Appunti di Elettromagnetismo

M.T., M.T.T.
Appunti di Fisica per Scienze Biologiche – Vers. 3.4
23/09/2005
L’Elettrostatica
I costituenti elementari della materia possiedono, oltre alla massa, la carica elettrica.
La carica elettrica si misura in Coulomb ( C ) ed il valore più piccolo finora osservato è
la carica dell’elettrone pari a qe = −1. 61 • 10 − 19 C . In natura esistono corpi dotati di carica elettrica positiva, altri negativa, altri ancora nulla (in ogni caso la carica è un
multiplo intero della carica dell’elettrone).
Forza di Coulomb: un corpo puntiforme dotato di carica elettrica q 1 esercita su un
secondo corpo puntiforme dotato di carica elettrica q 2 una forza d’intensità:
FC =
1 q1q 2
dove r12 è la distanza tra i corpi
4πε 0 r122
mentre ε 0 = 8.86 • 10
− 12
C2
N • m2
A
r
F2
è la costante
dielettrica del vuoto. E’ utile ricordare anche
2
1
l’espressione
= 8. 98 • 10 9 N • m 2 .
C
4πε 0
La for za si esercita lungo la direzione che unisce
i due corpi e per il Terzo Principio della Dinamica
B
r
F2
•
q1
•
q1
r12
r12
r
F1
•
q2
r
F1
•
q2
Fig. 31. Esempi di forza di Coulomb:
A - cariche dello stesso segno si respingono,
B - cariche di segno opposto si attraggono.
il secondo corpo esercita sul primo una forza di
pari intensità, stessa direzione ma verso opposto. I corpi dotati di carica elettrica
dello stesso segno esercitano l’uno sull’altro una forza repulsiva, mentre i corpi dotati
di carica di segno opposto esercitano l’uno sull’altro una forza attrattiva. Per esempio,
nel caso A riportato in figura 31 le due cariche hanno lo stesso segno e la carica q 1
r
esercita sulla carica q 2 la forza repulsiva F1 mentre q 2 esercita su q 1 la forza
r
r
anch’essa repulsiva F2 = −F1 . Nel caso B le due cariche hanno segno opposto ed
r
r
esercitano l’una sull’altra una forza attrattiva ed anche in questo caso vale F2 = −F1 .
La forza elettrostatica agisce a distanza. Possiamo quindi immaginare che una qualunque carica elettrica Q “estenda” la sua presenza al volume che la circonda. E’ come se
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la singola carica elettrica posta nel punto P avesse registrato in tutti gli altri punti
dell’Universo l’informazione della sua presenza in P . Non appena una seconda carica q
viene ad occupare un punto del volume questa presenza si manifesta sotto forma di
una forza agente sulla carica q pari a F =
1 qQ
. Per de scrivere questa presenza
4πε 0 r 2
r
r
r F
utilizziamo la grandezza vettoriale campo elettrico E definito come E =
. Nel
q
caso di una carica puntiforme il campo elettrico ha le seguenti proprietà:
- è diretto radialmente verso la carica Q che lo ha generato se Q < 0 , oppure è
diretto in direzione opposta se Q > 0 , ed
- il suo modulo in un punto distante r vale E =
1 Q
.
4πε 0 r 2
Il campo elettrico viene misurato in N/C oppure Volt/metro ( V/m ).
In generale per calcolare la forza esercitata da una distribuzione qualunque di cariche
su una carica q posta in un punto P è sufficiente calcolare il valore del campo
r
elettrostatico E come somma vettoriale dei campi elettrici generati dalle singole
cariche della distribuzione nel punto P (Principio di sovrapposizione) e ricavare la
r
r
forza elettrostatica moltiplicando il valore del campo per q: F = qE .
E’ possibile rappresentare graficamente la presenza nello
spazio del campo elettrico mediante la tracciatura di linee, dette linee di campo, con la condizione che in ogni
r
E
r
E
punto dello spazio il campo elettrico sia tangente alla
linea di campo che passa per quel punto. La maggiore
densità di linee corrisponde ad una maggiore intensità del
campo elettrico.
Fig. 32. Linee di campo e campo
elettrico.
Non è possibile che due linee di campo si intersechino.
Le linee di campo sono uscenti dalle cariche positive ed entranti verso quelle negative.
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Il dipolo elettrico è formato da due cariche puntiformi q di segno opposto e mantenute alla distanza
q
fissa d . La forma del campo elettrico, riportata in
figura 33, è radiale vicino alle singole cariche come
r
P
nel caso di una carica puntiforme libera, mentre
allontanandosi
dalle
cariche
le
linee
di
campo
−q
risentono della presenza dell’altra carica e piegano in
modo tale che ogni linea che parte dalla carica q
finisce sulla carica − q . La grandezza vettoriale che
Fig. 33. Campo elettrico generato da un
dipolo
r
r
lo descrive è il momento di dipolo P = qd orientato come in figura 33. Il valore del
campo elettrico generato dal dipolo si può calcolare in ogni punto dello spazio come
r
r
r
somma dei campi generati dalle singole cariche E = E q + E −q . Se un dipolo elettrico si
trova immerso in un campo elettrico esterno uniforme la carica positiva risentirà di
una forza uguale ma di verso opposto alla forza che subisce la carica negativa (la
r
r
r
r
positiva risentirà di una forza F = +qEest e quella negativa di una forza F = −q Eest ).
L'insieme di queste due forze uguali e contrarie (coppia di forze) tenderà a far
ruotare il dipolo. Si dice che un dipolo immerso in un campo esterno subisce un
momento meccanico di rotazione di intensità pari a M = PEest sin α dove α è l'angolo
formato tra la direzione del vettore momento di dipolo P e la direzione del campo
elettrico esterno.
Il dipolo elettrico è una buona approssimazione del
comportamento di molte molecole (esempio H2O) che
presentano una distribuzione di cariche positive e
negative. In condizioni normali i dipoli delle singole
molecole sono orientati in modo casuale, pertanto la
r
E est
somma vettoriale dei loro campi elettrici è nulla,
mentre in presenza di un campo elettrico esterno
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Fig. 34. Polarizzazione dei dipoli
molecolari in presenza di un campo
elettrico esterno.
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r
r
r
E est gli stessi ruotano in modo da orientare P parallelamente al campo E est , In questo
modo il campo elettrico all’interno del materiale risulta essere la somma vettoriale del
campo generato da ciascun dipolo (adesso tutti orientati nello stesso verso) e del
r
campo elettrico esterno e pertanto risulterà minore di E est .
Materiali che si comportano in questo modo vengono detti dielettrici e le loro proprietà elettriche vengono descritte mediante la costante dielettrica relativa ε r sem-
r
pre maggiore di 1. Si può dimostrare che l’intensità del campo elettrico esterno Eest
r
r
r E
assume all’interno del dielettrico il valore (minore di Eest ) E = est .
