modificare la
focale dell’obiettivo del cannocchiale: infatti, utilizzando lenti sferiche si hanno aberrazioni
cromatiche longitudinali e la lente D serve appunto a correggere questo problema. Avvicinando D
all’obiettivo si mettono a fuoco le lunghezze d’onda più corte, avvicinandola all’oculare il rosso.
Più oltre ho inserito ulteriori dettagli tecnici sulla costruzione del cannocchiale.
Reticolo di diffrazione (cenno)
Il reticolo non produce un solo spettro, ma una serie di spettri, a destra e a sinistra di un massimo
centrale, che è la figura di diffrazione generata dalla luce che non viene deviata e che quindi
riunisce tutte le componenti.
Il reticolo può essere immaginato come uno schermo opaco nel quale è incisa una serie di fenditure
parallele, disposte verticalmente rispetto all’osservatore, estremamente sottili, attraverso cui la luce
viene trasmessa con una forte diffrazione. La distanza tra due fenditure contigue è detta passo del
reticolo ed è la grandezza che definisce il suo potere separatore, cioè la capacità di distinguere in
raggi separati le componenti con lunghezze d’onda quasi uguali. Infatti il potere separatore è
inversamente proporzionale al passo del reticolo. Nel nostro caso il reticolo reca 590 fenditure per
0,001
metri
mm, quindi il passo è c.ca
I= 1,695⋅10-6
. I raggi convergenti su uno schermo
590
riga
“lontano” dal piano del reticolo producono un massimo se formano interferenza costruttiva, cioè se
la differenza dei percorsi è un multiplo intero della lunghezza d’onda. Detta d la differenza dei
percorsi e p il passo del reticolo, si ha l’equazione
N λ = p sinθ
Essendo θ l’angolo di deviazione dei raggi (se lo schermo è lontano rispetto alle dimensioni del
reticolo, questi sono quasi paralleli e θ ?è lo stesso per tutti i raggi). Nell’esperimento lo schermo è
in realtà la superficie della lente che funge da obiettivo.
Nella figura, A e B sono le fenditure del reticolo, M0 e M1 sono rispettivamente il massimo centrale e il primo
massimo laterale su uno schermo parallelo al reticolo. L’angolo di deviazione è KAM1 = ABH . La differenza dei
percorsi ottici dei raggi quasi paralleli consecutivi è AH = AB sin (ABH), cioè p sin θ .
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Noi osserviamo le righe del massimo destro del primo ordine, che corrisponde a N = 1. Quindi si
λ
ha sin θ =
, da cui si capisce che sin θ??cioè ?θ ?aumenta se p diminuisce; in pratica ciò
p
significa che il potere separatore aumenta se diminuisce il passo del reticolo, cioè se aumenta il
numero delle fenditure contenute in un mm.
Ne consegue che l’energia luminosa viene distribuita nello spazio in modo non uniforme, e ogni
lunghezza d’onda corrisponde a una diversa serie di massimi e minimi di intensità.
Esempi di spettri
Spettro del Na
A destra il rosso, a sinistra il violetto – la seconda riga da destra è il doppietto giallo del Na, nel
quale è concentrata la maggior parte dell’energia radiante. È simile allo spettro dell’ H.
Le due righe gialle corrispondono a 589,0 e a 589,6 nm (1 nm = 10-9 m) e sono quindi “separate”
da 0,6 nm.
Spettro del Hg il rosso a destra, il violetto a sin.
APPROFONDIMENTI
A) cannocchiale
La scelta delle lenti che compongono il cannocchiale dipende dall’ingrandimento che si vuol
ottenere. Con grandi ingrandimenti, è possibile ottenere una migliore separazione spaziale delle
righe; con piccoli ingrandimenti è possibile esaminare una maggior parte del campo visibile.
Nel primo caso può andar bene la combinazione sopra proposta: oculare = +10 cm , obiettivo +5,
lente di controllo -5.
Nel secondo caso, si può utilizzare una divergente -10 cm come lente di controllo.
