L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 mercoledì 8 ottobre 2014 Storia dei camilliani in Spagna Da soli contro la peste di GIOVANNI CERRO La collana sulla storia dell’O rdine di San Camillo, edita dalla casa editrice Rubbettino, si è di recente arricchita di un nuovo volume, dedicato alla ricostruzione dell’insediamento dei camilliani in Spagna (Storia dell’Ordine di San Camillo. La Provincia Spagnola, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2014, pagine 168, euro 14). Il libro, frutto di un paziente lavoro archivistico, si compone di tre saggi: il primo, scritto da Isabella De Renzi, cultrice di storia contemporanea presso l’università di Cassino, si concentra sulla storia dalla provincia spagnola dal Seicento fino alla prima metà del XIX secolo; il secondo, di cui è autore Giovanni Pizzorusso, docente di storia delle Americhe in età moderna presso l’università di Chieti-Pescara, approfondisce la presenza camilliana in Portogallo e in America latina; il terzo, infine, di Raoul Antonelli, cultore di storia contemporanea presso l’Università Lumsa di Roma, illustra le vicende dei camilliani spagnoli dalla rifondazione dell’Ordine fino all’avvento del franchismo. Come nota De Renzi, fu lo stesso Camillo de Lellis a riconoscere l’importanza strategica della penisola iberica, soprattutto come avamposto per raggiungere le colonie americane. Dopo il tentativo infruttuoso di fondare una comunità a Madrid alla fine del Cinquecento, mentre era ancora vivo Camillo, l’impresa fu ritentata nel 1634, grazie a due camilliani spagnoli, Alfonso López e Miguel Monserrat, e a uno italiano, Francesco Isola. Il progetto rischiò nuovamente di naufragare, ma questa volta il fervore dei ministri degli infermi fu più forte delle difficoltà burocratiche e delle tensioni politiche. Ben presto, infatti, la monarchia spagnola finì con l’apprezzare l’opera di assistenza ai malati da loro prestata negli ospedali e nelle abitazioni private e nel settembre del 1642 acconsentì alla creazione di una casa camilliana a Madrid. La fondazione madrilena — a cui seguirono quelle di Barcellona e Saragozza — fu organizzata inizialmente come vice-provincia e trasformata in provincia solo nel 1693. A far conoscere davvero i camilliani tra la popolazione spagnola fu però la peste che colpì Murcia nel 1677. Allo scoppio dell’epidemia, mentre le autorità locali abbandonarono la città per paura del contagio e la maggior parte del clero fu colto alla sprovvista dall’emergenza, i camilliani dimostrarono le loro eccellenti capacità organizzative, prestando soccorso nei lazzaretti e nei quartieri popolari. Nel corso del Settecento, il loro impegno missionario oltrepassò i confini spagnoli: nel 1747, sotto il regno di Giovanni V, molto devoto alla figura di Camillo, fu fondata la vice-provincia portoghese, che si costituì in provincia autonoma nel 1782 e in congregazione indipendente l’anno successivo. L’insediamento in Portogallo fu contraddistinto, in un primo tempo, dai difficili rapporti con i padri agonizzanti — anch’essi dediti alla cura spirituale degli infermi e dei moribondi, ma votati alla vita eremitica e penitenziale — quindi, dai contrasti tra il Paese e la Santa Sede, che condussero nel 1834 alla soppressione degli ordini religiosi. Nel frattempo, i camilliani erano sbarcati anche nel Nuovo Mondo, istituendo nel 1736 una vice-provincia in Perú, che aveva la propria base nel convento della Buenamuerte di Lima e che dipendeva giuridicamente dalla provincia spagnola. Dopo questa fase di espansione, una parte dei camilliani spagnoli iniziò a mostrarsi insofferente nei confronti dei vertici romani dell’O rdine, soprattutto sotto l’influenza delle spinte regaliste. La vicenda che portò alla separazione da Roma è particolarmente intricata: nel 1757, i camilliani di Spagna avevano chiesto e ottenuto da Benedetto XIV la possibilità, nel caso in cui non fossero stati in grado di inviare i propri delegati al capitolo generale, di eleggere direttamente i sostituti. Si trattava di un’importante deroga alla prassi ordinaria, secondo la quale i sostituti avrebbero dovuto essere scelti da un’altra provincia. Ben presto si levarono voci di protesta, come quella autorevole del generale dell’Ordine, Giovanni Gentile, il quale, temendo che tale norma potesse arrecare «notabile danno alle province aliene nonché alla religione tutta», chiese a Clemente XIII di modificarla. Dopo essere passata al vaglio dalla Congregazione dei vescovi e dei regolari, la concessione alla provincia spagnola fu però confermata. Forte di quello che interpretava come un successo e del sostegno esplicito della monarchia, l’ala intransigente dell’Ordine continuò a chiedere il «Agrippina sbarca con le ceneri di Germanico» (1839) A Londra in mostra le ultime opere di William Turner Novello Ulisse di