Capitolo Quinto Lo stato e la capacità delle

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Capitolo Quinto
Lo stato e la capacità delle persone
1. Generalità
A)Stato delle persone
Per status di una persona si intende la posizione giuridica che questa occupa in una società organizzata ad ordinamento giuridico con conseguente titolarità di diritti ed obblighi (Vitta).
L’abrogato art. 17 delle preleggi al codice civile stabiliva che lo stato delle persone era regolato dalla legge dello Stato di appartenenza.
Controversa era l’applicabilità della disposizione dell’art. 17 agli status familiari come quelli
di padre, di coniuge etc.
Nella legge del 1995 non è stata riprodotta alcuna disposizione di carattere generale (restando diverso l’ambito dell’art. 24 sui diritti delle personalità)
mentre sono espressamente regolate le altre vicende personali (matrimonio,
filiazione, adesione, capacità etc.).
B)La cittadinanza
Nel nostro ordinamento, dunque, come nella maggior parte degli ordinamenti giuridici continentali (nei paesi anglosassoni prevale il criterio del domicilio), la cittadinanza resta, anche con le limitazioni della L.
218/1995, il criterio di collegamento per eccellenza, valido per l’individuazione
delle norme da applicare agli aspetti fondamentali della vita della persona.
Ne consegue che le norme sulla cittadinanza, pur non rientrando in senso
tecnico nell’ambito del diritto internazionale privato, possono essere considerate un tipico esempio di normative cd. correlate (BALLARINO), ovvero norme che sono legate all’area del diritto internazionale privato da strettissimi vincoli logici e di funzionamento (sulla cittadinanza vedi cap. II, par. 3).
2. Scomparsa, assenza, morte presunta, commorienza
La L. 218/1995 detta un’apposita disposizione per regolare gli aspetti sostanziali e processuali della situazione che si verifica quando vi è incertezza
circa la sorte della persona cui si ignora l’esistenza.
Ai sensi dell’art. 22 L. 218/1995 i presupposti e gli effetti della scomparsa, assenza e morte presunta di una persona sono regolati dalla sua legge nazionale.
Ricordiamo che oltre alla morte naturale, cioè materialmente constatata,
vi è la c.d. morte presunta, ovvero la dichiarazione giudiziale in base alla quale
una persona, scomparsa in determinate circostanze, deve ritenersi defunta. In
caso di scomparsa di persona che si ritiene ancora in vita, si avrà, invece, dichiarazione di assenza.
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Capitolo Quinto
In assenza di una disciplina legislativa espressa, si discuteva, in passato, quale fosse la regola di diritto internazionale privato applicabile all’istituto c.d. della commorienza (o premorienza) per regolare i casi in cui, non
essendo possibile stabilire, tra più persone, quale sia morta prima occorre,
ai fini della produzione di certi effetti giuridici, stabilire comunque un ordine.
Ai sensi dell’art. 21 L. 218/1995 il momento della morte si accerta in base
alla legge regolatrice del rapporto rispetto al quale l’accertamento rileva.
Poiché in linea di massima il momento della morte rileva ai fini delle successioni, la legge regolatrice sarà, di regola, quella nazionale.
Se le leggi nazionali richiamano criteri tra loro incompatibili, allora dovrà
esser applicata la lex fori, ex art. 14 L. 218/95.
Val la pena ricordare che se il soggetto coinvolto ha più cittadinanze occorre
far riferimento a quella con cui presenta un collegamento più stretto. Se la cittadinanza italiana concorre con altra cittadinanza non-comunitaria, prevale.
3. La capacità delle persone fisiche
A)La capacità giuridica
La capacità giuridica indica l’attitudine ad essere titolari di situazioni giuridiche soggettive (diritti, obblighi, interessi legittimi).
Deriva direttamente ed unicamente dal fatto di essere persona ed è, quindi, una conseguenza immediata ed ineliminabile della personalità. L’art. 20 L.
