Neuroplasticità e adattamento Non è vero che tutto è scritto nel DNA e non è vero che il cervello è statico, la nuova frontiera delle neuroscienze parla di neuroplasticità e adattamento. Significa che l’organismo si adatta agli stimoli i quali determinano l’espressione genica. Significa che possiamo esercitare un controllo sulla nostra salute esercitando stimoli potenziativi quali: corretta nutrizione, integrazione alimentare, attività fisica, riduzione dello stress. Nel giro di un paio di decadi, la scienza ha abbandonato l’idea che il cervello, dopo la fase di sviluppo, sia soggetto ad un progressivo decadimento e che tutto dipenda dal DNA. Qualche dubbio era già venuto vedendo fenomeni diversi di prestazioni cognitive o atletiche anche in tarda età, ma ciò era spiegato con il talento, insomma con l’eccezione. Oggi, invece, si parla di epigenetica; essa studia l’espressione genica non dipendente dalla sequenza del DNA, ma dall’ambiente e dai suoi stimoli che ne accendono o spengono l’espressione. Significa che c’è sì una base genetica, ma sono gli stimoli successivi, legati all’ambiente e allo stile di vita a determinare un adattamento organico e la relativa espressione. L’espressione genica è determinata dalla tipologia e dalla quantità di esposizione agli stimoli. Sul piano anatomico possiamo garantire protezione e rigenerazione, ad esempio, dei neuroni riducendo drasticamente il rischio di neurodegenerazione. Ciò è possibile applicando quelli che il Dott. Filippo Ongaro definisce i 4 fondamenti della salute che, però, devono diventare un’abitudine, uno stile di vita, perché l’adattamento è conseguente alla quantità di esposizione agli stimoli, in una sorta di allenamento dell’organismo alla salute. Bene, i 4 fondamenti della salute sono: corretta nutrizione, integrazione alimentare, attività fisica e riduzione dello stress. Per quanto riguarda l’integrazione alimentare, si conoscono i benefici dell’Omega 3, ampiamente studiati, contro l’infiammazione, causa di molte malattie. L’attività fisica, poi, incide non solo sul piano fisico, ma anche sul cervello e stimola la rigenerazione dei neuroni. Possiamo, inoltre, esercitare il controllo sulla nostra salute anche sul piano funzionale, attraverso le esperienze che ci permettono di migliorare le nostre prestazioni e di migliorare noi stessi anche a livello caratteriale. Sì, avete letto bene, il carattere non è fisso e statico, anch’esso si può cambiare perché è ormai accertato che esso non è determinato biologicamente, ma è la conseguenza stabilizzata delle abitudini instaurate tramite pratica deliberata; insomma, cambiando abitudini e ripetendole nel tempo, esse andranno a modificarsi. La neuroplasticità incide anche sul carattere. Per migliorarsi è importante concentrarsi sulla singola giornata per coltivare abitudini migliori. Usiamo la neuroplasticità per evitare di accumulare danni nel nostro cervello e per migliorare sé stessi. L’allenamento, quindi la dedizione, la determinazione, la costanza, è ciò che promuove e stimola lo sviluppo di una capacità; occorre uscire dalla propria zona di comfort, dalla propria pigrizia e per farlo occorre scegliere strade sfidanti ma percorribili, affinché sia raggiungibile anche quella sensazione di appagamento che permette di proseguire il cammino. Il contenuto di quest’articolo è il riassunto di un video del Dott. Filippo Ongaro, medico degli astronauti dal 2000 al 2007 e primo medico italiano certificato in medicina funzionale e anti-aging negli USA, autore di diversi libri su nutrizione e benessere, ultimo dei quali è Fino a cent’anni. Cinzia Malaguti I maghi al microscopio Da alcuni anni, alcuni ricercatori nel campo della psicologia e delle neuroscienze hanno iniziato a studiare i meccanismi coinvolti nei giochi di prestigio per approfondire la comprensione di alcune attività cognitive già note, ma anche per scoprirne di nuove cui farebbero ricorso i maghi. Un bravo prestigiatore fa leva su alcuni aspetti della nostra mente e dei suoi limiti per trarre in inganno il suo pubblico: la percezione, l’attenzione o la memoria. I ricercatori hanno finora scoperto due meccanismi utilizzati dai maestri della magia: la deviazione dell’attenzione e la falsa pista. La deviazione dell’attenzione La deviazione dell’attenzione consiste nell’abilità del mago di portare l’attenzione e lo sguardo dello spettatore su un oggetto, un gesto o un particolare di scena per impedirci di notare un movimento che si svolge contemporaneamente al di fuori di questo quadro attenzionale. Il mago, per esempio, ricorre spesso a movimenti lenti e ondulatori