SICUREZZA DEGLI ANTIDEPRESSIVI IN GRAVIDANZA

SICUREZZA DEGLI ANTIDEPRESSIVI IN
GRAVIDANZA
Introduzione
La gravidanza è considerata una
condizione ad alto rischio per lo sviluppo di un disturbo
depressivo , in particolare nelle donne con una storia di preesistente disturbo affettivo sebbene in
passato la gravidanza fosse stata descritta come un periodo a basso rischio per l’insorgenza o
addirittura come fattore protettivo. La depressione durante la gravidanza può interessare fino al 20%
di tutte le donne e può essere trattata efficacemente con farmaci antidepressivi. Il mancato
trattamento di disturbi affettivi ed ansiosi in gravidanza è stato associato ad un’alterata funzione
placentare, un’aumentata incidenza di aborto spontaneo, travaglio precoce, basso peso alla nascita e
alterazioni neonatali. Studi epidemiologici indicano che la depressione materna è una malattia
molto frequente: dal 10 al 16% delle donne in gravidanza soddisfano i principali criteri diagnostici
per disturbi depressivi e il 15% soffre di depressione post-partum. La depressione in gravidanza o
depressione prenatale (AD) si verifica in circa una donna su cinque, con effetti potenzialmente
deleteri per madre e feto. Le gravidanze complicate dall'insorgenza o dalla reiterazione di un
disturbo depressivo maggiore costituisce una situazione complessa medica. La gestione di tali
situazioni si basa sul principio di evitare, per quanto possibile, l'esposizione del feto in sviluppo per
i potenziali effetti teratogeni dei farmaci psicotropi. L’uso in gravidanza di antidepressivi potrebbe
essere responsabile di malformazioni maggiori (rischio teratogeno), di tossicità neonatale,
soprattutto relativa a sintomi da sospensione e a disturbi neurocomportamentali a lungo termine.
L’improvvisa sospensione di antidepressivi, per timore di effetti indesiderati sul feto, potrebbe,
d’altra parte, esporre la donna al rischio di ricadute depressive. Il trattamento della depressione
durante la gravidanza è una sfida comune e rappresenta un complesso quadro clinico. L’ uso di
antidepressivi in gravidanza sembra essere in gran parte rassicurante, ma rimangono due aree di
controversia tra cui la sindrome da astinenza neonatale e l’ ipertensione polmonare primaria del
neonato (PPHN). Ci sono una serie di motivi per cui l'uso di antidepressivi durante la gravidanza è
controverso. In primo luogo, gli antidepressivi vengono spesso considerati i farmaci "di lusso", che
possono e devono essere interrotti durante la gravidanza, ed inoltre gli antidepressivi sono spesso
prescritti a pazienti che non soddisfano pienamente i criteri diagnostici per disturbi psichiatrici. Dai
dati di letteratura psichiatrica è emerso che l'esposizione a depressione non trattata durante la
gravidanza può avere gravi conseguenze negative per lo sviluppo del neonato, come la nascita
prematura, basso peso alla nascita e futuri disturbi comportamentali (1-2). Inoltre la maggioranza
delle donne con disturbo depressivo maggiore presenta un rischio di ricaduta del 60-70% se l’uso
di antidepressivi viene sospeso durante gravidanza, aumentando significativamente il rischio di
depressione post-partum (PPD). Tassi di prescrizione di
farmaci antidepressivi durante la
gravidanza e l’allattamento sono aumentati negli ultimi dieci nel Nord America anni (3,4), e l’uso
di antidepressivi in gravidanza è attualmente stimato in 1 donna su 10 (5).
