Sospensione, interruzione ed estinzione del processo Corso di diritto processuale civile, a.a. 2013/2014 La sospensione Definizione La sospensione (artt. 295-298 c.p.c.) consiste nell’arresto dell’attività processuale; il processo si ferma e si apre una parentesi in cui non si compie attività processuale; si profila così uno stato di quiescenza del giudizio, nella prospettiva della sua ripresa. Esistono tre tipologie di sospensione. A) Sospensione concordata Art. 296 c.p.c.: il giudice istruttore, su istanza di tutte le parti, ove sussistano giustificati motivi, può disporre, per una sola volta, che il processo rimanga sospeso per un periodo non superiore a tre mesi, fissando l’udienza per la prosecuzione del processo medesimo. La ratio è quella di soddisfare la necessità per le parti di ottenere una “pausa” processuale per giungere ad un accordo risolutivo della lite. B) Sospensione impropria A tale categoria è ricondotta una pluralità di ipotesi di sospensione disciplinate da varie norme processuali; siamo al di fuori della fattispecie di cui all’art. 295 c.p.c. Qui la sospensione è provocata dalla nascita di un processo su una questione (di rito o di merito) relativa alla domanda oggetto di un processo per così dire principale. La pendenza del secondo processo comporta la sospensione del primo. In sostanza in questo caso si ha un processo, in cui è ovviamente chiesta la tutela di un diritto, all’interno del quale sorge una questione rilevante per la decisione; la peculiarità sta nel fatto che l’ordinamento prevede che la soluzione di tale questione sia data da un giudice diverso da quello investito della causa di merito, di tal che il processo principale deve arrestarsi. Dal punto di vista oggettivo, il giudizio prosegue dinanzi al giudice del secondo processo, ma solo con riferimento alla questione da risolvere, strutturalmente riconducibile all’(unico) oggetto del giudizio (principale) e che non potrebbe fondare un’autonoma domanda, dunque un autonomo processo. 1) In caso di regol. di competenza Art. 48 c.p.c.: quando è proposto regolamento di competenza i processi rispetto ai quali è esperito tale mezzo devono essere sospesi. In questo caso si tratta di decidere la questione di competenza, e utilizzando tale strumento si chiede l’intervento della Cassazione. 2) In caso di regol. di giurisdizione Art. 367, comma 1: il giudice della causa di merito sospende il processo se non ritiene l’istanza di regolamento manifestamente inammissibile o la questione di giurisdizione manifestamente infondata. L’oggetto del processo principale resta invariato, mentre presso la Cassazione se ne apre un altro su di una questione di rito relativa a tale oggetto. 3) In caso di ricusazione del giudice Art. 52, comma 3: la presentazione del ricorso con il quale si chiede la ricusazione del giudice sospende il processo di merito. Qui il giudice investito della richiesta deve decidere dell’ imparzialità del magistrato. 4) In caso di querela di falso Come già si vide, sulla querela di falso esiste la competenza per materia del tribunale, onde se l’ istanza è proposta in via incidentale nel corso di un processo dinanzi al gdp o alla corte d’appello, tali giudici devono sospendere il processo in attesa della decisione del tribunale sulla querela. Questo peraltro è un caso eccezionale dove la “questione” potrebbe essere decisa in un autonomo processo. 5) Questione di costituzionalità Quando il giudice di merito deve applicare una norma di legge che ritiene incostituzionale, rimette con ordinanza la questione - che in questo caso è di diritto - alla Corte costituzionale e il processo di merito si sospende. La qlc è rilevante per la causa di merito, ma non potrebbe essere oggetto di autonoma domanda. 6) Rinvio pregiudiziale alla CGUE Laddove dinanzi al giudice di merito sorga questione circa l’interpretazione dei trattati o la validità/interpretazione di atti comunitari. Ai fini dell’uniformità dell’applicazione del diritto dell’ UE la questione può essere risolta solo dalla CGUE. Il rinvio è obbligatorio se la questione sorge dinanzi ad un giudice nazionale di ultima istanza. 