εr
La forza elettrostatica è conservativa e pertanto è possibile definire l’energia potenziale U che per la forza di Coulomb vale: U (r ) =
1 q 1q 2
. In particolare l’energia
4πε 0 r
r
r r
potenziale per un dipolo in presenza di un campo esterno E est è U = −P • E est .
r
r
Analogamente alla relazione F = qE che lega il campo elettrico alla forza elettrostatica, è possibile scrivere la relazione U = qV
che lega l’energia potenziale U al
potenziale elettrico V . Questa grandezza fisica scalare ha come unità di misura nel
sistema SI il Volt (V = J/C ) e pertanto il campo elettrico si può misurare in V/m . Nel
caso di una carica puntiforme Q
vale la relazione V (r ) =
1 Q
4πε 0 r
mentre per
configurazioni più complicate rimandiamo alla tabella successiva. Al pari del campo
elettrico, il potenziale elettrostatico è definito in tutti i punti dello spazio e dipende
dalle cariche elettriche presenti e può essere calcolato con il principio di
sovrapposizione V = ∑Vi . Si osservi che questa è una somma di grandezze scalari,
i
r
r
mentre E = ∑ Ei è una somma vettoriale ed il calcolo è più complicato. Per questa
i
ragione, per calcolare il campo elettrico generato da una distribuzione di cariche, è
conveniente calcolare prima il potenziale elettrico mediante la somma di grandezze
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r
dV
scalari V = ∑Vi e successivamente calcolare E mediante la relazione E x = −
che
dx
i
lega ciascuna delle tre componenti del campo elettrico al potenziale elettrico.
Per calcolare il lavoro fatto dalla forza elettrostatica basta ricordare che per forze
conservative vale L = − ∆U . Per calcolare la variazione dell’energia potenziale ∆U per
una carica che si muove da un punto x 1 ad un punto x 2 è quindi sufficiente valutare
l’espressione ∆U = q V
[ (x 2 ) − V (x 1 )] dove V (x ) è il potenziale elettrico generato dalle
altre cariche presenti. La carica q in presenza di un potenziale elettrico V acquista
quindi un’energia potenziale U = qV e, se lasciata libera, tenderà a muoversi verso il
punto dove U assume il valore minimo.
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Partendo dalla legge di Coulomb ed utilizzando il teorema di Gauss è possibile calcolare il campo elettrico generato da una qualunque configurazione di cariche. Nella tabella seguente sono riportati alcuni casi particolari.
Configurazione
Campo elettrostatico
carica
forme
E =
punti -
Potenziale elettrostati co
Q 1
2
4πε 0 r
il campo è radiale
V (r ) =
Q 1
4πε 0 r
V ( ∞) = 0
dipolo
componente
lungo l’asse //
mop = qd
mento di dipolo
(C • m )
dipolo
componente
Ex =
1 p (2y − x )
5
πε
4 0 (x 2 + y 2 ) 2
Ey =
1
3 pxy
5
4πε 0 (x 2 + y 2 ) 2
lungo l’asse ⊥
sfera uniformemente carica di raggio R
ρ = densità di
carica (C/m3 )
Q =
4
π R 3ρ =
3
carica totale
superficie sferica uniformemente carica
densità
σ=
superficiale di
carica (C/m2 )
Q = 4π R 2σ =
carica totale
filo
infinito
uniformemente
carico
λ = densità lineare di carica
( C/m )
anello di raggio
R
uniformemente carico,
in un punto
dell’asse
piano infinito
uniformemente
carico
ρ
r
3ε 0
3
ρ R
E =
2
3ε 0 r
Q 1
=
2
4πε 0 r
E =
E =0
E =
=
E =
E =
densità
σ=
superficiale di
carica (C/m2 )
2
E =
2
r ≤R
r ≤R
σ R
ε0 r 2
Q 1
2
4πε 0 r
qz
4πε 0 (z + R
2
)
3
2
σ
2ε 0
ρ  2 r2 
 R −

2ε 0 
3
V (r ) =
ρ R3
Q 1
=
3ε0 r
4πε 0 r
σ
R r ≤R
ε0
σ R2
Q 1
=
V (r ) =
ε0 r
4πε 0 r
V ( ∞) = 0
il campo è radiale rispetto
al centro della
sfera
V (r ) =
il campo è radiale al filo
V (r ) = −
Il campo è
diretto lungo
l’asse
il campo è
perpendicolare al piano
68
V (r ) =
r ≤R
r >R
V ( ∞) = 0
r >R
λ 1
2πε 0 r
2
il campo è radiale rispetto
al centro della
sfera
r >R
2
p cos θ 1
2
4πε 0 r
V (r , θ ) =
V (z ) = −
V (d ) = −
V ( 0) = 0
λ
ln r
2πε 0
q
4πε 0 z 2 + R 2
σ
d
2ε 0
r >R
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Esempi
1. Modello
dell'atomo
di
Bohr. Un elettrone di massa
me = 9.1 • 10−31 kg e carica
qe = −1.61 • 10−19 C ruota attorno al nucleo atomico, costituito nel caso dell’idrogeno da un
singolo protone. Sapendo che percorre una circonferenza di raggio R = 5.3 • 10
carica del protone è q p = +1. 61 • 10
a)
b)
c)
d)
−19
−11
m e che la
C , calcolare:
la forza elettrostatica fra elettrone e protone;
il potenziale generato dal protone alla distanza R a cui si trova l'elettrone;
la velocità orbitale con cui l'elettrone percorre la circonferenza;
l'energia totale posseduta dall'elettrone
Soluzione:
a) Dalla legge di Coulomb si ottiene Fe =
1 qe q p
= 8.2 • 10 −8 N
4πε 0 R 2
b) Dalla definizione di potenziale per una carica puntiforme V (R ) =
1 qp
= +27.2 V
4πε 0 R
c) L'elettrone, sotto l'azione della forza elettrostatica, percorre una circonferenza di raggio
R, per cui occorrerà collegare tramite il Secondo Principio della Dinamica la forza
elettrostatica
all’accelerazione
centripeta,
ottenendo
v = 2.2 • 106 m/s
Fe = m
v2
R
da
cui
si
ottiene
d) L'energia totale è la somma dell'energia cinetica K e dell'energia potenziale U :
K = 1 2 mv 2 = 2.17 • 10 − 18 J
U (R ) = qeV (R ) = −4.35 • 10−18 J
− 18
Pertanto Etot = K + U = −2.18 • 10
J = -13.6 eV
dove si è espresso il risultato utilizzando l'unità di misura elettronvolt, definita come
l'energia acquistata da un elettrone quando attraversa la differenza di potenziale di un Volt:
1 eV = 1.61 • 10−19 J
Si noti che nel risultato ottenuto Etot < 0 , in generale questo indica uno stato legato, in altre
parole, indica che la configurazione è stabile ed è necessario fornire energia per portar via
l'elettrone (energia di ionizzazione).