Farmaci antidepressivi
Gli antidepressivi (AD) comprendono una serie di farmaci appartenenti a diverse classi chimiche
che agendo sulla trasmissione noradrenergica e/o serotoninergica, aumentano la disponibilità di
neurotrasmettitori aminenergici quali dopamina, noradrenalina e serotonina nelle sinapsi
monoaminergiche. Oltre agli antidepressivi triciclici (ATC) o AD di prima generazione, abbiamo
gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) ed una varietà di altri farmaci
appartenenti a classi farmacologiche differenti. Diversi studi sono stati effettuati negli ultimi anni al
fine di valutare la sicurezza dei diversi antidepressivi durante la gravidanza, la più alta attenzione è
stata rivolta alle due classi maggiormente prescritte antidepressivi triciclici e inibitori selettivi della
ricaptazione della serotonina.
ATC in gravidanza
I dati relativi al rischio di tossicità associato all’uso di ATC in gravidanza non sono concordi.
Sebbene i primi studi condotti sull’impiego degli ATC in gravidanza avessero indicato la probabile
correlazione tra l’esposizione del feto nel primo trimestre di gestazione e un aumentato rischio di
teratogenesi, tra cui difetti del tessuto osseo e del SNC (6) ,difetti della parete addominale (7) e
anoftalmia bilaterale (8), studi prospettici e numerosi studi retrospettivi non hanno confermato tale
dato (9,10,11). Recenti studi hanno dimostrato un maggior rischio di parto pretermine (< 37
settimane) e di ridotto peso alla nascita (< 2500 g) nei neonati esposti (12), inoltre un maggior
rischio di complicazioni perinatali quali difficoltà respiratorie, basso indice di Apgar, ipoglicemia e
convulsioni. Studi finora condotti hanno evidenziato un’associazione tra clomipramina, convulsioni
neonatali e sintomi da sospensione, mentre minor rischio con l’uso di amitriptilina, maprotilina e
nortriptilina.
Inoltre alcuni studi hanno valutato
disturbi del comportamento ed eventuali
alterazioni del quoziente intellettivo (QI) e dell’apprendimento durante i primi anni dimostrando
che non vi era nessuna correlazione(13). Un recente studio caso-controllo effettuato utilizzando il
Registro Medico Svedese delle Nascite (Swedish Health Register) ha suggerito un’associazione
notevole tra l’uso di clomipramina e lo sviluppo di difetti cardiaci (14).
SSRI in gravidanza
I farmaci SSRI ( inibitori selettivi del reuptake della serotonina ) sono entrati nella pratica clinica
nel 1988 e da allora sono diventati farmaci di scelta nel trattamento della depressione e trattamento
standard in altri disturbi dell’umore e del comportamento, come disturbo ossessivo compulsivo,
disturbo da panico, fobia sociale, disturbo da stress post-traumatico, disturbo disforico premestruale
e disturbo d’ansia generalizzato. Gli SSRI rispetto agli antidepressivi triciclici grazie alla loro
selettività mostrano maggiore tollerabilità e minori effetti avversi, infatti, inibendo selettivamente il
recettore 5-HT della serotonina nelle terminazioni nervose presinaptiche, determinano un aumento
della concentrazione della serotonina a livello sinaptico, senza interferire con gli altri neuro
recettori. Tra i vari SSRI la molecola più studiata per il rischio teratogeno è stata la fluoxetina.
,tuttora esistono dati contrastanti in letteratura sul reale rischio teratogeno da fluoxetina. Diversi
studi finora pubblicati hanno evidenziato un aumentato rischio di malformazioni “minori” in
bambini esposti alla fluoxetina, rischio di parto pretermine e scarso adattamento neonatale (15).