ALESSANDRO SCAFI Allo scoppio dell’epidemia del 1677 mentre le autorità abbandonavano Murcia furono gli unici a prestare soccorso nei lazzaretti e nei quartieri popolari distacco da Roma, ratificato nel gennaio del 1793 da Pio VI. Da quel momento, la provincia spagnola si trasformò in una congregazione autonoma dotata di propri statuti. La separazione anticipò di qualche decennio la vera e propria soppressione dell’Ordine, decisa dai Governi liberali alla metà degli anni Trenta dell’Ottocento. Le case dei ministri degli infermi furono sciolte, i beni ecclesiastici confiscati e i religiosi dispersi: alcuni si rifugiarono a Roma o a Lima, altri passarono tra le file del clero diocesano, altri ancora si ritirarono a vita privata. Si iniziò a pensare a un ritorno in Spagna solo dopo il Concordato del 1851 e la Costituzione del 1876, che riconoscevano la religione cattolica come unica religione dello Stato e autorizzavano una seppur parziale riorganizzazione degli ordini regolari. Grazie all’impegno di Stanislao Carcereri, si giunse alla fondazione di una proprovincia spagnola, divenuta provincia nel 1909. I camilliani riuscirono a reinserirsi rapidamente nella società spagnola, ma lo scoppio della guerra civile nel 1936 segnò una battuta di arresto, che comportò dure persecuzioni nei confronti dell’Ordine. Tuttavia, scrive Antonelli, le basi poste da Carcereri erano solide, tanto che al termine della guerra i camilliani tornarono a occuparsi, con rinnovato vigore, dell’assistenza agli infermi e della carità verso i bisognosi, fedeli alla regola del loro fondatore. ono passati diciannove anni dalla nascita di Cristo. Vipsania Agrippina, nipote del divo Augusto, molto amata dai romani, è appena tornata in Italia con le ceneri del marito, Gaio Giulio Cesare Claudiano Germanico. Il suo uomo ha combattuto per Roma in Pannonia, Germania e nelle province orientali. Germanico era nipote dell’imperatrice Livia Drusilla, moglie di Augusto, che lo aveva fatto adottare da Tiberio. Ma dava fastidio, ed è stato avvelenato. Agrippina deve vendicarlo. La folla che la attende a Roma non sa se acclamarla o piangere in silenzio. Ma poi tutti — soldati, magistrati, gente del popolo — si mettono a invocare gli dèi, a gridare che lo stato è morto, che quella vedova è il S Secondo la leggenda il pittore si sarebbe fatto legare all’albero di una nave per vivere in prima persona l’emozione di una tempesta vero sangue di Augusto, è lei l’onore della patria. La scena, descritta da Tacito, è stata dipinta nel 1839 dal pittore inglese Joseph Mallord William Turner nel suo caratteristico stile visionario, tutto concentrato sulla luminosità mutevole dell’atmosfera, sui giochi dei riflessi sull’acqua, su colori sempre più brillanti. La folla, appena riconoscibile, è assiepata sulle barche, mentre la notte è illuminata dalle fiaccole, e le barche scivolano sul Tevere. Sappiamo che Agrippina sbarcò a Brindisi, ma Turner ha ricostruito nel suo quadro, come contesto dell’episodio dell’approdo, le architetture dell’Urbe, abbinando questa veduta dell’antica È morto lo scultore Igor Mitoraj È morto lunedì 6 a Parigi lo scultore Igor Mitoraj. Nato da genitori polacchi nella città tedesca di Oederan il 26 marzo 1944, aveva studiato pittura all’Accademia di Belle Arti di Cracovia con Tadeusz Kantor. Trasferitosi nel 1968 a Parigi, nel 1979 si recò per la prima volta a Pietrasanta, in Toscana, dove aprirà poi uno studio nel 1983. Il suo stile è radicato nella tradizione classica, con una particolare attenzione alle teste maschili. Igor Mitoraj, «Testa Addormentata» (1993, Londra) Roma con un’altra della Roma confida di essere uscita dalla mo- per provare in prima persona moderna, cioè quella ottocentesca stra con una forte sensazione del- l’emozione di una tempesta e podei suoi tempi con le antiche ro- la terribilità di questo grande pit- ter così restituire a olio su una tetore. vine del Foro Vaccino. la la terribile sacralità di un paeTurner riprendeva la rappresen- saggio tempestoso (Snow Storm: L’opera si può ammirare nella mostra aperta fino al 25 gennaio tazione accademica del paesaggio Steam-Boat off a Harbour’s Mou2015 alla Tate Britain di Londra, praticata prima di lui da pittori th, 1842). Il battello appena si «Late Turner: Painting Set Free». come Poussin o Lorrain ma la scorge nell’energia di un vortice Per la mostra, sponsorizzata da trasformava radicalmente in visio- di vento, onde e nuvole. Anche ni folgoranti. Il modo così disinEY, la multinazionale di revisione l’Ulisse omerico si era fatto legare finanziaria erede degli studi di volto e pionieristico con cui sten- all’albero di una nave per ascoltaErnst e Young, i curatori hanno deva sulla tela la materia pittorica re il pericoloso canto delle sirene. radunato quasi duecento opere per descrivere i paesaggi gli conQui l’aneddoto