2. Una carica puntiforme q1 = 5 µC è fissata nell'origine ed una seconda carica q2 = −2µC è posta sull'asse x , ad una distanza
d = 3m , come in figura 35. Calcolare:
a) il campo elettrico in un punto P , sull'asse y , a una distanza
y
P
di 4 m dall'origine;
b) il potenziale nel punto P ;
c) il lavoro richiesto per portare una terza carica puntiforme
69
θ
q1
q2
Fig. 35. Problema 2.
x
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q3 = 4 µC dall'infinito al punto P ;
d) la forza elettrostatica che agisce su q 3 posta in P ;
e) l'energia potenziale totale del sistema costituito dalle tre cariche nella configurazione
finale.
Soluzione:
a) Il campo elettrico è la somma vettoriale dei campi elettrici generati dalle due cariche. Per
semplicità conviene calcolare le due componenti E x ed E y .
− 2 µC
1 q2
1
3
cos θ = −
2
2
2
2
2
2
4πε 0 r2P
(4 + 3 )m 4 + 32 = 431 V/m
4π × 8. 86 • 10 −12 C
2
N•m
1 q1
1 q2
Ey =
+
sin θ =
4πε 0 r1P2 4πε 0 r22P
 5 µC

− 2µC
1
4
 2 2 + 2
 = 2232 V/m
=
2
2
4 m

2
2
− 12 C 2
(
4
+
3
)
m
4
+
3
4π × 8. 86 • 10

2 
N•m
r
pertanto il campo elettrico E avrà modulo E = Ex 2 + E y 2 = 2273 V/m e direzione rispetto
Ex = −
all'asse x data da ϑ = arctg
Ey
Ex
≈ 79° .
b) Il potenziale è la somma dei potenziali generati dalle singole cariche VP = V1 +V2 .
5 µC
1 q1
1
=
= 11 .2 kV
2
−
12
4πε 0 r1P
4m
4π × 8. 86 • 10 C
2
N•m
− 2 µC
1 q2
1
V2 =
=
= −3.6 kV
2
4πε 0 r2P
4π × 8.86 • 10 −12 C
42 + 32 m
2
N•m
da cui VP = 11.2 kV − 3.6kV = 7.6kV
V1 =
c) Il lavoro è dato da L = ∆U = UP − U ∞ = q3 V
( P −V∞ ) = 4 µC × (7.6kV − 0 kV) = 30.4 mJ
L = −∆U = −30.4 mJ è il lavoro fatto dalla forza elettrica
L = ∆U = 30.4 mJ è il lavoro fatto contro la forza elettrica
d)
Conoscendo
−6
il
campo
elettrico
possiamo
−3
ricavare
la
forza
elettrostatica
F = q3E = 4 • 10 C × 2273V/m = 9.1 • 10 N , stessa direzione e verso del campo elettrico.
e) Il modo migliore per calcolare l’energia potenziale è di costruirla immaginando di portare al
proprio posto da un punto all’infinito le tre cariche una alla volta, partendo da una situazione
iniziale priva di cariche elettriche.
U1 = 0 : q1 non risente di alcun potenziale elettrico;
1 q1q 2
U 2 = q 2V1 (r12 ) =
: q2 risente solo della presenza di q1 .
4πε 0 r12
U3 = q3V1 (r13 ) + q3V2 (r23 ) =
1  q1q3 q2q3 
+
: q risente della presenza di q1 e q2 . Da cui:
4πε 0  r13
r23  3
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U = U1 + U2 + U3 =
=
 5 µC × (− 2 µC ) 5 µC × 4 µC − 2 µC × 4 µC 

 = 0.6 mJ
+
+
2
2
− 12 C

3
m
4
m
4π × 8.86 • 10
4 + 3 m 
N • m2 
1
2
3. Una lamina estesa non conduttrice è caricata con una densità
superficiale di carica σ = +2 • 10
−6
C/m2 . Una piccola sfera di massa
m = 1 g e carica q = 2 • 10−5 C è tenuta in un punto A , alla distanza
a = 12 cm dalla lamina. Calcolare:
A
B
+σ
a) il campo elettrico generato nello spazio circostante dalla
distribuzione piana di carica;
b) la forza che agisce sulla sferetta.
Fig. 36. Problema 3.
Se la sferetta viene lasciata libera di muoversi, con velocità iniziale
vA = 0 , calcolare:
c) il lavoro fatto dalla forza elettrica quando la sferetta si sposta dal punto A fino a un
punto B con b = 24 cm ;
d) la velocità con cui la sferetta passa per il punto B .
Soluzione:
a) Un piano infinito caricato uniformemente genera nello spazio circostante un campo
elettrico ortogonale alla lamina costante (indipendente dalla distanza dal piano) di modulo
E =
σ
2 • 10 −6
=
= 1.1 • 103 N/C uscente dalla lamina (σ > 0 )
− 12
2ε 0 2 × 8.85 • 10
b) Conoscendo il campo elettrico, possiamo determinare la forza che agisce sulla sferetta:
F = qE = 2.2 • 10−2 N
c) Possiamo calcolare il lavoro come differenza di energia potenziale fra i due punti,
esprimendo questa attraverso il potenziale:
LAB = UA − UB = q (VA − VB ) = q
−σ
(a − b ) = 2.6 • 10 −3 J
2ε 0
d) Applichiamo il teorema lavoro energia cinetica: LAB = 12 mv B 2 − 21 mvA 2 e ricordando che
vA = 0 , si ricava vB = 2.3 m/s .
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La Capacità Elettrica
Immaginiamo una sfera metallica di raggio R in cui è stata depositata una certa carica Q costituita da un certo numero di portatori di carica (per esempio elettroni).
Questi esercitano l’uno sull’altro una forza elettrostatica repulsiva, e potendosi muovere solo all’interno del conduttore si dispongono sulla superficie della sfera in modo
tale da ridurre al minimo le forze esercitate. Si può dimostrare con il Teorema di
Gauss che in questa configurazione il campo elettrostatico all’interno del conduttore è
nullo e tutti i punti della superficie sono allo stesso potenziale V =
che per la sfera metallica il rapporto C =
1 Q
. Si osservi
4πε 0 R
Q
= 4πε 0 R non dipende dalla carica
V
depositata ma solo dalla geometria del conduttore.
Questa proprietà è generale e possiamo definire il rapporto C =
Q
capacità eletV
trica. Nel sistema SI la capacità si misura in Farad ( F ).