della mano per catturare l’attenzione del pubblico. Nessuna forzatura o debolezza, è semplicemente l’utilizzo del meccanismo cognitivo dell’attenzione. Numerosi studi dimostrano, infatti, che l’attenzione della nostra mente è catturata da un oggetto in movimento o dal contrasto di colori o dall’inserimento a sorpresa di una novità, in modo automatico e quasi sistematico. La deviazione dell’attenzione è alla base della maggior parte delle ricerche sulla magia. La comprensione del meccanismo della cattura dell’attenzione è importante perché può essere positivamente utilizzato per la didattica e l’insegnamento, “deviando” l’attenzione dello studente distratto su argomenti o materie di particolare importanza, ad esempio con l’utilizzo di immagini in movimento o l’inserimento di elementi a sorpresa. La falsa pista La falsa pista è un altro dei trucchi utilizzati dai prestigiatori per ingannare lo spettatore; essi orientano in modo esplicito o implicito l’attenzione degli spettatori verso una falsa soluzione per evitare che scoprano il segreto del trucco. Il trucco della falsa pista poggia le sue basi sul meccanismo mentale secondo il quale quando un’idea è troppo presente nella mente, ad esempio perché semplice o evidente, questa occupa uno spazio mentale così grande da impedirci di pensare a qualcos’altro. Nel 2008 Merim Bilalic dell’Università di Klagenfurt e colleghi hanno confrontato alcuni giocatori di scacchi messi di fronte a uno schema che prevedeva due soluzioni, una facile ed una complessa, per mettere il re in scacco matto. Il risultato fu che i giocatori identificavano velocemente la soluzione più semplice, mentre la maggior parte non riusciva a trovare la seconda perché la mente rimaneva bloccata sulla soluzione più evidente, probabilmente per un meccanismo di risparmio di energie cognitive. Allenare la mente è allora un modo per alzare, entro certi limiti soggettivi, l’asticella delle capacità cognitive così come l’allenamento del fisico ci permette di alzare l’asticella delle capacità muscolari e cardio-respiratorie; quindi il mio consiglio è quello di leggere, studiare, fare enigmistica e qualsiasi altra attività che tenga in esercizio la mente. Cinzia Malaguti Bibliografia: C. Thomas, A. Didierjean, La magia in laboratorio, in Mente & Cervello nr. 145, 2016 M. Bilalic e altri, The mechanism of the einstellung (set) effect: a pervasive source of cognitive bias, in Current directions in psychological science, vol. 19, pp. 111-115, 2010 Ansia, cause e rimedi Mentre la paura si riferisce ad una minaccia reale, l’ansia riguarda un pericolo potenziale, un rischio. L’ansia è un meccanismo innato e utile per la nostra sopravvivenza e per le nostre prestazioni, ma diventa un problema quando è eccessiva perché interferisce con la nostra vita quotidiana e peggiora le nostre prestazioni anziché migliorarle. Senza un po’ di ansia per l’esame, uno studente non si impegnerebbe per prepararlo, così come senza un po’ di preoccupazione per quello che si fa, ci impegneremmo meno e le nostre prestazioni ne risentirebbero. Talvolta però l’ansia diventa incontrollabile, oppure eccessiva rispetto alle reali minacce che dobbiamo fronteggiare. Nella formazione dell’ansia “sopra le righe” intervengono almeno tre fattori: la predisposizione genetica, il profilo cognitivo (tendenze psicologiche del soggetto che valuta come difficili o impossibili da controllare determinate situazioni) e le esperienze di apprendimento (il vissuto di situazioni “incontrollabili”). A livello neurobiologico succede che ad un certo punto uno stimolo esterno, più o meno conosciuto, arriva ai circuiti che sovrintendono alle risposte automatiche e viene catalogato come minaccioso; si ha allora l’attivazione fisiologica tipica, con aumento del respiro e del battito cardiaco. Questo meccanismo può essere poi mediato dalla consapevolezza che ci permette di far rientrare nei ranghi lo stimolo sproporzionato e la relativa risposta fisiologica oppure no, in quest’ultimo caso con effetti disfunzionali per la nostra vita e le nostre prestazioni. Strategie per vincere l’ansia L’esposizione allo stimolo che suscita paura o ansia permette di sperimentare le reazioni collegate allo stimolo e comprendere che non è poi così terribile, fatto che in sé produce l’estinzione della risposta automatica di evitamento; può però persistere ancora un po’ d’ansia legata agli aspetti cognitivi delle credenze, per superare le quali occorre tempo e pazienza, se persistente servono terapie cognitivocomportamentali. Per le persone che soffrono di ansia generalizzata, ossia preoccupate