Università degli Studi di Genova Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Tesi per la prova finale del Corso di Laurea in Fisica A.A. 2002-03 Tecnica di datazione con il Carbonio14 Candidato: Francesco Vernocchi Relatore: Prof. P. Corvisiero Anno Accademico 2002/2003 A mia figlia Virginia 1. Introduzione La ricostruzione storica di eventi passati, naturali o antropici, ha come presupposto l’esigenza di collocare gli eventi medesimi in una scala temporale che possa avere la validità più generale possibile e che tenda verso un riferimento assoluto. Ciò viene generalmente realizzato con l’impiego di modelli deterministici o stocastici che, in ogni caso, devono avere come presupposto una base fenomenologica altamente affidabile. La metodologia della datazione è basata sull’individuazione di “archivi temporali”, vale a dire di quel complesso di materiali che conservano comunque tracce dei fenomeni passati secondo una ben determinata ascissa temporale. L’operazione consiste nell’individuare una grandezza fisica, come tale operativamente definibile, che sia rappresentativa della “traccia” ed associare il suo valore alla variabile tempo secondo una corrispondenza biunivoca. Naturalmente deve essere molto elevata l’affidabilità dell’archivio temporale, affinché le tracce in esso depositate possano fornire indicazioni prive di ambiguità. Le datazioni radiometriche, basate sul decadimento degli isotopi radioattivi, sembrano le più affidabili. Infatti, il decadimento, avviene secondo una legge temporale ben definita, in cui la vita media del processo è determinabile e definisce l’intervallo temporale al quale il metodo consente di accedere. Il metodo del 14 C (Carbonio14), inizialmente dedicato soltanto all’archeologia, ha affermato la sua importanza in numerosi altri campi di ricerca, che vanno dalla paleoclimatologia, all’oceanografia, alla paleoastrofisica, senza trascurare l’impiego in campo legale e nella tutela e conservazione dei beni artistici. 2.1 I fenomeni radioattivi Gli atomi sono costituiti da un nucleo, formato da protoni e neutroni e da una nube di elettroni che ruotano attorno al nucleo stesso. I protoni hanno carica positiva uguale, in valore assoluto, alla carica dell’elettrone (1,6·10-19C) ed una massa a riposo di 1,6726·10-27 Kg (938,2 MeV). I neutroni sono elettricamente neutri ed hanno una massa leggermente superiore 1,6748·10-27 Kg (939,5 MeV). Gli elettroni invece sono molto più leggeri, la loro massa è 9,11·10-31 Kg (0,51 MeV). Protoni e neutroni, considerati nel loro insieme, sono chiamati nucleoni. 2 Ad un tipo di atomo, o specie atomica, si assegna il nome dell’elemento chimico corrispondente ed ogni elemento è caratterizzato dal suo numero atomico Z. Analogamente ad un tipo di nucleo o specie nucleare si attribuisce il nome di nuclide. Il numero di protoni è il numero atomico Z dell’atomo ed è uguale al numero degli elettroni. Il numero di neutroni è N ed il numero totale di protoni più neutroni, A = Z+N, è detto numero di massa del nucleo. Un nuclide viene identificato nella seguente maniera: A Z Y Y = Simbolo chimico dell’atomo o della specie atomica; A = Numero di massa = Protoni+Neutroni; Z = Numero atomico = Numero di protoni. I nuclidi con uguale Z, ma con A diversi (cioè con N diversi), si chiamano isotopi. Gli atomi neutri di tutti gli isotopi per un certo valore di Z possiedono lo stesso numero di elettroni, hanno le stesse proprietà chimiche e occupano la stessa “casella” nella tavola degli elementi chimici. 1 2 3 Esempio: 1 H Idrogeno, 1 H Deuterio, 1 H Tritio. La maggior parte degli isotopi è energeticamente instabile o radioattivo; cioè il nucleo è destinato a decadere in un altro nucleo con minore massa, mediante l’emissione di una radiazione, senza alcuno stimolo esterno. Il fenomeno della radioattività è stato scoperto ai primi del ‘900 da H. Becquerel, M. e P. Curie. Esistono tre tipi di emissione radioattiva, che sono chiamati alpha (α), beta (β) e gamma (γ) in ordine di crescente capacità di penetrazione attraverso la materia. Le particelle α sono le meno penetranti, le particelle β sono intermedie e i raggi γ sono i più penetranti. La particella α è un nucleo di 24 He , la particella β è un elettrone (β− ) o un positrone (β+ ) e il raggio γ è un fotone di alta energia. 