Si chiama condensatore il sistema formato da due conduttori (detti armature del
condensatore) posti molto vicini uno di fronte all'altro. Se si pone una carica + Q su
una delle armature, per il fenomeno dell'induzione elettrostatica, sull'altra armatura
vengono indotte cariche di segno opposto pari a − Q e tra le due armature si
stabilisce una differenza di potenziale ∆V = V2 − V1 . Si definisce capacità di un
condensatore il rapporto C =
Q
∆V
talvolta, per semplicità, si indica solo con V la
differenza di potenziale tra le armature.
Un tipo di condensatore di uso comune è il condensatore a facce piane parallele dove
due superfici conduttrici di forma identica e superficie S sono affacciate l’un l’altra
ad una distanza d . In questo caso è possibile dimostrare che la capacità vale
C = ε0
S
e che il campo elettrico all’interno del volume del condensatore è costante
d
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in ogni punto e vale E =
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V
. Il volume delimitato dalle armature del condensatore
d
contribuisce al valore della capacità, infatti inserendo un materiale dielettrico con una
costante dielettrica relativa ε r la capacità diventa C = ε 0 ε r
S
.
d
E’ possibile inoltre dimostrare che per depositare la carica Q sulla superficie di un
condensatore è necessario fare un lavoro pari a L =
1 Q2 1
= 2 CV 2 . L’energia è accumu 2 C
lata nel volume del condensatore e può essere riutilizzata permettendo la scarica del
condensatore attraverso un conduttore collegato verso massa.
In circuiti elettrici complessi si dice che due condensatori C1 e C 2 sono in serie,
quando sulle armature hanno la stessa carica Q1 = Q2 e pertanto la differenza di
potenziale elettrico sarà data per i singoli condensatori da ∆Vi =
Q
, mentre si dice
Ci
che sono in parallelo quando tra le loro armature esiste la stessa differenza di
potenziale
∆V1 = ∆V2
e pertanto la carica indotta sulle armature dei singoli
condensatori sarà data da Qi = C i ∆V .
E’ possibile dimostrare (vedi esempi) che due o più condensatori in serie sono
equivalenti ad un condensatore il cui valore è dato da
1
1
=
CS ∑
C
i
i
mentre più
condensatori in parallelo sono equivalenti ad un condensatore il cui valore è dato da
C // =
∑C
i
i
. Questo significa che sostituendo in un circuito un gruppo di condensatori
con il loro condensatore equivalente, le prestazioni del circuito non cambiano, cioè
applicando al circuito di partenza ed al condensatore equivalente la stessa differenza
di tensione ∆V viene indotta la stessa carica elettrica Q .
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Esempi
1. Verificare la formula dell’energia accumulata in un condensatore a facce piane parallele.
Soluzione: è necessario partire dal condensatore completamente scarico e caricarlo lentamente spostando di volta in volta cariche δq molto piccole (per esempio elettroni)
dall’armatura • all’armatura ‚ aumentando così la carica positiva + q sull’armatura ‚ e della
stessa quantità la carica negativa − q sull’armatura • fino al raggiungimento del valore finale
Q . Il lavoro per portare la prima carica è ovviamente nullo, ma per tutte le altre occorre ora
superare la differenza di potenziale ∆V = C • q generata dalle cariche q precedentemente
spostate. Per farlo è necessario compiere il lavoro δL = δq • ∆V ovvero δL = Cδq • q . Per
trovare il lavoro totale è sufficiente a questo punto sommare tutti i lavori individuali
L = ∑ δ L = C ∑ δq • q .
Il modo più diretto per effettuare il calcolo è trasformare la somma in un integrale di cui è
nota la primitiva L = C
Q
∫ qdq
0
Q
= 12 C q 2 0 = 21 CQ 2
2. Calcolare la capacità equivalente di due condensatori in serie.
Soluzione: occorre trovare il valore della capacità sulla quale viene
indotta la stessa carica Q una volta che viene applicato la stessa
differenza di potenziale ∆V cioè C = Q
∆V . Basta quindi osser-
vare che poiché due armature sono collegate tra loro ma isolate dal
resto del circuito la carica indotta deve essere la stessa per i due
condensatori, inoltre deve valere ∆V = ∆V1 + ∆V2 :
C =
Q
Q
=
∆V
∆V1 + ∆V2
⇒
∆V1 + ∆V2
1
1
1
=
=
+
C
Q
C1 C2
C1
C2
∆V1
∆V2
∆V
Fig. 37. Problema 2.
3. Calcolare la capacità equivalente di due condensatori in parallelo.
Soluzione: occorre trovare il valore della capacità sulla quale
viene indotta la stessa carica Q una volta che viene applicato la
stessa differenza di potenziale ∆V cioè C = Q
∆V
. Basta
quindi osservare che le armature dei due condensatori che sono
collegate tra loro sono allo stesso potenziale (se così non fosse
ci sarebbe uno spostamento di cariche dall’una all’altra arma tura fino all’annullamento di tale differenza) e che la carica totale indotta è pari alla somma Q = Q1 + Q2 :
Q + Q2
Q
Q
Q
C =
= 1
= 1 + 2 = C1 + C 2
∆V
∆V
∆V
∆V
Q1
C1
Q2
C2
∆V
Fig. 38. Problema 3.
74
M.T., M.T.T.
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4. Due condensatori di capacità C 1 = 3pF e C 2 = 5 pF sono collegati in serie e fra le
armature estreme viene applicata una d.d.p. di ∆V = 1000V . Calcolare:
a) la capacità equivalente;
b) la carica elettrica totale
c) la d.d.p. tra le armature di ciascun condensatore;
d) l’energia totale immagazzinata nei due condensatori.
Soluzione:
−1
 1
1
1
1
1 
 = 1 .875pF .
a) I due condensatori sono in serie, quindi
=
+
⇒ Ceq = 
+
C eq C 1 C2
 3pF 5pF 
b) La carica elettrica totale è data da Q = ∆V × C eq = 1000V × 1 .875pF = 1 .875nC .
c) Poiché i due condensatori sono in serie la carica indotta è la stessa e pari alla carica totale,
pertanto ∆V1 =
Q
1. 875nC
Q
1 .875nC
=
= 625V e ∆V2 =
=
= 375V
C1
3pF
C2
5pF
d) L’energia immagazzinata è data da E =
1 Q 2 (1 . 875nC )2
=
= 9. 375 • 10 − 7 J
2 C eq
1. 875pF
−4
5. Una goccia di olio carica e di massa m = 2.5 • 10 g si trova fra le due armature di un
condensatore a facce piane e parallele orizzontali distanti
d = 0.5 cm e di area
2
A = 200 cm . Si osserva che la goccia è in equilibrio quando l'armatura superiore possiede
una carica q = 4 • 10
−7
C e quella inferiore una carica uguale ed opposta. Calcolare:
a) la capacità del condensatore;
b) il valore del campo elettrico all'interno del condensatore;
c) la carica elettrica sulla goccia.
