1 IO VOTO, TU NO: SDO, CONCEZIONE DELLO STATO E

IO VOTO, TU NO: SDO, CONCEZIONE DELLO STATO E ATTEGGIAMENTO VERSO
GLI IMMIGRATI
Miglietta A., Gattino S., Tartaglia S.
Università degli Studi di Torino – Dipartimento di Psicologia
[email protected]
In questo lavoro abbiamo studiato le relazioni che intercorrono tra dimensioni sociali e
individuali implicate nei rapporti tra i differenti gruppi etnici. La dimensione sociale è qui
rappresentata dal concetto di cittadinanza, riferito alla concezione delle funzioni e dei confini
dello stato ed elemento cardine dell’inclusione o dell’esclusione degli immigrati. Per quanto
attiene la dimensione individuale, abbiamo considerato i concetti di Social Dominance
Orientation (SDO) e di Multiculturalismo.
LA CITTADINANZA: UN CONCETTO A DUE FACCE
La cittadinanza rimanda a un “confine mobile”, che ha luogo da un processo in cui i gruppi,
i diritti, e l’equilibrio della società vengono continuamente ridefiniti. In questi termini, la
cittadinanza può essere considerata un concetto a due facce. Da un lato infatti essa si presenta
come un elemento di inclusione e di uguaglianza e, da questo punto di vista, i confini che
definiscono l’ingroup sono funzionali sia allo sviluppo di un senso di appartenenza alla
collettività, sia allo sviluppo di un senso di lealtà nei confronti delle istituzioni. Dall’altro lato,
invece, la cittadinanza è uno strumento di esclusione e di chiusura sociale, in cui quegli stessi
confini consentono di distinguere chiaramente tra chi fa parte della comunità dei cittadini
(insiders) e chi, invece, ne è fuori (outsiders). Ciò è particolarmente vero in quei paesi in cui,
come in Italia, la cittadinanza si fonda sullo ius sanguinis. In questi contesti, pertanto, il diritto di
cittadinanza è più uno strumento di esclusione che di inclusione (Martiniello, 1997).
La doppia natura della cittadinanza rimanda a quella che, secondo Dahrendorf (1988), è la
sfida che le società contemporanee si trovano di fronte e che oppone la crescita economica alla
giustizia sociale. Da questa sfida emergono due prospettive ideologiche opposte: una sostiene lo
sviluppo di mezzi sostegno (risorse, sviluppo di ricchezza), l’altra l’allargamento dei diritti. La
questione dei diritti, peraltro, va di pari passo con quella dei doveri: entrambi sono i pilastri del
contratto sociale tra individuo e Stato, e ne definiscono il ruolo e i limiti delle azioni. Il dibattito
su diritti e doveri contrappone i principi della natura a quelli della società, sostenendo in un caso
il primato dei diritti individuali sulla comunità e, nell’altro, la supremazia dell’ordine pubblico
1
sulla libertà delle persone (Spini & Doise, 2004). Diversi studi nell’ambito degli atteggiamenti
verso i diritti umani (Clémence, Doise, De Rosa & Gonzalez, 1995; Diaz-Veizades, Widaman,
Little & Gibbs, 1995; Devos, Spini, & Schwartz, 2002; Moghaddam & Vucksanovic, 1990)
hanno dimostrato che gli individui hanno sistemi di riferimento specifici su cui basano la
valutazione delle azioni compiute dal proprio governo. Da un lato, coloro che dichiarano di
aderire a valori conservatori, che fanno riferimento alla sicurezza, e che politicamente si
definiscono di destra sono favorevoli a limitare i diritti individuali per garantire il funzionamento
della società. Dall’altro, sia chi sostiene valori universalistici o di self-enhancement, sia chi è
impegnato nel cambiamento sociale esprime una valutazione critica verso questo tipo di
limitazione e mostra una particolare attenzione ai diritti umani (Spini & Doise, 2004).