in genere e non di una cosa specifica, le strategie per vincere l’ansia comprendono l’addestramento al rilassamento, la ristrutturazione cognitiva, la desensibilizzazione autocontrollata e l’evitamento proattivo. L’addestramento al rilassamento consiste nel focalizzarsi sul proprio respiro per alcuni minuti (mindfulness) e fa bene in tutti i casi, mentre l’evitamento proattivo può essere utili solo in certi casi, come ad esempio a chi soffre situazioni di socializzazione come una festa; in quest’ultimo caso, appena sorgono i primi sintomi dell’ansia si può uscire un momento, facendo finta di telefonare, per far scendere la tensione, poi si rientra e si scopre che non è così terribile … la volta successiva può andare ancora meglio. Per chi è interessato ad approfondire le tecniche di rilassamento della mindfulness, consiglio la lettura Come fare esperienze di mindfulness e Come ottimizzare la concentrazione. Termino questo articolo ricordandovi che l’ansia fa parte della vita, ma ne basta poca, il resto si può governare e a volte estinguere. Cinzia Malaguti Bibliografia: J. Ledoux, Ansia. Come il cervello ci aiuta a capirla, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2016 G. Amadei, Mindfulness. Essere consapevoli, Bologna, Il Mulino, 2013 Intervista a Joseph LeDoux di S. Inglese e A. Lavazza su Mente & Cervello nr. 142 Pensiero automatico pensiero algoritmico e Il pensiero algoritmico è logico e razionale, procede per deduzioni, associazioni, inferenze e confronti, analizza il problema in sé e per sé in modo matematico, lasciando da parte convinzioni, opinioni, abitudini, luoghi comuni, stereotipi. Il pensiero algoritmico, però, il più delle volte è lento e di difficile accesso. Il pensiero automatico o euristico è l’esatto contrario del pensiero algoritmico, in quanto si fonda su convinzioni, abitudini, opinioni, stereotipi e luoghi comuni che risalgono addirittura all’infanzia e che vengono utilizzati dai nostri centri mentali per una risposta più pratica e comoda in diverse situazioni. Il pensiero automatico è figlio dell’istinto, mentre il pensiero algoritmico è figlio del ragionamento, anzi è il ragionamento; questo non significa che il pensiero automatico sia sempre sbagliato, anzi ci sono molte situazioni in cui l’automatismo ci salva la vita, quando non c’è il tempo di fare un ragionamento astratto, ma ci sono anche molte situazioni in cui ci fa commettere errori o costituisce un intralcio al necessario ragionamento. La necessità di ridurre al minimo necessario il pensiero automatico si pone per evitare errori di pensiero e per affrontare con saggezza la complessità della vita. La ricerca scientifica ha capito che le aree cerebrali attivate nel pensiero automatico possono essere disattivate da altre aree del cervello . In pratica, per rispondere rapidamente e senza sforzo ad una domanda, viene attivato l’automatismo di pensiero, attraverso l’attivazione del solco intraparietale laterale, che offre una stima automatica e non ponderata. Per impedire che il pensiero automatico faccia dei danni, occorre attivare la corteccia prefrontale inferiore, situata nella parte anteriore del cervello; la corteccia prefrontale disattiva il solco intraparietale laterale, bloccando così l’automatismo, ed attivando un’altra zona (il solco intraparietale ventrale) che permette di analizzare il problema in modo logico. Esercizi per allenare il nostro cervello al pensiero algoritmico e pensare più correttamente Il primo esercizio da fare, con regolarità, è quello di abituare il cervello alla “fatica” del ragionamento, in modo che non sia più tentato di prendere scorciatoie per evitarla: leggendo romanzi o saggi, studiando, affrontando esercizi di enigmistica, imparando regole a memoria, insomma tutto ciò che può allenare la mente ad affrontare la fatica del ragionamento e dell’apprendimento. Il secondo esercizio da fare, quando necessario, è quello di fare calcoli mentalmente, anche semplici, prima di rispondere ad una domanda o risolvere un problema o affrontare una situazione complessa; questo esercizio attiva la corteccia prefrontale anteriore sede della razionalità, disattivando gli automatismi cerebrali. Cinzia Malaguti Bibliografia: O. Houdé, I neuroni del senso critico, su Mente & Cervello nr. 138 S. Dehaene, Coscienza e cervello: come i neuroni codificano il pensiero, Milano, Cortina editore, 2014 D. Kahneman, Pensieri lenti e veloci, Milano, Mondadori, 2014 Il sistema di eliminazione delle scorie dal cervello Fino a non molto tempo fa si riteneva che le cellule cerebrali demolissero internamente le scorie