SS. Corpo e Sangue di Cristo Anno C 1 SS. CORPO E SANGUE DI CRISTO Lectio - Anno C PPrriim maa lleettttuurraa:: G Geenneessii 1144,,1188--2200 In quei giorni, Melchisedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abràm con queste parole: «Sia benedetto Abràm dal Dio altissimo, creatore del cielo e della terra, e benedetto sia il Dio altissimo che ti ha messo in mano i tuoi nemici». Abràm gli diede la decima di tutto. ***La figura di Melkisedek è misteriosa. Veramente senza padre, senza madre, senza genealogia, come afferma l'autore della Lettera agli ebrei (7,3), tuttavia viene a rendere omaggio al capostipite del popolo ebraico ancora ramingo per la terra di Canaan. Il nome è soprattutto simbolico: «Melek sedeq», «re giusto». Tale è anche la città di provenienza, che probabilmente è Gerusalemme e significa in qualche modo «pace». Pertanto re giusto e pacifico, quindi profeticamente annunzia il liberatore che dovrà instaurare la pace e la giustizia alla fine dei tempi. Infatti Isaia chiama la Gerusalemme messianica «città di pace» (54,14) e il messia «principe della pace» (9,5). «Giustizia di Dio» lo designa invece Geremia (23,6). Melkisedek è anche sacerdote, non di una divinità cananea ma dell'Altissimo. Si fa incontro ad Abramo come per fargli accoglienza nel nome di Dio, nella terra che gli è stata concessa (Gn 12,1-3). L'intenzione dell'autore è ribadire che la vocazione di Abramo, la promessa e la benedizione che porta con sé non è frutto della sua fantasia ma viene veramente dal cielo. Egli non è un arameo errante, ma un inviato divino assistito dalle migliori garanzie. SSeeccoonnddaa lleettttuurraa:: 11 C Coorriinnzzii 1111,,2233--2266 Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese il pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta, infatti, che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga. SS. Corpo e Sangue di Cristo Anno C 2 *** Paolo cerca di rimuovere gli abusi, che si registravano nella celebrazione della cena comunitaria che precedeva l'Eucaristia a Corinto, ricordando le circostanze in cui Gesù ha compiuto un tal rito e le ragioni per cui l'ha «istituito». Non fa un proprio racconto ma ripete la versione che circolava nelle chiese di Asia, verosimilmente in Antiochia. Sua è invece l'annotazione cronologica «nella notte in cui fu tradito». Un «tradimento» che vede coinvolto uno dei suoi discepoli, ma che risponde insieme al disegno del Padre che come di persona ha consegnato il figlio «ai malfattori» per la comune salvezza (cf. Rm 4,25; 8,32). Se Paolo ripete quello che ha ricevuto «dal Signore» non vuol dire che l'ha appreso direttamente, ma che fa parte di una tradizione risalente a Gesù stesso. È veramente la «cena del Signore», come ha detto sopra. Egli è solo un anello della trasmissione; un anello però bene informato che ne è anche un garante. Gesù in quella notte, nel corso della cena, ha compiuto dei gesti abituali, ma li ha arricchiti di un significato nuovo. Dei gesti sul pane: lo prende in mano, rivolge lo sguardo al cielo in segno di preghiera, lo spezza e lo consegna ai suoi, ma non vi pronuncia sopra la benedizione di rito, «Benedetto sei tu Signore che ci doni il frutto della terra», ma «Questo è il mio corpo spezzato per voi». Il richiamo alla sua morte era evidente nelle parole e nei segni. I discepoli ne vedevano un'anticipazione simbolica nel pane spezzato che Gesù offriva loro. Quello non era più un alimento comune, come il pane che avevano mangiato sino allora. Aveva un valore nuovo, si sovraccaricava di una realtà che prima non aveva, acquistava un altro riferimento, un altro significato. Quello compiuto era già un gesto altamente eloquente, soprattutto alla luce delle parole, ma Gesù aveva voluto essere ancora più esplicito e annette un nuovo significato anche al calice che ha riempito di vino. Esso annunzia il versamento del suo sangue, sempre