Soluzione:
a) La capacità è data dalla formula C = ε 0
S
da cui
d
200 • 10 −4 m 2
= 36 • 10 − 9 F = 36pF
N•m
0.5 • 10 − 2 m
q
V
4 • 10 −7 C
b) Il campo è dato semplicemente da E =
=
=
= 2. 2 • 10 6 V m
d
Cd
36 pF × 0.5 • 10 −2 m
C = 8. 86 • 10 − 12 C
2
2
×
c) La carica elettrica Q sulla goccia deve giustificare l’equilibrio fra forza peso e forza
elettrostatica mg + QE = 0 da cui si ottiene:
Q =−
mg
mgCd
2.5 • 10 −7 kg × 9. 8m/s 2 × 36 pF × 0. 5 • 10 −2 m
=−
=−
= −1. 1 pC
E
q
4 • 10 −7 C
75
M.T., M.T.T.
Appunti di Fisica per Scienze Biologiche – Vers. 3.4
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La Corrente Elettrica
In natura esistono dei materiali detti conduttori che contengono elettroni che possono spostarsi abbastanza liberamente al proprio interno. Esempi tipici sono i metalli
ed in particolare il rame, l’alluminio, l’argento e l’oro. In generale se fra due punti di un
conduttore esiste una differenza di potenziale elettrico ∆V , una parte degli elettroni
del conduttore inizia a spostarsi verso il punto d’energia potenziale maggiore (gli
elettroni hanno carica elettrica negativa). Si instaura in questo modo un passaggio di
cariche nel tempo per cui, per un flusso constante nel tempo, possiamo definire la
corrente elettrica I
I =
come la quantità di carica che fluisce nell’unità di tempo
∆Q
. La corrente elettrica nel sistema SI viene misurata in Ampere ( A ). Questo
∆t
movimento si mantiene per tutto il tempo in cui esiste una differenza di potenziale
∆V e la corrente I risulta proporzionale a ∆V . Si chiamano conduttori ohmici quelli
per cui questa proporzionalità è lineare e possiamo dire che oppongono una resistenza
R costante al movimento delle cariche descritto dalle due Leggi di Ohm ∆V = RI e
R =ρ
l
S
essendo l la lunghezza del conduttore, S la sezione e ρ la resistività
propria di ogni materiale. Questo significa che per far scorrere una corrente I è
necessario mantenere una differenza di potenziale ∆V ai due estremi del conduttore
e se vogliamo far variare di un fattore k la corrente dobbiamo variare dello stesso
fattore la differenza di potenziale. Questa legge ci dice altresì che: se osserviamo un
passaggio di corrente attraverso un conduttore si può affermare che agli estremi
dello stesso è presente una differenza di potenziale elettrico. Nel sistema SI la
resistenza si misura in Ohm ( Ω ).
Cerchiamo di comprendere più a fondo questo fenomeno: in un intervallo di tempo ∆t
attraverso la resistenza R passerà una carica totale pari in modulo a Q = I∆t e
poiché ai due estremi della resistenza è presente una differenza di potenziale ∆V i
76
M.T., M.T.T.
Appunti di Fisica per Scienze Biologiche – Vers. 3.4
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portatori di carica elettrica (per esempio gli elettroni) subiranno una variazione di
energia potenziale pari a ∆U = Q∆V . Per il teorema della conservazione dell’energia
avremo che ∆K + ∆U = Lnc dove Lnc è il lavoro (negativo) fatto dalla resistenza R
nell’opporsi al passaggio della corrente elettrica. Poiché in un conduttore gli elettroni
si muovono con velocità circa costante e pertanto non subiscono una variazione di
energia cinetica, avremo che il lavoro speso per far passare una corrente I in un
intervallo di tempo ∆t è pari a Lnc = ∆U = I∆V∆t . La potenza dissipata è pertanto
P =
Lnc
∆V
2
= I∆V (Effetto Joule). In un conduttore ohmico vale anche P = I R =
R
∆t
2
.
Poiché deve valere ∆U < 0 , le cariche positive si muovono dal punto di potenziale
elettrico maggiore a quello di potenziale elettrico minore, mentre quelle negative si
muov ono in senso opposto.
I
Il circuito elettrico più semplice è quello rappresentato in figura 39, ed è costituito da un
condut tore con resistenza R
elettromotrice
f
costante
e da una forza
nel
tempo
f
+
−
R
∆V
(per
esempio una pila). Per semplicità si considerano i
tratti rettilinei del circuito a resistenza nulla per
Fig. 39. Circuito elettrico elementare.
cui vengono percorsi dalla corrente elettrica senza perdita di energia. Si noti che
punti appartenenti alla stessa linea retta si trovano allo stesso potenziale mentre la
differenza di potenziale tra punti posti agli estremi della resistenza vale ∆V . In
queste condizioni nel circuito scorre una corrente I = f R data dalla legge di Ohm.
In circuiti elettrici più complessi si dice che due resistenze R1 e R2 sono in serie
quando sono attraversate dalla stessa corrente I e la differenza di potenziale per le
singole resistenze sarà data da ∆Vi = IRi mentre si dice che sono in parallelo quando
ai loro capi esiste la stessa differenza di potenziale ∆V e pertanto la corrente che
attraversa le singole resistenze è data da Ii = ∆V R . E’ possibile dimostrare (vedi
i
77
M.T., M.T.T.
Appunti di Fisica per Scienze Biologiche – Vers. 3.4
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esempi) che due o più resistenze in serie sono equivalenti ad una resistenza il cui
valore è dato da RS = ∑ Ri mentre più resistenze in parallelo sono equivalenti ad una
i
resistenza il cui valore è dato da
1
1
= ∑ . Questo significa che sostituendo in un
R//
i Ri
circuito un gruppo di resistenze con la loro resistenza equivalente, le prestazioni del
circuito non cambiano, cioè applicando al circuito di partenza ed alla resistenza
equivalente la stessa differenza di tensione si osserva il passaggio della stessa
corrente.
78
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Esempi
1. Calcolare la resistenza equivalente di due resistenze in serie.
I
Soluzione: occorre trovare il valore della resistenza
attraverso la quale scorre la stessa corrente I una
volta che viene applicato la stessa differenza di po-
R1
R2
I . Basta quindi osservare
∆V1
∆V2
tenziale ∆V cioè R = ∆V
che ∆V = ∆V1 + ∆V2 ed applicare la legge di Ohm alle
∆V
singole resistenze:
R =
∆V1 + ∆V2 ∆V1 ∆V2
∆V
=
=
+
= R1 + R2
I
I
I
I
Fig. 40. Problema 1.
2. Calcolare la resistenza equivalente di due resistenze
in parallelo.