7) In caso d’impugn. di sent. non def. Art. 270, comma 4: se viene immediatamente appellata una sentenza non definitiva, il giudice della causa principale, su istanza concorde delle parti, sospende l’ulteriore corso del processo, in attesa della decisione d’appello sulla non definitiva. I due processi infatti hanno lo stesso oggetto, benché quello d’impugnazione della non definitiva riguardi solo una questione, che comunque incide su tale oggetto. C) Sospensione propria o necessaria Si tratta dell’ipotesi concettualmente più significativa, direttamente presa in considerazione dall’art. 295. “Il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa”. A differenza dell’ipotesi della sospensione impropria, qui i due processi hanno oggetti distinti, onde in ciascuno è chiesta la tutela di un diritto. La norma dispone che uno dei due debba essere sospenso allorché la soluzione della causa dipenda dalla definizione dell’altro processo. Dunque siamo in un caso in cui per decidere sul diritto X occorre prima decidere sul diritto Y. Quando si verifica tale rapporto tra diritti? Pregiudizialità-dipendenza Il rapporto tra gli oggetti dei due processi è, dunque, quello della pregiudizialità-dipendenza: nel processo avente ad oggetto X, occorre accertare la fattispecie di quest’ultimo, nella quale rileva Y, che non è mero fatto ma un diritto; se su Y non pende un altro processo, il giudice di X conosce incidentalmente Y; se invece pende un altro processo, il giudice di X sospende il processo in attesa delle definizione della causa relativa ad Y. Esempio L’esempio classico, rispetto al quale è concretamente configurabile l’ipotesi in esame, è quello del processo sul diritto agli alimenti, per es. tra padre e figlio. Qui il giudice deve accertare: lo stato di non abbienza incolpevole del padre o del figlio, la capacità economica del figlio o del padre convenuto, il rapporto di filiazione (status). La filiazione è situazione sostanziale autonoma che, peraltro, è anche elemento della fattispecie di un altro diritto. Il giudice a cui è chiesta la tutela del diritto agli alimenti deve accertare la sussistenza della fattispecie vista. Dunque deve conoscere anche del rapporto di filiazione in via incidentale (cioè senza emettere su tale profilo una decisione ad hoc, ma al solo fine di decidere sul diritto agli alimenti; cognizione incidentere tantum). Ma se sul rapporto di filiazione pende un apposito processo, allora il giudice del diritto agli alimenti deve sospendere il processo, poiché la decisione sulla filiazione influisce sulla decisione circa gli alimenti, essendo lo status elemento della relativa fattispecie. Art. 34 c.p.c. Il meccanismo richiama quello di cui all’art. 34 (accertamenti incidentali): cognizione incidenter tantum del diritto pregiudiziale contestato tra le parti, decisione con efficacia di giudicato sul diritto dipendente; se però sul diritto pregiudiziale c’è domanda di parte (oppure previsione di legge) il giudice decide anch’esso con efficacia di giudicato. Differenza La differenza risiede nel fatto che la coerenza tra le decisioni vertenti su diritti fortemente connessi nel caso dell’art. 34 è raggiunta col simultaneus processus, quindi col cumulo dinanzi al medesimo giudice; nel caso dell’art. 295 con la sospensione del processo sul diritto dipendente, giacché qui, a differenza del caso ex art. 34, le due cause pendono dinanzi a giudici diversi (salvo che si realizzi il cumulo ex post con la riunione ex artt. 40 o 274 cpc.). Presupposti della sospensione Dunque, ricapitolando, i presupposti della sospensione propria sono: - che vi sia un rapporto di pregiudizialità-dipendenza tra due situazioni sostanziali; - che le due situazione siano oggetto di domanda giudiziale; - che rispetto ad esse non si realizzi, ex art. 34 ovvero 40 o 274 il processo simultaneo. Cognizione incidentale Se così stanno le cose, se ne ricava che la cognizione incidenter