2.2 Il decadimento α Molti nuclei radioattivi di grande massa (A>200) decadono con emissione di una particella α. Il decadimento α può essere espresso in generale da: A Z P→ A−4 Z −2 D + 24 He dove P e D rappresentano i simboli chimici dei nuclidi progenitore e discendente. Le particelle α espulse dal nucleo hanno uno spettro energetico discreto. 3 Il processo è riconducibile all’effetto tunnel di una particella attraverso la barriera di potenziale del nucleo. Le particelle α sono emesse con un’energia compresa tra 4 e 6 MeV. Quelle con energia maggiore hanno una più alta probabilità di trasmissione e di conseguenza un tempo di decadimento del nucleo più breve. A causa della sua doppia carica elettrica (+2), la particella α perde velocemente energia in interazioni elettromagnetiche con i nuclei della materia attraversata. 2.3 Il decadimento β Esistono due tipi di decadimento β e sono : A Z A Z con Decadimento β− Decadimento β+ P → Z +A1 D + e − + ν P → Z −A1 D + e + + ν ν = neutrino e- = elettrone ν = antineutrino e+ = positrone. All’interno del nucleo, nell’emissione β− un neutrone si converte in un protone, un elettrone ed un antineutrino n → p + e- + ν ; nell’emissione β+ un protone si converte in un neutrone, un positrone ed un neutrino p → n + e+ + ν . Lo spettro della particella β emessa è continuo sino ad un valore massimo (vedere figura 1); l’energia disponibile nel decadimento è divisa tra la particella β ed il corrispondente neutrino. In alternativa ad un’emissione β+, un nucleo ricco di protoni può trasformarsi da solo per via della cattura di un elettrone dei suoi stessi orbitali: e − + ZAP → Z −A1 D + ν Nel processo un elettrone ed un protone si combinano trasformandosi in neutrone con emissione di un neutrino: e− + p → n +ν . 4 Per la difficoltà di rilevare il neutrino, la reazione è molto difficile da osservare. Valori energetici tipici sono compresi tra qualche KeV e qualche MeV. L’elettrone prodotto perde facilmente energia nella materia, ma ancora più instabile risulta il positrone che può annichilarsi con un elettrone producendo due fotoni monocromatici di 511 KeV. Figura 1: Spettro energetico dei raggi beta 2.4 Il decadimento γ Il nucleo discendente, creatosi in seguito ad un decadimento α o β, può trovarsi in uno stato eccitato. Gli stati eccitati dei nuclei sono analoghi agli stati eccitati degli atomi ed una transizione ad un livello energetico inferiore è accompagnata dall’emissione di un fotone. Un fotone emesso in una transizione nucleare è chiamato raggio γ. I raggi γ così prodotti sono caratterizzati da uno spettro discreto che si estende da qualche centinaio di KeV a qualche MeV. 2.5 Legge del decadimento radioattivo Il numero di particelle radioattive emesse da una sostanza nell’unità di tempo (e dunque il numero di nuclei instabili) non è costante nel tempo, bensì diminuisce esponenzialmente. Questa dipendenza è caratteristica di tutti i fenomeni radioattivi. In termini di meccanica quantistica, il processo è un fenomeno statistico contraddistinto da una probabilità per unità di tempo λ , tipica della specie 5 nucleare. Se il nucleo ha più di un modo di decadimento, allora λ è la somma di ciascuna costante per ciascun modo: λ=λ1+λ2+λ3+.. λ prende nome di costante di decadimento, ha un valore peculiare differente per ogni radionuclide e la sua unità SI è l’inverso del secondo [s-1]. In un campione contenente N nuclei instabili, non possiamo prevedere quali saranno i nuclei a decadere, ma possiamo esprimere la natura statistica del processo affermando che il numero medio di decadimenti in un tempo dt sarà: dN = − λ Ndt (1) ( il segno – indica che la popolazione N diminuisce). L’equazione (1) esprime in forma differenziale la legge del decadimento radioattivo. Integrando la (1) si ottiene: N (t ) = N 0 e − λ t (2) In questa espressione N0 rappresenta il numero dei nuclei radioattivi presenti al tempo t = 