Le radiazioni elettromagnetiche vanno dai raggi (a minori lunghezze d’onda ed alta energia/frequenza) alle onde radio (a maggiori lunghezze d’onda e bassa energia/frequenza). La lunghezza d'onda () è la distanza tra 2 creste o 2 ventri (m,cm,nm); la frequenza () è il numero di oscillazioni al secondo (Hertz, Hz, sec-1); l’energia si misura in calorie o Joules (1 cal= 4,17 J). E=h h è la costante di Planck (6.6 x 10-34 Joules x sec) Frequenza = velocità della luce (nel vuoto, 3 x 108 m/sec) / L’interazione delle radiazioni nelle regioni dell’ultravioletto (UV, 200-350 nm) e del visibile (VIS, 350-800 nm) con la materia è la base delle tecniche spettroscopiche ampiamente utilizzate in biochimica per analisi qualitative e quantitative. Gli elettroni di legame di tipo (presenti nei legami doppi o tripli, negli anelli aromatici) sono costituiti da coppie di elettroni la cui maggiore densità è situata al di fuori dell’asse di unione dei nuclei; questi elettroni sono “meno legati” e più facilmente eccitabili rispetto a quelli di tipo presenti nei legami semplici. Le molecole che contengono elettroni assorbono la luce passando da stati ad energia minore a stati ad energia maggiore e si chiamano cromòfori. Lo spettrofotometro è lo strumento che consente la misura dell’assorbimento di cromofori in soluzione. I0 La sorgente può essere una lampada a tungsteno (VIS) o una lampada ad idrogeno o deuterio (UV) Il monocromatore consente di ottenere un fascio di luce ad 1 lunghezza d’onda partendo da una sorgente di radiazioni policromatica It Il rivelatore produce un segnale elettrico che dipende dall’energia delle radiazioni che lo investono La cella contenente il campione si chiama cuvetta. Le cuvette possono differire per natura del materiale (vetro/plastica per lettura nel VIS, quarzo per lettura nell’UV) e cammino ottico (la distanza tra il raggio entrante e quello uscente), ma hanno sempre 2 facce opposte che non possono essere attraversate dalla luce (attenzione al loro posizionamento nello spettrofotometro !) I0 (Intensità luce incidente) e It (Intensità luce trasmessa) It = I0 non c’è assorbimento It < I0 se c’è assorbimento Il nostro occhio funziona come uno spettrofotometro che rivela la radiazione trasmessa dal cromoforo che ha assorbito solo una parte della luce solare composta da radiazioni nel VIS, nell’UV e nell’infrarosso Una semplice considerazione che riguarda i cromofori nel VIS ci consente di capire il fenomeno dell’assorbimento. La luce bianca è il risultato della mescolanza di 7 colori. Quando la luce bianca passa attraverso un cromoforo, una porzione caratteristica della miscela di lunghezza d'onda viene assorbita. La luce restante, non assorbita, assumerà allora il colore complementare alla lunghezza d'onda (o di onde), che sono state assorbite. Questa correlazione è descritta dalla ruota dove i colori complementari sono diametralmente opposti l'un l'altro. Di conseguenza, l'assorbimento della luce di 420-430 nm rende una sostanza gialla; un assorbimento a 500-520 nm la rende di colore rosso. Il verde ha un comportamento unico, in quanto esso può essere creato da un assorbimento vicino a 400 nm, come pure dall'assorbimento intorno a 800 nm. Analisi qualitativa: spettri di assorbimento nell’UV e nel VIS Per un cromoforo in soluzione, se si registra in continuo l’assorbanza (Densità Ottiche, OD) in funzione della variazione della lunghezza d’onda (, nm) si ottiene uno spettro di assorbimento in cui è possibile identificare una lunghezza d’onda di massimo assorbimento. Una cuvetta contenente il solo solvente funziona da “Bianco”. ESERCITAZIONE Determinazione dello spettro di assorbimento di: una soluzione in acqua di Albumina di Siero Bovino (BSA) da 240 a 320 nm una soluzione in acqua di blu destrano da 400 a 800 nm Analisi quantitativa: determinazione della