buddhismo - Liceo Galvani

annuncio pubblicitario
BUDDHISMO
STORIA
Il Buddha, il cui nome era Siddharta Gautama, nacque nel 563 a.C. nell'India nordorientale, in un boschetto,
durante il viaggio che doveva portare la regina Maya, moglie del capo del clan degli Sakya (per questo
chiamato anche Shakyamuni), a partorire il primo figlio nella casa paterna, secondo la tradizione del tempo.
Siddharta viveva nell'agio presso il palazzo del padre, seguendo l'educazione necessaria a divenire, un
giorno, re di una regione che corrisponde all'incirca all'attuale Nepal.
A ventinove anni, il principe Siddharta rimase molto impressionato e turbato dopo l’incontro con persone
che stavano vivendo l'esperienza della malattia, della vecchiaia e della morte. Allo stesso modo rimase
profondamente ammirato dalla serenità mostrata da un saggio eremita. Maturando tali esperienze, il
principe Siddharta realizzò la precarietà e la temporaneità del suo stato di agio e abbandonò la sua casa, gli
abiti meravigliosi, le ricchezze, la moglie e il figlio e tutte le sue pretese al trono del padre e si sottopose a
ciò che i buddhisti chiamano il “Grande Viaggio”, in cerca di una soluzione definitiva alle grandi sofferenze
del mondo. Intraprese in tale ricerca diverse pratiche spirituali ed incontrò molti maestri, finché,
insoddisfatto di quanto sperimentato, vedendo che non erano sufficienti a raggiungere l'illuminazione,
ricercò la sua via: una via di mezzo tra l’estremo ascetismo (vivere solitari, privi di piaceri mondani,
dedicandosi alla meditazione religiosa) e una vita legata ai piaceri dei sensi. Fu come risultato di questa
ricerca che una sera, all' età di trentacinque anni, meditando sotto un albero, poi conosciuto come l’albero
della Bodhi (un fico) presso Bodh Gaya (nell'attuale regione del Bihar, in India), il principe Siddharta
raggiunse lo stato dell'Illuminazione, lo stato di completa e profonda saggezza, al di là di ogni sofferenza. Da
quel giorno fu noto come il Buddha, il Risvegliato o l’Illuminato.
Dopo l'Illuminazione il Buddha diede il suo primo insegnamento a Varanasi, noto come "Le Quattro Nobili
Verità". Da quel momento passò la sua vita ad insegnare come raggiungere il suo stato di Illuminato ad
innumerevoli persone.
Fondò una comunità monastica a cui poterono accedere gli uomini e successivamente anche le donne, dato
estremamente rivoluzionario nella società indiana dell’epoca. Il Buddha morì nel 480 a.C., a Kusinara,
nell'attuale regione indiana dell'Uttar Pradesh (nord dell’India).
Alla morte il Buddha non lasciò alcun successore e la comunità continuò ad operare insieme. All’inizio
mancava anche un Corpus Canonico codificato e i discepoli diretti del Buddha si riunirono nel 473 durante il
I Concilio indetto a Rajagriha per la durata di sette mesi per trasmettere ciò che avevano appreso
direttamente dal Maestro. In tale consesso vennero esposti i sutra*, ovvero i discorsi del Buddha, così come
ricordati dal discepolo a lui più vicino.
Nel 363 a.C., si tenne un secondo Concilio a Vaisali, città in cui i monaci avevano da tempo adottato delle
pratiche discutibili: questi furono messi a confronto con monaci provenienti da tutta l’India, fatto che
dimostra la diffusione già avvenuta del buddhismo, e alla fine venne deciso da tutti i presenti di darsi un
codice di comportamento, il Pratimoksha, che tuttora viene seguito dalla comunità monastica.
