Il Carcere Mamertino o Tulliano (il latino Carcer Tullianum) è il più antico carcere di Roma e si trova nel Foro Romano. Consisteva di due piani sovrapposti di grotte scavate alle pendici meridionali del Campidoglio a fianco delle Scale Gemonie, verso il Comitium. La più profonda risale all'età arcaica (VIII-VII secolo a.C.) ed era scavata nella cinta muraria di età regia che - all'interno delle Mura serviane proteggeva il Campidoglio; la seconda, successiva e sovrapposta, è di età repubblicana. Si trova al di sotto della chiesa di San Giuseppe dei Falegnami, del XVI secolo, in un'area del Foro dove, in età romana, si amministrava la giustizia. STORIA Il Tullianum fu realizzato, secondo Livio, sotto Anco Marzio nel VII secolo a.C., anche se deve il suo nome ad altre tradizioni che lo collegano all'iniziativa di Servio Tullio o di Tullo Ostilio. Sulla cornice della facciata della prima età imperiale sono incisi i nomi dei consoli Caio Vibio Rufinio e Marco Cocceio Nerva che intervennero sul monumento agli inizi del I secolo d.C., tra il 39 e il 42. La cristianizzazione del complesso è databile attorno all'VIII secolo, periodo al quale rimontano le tracce di un affresco rinvenuto nel Tullianum, ed entrambi gli ambienti furono convertiti in cappelle. In questo stesso periodo il luogo cominciò ad essere chiamato Carcere Mamertino. Il sito, ora musealizzato, è accessibile alle visite. CITAZIONI Il Tullianum viene citato da molti autori dell'antichità, tanto da farne uno dei pochi capisaldi indiscutibili degli edifici nel Foro, usato per individuare con esattezza anche altri monumenti vicini grazie a citazioni incrociate. Plinio il Vecchio ne ricordò la collocazione a ovest della Curia Hostilia. Da altre fonti si conosce che era, oltre che nel Foro, in prossimità del tempio della Concordia. La descrizione più celebre è quella di Gaio Sallustio Crispo nel De Catilinae coniuratione. Nel suo resoconto dell'imprigionamento e dell'esecuzione dell' ex console Lentulo, di Cetego, Statilio, 1 Gabinio e Cepario, lo storico tratteggia una concisa quanto fedele descrizione del luogo, ancora valida per il sito così come ci è giunto. (LA) «Est in carcere locus, quod Tullianum appellatur, ubi paululum ascenderis ad laevam, circiter duodecim pedes humi depressus. Eum muniunt undique parietes atque insuper camera lapideis fornicibus iuncta; sed incultu, tenebris, odore foeda atque terribilis eius facies est. » (IT) «Vi è un luogo nel carcere chiamato Tulliano, un poco a sinistra salendo, sprofondato a circa 12 piedi sotto terra. Esso è chiuso tutt'intorno da robuste pareti, e al di sopra da un soffitto, costituito da una volta in pietra. Il suo aspetto è ripugnante e spaventoso per lo stato di abbandono, l'oscurità, il puzzo.» (De cat. Con. LV) DESCRIZIONE Si accede al livello antico tramite una rampa di scale. La facciata attuale, in blocchi bugnati di travertino, risale all'inizio dell'età imperiale ed ha una cornice (parzialmente originale) con i nomi incisi dei consoli Rufinio e Nerva. Questa facciata copre una più antica, costruita in blocchi di tufo di Grotta Oscura. Da un'aperture forse fatta in epoca moderna, si entra in una stanza trapeoidale coperto da volta a botte, realizzata in opera quadrata con grossi blocchi di tufo di Monteverde e rosso dell'Aniene, per questo databile al II secolo a.C., quando tali cave erano in uso. L'ingresso originario doveva essere attraverso la porticina murata posta a livello più alto del piano di calpestio attuale, nella parete destra. Da questa porticina si accedeva anche alle Lautumiae, ambienti ricavati nelle antiche cave di tufo pure usati come prigione. Un foro nel pavimento, oggi chiuso da grata, era l'unico accesso all'ambiente sottostante, oggi raggiungibile tramite una scala recente. La parte inferiore era detta Tullianum ed era quella più segreta e terribile. Il Tullianum è un ambiente a forma circolare (tranne un segmento a est) realizzato in opera quadrata con blocchi di peperino senza cemento. Le dimensioni della muratura hanno fatto pensare che originariamente doveva trattarsi di una fontana monumentale costruita intorno ad una cisterna (tullus), dove l'acqua filtra naturalmente tutt'oggi. Secondo Coarelli però è più probabile che fin dall'inizio la stanza venisse usata come carcere[1]. Qui venivano gettati e poi strangolati i prigionieri di Stato, alla fine della processione del trionfo dei vincitori romani. Ciò accadde, tra gli altri, a Giugurta e a Vercingetorige. PROGIONIERI ILLUSTRI Molti sono i personaggi illustri che qui sono stati rinchiusi e vi hanno perso la vita per strangolamento o decapitazione. Erennio Siculo: amico di Gaio Sempronio Gracco nel 123 a.C. 2 Gaio Sempronio Gracco nel 121 a.C. Giugurta: re della Numidia nel 104 a.C. Secondo le fonti egli mostrò il suo coraggio ai carnefici riuscendo a scherzare dicendo: "Come è freddo questo vostro bagno, Romani!"[2] Lentulo e Cetego: compagni di Catilina nel 60 a.C. Vercingetorige: re dei Galli nel 46 a.C. Seiano e i suoi figli: ministro liberto di Tiberio 31 d.C. Simone di Giora: difensore di Gerusalemme 70 d.C. È una leggenda medievale la presenza nel carcere degli apostoli Pietro e Paolo[3]. TRADIZIONE DEI SANTI PIETRO E PAOLO L'agiografia cristiana medioevale fece della cella più bassa, resa accessibile mediante una strettissima scala, e della fonte d'acqua il luogo in cui gli apostoli Pietro e Paolo, ivi imprigionati, battezzavano i convertiti cristiani compagni di cella. La tradizione risale al medioevo e permise la conservazione del carcere che venne trasformato in una chiesa (San Pietro in carcere) e luogo di pellegrinaggio. Tradizionalmente tale consacrazione sarebbe avvenuta nel IV secolo per volere di papa Silvestro I. La leggenda vuole che san Pietro, scendendo nel Tullianum, cadde battendo il capo contro la parete lasciando in tal modo la propria impronta nella pietra (dal 1720 protetta da una grata). Rinchiusi nella segreta, assieme ad altri seguaci, i due apostoli fecero scaturire miracolosamente una polla d'acqua e riuscirono a convertire e battezzare i custodi delle carceri, Processo e Martiniano, martiri a loro volta. I due apostoli non furono in ogni caso uccisi nelle vicinanze perché san Pietro fu condotto sul colle Vaticano e san Paolo alle Acque Salvie (l'attuale Abbazia delle Tre Fontane). 3