tantum sul diritto pregiudiziale è configurabile solo quando questo non sia oggetto di autonoma domanda (nello stesso o in altro processo). Su di un diritto, dunque, non si può allo stesso tempo decidere in via principale in un processo ed effettuare una cognizione incidentale in un altro. La ratio della sospensione propria Venendo in gioco ipotesi di connessione c.d. forte tra diritti l’esigenza a cui risponde il meccanismo della sospensione, così come avviene anche in vari casi di cumulo, è quella di consentire il coordinamento tra le decisioni, atteso che, sulla base dei limiti oggettivi del giudicato sostanziale, la decisione sul diritto pregiudiziale fa stato ai fini della definizione del diritto dipendente (art. 2909 cc). Questo significa che il giudice del diritto dipendente deve conformare la sua decisione a quanto stabilito dal giudice del diritto pregiudiziale. Così, ad esempio, se il giudice del diritto pregiudiziale ha accertato il rapporto di filiazione, il giudice del diritto agli alimenti può rigettare la domanda solo se ritiene insussistenti gli altri elementi della fattispecie, mentre deve recepire l’ accertamento della filiazione. Economia processuale In caso di tale connessione gli accertamenti eventualmente contrastanti non darebbero luogo ad un contrasto pratico delle decisioni; dunque la vera esigenza perseguita dal meccanismo della sospensione (così come dal cumulo) è l’economia processuale (evitare che sia effettuata una doppia istruttoria sulla stessa situazione sostanziale). In teoria però nulla vieta che la situazione sia in un processo decisa e in un altro “conosciuta”. Ed infatti la sospensione opera senza problemi nel caso il processo sul diritto pregiudiziale sia attivato preventivamente; mentre nel caso sia avviato prima quello sul diritto dipendente, la sospensione ha senso solo se l’istruttoria sul diritto pregiudiziale ai fini della cognizione incidentale non sia stata effettuata quando è proposta la domanda “pregiudiziale”; viceversa avrebbe poco senso sospendere il processo “dipendente”, ché anzi la sospensione aggrava la durata di tale processo. Efficacia della sentenza La sospensione opera quando la sentenza emessa nel processo sul diritto pregiudiziale fa stato rispetto al diritto dipendente, oggetto di altro processo (limiti oggettivi del giudicato). Tale regola vale sempre quando le parti del processo sul diritto dipendente sono le stesse, mentre se il secondo processo coinvolge un terzo soggetto occorre considerare i limiti soggettivi del giudicato: opera la sospensione quando l’accertamento contenuto nella prima sentenza fa stato anche rispetto al terzo Pregiudizialità penale Il c.p.p. del 1989 prevede diverse ipotesi per le quali, da un lato è stabilito che l’accertamento contenuto nella sentenza penale fa stato nel giudizio civile; dall’ altro, non è contemplata la sospensione del processo civile, sicché in teoria, quando certi fatti sono oggetto di processo di penale e allo stesso tempo rilevanti nella fattispecie di un diritto oggetto di processo civile, i due processi vanno avanti in autonomia, salva la possibilità di far valere la sentenza penale se vi sono i termini per farlo. Sospensione Le uniche due ipotesi di sospensione per pregiudizialità penale espressamente previste sono quelle ex art. 75 cpp. Il processo civile avente ad oggetto domande restitutorie o risarcitorie derivanti da reato è sospeso se: - l’azione è esperita dopo la costituzione di parte civile; - l’azione è esperita dopo la pubblicazione della sentenza penale di primo grado. Pregiudizialità ammistrativa Più complesso il quadro dei rapporti tra processo ordinario e processo amministrativo. Va da sé che, in potesi di giurisdizione esclusiva su diritti soggettivi del ga, ben può delinearsi un rapporto di pregiudizialità-dipendenza tra il diritto oggetto di processo amm.vo e il diritto del processo civile, di guisa che quest’ultimo, al ricorrere dei presupposti visti ex art. 295 c.p.c., sia sospeso. Giurisdizione generale di