Soluzione: occorre trovare il valore della resistenza attraverso la quale scorre la stessa corrente I una volta
che viene applicato la stessa differenza di potenziale ∆V
cioè R = ∆V
I . Basta quindi osservare che I = I 1 + I 2
I1
R1
I2
R2
ed applicare la legge di Ohm alle singole resistenze:
R =
∆V
∆V
=
I
I1 + I 2
⇒
I
∆V
1 I 1 + I2
1
1
=
=
+
R
∆V
R1 R2
Fig. 41. Problema 2.
3. Descrivere il funzionamento del circuito riportato in figura 42.
Soluzione: anzitutto osserviamo che la forza
elettromotrice f genera tra i punti • e † una
differenza di potenziale V1 −V6 e che nel circuito
circola la corrente I . Tutti i punti tra
trovano allo stesso potenziale V1 . Il punto
• e ‚ si
ƒ invece si
trova ad un potenziale minore pari a V3 = V1 − ∆V1 a
seguito della caduta di potenziale ∆V1 = R1I , ed allo
stesso potenziale si trovano tutti i punti tra ƒ e „. Il
punto … si trova ad un potenziale ancora minore pari a
V5 = V 4 − ∆V2 e poiché questo è il potenziale di tutti i
punti compresi tra … e † si ottiene rapidamente la
seguente relazione V6 = V1 − ∆V1 − ∆V2 da cui
f = V1 −V6 = ∆V1 + ∆V2 = R1I + R2I
79
I
‚
•
f
†
…
R2
∆V2
Fig. 42. Problema 3.
∆V1
R1
„
ƒ
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4. Dato il circuito riportato in figura 43 con f = 5 V , R1 = 2 Ω , R2 = 4 Ω e R3 = R4 = 12 Ω
calcolare:
a) la
resistenza
equivalente
del
circuito;
b) la corrente che fluisce nella
resistenza R1 ;
c) la potenza erogata dalla batteria.
I
R2
f
R1
Soluzione:
R3
R4
a) Per calcolare la resistenza equivalente
basta osservare che R2 , R3 e R4 sono in
parallelo e che pertanto possono essere
sosti tuite da un’unica resistenza R//
1
1
1
1
=
+
+
= 0.42 Ω −1
R// R2 R3 R4
ottiene
R// = 2.4 Ω .
Il
da
cui
circuito
può
Fig. 43. Problema 4.
si
essere
I
ora
schematizzato come mostrato nella figura qui a fianco da
cui si vede che R1 e R// sono attraversate dalla stessa
f
R//
corrente I . Sono pertanto in serie e possono essere
sostituite
da
un’unica
resistenza
equivalente
R1
b) Per calcolare la corrente che attraversa la
resistenza R1 basta osservare che la corrente che
Fig. 44. Problema 4.
RS = R1 + R// = 4. 4 Ω
attraversa R1 è la stessa che attraversa RS ed applicare
la legge di Ohm al circuito equivalente:
I =
f
= 1 .14 A che corrisponde anche alla corrente che attraversa la batteria
RS
c) Possiamo adesso calcolare la potenza erogata dalla batteria P = If = 1. 14 A × 5V = 5. 7 W .
Si noti che la potenza erogata dalla batteria viene dissipata per effetto Joule nelle quattro
resistenze del circuito, infatti PJoule = I RS = (1. 14A) × 4. 4Ω = 5.7 W
2
2
80
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5. Si chiamano circuiti RC quei circuiti che, oltre a contenere delle resistenze, contengono
anche dei condensatori. Nel circuito rappresentato in figura 45 per esempio, quando viene
collegata la batteria, la corrente I , dopo aver
percorso le resistenze R3 ed R2 , arriva al nodo
a, dove si divide in due parti, una parte fluisce
nel ramo del circuito dove c'è la resistenza R1 e
f
un'altra parte nel ramo di destra dove c'è il
condensatore di capacità C . A questo punto, il
C
I
R1
condensatore, inizialmente scarico, inizia a
caricarsi immagazzinando cariche sulle sue
R3
armature e facendo quindi diminuire la corrente
che fluisce nel ramo del circuito dove c'è il
R2
condensatore. Si dice che il circuito è in regime
stazionario
quando
il
condensatore
è
a
completamente carico e nel ramo dove c'è il
condensatore la corrente si è ridotta a zero. Con Fig. 45. Problema 5.
riferimento al circuito rappresentato in figura si
assuma f = 50V , R1 = 200Ω , R2 = 100Ω , R3 = 50Ω , C = 1µF . In condizioni stazionarie, si
calcoli:
a) la corrente che fluisce attraverso la batteria;
b) la carica sulle armature del condensatore;
c) l’energia immagazzinata nel condensatore
Soluzione: In condizioni stazionarie nel ramo di destra del circuito, quello che contiene il
condensatore, non passa più corrente, quindi al nodo a la corrente proveniente da R2 fluirà
tutta in R1 . Pertanto, a regime, il circuito è equivalente a tre resistenze in serie collegate ad
una batteria ( Req = R1 + R2 + R3 = 350Ω ).
a) Per determinare la corrente basta applicare la legge di Ohm I =
f
= 143 mA
Req
b) Per calcolare la carica sulle armature del condensatore possiamo determinare la
differenza di potenziale tra le sue armature e ricordare la definizione di capacità
C =
Q
∆V
dove ∆V
è la differenza di potenziale ai capi del condensatore. Dalla
configurazione del nostro circuito, si vede che il condensatore è messo in parallelo alla
resistenza R1 , per cui dovrà essere:
∆V = IR1 = 0.143A • 200Ω = 28.6V e quindi Q = C∆V = 28.6 • 10 −6 C
c) Per calcolare l'energia immagazzinata nel condensatore, occorre ricordare che
E =
1
CV
2
2
=
1 Q2
= 0.41 • 10 −3 J
2 C
81
M.T., M.T.T.
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Il Magnetismo
In elettrostatica abbiamo visto che una carica q ferma, genera nello spazio un campo
r
elettrico E il cui modulo è proporzionale a q , in grado di esercitare una forza
elettrostatica su altre cariche. Analogamente una corrente elettrica genera nello
r
spazio un campo magnetico B in grado di esercitare una forza su altre cariche
elettriche in movimento. L’intensità del campo viene misurata nel sistema SI in Tesla
r
( T ). In analogia al campo elettrico possiamo rappresentare il campo B mediante
r
vettori tangenti alle linee di campo. Si può dimostrare che le linee del campo B ,
r
diversamente da E , sono sempre linee chiuse.
Filo rettilineo infinito: si può dimostrare che in
I
questo caso al passaggio di una corrente I viene
r
indotto un campo B la cui intensità è legata alla
r
r
distanza r dal filo mediante la legge di Ampere
r
B
µ I
B = 0
dove la costante µ 0 è la permeabilità
2π r
magnetica del vuoto e vale µ 0 = 4π • 10 −7 T • m A .