concentrazione di un cromoforo La Trasmittanza (T, It /I0) diminuisce in modo esponenziale in rapporto alla concentrazione del cromoforo, del cammino ottico e di un parametro (caratteristico del cromoforo) perché aumenta l’Assorbanza (A). -cl T = 10 da cui -log10 T = A (cioè log10 1/T = A) quindi, A=cl (Legge di Lambert-Beer) C rappresenta la concentrazione del cromoforo espressa in moli/litro (M). l è il cammino ottico (cm) è il coefficiente di estinzione molare e coincide con l’A (in Densità Ottiche, OD) di una soluzione 1 M della sostanza in esame quando viene letta in una cuvetta con cammino ottico uguale ad 1 cm ad una determinata lunghezza d’onda. E’ evidente che il coefficiente di estinzione molare lo si può calcolare solo se è disponibile il valore del peso molecolare. Quando, soprattutto nel caso di macromolecole come le proteine e gli acidi nucleici, non è disponibile il peso molecolare si fa uso di un altro parametro, il coefficiente di estinzione percentuale che indica l’assorbimento di una soluzione all’ 1% della sostanza in esame. La legge di Lambert-Beer è l’equazione di una retta passante per l’origine degli assi (A sulle y e C sulle x) in cui l è il coefficiente angolare. La proporzionalità tra A e C (entro un certo intervallo) consente misure quantitative. ESERCITAZIONE Calcolo della concentrazione della soluzione di BSA sapendo che il coefficiente di estinzione percentuale a 280 nm è di 6,75 O.D. Il dosaggio di un enzima: la fosfatasi alcalina La concentrazione degli enzimi viene determinata attraverso il dosaggio della loro attività catalitica e viene espressa in termini di Unità Enzimatiche: 1 Unità è la quantità di enzima che catalizza la trasformazione di 1 mole di Substrato in Prodotto, in 1 min, a 25 °C, in condizioni di pH e forza ionica ottimali. Il calcolo della quantità di Substrato che scompare nel tempo della reazione, o il calcolo della quantità di Prodotto che si forma nel tempo della reazione consentono parimenti di dosare un enzima. Se il Substrato o il Prodotto dell’enzima sono cromofori, la spettrofotometria consente di dosare facilmente l’enzima. Le fosfatasi (numero EC 3.1.3) sono una classe di idrolasi che catalizzano la reazione di rimozione di gruppi fosfato (defosforilazione). A seconda del pH ottimale di reazione, si distinguono la fosfatasi alcalina e la fosfatasi acida. La fosfatasi alcalina è presente in procarioti ed eucarioti; nei mammiferi, forme isoenzimatiche tessutospecifiche hanno importanza diagnostica (si distinguono per carica netta, sensibilità ad inibitori e al riscaldamento). L’enzima della mucosa intestinale bovina utilizzato per l’esperienza è un omodimero di 70 kDa. Per il dosaggio della fosfatasi alcalina si utilizza un Substrato sintetico, il p-nitrofenilfosfato (incolore) che l’enzima trasforma in un Prodotto giallo, il p-nitrofenolo. ESERCITAZIONE Dosaggio dell’attività della fosfatasi alcalina al variare del pH Allestiamo in cuvette di plastica le miscele di reazione che differiscono per il valore del pH della soluzione tampone. La concentrazione di Enzima è la stessa in tutte le miscele e la concentrazione del Substrato è tale da saturare l’enzima: dunque, la velocità della reazione varia unicamente per il pH. Subito dopo l’aggiunta dell’enzima si agita con Parafilm e si segue in continuo l’aumento di assorbanza a 405 nm (lettura contro aria) a temperatura ambiente. Il A/min diviso per l’ del p-nitrofenolo (18,2 densità ottiche) dà le moli di P formate per min, cioè le Unità contenute nel volume di campione usato per il dosaggio. Tampone Tris-HCl 0,1 M, pH 7 Tris-HCl 0,1 M, pH 8 Glicina-NaOH 0,1 M, pH 9 Glicina-NaOH 0,1 M, pH 10 Glicina-NaOH 0,1 M, pH 12 500 l 500 l 500 l 500 l 500 l Substrato 25 mM 30 l 30 l 30 l 30 l 30 l Acqua (a 1 ml) 470 l 470 l 470 l 470 l 470 l Enzima 5 l 5 l 5 l 5 l 5 l A/min unità