0. In pratica si preferisce usare il parametro τ chiamato vita media e definito come l’inverso della costante di decadimento λ : τ= 1 λ scrivendo l’equazione (2) nella seguente forma: −t . Dopo un tempo pari alla vita media τ il numero iniziale di nuclei radioattivi è sceso del 37%. Un altro parametro importante, per la caratterizzazione di un radionuclide, è il tempo di dimezzamento (t1/2), ossia il tempo impiegato perché il numero iniziale si riduca di un fattore 2. Si avrà quindi N (t ) = N 0 e τ N( t1/2) = N0/2 Il legame tra τ e t1/2 è dato da: t1/2 = ln (2) τ ≈ 0,693 τ Possiamo definire l’attività A come il numero di decadimenti radioattivi riferiti all’unità di tempo: A = dN dt = λN (3) 6 L’attività si misura nel SI in Bequerel (Bq): 1Bq = 1 decadimento al secondo e può essere normalizzata per unità di volume, superficie o massa. L’attività esprime quindi la “quantità” di radioattività, ma non fornisce informazioni sul tipo di particelle emesse e sulla loro energia. Figura 2: Diminuzione esponenziale con il tempo dei nuclei radioattivi 2.6 Fluttuazioni statistiche Se consideriamo un intervallo di tempo ∆t << t1/2 , il numero di decadimenti in ∆t sarà soggetto a fluttuazioni statistiche. La meccanica quantistica non può dare un numero preciso, ma solo predire la probabilità del processo di decadimento. La probabilità di misurare n conteggi in un periodo ∆t è data dalla distribuzione di Poisson: P(n,∆t) = m n -m e n! (4) dove m = numero medio dei conteggi in ∆t. La deviazione standard della distribuzione è: σ= (5) m come è caratteristico della statistica di Poisson. 7 3.1 Datazione radiometrica I metodi di datazione radiometrica utilizzano i fenomeni della radioattività naturale, cioè la trasformazione spontanea di isotopi instabili di una data specie in nuclei stabili. Conoscendo il tempo di decadimento di un certo radionuclide, è teoricamente possibile usare il suo decadimento come orologio per misurare un intervallo di tempo. In tabella 1 sono riportati alcuni dei principali isotopi radioattivi usati per la datazione (vedere anche figura 3). Altri isotopi radioattivi che appaiono in natura non vengono usati o perché sono presenti in quantità minime o perché hanno un tempo di dimezzamento non adeguato. Elemento progenitore Tempo di dimezzamento (in anni) Presenza dell’isotopo % Elemento figlio Carbonio-14 5730 - Azoto-14 Uranio-235 723 milioni 0.72 Piombo-207 Zircone, Uraninite, Pechblenda Potassio-40 1.300 milioni 0.012 Argon-40 Muscovite, Biotite, Orneblenda, Feldspato potassico, Rocce vulcaniche Uranio-238 4.510 milioni 99.27 Piombo-206 Torio-232 13.900 milioni 100 Piombo-208 Rubidio-87 47.000 milioni 27.87 Stronzio-87 Materiali datati Materiali organici Zircone, Uraninite, Pechblenda Rocce vulcaniche Miche, Feldspati potassici, Rocce metamorfiche Tabella 1: Isotopi radioattivi per la datazione di reperti. La radiodatazione si basa, quindi, sulla misura dei nuclei residui in materiali nei quali, al momento della formazione, sono rimaste inglobate sostanze radioattive. Per un campione contenente N0 nuclei iniziali di una sostanza radioattiva, la legge di decadimento (2) permette di stabilire una relazione tra il numero di nuclei residui N(t) e il numero dei nuclei discendenti D(t), generati dal decadimento: ( ) D (t ) = N 0 − N (t ) = N (t ) e λt − 1 (6) Usando l’equazione (6) e i valori sperimentali per N(t) e D(t), si trova poi il tempo (geologico) trascorso dalla formazione del reperto sotto analisi : 8 t= N (t ) + D(t ) ⋅ ln λ N (t ) 1 [s] (7) l’equazione (7) prende il nome di “equazione dell’età”. L’età misurata è attendibile solo se il campione è rimasto isolato dall’ambiente esterno, ovvero se non ci sono state né aggiunte né perdite di materiale radioattivo nel corso del tempo. Le sostanze radioattive naturali in base alla loro origine si distinguono in primordiali e cosmogeniche. Le prime sono così chiamate perché esistono sulla terra dal tempo della sua formazione e sono caratterizzate da un tempo di decadimento molto grande. Le sostanze cosmogeniche, come il 14C, sono prodotte dall’interazione dei raggi cosmici