ORIENTAMENTO
ALLA
DOMINANZA
SOCIALE:
UNA
PROSPETTIVA
INDIVIDUALE ALLE RELAZIONI INTERGRUPPO
La teoria della Dominanza Sociale parte dall’assunto che il conflitto tra gruppi e la
disuguaglianza basata sul gruppo sono pervasivi dell’esistenza umana (Pratto, Sidanius,
Stallworth, & Malle, 1994). Essa sostiene che le società cercano di ridurre il conflitto creando
consenso su particolari ideologie, definite miti di legittimazione gerarchica, che promuovono la
superiorità di un gruppo sugli altri (Sidanius & Pratto, 1999). Il ruolo di queste ideologie – quali
pregiudizio etnico, nazionalismo, elitarismo culturale, meritocrazia, conservatorismo economicopolitico, sostegno a politiche di carattere punitivo – è “ridurre il conflitto tra gruppi indicando
come gli individui e le istituzioni sociali dovrebbero allocare le risorse positive o negative”
(Pratto et al., 1994, p. 74). I miti di legittimazione accrescono o mantengono il livello di
ineguaglianza sociale; altre ideologie servono ad attenuare i livelli di ineguaglianza e rimandano
a valori che fanno riferimento all’uguaglianza e all’inclusione sociale. La teoria della Dominanza
Sociale sostiene che l’orientamento individuale verso le relazioni intergruppo (Social Dominance
Orientation) indica se un soggetto generalmente preferisce che queste siano di carattere
egualitario (bassa SDO) o gerarchico (alta SDO).
MULTICULTURALISMO E RELAZIONI INTERETNICHE
Il concetto di multiculturalismo sottolinea due dimensioni importanti connesse tra loro.
Una si riferisce alla possibilità per i gruppi minoritari di mantenere il proprio patrimonio
culturale e identitario, l’altra alla possibilità di partecipazione, completa e paritaria, alla vita
sociale di tutti i gruppi etnici che compongono la società in questione. Una società eterogenea
infatti non può essere fondata sulla mera presenza di molteplici comunità culturali tra loro
2
indipendenti, che non hanno la possibilità di partecipare alla vita sociale. In altri termini, è
necessario che i gruppi non dominanti adottino i valori fondamentali della società nel suo
complesso, e che il gruppo dominante sia disponibile a modificare alcuni elementi delle proprie
istituzioni (quali scuola, lavoro, sanità), al fine di venire incontro ai bisogni di tutti i gruppi
presenti nella società. Tutto ciò implica che gli immigrati siano accettati come membri a pieno
titolo della società in cui vivono e non vengano considerati come ospiti temporanei.
La psicologia sociale può osservare questo complesso insieme di fenomeni attraverso la
prospettiva delle relazioni interetniche e la teoria dell’acculturazione. Per acculturazione si
intende un processo duale di cambiamento culturale e psicologico. Esso è l’esito del contatto tra i
membri di due o più gruppi e implica diverse forme di adattamento reciproco (Redfield, Linton
& Herskovits, 1936). Sebbene questi due ambiti di ricerca affrontino il tema della migrazione da
prospettive differenti, ambedue si rivolgono allo stesso insieme di fenomeni e sono strettamente
connessi: «In primo luogo, per qualsiasi società, sono entrambi collocati in un contesto storico,
socioculturale e politico comune che incide sulla natura delle relazioni interculturali. In secondo
luogo, tutti e due questi ambiti di studio apportano il proprio contributo ai risultati intergruppi
che possono collocarsi lungo un continuum che va da relazioni amichevoli a relazioni
conflittuali. Terzo, in entrambi i campi di studio ci sono connessioni teoriche ed empiriche tra i
molti elementi che entrano in gioco» (Berry, 2006, p. 720, traduzione nostra).
