17b Proprietà termiche e di trasporto legate ai moti reticolari

Proprietà termiche e di trasporto dei cristalli
17b Proprietà termiche e di trasporto legate ai moti
reticolari
6.1 Calore specifico
Si è soliti chiamare “calore specifico" il calore specifico a volume costante,
che è più significativo del calore specifico a pressione costante, quello cioè che gli
esperimenti permettono di determinare. Come è noto, il calore specifico a volume
costante è definito dalla relazione termodinamica:
-Z œ
1 `Y
Œ

Z
`X Z
dove Y è l'energia interna del sistema, e Z il volume.
I risultati sperimentali per il calore specifico di alcuni solidi inorganici
rappresentativi sono questi:
1. a temperature vicino a quella dell'ambiente il calore di -Z di quasi tutti i
solidi è prossimo a 3R 5 , dove R è il numero di atomi del campione;
2. a temperature più basse -Z scende apprezzabilmente e si avvicina allo zero
come X 3 negli isolanti e come X nei metalli.
Consideriamo, quindi, un solido cristallino, non conduttore e diamagnetico, e
calcoliamo il calore specifico associato alle vibrazioni reticolari del cristallo.
Come abbiamo visto nel paragrafo 5, il moto degli atomi, tra loro interagenti,
del reticolo è più facilmente ed opportunamente descritto non in termini delle
vibrazioni degli atomi individuali, ma in termini dei modi normali di vibrazione del
sistema, ovvero da onde viaggianti, ciascuna caratterizzata da un vettore d'onda, una
frequenza, e certe proprietà di polarizzazione. Nell'approssimazione armonica i modi
normali di vibrazione del reticolo sono indipendenti. L'energia interna di un solido,
quindi, è costituita dalla somma delle energie dei singoli oscillatori corrispondenti ai
modi normali di vibrazione. Dal punto di vista classico a ciascun oscillatore in
condizioni di equilibrio termodinamico corrisponderebbe l'energia media 5X (teorema
dell'equipartizione della energia classico) e quindi l'energia interna per un solido
monoatomico contenente R atomi sarebbe Y œ 3R 5X , col calore specifico
-Z œ 3R 5 . Questa è la legge di Dulong-Petit che, come si sa, è abbastanza ben
verificata a temperature sufficientemente alte. A temperature più basse, però, il calore
specifico è più piccolo e tende a zero col tendere di X a 0 K. Che questo sia un effetto
della quantizzazione delle oscillazioni fu riconosciuto per la prima volta da Einstein
nel 1908.
La forma generale del calore specifico sarà ottenibile, nell'approssimazione
dei modi normali di vibrazione considerata nel paragrafo 5, derivando l'espressione
dell'energia totale del cristallo quale somma delle energie di tutti i modi normali, che
assume la forma di una energia di un sistema di oscillatori armonici non accoppiati:
-Z œ
`
(
`X
=7
!
1(=) h =
.=
/h =/5X  1
(6.1)
dove abbiamo introdotto la densità degli stati 1(=). Nella (6.1) =7 rappresenta una
opportuna frequenza di taglio del reticolo. L'integrale nella (6.1) va esteso a tutti i
rami della curva di dispersione.
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Proprietà termiche e di trasporto dei cristalli
Introduciamo la temperatura X7 ´ h =7 /5F , che ci consente di esprimere
l'energia dei fononi di maggior frequenza in unità di temperatura.
Esaminiamo ora i due casi limite di alte e basse temperature.
Alte temperature: X ¦ X7
Quando X ¦ X7 (ogni modo normale è in uno stato molto eccitato), è
h =/5X ¥ 1, e possiamo sviluppare l'esponenziale nella (6.1) in serie di potenze
`
-Z µ
(
`X
=7
!
1(=) h =
`
.= œ
5X (
h =/5X
`X
=7
1(=) . = œ
!
`
R
R
5X 3
œ3
5F
`X
Z
Z
(R /Z rappresenta la densità dei modi normali) ovvero il valore classico previsto dalla
legge di Dulong-Petit.
Basse temperature: X ¥ X7
Introducento nella (6.1) la variabile adimensionale B ´ h =/5F X , avremo
-Z œ
` ( 5F X ) 2
(
`X
h
X7 ÎX
!