prodotte nei loro processi metabolici, diversamente da quanto succede alle altre cellule che utilizzano il sistema linfatico per far giungere le loro scorie al fegato o ai reni per l’eliminazione. Oggi, invece, sappiamo che il cervello rimuove buona parte dei suoi rifiuti proteici potenzialmente tossici e detriti biologici spazzandoli via per essere poi degradati da fegato e reni. Nel processo di smaltimento delle scorie dal cervello, un ruolo chiave ce l’hanno il fluido cerebro-spinale e gli spazi interstiziali dei canali dove scorrono le vene. E’ infatti il fluido cerebro-spinale che raccoglie le scorie dal tessuto cerebrale attraverso le cellule gliali, le terminazioni neuronali con funzioni di nutrimento e di sostegno, per poi accompagnarle, attraverso il canale in cui scorrono le vene, nel sistema linfatico e, infine, nel flusso sanguigno, dove si mescolano con la scorie degli altri tessuti, per sfociare quindi nei reni o nel fegato. Gli studi hanno messo in evidenza che il sistema di espansione e contrazione dello spazio interstiziale, necessario per far scorrere il liquido cerebro-spinale, è molto più attivo durante il sonno; il sonno è, pertanto, funzionale all’eliminazione delle scorie dal cervello e, quindi, la deprivazione del sonno o la scarsa qualità dello stesso posso provocare un malfunzionamento del sistema con un conseguente accumulo di detriti, alla base dello sviluppo di malattie neuro-degenerative, come l’Alzheimer o il Parkinson. La scoperta di questo sistema di eliminazione delle scorie da parte del cervello potrebbe aprire nuovi orizzonti nella ricerca farmacologica di sostanze in grado di stimolare il flusso glinfatico (cellule gliali- liquido cerebrospinalesistema linfatico). Cinzia Malaguti Fonte: M. Nedergaard (ricercatrice Medical Center dell’Università di Rochester) e S. A. Goldman (professore di neuroscienze all’Università di Rochester), Grandi pulizie tra i neuroni, su Le Scienze, Editoriale L’Espresso, maggio 2016 AIRA Associazione Ricerca Autismo Italiana E’ nata da poco tempo l‘AIRA, l’Associazione Italiana Ricerca Autismo, ma ha grandi progetti: promuovere la ricerca di qualità, raccogliere fondi, veicolare un’informazione corretta basata sulle prove, essere di supporto ai familiari e formare tutti gli attori coinvolti, sviluppare ausili tecnologici alle terapie, combattere il pregiudizio. L’AIRA ha tenuto il suo primo congresso nazionale a dicembre 2015 esprimendo la ferma intenzione di diventare il punto di riferimento per ricercatori, familiari ed istituzioni, tramite l’impegno volontario dei maggiori esperti italiani del settore. Ricerca, diagnosi precoce, ausili e comunicazione sono le quattro colonne portanti dell’Associazione Italiana Ricerca Autismo. La comunicazione riveste un ruolo importante per un disturbo personalizzato e ad ampio spettro, dove è alto il rischio che se ne parli male, dando spazio a procedure non sostenute da prove scientifiche, come è successo con la questione dei vaccini. E’ pertanto importante veicolare informazioni provate e vagliate da un comitato scientifico multidisciplinare. render of DNA Un’altra priorità dell’AIRA è quella di ripensare i percorsi di diagnosi creando una rete di centri sul territorio e favorire un’adeguata formazione di tutti gli attori coinvolti (dalla famiglia agli insegnanti, dai pediatri ai neuropsichiatri infantili), in modo da riconoscere i segni precoci dell’autismo che devono indirizzare da un professionista e fornire adeguata assistenza. Promuovere la ricerca di qualità è vorrebbe essere per l’autismo ciò un’associazione che raccoglie fondi livello, basata sulle prove. AIRA una delle mete di AIRA che che AIRC è per il cancro: e finanzia ricerca di alto nasce sorretta solo dalle quote di un centinaio di soci, ma per continuare e perseguire i suoi nobili scopi ha bisogno di finanziamenti privati. Un’area della ricerca su cui AIRA intende puntare è anche lo sviluppo di ausili tecnologici alle terapie, sia software, dalle app per smartphone o tablet ai sistemi di osservazione con telecamere, che hardware, come i robot che stimolino il bambino a giocare e a interagire. Le famiglie con bambini autistici hanno bisogno di non sentirsi sole e di trovare una rete di supporto che, favorendo la corretta informazione e la solidarietà, combatta il pregiudizio dell’ignoranza. In bocca al lupo, AIRA! Cinzia Malaguti Bibliografia: G. Sabato, Insieme per la ricerca, su Mente & Cervello nr. 134 AIRA Associazione Italiana Autismo, sito ufficiale AIRA Associazione Italiana Ricerca Autismo su Facebook Le immagini sono tratte dal sito dell’AIRA