OBIETTIVI E IPOTESI
In questo lavoro abbiamo ipotizzato che la SDO influenzi gli atteggiamenti relativi
all’inclusione sociale e politica degli immigrati e che questi, a loro volta, condizionino i
comportamenti di inclusione degli immigrati. In particolare riteniamo, da un lato, che il favore
per le politiche di repressione del crimine (concezione penale dello stato) possa essere concepito
come un mezzo di “esclusione difensiva dallo spazio pubblico” (Young, 1999), motivato dalle
paure spesso associate alle minoranze etniche (Hopkins, Reicher, & Kahani-Hopkins, 2003;
Sanchez-Mazas, Van Humskerken, & Casini, 2003). Dall’altro riteniamo che un atteggiamento
positivo nei confronti del multiculturalismo e l’accettazione delle differenze culturali possa
considerarsi un sostegno all’eguaglianza sociale. Infine, abbiamo considerato anche due variabili
associate alla SDO ed agli atteggiamenti ad essa collegati: la collocazione politica e il livello di
istruzione (Pratto et al., 1994).
Nello specifico abbiamo formulato le seguenti ipotesi: (a) la SDO influenza inversamente il
Multiculturalismo (accettazione o meno delle differenze culturali), positivamente una concezione
penale dello Stato (Stato Penale) e la Collocazione politica orientata a destra; (b) il livello di
3
istruzione (anni di studio) influenza positivamente il Multiculturalismo e negativamente lo Stato
Penale; (c) la SDO e il livello di istruzione sono correlati; (d) la Collocazione politica orientata a
destra ha un’influenza positiva sullo Stato Penale; (e) sia il Multiculturalismo sia lo Stato Penale
influenzano gli atteggiamenti nei confronti dell’inclusione degli immigrati nell’ingroup dei
cittadini. Quest’ultima variabile è stata operazionalizzata attraverso l’accordo a concedere agli
immigrati uno dei simboli di appartenenza e partecipazione nella vita pubblica di una Nazione
più rappresentativi: il diritto di voto alle elezioni politiche. Abbiamo ipotizzato che un
atteggiamento positivo verso il Multiculturalismo influenza positivamente l’accordo a concedere
tale diritto, mentre il sostegno allo Stato Penale esercita un’influenza negativa.
METODO
La ricerca ha coinvolto 239 adulti residenti nell’area urbana di Torino (età media 45.51
anni, S.D. = 15.03; M = 42.7%, F = 57.3%). Il questionario autosomministrato rilevava le
seguenti variabili.
1.
Social Dominance Orientation. 7 item della versione italiana della scala di SDO (Di
Stefano, & Roccato, 2005) (es.: “I gruppi inferiori dovrebbero restare al loro posto”;
“L’uguaglianza tra i gruppi dovrebbe essere il nostro ideale”). La scala di risposta è di tipo Likert
a 5 punti (1 = completo disaccordo, 5 = completo accordo). La consistenza interna della scala è
risultata buona (α = .72).
2.
Stato Penale. 8 item volti a rilevare il favore verso le politiche incentrate sulla
sicurezza e sulla repressione dei crimini (Sanchez-Mazas et al., 2003). (es.: “Lo Stato dovrebbe
reintrodurre la pena di morte per i reati più odiosi”; “Le misure per individuare ed espellere gli
immigrati clandestini devono essere rinforzate”). La scala di risposta è di tipo Likert a 5 punti (1
= completo disaccordo, 5 = completo accordo; α = .81).
3.
Multiculturalismo. Atteggiamento di accettazione delle differenze interculturali,
rilevato per mezzo di una sottoscala dell’Ethnocultural Empathy Scale (Wang, Davidson,
Yakushko, Savoy Bielstein, Tan, & Bleier, 2003) composta da 5 item (es.: “Mi dispiace sentire
gli immigrati parlare male l’italiano”, “Non condivido l’atteggiamento di quegli immigrati che
indossano i loro abiti tradizionali anche qui in Italia”). La scala di risposta è di tipo Likert a 5
punti (1 = completamente falso, 5 = completamente vero; α = .77); Il punteggio della scala è
stato invertito in modo che ai valori alti corrisponda un atteggiamento positivo.
4.