con l’atmosfera, la crosta terrestre ed il mare. In genere, nelle tecniche di datazione, l’intervallo di tempo di applicabilità per un certo isotopo è circa 10 volte il suo tempo di decadimento. I metodi di datazione delle rocce utilizzano il decadimento di elementi primordiali in esse contenuti (Rubidio (Rb), Torio (Th) ed isotopi dell’Uranio (U)). Con questi elementi si sono stimate l’età della roccia più antica presente sulla Terra (granito della Groenlandia=3,7·109 anni) e la stessa età della Terra, 4,6·109 anni. Il decadimento del Potassio (K) in Argon (Ar) ha invece un campo di impiego più ampio. Infatti, anche se il suo tempo di dimezzamento è piuttosto elevato, recenti tecniche hanno reso possibile misurazioni di piccolissime quantità di Argon in rocce aventi un’età di solo 50.000 anni. Non viene usata invece la trasformazione del Potassio in Calcio (Ca) poiché è estremamente difficile distinguere il Calcio prodotto dalla reazione nucleare da quello primario, presente in grandi quantità nella crosta terrestre. Per la stima di età ancora più recenti, ci si basa sul radioisotopo del Carbonio, il 14 C, che ha un tempo di dimezzamento di appena 5.730 anni e che, dunque, può essere usato per datare avvenimenti della storia dell’uomo. Riassumendo, nella scelta di radioisotopi da usare nella datazione di reperti bisogna tenere conto che: • Il tempo di dimezzamento deve essere opportuno rispetto all’età da misurare. Se esso è troppo lungo la concentrazione dell’elemento figlio sarà troppo bassa per essere misurata, se è troppo corto sarà già completamente decaduto. • Il radionuclide si deve distinguere da altri nuclidi presenti nel reperto alla sua formazione. • Non ci devono essere durante tutta la storia del reperto né perdite del radioisotopo né del prodotto figlio. 9 Figura 3: Alcuni decadimenti usati nella datazione radiometrica 3.2 Il Carbonio14 Il metodo di datazione con il radiocarbonio è stato proposto nel 1945 dal chimico W. F. Libby che, per tale scoperta, ha ricevuto il premio Nobel per la chimica nel 1960. Con questa sostanza si possono datare reperti in un intervallo tra i 200 e i 60.000 anni. In campioni con età superiore a questo limite, diventa molto difficile trovare degli atomi di Carbonio radioattivo non ancora decaduti, rendendo impossibile la datazione. In linea di principio, possono essere datati tutti i resti provenienti da organismi viventi che abbiano cessato di scambiare radiocarbonio con l’ambiente circostante per il sopraggiungere della loro morte: ossa, legno, pellame, capelli, inclusi organici nella ceramica (semi, paglia...), sedimenti organici, carta e papiri, resina etc. Possono essere inoltre datati materiali anche di natura inorganica che siano stati però generati da organismi viventi: gusci di conchiglia, gusci d’uovo, etc. Materiale Organismo Evento datato Ossa Animale Gli ultimi anni di vita dell’animale Legno Albero Crescita degli anelli dell’albero Carbonella Albero Crescita degli anelli dell’albero Tela di lino Pianta di lino La morte della pianta Lana Pecora L’anno della tosatura Pergamena Animale L’anno di morte dell’animale Tabella 2: Materiali databili con il carbonio radioattivo Dal momento della morte il 14 C presente nei tessuti non è più rinnovato e decade con rapidità fissata dalla sua emivita (vedere figura 4). 10 Figura 4: Il rapporto tra 14C e 12C nel corso della storia di un organismo vivente Il Carbonio è l’elemento di simbolo C, di numero atomico 6 e peso atomico 12,01115 (g/mol) e costituisce il primo elemento del IV gruppo della tavola periodica degli elementi. Gli isotopi stabili sono 126 C e 136 C e sono presenti nelle proporzioni rispettivamente del 98,892% e del 1,108%. Una frazione molto piccola di anidride carbonica presente nell’atmosfera terrestre contiene atomi di Carbonio con nucleo costituito da 146 C , invece del normale 126 C . Isotopo Protoni 12 6 6 99% Tempo di dimezzamento stabile 13 6 7 1% stabile 8 -10 C C 14 Neutroni 6 C Concentrazione 1 10 % 5730 anni Tabella 3 Proprietà degli isotopi del carbonio Il 14 C è un isotopo radioattivo che decade con una