LEZIONE “MEDIAZIONE CULTURALE ED EDUCAZIONE SOCIALE” PROF.SSA ANGELA PERUCCA Università Telematica Pegaso Mediazione culturale ed educazione sociale Indice 1 PROFILO PROFESSIONALE DELL’EDUCATORE SOCIALE --------------------------------------------------- 3 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 8 Università Telematica Pegaso Mediazione culturale ed educazione sociale 1 Profilo professionale dell’educatore sociale Il profilo professionale dell’educatore che opera nel sociale per facilitare, in una realtà multiculturale e plurietnica, l’incontro fra diversi non è ancora ben definito ed assume connotati variabili a seconda delle istituzioni, dei contesti e delle situazioni in cui egli interviene. Spesso la sua azione si definisce in termini di mediazione. Operano oggi nel sociale “figure di mediazione più o meno informali, più o meno consapevoli, più o meno mirate ed efficaci” (P. Johnson, E. Nigris, p. 371). Si parla di mediazione linguistica come di mediazione dei conflitti; molti ‘mediatori culturali’ sono soggetti di madre lingua che cercano di far conoscere la propria cultura e di sensibilizzare ai suoi valori, prevalentemente presentati sotto il profilo estetico ed artistico, se non semplicemente folkloristico. Altre volte il mediatore svolge compiti di agevolazione dell’inserimento e di sostegno e orientamento nella fruizione dei servizi scolastici, sanitari, di collocamento, ecc.. Certamente l’operatore di educazione interculturale ha fondamentalmente compiti di mediazione, sia che operi nelle istituzioni o fuori di esse; ma i vari volti della mediazione escono dalla frammentarietà e conseguono l’unità nell’ambito del suo agire educativo il quale richiede un contesto non discriminato ed un progetto non discriminante. Ogni intervento mirato alla mediazione in quanto tale, è certamente un sostegno ed un servizio ma non accede di per sé alla dimensione educativa interculturale se spezza la condivisione delle esperienze. Mediare vuol dire consentire la comunicazione fra lingue diverse, ma sono diversi anche i linguaggi ed i codici metacomunicativi di coloro che parlano la stessa lingua; mediazione vuol dire far conoscere culture diverse e valorizzarne gli apporti in termini di complementarità e di ricchezza, ma in ogni classe sociale, quartiere, regione, anche nella stessa nazione, differenti culture e sub culture devono imparare a conoscersi, ad apprezzarsi ed a promuoversi reciprocamente, e l’esigenza di educazione alla differenza nasce già nella famiglia; mediazione vuol dire sostegno alla persona nelle fasi di transizione sociale o evolutiva, introduzione in ambienti che le sono estranei, facilitazione dell’accettazione, dell’accoglienza, dell’intesa, predisposizione delle condizioni per Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 8 Università Telematica Pegaso Mediazione culturale ed educazione sociale la fruizione dei servizi sociali connessi ai diritti della persona e per lo svolgimento dei compiti sociali connessi ai suoi doveri, ma tutto questo, tranne per l’attenzione particolare che va data alle minoranze in condizioni di emergenza, dovrebbe coinvolgere nel loro insieme tutti i cittadini. Se non si giunge alla condivisione delle esperienze formative, si corre il rischio che proprio gli ideali ed i valori dell’intercultura vengano traditi da attività di sostegno e promozione che separano le culture creando segregazione sociale e da interventi in cui la differenza non è valore che suscita interesse e motivo di incontro e di confronto, ma genera separazione. V’è differenza fra mediazione culturale ed educazione interculturale; compiti di mediazione connotano gli interventi di educazione interculturale, sia nell’ambito della facilitazione dell’inserimento che in quello della animazione e promozione socio culturale, con figure, metodi, tempi, linguaggi e stili di relazione diversi. La mediazione consente l’incontro, lo scambio, la collaborazione tra diversi ed è quindi condizione, ma non obiettivo e fine dell’educazione interculturale. Creare mentalità ed attitudini interculturali in una società complessa vuol dire andare oltre la mediazione per promuovere in tutti, nel rispetto delle differenze, pensiero plurale e identità autentiche capaci di esprimersi, di farsi conoscere ed accettare, ma anche di intendere l’altro come distinto, senza pregiudizi e rifiuti, con interesse ed