Altro momento fondamentale nella storia del buddhismo sarà il terzo Concilio indetto nel 245 a.C. a
Pataliputra dall’imperatore Asoka Maurya, che sarà uno dei principali protettori del buddhismo in India. In
tale concilio si cercò di frenare le emergenti tendenze scismatiche, che cominciavano a differenziare
l’insegnamento e che un paio di secoli più tardi daranno origine a due scuole fondamentali: la scuola del
cosiddetto Piccolo Veicolo o Hinayana e quella del grande Veicolo o Mahayana.
Infine all’incirca alla fine del I secolo d.C., la comunità monastica che nei secoli precedenti si era formata e
stabilizzata nello Sri-Lanka, redisse il Canone Buddhista in forma scritta e in lingua pali (una lingua indiana,
appartenente alla famiglia indoeuropea, ancora oggi usata come lingua liturgica del Buddhismo Theravāda),
composto da tre parti o canestri (Tripitaka), rimasto integro fino ad oggi e accettato dalle scuole di tutto il
sud-est asiatico. È una base di comparazione per i resti del canone in sanscrito che nella sua interezza è
andato perduto in seguito alle invasioni musulmane e alla distruzione dei monasteri e delle università
monastiche buddhiste.
A seguito della morte del Buddha, il suo insegnamento si diffuse in varie parti dell'Asia, mutuando ed
assimilando gli usi e costumi locali e dando vita a varie tradizioni buddhiste, che si differenziarono tra loro
per alcuni aspetti interpretativi dell'Insegnamento.
MOTIVO DEL SUCCESSO
Il motivo del successo del Buddhismo fu la sua differenziazione dal brahmanesimo. Uno dei pochi divieti del
Buddismo è la legge che proibisce di fare del male a qualsiasi creatura vivente. Facendo di tale legge un
precetto fondamentale del suo sistema religioso, il Buddha si opponeva ai sanguinosi riti sacrificali dei
brahmana. Inoltre, il Buddhismo aveva anche un carattere democratico. Qualsiasi indiano, dal più
disprezzato dei fuori-casta fino al brahmana più privilegiato, aveva la possibilità di accedere all'ordine.
Anche le donne, che non potevano partecipare al sacerdozio brahmanico, erano accettate alla pari degli
uomini nell'ordine Buddhista.
PARAGONE CON IL CRISTIANESIMO
Come il Cristianesimo, il Buddhismo fu fondato sugli insegnamenti di un uomo in carne ed ossa. Proprio
come Cristo criticava i ricchi sacerdoti del tempio della Palestina (i farisei), così anche il Buddha criticava i
brahmana. Come il Cristianesimo, il Buddhismo avvizzì nella terra di origine, per poi mettere radici e fiorire
in altre terre. Il Buddhismo si è diffuso in tutte le grandi nazioni orientali, Cina, Giappone, Indonesia. Il
Cristianesimo scomparve quasi subito in Palestina, ma quando fu trapiantato in Europa, si ramificò fino a
diventare la religione predominante in Occidente. Infine, proprio come il Cristianesimo trovò il suo
campione nell'Imperatore romano Costantino, così il Buddhismo godette del sostegno dell'Imperatore
indiano Ashoka (sovrano dell'impero Maurya (parte dell’Afghanistan, Pakistan, India, Sri Lanka, Nepal,
Butan e Bangladesh)), che elevò il neonato Buddhismo dalla posizione modesta di scuola monastica fino a
diventare la religione di Stato dell'India.
DIFFUSIONE IN ORIENTE
Il Buddhismo nasce in India intorno al VI secolo a.C. per poi scomparire definitivamente dal paese di origine
nel XIV secolo. Durante la sua storia indiana millenaria sono nate e si sono diffuse diverse correnti e scuole
buddhiste che si diffusero ben presto al di fuori dell’India.
La corrente Theravada si diffuse nello Sri Lanka alla fine del terzo concilio buddhista (III secolo a.C.) divenne
in seguito religione ufficiale della Repubblica Democratica Socialista dello Sri Lanka ed è attualmente la
principale religione dello stato (circa 70%).