In questo caso le linee di campo sono delle
Fig. 46. Campo magnetico generato da
un filo rettilineo infinito percorso da
corrente.
circonferenze di raggio r con centro sul filo e poste su un piano perpendicolare alla
r
direzione del filo stesso mentre la direzione di B in ogni punto è tangente alla
r
circonferenza. La direzione del campo B si può ricavare mediante l’uso della mano
destra: tenendo la mano destra aperta con il pollice rivolto nella stessa direzione della
corrente si chiudano le altre quattro dita a pugno; il movimento di chiusura della mano
indica la direzione d’orientamento del campo magnetico.
82
M.T., M.T.T.
Appunti di Fisica per Scienze Biologiche – Vers. 3.4
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Solenoide: è costituito da un filo avvolto a spirale
attorno ad un cilindro cavo di sezione S . Per un
r
B
solenoide ideale (tale che la sua lunghezza L sia molto
I
maggiore del diametro del solenoide) si genera in ogni
punto all’interno del volume cilindrico un campo
magnetico d’intensità uniforme pari a B = µ 0nI , dove
Fig. 47. Solenoide.
N
è il numero di spire per unità di lunghezza.
L
r
La direzione del campo B si ottiene usando la regola della mano destra: chiudendo le
n=
quattro dita della mano destra con un movimento uguale a quello della corrente nelle
spire del solenoide il pollice indica la direzione del campo magnetico. In questo caso le
linee di campo all’interno del solenoide sono parallele all’asse dello stesso.
r
Forza di Lorentz: una carica elettrica q in movimento con velocità v in un campo ma-
r
r
r
gnetico è soggetta ad una forza pari a F = q v ∧ B . L’intensità della forza è data dal
prodotto F = qvB sinϑ dove ϑ è l’angolo formato fra la velocità della carica ed il
campo magnetico per cui l’intensità è massima quando la carica elettrica si muove perr
pendicolarmente al campo B ed è nulla quando si muove parallelamente. La direzione è
r
r
perpendicolare al piano individuato dai vettori v e B . Pertanto se i due vettori sono
r
perpendicolari tra loro e B è costante, il moto sarà circolare uniforme.
Forza su un filo percorso da corrente: Un filo
rettilineo di lunghezza l percorso da corrente
r
I immerso in un campo magnetico B subisce una
r r
r
forza pari a F = Il ∧ B .
Forza
fra
due
fili
paralleli
percorsi
da
I1
d
r
F1
I2
r
l
r
B1
corrente: sia d la distanza tra i due fili, la
corrente I1
del primo filo genera un campo
83
Fig. 48. Forza esercitata tra due fili
rettilinei percorsi da corrente.
M.T., M.T.T.
magnetico B =
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µ 0 I1
che esercita su un tratto l del secondo filo una forza pari a
2π d
r
r
r
F1 = I2l ∧ B orientata come in figura 48 ed il cui modulo, secondo la legge di Ampere,
vale F1 =
µ 0 I1I 2l
.
2π d
Il risultato del prodotto vettoriale è tale per cui la forza è attrattiva se il verso delle
due correnti è concorde come in figura 48 e repulsiva in caso contrario. Inoltre per il
r
Terzo Principio della Dinamica sul primo filo agisce una forza F2 di pari intensità e
r
r
direzione opposta di modo tale che F1 e F2 siano entrambe attrattive o repulsive.
84
M.T., M.T.T.
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Esempi
1. Un protone ( q = +1.6 • 10
−19
C
e
m = 1.67 • 10−27 kg ) si muove con una velocità
v = 8 • 10 6 m/s lungo la direzione positiva dell'asse x ed entra in una regione di spazio dove
è presente un campo magnetico B = 2.5T diretto nel verso positivo dell'asse y . Calcolare:
a) intensità e direzione della forza di deflessione che agisce sul protone;
b) il raggio della traiettoria circolare percorsa dal protone e la frequenza del moto;
c) la corrente che dovrebbe percorrere un solenoide di lunghezza l = 50 cm , formato da
1000 spire, per generare un campo B = 2.5T .
Soluzione:
a) Il protone è soggetto alla forza di Lorentz la cui intensità vale F = qvB sin ϑ , da cui
F = 1.6 • 10−19 C × 8 • 10 6 m/s × 2.5T = 3.2 • 10−12 N con direzione positiva lungo l’asse z .
b) Per ricavare il raggio basta considerare che, in questo caso, la forza centripeta del moto
circolare uniforme è data dalla forza di Lorentz, pertanto
sin 90° = 1 si può ricavare il raggio della circonferenza:
mv
R =
= 3. 34 cm .
qB
mv 2
= qvB sin ϑ e ricordando che
R
La frequenza del moto, ovvero l’inverso del periodo, si può ricavare ricordando che il periodo è
il tempo necessario per fare un giro completo:
mv
2πR
qB
2πm
1
T =
=
=
= 2.6 • 10 −8 s da cui f = = 3.8 • 10 7 Hz
v
v
qB
T
2. 5T
B
c) La corrente del solenoide è data da I =
=
= 10 3 A .
µ 0n 4π • 10 −7 T • m × 1000
A
0.5 m
2π
2. Con un lungo filo di rame (resistività ρ = 1.7 • 10
−8
Ωm ) di lunghezza l = 150 m e sezione
2
S = 0.5 mm si realizza un solenoide, formato da N = 1000 spire, lungo L = 40 cm . Se il
solenoide è collegato ad una batteria di 12 V, calcolare:
a) la corrente che percorre il solenoide;
b) l'energia dissipata per effetto Joule in t = 2s ;
c) il campo magnetico B all'interno del solenoide.
Soluzione:
l
150m
= 1. 7 • 10 −8 Ωm ×
= 5.1 Ω . Nota al
S
0.5 • 10 −6 m2
∆V
12V
resistenza la corrente si ricava dalla legge di Ohm I =
=
= 2.35A .
R
5.1 Ω
b) E = ∆VIt = 12V × 2. 35A × 2s = 56. 4J .
1000
−7
c) B = µ 0nI = 4π • 10 Tm/A ×
× 2.35A = 7.4 • 10 −3 T .
0.4m
a) Calcoliamo la resistenza del filo R = ρ
85
M.T., M.T.T.
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3. In un filo rettilineo infinito scorre una corrente I1 = 0. 5 A mentre in un secondo filo
parallelo al primo e distante d = 30 cm , scorre in direzione opposta una corrente I2 = 0.3 A .
Calcolare il vettore induzione magnetica B in un punto posto a metà tra i due fili e la forza
che viene esercitata su un elettrone che passa in quel punto con velocità v = 0.9 × c , parallela
ad I1 specificando verso quale dei due fili si muoverà l’elettrone.
