Dare forma alla luce, solidificare l`acqua

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Bagliori riflessi e acque sonore
Dare forma alla luce, solidificare l’acqua, rincorrere le stelle per catturare un’illusione d’infinito e
rendere più poetico lo spazio della vita.
I progetti di Patrizia Molinari per fontane e monumenti, raccolti in questa mostra, restituiscono una
volontà di qualificazione estetica dell’ambiente che va ben oltre il semplice arredo urbano. Sono
declinazioni plastiche, concretizzazioni dell’aspetto più intellettuale del suo lavoro, che stupiscono
per la capacità di interpretare emblematicamente lo spazio. Uno spazio che non è mero dato
ambientale, ma luogo in cui si raccordano, si stratificano, eredità e valori collettivi, culturali e
storici.
Le sculture, nella loro astratta qualità sintetica, trascrivono sul cristallo, sulla pietra, sull’acciaio, un
dialogo con gli elementi naturali, con lo spazio della memoria, della storia. Sono progetti diversi,
proprio perché ciascuno incarna e sostanzia un diverso genius loci, ma sono legati da uno stesso
sentire, dalla medesima ricerca di una forma capace di porsi come segno simbolico di quel luogo,
di quella storia, senza però rinunciare a proiettarsi in direzione di un più ambizioso sogno comune.
Sono legati dalla fascinazione per l’acqua e per la luce, sono frammenti di Spazio incarnati nel
reale e, verrebbe da dire, a chi conosce il lavoro di Patrizia Molinari, sono tutti modi - altri modi di sostanziare il bianco, di verificarlo nella sua qualità naturale, nel suo aspetto fenomenico.
Come nella splendida e purissima Fontana di Avezzano, che nell’astratta limpidezza della forma,
affidata alla trasparenza del cristallo, traduce simbolicamente l’acqua nelle sue dinamiche
corrispondenze con l’ambiente naturale, aggiungendovi una risonanza antica nella creazione di un
percorso urbano che si raccorda al tracciato del preesistente acquedotto romano.
Talvolta le sculture entrano in relazione con noi attraverso la musica, hanno una “voce” – un suono
freddo, spaziale - come nel caso della Fontana per Salerno, il cui interno rivela, grazie ad un
sistema di sensori attivato dalla presenza dello spettatore, un ammasso stellare: un’apparizione
improvvisa e imprevista che ci mette in contatto con un’altrove poetico.
Talvolta si accendono di vita, emanando una luce assoluta e immateriale, come nel Monumento per
l’Inail che di notte si legge come un cristallo luminoso, oppure una luce baluginante, data dalle
fibre ottiche, che ci trasporta in una dimensione immaginativa, laicamente spirituale, come nella
Fontana di Recanati, dove vediamo “riflettersi” la costellazione dell’Orsa.
Sempre partecipano, sul piano linguistico, di un repertorio iconografico “classico”, in cui le forme
dell’arte del passato sono non solo un’eredità culturale incancellabile, ma testi di confronto di
assoluta e permanente attualità, da rileggere e interpretare. Emblematica in tal senso la scelta
tipologica dell’Obelisco, realizzata in acciaio o in cristallo, che ritroviamo a Roma e a Pompei, o il
limpido rapporto con l’antico della Fontana di Cutigliano, in cui una spirale d’acciaio è impostata
su un ovale, in esplicito rimando ai modelli borrominiani.
E così l’attenta scelta dei materiali, che unisce armonicamente un senso quasi artigianale della
tradizione e l’uso di sofisticati mezzi tecnologici e di ardite sperimentazioni, dà la sensazione di
una possibile coesistenza di tempi diversi in una contemporaneità quasi utopica, un presente
dell’arte che cerca di riscattare un presente storico o sociale molto meno gratificante. Un impegno
estetico e morale che, già a partire dalla realizzazione dell’Obelisco per il quartiere periferico e
degradato di Tor Bella Monaca a Roma, era possibile definire anche in termini “politici”.
Beatrice Peria
In “Bagliori riflessi e acque sonore” Archivio Menna del lavatoio commerciale di Roma 2000
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