I gruppi di riferimento di Robert K. Merton Concetti fondamentali. Quando un campo di indagine è intensivamente coltivato, i suoi concetti fondamentali vengono progressivamente chiariti. I concetti che si dimostrano sufficienti in una prima approssimazione, devono essere meglio specificati man mano che i risultati delle indagini si cumulano; come vengono elaborati concetti più specifici, essi vengono spesso distinti terminologicamente per render più chiara la distinzione stessa1. Questa ricerca di una chiarificazione dei concetti fondamentali è uno dei più recenti progressi nello sviluppo della teoria dei gruppi di riferimento. PROBLEMA 1 Chiarificazione del concetto di gruppo di riferimento Che gli uomini agiscono entro un quadro sociale di riferimento; fornito loro dai gruppi di cui fanno parte è un concetto antico e indubbiamente giusto. Se esso costituisse l'unico interesse della teoria dei gruppi di riferimento, si tratterebbe solo di una nuova denominazione data ad un antico problema della sociologia che si è sempre interessata all’influenza che il gruppo ha sul comportamento umano. Vi è, tuttavia, il fatto ulteriore che gli uomini, nel formare il loro comportamento e le loro valutazioni, si orientano di frequente verso gruppi diversi dai propri, e sono appunto i problemi che riguardano questo orientamento verso gruppi di non appartenenza a costituire il particolare oggetto di studio della teoria dei gruppi di riferimento. S'intende che, in definitiva, la teoria deve essere generalizzata in modo da poter spiegare entrambi gli orientamenti, ma il suo compito principale e più immediato è di indicare i processi mediante i quali gli individui pongono se stessi in relazione con gruppi ai quali non appartengono (p. 377). Quando innovazioni teoriche, grandi o piccole che siano, sono introdotte in un determinato campo di indagine, esse possono venire assimilate nella teoria precedente di quel campo, e così il peculiare progresso ad esse conseguente resta in ombra. Che sia necessario sottolineare sotto quali aspetti la teoria dei gruppi di riferimento amplia ed estende l'antico concetto del comportamento influenzato dal gruppo, appare evidente da un recente tentativo di assimilazione di questo genere. È stato affermato, ad esempio, che «nonostante l'entusiasmo di alcuni di coloro che l'hanno proposta, non c'è in realtà niente di nuovo nella teoria dei gruppi di riferimento»2; e ancora: «la proposizione che afferma che gli uomini pensano, sentono e vedono le cose da un punto di vista peculiare al gruppo di cui fanno parte è molto antica ed è stata ripetuta più volte da studiosi di antropologia e di sociologia della conoscenza... Il concetto di gruppo di riferimento non è che una sottogliezza di minor conto La progressiva chiarificazione dei concetti come fase integrale della teorizzazione in sociologia è stata esaminata nel IV capitolo. 1 2 Tamotsu Shibutani, Reference Group sas Perspectives, “American Journal of Sociology”, 1955,60, p. 563 (il corsivo è aggiunto). 1 nella teoria nota da gran tempo... »3. Non è difficile capire come si possa arrivare alla conclusione che la teoria dei gruppi di riferimento non è altro che una ripetizione della vecchia nozione che il pensiero, i sentimenti e le percezioni sono foggiati dal gruppo (o dai gruppi) di cui gli individui fanno parte, e che perciò questa teoria non offre in realtà «niente di nuovo»; per arrivare a questo, è sufficiente adottare il comune espediente di ignorare ciò che vi è di caratteristico e nuovo nei concetti di questa teoria e identificarla così con le idee note da tempo. Il sistema di far sembrare vecchio il nuovo, ignorando le novità per concentrare l'attenzione su ciò che è vecchio non è affatto originale. Tuttavia, questo giudizio sembra mancare di convizione, poiché l'autore conclude il suo saggio su questo soggetto, riconoscendo una caratteristica peculiare del concetto di gruppo di riferimento che «unifica diversi tipi di appartenenza e diverse fedeltà a gruppi e facilità così lo studio della percezione selettiva [sebbene, come vedremo, solo scarsamente della percezione selettiva]. Esso diviene quindi uno strumento indispensabile per capire gli aspetti diversi ed il carattere dinamico del tipo di società in cui viviamo [e, presumibilmente, non solo di «questo tipo di società»]4. Che questo concetto possa essere giustamente definito