Analoghi risultati sono stati ottenuti anche per sertralina e paroxetina, con rischio di malformazioni
maggiori pari ad 1,4%. Nonostante siano meno numerosi, anche gli elementi relativi agli altri SSRI
sono rassicuranti, non avendo evidenziato un aumento del rischio teratogeno o del numero di aborti
spontanei (16, 17). I precedenti studi epidemiologici sugli esiti della gravidanza, a seguito di
esposizione, durante il primo trimestre, ad inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina
(SSRI), compresa la paroxetina, non hanno fornito un’evidenza di aumento del rischio di
malformazioni maggiori per i farmaci SSRI. Sono ad oggi disponibili i risultati di tre piccoli studi
epidemiologici di tipo caso-controllo, basati su dati raccolti prospetticamente in donne esposte a
paroxetina durante il primo trimestre di gravidanza (18), inoltre un piccolo studio retrospettivo su
19 gravidanze con esposizione a paroxetina basato sulla revisione delle cartelle cliniche ha mostrato
incidenze di anomalie congenite in accordo con quelle della popolazione generale (19). La
valutazione, pubblicata sul Registro Medico Svedese delle Nascite (20 ) non ha riscontrato un
incremento dell’incidenza di malformazioni congenite in seguito ad esposizione a paroxetina
durante le fasi iniziali della gravidanza. Un ulteriore studio di tipo caso controllo, utilizzando il
Registro Medico Svedese delle Nascite, sull’assunzione di farmaci durante le prime fasi della
gravidanza e il rischio di difetti cardiovascolari non ha indicato un’associazione con l’impiego di
antidepressivi SSRI (21). In uno studio recente valutando i dati ottenuti dallo Studio Nazionale
sulla Prevenzione dei Difetti alla Nascita relativo ai bambini nati nel periodo 1997-2001, hanno
riscontrato un’associazione fra esposizione ad uno qualsiasi degli SSRI e la nascita di un bambino
con craniosinostosi o con onfalocele, il risultato più intenso è stato riportato in associazione alla
paroxetina (22). Per la paroxetina, infine, deve essere segnalato il risultato di una recente analisi
epidemiologica condotta dalla casa madre, dalla quale è emerso per questo antidepressivo un
maggiore rischio di malformazioni cardiovascolari (GSK Clinical Trial Register EPIP-083,
preliminary report). Secondo dati provenienti dal database della World Health Organization, la
paroxetina risulta il farmaco a maggiore rischio di indurre una sindrome da sospensione neonatale.
Al fine di escludere l’influenza sullo sviluppo neuro cognitivo di una depressione maggiore o di
sintomi depressivi insorti in corso di gravidanza, è stato effettuato uno studio caso controllo da cui è
emerso come ad un analogo sviluppo mentale si associasse, in realtà, una differenza relativa allo
sviluppo ed al controllo motorio, che negli esposti appariva leggermente ritardato( 23). I neonati
dovrebbero essere tenuti sotto osservazione se l’uso materno di Paroxetina continua negli stadi più
avanzati della gravidanza, in particolare nel terzo trimestre, sfociando nei seguenti sintomi stress
respiratorio, cianosi, apnea, convulsioni, temperatura instabile, difficoltà nell’alimentazione,
vomito, ipoglicemia, ipertonia, ipotonia, iperreflessia, tremore, nervosismo, irritabilità, letargia,
pianto costante, sonnolenza e difficoltà nell’addormentamento. Tale sintomatologia potrebbe essere
dovuta o agli effetti serotoninergici o ai sintomi da sospensione. Nella maggior parte dei casi le
complicanze iniziano immediatamente al momento del parto o subito dopo ( meno di 24 ore ).
Tuttavia, sono comuni dopo l'uso di SSRI in gravidanza avanzata, sintomi neonatali transitori che
includono manifestazioni gastrointestinali e sintomi respiratori nell'immediato periodo neonatale. Il
rischio
in seguito ad assunzione di paroxetina nella popolazione generale
di malformazioni
congenite è di circa il 3%, e di malformazioni cardiovascolari dell’ 1%. I tassi di aborto spontaneo
variano nella popolazione generale tra il 15% e il 20%. Nascite pre-termine si verificano in circa il
13% delle gravidanze. Esiti neonatali, quali Ipertensione polmonare persistente del neonato
(PPHN) presentano una minore incidenza.