1'(B) B
.B
/B  1
(6.2)
A temperature molto basse, i modi con h = ¦ 5X (B ¦ 1) contribuiranno in maniera
trascurabile al calore specifico (6.1) poichè il loro numero medio decade
esponenzialmente. La funzione integranda tende perciò a zero esponenzialmente per
queste frequenze. Però, poichè =(; ) Ä 0 per ; Ä 0 nelle tre branche acustiche,
–
–
questa condizione non sarà soddisfatta dai modi acustici di lunghezza d'onda
sufficientemente grande, indipendentemente da quanto bassa è la temperatura. Questi
modi (e solo questi) continueranno a contribuire in maniera apprezzabile al calore
specifico. Possiamo, perciò, effettuare le seguenti semplificazioni nella (6.2):
- anche se il cristallo ha una base poliatomica, possiamo ignorare i rami ottici,
poichè le frequenze sono limitate inferiormente;
- nel limite di ; Ä 0, =(; ) Ä 0 e arriviamo così nella parte lineare della curva di
–
–
dispersione: per i modi di bassa frequenza, ovvero piccoli ; (grande lunghezza
d'onda) il cristallo appare come continuo, e possiamo prendere per la densità degli
stati l'espressione valida per i mezzi continui, ovvero proporzionale a =#
1(=) œ
Z
3
2
Œ 3 =
2
21
@
dove si è introdotta la velocità media @ delle onde acustiche
3
1
2
œ 3 3
3
@
@j
@>
(6.3)
(@6 e @> indicano le velocità delle onde longitudinali e trasversali, rispettivamente).
Avremo, infine
` (5X )4 3
-Z œ
(
`X (h@)3 212
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X7 ÎX
!
B3
.B
/B  1
Ð3.56Ñ
2
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Nel limite X ¥ X7 il limite superiore dell'integrale (6.4) tende a infinito e l'integrale
al valore 14 /15, per cui a temperature molto basse avremo:
212
5X
-Z µ
5Œ

5
h@
3
(6.5)
Questa espressione dà la corretta dipendenza di -Z dalla temperatura in prossimità
dello zero assoluto.
Temperature intermedie
Come sappiamo, la legge di Dulong-Petit non è più verificata quando la
temperatura scende sotto la temperatura ambiente. Pertanto, c'è un ampio intervallo di
temperatura in cui i due limiti prima discussi non possono applicarsi, ed è necessario
ritornare alla forma generale (6.1). Presenteremo nel seguito i due schemi
interpolativi storicamente più noti ed importanti:
6.1.1 Modello di Einstein
Il primo calcolo quantistico del calore specifico dei solidi si deve ad Einstein
(1908) il quale limitandosi ai solidi monoatomici adoperò un modello molto
semplificato, considerando ciascun atomo come legato alla propria posizione di
equilibrio da una forza di tipo elastico, originata dalla presenza degli R  " atomi
circostanti. In questa buca di potenziale armonico, l'atomo si comporta come un
oscillatore armonico tridimensionale di frequenza =I . Gli R oscillatori
tridimensionali sono considerati in prima approssimazione come indipendenti l'uno
dall'altro, cosicchè la frequenza =I è la stessa per tutti gli atomi. Se ci limitiamo per
semplicità al caso di un cristallo monoatomico, la funzione 1(=) si riduce a:
1(=) œ 3R $ (=  =I )
e l'equazione.(6.1) dà in questo caso:
h =I
- Z œ 3R 5 Œ

5X
2
/h =E /5X
Š/h =I /5X  "‹
2
ovvero, introducendo la “temperatura di Einstein"
5XI ´ h =I
- Z œ 3R 5 Œ
XI

X
2
(6.6)
/ X I /X
Š/XI /X
 "‹
2
(6.7)
Si verifica facilmente che per X ¦ XI si ritrova il valore classico 3R 5 , mentre per
X Ä 0 si ha:
XI
-Z Ä 3R 5 Œ  /XI /X
X
2
(6.8)
che tende a zero per X Ä 0.