legittimità Più problematico il caso del rapporto con la giurisdizione di legittimità del ga, ossia laddove è giudicata l’attività autoritativa della pa espressa con l’ emenazione di provvedimenti, e dove la situazione sostanziale di riferimento è l’interesse legittimo. Volendo semplificare,si possono avere queste ipotesi: - si chiede la tutela di un diritto al go rispetto al quale rileva in via indiretta un provvedimento della pa; - si chiede la tutela risarcitoria per lesione d’int. leg. Nel primo caso, siccome il provvedimento rileva non direttamente ma incidentalmente, il go può disapplicarlo (l. 2248/1856). Quindi se pende il processo amministrativo su tale provvedimento, l’ ordinamento consente al go la cognizione incidentale, onde non deve sospendere il processo. Tutela risarcitoria degli interessi legittimi Nel secondo caso si chiede la tutela del diritto al risarcimento danni cagionati da un atto/provvedimento autoritativo illegittimo. L’illegittimità dell’atto è elemento della fattispecie del diritto; ma in che senso? Si tratta di elemento storico-fattuale oppure in realtà è l’annullamento dell’atto ad essere l’elemento della fattispecie? Per lungo tempo si è risposto nel secondo senso, giacché si ritenevano risarcibili, ex art. 2043 c.c., solo i diritti soggettivi, donde era necessario annullare l’atto perché il diritto, “degradato” o “affievolito” dall’atto stesso, riemergesse e potesse essere tutelato in via riparatoria; dunque l’ annullamento era pregiudiziale e l’eventuale processo civile sul diritto doveva essere sospeso in attesa della definizione del giudizio amministrativo. SSUU 500 del 1999 Con tale storica sentenza le SSUU hanno sancito la risarcibilità dell’interesse legittimo in quanto tale, dunque è venuta meno la necessità del previo annullamento dell’atto. Il danno prodotto dall’illecito perpetrato dalla pa, ove rileva in primo luogo l’illegittimità della sua attività provvedimentale, è “riparabile” direttamente con azione risarcitoria esperita in via autonoma, nella quale l’illegittimità dell’atto è elemento “fattuale”. Il codice del processo amm.vo Siffatta lettura, che pure col tempo ha subito forti oscillazioni, è stata infine confermata, dapprima dalla S.C. con una serie di arresti del 2006 e del 2008, e poi dal legislatore nell’art. 7, c. 4, c.p.a. Se si possono chiedere i danni indipendentemente dall’annullamento dell’atto non si pone alcun problema di pregiudizialità né, pertanto, di sospensione. Peraltro la giurisdizione in tal caso spetta al ga. In caso di giurisdizione generale di legittimità, potrebbe residuare in linea teorica, ai fini della sospensione, l’ipotesi in cui, come prima si è accennato, l’ordinamento costruisca la fattispecie del diritto dipendente in maniera che la rimozione dell’atto autoritativo sia elemento della fattispecie (ma, si ripete, ciò non vale per l’ipotesi più rilevante, ossia il risarcimento degli interessi legittimi). Profili procedurali: sosp. automatica La sospensione talora opera automaticamente, onde il provvedimento del giudice che la dichiara è meramente ricognitivo di un effetto che si è già prodotto; sia che il giudice l’acclari, sia che, errando, prosegua il processo, essa è operativa e gli atti, ex art. 298, sono comunque nulli. Si ha sospensione automatica, ad es., nel caso del regolamento di comp., rimessione alla Corte cost., rinvio pregiudiziale alla CGUE. Sospensione giudiziale In altri casi, in particolare in quelli di sospensione propria e, per quanto riguarda la sosp. impropria, in caso di querela di falso, l’effetto sospensivo si produce non già al mero ricorrere dei presupposti previsti dalla legge, ma con l’emenazione del provvedimento del giudice (dunque il provvedimento è costitutivo, in quanto elemento della fattispecie che dà luogo a sospensione). Se, errando, non provvede, gli atti non sono nulli. Procedimento La rilevazione della fattispecie che dà luogo a sospensione può avvenire su istanza di parte o d’ ufficio (ovviamente, in questo caso, la pendenza della