I birmani adottarono la confessione buddhista Theravada soltanto nell'XI secolo, ma ci sono testimonianze
della presenza del buddhismo in Birmania risalenti al VI secolo, attualmente la corrente Buddhista
Theravada è la religione di stato con circa l’89% di adesioni.
Questa corrente Buddhista fu anche proclamata religione ufficiale della Thailandia nel XII secolo e
attualmente il 95% della popolazione è di confessione Theravada.
In Cina: Le diverse correnti del buddhismo furono portate in Cina fin dal I secolo d.C. da missionari indiani e
si diffusero come pratica filosofica dell'elite intellettuale, sensibile alla predicazione dei guru. Esse
raccolsero numerosi seguaci, fino al prevalere definitivo della versione Mahayana tra il VI e il IX secolo.
Fortemente indebolito dalla persecuzione del IX secolo, il buddhismo non scomparve mai totalmente dalla
Cina e conobbe una certa ripresa all'epoca della dinastia Yuan (1279-1368) epoca di massimo splendore
della corrente Mahayana in Cina, poi subordinata al confucianesimo con la dinastia Yi (XV, XX secolo).
A partire dal 1949 e con la Rivoluzione culturale, il buddhismo in Cina ha subito una persecuzione senza
precedenti, con imprigionamenti di massa, stragi e distruzione di templi e monasteri.
Con la morte di Mao Zedong (1976) il partito comunista cinese ha cambiato radicalmente il rapporto con la
comunità buddhista e cerca tutt’oggi di riparare alle persecuzioni e alle distruzioni dei decenni della
rivoluzione culturale.
A partire dal 1980 si è potuta riunire ufficialmente dopo decenni di persecuzione la Associazione Buddhista
Cinese che ha provveduto a diffondere la sua pubblicazione ufficiale “Voce del Dharma”.
Sono riaperte anche le scuole Buddhiste e i monasteri.
Sottomesso alla Cina fino al X secolo, anche il Vietnam accolse la tradizione Mahayana, diffusasi nelle
epoche successive fino alla forte penetrazione del XVIII secolo, con la formazione di numerose scuole locali.
Derivano dalla tradizione cinese anche le scuole buddhiste in Giappone e Corea.
Giunto in Giappone dalla Corea e a sua volta dalla Cina (verosimilmente intorno al VI secolo), il buddhismo
fu proclamato religione di stato nel 593 dal principe Shotoku Taishi, e conobbe un notevole successo tra
l’VIII e il XII secolo, con lo sviluppo delle diverse scuole, fra le quali quella della “Terra Pura” e dello “Zen”
insieme alla scuola Tantrica e a quella Nichiren. Il Buddhismo ha condizionato notevolmente la storia del
Giappone e i monaci buddhisti furono i veicoli della cultura nel paese per secoli. Attualmente il Giappone
ha una diffusione buddhista del 22%, queste stime, risalenti al 2011, differiscono tantissimo da quelle del
2005 (96%), infatti attualmente il Giappone è uno stato in prevalenza non-religioso, la percentuale di Atei,
Agnostici e Deisti è intorno al 67% secondo le ultime stime.
ESPANSIONE IN OCCIDENTE
Nell' VIII secolo, le Jātaka buddhiste (raccolta di 547 storie redatte dopo la loro recitazione durante il primo
concilio) furono tradotte, insieme ad altri racconti e leggende indiane, in siriano e in arabo. Un racconto
sulla vita del Buddha fu tradotto in greco e circolò nella cristianità come "storia di Barlaam e Josaphat";
intorno al XIV secolo questa storia era talmente famosa che divenne un santo popolare e pur non essendo
mai stato canonizzato fu incluso nel martirologio cattolico e nel calendario liturgico della Chiesa ortodossa.
Un incontro diretto tra europei e buddhisti avvenne nel 1253 quando il monaco francescano Guglielmo di
Rubruck fu inviato come ambasciatore presso la corte di Mongke (oggi in Kazakistan) dal re francese Luigi
IX.