dall'alto del patibolo, quando il suo corpo sarà spezzato. Entrambi sarebbero stati i segni della sua morte sopportata per loro, più che a proprio beneficio. La vecchia «alleanza», il patto sancito tra Dio e Israele tramite Mosè sul Sinai col versare il sangue di animali, era caduta e veniva sostituita da una nuova che abbracciava tutta l'umanità, realizzata in virtù della morte di Cristo. La «memoria» che Gesù chiede ai suoi di fare in suo nome può riguardare la ripetizione del rito, ma questa ha valore se è premessa o celebrazione dell'offerta di se stessi a Dio per il bene dei fratelli, le «moltitudini». L'amore si spiega con le parole, si conferma con le ritualità, ma si dimostra solo con i fatti. V Vaannggeelloo:: L Luuccaa 99,,1111bb--1177 In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevan bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla, perché vada nei villaggi e nelle campagne dintorno per alloggiare e trovar cibo, poiché qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Dategli voi stessi da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C'erano, infatti, circa cinquemila uomini. Egli disse ai discepoli: «Fateli sedere per gruppi di cinquanta». SS. Corpo e Sangue di Cristo Anno C 3 Così fecero e li invitarono a sedersi tutti quanti. Allora egli prese i cinque pani e i due pesci e, levati gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono e si saziarono e delle parti loro avanzate furono portate via dodici ceste. E Esseeggeessii Il miracolo della moltiplicazione dei pani è il più sensazionale prodigio che i vangeli attribuiscono a Gesù. Tutti lo riportano e Matteo e Marco due volte. In tutto sei narrazioni: segno del peso che ha avuto nella Chiesa delle origini. Alcuni si schermiscono a ritenerlo un avvenimento storico e lo intendono come l'apparecchiatura di un banchetto simbolico in cui Gesù distribuisce agli uomini se stesso, il suo insegnamento, quale «pane di vita», direbbe Giovanni (6,48). Per qualche autore più recente Gesù ha compiuto un prodigio perché ha indotto la folla a mettere insieme le loro provviste, a condividerle con quelli che non avevano con sé nulla e così tutti si sono trovati egualmente saziati. Se così fosse stato si avrebbe avuto come un anticipo di quanto accadeva nelle agapi cristiane (cf. i Cor 11,17-22) o nella comunità di Gerusalemme (cf. At 2,42-47) dove i cristiani mettevano in comune i loro beni. Tali supposizioni secondo alcuni potrebbero essere possibili e nemmeno disdicevoli, ma il racconto non si presta a essere inteso come una parabola o un quadro simbolico. Rimane sempre difficile determinare le modalità dell'avvenimento, sottovalutare o cancellare le reminiscenze che ha subito sulla scia del miracolo della manna (Es 16,1), del prodigio dei pani attribuito a Eliseo (2 Re 4,42-44) o il raffronto con la pasqua giudaica e la cena cristiana. La menzione del «deserto», che di per sé è fuori posto perché si dice che sul luogo c'era dell'«erba» (anche se si poteva voler indicare l'assenza di abitazioni a perdita d'occhio) è un richiamo alla peregrinazione sinatica e alla pasqua, quindi al banchetto che ne faceva la commemorazione. L'autore pensa alla storia passata, al memoriale di Cristo e alla cena del Signore che la comunità celebra mentre rilegge il miracolo dei pani. Il fatto è sempre straordinario e rimarrà sempre arduo scoprire che cosa è avvenuto. Se fosse vero infatti che tutti i pani (ma non era necessario che si debba intendere uno per uno e direttamente da Gesù) sono passati realmente per le mani di Gesù («e li dava») gli ultimi avrebbero dovuto attendere molte ore prima di avere quel pezzo di pane di cui avevano bisogno. Il particolare «lo dava» non vuol essere un dettaglio storico, ma simbolico. Il pane naturale è un dono di Dio (Lc 11,3), ma il pane miracoloso, tanto più il pane che si riceve nella cena del Signore è il