causa sul diritto pregiudiziale deve risultare agli atti); l’effetto sospensivo è sottratto alla disponibilità delle parti; il provvedimento è un’ordinanza collegiale o monocratica. L’ordinanza che dispone la sospensione ex art. 295 è impugnabile con regolamento di competenza. Effetti Art. 298, c. 2: la sospensione produce l’ interruzione dei termini processuali, che ricominciano a decorrere ex novo dalla ripresa del processo. Come si è visto, durante la fase di quiescenza, gli atti eventualmente compiuti sono nulli, quindi, se del caso, vanno compiuti di nuovo alla ripresa. Eccezioni - art. 669 quater: nell’ambito di un processo sospeso è possibile chiedere un provvedimento tutelare; ché, anzi, la sospensione fa emergere vieppiù le esigenze sottese alla tutela cautelare; - art. 48: in caso di regolamento di comp., il giudice del merito può autorizzare il compimento degli atti urgenti. A differenza della tutela cautelare qui ci si riferisce proprio ad atti per così dire interni al processo sospeso; si ritiene applicabile in generale. Riassunzione del processo sospeso Art. 297: la riassunzione deve avvenire, mediante deposito di un ricorso in cancelleria, nel termine perentorio di 3 mesi dal passaggio in giudicato della sentenza sul diritto pregiudiziale o della sentenza penale (ovvero di un qualunque altro provvedimento che determina la non prosecuzione del processo penale). Corte cost. 34/1970 ha dichiarato tale articolo incostituzionale laddove non fa decorrere il termine dalla conoscenza della cessazione della sospensione (ciò si capisce meglio se si pensa che il processo sospeso potrebbe coinvolgere anche parti estranee al processo sul diritto pregiudiziale). Estinzione del processo sospeso Se il processo sospeso non è riassunto nei termini si estingue. L’interruzione del processo Art. 299-305 c.p.c. Funzione Tale istituto serve a garantire l’effettività del contraddittorio, ponendo rimedio a certi eventi che riguardano i soggetti abilitati a compiere gli atti processuali e che rendono impossibile o comunque difficile il compimento di tali atti. In sostanza il meccanismo dell’interruzione evita che tali soggetti, colpiti da tali eventi, si trovino in una situazione in cui concretamente non abbiano la possibilità di compiere gli atti. Ipotesi 1) Morte della parte; 2) morte del rappresentante legale; 3) perdita della capacità della parte; 4) perdita della capacità del rappresentante legale; 5) cessazione della rappresentanza legale (es. il minore diventa maggiorenne). L’istituto fa fronte a eventi involontari, dunque in caso di rappresentanza volontaria od organica il rappresentato volontario o l’ente possono sostituire i rappresentanti senza bisogno dell’ interruzione. In tali casi, dunque, da un lato la legge attribuisce alla parte il potere di compiere atti processuali, ma dall’altro tale potere non può essere concretamente esercitato in ragione della verificazione di un evento impeditivo. Dunque s’interrompe il processo affinché sia ripreso da o nei confronti del soggetto abilitato a compiere gli atti (così, se la parte perde la capacità, si riprende il processo nei confronti del rappresentante legale). Persone giuridiche L’art. 299 parla di morte della parte, a cui occorre equiparare l’estinzione in caso di persone giuridiche. A tal proposito SSUU n. 6070/2013 hanno statuito che la cancellazione di una società dal registro delle imprese è da considerasi senz’altro produttiva di un effetto estintivo, onde a far data dalla cancellazione si determina un evento interruttivo del processo, con possibile eventuale prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci. Momenti di verificazione dell’evento interr. La disciplina cambia a seconda del momento in cui si realizza l’evento interruttivo. Occorre distinguere quattro ipotesi, in cui la verificazione dell’evento si ha: - prima della proposizione della domanda; - dopo la domanda ma prima della costituzione; - tra la costituzione e l’udienza di discussione; - dopo l’ultimo atto di parte. 