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La verifica sperimentale, con una scelta conveniente del parametro =I (o XI ),
è piuttosto favorevole (come mostra l'esempio di Figura 6.1 a) e b), salvo che per
temperature tali che 5X ¥ h=I . Qui l'esperienza dà invece della legge esponenziale
(60) un andamento molto meno rapido secondo la legge, di validità molto generale,
Figura 6.1 (a)
Capacità termica molare del
diamante. La curva è stata
calcolata dalla teoria di Einstein
assumendo TE = 1320 K.
-Z œ -9=> X $
(6.9)
Dalla Figura 6.1a si vede che nel caso del diamante il limite classico di Dulong-Petit
non è ancora raggiunto a temperature di 1000 O ed oltre. Pertanto, il diamante a
temperatura ambiente ha un comportamento decisamente quantistico per quanto
riguarda la dinamica del suo moto reticolare. Nel caso del rame (Figura 6.1b) la
tenperatura di Einstein è XI œ 240 O . La temperatura XI caratterizza la “durezza" del
cristallo. In un cristallo “duro" come il diamante, gli atomi vibrano con alta
frequenza, e la temperatura ambiente risulta essere una temperatura bassa rispetto a
XI , per cui a temperature ordinarie è -Z  3V . In un cristallo “morbido", come il
piombo, la temperatura ordinaria è alta rispetto a XI e -Z µ 3V. Così si spiegano,
quindi, sia la legge di Dulong-Petit per i calori specifici che le deviazioni da essa.
Figura 6.1 (b)
Capacità termica molare del rame. La
curva è stata calcolata dalla teoria di
Einstein assumendo: TE = 240 K.
La inadeguatezza della teoria di Einstein nella descrizione quantitativa del
calore specifico, in particolare alle basse temperature, risiede nella estrema semplicità
del modello assunto. Esso, infatti, trascura le correlazioni tra i moti degli atomi, che
sono molto più importanti per le frequenze basse (onde lunghe). Queste, d'altra parte,
sono proprio quelle che dominano quando X va a zero, per la piccolezza del quanto di
energia. Va ricordato, però, che Einstein era interessato nel dimostrare che la causa
dell'annullarsi dei calori specifici per X Ä 0 era la quantizzazione dei moti atomici
nel cristallo. La disposizione regolare in un reticolo degli atomi in un cristallo era a
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quei tempi ancora un'ipotesi, dato che la diffrazione dei raggi X dai cristalli fu
scoperta nel 1913.
6.1.2 Modello di Debye
È possibile ottenere una forma assai semplice della densità degli stati 1(=) se
si ignora la dispersione e si sostituisce al cristallo un mezzo elastico continuo. Questo
approccio rappresenta l' essenza della teoria di Debye dei calori specifici (1912),
presentata quasi contemporaneamente alla teoria reticolare di Born-von Karman. Il
successo e la semplicità del modello di Debye hanno fatto sì che esso monopolizzasse
il campo per circa due decadi.
Abbiamo già visto che, per quanto riguarda i modi acustici di bassa frequenza,
il cristallo si comporta come un mezzo continuo quando la lunghezza d'onda dei modi
di vibrazione è grande in confronto con la distanza interatomica.
Nel modello di Debye questa caratteristica non dispersiva è estesa a tutto lo
spettro, e per assicurarsi che il numero totale dei gradi di libertà rimanga quello reale
del cristallo viene introdotta una frequenza di taglio artificiale in modo che l'integrale
della 1(=) uguagli appunto i gradi di libertà del sistema.