218/1995 stabilisce, come già l’art. 17 disp. prel. c.c., che la capacità giuridica delle persone è regolata dalla relativa legge nazionale, il che significa che la
legge italiana non interviene a disciplinare i modi di acquisto e perdita di questa. Tuttavia, in deroga a tale previsione, le condizioni speciali della capacità
giuridica sono sottoposte alla lex causae, cioè alla «legge regolatrice di un rapporto» giuridico che riguardi tali soggetti.
Generale
•
•
•
Tipi di capacità
giuridica (art. 20)
Speciale
criterio di collegamento: cittadinanza
legge applicabile: l’ordinamento del paese di cui
il soggetto ha la cittadinanza (lex personae)
nozione: idoneità di un soggetto ad assumere la
titolarità di posizioni attive o passive in determinati rapporti. (es: art. 463 c.c. sull’indegnità a
succedere). Ma ci sono particolari capacità speciali che, assegnando maggiore rilevanza alla
persona, sono sottoposte ex lege alla lex personae
(es: artt. 27, 35, comma 2, 47)
• legge applicabile: lex causae, ovvero la legge
regolatrice dello specifico rapporto in questione
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B)La capacità di agire
La capacità di agire, che è l’attitudine a compiere manifestazioni di volontà
idonee a modificare la propria situazione giuridica, è disciplinata dall’art. 23
L. 218/1995 che segna una netta frattura rispetto al precedente sistema, in
quanto l’art. 17 disp. prel. c.c. regolava insieme stato, capacità giuridica e di
agire, e rapporti di famiglia. La disposizione ricalca quella della capacità giuridica, riferendosi in via principale alla legge nazionale e subordinatamente
alla lex causae.
•
•
•
criterio di collegamento: cittadinanza
legge applicabile: lex personae
comprende:
— la questione del raggiungimento della maggiore età del soggetto
— l’emancipazione del soggetto
— la capacità di stare in giudizio,
quale situazione legata alla capacità di agire e non alla legge applicabile al processo (Mosconi)
Generale
Tipi di capacità di agire
(art. 23)
•
 Speciale
nozione: idoneità a svolgere una specifica attività giuridica consistente
nell’acquisto, nell’esercizio di determinati diritti o nell’assunzione di obblighi
• legge applicabile: lex causae
• comprende: nella capacità speciale rientra la incapacità naturale, ovvero
l’incapacità della persona maggiorenne
e non interdetta ma incapace, anche in
via transitoria, di intendere e di volere
(Ballarino)
Giurisprudenza
L’art. 23 della legge 31 maggio 1995, n. 218, in forza del quale la capacità di agire delle persone fisiche è regolata dalla loro legge nazionale, trova applicazione anche in rapporto alla c.d.
capacità di agire «speciale», per la quale si renda necessaria un’autorizzazione integrativa, in
tal senso dovendo intendersi il disposto del citato art. 23, nella parte in cui stabilisce che «quando la legge regolatrice di un atto prescrive condizioni speciali di capacità di agire queste sono
regolate dalla stessa legge». Ne consegue che la capacità di agire del curatore fallimentare —
anche per quanto attiene alla capacità di stare in giudizio — è regolata dalla legge che disciplina l’intero procedimento concorsuale. (Nella fattispecie si trattava di un curatore del fallimento di un’impresa avente sede nella Repubblica federale tedesca ritenuto idoneo a costituirsi in giudizio senza autorizzazione poiché la legge fallimentare tedesca non ne contempla la
necessità) Cass. 29-7-2005, n. 15946.
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Capitolo Quinto
C)L’affidamento del terzo
È previsto un sistema di tutela per il terzo che entra in contatto con quel
soggetto che, ritenuto capace della legge dello Stato in cui l’atto è compiuto,
risulterebbe, invece, incapace in base alla lex personae.
La suddetta tutela varia a seconda che si tratti di contratti o di atti unilaterali.