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Semplificando al massimo, i raggi uscenti dal reticolo R corrispondenti a una data lunghezza
d’onda λ sono (quasi) paralleli e vengono fatti convergere in un punto A sul piano focale dell’
obiettivo Ob. Detto α l’angolo che i raggi λ formano con l’asse ottico, deve essere AFF =
f 1 tanα dove f 1 è la distanza focale dell’obiettivo. Nel cannocchiale composto regolabile,
l’obiettivo è in realtà costituito da due lenti (la lente convergente e la lente divergente di controllo)
per rimediare all’aberrazione cromatica. L’oculare funziona come una lente d’ingrandimento
applicata all’immagine reale dello spettro che si forma nel piano focale dell’obiettivo composto.
Se consideriamo due raggi di deviazione α e α + δα, i rispettivi punti- immagine saranno
distanziati di f 1 (tan(α+δα) − tanα) ≈ f 1 δα2 . Se, in base alla teoria elementare della lente di
cos α
25
ingrandimento, ammettiamo per l’oculare un potere di ingrandimento =
dove f2 è la sua
f2
focale in cm, la distanza apparente misurata dall’osservatore tra due righe separate da un angolo
δα risulta essere (in cm)
f δα
25 1
(1)
f 2 cos 2 α
Per “distanza apparente” intendo la distanza che separerebbe due righe disegnate a 25 cm
dall’occhio dell’osservatore, in modo da apparire all’occhio posizionato proprio davanti
all’oculare così come sono effettivamente viste. In realtà le righe osservate sono immagini
all’infinito.
La focale dell’obiettivo composto è data dalla formula
1
1
1
D
=
+
−
f
fA fB f A fB
Dove f A e f B sono le focali delle due lenti componenti (nel nostro caso, f B è negativa) e D è la
loro distanza.
L’angolo
δα si
ottiene
dalla
relazione
δλ
δλ = pcosα δα ⇒ δα =
p cos α
Se si sostituisce nella (1), si ottiene la formula
del
reticolo:
λ = psinα
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⇒
f1
δλ
( in cm)
(2)
f 2 p cos 3 α
per la distanza apparente tra due linee di lunghezza d’onda λ e λ + δλ.
25
Ιn realtà, l’aberrazione cromatica della lente collimatrice che dovrebbe trasformare in raggi
paralleli la luce uscente dalla fenditura implica che gli angoli di deviazione per i vari colori siano
un poco diversi da quelli previsti. In pratica, la distanza D tra la lente convergente dell’obiettivo e
la lente divergente di controllo deve essere regolata in modo da ottimizzare la visione delle singole
righe, quindi è funzione empirica della λ.
La lunghezza L del cannocchiale, f 1 + f2 , è arbitraria ed è la variabile che di fatto decide
l’ingrandimento ottenibile. Infatti f 2 è una costante (p.es. , +5 cm) , mentre f 1 è funzione della
distanza D. Poiché l’obiettivo composto deve essere convergente, la distanza D deve soddisfare
la disequazione
1
1
D
+
−
> 0
fA fB f A fB
Cioè D > f A + fB (si ricordi che f B < 0 ! ).
Nello strumento da me utilizzato le focali erano +10 e -5, quindi era sempre D > 5 cm. Il potere
convergente dell’obiettivo composto infatti è funzione decrescente della D.
È chiaro dalla formula (2) che il potere di ingrandimento dello strumento dipende in modo critico
dal cosα , essendo funzione crescente dell’angolo di deviazione, in modo da esaltare, in un singolo
spettro, le righe di maggiore lunghezza d’onda.
°
Prendendo come riferimento la riga gialla del Na di 5890 A , si ha in corrispondenza un angolo di
deviazione (per il massimo del primo ordine) = 0,355 rad ⇒ cosα = 0,9377 ⇒
cos3 α
=
°
1mm
0,8244 . Se si assume p =
, f 2 = 5 cm e δλ = 1 A , si ha una separazione lineare
590
apparente = 0,000358 f 1 (in cm.). Se ipotizziamo una focale dell’oculare composto = 30 cm,
°
abbiamo 0,010735 cm, cioè c.ca un decimo di mm. La separazione delle due righe del Na è di 6 A ,
quindi c.ca mezzo mm alla distanza di 25 cm dall’osservatore.