Un maggiore interesse per il Buddhismo sorse in epoca coloniale, quando gli occidentali occuparono terre
in Oriente e ne conobbero le opere d'arte; la filosofia e la letteratura europea del periodo furono
fortemente influenzate dallo studio delle religioni orientali. L'apertura forzata del Giappone all'Occidente
nel 1853 consentì inoltre agli occidentali di accedere alla più variegata cultura buddhista del mondo.
Il Buddhismo cominciò a destare un forte interesse per il grande pubblico in Occidente solo a partire dal XX
secolo. Negli anni ‘50 diventò la "filosofia" dei giovani della New Age, in lotta contro la società industriale.
Nella cultura occidentale il Buddhismo di tradizione Zen esercita un fascino sempre maggiore. Il primo
patriarca d'Europa della tradizione del Buddhismo, il giapponese Soto Zen, nel 1967 si stabilì a Parigi con la
missione di diffondere il Buddhismo Zen in occidente, fondando nel 1970 l'Association Zen Internationale
(AZI), nel 1979 il primo grande Tempio e scrivendo numerosi libri e diverse pubblicazioni. Stabilì anche
eccellenti rapporti con scienziati, artisti, terapeuti di ogni paese e contribuì molto all'avvicinamento
Oriente-Occidente, che considerava una delle grandi speranze della nostra epoca; con l'introduzione del
Buddhismo Zen nella nostra cultura, si riproponeva di aiutare l'umanità a superare la propria crisi
esistenziale secondo l'insegnamento buddhista.
CORRENTI
BUDDHISMO HINAYANA E DEI NIKAYA
Il termine sanscrito Hīnayāna fu un termine proprio del Buddhismo Mahayana per indicare quei buddhisti,
insieme alle loro dottrine e scritture, che non riconoscevano come canonici gli insegnamenti contenuti nei
Prajñāpāramitā Sūtra e nel Sutra del Loto. Queste scritture, meglio conosciute come sutra mahāyāna, sono
oggi accolte nei Canoni buddhisti cinese e tibetano ma non nel Canone pāli, quest'ultimo canone di
riferimento della scuola buddhista theravāda.
Il termine, dai chiari contenuti dispregiativi ("Veicolo inferiore", contrapposto al "Grande veicolo"
rappresentato dal Mahāyāna), era indirizzato nei confronti di quei buddhisti che, non riconoscendo gli
insegnamenti del Mahāyāna, erano divenuti gli evidenti bersagli della loro ingiuria
Per lungo tempo il termine Hināyāna ha indicato, nella classificazione storiografica e perdendo qualsivoglia
significato spregiativo, il Buddhismo non-Mahāyāna. Successivamente tale termine è stato sostituito con
altre indicazioni, come Buddhismo dei Nikāya (Per Buddhismo dei Nikāya la storiografia
contemporanea intende quindi un insieme di scuole buddhiste sorte nei primi secoli dopo la morte
del Buddha Siddhārtha Gautama che non riconoscevano la canonicità degli insegnamenti riportati
nei Prajñāpāramitā Sūtra e nel Sutra del Loto, scritture successivamente denominate come sutra Mahāyāna)
in quanto il termine Buddhismo Hināyāna risultava offensivo per alcuni buddhisti Theravāda.
L'utilizzo in ambito storiografico del termine Hīnayāna è stato ed è fonte, tuttavia, di dibattito tra gli
studiosi, a tal punto che Richard H. Robinson e Williard L. Johnson, in un recente manuale, sono giunti a
sostenere che: «I Theravāda non amano essere chiamati 'Hīnayāna' (chi lo vorrebbe?) ma non c'è altro
termine corrente per designare l'intero gruppo di scuole che sorsero prima della nascita del Mahāyāna. La
definizione di Buddhismo del Nikāya , ad esempio, si può applicare correttamente alle scuole precedenti la
nascita del Mahāyāna, ma non a quelle che seguirono, poiché il Mahāyāna le influenza».