reazione del tipo β− : 14 6 C → 147 N + β − +ν Ιl processo è caratterizzato dalla liberazione di un elettrone con energia Εβ = 156,4 KeV ed un tempo di dimezzamento di ~ 5.730 anni, cui corrisponde una costante di decadimento λ = (1,2096 ± 0,0085) ·10-4 [y-1]. Attualmente la concentrazione nell’atmosfera del 14 C rispetto a quella del 12 C è data dal rapporto: 11 14 6 C 12 6 C = 1,2·10-12. (8) L’isotopo radioattivo è creato da neutroni lenti o termici, prodotti dall’interazione della radiazione cosmica con gli atomi dell’atmosfera. I neutroni, essendo particelle elettricamente neutre, si diffondono agevolmente ed interagiscono con i nuclei di Carbonio, Azoto e Ossigeno presenti. L’interazione dei neutroni con l’Azoto dell’atmosfera dà luogo a 3 differenti reazioni: 14 N + n→11B + 4He En = 1 MeV 14 N + n→12 C + 3H En = 4 MeV 14 N + n→14 C + 1H (9) Le prime due reazioni avvengono solo con neutroni di energia superiore ad un valore di soglia En relativamente elevato e sono caratterizzate da una sezione d’urto piuttosto bassa. L’ultima reazione, che porta alla produzione di 14 C , è indotta da neutroni poco energetici (E < 1 MeV), ha una sezione d’urto che cresce molto rapidamente al diminuire dell’energia ( il suo valor medio è ~1,7 barn dove 1barn = 10-24 cm2) ed inoltre, per l’abbondanza dell’elemento bersaglio, risulta essere la più importante. Altre reazioni che possono produrre 14 C sono: 16 O + n→14 C + 3He 17 O + n→14 C + 4He 13 C + n→14 C + γ 15 N + n→14 C + 2H Queste reazioni, avendo un’energia di soglia molto elevata En >40 MeV, una sezione d’urto molto piccola (~10-3 barn), danno un contributo alla formazione del radiocarbonio che può essere trascurato. La figura 5 illustra il processo più importante di formazione e decadimento del Carbonio radioattivo. 12 Figura 5: Le reazioni nucleari per la formazione ed il decadimento del 14C. Gli atomi di 14 C così prodotti si ossidano combinandosi con le molecole di Ossigeno attraverso la reazione: 214 C + O2 →214 CO . Successivamente l’ossido di carbonio si trasforma in anidride carbonica: 14 CO + OH →14 CO2 + H . L’anidride carbonica radioattiva 14 CO2 si mescola uniformemente con la normale ed inattiva anidride carbonica dell’atmosfera, mantenendo lo stesso rapporto di concentrazione esistente tra il 14 C e 12 C . La produzione di 14 C , legata alla formazione di neutroni da raggi cosmici, è variabile con la latitudine e l’altitudine, ma, a causa del rapido rimescolamento dei gas atmosferici, il radiocarbonio risulta distribuito in maniera uniforme sulla superficie terrestre. Con il trascorrere del tempo il biossido di carbonio si diffonde nei mari, nella biosfera (insieme degli elementi viventi) e nel suolo. Tutti i vegetali assimilano, nel processo di fotosintesi clorofilliana, anidride carbonica ed accanto ad essa radiocarbonio. Il 14 C viene poi restituito all’atmosfera nella decomposizione dopo la morte. 13 Figura 6: La produzione del carbonio radioattivo. L’atmosfera non è comunque la riserva primaria di anidride carbonica; l’aria contiene solo lo 0,03% in volume di anidride carbonica, ma poiché questo gas è solubile, il 14 C è costantemente assorbito e rilasciato da tutte le acque superficiali, anche attraverso reazioni di scambio con i carbonati disciolti. Sono proprio le profondità oceaniche a rappresentare la maggior risorsa di Carbonio, il 93% del totale. Le alterazioni delle condizioni della materia vivente sulla terra non implicano variazioni rilevanti nella quantità di 14 C nelle riserve. Cambiamenti significativi si avrebbero solo per modifiche del volume, della temperatura e dell’acidità dei mari, ma, fortunatamente, questi parametri sono stati stabili entro un margine del 5% negli ultimi 50.000 anni. 3.3 Principi della radiodatazione con 14 C Ιl metodo di datazione con il radiocarbonio non permette l’utilizzo dell’equazione dell’età (7) vista in precedenza. Νel processo di decadimento del 14 C , il nucleo discendente è l’Azoto che non può essere utilizzato per risalire alla concentrazione iniziale del radioisotopo nel reperto. L’Azoto è, infatti, abbondante