dono di Gesù ai suoi. La provvista miracolosa del pane in quel particolare momento della vita di Gesù aveva avuto una risonanza insolita nell'animo dei discepoli che l'avevano rivissuta come un incontro delle profezie passate e le liturgie presenti. Quel che contava era vedere un ravvicinamento e un superamento del passato nel nuovo. Il miracolo di Gesù era al di sopra di quello di Eliseo che con 20 pani aveva sfamato 100 persone e di quello di Mosè che aveva fatto piovere la manna dal cielo per integrare la scarsezza di cibo degli esuli nel deserto. Ma Gesù era stato più strepitoso di entrambi poiché aveva fatto sorgere istantaneamente dal nulla una stragrande quantità di pane. Quanti potevano andare in SS. Corpo e Sangue di Cristo Anno C 4 crisi o sentirsi in colpa per avere abbandonato la legge di Mosè o gli antichi profeti dovevano sentirsi rassicurati poiché avevano scelto uno che era più grande di loro. Ma i cristiani raccontavano la moltiplicazione dei pani mentre si preparavano a celebrare la cena del Signore. Un pane rievocava l'altro e i gesti che Gesù aveva compiuto nell'ultima cena si ritrovavano anticipati nel miracolo dei pani, così un banchetto preparava l'altro. Nella pianura di Cafarnao mentre compie il prodigio, Gesù allestisce anche la «grande cena» messianica a cui non poche persone ma una folla sterminata è chiamata a prender parte (cf. 14,23). I gesti che Gesù ha compiuto a Cafarnao sono gli stessi del cenacolo. Sono ricordati non per esattezza cronologica ma per la loro portata profetica: prese il pane, alzò gli occhi al cielo in segno di preghiera, li benedisse, li spezzò, li diede. La «trasformazione» eucaristica trova la sua illustrazione nella moltiplicazione del pane. Anche la cena di Emmaus ripete lo stesso schema (Lc 24,29). La provvista è senza preavvisi e previsioni perché tali sono i doni di Dio e del suo inviato Gesù Cristo. I pani sono sopravanzati perché il credente sa o deve sapere che Dio accorda con sovrabbondanza i suoi favori a coloro che si affidano a colui che egli ha inviato (Lc 18,28-29). Se alla fine sono proprio riempiti 12 canestri era perché nella Chiesa il mandato di provvedere al nutrimento spirituale dei fedeli, quindi al pane eucaristico, spettava ai dodici apostoli e ai loro successori. M Meeddiittaazziioonnee Prefigurata dall'offerta di pane e vino attuata da Melchisedek (I lettura) e annunciata dal banchetto di pani e pesci imbandito da Gesù per le folle (vangelo), l'eucaristia è per Gesù segno dell'offerta dell'intera sua vita (II lettura). Il carattere di prefigurazione eucaristica dell'episodio narrato nella Genesi (Gen 14,18-20) è espresso anche dalla memoria, presente nella preghiera eucaristica I (Canone Romano), dell'«offerta pura e santa di Melchisedek, tuo sommo sacerdote» accetta a Dio. Il pane e il vino rivestono una importante e molteplice valenza simbolica. Essi rappresentano la natura (sono frutti della terra) e la cultura (sono frutti del lavoro umano); sono cibo e bevanda, dunque gli elementi vitali per eccellenza che accompagnano l'uomo dal suo nascere al suo morire durante tutta la sua vita; pane e vino rinviano alla tavola e dunque alla convivialità e alla comunione che si stabilisce attorno alla tavola; essi rinviano anche alla nostra condizione corporale: il corpo sente e patisce fame e sete, il corpo è sostentato dal cibo, ma il cibo, pur nutrendo il corpo, non può liberarlo dalla morte. Il cibo eucaristico, significato da questi simboli della vita così elementari e pregnanti come il pane e il vino, anticipa e prefigura quella vita eterna e quella comunione senza più ombre con Dio che, donata in Cristo, sarà realtà per sempre e per tutti nel Regno di Dio. Insomma, mentre fa memoria di tutta la vita di Cristo, l'eucaristia assume anche l'intera vita dell'uomo attraverso i simboli del pane e del vino. La pagina della Genesi e la ripresa