L’incapace può invocare l’incapacità in base alla sua legge nazionale solo
se non si tratta di atti particolari, espressamente esclusi dalla legge: atti relativi a rapporti di famiglia e di successione mortis causa o atti relativi a diritti
reali su beni immobili siti in uno Stato diverso da quello in cui l’atto è compiuto. Per tutti gli altri atti se si tratta di contratti (art. 23, comma 2), può invocare l’incapacità che deriva dalla lex persanae a condizione che i contraenti si trovino nel medesimo Stato (pertanto restano esclusi: i contratti con assenti, i contratti a distanza, se la distanza supera i confini nazionali); e che
l’altra parte conoscesse tale incapacità o l’ignorasse per sua colpa (l’onere della prova è a carico dell’incapace).
Se si tratta di atti unilaterali (art. 23, comma 3) l’incapace può invocare
l’incapacità in base alla sua legge nazionale solo se concorrono tutte e tre le
seguenti condizioni: se ciò non reca pregiudizio a chi ha fatto affidamento sulla capacità (fosse anche un terzo); se l’affidamento è incolpevole; se non si tratta di particolari atti, espressamente esclusi dalla legge (come ad esempio atti
relativi a rapporti di famiglia e di successione per causa di morte).
Differenze
La disciplina prevista dal legislatore del 1995 appare sostanzialmente analoga a quanto statuito dall’art. 11 della Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, nazionalizzata dall’art. 57 legge 218/95 che ne prevede l’applicazione in ogni
caso. Per effetto del suddetto richiamo pare crearsi una sovrapposizione tra la parte dell’art.
23 relativa ai contratti e l’art. 11 della Convenzione:
— secondo parte della dottrina la sovrapposizione è totale ed il secondo comma dell’art.
23 è solo il frutto di una svista del legislatore. Pertanto deve ritenersi formalmente vigente, ma sostanzialmente abrogato, in quanto completamente assorbito dall’art. 11 della Convenzione che si applica per il richiamo operato dall’art. 57 legge 218;
— secondo Mosconi non può parlarsi di perfetta coincidenza. Pertanto l’art. 23 ha un suo
campo di applicazione essendo differente:
• la legge in base a cui invocare l’incapacità. Per l’art. 23 si tratta della lex personae,
mentre per l’art. 11 vale l’incapacità risultante da un’altra qualsiasi legge, diversa da
quella del Paese in cui è stato concluso il contratto;
• l’elemento soggettivo. L’art. 11 prende in considerazione solamente l’imprudenza,
l’art. 23 parla più estensivamente di colpa.
Analoghe considerazioni possono esser sollevate nei rapporti tra stati membri, con l’applicazione del regolamento 593/2008 che nel suo art. 13 prevede una disciplina sostanzialmente
identica a quella dell’art. 11 della Convenzione.
Se il soggetto muta la sua cittadinanza non potrà essere considerato capace di contrarre se la nuova legge nazionale, a differenza della precedente, lo
considera incapace. Lo stato goduto precedentemente al cambiamento di cittadinanza non può considerarsi un diritto acquisito.
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4. Gli istituti a protezione degli incapaci
Occorre differenziare, a seconda che si tratti di minori o maggiori di età.
Per la protezione dei minori:
— se sono soggetti alla potestà genitoriale, la protezione sarà compresa in tale
istituto e pertanto regolata dalla stessa legge applicabile ai rapporti tra genitori e figli (art. 36): legge nazionale del figlio;
— se i minori non sono soggetti alla potestà genitoriale, si applica l’art. 42
che richiama in ogni caso la Convenzione dell’Aja del 1961. Tale convenzione definisce il minore sulla base del cumulo legislativo: è minore chi è
considerato tale dalla sua legge nazionale e dalla legge dello stato di residenza abituale. È prevista una coincidenza tra forum e ius, ed il criterio di
collegamento per eccellenza è dato dal luogo di residenza abituale del
minore (foro ordinario). È previsto, altresì, un foro concorrente (legato
alla cittadinanza) ed un foro urgente (qualsiasi luogo in cui si trova il minore se il giudice deve provvedere ad un pericolo serio alla sua persona o
ai suoi beni).