Per tutti gli antidepressivi sono stati segnalati nel neonato sintomi da sospensione che tuttavia si
sono dimostrati reversibili entro un paio di settimane. Attualmente sono stati effettuati tre studi
relativamente grandi con risultati contrastanti sull'associazione tra l’assunzione di
SSRI e lo
sviluppo di Ipertensione polmonare persistente (PPHN) nei neonati (24,25,26). Nonostante la
possibile associazione, il rischio assoluto rimane piccolo con meno dell’ 1% dei neonati esposti a
sviluppare la patologia. La Sindrome da astinenza neonatale rimane un'area attiva di polemiche
anche se l'interpretazione della letteratura è compromessa dalla mancanza di una definizione
specifica per tale sindrome, strumenti di misura specifici, criteri per gravità e studi in cieco. La
prima relazione sulla sindrome da sospensione nei neonati esposti agli antidepressivi risale al 1973
(27). Non è chiaro se la "sindrome da astinenza neonatale" sia in realtà una conseguenza della
sospensione del farmaco antidepressivo o sia dovuta a un meccanismo di tossicità. Diversi casi di
sindrome da astinenza neonatale sono stati riportati , un caso di sindrome da astinenza neonatale
insorta nelle prime ore di vita in un bambino esposto in utero a Paroxetina ( Eutimil, Seroxat,
Sereupin ) ed Olanzapina ( Zyprexa ) per uno stato depressivo della madre, alla nascita il bambino
presentava un quadro di sofferenza perinatale con cianosi, bradicardia, respiro assente, ipotono
generalizzato; 15 minuti dopo la nascita compariva opistotono e dopo sei ore una crisi tonico
clonico generalizzata. Altri due casi di sindrome da astinenza neonatale provenienti dalla letteratura
sono presenti nella rete nazionale e si riferiscono a due gemelli nati alla 33° settimana di gestazione,
nei quali erano presenti anche un’anomalia cardiovascolare congenita e dismorfismo facciale.
Conclusioni
Il trattamento della depressione materna durante la gravidanza e nell'immediato periodo neonatale è
uniformemente raccomandato, nonostante i potenziali effetti collaterali sul feto e sul neonato. Gli
inibitori selettivi del reuptake della serotonina sono al momento considerati gli antidepressivi di
scelta nel trattamento della depressione in gravidanza. Le informazioni ad oggi disponibili sulla
sicurezza di impiego in gravidanza degli antidepressivi inibitori selettivi del reuptake della
serotonina (SSRI) sono copiose . I loro benefici effetti in gran parte prevalgono sui potenziali rischi
fetali / neonatali, ed è difficile che si verifichi un marcato effetto teratogeno con la possibile
eccezione di un aumentato rischio di difetti cardiovascolari dopo l'uso di paroxetina. La sicurezza
sull’ uso degli antidepressivi durante la gravidanza sembra essere in gran parte rassicurante, ma
rimangono due problematiche molto importanti tra cui la sindrome da astinenza neonatale e
l’ipertensione polmonare primaria del neonato (PPHN). Tuttavia l'interruzione di antidepressivi
durante o subito prima della gravidanza è associata ad un alto tasso di recidiva. Tuttavia il mancato
trattamento di una depressione espone sia la madre che il feto ed il neonato a diversi rischi, quali
aborto spontaneo, alterazioni nell’attività e nello sviluppo fetale, parto pretermine, basso peso alla
nascita, basso indice di Apgar. In sintesi, l'uso di antidepressivi in gravidanza è accettabile. Le
decisioni terapeutiche si basano sulle gravità dei sintomi materni e su un’analisi soggettiva del
rapporto rischio / beneficio. Questi farmaci dovrebbero essere usati alla minima dose efficace ed
eventualmente frazionati nel corso della giornata per evitare picchi ematici. Inoltre, qualora
possibile dovrebbero essere evitate politerapie , onde evitare un ulteriore aumento del rischio fetale.
Sospendere gradualmente il trattamento o ridurre la posologia alcune settimane prima del parto, allo
scopo di minimizzare i fenomeni di tossicità neonatale, in particolare sintomi da sospensione, e
infine controllare attraverso un regolare monitoraggio strumentale (ecocardiogramma, ecografia con
ultrasuoni ad alta risoluzione) lo sviluppo fetale durante la gestazione.
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