dell'esempio di Melchisedek nel Canone Romano consentono anche di cogliere la dimensione universale dell'eucaristia: l'incontro di Abramo con Melchisedek è l'incontro della fede nel Dio uno, JHWH, il Dio d'Israele, con la tradizione religiosa cananea di Melchisedek e del popolo gebuseo. In certo modo, dunque, Melchisedek può essere colto come rappresentante dell'offerta che dall'intera SS. Corpo e Sangue di Cristo Anno C 5 umanità sale a Dio, dall'umanità che non ha conosciuto la rivelazione. E questo ricorda a noi cristiani che l'eucaristia è azione di grazie che la chiesa compie a nome di tutta la creazione, per tutto il mondo e su tutto il mondo. L'eucaristia è preghiera delle preghiere: in essa sfociano tutte le nostre preghiere, ma essa è anche espressione di tutto l'anelito umano alla comunione con Dio. Vi è una dimensione cosmica, creazionale e universale nell'eucaristia che non può essere dimenticata. Il mondo e l'intera umanità che Cristo ha riconciliato con Dio sono presenti nell'eucaristia: nel pane e nel vino, nella persona e nel corpo dei fedeli e nelle preghiere che essi offrono per tutti gli uomini. Nella pagina evangelica il comando che Gesù rivolge ai discepoli di dar da mangiare loro stessi alle folle affamate e stanche al declinare del giorno (Lc 9,13), interpella in profondità l'agire ecclesiale. Quel «date loro voi stessi da mangiare» non può essere ridotto ad appello alla generosità né compreso come esortazione a mutare un sistema economico sociale fondato sulla proprietà privata su un regime basato sulla condivisione e nemmeno inteso come invito a un'efficiente e adeguata organizzazione assistenziale della carità. Quel comando contesta l'indifferenza e il disimpegno verso l'altro nel bisogno («Congeda la folla perché vada nei villaggi per alloggiare e trovar cibo»: Lc 9,12) e suscita l'obiezione dei discepoli che vedono la loro povertà come impedimento ad assolverlo («Non abbiamo che cinque pani e due pesci»: Lc 9,13). Il comando evangelico si urta, ieri come oggi, contro i parametri di buon senso, razionalità, efficienza che pervadono anche la chiesa. Paradossalmente, proprio la povertà che i discepoli vedono come ostacolo, è per Gesù lo spazio necessario del dono e l'elemento indispensabile affinché quel «dar da mangiare» non sia solo dispiegamento di efficienza umana, ma segno della potenza, delle benedizione e della misericordia di Dio e luogo di instaurazione di fraternità e di comunione. P Prreegghhiieerree ee rraaccccoonnttii II Dio nell'ostensorio Cantavano le donne lungo il muro inchiodato quando ti vidi, Dio forte, vivo nel Sacramento, palpitante e nudo come un bambino che corre inseguito da sette torelli capitali. Vivo eri, Dio mio, nell'ostensorio. Trafitto dal tuo Padre con ago di fuoco. O Forma consacrata, vertice dei fiori, dove tutti gli angoli prendono luci fisse, dove numero e bocca costruiscono un presente corpo di luce umana con muscoli di farina! O Forma limitata per esprimere concreta moltitudine di luci e clamore ascoltato! O neve circondata da timpani di musica ! O fiamma crepitante sopra tutte le vene! (F. García Lorca) SS. Corpo e Sangue di Cristo Anno C 6 La prima comunione Benedetto XVI presiede nel pomeriggio di sabato 15 ottobre 2005, in piazza San Pietro, lo speciale incontro di catechesi con i bambini di prima comunione, al quale partecipano oltre 150.000 persone tra fanciulli, genitori, catechisti e sacerdoti. Dopo la proclamazione della Liturgia della Parola, il Santo Padre risponde alle domande rivoltegli da sette bambini. Questi sono alcuni brani del testo del "dialogo" tra il Papa e i piccoli. Andrea: «Caro Papa, quale ricordo hai del giorno della tua prima comunione?». Innanzitutto vorrei dire grazie per questa festa della fede che mi offrite, per la vostra presenza e la vostra gioia. Ringrazio e saluto per l'abbraccio che ho avuto da alcuni di voi, un