Soluzione:
Nel punto intermedio il campo B è orientato lungo y ed
è dato dalla somma dei campi prodotti dalle due correnti
µ I
µ I
B = B1 + B2 = 0 1 + 0 2 . Pertanto
2π d
2π d
2
2
4π • 10 −7 Tm/A 0.5A + 0.3A
B =
= 1 .07 • 10 −6 T .
1 × 30 • 10 −2 m
2π
2
I1
z
della carica dell’elettrone, la forza sarà diretta lungo
x < 0 , mentre l’intensità è data da
y
x
Fig. 49. Problema 3.
F = qvB sin ϑ = 1.6 • 10−19 C × 0.9 × 3 • 108 m/s × 1.06 • 10−6 T × sin90° = 4.6 • 10−17 N
86
I2
r r
B1 B2
L’elettrone è soggetto alla forza di Lorentz
r
r
r
r
r
F = qv ∧ B . Poiché v è diretta lungo z > 0 e B è
diretto lungo y > 0 , tenendo conto del segno negativo
d
M.T., M.T.T.
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L’Induzione Magnetica
Per
introdurre
il
fenomeno
dell’Induzione
Magnetica occorre aver ben chiaro il concetto di
ϑ
r
S
flusso di un vettore attraverso una superficie.
r
B
Consideriamo una superficie di area S delimitata
da un filo chiuso su se stesso (il caso più semplice
può
essere
un
cerchio
delimitato
dalla
Fig. 50. Flusso del campo magnetico.
circonferenza), l’orientamento della
r
superficie può essere dato da un vettore S perpendicolare alla superficie e di modulo
pari a S .
r
Regola della mano destra: con il pollice rivolto parallelo ad S il movimento di chiusura
a pugno del palmo della mano fissa il senso di percorrenza del filo.
Se nello spazio dove si trova questa superficie è presente un campo magneticoB , uniforme in tutti i punti che compongono la superficie, si definisce il flusso concatenato
r r
ΦB come Φ B = B • S = BS cos ϑ . Nel sistema SI il flusso ΦB si misura in Weber
( Wb ).
La legge di Faraday-Neumann-Lenz afferma che una variazione ∆Φ B del flusso induce una forza elettromotrice nel filo pari a ε = −
∆Φ B
. Per avere una variazione del
∆t
flusso è sufficiente che cambi valore una delle tre grandezze fisiche B , S o ϑ .
Se il filo è un conduttore con resistenza R
nel filo circolerà una corrente
ε
1 ∆Φ B
=−
. Il segno di I definisce il verso della corrente rispetto al senso di
R
R ∆t
r
percorrenza del filo. Il verso della corrente è tale da indurre un campo magnetico BI
I =
il cui flusso concatenato si oppone alla variazione ∆Φ B . Si noti che la carica che viene
87
M.T., M.T.T.
Appunti di Fisica per Scienze Biologiche – Vers. 3.4
indotta nel circuito sarà data da Q = I∆t = −
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∆ΦB
e quindi, al contrario di I , è
R
indipendente dal tempo in cui è avvenuta la variazione di flusso.
Consideriamo un solenoide di lunghezza l e sezione S formato da N spire e percorso
da una corrente I : il campo magnetico all’interno del solenoide è dato da B = µ 0nI
(con n =
N
) ed ad ogni spira è associato il flusso Φ B = BS = µ 0nSI per cui il flusso
l
totale è pari a ΦT = NBS = µ 0n 2lSI . Ad una variazione della corrente circolante
corrisponde per la legge di Faraday-Neumann una forza elettromotrice pari a
ε =−
∆Φ B
∆I
= − µ 0n 2lS
. In generale la relazione si scrive
∆t
∆t
l’induttanza L
ε = −L
∆I
∆t
dove
viene misurata in Henry (H ) e dipende dalle proprietà fisiche del
2
circuito. Nel caso del solenoide avremo L = µ 0n lS . In analogia a quanto visto per il
condensatore, è possibile dimostrare che in una induttanza L percorsa da una
2
corrente I è immagazzinata una quantità di energia pari a E = 21 LI .
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Esempi
1. Una bobina, formata da ns = 25 spire di raggio r = 2 cm e di resistenza totale
R = 5.3 Ω , è disposta ortogonalmente alla direzione del campo magnetico all'interno di un
lungo solenoide rettilineo (n = 100 spire/cm), percorso da una corrente I = 10A . Calcolare:
a) il valore del flusso di B attraverso la bobina;
b) la f.e.m. media indotta nella bobina quando la corrente nel solenoide è portata a zero in
un tempo ∆t = 0.2 s .
c) la potenza media dissipata nella bobina per effetto Joule.
Soluzione:
a) Il flusso è pari a Φ B = n s SB = n s πr 2 µ 0nI da cui
Φ B = 25 × π × (0.02m )2 × 4π • 10−7 T • m A × 104 spire/m × 10A = 3.9 • 10 −3 Wb .
b) La f.e.m. media è data da ε = −
∆ΦB
(0 − 3.9 • 10 −3 )Wb = 19.7 mV .
=−
∆t
0. 2 s
c) La potenza media è data da P = ε I =
2
ε 2 (19 .7 mV )
=
= 7. 35 • 10 −5 W .
R
5. 3Ω
2. Un solenoide è formato da N = 10 4 spire di un filo conduttore di sezione s = 2 .6 mm2 e
−8
resistività ρ = 1.7 • 10 Ωm . Il solenoide è lungo L = 30 cm ed ha un raggio R = 2.5 cm . Ai
suoi capi è applicata una differenza di potenziale ∆V = 12 V . Calcolare:
a)
b)
c)
d)
e)
la resistenza totale del solenoide;
la corrente circolante;
il campo magnetico indotto dal solenoide;
l’induttanza
l’energia immagazzinata.
Soluzione:
a) La resistenza della singola spira Rspira e la corrente si ottengono dalla legge di Ohm:
2πR
2 × 3.14 × 2. 5 • 10 −2 m
= 10 4 × 1 .7 • 10 − 8 Ωm ×
= 10 Ω .
s
2. 5 • 10 − 6 m2
∆V
12V
b) La corrente è data da: I =
=
= 1 . 2A .
R
10Ω
R = NRspira = Nρ
c) Il campo magnetico è dato da:
N
10 4 spire
−7 T • m
B = µ 0nI = µ 0 I = 4π • 10
×
× 1.2 A = 5.0 • 10 −2 T .
A
L
0.3 m
d) L’induttanza vale:
2
 104 spire 
2
 × 0.3m × π × (2.5 • 10−2 m) = 0.82H
L = µ 0n lS = 4π • 10 T • m A × 

 0.3 m 
2
−7
2
e) L’energia immagazzinata vale: E = 12 Li =
1
2
× 0.82 H × 1.2 A = 0.6 J
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