Occorre poi precisare che l'attuale scuola Theravāda non può essere considerata a pieno titolo una scuola
del Buddhismo dei Nikāya, o Hīnayāna, avendo essa stessa subìto, nel corso dei secoli, degli sviluppi
dottrinali che l'hanno portata ad accogliere persino alcuni insegnamenti Mahāyāna anche se ha sempre
rifiutato la canonicità delle relative scritture.
SCUOLA THERAVADA
Il Buddhismo Theravāda (letteralmente "la scuola degli anziani") è la forma di buddhismo dominante
nell'Asia meridionale e nel Sud-est asiatico, in modo particolare in Sri
Lanka, Thailandia, Cambogia, Birmania e Laos.
È la più antica scuola buddhista tra quelle tuttora esistenti, originata da una delle prime e più importanti
scuole nate dall'insegnamento di Siddhartha Gautama, in particolare dalla dottrina Vibhajyavāda("dottrina
dell'analisi"), a sua volta originatasi intorno al III secolo a.C. da una divisione dalla scuola Sthaviravāda (la
"scuola degli anziani", appunto) del Buddhismo dei Nikāya.
Il Buddhismo Theravāda è autore del "Canone pāli", una raccolta dei testi ritenuti tra i più arcaici nella loro
elaborazione, compilata nella lingua pāli, un dialetto pracrito simile al più noto sanscrito. La redazione del
canone in lingua pāli è senz'altro frutto di un lavoro critico di raccolta, analisi e confronto dei testi di diverse
scuole che si erano andate formando nei primi secoli successivi l'insegnamento del Buddha Siddharta
Gautama, essendo improbabile che questi si fosse espresso in quella lingua.
Secondo la tradizione Theravāda il Canone pāli contiene alcune delle più antiche formulazioni dell'originale
insegnamento del Buddha anche se gli storici ritengono la sua composizione non necessariamente coerente
con i suoi insegnamenti del Buddha storico.
CORRENTE MAHAYANA
La corrente buddhista Mahayana (che in sanscrito vuol dire Grande Veicolo) è un insieme di insegnamenti e
scuole buddhiste che si rifanno al Prajñāpāramitā sūtra e al sutra del loto, I sec. a.C. e II d.C. Si
contrappone alla corrente Hinayana o Nikaya sebbene diverse fonti storiche affermano che monaci
Mahayani e non convivevano negli stessi monasteri e avevano uno stesso ordine monastico.
Il termine mahāyāna si compone dei termini sanscriti maha con il significato di "grande" e yāna con il
significato di "veicolo", quindi "Grande veicolo" da intendersi come ciò che "conduce" gli esseri senzienti
verso la liberazione spirituale.
Al giorno d’oggi tutte le scuole buddhiste diffuse sono di origine Mahayana fatta eccezione per quella
Theravada che non riconosce gli insegnamenti dei sutra mahayana.
La corrente Mahayana si differenza da quella Hinayana principalmente perché proclama la superiorità
spirituale della via del bodhisattva rispetto a quella dell'arhat.
Questa corrente buddhista da infatti grande enfasi alla figura del bodhisattva, ovvero del praticante
buddhista, laico o monaco, che potendo raggiungere la meta del nirvāṇa vi rinuncia per aiutare tutti gli
esseri senzienti ad entrarvi prima di lui, e la centralità dell'insegnamento della vacuità.
Secondo la dottrina Mahayana tutti posso diventare Buddha “illuminati” pronunciando il voto di
bodhisattva, stesso voto fatto da Gautama vite prima di raggiungere la piena illuminazione.
Per vacuità s’intende un concetto di vuoto dei sensi e svuotamento della mente tramite la meditazione,
precetto che lo stesso Buddha predicava.
GRANDE BUDDHA DI LUSHAN
Il Buddha Zhōngyuán è una statua colossale rappresentante il Buddha, posta nella Contea di
Lushan, Henan, in Cina.
Con un'altezza di 128 metri, comprendente un basamento alto 20 metri a forma di foglia di loto, è
attualmente (2013) la statua più alta del mondo: considerando anche l'edificio su cui è costruita, l'altezza
totale è di 153 metri.