abbraccio che simbolicamente vale per voi tutti, naturalmente. Quanto alla domanda, mi ricordo bene del giorno della mia prima comunione. Era una bella domenica di marzo del 1936, quindi 69 anni fa. Era un giorno di sole, la chiesa molto bella, la musica, erano tante le belle cose delle quali mi ricordo. Eravamo una trentina di ragazzi e di ragazze del nostro piccolo paese, di non più di 500 abitanti. Ma nel centro dei miei ricordi gioiosi e belli sta questo pensiero - la stessa cosa è già stata detta dal vostro portavoce - che ho capito che Gesù è entrato nel mio cuore, ha fatto visita proprio a me. E con Gesù Dio stesso è con me. E che questo è un dono di amore che realmente vale più di tutto il resto che può essere dato dalla vita; e così sono stato realmente pieno di una grande gioia perché Gesù era venuto da me. E ho capito che adesso cominciava una nuova tappa della mia vita, avevo 9 anni, e che adesso era importante rimanere fedele a questo incontro, a questa Comunione. Ho promesso al Signore, per quanto potevo: «Io vorrei essere sempre con te» e l'ho pregato: «Ma sii soprattutto tu con me». E così sono andato avanti nella mia vita. Grazie a Dio, il Signore mi ha sempre preso per la mano, mi ha guidato anche in situazioni difficili. E così questa gioia della prima comunione era un inizio di un cammino fatto insieme. Spero che, anche per tutti voi, la prima comunione che avete ricevuto in quest'Anno dell'Eucaristia sia l'inizio di un'amicizia per tutta la vita con Gesù. Inizio di un cammino insieme perché andando con Gesù andiamo bene e la vita diventa buona. Andrea: «La mia catechista, preparandomi al giorno della mia prima comunione, mi ha detto che Gesù è presente nell'Eucaristia. Ma come? Io non lo vedo!». Sì, non lo vediamo, ma ci sono tante cose che non vediamo e che esistono e sono essenziali. Per esempio, non vediamo la nostra ragione, tuttavia abbiamo la ragione. Non vediamo la nostra intelligenza e l'abbiamo. Non vediamo, in una parola, la nostra anima e tuttavia esiste e ne vediamo gli effetti, perché possiamo parlare, pensare, decidere, ecc... Così pure non vediamo, per esempio, la corrente elettrica, e tuttavia vediamo che esiste, vediamo questo microfono come funziona; vediamo le luci. In una parola, proprio le cose più profonde, che sostengono realmente la vita e il mondo, non le vediamo, ma SS. Corpo e Sangue di Cristo Anno C 7 possiamo vedere, sentire gli effetti. L'elettricità, la corrente non le vediamo, ma la luce la vediamo. E così via. E così anche il Signore risorto non lo vediamo con i nostri occhi, ma vediamo che dove è Gesù, gli uomini cambiano, diventano migliori. Si crea una maggiore capacità di pace, di riconciliazione, ecc... Quindi, non vediamo il Signore stesso, ma vediamo gli effetti: così possiamo capire che Gesù è presente. Come ho detto, proprio le cose invisibili sono le più profonde e importanti. Andiamo dunque incontro a questo Signore invisibile, ma forte, che ci aiuta a vivere bene. Alessandro: «A cosa serve andare alla santa Messa e ricevere la comunione per la vita di tutti i giorni?». Serve per trovare il centro della vita. Noi la viviamo in mezzo a tante cose. E le persone che non vanno in chiesa non sanno che a loro manca proprio Gesù. Sentono però che manca qualcosa nella loro vita. Se Dio resta assente nella mia vita, se Gesù è assente dalla mia vita, mi manca una guida, mi manca un'amicizia essenziale, mi manca anche una gioia che è importante per la vita. La forza anche di crescere come uomo, di superare i miei vizi e di maturare umanamente. Quindi, non vediamo subito l'effetto dell'essere con Gesù quando andiamo alla comunione; lo si vede col tempo. Come anche, nel corso delle settimane, degli anni, si sente sempre più l'assenza di Dio, l'assenza di Gesù. È una lacuna fondamentale e distruttiva. Potrei adesso facilmente parlare dei Paesi dove l'ateismo ha