Ignorando, quindi, la dispersione si prende per le varie branche della relazione
=j (; ) solo una singola branca acustica:
–
=4 (; ) œ @;
(6.10)
–
dove @ rappresenta la velocità del suono nel mezzo (6.3), che in generale dipenderà
dalla direzione di propagazione (mezzo anisotropo). A basse frequenze la densità
degli stati 1(=) ha una forma semplice, proporzionale a =2 :
1(=) œ
Z
3
2
Œ 3 =
2
21
@
(6.11)
dove Z ( œ P3 ) indica il volume del cristallo. La Figura 3.47 mostra la distribuzione
di frequenza (6.11) dei modi normali di vibrazione di un cristallo tridimensionale
nell'approssimazione di Debye. Questo spettro è tagliato ad una frequenza =H scelta
in modo che il numero totale dei modi abbia il valore corretto. Per un reticolo
monoatomico il numero di modi di vibrazione è 3R . Restringiamo ; alla prima zona
–
di Brillouin e adottiamo l'approssimazione di sostituire all'effettivo poliedro nello
spazio ; una sfera di ugual volume: questa sfera prende il nome di “sfera di Debye"

ed il raggio ;H è noto come “raggio di Debye". Poichè il numero totale di valori di q
–
deve essere uguale al numero R di atomi nel cristallo e il numero totale di punti,
rappresentanti i modi permessi, nella sfera di raggio ;H è R;H œ (P;H )3 Î612 ,
avremo:
Rœ
P3 ;H3
612
(6.12)
Per la (6.12) la frequenza massima di =H è perciò data da:
3
=3H œ @3 ;H
œ
612 R @$
P3
(6.13)
In pratica =H assume valori dell'ordine di 3 1013 rad s1 . In termini di questa
frequenza l'approssimazione di Debye per lo spettro vibrazionale è:
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Ú 9R =2
H
1(=) œ Û
Ü 0
=3
per 0 Ÿ = Ÿ =D , e per =  =H
(6.14)
È bene notare che =H è un parametro che deriva da una condizione di
normalizzazione artificiale e non può essere identificata con la frequenza massima
reale del cristallo.
Nelle applicazioni di questo modello si suole introdurre la temperatura
caratteristica di Debye XH definita da:
h =H ´ 5XH
(6.15)
ovvero
h 1812 R
XH œ 
5
P3 
1/3
1
2
 @3  @3 
>
j
1
(6.16)
g (ω)
Una caratteristica significativa della teoria di Debye è che, tramite le velociti @j e @>
(6.3), il valore di XH può essere calcolato dalle costanti elastiche e dalla densità del
cristallo.
Figura 6.2
Nel modello di Debye si possono considerare i parametri caratteristici del
cristallo XH e =H come misure della “rigidità" del cristallo (analogamente dicasi per
=I e XI ).
Pertanto, ripetiamo, nell'approssimazione di Debye non solo si sostituisce alla
densità di stati reale del cristallo la densità degli stati del solido continuo (6.14) che
deriva dalla relazione di dispersione lineare = œ @= ; , ma si sostituisce anche alla
corretta regione di integrazione nello spazio ; , cioè la zona di Brillouin, la sfera di
Debye di raggio ;H .
Vediamo, ora, a quali risultati conduce l'uso della distribuzione (6.14) nel
calcolo di -Z dato dall'equazione (6.1). Sostituendo la (6.14) nella espressione
generale (6.1) porta:
-Z œ
` 9R h
(
`X =3H
=D
=3
/h =/5X  1
.=
!
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ovvero
` Ô
X 3
-Z œ
3R 5X † 3 Œ  (
`X Õ
XH
X H /X
!
×
B$
.B
/B  1
Ø
(6.17)
con B ´ h =/5X .
Nel limite per X ¥ XH (in pratica per X µ 0.1 XH ) l'integrale nella (6.17) non
si distingue dall'integrale fra 0 e _, che vale 14 /15. Pertanto, perX ¥ XH la (6.17)
diventa:
637 -Z œ
X Ä0
1214
† R 5X 3
5XH3
(6.18)
cioè si ottiene la legge in X 3 trovata sperimentalmente.
Al limite opposto, cioè per X Ä _, si deve necessariamente ritrovare il
valore classico -Z œ 3V. Ciò si verifica facilmente sviluppando la funzione
integranda nella (6.17) per B piccoli:
1 XH
1 XH
`
X
9R 5X Œ  – Œ   Œ  + ... —Ÿ

`X
XH
3 X
8 X
3
-Z œ
3
4
e nel limite X Ä _ (ovvero X ¦ XH ):
-Z œ
`
(3R 5X ) œ 3R 5 œ 3V
`X
Nel campo intermedio, cioè per X dell'ordine di XH , si vede che basta la conoscenza
di un'unica funzione (detta “funzione di Debye"):
H (C ) œ
3
(
2C $
C
B3
.B
/B  1
(6.19)
!
per conoscere l'andamento di -Z per qualsiasi solido monoatomico. Si ha infatti:
-Z œ
`
c3VX H(XH /X )d
`X
ovvero:
-Z œ 3V ”H(XH /X ) 
XH w
H ( XH / X ) •
X
(6.20)
La funzione in parentesi quadra è una funzione universale di XH /X . La temperatura di
Debye XH è naturalmente un parametro di “fit", che deve essere determinato caso per
caso per avere il miglior raccordo dei dati sperimentali con la equazione (6.20).