Atteggiamento verso l’inclusione degli immigrati rilevato per mezzo di un singolo
item relativo alla concessione del voto agli immigrati (“Secondo lei è giusto concedere agli
immigrati regolari il diritto di voto alle elezioni politiche?”).
4
5.
Collocazione Politica sull’asse sinistra/destra rilevato per mezzo di un termometro a
10 punti (1 = sinistra, 10 = destra).
6.
Una breve scheda socioanagrafica comprendente le variabili: genere, età e anni di
studio.
Le ipotesi sono state testate attraverso un modello di equazioni strutturali.
RISULTATI
Il modello di equazioni strutturali includeva tre variabili rilevate per mezzo di un singolo
indicatore manifesto (Anni di Studio, Collocazione Politica, Accordo a concedere il voto agli
immigrati) e tre variabili latenti rilevate tramite batterie di indicatori manifesti (SDO, Stato
Penale, Multiculturalismo). Per queste ultime tre variabili è stata scelta una procedura di
disaggregazione parziale (Bagozzi, 1993; Bagozzi & Edwards, 1998), in cui gli indicatori non
corrispondono a singoli item, ma sono aggregati di questi. Tale procedura consente di ridurre il
numero delle variabili nel modello – che può comportare un eccessivo peggioramento del fit –
permettendo comunque di stimare l’errore di misura della variabile latente.
L’adeguatezza del modello è stata testata mediante l’utilizzo parallelo di indici differenti,
prassi consigliata per attenuare i limiti specifici di ciascuno di questi (Bollen & Long, 1993; Hu
& Bentler, 1998). Sono stati considerati il χ2, il CFI (Bentler, 1990), il TLI (Tucker & Lewis,
1973), equivalente al NNFI (Bentler & Bonett, 1980), ed il RMSEA (Steiger, 1980). Per il CFI
ed il TLI sono normalmente ritenuti soddisfacenti valori superiori a .90 (Bentler, 1990), mentre
per il RMSEA si considerano adeguati i valori inferiori a .05 (Browne, 1990).
Il modello è risultato accettabile secondo tutti gli indici utilizzati: χ2(21) = 35.41, p = .025,
CFI = .98, TLI = .97, RMSEA = .054 (90% CL = .019, .084). Tuttavia il path di influenza del
Multiculturalismo sull’Accordo a concedere il voto agli immigrati non è statisticamente
significativo; ciò ci ha indotto a testare un secondo modello, in cui è stata eliminata questa
relazione. Anche il secondo modello è risultato accettabile secondo tutti gli indici utilizzati:
χ2(22) =35.47, p = .035, CFI = .98, TLI = .97, RMSEA =.051 (90% CL = .014, .080). Rispetto al
primo, inoltre, tutti i parametri stimati sono statisticamente significativi (vedi figura 1).
La SDO influenza negativamente il Multiculturalismo (β = -.48) e positivamente lo Stato
Penale (β = .76) e la Collocazione Politica (β = .55). Gli Anni di Studio influenzano in maniera
diretta il Multiculturalismo (β = .21) ed in maniera inversa lo Stato Penale (β = -.18). La
Collocazione Politica influenza lo Stato Penale (β = .14). Quest’ultimo, a sua volta, influenza
negativamente l’Accordo a concedere il voto agli immigrati (β = -.40). Infine, la SDO e gli Anni
di Studio sono inversamente correlati (r = -.31).