governato per anni; come ne sono risultate distrutte le anime, e anche la terra; e così possiamo vedere che è importante, anzi, direi, fondamentale, nutrirsi di Gesù nella comunione. È Lui che ci da la luce, ci offre la guida per la nostra vita, una guida della quale abbiamo bisogno. Anna: «Caro Papa, ci puoi spiegare cosa voleva dire Gesù quando ha detto alla gente che lo seguiva: "lo sono il pane della vita?». Allora, dobbiamo forse innanzitutto chiarire che cos'è il pane. Noi abbiamo oggi una cucina raffinata e ricca di diversissimi cibi, ma nelle situazioni più semplici il pane è il fondamento della nutrizione e se Gesù si chiama il pane della vita, il pane è, diciamo, la sigla, un'abbreviazione per tutto il nutrimento. E come abbiamo bisogno di nutrirci corporalmente per vivere, così anche lo spirito, l'anima in noi, la volontà, ha bisogno di nutrirsi. Noi, come persone umane, non abbiamo solo un corpo, ma anche un'anima; siamo persone pensanti con una volontà, un'intelligenza, e dobbiamo nutrire anche lo spirito, l'anima, perché possa maturare, perché possa realmente arrivare alla sua pienezza. E, quindi, se Gesù dice: «Io sono il pane della vita», vuol dire che Gesù stesso è questo nutrimento della nostra anima, dell'uomo interiore del quale abbiamo bisogno, perché anche l'anima deve nutrirsi. E non bastano le cose tecniche, pur tanto importanti. Abbiamo bisogno proprio di questa amicizia di Dio, che ci aiuta a prendere le decisioni giuste. Abbiamo bisogno di maturare umanamente. Con altre parole. Gesù ci nutre così che diventiamo realmente persone mature e la nostra vita diventa buona. SS. Corpo e Sangue di Cristo Anno C 8 Adriano: «Santo Padre, ci hanno detto che oggi faremo l'adorazione eucaristica. Che cosa è? Come si fa? Ce lo puoi spiegare? Grazie». Allora, che cos'è l'adorazione, come si fa, lo vedremo subito, perché tutto è ben preparato: faremo delle preghiere, dei canti, la genuflessione e siamo così davanti a Gesù. Ma, naturalmente, la tua domanda esige una risposta più profonda: non solo come fare, ma che cosa è l'adorazione. Io direi: adorazione è riconoscere che Gesù è mio Signore, che Gesù mi mostra la via da prendere, mi fa capire che vivo bene soltanto se conosco la strada indicata da Lui, solo se seguo la via che Lui mi mostra. Quindi, adorare è dire: «Gesù, io sono tuo e ti seguo nella mia vita, non vorrei mai perdere questa amicizia, questa comunione con te». Potrei anche dire che l'adorazione nella sua essenza è un abbraccio con Gesù, nel quale gli dico: «Io sono tuo e, ti prego, sii anche tu sempre con me». (J. RATZINGER [Benedetto XVI], Imparare ad amare. Il cammino di una famiglia cristiana, Milano/Cinisello Balsamo/Città del Vaticano, San Paolo/Libreria Editrice Vaticana, 2007, 91-96). Siate ciò che vedete e ricevete ciò che siete Se vuoi comprendere il corpo di Cristo, ascolta l'Apostolo che dice ai credenti: «Voi siete il corpo di Cristo e sue membra» (1Cor 12,27). Se voi dunque siete il corpo e le membra di Cristo, sull'altare del Signore è posto il mistero delle vostre vite. Ricevete il vostro mistero. A ciò che siete, rispondete: «Amen» e, rispondendo lo sottoscrivete. Senti dire: «Corpo di Cristo» e rispondi: «Amen». Sii membro del corpo di Cristo perché il tuo Amen sia vero. Perché il corpo di Cristo nel pane? Non vogliamo dire niente di nostro, ascoltiamo sempre lo stesso Apostolo che, parlando di questo sacramento, dice: «Pur essendo molti, formiamo un solo pane e un solo corpo» (1Cor 10,17). Comprendete e gioite. Unità, verità, fede, carità. «Un solo pane»: chi è quest'unico pane? «Pur essendo molti formiamo un solo corpo». Ricordate che il pane non è formato da un solo chicco di grano, ma da molti [...] Siate ciò che vedete e ricevete ciò che siete. Questo ha detto l'Apostolo a riguardo del pane. E ci ha fatto capire con sufficiente chiarezza ciò che dobbiamo intendere