B) Potere dispersivo del reticolo di diffrazione
È la grandezza che più ci interessa, perché quantifica la capacità del reticolo di separare le diverse
dθ
lunghezze d’onda. Esso è definito come
, essendo θ l’angolo sotto cui è deviata la radiazione di
dλ
lunghezza d’onda λ (nell’ipotesi di incidenza normale al piano del reticolo). Dalla relazione
fondamentale mλ = psin θ che definisce i massimi dell’energia diffratta si ottiene
dθ
m
=
,
dλ
p cos θ
essendo m l’ordine del massimo. È evidente che il potere dispersivo è maggiore se il passo è
piccolo, e se l’angolo di deviazione è grande (verso i 90°). Ciò consiglierebbe di lavorare sui
massimi di ordine superiore, ma bisogna considerare che la percentuale di energia radiante di questi
massimi è decrescente all’aumentare del numero d’ordine, cioè l’energia si concentra soprattutto nel
massimo centrale non devia to e in quello di primo ordine.
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C) Larghezza delle linee spettrali
La separazione delle lunghezze d’onda dipende però anche dalla larghezza dei massimi. La
separazione delle righe è migliore se le righe sono molto sottili. Si adotta il criterio di Rayleigh per
cui due linee adiacenti sono separate (distinguibili) quando il massimo di una delle due si
sovrappone al primo minimo dell’altra, e ovviamente quando la distanza tra i due massimi è
superiore a questo caso limite. Ciò significa che la distanza angolare tra due massimi adiacenti deve
essere almeno uguale alla metà della distanza tra i due minimi adiacenti a un massimo, che ne
rappresenta la “larghezza”. Tale “larghezza” δθ dipende dal numero N delle linee del reticolo
attraversate dalla luce, secondo la relazione
2λ
δθ =
Np cos θ
da cui si deduce che il potere separatore aumenta se il numero delle fenditure del reticolo
attraversate dalla radiazione è grande. In pratica Np è la larghezza della superficie del reticolo
attraversata dalla radiazione, che è dell’ordine di qualche mm. Assumendo 1 mm, il calcolo
o
fornisce, per le righe gialle del Na (λ = 5900 A , p = 1 mm/590 linee, cos θ = 0,9377) il valore
o
di 0,00126 rad, cioè 4 ‘ 19 ‘’ . La distanza tra le due righe D del Na è 6 A , che con lo stesso
1
⋅ 6 ⋅ 10 −10 =
reticolo e al massimo del primo ordine implica una distanza angolare =
0,001
(
) ⋅ 0,9377
590
3,775 10-4 rad = 1’ 12’’. Le due righe del Na sono quindi separabili, con un reticolo di 590
linee/mm, posto perpendicolarmente al pennello incidente, solo se si riesce a illuminarlo per una
estensione di almeno 2 mm. Nel dispositivo da me usato le due righe sono chiaramente separate nel
massimo di primo ordine.
1 δθ
In generale, detto ∆θ la distanza tra i due massimi e δθ la loro larghezza, deve essere
< 1,
2 ∆θ
λ
cioè
< 1 . Ciò porta a considerare il potere risolutivo cromatico del reticolo, cioè il
Nmδλ
λ
rapporto
tra lunghezza d’onda e differenza tra lunghezze d’onda appena separabili dallo
δλmin
λ
strumento. La condizione di separazione al primo ordine implica quindi che N >
, che, nel
δλmin
caso del doppietto D del sodio, significa N > 987, indipendentemente dal passo del reticolo.
D) Distribuzione angolare dell’ intensità di radiazione
Applichiamo la teoria di diffrazione di campo remoto, nel caso di un sistema di N fenditure
rettangolari, di periodicità (passo) p e di ampiezza a . Detta I l’intensità di radiazione in funzione
dell’angolo di deviazione θ , si ottiene
π
π
sin 2 ( a sin θ ) sin 2 ( Np sin θ )
λ
λ
I(θ) =
Ι(0)
⋅
(2)
π
2
2 π
( a sin θ )
sin ( p sin θ )
λ
λ
Il primo fattore, contente l’ampiezza delle fenditure, fornirebbe l’intensità della radiazione a grandi
mλ
distanze se la fenditura fosse una sola. Si annulla per sin θ =
e quindi solo se λ < a . In ogni
a
sin 2 x
caso, la funzione
decresce a partire da x = 0 (il massimo centrale) fino a x = π ; quindi,
x2
all’aumentare di θ , la visibilità delle righe diminuisce.