su Turner ci prorealizzate da Turner negli ultimi sentiva di raggiungere straordinapone un pittore tardo-ottocenteri effetti di luminosità e di astraquindici anni della sua vita, dal 1835, quando l’artista era sessan- zione delle forme, anche quando sco che si reinventa come eroe classico. si trattava di descrivere lo sfondo tenne, fino al 1850 (l’anno della sua morte). La maggior parte delle opere proviene dal ricco lascito donato dall’artista alla nazione britannica, ma tante altre hanno viaggiato da ogni parte del mondo, come Modern Rome: Campo Vaccino prestato dal Getty di Los Angeles. Il visitatore, sopraffatto da una grande quantità di dipinti a olio, acquerelli, disegni e stampe, è colpito da questa fase finale, che gli si rivela come la più feconda per Turner, quella nella quale il pittore ha prodotto le sue opere più celebri e iconiche. Le sale della Tate dimostrano come nella sua terza età Turner fosse riuscito veramente a “liberare” la sua pittura, come suggerisce il sottotitolo della mostra, «Painting Set Free». In quegli anni infatti l’artista si impegnò a liberare la sua arte non soltanto dalle convenzioni formali del suo tempo — cosa che «Pace. Funerale sul mare» (1842) aveva già iniziato a fare — ma anche dalle sue stesse acquisizioni, superando se stesso per elaborare Turner si era formato alla Rouno stile che avrebbe segnato ge- di storie tratte dalla Bibbia e dalnerazioni successive di artisti, fi- la tradizione classica. Per cui suc- yal Academy of Arts ma poi ha no agli impressionisti e oltre. Ba- cede che l’occhio viene irresisti- elaborato quella sua maniera persta ammirare il modo in cui, nel bilmente attratto da una trama sonalissima di approfondire luce 1844, dipinse un treno che corre confusa che gli fa percepire come e atmosfera che si apprezza nella mostra. Nei suoi ultimi quindici lungo i binari di un anni di attività artistica documenponte. In Rain, tati alla Tate, Turner ha veramenSteam and Speed: The Negli anni te sperimentato una nuova libertà Great Western Railper arrivare a una tecnica pittoriway (il tratto ferrol’artista inglese elaborò ca che scandalizzava i critici del viario appena realizun modo estremamente personale suo tempo. zato tra Londra e A parte John Ruskin, tutti lo di dipingere la luce Bristol, il primo coaccusavano di aver perso il senno struito in Inghiltercon l’età, ma poi il suo stile ha ra) la sagoma nera influenzato generazioni di artisti del treno sfreccia in diagonale tra la nebbia rosa, az- un paesaggio storico possa dive- e ispirato la rivoluzione espressiva zurra e bianca del cielo e la mas- nire sacro. Consideriamo per nell’arte europea tra Otto e Nosa gialla, verde e marrone della esempio la coppia di dipinti che vecento. L’idea vincente di questa terra. È proprio la non definizio- descrivono la sera del diluvio e il mostra è proprio quella di conne dei dettagli e il disfacimento mattino dopo il diluvio, realizzati centrarsi sugli ultimi anni della delle forme nella pioggia, nel va- nel 1843 (The Evening of the Delu- vita del pittore, che, anziano, riupore e nella velocità (a cui fa rife- ge e The Morning after the Deluge, sciva ad approdare alla sua nuova rimento il titolo) a suggerire la tra l’altro, protagonisti vent’anni e radicale espressività. Non deve essere un caso — cocorsa del treno come nuovo ele- fa di un furto clamoroso). Queste mento dirompente nel paesaggio. immagini sono inizialmente diffi- me mi suggerisce Maria Cristina E non è la modernità del sog- cili da decifrare. La visione è in- White-da Cruz — che dal 20 setgetto, in questo caso l’impatto trigante. Sembrano quadri astratti tembre è aperta al Victoria and del progresso tecnologico e della ma sono soggetti sacri. Ci fanno Albert Museum di Londra una rivoluzione industriale sul pae- vedere la grande modernità di mostra dedicata a John Constasaggio, a rendere moderna l’arte Turner, che riusciva a conferire ble, quasi a riproporre tra due di Turner. Anzi la modernità del un’aura primordiale e venerabile istituzioni museali londinesi la pittore inglese diventa ancora più anche al paesaggio delle sue pit- stessa rivalità che caratterizzava i due artisti quando erano in vita. eclatante nel modo nuovissimo in ture di storia. cui l’artista trattava i soggetti A questo proposito, trovo inte- Nella Londra cosmopolita di ogclassici, per esempio l’episodio di ressante un aneddoto che circola- gi potremo presto gustare paralleAgrippina. Ne parlo con Maria va già ai tempi di Turner e che lamente la liricità del paesaggio Cristina White-da Cruz, storica nessuno è riuscito a verificare. Il inglese celebrata da Constable e dell’arte anglo-italiana esperta di pittore si sarebbe fatto legare per lo spessore universale e terribile museologia e arte sacra, che mi quattro ore all’albero di una nave del paesaggio mistico di Turner.