1)Prima della proposizione della domanda S’intuisce che in questo caso non entra in gioco l’interruzione, poiché il processo ancora non è instaurato. Tuttavia gli eventi che darebbero luogo a interruzione non sono qui irrilevanti: - se la parte processuale ad es. muore prima della proposizione della domanda, l’eventuale proposizione della stessa aprirebbe un processo inesistente, e così sarebbe l’eventuale sentenza (art. 161, c. 2); - se invece la parte (intesa come colui che compie gli atti) perde la capacità oppure l’evento colpisce il rappresentante legale, si applica l’art. 182 c.p.c.; il giudice rileva il difetto di rappresentanza e dispone la sanatoria. 2)Tra la proposizione e la costituzione Art. 299: se gli eventi si verificano dopo la proposizione della domanda ma prima della costituzione, il processo è interrotto automaticamente. Stessa logica della sospensione automatica: il giudice verifica che si sia realizzata la fattispecie, con provvedimento meramente ricognitivo. L’art. 304 richiama il 298: gli atti eventualmente compiuti sono nulli; interruzione termini. Dunque l’interruzione produce gli stessi effetti della sospensione. Nell’ipotesi ora analizzata il processo può essere proseguito mediante la costituzione volontaria di coloro che subentrano nel processo al posto di colui che ha subito l’evento interruttivo (Tizio minorenne propone domanda per mezzo del padre di Caio; prima della costituzione diviene maggiorenne: egli può proseguire il processo costituendosi volontariamente). Se ciò non avviene, il processo dev’essere riassunto dalla controparte. 3) Tra la costituzione e l’udienza di discussione Ipotesi che fa riferimento ad un intervallo temporale molto lungo; l’art. 300 disciplina tre sottoipotesi: - evento che colpisce la parte costituita a mezzo difensore tecnico; - evento che colpisce la parte che si difende personalmente; - evento che colpisce la parte contumace a) costituzione con difensore tecnico Art. 300, c. 1: se uno degli eventi interruttivi colpisce la parte difesa in giudizio dal difensore tecnico, l’ interruzione non si produce automaticamente ma è richiesta la necessaria dichiarazione in udienza o notificazione alle altre parti di tale evento da parte del difensore. Il rappresentante tecnico è l’unico soggetto abilitato a fornire tale dichiarazione, dunque l’interruzione non opera se l’evento è reso noto da altri né esso può essere rilevato d’ufficio. L’effetto giuridico “interruzione” si produce solo se il difensore dichiara in udienza o notifica alle altre parti la verificazione dell’evento; se non lo fa allora il processo va avanti, e gli atti, così come la sentenza, saranno validi e produrranno i loro effetti (se si tratta di morte della parte, nei confronti degli eredi). Secondo la Cassazione il difensore non si deve limitare ad un’allegazione dell’evento, ma deve specificare che la dichiarazione è fatta per interrompere il processo. Tale dichiarazione integra un caso, invero non molto frequente, di negozio processuale, ove rileva la volontà dell’effetto giuridico. Se il difensore non effettua la dichiarazone e la controparte viene a conoscenza dell’evento, questa può evitare una futura interruzione chiamando in causa il/i soggetto/i a cui spetta la prosecuzione. Se la dichiarazione è fatta, il processo è interrotto e gli eventuali atti sono nulli (comb. art. 304-208) b) parte costituita personalmente Per esempio se la parte è un avvocato e si vuole difendere per conto proprio. Qui l’interruzione è automatica, l’effetto si produce al momento della verificazione dell’evento. c) parte contumace Art. 300, comma 4: se l’evento colpisce il contumace, il processo è interrotto dal momento in cui tale evento è documentato dalla controparte, oppure è notificato ovvero attestato dall’ufficiale giudiziario in occasione della notificazione di uno degli atti che ex art. 292 (ordinanze che ammettono l’interrogatorio formale o il giuramento, le comparse contenenti domande nuove o riconvenzionali) debbono essere notificati personalmente al contumace. 