La locuzione in ogni caso adoperata dall’art. 42 comporta l’applicazione della disciplina della convenzione anche a coloro che sono considerati minori solo dalla loro legge nazionale, e
a coloro che non risiedono abitualmente in uno stato aderente; dal punto di vista oggettivo
vi è un ampliamento anche a materie non comprese dall’accordo.
Tra Stati membri trova applicazione il reg. 2201/2003 che individua il principale criterio di
collegamento della residenza abituale del minore (v. Appendice).
Giurisprudenza
Ai fini del riparto della giurisdizione e della individuazione della legge applicabile, i provvedimenti in materia di minori devono essere valutati in relazione alla funzione svolta; pertanto
quelli che, pur incidendo sulla potestà dei genitori, perseguono una finalità di protezione del
minore, rientrano nel campo di applicazione non dell’articolo 37 ma dell’articolo 42 della legge n. 218 del 1995, il quale rinvia alla Convenzione de L’Aja del 5 ottobre 1961; nel caso di minore con doppia cittadinanza italiana e tedesca, non può applicarsi l’articolo 4 della Convenzione, che stabilisce la prevalenza delle misure adottate dal giudice dello Stato di cui il minore è cittadino su quelle adottate nel luogo di residenza abituale; non può applicarsi neppure
l’articolo 19 della legge n. 218 del 1995, che prevede, tra più cittadinanze, la prevalenza di quella italiana, in quanto, essendo i soggetti interessati cittadini dell’Unione Europea, darebbe luogo ad una discriminazione fondata sulla nazionalità, vietata dall’articolo 12 del Trattato C.E.;
deve pertanto ritenersi sussistere la giurisdizione dello Stato che presenti col minore il collegamento più stretto (nella specie individuato con lo Stato, la Germania, in cui il minore ha la
residenza abituale).Cass. Sez.Un., 9 gennaio 2001, n.1
Per la protezione dei maggiori d’età il riferimento è agli artt. 43 (legge applicabile) e 44 (giurisdizione). Per la tutela ordinaria è richiamata la legge nazionale dell’incapace, che si applica anche alle misure di protezione, ai rapporti tra l’incapace ed il suo tutore (o curatore). Le misure straordinarie, provvisorie e urgenti, ai sensi del secondo comma dell’art. 43, possono essere adottate in base alla legge italina. Ad esempio la giurisprudenza ha ritenuto applicabile la disciplina italiana sull’amministratore di sostegno in presenza della
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Capitolo Quinto
necessità e urgenze di garantire al soggetto vulnerabile una protezione immediata ed effettiva (Trib., La Spezia, 11-3-2011).
La giurisdizione del giudice italiano oltre ai criteri generali (artt. 3 e 9) è
prevista nelle ipotesi di adozione di provvedimenti provvisori ed urgenti a tutela della persona dell’incapace o dei suoi beni, o di modifica o integrazione
di un provvedimento straniero riconosciuto. Il giudice italiano non può revocare un provvedimento straniero, onde evitare ingerenze con le autorità straniere.
5. Stato e capacità delle persone giuridiche
Il legislatore del 1995, partendo sia dall’esigenza di eliminare tali contrasti che dalla vertiginosa crescita ed internazionalizzazione dell’attività delle
società commerciali, ha finalmente elaborato una specifica norma di diritto
internazionale privato diretta a stabilire quale legge sia applicabile alle persone giuridiche straniere.
L’art. 25 della L. 218/1995 accoglie come prevalente il criterio, già sostenuto da alcuni settori della dottrina, del luogo in cui è stato perfezionato il procedimento di costituzione.
Indipendentemente da tale criterio, però, troverà comunque applicazione
la legge italiana se:
— la sede amministrativa dell’ente si trova in Italia;
— l’oggetto principale dell’attività dell’ente è in Italia.