uno «strumento indispensabile» ha ancora da essere dimostrato. PROBLEMA 1.1 Tipi funzionali di gruppi di riferimento In tutto il capitolo precedente vi sono numerosi accenni, anche se non sistematici, a diversi tipi funzionali di gruppi di riferimento. Si è affermato che essi forniscono «un quadro di riferimento per l'autovalutazione e per il processo di formazione degli atteggiamenti»; si è aggiunto che è necessario «uno studio sistematico del processo di assimilazione di valori, processo che è considerato parte del comportamento secondo gruppi di riferimento» e vi è anche un breve commento sui «gruppi di riferimento quali contesti significativi di atteggiamenti, percezioni e giudizi». Ma, come l'indagine successiva ha dimostrato, accenni non coordinati di questo tipo, non possono sostituire una classificazione ragionata e metodica di questi modelli di comportamento secondo gruppi di riferimento, implicitamente diversi. Diversi saggi pubblicati di recente si sono occupati di identificare i tipi di gruppi di riferimento più importanti in rapporto alle funzioni caratteristiche che essi svolgono rispetto al comportamento degli individui che si orientano ad essi. Questi saggi 5 sono sostanzialmente d'accordo nel 3 4 Ibid., p. 565. Ibid., p. 569. Harold H. Kelley, Two Funcions of Reference Groups, in Readings in Social Psychology , a cura di G.E. Swanson, T.M. Newcomb e E. L. Hartley, New York, Henry Holt & Co., 1952, pp. 410-414; Shibutani, op. cit.; Ralph H, Turner, Role-taking, Role standpoint, and Reference Group Behavior, «American Journal of Sociology», 1956, 61, pp. 316-328. 5 2 distinguere, secondo le linee vagamente indicate nel capitolo precedente, due6 tipi principali di gruppi di riferimento: il primo è il «tipo normativo» che definisce e mantiene gli standards dell'individuo, e il secondo è il «tipo comparativo» che fornisce un quadro di paragone in base al quale l'individuo valuta se stesso e gli altri. Il primo è una fonte di valori che particolari individui (che possono essere o non essere membri del gruppo) hanno assimilato, come può essere il caso da noi esaminato dei nuovi soldati in una unità di combattimento che assimilano i valori dei veterani; il secondo, invece, è un contesto per valutare la posizione relativa di se stessi e degli altri, come nei casi citati da DuBois, Roper e Wilks che analizzano il significato sociale dello status economico in relazione alla struttura economica della comunità circostante. I due tipi sono distinti solo analiticamente, poiché il medesimo gruppo di riferimento può, naturalmente, svolgere entrambe le funzioni. Questi due tipi di gruppi di riferimento devono essere tenuti istinti da quelli identificati da Turner «i cui membri costituiscono soltanto condizioni» per l'azione degli individui7, Questi «gruppi di interazione», come Turner li definisce, sono semplicemente parte dell'ambiente sociale dell'individuo, così come gli oggetti fisici sono parte del suo ambiente geografico: egli deve tenerne conto nella attività indirizzata a raggiungere i suoi fini, ma essi non hanno per lui nessun significato normativo o di paragone. Queste distinzioni creano vari problemi: ciascuno dei due tipi di comportamento secondo gruppi di riferimento implica forse dei meccanismi sodali e psicologia distinti? Quali condizioni strutturali di una società detrminano in maggiore o minor misura il comportamento (per gruppi di riferimento) comparativo - vale a dire quello che si può assimilare al concetto di Veblen dei paragoni invidiosi e non invidiosi? I gruppi di appartenenza e i gruppi di non appartenenza differiscono forse nella misura in cui essi svolgono tipicamente le funzioni normativa e comparativa? Problemi di questo genere sono la diretta conseguenza della distinzione operata fra questi tipi funzionali di gruppi di riferimento. Fonte: R. K. Merton, Teoria e struttura sociale, Bologna, Il Mulino, 1991 Allegato al volume Progetto Sociologia – Guida all’immaginazione sociologica © Pearson Italia SpA 6 Shibutani ha indicato un terzo tipo dimostrabile: i gruppi cui gli uomini aspirano. Ma, come Turner ha giustamente osservato, esso non rappresenta un nuovo tipo, poiché «Il desiderio di essere accettato è descritto [dai sociologi] come quel meccanismo che conduce all'adozione dei valori e delle prospettive del gruppo di riferimento». Turner, op. cit., p. 327. 7 3