Nella Tabella 1 riportiamo a titolo di esempio le temperature XH per alcuni
cristalli. I valori delle frequenze di Debye /D si ottengono moltiplicando XH per
5 /2 œ 2.084 1010 (unità cgs) e quindi cadono nella regione 1012 - 1013 Hz. Le Figure
6.3 e 6.4 mostrano l'andamento generale di -Z con X per vari cristalli e le relative
curve di Debye. L'accordo con l'esperienza è molto buono.
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Nella Figura 6.5 è mostrato schematicamente il procedimento con cui si
approssima la distribuzione reale delle curve di dispersione con l'espressione lineare
(6.10) nel caso di un cristallo biatomico. Nel caso a) sia lo spettro acustico che l'ottico
sono sostituiti con uno spettro lineare, e le prime due zone di Brillouin sono sostituite
da un cerchio con la stessa area totale. Nel caso b) si usa l'approssimazione di
Einstein per il ramo ottico e quella di Debye per il ramo acustico.
Nella Figura 6.6, infine, sono mostrate le densità degli stati misurati per il KCl
e per il diamante, insieme alla corrispondente curva di Debye.
T
D
Tabella 1
Figura 6.3 Confronto fra valori sperimentali e di Debye del calore specifico di vari
materiali.
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Figura 6.4
6.1.3 Successo del modello di Debye
La teoria di Debye fornisce un soddisfacente accordo con l'esperienza,
e, in particolare, riproduce la corretta legge di potenza per la variazione del calore
specifico con la temperatura a basse temperature. In questa zona, infatti, solo i modi
di vibrazione di bassa frequenza = Ÿ 5X /h del cristallo sono sufficientemente
eccitati, ed in grado, quindi, di contribuire all'energia interna del cristallo. A basse
frequenze, poi, la curva di dispersione diventa lineare, ed il cristallo tende a
comportarsi come un solido continuo, come appunto ipotizzato da Debye, e la densità
degli stati assume la forma proporzionale a =2 . Il procedimento di sostituire alla
distribuzione reale g(=) la forma quadratica, anche ad alte frequenze, e di tagliare lo
spettro alla frequenza =H è tutt'altro che rigoroso, ma si può difendere perchè l'energia
interna è molto poco sensibile alla forma esatta dello spettro dal lato delle alte
frequenze. Queste, infatti, contribuiscono poco a basse temperature perchè sfavorite
dalla statistica, mentre ad alta temperatura ciascun oscillatore ha l'energia media 5X ,
indipendentemente dalla frequenza.
Il migliore accordo della teoria di Debye rispetto a quella di Einstein deriva
dall'aver tenuto adeguatamente in conto il contributo energetico dei modi vibrazionali
di bassa frequenza. Quando, infatti, è 5X ¥ h=I gli oscillatori di frequenza inferiore
a =I , pur risultando in realtà eccitati o eccitabili termicamente, risulterebbero
congelati secondo il modello di Einstein, che attribuisce loro una frequenza più
elevata. A tali oscillatori, l'eccitazione dei quali comporta dispendio di energia
termica, va attribuito il mancato accordo alle basse temperature fra i valori
sperimentali e quelli previsti da Einstein. Ad alte temperature, 5X ¦ h=I , tutti gli
oscillatori armonici sono eccitati al limite classico dal principio di corrispondenza,
anche se la frequenza di ciascuno di essi differisce dal valore =I postulato da
Einstein.
Fino agli anni '30 la precisione delle misure dei calori specifici dei
cristalli non è stata in grado di evidenziare alcuno scostamento dalla teoria di Debye
dei dati sperimentali. Un attento esame dei risultati sperimentali indica che XH ,
anzichè risultare costante, dipende, sia pure leggermente, dalla temperatura.