Resta fermo che non è automatico che la personalità giuridica di un ente
straniero sia inevitabilmente riconosciuta anche in Italia. A parte il limite generale dell’ordine pubblico, va sottolineato che l’art. 16 delle preleggi pone
come ulteriore condizione quella della reciprocità (sulle società v. Cap. 12).
6. Diritti della personalità
La legge nazionale del soggetto regola anche l’esistenza e il contenuto dei
diritti della personalità (art. 24, L. 218/1995).
Possono definirsi diritti della personalità quelli che hanno ad oggetto alcuni attributi essenziali della persona umana: diritto alla vita, all’integrità fisica, alla riservatezza, all’onore, al nome.
Si tratta di categorie che il diritto non crea, ma riconosce; di diritti a carattere prevalentemente morale in capo alla persona fisica.
La lex personae non trova, invece, applicazione per quei diritti della personalità che sono soggetti alle norme di applicazione necessaria come ad es.
quelle sul diritto d’autore.
Sono sottratti alla disciplina della legge nazionale i diritti della personalità che derivano da un rapporto di famiglia.
Così pure le conseguenze della violazione dei diritti della personalità sono
regolate dalla legge applicabile alla responsabilità per fatti illeciti.
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Sono sottratti i segni distintivi delle persone giuridiche, oggetto dell’art. 25
inoltre, benché il diritto al nome rientri a pieno titolo nei diritti della personalità, tuttavia non trova applicazione l’art. 24, che cede avanti alla convenzione di Monaco del 1980 sulla legge applicabile ai cognomi e ai nomi. Tale
convenzione ha efficacia erga omnes e rimanda alla lex personae del soggetto,
anche se cittadino di uno Stato non aderente.
Giurisprudenza
In tema di diritto dello straniero al ricongiungimento familiare, il cittadino extracomunitario
legato ad un cittadino italiano ivi dimorante da un’unione di fatto debitamente attestata nel
paese d’origine del richiedente, non può essere qualificato come “familiare” ai sensi dell’ art.
30, primo comma, lettera c), del d.lgs. n. 286 del 1998, in quanto tale nozione, delineata dal
legislatore in via autonoma, agli specifici fini della disciplina del fenomeno migratorio, non è
suscettibile di estensione in via analogica a situazioni diverse da quelle contemplate, non essendo tale interpretazione imposta da alcuna norma costituzionale. Né tale più ampia nozione può desumersi dagli artt. 8 e 12 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo o dall’art.
9 della Carta di Nizza in quanto tali disposizioni escludono il riconoscimento automatico di
unioni diverse da quelle previste dagli ordinamenti interni, salvaguardando l’autonomia dei
singoli Stati nell’ambito dei modelli familiari. Cass civ., Sez. I, 17 marzo 2009, n. 6441.
Ai sensi dall’art. 24 della legge 31 maggio 1995, n. 218, l’esistenza ed il contenuto dei diritti
della personalità sono regolati dalla legge nazionale del soggetto; tuttavia, laddove tale legge
non disciplini e non permetta la rettificazione di sesso, al ricorrente straniero è riconosciuto
il diritto a godere del beneficio, accordato dall’art. 3 della legge 14 aprile 1982, n. 164, di sottoporsi al relativo trattamento medico-chirurgico per l’adeguamento dei connotati sessuali
presso le aziende ospedaliere italiane, non potendosi ipotizzare gli estremi di turismo sanitario o di abuso dello strumento legislativo Tribunale Prato, 16 luglio 2010.
Capitolo Sesto
La forma e la pubblicità degli atti
1. La forma degli atti
L’abrogato art. 26 delle disp. prel. c.c., nell’individuare la legge applicabile alla forma degli
atti tra vivi e di quelli di ultima volontà, utilizzava tre criteri di collegamento alternativi:
a) quello del luogo nel quale l’atto è compiuto (Lex loci actus);
b) quello della legge applicabile alla materia regolata dall’atto (Lex substantia);
c) quello della legge nazionale di una o di entrambe le parti in comune a seconda che si trattasse di atto unilaterale o bilaterale (Lex patriae).