4) Dopo l’ultimo atto di parte Invero l’art. 300, comma 5, menziona l’udienza di discussione, che però dopo la riforma del 1990 ha luogo solo se richiesto dalle parti; sicché la norma va intesa nel senso che in caso di mancata richiesta di fissazione dell’udienza, il momento di riferimento è il termine per il deposito degli ultimi atti difensivi (memorie di replica). Quindi siamo in un’ipotesi in cui l’evento si verifica nella fase deliberativa della sentenza. Se, dunque, l’evento interruttivo si produce in tale fase, in teoria non ha luogo l’interruzione; la norma (art. 300, comma 5) stabilisce che si ha interruzione solo nel caso di riapertura dell’istruzione. Più precisamente quando in fase decisoria: - è emessa ordinanza istruttoria; - è emessa sentenza non def. con ordinanza di rimessione in istruttoria; - è disposta la rinnovazione della fase decisoria; - è disposta la rinnovazione delle prove ex art. 281 La ratio della disciplina da ultimo incontrata risiede nell’esigenza perseguita dall’istituto dell’interruzione, ossia garantire l’effettività del contradditorio; dopo l’ udienza di discussione o il deposito delle memorie di replica l’attività processuale non vede più le parti protagoniste, sicché nessuna esigenza di contraddittorio si pone; viceversa, se per una qualche ragione si torna in una fase in cui vengono compiuti atti di parte, allora l’evento interruttivo assume rilevanza. Eventi che colpiscono il difensore Finora abbiamo considerato gli eventi previsti ex art. 299, cioè riguardanti le parti; sennonché nel processo gli atti prevalentemente sono compiuti dal rappresentante tecnico, onde il codice (art. 301) contempla anche l’eventualità che certi eventi colpiscano la persona del difensore, delineando un ulteriore gruppo d’ipotesi in cui emerge la necessità di garantire l’effettività del contraddittorio. L’art. 301 prende in considerazione, ai fini interruttivi, la morte, la radiazione e la sospensione (dall’albo) del difensore (c.d. ius postulandi, potere di stare in giudizio in nome e per conto della parte). L’interruzione è qui automatica (l’art. 301 richiama il 299) e ovviamente gli atti sono nulli. Si ritiene che, se l’evento colpisce il difensore dopo l’udienza di duscussione/deposito delle memorie di replica, vale quanto visto prima. L’ultimo comma dell’art. 301 esclude la rilevanza interruttiva della revoca della procura e della rinuncia al mandato (a cui si aggiunge la cancellazione volontaria dall’albo). Trattandosi di atti volontari la parte deve aver cura di procurarsi un altro difensore; anzi, ex art. 85 qui si ha l’ultrattività del mandato nei confronti della controparte: finché l’interessato non provvede a nominare un nuovo difensore, per la controparte il riferimento è sempre il difensore per così dire originario (ad es. per le notifiche). Prosecuzione del processo Quando l’iniziativa perché il processo prosegua è presa dalla parte colpita dall’evento, si parla di prosecuzione (con costituzione volontaria di essa); quando è presa dalla controparte, si parla di riassunzione, un atto d’impulso con la vocatio in ius del soggetto che avrebbe potuto sponteneamente proseguire il processo. I soggetti Occorre individuare i soggetti che, ex art. 303, si devono costituire per la prosecuzione del processo o nei cui confronti esso dev’essere riassunto. A tal fine bisogna distinguere tra i vari eventi interruttivi: - in caso di morte della persona fisica o estinzione della persona giuridica, il processo è proseguito da o nei confronti del successore universale (art. 110). In questo caso l’atto di riassunzione può essere notificato nell’ultimo domicilio del defunto, collettivamente e impersonalmente a tutti gli eredi; questo è un vantaggio per la controparte, che non è tenuta a individuare nominativamente gli eredi e a notificare l’atto a ciascuno di essi. Spetta agli eredi decidere se costituirsi o meno. Processo a parti non individuate Quella appena vista è un’(unica)ipotesi in cui alcuni soggetti diventano