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Proprietà termiche e di trasporto dei cristalli
Comunque, va notato che la temperatura di Debye rimane un parametro utile nello
studio dei calori specifici, anche se ha perso la sua precisione.
6.2 Conduzione termica
Vedremo in seguito che cosa determina la natura metallica o non metallica di
un cristallo. In questo paragrafo ci occuperemo di analizzare una delle principali
proprietà di trasporto di un cristallo non metallico, ovvero isolante: la conduttività
termica.
La Figura 6.7 mostra il comportamento della conduttività termica di due
isolanti, diamante e R +J , in funzione della temperatura, insieme a quella di due
metalli. Dobbiamo spiegare questa dipendenza.
Come è noto il coefficiente di conduttività termica O di un solido è definito
per mezzo del flusso stazionario di calore 4 ; lungo una barra con gradiente termico
–
fX :
4 œ  OfX
–;
(6.21)
La teoria cinetica dei gas fornisce il valore di O per un gas ideale:
Oœ
1
-Z –@X j
3
(6.22)
dove -Z rappresenta il calore specifico a volume costante, j il libero cammino medio
tra le varie collisioni, e –@X la velocità termica media. A temperatura ambiente gran
parte dei metalli sono conduttori di calore migliori di gran parte di sostanze non
metalliche. Però la conduttività termica di un cristallo di qualità molto buona può
raggiungere valori assai elevati al diminuire della temperatura e superare facilmente
quella del rame. Come si vede dalla Figura 6.7 il diamante puro, anche a temperatura
ambiente, ha una conduttività superiore a quella del rame.
Sebbene l'andamento di O con X per i materiali metallici e non metallici sia in
un certo grado abbastanza simile, vi è tuttavia una fondamentale differenza tra i
meccanismi che regolano il trasporto termico nelle due classi di materiali: nei metalli
il calore è condotto dagli elettroni; nei non metalli il calore è trasportato per mezzo
delle vibrazioni accoppiate degli atomi (ovvero dai fononi).
Le oscillazioni reticolari (armoniche) del cristallo sono quantizzate, ed il
comportamento termico del cristallo può essere descritto tramite le corrispondenti
eccitazioni elementari, i fononi. Cercheremo, quindi, di spiegare anche i processi di
trasporto nei cristalli non metallici ricorrendo al modello del gas di fononi.
In un cristallo armonico i fononi, associati ai modi di vibrazione normali, non
possono interagire tra loro (l'hamiltoniana descrive infatti oscillatori armonici “non
interagenti"). Anche introducendo un meccanismo di accoppiamento fra fononi (con
termini anarmonici), permarrebbe nulla la resistività termica reticolare. Infatti, detti
; , ; , ; e =1 , =2 , =3 i vettori di propagazione e le relative frequenze dei fononi 1 e 2
–1 –2 –3
che interagiscono annichilandosi per produrne un terzo fonone 3, risulterebbe:
;  ; œ ; ; h (=1  =2 ) œ h =3
–1 –2 –3
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(6.23)
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g (ν)
g (ν)
Proprietà termiche e di trasporto dei cristalli
Figura 6.6
Figura 6.7
Conducibilità termica di sostanze
metalliche e non metalliche in
funzione della temperatura. I dati
per il rame si riferiscono a un
cristallo puro, ricotto.
e il flusso di energia termica portato dal fonone 3, h=3 , non differirebbe da quello
dell'energia, h (=1  =2 ), portato, a parità di quantità di moto, dai fononi 1 e 2
separatamente. Più in generale, collisioni del tipo (6.23) non sono in grado di
instaurare un completo equilibrio termico perchè lasciano la quantità di moto
fononica totale del cristallo: N œ !; 8(; ) h; , invariata. Se inviamo una
–
distribuzione di fononi caldi lungo una barra con N Á 0, la distribuzione si
propagherà lungo la barra con N invariato. Pertanto non vi sarà resistenza termica.