attenzione per i valori emergenti che orientano progetti d’azione condivisibili e costruiscono oltre la convivenza democratica la comunità delle persone. Il lavoro di mediazione è condizione necessaria ma non sufficiente ad animare il tessuto sociale con i principi, i valori e l’ottica dell’intercultura. Per favorire la trasformazione di una società multiculturale, sia pur tollerante e democratica, in società interculturale in cui siano possibili solidarietà collaborativa e condivisione progettuale, occorre innescare una dinamica evolutiva creatrice di progresso nelle culture e di forme nuove di convivenza e di partecipazione. I concetti-valore di democrazia, eguaglianza, responsabilità hanno, in una società interculturale, senso e pregnanza diversi che in un contesto soltanto multiculturale. Purtroppo, a tutt’oggi, gran parte delle attività di educazione interculturale sono ancora legate a schemi, a valori che inducono propensione al rispetto più che alla interdipendenza ed alla Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 8 Università Telematica Pegaso Mediazione culturale ed educazione sociale reciprocità, o rientrano soltanto nel quadro di una ampia e generosa tolleranza monoculturale (A. Perucca 1996). Piena reciprocità, condivisione, solidarietà e quella “comunione di persone” che secondo E. Mounier, fondano la società degli uomini, sono ancora obiettivi da raggiungere e costituiscono appunto i valori ed i fini di una educazione interculturale che non può rimanere nel recinto delle esperienze scolastiche, ma deve misurarsi e spendersi nel terreno roccioso della esperienza sociale; qui deve essere affidata, come professione, ad esperti della progettazione educativa e dell’animazione socioculturale, affinché sia restituita, come compito, a ciascun cittadino di ogni età, classe sociale, appartenenza ideologica o religiosa, identità etnica e culturale. La proposta educativa può introdurre nei gruppi spontanei e nei movimenti, la motivazione per attività autogestite che non si traducano in velleitario spontaneismo o in avventura senza progetto e coinvolgano, ad un tempo operatori e fruitori, extra comunitari e non. Tali attività, non consentendo una gestione strumentale di ruoli, ottengono l’impegno di ognuno nella conduzione di esperienze capaci di avere risonanze e significato non soltanto individuali, ma partecipate e condivise e consentono il superamento dell’ansietà connessa ai rischi del cambiamento. Si tratta in primo luogo di favorire rapporti interpersonali autentici, al fine di rendere ciascuno consapevole della dimensione psicodinamica delle relazioni sociali e del fatto che ogni situazione socio educativa implica una rete di interazioni, in cui i processi di decisione si avvalgono dell’originale differenza di ciascuno per giungere alla considerazione dei problemi nel quadro della reciprocità e della interdipendenza. L’operatore nel settore dell’iniziativa non istituzionale si trova a gestire un compito più che a svolgere un ruolo, un compito aperto dinamico che lo impegna a farsi promotore di processi di integrazione nelle strutture socioculturali e tra gli utenti; egli svolge una funzione progressiva che non esclude i processi aggregativi dal coinvolgimento in una sfera di valori, né quelli organizzativi dal coinvolgimento di ciascuno nelle procedure, e privilegia decisamente quelli integrativi connessi alla formulazione solidale e partecipata dei progetti d’azione e alla gestione condivisa di obiettivi rispondenti a bisogni reali (cfr. F. De Marchi, p. 103). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 8 Università Telematica Pegaso Mediazione culturale ed educazione sociale Questa prospettiva dinamica, mentre sul piano delle strutture elimina rigidità e distorsioni, sul piano del metodo educativo consente di eliminare la dicotomia tra apprendimento e formazione, in quanto opera per grandi sintesi, con forte recupero della valenza sociale dell’apprendimento e ne valorizza gli aspetti anche informali, sostiene la dimensione processuale, olistico dinamica, della formazione più che quella sequenziale degli apprendimenti e consente la personalizzazione delle esperienze, conseguendo così obiettivi sovente mortificati dalla struttura statica delle istituzioni educative. Si tratta di ri-assumere linguaggi e modi di comunicazione presenti nel tessuto sociale e diversificati nelle varie