TRIRATNA – I TRE GIOIELLI
Non essendo il Buddhismo propriamente una religione, non è esatto parlare di convertirsi al Buddhismo.
Tuttavia, il concetto analogo può essere espresso dalla formula "prendere rifugio nei Tre Gioielli" (o
Triratna, Triplice Gemma, Triplice Rifugio o Tre Tesori). Questo è il "segno di appartenenza" comune a tutte
le scuole e tutte le tradizioni.
Prendere rifugio significa riporre incondizionata fiducia nei Tre Gioielli e ispirarci e guidarci nel far prendere
una direzione costruttiva e di beneficio alla nostra vita. Prendere rifugio non significa nascondersi
passivamente dietro la protezione del Buddha, del Dharma o del Sangha quanto piuttosto intraprendere il
processo attivo dell’incamminarsi nella direzione indicata, migliorando la qualità della nostra vita.
IL PRIMO GIOIELLO
Il primo gioiello può riferirsi a tre idee diverse, può infatti corrispondere:
-allo stato illuminato, la meta a cui noi tutti tendiamo, lo stato di realizzazione e di qualità perfette come la
compassione e la saggezza che si esprimono per il beneficio degli altri oppure
-alla figura del Buddha Shakyamuni in persona, Siddharta stesso, il maestro originale morto all’età di
ottant’anni, poiché egli fu il primo a manifestare questo stato della mente e ad offrire ai suoi allievi un
cammino costituito di metodi che permettono di realizzarlo o
-alla più alta potenziale spiritualità presente in tutti gli esseri umani.
IL SECONDO GIOIELLO
Nel Buddhismo, Dharma indica gli insegnamenti del Buddha, a partire dall'origine del duḥkha (la
sofferenza), la pratica di tali insegnamenti, la via verso l'Illuminazione e di conseguenza il Buddhismo stesso.
Il Dharma è anche la Legge universale che esprime l'intera realtà stessa e che il Buddhismo s'impegna a
trasmettere e spiegare.
Il Dharma buddhista è simboleggiato da una ruota, il dharmacakra.
IL TERZO GIOIELLO
Sangha, terzo gioiello o rifugio del buddhismo, si riferisce alla comunità monastica e rappresenta la virtù. Il
sangha monastico fu creato dal Buddha Gautama nel V secolo a.C. per trasmettere i propri insegnamenti a
persone libere dai vincoli della vita terrena e che quindi potevano comprenderli appieno, ovvero i monaci.
I precetti e la condotta dei monaci dipende dalla scuola di riferimento in quanto non c’è un codice
comportamentale universale, infatti i monaci hanno solamente due "indirizzi" da seguire: la pratica della
Meditazione e lo studio e la diffusione delle Scritture.
KARMA
Il karma è un "principio universale" secondo il quale un' "azione virtuosa volontaria" genera una o più
rinascite positive, mentre un'azione "non virtuosa volontaria" (che produce sofferenza) genera rinascite
negative. Il karma, dunque, vincola tutti gli esseri senzienti al ciclo del samsāra poiché tutto ciò che l'essere
farà, si ripercuoterà in una qualche "condanna" nelle vite future. Quando si compie (o si desidera di
compiere) un'azione non virtuosa, si depositano nella vita stessa dei "semi" o "residui" in seguito alla
produzione di karma negativo. Quando si compie un'azione virtuosa invece, si produce karma positivo.
Questi residui allungheranno la permanenza dell'esistenza nel samsāra. Ogni manifestazione degli esseri
senzienti possiede una certa quantità di "semi del karma" che, finché non saranno esauriti, li costringeranno
a permanere nel ciclo del samsāra. Questi "semi" sono frutto di azioni compiute in innumerevoli vite
precedenti. Con l'estinzione del debito karmico, l'essere non sarà più vincolato al karma e quindi al samsāra
e potrà raggiungere il Nirvana.