nell’atmosfera e quindi facilmente presente come sostanza inquinante. Inoltre, essendo gassoso, esso può facilmente sfuggire dal materiale in cui è stato prodotto. L’età del campione contenente 14 C dovrà essere determinata mediante la seguente formula: 14 N (14 C ,0) 14 N ( C, t) t = τ ln (10) ricavabile dalla equazione (2) indicando con: N( 14 C ,0) = numero di nuclei di 14 C contenuti nel reperto al momento della morte dell’organismo, N( 14 C ,t) = numero di nuclei all’istante t. Il valore di N( 14 C ,t) è deducibile sperimentalmente, mentre il valore di N( 14 C ,0) non è né misurabile né noto a priori. E’ possibile però farne una stima sufficientemente precisa usando alcune ipotesi: • la quantità di 14 C nell’atmosfera è rimasta costante nel tempo, cioè esiste equilibrio tra la formazione di 14 C e il suo decadimento. Il radiocarbonio ha origine da un processo fisico caratterizzato da una produzione per unità di tempo R(t) e il suo accumulo è esprimibile con la seguente equazione: dN(t) = R(t)dt - λN(t)dt (11) Se assumiamo R indipendente dal tempo e il numero iniziale di atomi uguale a zero, si ricava: N (t ) = R λ (1 − e −λt ) t → >> 1 λ R λ = Rτ (12) cioè, per tempi molto lunghi dall’inizio del processo di produzione, il numero di radioisotopi presenti è, in pratica, costante ed uguale a Rτ (condizione di equilibrio secolare). Il valore di R è calcolabile e vale: R = 1,010·1019 [s-1] ~ 7,5 Kg/anno da cui consegue N = 2,6·1030 nuclei ~ 60.000 Kg. • Il rapporto tra le quantità di 14 C e di 12 C nell’atmosfera è rimasto costante nel tempo, ossia K = 14 6 C 12 6 C = 1,2·10-12. Con queste ipotesi possiamo riscrivere la (10) come: N (14 C ,0) N (12 C , t ) N (14 C ,0) N (12 C , t ) N (12 C , t ) t = τ ln 14 12 = τ ln N (12 C ,0) N (14 C , t ) = τ ln K N (14 C , t ) (13) N C t N C t ( , ) ( , ) che fornisce l’età del campione in base al rapporto fra le quantità di 12 C e di 14 C in esso presenti al tempo t. 15 Una particolarità della datazione con il radiocarbonio: l’età dei reperti sono sempre riferite al 1950 come all’anno 0 (anno delle prime misure radiometriche con 14 C ) e viene indicata con la dicitura BP (Before Present). Ad esempio un oggetto datato al 1240 BP vuol dire che è del 1950 − 1240 ⇒ 710 d.c. L’utilità di questa convenzione risiede nel fornire lo stesso valore numerico sia per la data di formazione dei reperti (che hanno avuto origine prima del 1950) sia per la loro età (se riferita al 1950). 4.1 Il problema della calibrazione I passaggi precedenti assumono che nei tessuti degli organismi viventi siano presenti nuclei di 12 C e di 14 C nelle proporzioni atmosferiche. In realtà tutte le precedenti ipotesi sono molto restrittive e non interamente soddisfatte. Durante la fotosintesi si producono molecole organiche complesse contenenti lunghe catene o anelli di atomi di Carbonio legati fra loro. La formazione di legami C – C è favorevole se gli atomi di C sono più leggeri, più mobili, pertanto il Carbonio fotosintetico è meno ricco di 13C e di 14 C dell’anidride carbonica atmosferica. Quando la CO2 atmosferica è fissata ed entra nei cicli biologici, il suo contenuto di isotopi diminuisce (il processo è detto: frazionamento isotopico). La grandezza che ci fornisce una stima di questa diminuzione di 13C è indicata con δ13 e vale: ( C C) − ( C C) C= ( C C) 13 δ 13 13 12 12 Campione PDB 13 12 (14) PDB dove con PDB si indica il rapporto 13 C 12 C di uno standard internazionale (Belemnite dolomitica fossile) il cui valore è 0,011237. δ13C non è altro che la variazione in percentuale della concentrazione nel campione da questo standard. Sperimentalmente si è trovato che il frazionamento per il 14 C è esprimibile come: δ14C = 2δ13C (15). 