parti processuali senza essere individuati nominativamente; se non si costituiscono anche la sentenza, eccezionalmente, pronuncia nei confronti “degli eredi di Tizio”, sicché è semmai in altra sede che si stabilisce chi sono tali eredi (laddove tale qualità venga in discussione; es. in sede esecutiva). Acquisto/perdita capacità o del potere rappres. - se la parte perde la capacità, la prosecuzione o la riassunzione è fatta da o nei confronti del rappresentante legale; - se il soggetto acquista la capacità, la prosecuzione o la riassunzione sono effettuate da o nei confronti di lui; - se muta il rappresentante legale il processo va proseguito da o nei confronti del nuovo rappres. Morte/perdita dello ius postulandi del difensore Qui occorre distinguere, perché la prosecuzione avviene con la nomina di un nuovo rappresentante tecnico che si costituirà in giudizio; la riassunzione invece è fatta alla parte personalmente, la quale ha l’ onere di nominare un nuovo difensore che poi si costituirà in giudizio. Prosecuzione Art. 302: la parte colpita dall’evento interruttivo può costituirsi spontaneamente in udienza oppure in cancelleria ex art. 166; se non è stata fissata alcuna udienza, la parte può dar luogo a prosecuzione chiedendo con ricorso al g.i. o al presidente la fissazione dell’udienza. Il ricorso e il decreto di fissazione dell’udienza sono notificati alle altri parti. Riassunzione In generale l’atto di riassunzione non contiene una domanda, ma è un atto d’impulso processuale (si fa presente la volontà di mandare avanti il processo). Per tale ragione può essere compiuto da qualunque parte interessata alla prosecuzione del processo. Una volta notificato produce gli stessi effetti della prosecuzione, ossia il processo riprende da dove era rimasto (ma i termini ripartono da zero). Art. 303: la parte non colpita dall’ evento interruttivo può chiedere la fissazione dell’udienza con ricorso, che deve essere notificato alla parte che deve costituirsi per la prosecuzione del processo; se questa non si presenta all’ udienza, si procede in sua contumacia (il decreto è notificato anche ad altre parti, se presenti). Effetti Si è già visto più volte che l’art. 304 richiama l’art. 298, onde per il processo interrotto vale quanto detto per il processo sospeso: gli eventuali atti compiuti sono nulli; ex art. 669 quater è possibile però chiedere una misura cautelare, con domanda al presidente. Il processo riprende da dove era stato interrotto e i termini ripartono da zero. Estinzione Art. 305: il processo dev’essere proseguito o riassunto entro tre mesi (perentori) dall’interruzione, altrimenti si estingue. La Corte costituzionale, con due sentenze (139/67; 159/71), ha dichiarato l’articolo incostituzionale ove faceva decorrere il termine di 3 mesi, per i casi d’interruzione automatica (morte del difensore, eventi relativi alla parte prima della costituzione, eventi relativi alla parte costituita personalmente), dall’interruzione anziché dalla conoscenza dell’evento interruttivo. Si è voluto rimediare all’eventualità delle c.d. estinzioni misteriose (il termine per la riassunzione poteva essere ignoto alle parti) Dopo gl’interventi della Corte cost. occorre distinguere: - in ipotesi d’interruzione dichiarata o certificata dall’ uff.giud. il termine decorre dalla dichiarazione o dalla certificazione, poiché qui l’effetto si produce a seguito di un’attività che “acclara” l’interruzione; - in ipotesi d’interruzione automatica, il termine decorre dalla conoscenza dell’evento. Rapporto sospensione/interruzione Entrambi i meccanismi aprono uno stato quiescenza, onde il processo si ferma e i termini sono interrotti; se un evento interruttivo si verifica quando il processo è già sospeso, già si è aperta la fase di quiescenza; si ritiene allora che possa operare il meccanismo previsto dall’art. 328 c.p.c.: pendente il termine per impugnare, se si verifica un evento interruttivo, esso è interrotto; dunque nel processo già sospeso è interrotto il termine per la riassunzione.