Peierls ha mostrato che la resistività termica reticolare va interpretata in
termini di processi di “ribaltamento" o Umklapp. Si consideri un fonone di vettore
d'onda ; 3 , originato in un processo descritto dalla (6.23). Supponiamo che il modulo
–
di ; 3 superi la distanza fra l'origine del reticolo reciproco e il bordo della zona di
–
Brillouin (;3 >1/+). In questo caso la velocità di gruppo (tangente della curva di
dispersione) è positiva in ;1  1 e ;2 , ma negativa in ;3 . Il fonone 3 può cedere al
cristallo come un tutto la quantità di moto h1 che il cristallo, in virtù della propria
–
struttura (periodica nei confronti di traslazioni pari 21/+) è in grado di recepire. In un
sistema di riferimento fisso rispetto al cristallo dotato di quantità di moto h1, il
–
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fonone 3 si comporta come se avesse un vettore d'onda: ; w3 œ ; 3  1 orientato in verso
–
–
–
opposto a ; 3 (;3w  1 /+). Corrispondentemente, l'onda relativa a ; 3w viaggia nel verso di
–
–
 ; 3 convogliando quindi l'energia h =3 in verso contrario a quello secondo cui essa
–
veniva trasportata dai fononi 1 e 2. In questa circostanza il processo di Umklapp (;3 >
1/+) determina in definitiva un trasporto di energia in verso opposto a quello relativo
a un “processo normale" (;3  1/+), ed a quindi responsabile della resistività termica.
Discutiamo, ora, il comportamento della conducubilità termica con la
temperatura usando il modello del gas fononico ed i concetti discussi ora.
Nell'espressione di O (6.22) figurano il calore specifico, la velocità media delle
particelle (fononi) e il cammino libero medio. Poichè qui intendiamo limitarci
principalmente al comportamento qualitativo di O con X possiamo porci nel caso più
semplice di un reticolo monoatomico, con soli, quindi, rami acustici, e di usare
l'approssimazione di Debye = œ @= ; (@= œ velocità del suono). Nella (6.22) la @X è
quindi costante e uguale a @= . Il libero cammino medio, poi, deve ritenersi
inversamente proporzionale al numero di fononi presenti nel cristallo capaci di
produrre processi U.
Il numero totale di fononi, R0 , si calcola in modo analogo a quanto fatto per
-Z nel cristallo di Debye:
R0 œ (
=H
!
1(=)
X 3
9P 3
.
œ
=
Œ
 (
/h =/5X  1
@3
XH
X H /X
B2
.B
eB  1
(6.24)
!
Alte temperature: a temperature elevate, X ¦ XH , si ha:
R0 Ä cost.X ; -Z Ä cost
per cui
O º
1
X
X ¦ XH
Ad alte temperature tutti i fononi sono eccitati perchè 5X ¦ h=7+B . Una consistente
proporzione di tutte le collisioni fononiche sarà costituita da processi U, con
conseguente grande cambiamento di quantità di moto nelle collisioni. Il conseguente
andamento O º 1/X è infatti osservato nei solidi (vedi Figura 6.8).
Basse temperature: a temperature basse (X ¥ XH ) si ha:
-Z Ä cost.X 3
,
R0 Ä cost.X 3
( X ¥ XH )
e pertanto O dovrebbe risultare costante.
Va notato, però, che solo i fononi che danno luogo a un processo U
contribuiscono alla resistività. Per X ¥ XH i fononi presenti avranno =(; ) ¥ =H e
; ¥ ;H , e la maggior parte dei processi è di tipo N, poichè la collisione di due fononi
con piccolo ; non può dar luogo a un vettore d'onda confrontabile con 1/2. Per
produrre Umklapp è opportuno che l'energia dei fononi ; 1 e ; 2 sia dell'ordine di
–
–
5XH /2, poichè ciascun fonone deve avere vettori d'onda dell'ordine di 1/2. Perciò,
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Proprietà termiche e di trasporto dei cristalli
quando X ¥ XH il numero medio di questi fononi sarà Šh = ¶
1
/h =(; )/5X
1
¶
1
/XH /2X
1
5XH ‹:
¶ eXH /2X
(6.25)
log K
8œ
1
2
1
Figura 6.8
Dipendenza dalla temperatura della
conducibilità termica del neon, argon e
kripton solidi (unità di misura: Wm-1 K-1
T è misurata in K).