16 13 Figura 7: Differenza di contenuto di C in vari materiali organici e inorganici contenenti Carbonio Inoltre, nel tempo, anche il rapporto tra le concentrazioni di 14 C e 12 C nell’atmosfera non è rimasto costante, ma ha subito variazioni a breve e a lungo termine. Le principali cause sono: • Variazioni del flusso di raggi cosmici dovute: a modificazioni del campo magnetico terrestre (con un periodo di 8.000 anni), a cambiamenti dell’attività solare intensa (con periodo di ~ 200 anni) e dell’attività solare meno intensa ( con periodo 11 anni). La tabella 4 riporta una stima della correzione da apportare alle misure di datazione, che tiene conto di tutti questi effetti. Età 0 ÷ 2.000 d.c. 1.000 a.c. 2.000 a.c. 3.000 a.c. 4.000 a.c. Correzione 0 100 anni 300 anni 600 anni 800 anni Tabella 4: Correzione per attività solare e variazioni campo magnetico terrestre 17 • Cambiamenti climatici globali e locali, che determinano variazioni di abbondanza di radiocarbonio nelle varie riserve (ad esempio la concentrazione dell’anidride carbonica dipende dall’equilibrio tra la pressione parziale nell’atmosfera e la sua concentrazione nelle acque di superficie). • Immissione nell’atmosfera di anidride carbonica in seguito a fenomeni naturali (eruzioni vulcaniche). • Variazione della concentrazione di radiocarbonio dovuta all’attività umana, sia per effetto dell’utilizzo di Carbonio fossile completamente privo di 14 C ormai decaduto, la cui combustione produce CO2 non radioattiva ed aumenta la concentrazione di 12 C in atmosfera, sia per effetto delle esplosioni nucleari che creando neutroni, al pari dei raggi cosmici, danno luogo ad una sovrapproduzione di 14 C . Attualmente è presente nell’atmosfera il 20% in più di radiocarbonio rispetto allo standard. Figura 8: Variazioni della concentrazione di C14 dovute all’attività dell’uomo Queste variazioni dell’abbondanza del 14C forniscono errori sistematici nelle datazioni con il radiocarbonio. Ciò non invalida il metodo in generale, ma richiede che i suoi risultati siano corretti ricorrendo a datazioni ottenute per altra via. A partire dagli anni ’60 si sono sviluppate svariate procedure di calibrazioni che utilizzano la dendrocronologia, metodo che analizza il contenuto di 14 C nel legno degli anelli di accrescimento di un albero, lo studio dei coralli fossili con il metodo dell’uranio-torio e la datazione delle varve. Le curve di calibrazione ottenute con i tre metodi sono generalmente in accordo fra loro e consentono di calibrare le date da radiocarbonio fino a 45.000 anni. 18 4.2 La dendrocronologia Il metodo della dendrocronologia è basato sullo studio del radiocarbonio contenuto in ogni anello o insieme di anelli di un albero e associato con l’età dedotta dal numero d’ordine degli anelli. Un albero vivente, ad esempio una quercia di 1.000 anni con 1.000 anelli, permette di datare per sovrapposizione tutti i legni di quercia della stessa regione geografica meno vecchi di 1.000 anni. Se un legno archeologico di quercia della zona contiene 300 anelli e questi anelli si sovrappongono a quelli del campione vivente, si può conoscere la data di nascita e di morte dell'albero. La sovrapposizione è agevolata dal fatto che gli anelli non sono eguali: sono sottili se corrispondono ad anni poco piovosi e sono larghi se corrispondono ad anni molto piovosi, inoltre il loro colore è differente. Figura 9: Datazione dendocronologica Per datazioni dendrocronologiche non è necessario trovare un albero vivente; infatti, in letteratura sono riportate le sequenze della quercia e del pino tedesco di 11.000 anni, della quercia irlandese fino al 5289 a.c., del pino della California di 9.000 anni e di altre specie, costruite estendendo le sequenze degli alberi viventi ai legni archeologici. Le curve di calibrazione, così ottenute, permettono di correggere la datazione in base alla concentrazione di 14 C effettivamente presente, risalendo sino a circa 12.000 anni fa. È importante notare che l’andamento irregolare della curva di calibrazione (vedere figura 10) può impedire che la procedura di calibrazione conduca a risultati univoci. Questa ambiguità è intrinseca al metodo di datazione e fa sì che le date da radiocarbonio assumano, in certi casi, un carattere probabilistico, nel senso che ad un reperto non potrà essere attribuita un’età, ma potranno corrispondere più età con diverse probabilità. 