riguardo al calice, anche se non lo ha detto esplicitamente. Perché ci sia la forma visibile del pane vengono impastati molti chicchi di grano fino a formare una cosa sola ed è come se avvenisse quanto la santa Scrittura dice dei credenti: «Avevano un cuor solo e un'anima sola» (At 4,32); così avviene anche per il vino. Fratelli, pensate a come si fa il vino. Molti acini pendono dal grappolo, ma il succo degli acini si fonde in un tutto. Così Cristo Signore ci ha voluto dare un simbolo di noi tutti, ha voluto che facessimo parte di lui e ha consacrato sulla sua tavola il sacramento della nostra pace e unità. Chi riceve il sacramento dell’unità e non conserva il vincolo della pace, non riceve il sacramento a sua salvezza ma una testimonianza a suo danno. (AGOSTINO, Discorsi 272,1, in Opere di sant'Agostino, Discorsi 2, pp. 1042-1044). Il pane che ci unisce SS. Corpo e Sangue di Cristo Anno C 9 Nello spezzare il pane insieme noi affermiamo la nostra condizione spezzata, anziché negare la sua realtà. Diventiamo più consapevoli che mai di essere presi, messi a parte come testimoni di Dio; di essere benedetti dalle parole e dagli atti della grazia; di essere spezzati, non per vendetta o per crudeltà, ma al fine di diventare un pane che può essere dato come cibo agli altri. Quando due, tre, dieci, cento o mille persone mangiano unite alla vita spezzata e versata di Cristo, esse scoprono che la loro stessa vita è parte di quell'unica vita e si riconoscono così a vicenda come fratelli e sorelle. Vi sono pochi luoghi rimasti al mondo dove la nostra comune umanità può essere elevata e celebrata, ma ogni volta che ci riuniamo attorno ai semplici segni del pane e del vino noi abbattiamo molti muri e cogliamo un barlume delle intenzioni di Dio per la famiglia umana. E ogni volta che questo accade, siamo chiamati a preoccuparci maggiormente non soltanto del benessere dell'altro, ma anche del benessere di tutti nel mondo. Lo spezzare il pane dunque... ci mette in contatto con coloro il cui corpo e la cui mente è stata spezzata dall'oppressione e dalla tortura e la cui vita viene distrutta nelle prigioni di questo mondo. Ci mette in contatto con gli uomini, le donne e i bambini la cui bellezza fisica, mentale e spirituale rimane invisibile a causa della mancanza di cibo e di riparo... Queste relazioni ci rendono davvero «uniti nel pane» e ci sfidano a operare con tutte le nostre energie per il pane quotidiano di tutti. In questo modo il nostro pregare insieme diventa un appello all'azione. (Henri J.M. NOUWEN, Compassion, in ID., La sola cosa necessaria – Vivere una vita di preghiera, Brescia, Queriniana, 2002, 197-198). Preghiera Non ci sei. Non si vede il tuo Volto. Ci sei. I tuoi raggi si spargono in mille direzioni. Sei la Presenza nascosta. Presenza sempre nascosta e sempre manifesta, Mistero Affascinante verso il quale convergono tutte le aspirazioni. Sei il più lontano e il più vicino di tutto. Sei sostanzialmente presente nel mio essere intero. Tu mi penetri, mi avvolgi, mi ami. Sei intorno a me e dentro di me. Con la tua Presenza attiva raggiungi le zone più remote e più profonde della mia intimità. Con la tua forza vivificante penetri tutto quanto sono e ho. Prendimi tutto intero, e fa’ di me una viva trasparenza del tuo Essere e del tuo Amore, o Signore amatissimo! SS. Corpo e Sangue di Cristo Anno C 10 * Per l’elaborazione della «lectio» di questa domenica, oltre al nostro materiale di archivio, ci siamo serviti di: - Temi di predicazione. Omelie. Ciclo C., Napoli, Editrice Domenicana italiana, 2004. - E. BIANCHI et al., Eucaristia e Parola. Testi per le celebrazioni eucaristiche. Tempo ordinario anno C [prima parte], Milano, Vita e Pensiero, 2007. - J. RATZINGER [Benedetto XVI], Imparare ad amare. Il cammino di una famiglia cristiana, Milano/Cinisello Balsamo/Città del Vaticano, San Paolo/Libreria Editrice Vaticana, 2007.