Pertanto, quando la temperatura diminuisce, il numero di fononi che può partecipare
nei processi U cala esponenzialmente. Avremo quindi:
O œ cost.X 3 /XH /2X
(T ¥ XH )
(6.26)
Un cristallo anarmonico infinito e perfetto ha una conducibilità termica finita a bassa
temperatura solo perchè vi è ancora una piccola probabilità che si verifichino processi
U, che degradano la corrente termica. A temperature sufficientemente piccole i soli
processi di scattering che possono verificarsi in numero apprezzabile sono i processi
N: i processi U sono “congelati".
La Figura 6.9 mostra l'andamento di O con X per un cristallo di Al2 O3 : sono
evidenziate le zone di diverso regime di dipendenza da X . Nella Figura 6.10
riportiamo la conducibilità termica del diamante in funzione della temperatura, dove
si possono vedere anche qui le regioni corrispondenti ai vari meccanismi di diffusione
sopra menzionati.
In un cristallo perfettamente puro quando al decrescere di X si raggiunge il
regime esponenziale per i processi U, avremo una crescita del libero cammino medio
dello stesso tipo, sì che questo raggiunge rapidamente le dimensioni del cristallo.
Appena ciò si verifica, j cessa di dipendere dai termini anarmonici e assume il valore
costante dell'ordine dello spessore del cristallo. Ciò si verifica, in genere, quando
X Ÿ 10K, e O segue ora l'andamento di -Z :
O º cost.X 3
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(X Ÿ 10O )
(6.27)
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Proprietà termiche e di trasporto dei cristalli
Figura 6.9
Conducibilità termica
dell’Al2O3.
In conclusione, a temperature estremamente basse la conducibilità termica è
limitata da processi di scattering che non dipendono dalla temperatura e che sono
determinati dalla geometria e dalla purezza del campione. Essa aumenta, quindi, con
X 3 come il calore specifico fononico. Questo aumento continua finchè si raggiunge la
temperatura a cui i processi U diventano così frequenti da dar luogo a un libero
cammino medio minore di quello prodotto dai processi suddetti. A questo punto la
conducibilità termica raggiunge un massimo, oltre il quale comincia a diminuire
rapidamente a causa del fattore /B:ÐXH /2X Ñ, che riflette l'andamento esponenziale
della frequenza dei processi U al crescere di X . La diminuzione di O continua fino a
temperature ben maggiori di XH ma la forte caduta esponenziale è presto sostituita da
una legge di potenza più bassa, che riflette semplicemente l'aumento più lento del
numero di fononi capaci di partecipare allo scattering ad alte temperature (si passa da
8Y º exp(  XH /X ) a 8Y º 1/X ).
Figura 6.10
Conducibilità termica del
diamante.
Nelle Figure 6.11 e 6.12 mostriamo la conducibilità termica di 4 campioni di
P3J di diversa lunghezza e diametro. È evidente la dipendenza di O dalle dimensioni
del campione.
Nella Figura 6.13 si riporta l'effetto delle impurezze sull'andamento di O con
X per 5 campioni di R +J (in questo caso non si hanno contributi delle varie specie
isotopiche). La curva A si riferisce al campione più puro: 1 parte su 106 di impurezze
(principalmente G+ e O ); la curva B si riferisce al caso con 6 ppm di impurezza.
Come si vede, l'effetto delle impurità si manifesta principalmente in corrispondenza
del massimo della conducibilità, e ne determina il valore. Per basse temperature il
libero cammino medio non aumenta oltre il valore determinato dalle impurità, e
l'andamento segue quello di -Z . Per X  30O le curve si raccordano insieme e il
libero cammino medio comincia ad essere limitato dai processi U. Nella Figura 14,
infine, si mostra l'effetto della composizione isotopica sull'andamento della
conducibilità termica con la temperatura per un cristallo di Al2 O3 e di LiF,
rispettivamente.
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Proprietà termiche e di trasporto dei cristalli
Figura 6.11
Dipendenza dalla temperatura della conducibilità termica
isotropicamente puro) di LiF in forma di
di un cristallo (isotropicamente
Figura 6.12
bacchette con sezioni quadrate. I numeri si riferiscono alla
larghezza della bacchetta. Tutti i campioni sono stati
sabbiati. (unità di misura: Wm-1K-1 T è misurata in K).
Figura 6.14
Figura 6.13. Effetto delle impurezze sull’andamento
di K con T per 5 campioni di NaF
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