Ezio Fornero – Spettroscopia in laboratorio – 9/13
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Qualora tuttavia dovesse essere riprodotto su un sito web o in una pubblicazione, si prega di citare la fonte.
Il secondo fattore fornisce i massimi e i minimi. Consideriamo F =
sin 2 Nx
, e la derivata
sin 2 x
2 sin( Nx)[ N sin x cos( Nx) − cos x sin( Nx)]
. Per x = m π si ha il massimo = N2 . Quindi i massimi
sin 3 x
si ottengono per p sinθ = m λ , confermando il risultato della teoria elementare del reticolo. La
ma
sin 2 ( π )
p
loro intensità è data da IMAX = I0 N2
.
ma 2
( π)
p
mλ
, con m
Np
non multiplo di N. Gli angoli di minimo sono quindi molto più numerosi rispetto a quelli di
massimo prima calcolati.
Annullando il numeratore con sin2 x ≠ 0 , si ottiene la serie dei minimi per sinθ =
In realtà altri punti di massimo (massimi secondari) si ottengono dall’equazione
Nsinx cos(Nx) – cosx sin(Nx) = 0 . Questi massimi non sono di fatto visibili e sono ovviamente
compresi tra due minimi consecutivi.
LUNGHEZZE D’ONDA E ANGOLI DI DEVIAZIONE
CON UN RETICOLO DI 590 LINEE/mm
LUNGH ONDA
in Å
3900
4000
4100
4200
4300
4400
4500
4600
4700
4800
4900
5000
5100
5200
5300
5400
5500
5600
5700
5800
5900
6000
6100
6200
6300
6400
SENO
ANGOLO RAD
0,2301
0,232180439
0,236
0,238247508
0,2419
0,244323529
0,2478
0,250408769
0,2537
0,256503495
0,2596
0,262607979
0,2655
0,268722498
0,2714
0,27484733
0,2773
0,280982758
0,2832
0,287129071
0,2891
0,293286559
0,295
0,299455519
0,3009
0,305636251
0,3068
0,31182906
0,3127
0,318034256
0,3186
0,324252154
0,3245
0,330483075
0,3304
0,336727344
0,3363
0,342985292
0,3422
0,349257257
0,3481
0,35554358
0,354
0,361844613
0,3599
0,368160709
0,3658
0,374492232
0,3717
0,380839551
0,3776
0,387203042
Ezio Fornero – Spettroscopia in laboratorio – 10/13
ANGOLO GRADI
13,30296
13,65058
13,99871
14,34737
14,69657
15,04633
15,39666
15,74759
16,09913
16,45128
16,80408
17,15754
17,51167
17,86649
18,22202
18,57828
18,93529
19,29306
19,65161
20,01097
20,37115
20,73217
21,09405
21,45682
21,8205
22,1851
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6500
6600
6700
6800
6900
7000
7100
7200
7300
7400
7500
7600
7700
7800
7900
8000
0,3835
0,3894
0,3953
0,4012
0,4071
0,413
0,4189
0,4248
0,4307
0,4366
0,4425
0,4484
0,4543
0,4602
0,4661
0,472
0,39358309
0,399980086
0,406394429
0,412826528
0,419276799
0,425745669
0,432233571
0,43874095
0,445268261
0,451815969
0,45838455
0,46497449
0,471586289
0,478220457
0,484877519
0,49155801
22,55065
22,91717
23,28469
23,65322
24,02279
24,39343
24,76516
25,138
25,51199
25,88715
26,2635
26,64108
27,0199
27,40001
27,78144
28,1642
LUNGHEZZE D’ONDA E ANGOLI DI DEVIAZIONE
CON UN RETICOLO DI 300 LINEE/mm
LUNGH ONDA
SENO
ANGOLO RAD
ANGOLO GRADI
3900
4000
4100
4200
4300
4400
4500
4600
4700
4800
4900
5000
5100
5200
5300
5400
5500
5600
5700
5800
5900
6000