NIRVANA
La dottrina del Nirvana è un elemento portante del Buddhismo eppure assume accezioni differenti a
seconda della corrente. Secondo la corrente Nikaya o Hinayana il nirvana può essere raggiunto solo dagli
Arhat. Il nirvana è la cessazione della vita come la intendiamo noi e il raggiungimento della consapevolezza
massima di se, liberandosi di brama, odio e illusione.
E’ quindi l’annullamento delle passioni (sia positive che negative). Secondo la corrente Mahayana invece il
Nirvana non è statico come quello Nikaya, ma gli illuminati lo raggiungono al fine di liberare altri esseri dalla
sofferenza che dimora nel samsara.
Il nirvana nel buddhismo è sempre definito come “pace” ma a seconda della scuola assume caratteristiche
molto diverse.
LE QUATTRO NOBILI VERITÀ
Dopo la sua Illuminazione a Bodh Gaya il Buddha pensò di rimanere seduto sotto l’albero della Bodhi per il
resto della sua vita perché non poteva mettere in parole ciò che aveva scoperto. Ma Brahma Sahampati, il
dio creatore dell’Induismo, gli si accostò e lo convinse ad andare ad insegnare. Dopo la visita di Brahma
Sahampati, il Buddha stava andando da Bodh Gaya a Varanasi, quando incontrò sulla strada un asceta che
rimase impressionato dal suo aspetto raggiante. Il Buddha gli disse: "Sono il perfetto illuminato, l’Arahant, il
Buddha" (si dice “Arahant” un essere umano perfetto che capisce la verità). Questo fu il suo primo
sermone. Fu un fallimento, perché l’uomo, udendolo parlare così, pensò che il Buddha si fosse sottoposto a
pratiche troppo rigide e che esagerasse oltre misura nel vantarsi.
Più tardi il Buddha incontrò i suoi precedenti compagni, nel Parco dei Daini a Varanasi. Ed allora egli
pronunciò il sermone sulle Quattro Nobili Verità. Era il 528 a.C.
Questa volta disse: “c’è la sofferenza, c’è l’origine della sofferenza, c’è la cessazione della sofferenza, c’è il
sentiero che conduce fuori dalla sofferenza”.
Questo discorso viene chiamato Dhammacakkappavattana Sutta (letteralmente “Discorso che mette in
moto il veicolo dell’insegnamento”).
Le Quattro Nobili Verità sono:
1) Duhkha
2) Samudaya
3) Nirvana
4) Marga
1) Vivere vuol dire soffrire, perché la natura umana, così come la vita, è imperfetta e incompleta, perché il
nostro mondo è soggetto a impermanenza. La nascita è sofferenza, la vecchiaia è sofferenza, la morte è
sofferenza. Separarsi da ciò che si ama è sofferenza, non ottenere ciò che si desidera è sofferenza: tutte le
cinque categorie dell’attaccamento sono sofferenza. Anche se avessimo tutto ciò che vogliamo, ci sembrerà
sempre che manchi qualcosa. Anche quando la vita va al meglio, c’è sempre questo senso di sofferenza,
assillati da qualcosa da fare, paure da vincere, dubbi da superare.
La Prima Nobile Verità non enuncia “sto soffrendo e voglio porvi fine”, non è un fatto personale. Il verso
insight è “c’è la sofferenza”. Questo porta a vedere l’angoscia od un dolore fisico semplicemente come
duhkha e quindi a non reagire nella maniera abituale. Il duhkha deve essere compreso, non bisogna cercare
di eliminarlo. Consideriamo la parola ‘comprendere’, formata da ‘con’ e ‘prendere’, quindi bisogna
abbracciare, accettare e stare accanto alla sofferenza, piuttosto che reagire.
2) L’origine della sofferenza è il desiderio e l’attaccamento alle cose transitorie e l’ignoranza della stessa.
Le cose transitorie comprendono tutti gli oggetti della nostra percezione, sia quelli fisici che le idee.