5
Figura 1. Modello di equazione strutturali: beta di regressione, correlazioni e varianza
spiegata
.16
Voto ai
migranti
err
-.40
err
err
.81
err
.34
.83
M1
err
1
.83
Multiculturalismo
Stato Penale
M2
.79
.78
.21
-.18
err
P1
1
P2
err
.76
-.48
Anni di
studio
.14
.30
.55
SDO
err
.82
Collocazione
Politica
.67
-.31
Sdo1
Sdo2
err
err
err
DISCUSSIONE
Gli attuali processi di globalizzazione-localizzazione e le dinamiche associate alla crescita
dell’immigrazione internazionale hanno aumentato la consapevolezza politica delle differenze
etniche e culturali presenti negli stati-nazione. Tale insieme di fenomeni spiega l’aumento di
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interesse che le scienze sociali mostrano nei confronti della cittadinanza. Tuttavia, questo tema
non può essere ridotto a soli fattori politici e di partecipazione. Esso infatti coinvolge
atteggiamenti e comportamenti rivolti all’inclusione (vs. esclusione) degli immigrati nella vita
sociale e comprende inoltre atteggiamenti più generali, relativi a relazioni intergruppi e struttura
sociale, ben rappresentati dal concetto di SDO (Sidanius e Pratto, 1999).
L’ipotesi alla base di questo lavoro riguarda l’influenza della SDO sull’accordo circa il
diritto degli immigrati a partecipare alle elezioni politiche nazionali e, di conseguenza, di
eleggervi dei rappresentanti. I risultati hanno confermato che la SDO è la variabile centrale del
processo. Infatti, da essa si originano due percorsi diversi ma interconnessi: in uno la SDO
influenza il sostegno della maggioranza allo Stato Penale, nell’altro essa ne influenza
l’atteggiamento nei confronti del Multiculturalismo.
L’ipotesi che Multiculturalismo e Stato Penale incidano sulla disponibilità dei membri
della maggioranza ad estendere agli immigrati la titolarità dei diritti politici è stata confermata
solo in parte, poiché soltanto lo Stato Penale influenza l’accettazione degli immigrati come
membri a pieno titolo dell’ingroup. Alla luce dell’assenza di legame tra Multiculturalismo e
Accordo sull’ampliamento dei diritti, una bassa SDO può implicare semplicemente la presa
d’atto dell’esistenza delle differenze culturali (alto Multiculturalismo), senza però che vi sia
interesse a coinvolgere gli immigrati nella vita politica del paese. In altre parole, la diversità
culturale può essere vista come un risultato, anche positivo, della migrazione di massa; tuttavia le
comunità immigrate non vengono necessariamente percepite come parte dell’ingroup, i cui
confini sono dati dalla cittadinanza. A questo proposito possiamo ipotizzare che chi rifiuta l’idea
dell’immigrato come membro attivo della società condivida una concezione “proprietaria” dello
stato. Coerentemente con questa prospettiva “particolaristica”, lo stato deve difendere i propri
membri dall’invasione degli spazi pubblici di appartenenza (Young, 1999). In questo senso i
diritti politici formali segnano la diversità tra chi è “dentro” e chi è “fuori”. Al contrario, una
diversa idea delle relazioni intergruppo (bassa SDO) porta prima ad un atteggiamento negativo
verso la concezione penale dello stato, e poi ad un atteggiamento positivo verso il diritto di voto
agli immigrati. Possiamo qui ipotizzare che il criterio che determina l’appartenenza all’ingroup
dei cittadini sia di tipo universalistico, e che l’interesse sia rivolto più a questioni di giustizia
sociale, l’ampliamento dei diritti, che non al dibattito e alla riflessione sulle identità delle
comunità culturali che compongono la società (Berry, 2006).
Rileviamo, infine, che l’orientamento politico influenza solo gli aspetti civici della
cittadinanza (Stato Penale), mentre il livello culturale agisce sia sullo Stato Penale sia sul
Multiculturalismo. Ciò suggerisce che l’atteggiamento generale di accettazione degli immigrati
7
entro il cerchio dei cittadini si fondi prevalentemente su basi politico-ideologiche, e non tanto
sulla volontà di ridefinire l’identità di base della comunità sociale. In questo senso, l’influenza
esercitata dal grado di istruzione può significare che le persone più istruite sono anche le più
aperte mentalmente. Esse sembrano non rifiutare in modo pregiudiziale i cambiamenti sociali, e
tenere in conto il tema dell’equità sociale, come suggerito dalla correlazione negativa tra SDO e
titolo di studio.
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