realtà culturali per estendere il concetto di cognizione dalla sfera asfittica dell’astratto e del formale al più ampio campo di una effettiva comprensione del reale; ciò comporta l’adozione di una ricca gamma di modalità di comunicazione che consenta a ciascuno di realizzare una espressività ed una relazionalità autenticamente aperta all’alterità. La vitalità del processo educativo, insieme personale sociale, introduce allora plasticità e dinamismo anche nelle strutture, di modo che gli operatori d’educazione interculturale possono verificare in concreto come ogni processo si istituzionalizzi, e come ogni struttura istituita si plasmi e progredisca in prospettiva dinamica. La dimensione progettuale, prevalendo su quella rigidamente programmata, mentre garantisce l’attenta gestione delle funzioni operative, assicura la corretta realizzazione delle finalità globali in modo che l’azione pedagogica non risulti esclusivamente intervento specialistico, ma scaturisca dalla comune attitudine umana a privilegiare gli aspetti interpersonali delle relazioni sociali ed a coinvolgere, recuperare e far lievitare tutte le risorse e tutte le potenzialità che in forma di persone, di strutture e di mezzi, si incontrano nel contesto urbano. Allora l’analisi dei rapporti interpersonali e delle strutture organizzative permette una progressiva presa di coscienza delle possibilità di porre in atto meccanismi che prevengano gli aspetti disfunzionali e le distorsioni latenti e mette ciascuno “in condizioni di abilità differenziata nella vita di relazione” (cfr. F. De Marchi, p. 99). Occorrono operatori capaci di agire in situazioni di cambiamento, o di ristrutturazione sociale, con grande disponibilità ai messaggi e alle istanze della situazione ma anche con grande chiarezza di idee e di metodo e con quella organica capacità progettuale che sola può consentire di Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 8 Università Telematica Pegaso Mediazione culturale ed educazione sociale gestire pedagogicamente la dinamicità spesso vischiosa e magmatica del campo sociale. L’impegno più arduo è quello di costruire il proprio ruolo intorno al proprio compito educativo privilegiato nella sua dimensione integrale, come possibilità di gestire per se e per gli altri spazi di creatività nei quali ogni persona è posta in condizione di elaborare di esprimere scelte progettuali e di rapportarle con equilibrio e con dinamismo alle esigenze degli altri. Professionalità educativa e competenza relazionale sono necessarie per promuovere l’orientamento e l’autogestione culturale; si può infatti assumere una funzione di promozione umana e sociale anche soltanto inducendo un clima interattivo, partecipativo e collaborativo che consenta a tutti di elaborare i valori della interdipendenza, del rispetto, della comprensione. Per molti aspetti l’educazione interculturale è il nuovo volto della educazione sociale, una proposta di nuova pedagogia per “costruire la nuova persona sociale, di cui appaiono all’orizzonte soltanto dei presentimenti, come i primi chiarori di un’alba profonda; si ratta di educare le persone (...) a rendersi fluide nel complesso del ‘bene comune’, e insieme abbastanza resistenti per rimanere sé stesse” (G. Corallo, 1997). I segni e le istanze del tempo presente esigono una nuova proposta educativa che rivisiti i concetti di bene sociale, di democrazia e di responsabilità. È umanamente un bene sociale non soltanto ciò che appartiene a tutti o che è prodotto con il concorso di molti, ma il bene comune che coinvolge la persona nella cooperazione e nella responsabilità e comporta l’adesione condivisa a progetti di vita e ad esperienze di valore. La società urbana, per sopravvivere al disorientamento di un molteplice e continuo divenire, ha bisogno di ricostruire un tessuto di intese progettuali e di promuovere democrazia diretta e responsabilità diffusa. Quando i problemi di una società multiculturale e complessa (che può essere o no multietnica) si risolvono soltanto sul piano della democrazia giuridico-formale (che pure in molti casi è ancora una conquista incompiuta), le dinamiche personali e sociali di crescita e cambiamento, vengono limitate entro schemi adattivi, anziché creativi. La società multiculturale è oggi una realtà, Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. 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