Tale norma dunque regolava in maniera tendenzialmente generale il problema del diritto applicabile alla forma degli atti tra vivi e quelli di ultima volontà.
La legge di riforma non contiene un’analoga disposizione di carattere generale.
Così, ad esempio, l’art. 48 L. 218/1995, indica alla stregua di quale diritto
debba essere valutata la forma del testamento. Ancora, la disposizione dell’art.
56 fissa il criterio di collegamento applicabile agli aspetti formali della donazione. La forma dei contratti è disciplinata dall’art. 9 della Convenzione di
Roma richiamata dall’art. 57 L. 218/1995, sostituita per i contratti conclusi
dopo il 17 dicembre 2009, dal reg. CE 593/2008 (v. infra).
In assenza di espressa previsione, invece, deve ritenersi applicabile alla forma degli atti la stessa legge chiamata, secondo le norme di diritto internazionale privato, a disciplinarne la sostanza.
In via generale, può dirsi che il legislatore ha perseguito l’obiettivo della
conservazione del negozio. Il favor validitatis è raggiunto attraverso la frequente previsione di un concorso alternativo di criteri di collegamento, per la regolamentazione della forma. Con l’effetto che, colui che agisce per l’invalidità dell’atto deve offrirne la prova relativamente ad ognuno degli ordinamenti
richiamati (fino a sette, per invocare la nullità di un testamento).
2. La pubblicità degli atti
Dalla forma dell’atto devono essere distinte le forme di pubblicità dell’atto,
ovvero gli strumenti con cui l’atto stesso viene portato a conoscenza degli altri
consociati.
L’art. 55 L. 218/1995, riproducendo sostanzialmente l’abrogato art. 26 comma 2, delle preleggi, disciplina espressamente le forme di pubblicità degli atti
costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali stabilendo che esse devono
essere regolate dalla legge del luogo in cui le cose che formano oggetto di tali diritti si trovano al momento dell’atto.
Rispetto a quanto previsto dall’abrogato art. 26 comma 2 disp. prel. al c.c.,
si è ora ben raccordata la norma con le disposizioni relative ai diritti reali (pur
La forma e la pubblicità degli atti
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dandosi autonoma rilevanza alla questione qui affrontata); si è inoltre indicato il tempo dell’individuazione della lex rei sitae. Dal punto di vista terminologico, infine, la sostituzione del termine «cose» con quello di «bene» ha ampliato l’operatività della norma, e l’espressione «pubblicità» anziché «forme
di pubblicità» evidenzia il fatto che più che un riferimento ad una questione
di forma, ci si riferisce ad una condizione di opponibilità degli atti. Resta da
ricordare la attuale vigenza dell’art. 6 cod. nav., che deroga alla disciplina qui
dettata, limitatamente a navi ed aeromobili.
Per quel che riguarda, invece, le forme di pubblicità relative ad atti diversi da quelli che incidono su diritti reali sembra preferibile ritenere, in mancanza di un’esplicita indicazione normativa, che esse debbano essere regolate, in considerazione della loro funzione di tutela dell’affidamento dei terzi,
dalla legge del luogo in cui può essere radicato l’interesse ad avere conoscenza
dell’atto stesso.
Così, ad es., per la pubblicità degli atti relativi alle vicende di una società
commerciale sarà opportuno fare riferimento alla legge del luogo in cui la società ha sede o, comunque, svolge la sua attività.
Analogamente per gli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti relativi aventi ad oggetto beni (locazione, comodato, custodia etc.) si farà rinvio
alla legge del luogo in cui si trovano i beni.
Allorquando, poi, ci si trovi in presenza di atti rispetto ai quali appare difficile localizzare in un ambito territoriale preciso gli interessi sui quali si incide (ad es. notificazione della cessione di un credito pecuniario), potrà farsi
riferimento ai criteri di collegamento stabiliti per il tipo di rapporto in esame
(nel caso dell’esempio quelli stabiliti per obbligazioni contrattuali).
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