6100
6200
6300
6400
6500
6600
6700
0,117
0,12
0,123
0,126
0,129
0,132
0,135
0,138
0,141
0,144
0,147
0,15
0,153
0,156
0,159
0,162
0,165
0,168
0,171
0,174
0,177
0,18
0,183
0,186
0,189
0,192
0,195
0,198
0,201
0,117269
0,12029
0,123312
0,126336
0,12936
0,132386
0,135413
0,138442
0,141471
0,144502
0,147535
0,150568
0,153603
0,15664
0,159678
0,162717
0,165758
0,1688
0,171845
0,17489
0,177937
0,180986
0,184037
0,18709
0,190144
0,1932
0,196257
0,199317
0,202379
6,718995
6,892103
7,065273
7,238508
7,41181
7,58518
7,75862
7,932131
8,105716
8,279376
8,453112
8,626927
8,800821
8,974798
9,148857
9,323002
9,497234
9,671555
9,845966
10,02047
10,19507
10,36976
10,54455
10,71944
10,89443
11,06952
11,24472
11,42003
11,59544
Ezio Fornero – Spettroscopia in laboratorio – 11/13
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Qualora tuttavia dovesse essere riprodotto su un sito web o in una pubblicazione, si prega di citare la fonte.
6800
6900
7000
7100
7200
7300
7400
7500
7600
7700
7800
7900
8000
0,204
0,207
0,21
0,213
0,216
0,219
0,222
0,225
0,228
0,231
0,234
0,237
0,24
0,205442
0,208508
0,211575
0,214644
0,217716
0,220789
0,223865
0,226943
0,230023
0,233105
0,23619
0,239277
0,242366
11,77097
11,9466
12,12235
12,29822
12,4742
12,6503
12,82653
13,00288
13,17935
13,35595
13,53268
13,70955
13,88654
LUNGHEZZE D’ONDA E ANGOLI DI DEVIAZIONE
CON UN RETICOLO DI 100 LINEE/mm
LUNGH ONDA
SENO
ANGOLO RAD
ANGOLO GRADI
3900
4000
4100
4200
4300
4400
4500
4600
4700
4800
4900
5000
5100
5200
5300
5400
5500
5600
5700
5800
5900
6000
6100
6200
6300
6400
6500
6600
6700
6800
6900
0,039
0,04
0,041
0,042
0,043
0,044
0,045
0,046
0,047
0,048
0,049
0,05
0,051
0,052
0,053
0,054
0,055
0,056
0,057
0,058
0,059
0,06
0,061
0,062
0,063
0,064
0,065
0,066
0,067
0,068
0,069
0,03901
0,040011
0,041011
0,042012
0,043013
0,044014
0,045015
0,046016
0,047017
0,048018
0,04902
0,050021
0,051022
0,052023
0,053025
0,054026
0,055028
0,056029
0,057031
0,058033
0,059034
0,060036
0,061038
0,06204
0,063042
0,064044
0,065046
0,066048
0,06705
0,068053
0,069055
2,235102
2,292443
2,349786
2,407131
2,464478
2,521828
2,579181
2,636536
2,693894
2,751255
2,808618
2,865984
2,923353
2,980725
3,0381
3,095478
3,152859
3,210243
3,26763
3,325021
3,382415
3,439813
3,497214
3,554618
3,612026
3,669438
3,726853
3,784272
3,841695
3,899122
3,956553
Ezio Fornero – Spettroscopia in laboratorio – 12/13
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7000
7100
7200
7300
7400
7500
7600
7700
7800
7900
8000
0,07
0,071
0,072
0,073
0,074
0,075
0,076
0,077
0,078
0,079
0,08
0,070057
0,07106
0,072062
0,073065
0,074068
0,07507
0,076073
0,077076
0,078079
0,079082
0,080086
4,013987
4,071426
4,128869
4,186316
4,243767
4,301222
4,358682
4,416146
4,473615
4,531088
4,588566
Ezio Fornero – Spettroscopia in laboratorio – 13/13
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