L’ignoranza è la mancanza di comprensione di come la nostra mente sia attaccata alle cose impermanenti.
Poiché gli oggetti del nostro attaccamento sono transitori, la loro perdita è inevitabile e così insorge la
sofferenza. Oltre agli oggetti di attaccamento anche l’idea di un “sé” è un inganno. Ciò che noi chiamiamo
“io” è solo una entità immaginata e noi siamo solo una parte dell' incessante divenire dell’universo.
3) La cessazione della sofferenza può essere raggiunta attraverso il disfacimento della brama sensuale e
l’attaccamento concettuale, quindi mediante il conseguimento del distacco. Questo significa che la
sofferenza può essere superata attraverso l’attività umana, semplicemente rimuovendo la causa della
sofferenza. Il raggiungimento ed il perfezionamento del distacco è un processo composto da molti livelli
che in ultima analisi è lo stato di Nirvana. Nirvana significa libertà da tutte le preoccupazioni, le paure, o
qualsiasi forma di idea concettuale.
4) C’è un percorso per la fine della sofferenza, chiamato Ottuplice Sentiero, un percorso graduale di automiglioramento. È la via di mezzo tra i due estremi di un eccesso di auto-indulgenza e auto-mortificazione,
che conduce alla fine del ciclo delle rinascite.
Questi sono gli otto punti:
1) retta comprensione
2) retto pensiero
3) retta parola
4) retta azione
5) retta condotta di vita
6) retto sforzo
7) retta consapevolezza
8) retta concentrazione
Il fatto che li si metta in ordine in questa maniera non vuol dire che essi seguano effettivamente una via
lineare, una sequenza: in realtà sorgono tutti insieme.
TIBET
Il Tibet è l’unico stato “teocratico” buddhista, il suo sovrano assoluto era il Dalai Lama seguito da altri
importanti monaci, come il Panchen Lama.
Il buddhismo arriva in Tibet nel 333 d.C. grazie al re Lha Toto Ri Gniendzen e si sviluppano diverse scuole
buddhiste che daranno poi origine al Buddhismo tibetano, prima religione in Tibet e in mongolia.
Il Dalai Lama è un tulku.
I tulku sono determinati Lama (guru), Ghesce (maestro) o Khenpo (abate) tibetani ritenuti la
reincarnazione di altri influenti maestri del Buddhismo che, raggiunto il Nirvana, vi rinunciano
volontariamente per rimanere nel Saṃsāra allo scopo di guidare tutti gli esseri senzienti verso la
Liberazione.
Per la successione al titolo di Dalai Lama vengono avviate ricerche dai lama più importanti.
Nel 1950 la Repubblica Popolare Cinese, guidata da Mao occupa militarmente il Tibet. Le prepotenze dei
funzionari cinesi spingono il 14° Dalai Lama (sovrano assoluto del Tibet) a cercare soluzioni diplomatiche
con la Cina. A causa del fallimento degli incontri diplomatici tra Tibet e Cina, nel 1956, il popolo tibetano si
solleva contro l’occupazione cinese a Lhasa (capitale del Tibet). A seguito di una violenta repressione delle
manifestazioni tibetane da parte del governo cinese il Dalai Lama è costretto a chiedere rifugio al governo
indiano ed è tutt’oggi in esilio.
Nel 1989 riceve il nobel per la pace grazie alla sua resistenza non-violenta all’occupazione cinese.
Nel 2011 si dimette da sovrano assoluto e si forma un governo tibetano in esilio che tutt’oggi lotta per dei
miglioramenti nella situazione tibetana.
Il Dalai Lama resta tutt’oggi la maggiore guida spirituale buddhista.
*SUTRA
Il termine sūtra (सत्र
ू , pāli sutta), in sanscrito filo (dalla radice indoeuropea *syū-, la stessa del latino suere,
cucire), metaforicamente traducibile come "breve frase", "aforisma", viene usato nella cultura indiana per
indicare un insieme di concetti filosofici espressi in modo breve e sintetico.
Scarica