19 Figura 10: Esempio di curva di correzione 4.3 Datazione con il metodo Uranio-Torio Il metodo dell’Uranio-Torio è utilizzato per stimare l’età dei coralli misurando l’attività dei nuclei radioattivi di differente origine, radiogenica nel caso del 14 C e primordiale nel caso dell’Uranio. L’abbondanza di Uranio è del tutto indipendente dai fenomeni che influenzano quella del radiocarbonio. Le due misure consentono di estendere la calibrazione oltre i 12.000 anni permesse dalla dendrocronologia. L’Uranio, disciolto nell’acqua marina, è assimilato dagli organismi marini fino al momento della loro morte. La datazione dei coralli fossili è fatta mediante lo studio delle concentrazioni di elementi della famiglia radioattiva dell’ 238U . Si parla di famiglia radioattiva quando i successivi prodotti di decadimento del nucleo capostipite sono a loro volta radioattivi e si viene a creare una catena di decadimenti fino a giungere ad un discendente stabile (vedere figura 11). Con questo metodo si ottengono curve di calibrazione sino a 30.000 anni fa. 20 Figura 11: Famiglia dell’ 238 U 4.4 Datazione con le varve L’età delle varve (o stratificazioni geologiche annuali) può essere stabilita in base al loro numero d’ordine partendo dalla superficie ed è possibile confrontarla con la datazione risultante dal radiocarbonio contenuto in reperti organici (foglie, insetti...). Le curve di calibrazione ottenute con le varve sono generalmente in buon accordo con quelle ottenute con altre tecniche e consentono di estendere la calibrazione fino a 45.000 anni fa. La sovrapposizione di varie curve di calibrazione, risultanti da diversi metodi comparativi, riduce le possibili ambiguità, confermando i dati e minimizzando gli errori. 4.5 Età della riserva La datazione con il 14 C è ulteriormente complicata nel caso che il Carbonio non abbia seguito la via più diretta per arrivare all’organismo e quindi al reperto. Ai campioni che hanno assorbito il loro Carbonio da una sorgente differente 21 dall’atmosfera, può essere attribuita un’età così detta apparente. Il rapporto tra le abbondanze di 14 C e di 12 C nella riserva è diverso da quello atmosferico. Un mollusco che vive oggi in un lago circondato da un bacino di calcare se, esaminato con la tecnica di datazione al 14 C , risulterebbe eccessivamente vecchio. La ragione sta nel fatto che il calcare privo di radiocarbonio è, per effetto dell’erosione, disciolto nel lago diminuendo la concentrazione di 14 C . Il lago, in questo caso, ha una diversa riserva di 14 C e, quindi, eventuali datazioni con il radiocarbonio devono essere opportunamente corrette. Uno dei più comuni casi di ambienti con differente concentrazione di radiocarbonio è l’oceano. Tra un reperto vissuto sulla superficie terrestre ed uno sotto il livello del mare c’è una differenza di circa 400 anni e sul fondo marino una differenza di circa 1.800 anni nelle loro datazioni. Questa età apparente dell’acqua dell’oceano è dovuta sia al ritardo introdotto dal processo di scambio tra la CO2 dell’atmosfera e il bicarbonato dell’oceano, sia all’effetto di diluizione tra l’acqua di superficie e quella proveniente dal fondale. 5.1 Tecniche di misurazione Attualmente sono possibili due tecniche per determinare il rapporto tra 14 C e 12 C di un reperto: • Metodo di Libby, che è la datazione con un metodo convenzionale per la misura dell’attività radioattiva β del campione; • Metodo AMS, basato sulla Spettroscopia di Massa Atomica (AMS) con acceleratori di particelle di tipo Tandem, che permette la misura diretta del rapporto fra atomi di Carbonio e del suo radioisotopo. 5.2 Preparazione dei campioni Per quel che riguarda l’estrazione del Carbonio, si deve distinguere fra: • reperti organici (di natura biologica) che sono sottoposti a combustione in atmosfera d’ossigeno per produrre ossido di carbonio (CO) e biossido di carbonio (CO2) che può esser trasformato in altri componenti gassosi, liquidi o in Carbonio solido sotto forma di grafite; • reperti carbonati che sono trattati con acidi per ottenere carbonato di bario o carburo di litio. Al primo si può aggiungere acido fosforico per ottenere biossido di carbonio, e al secondo acqua per ottenere acetilene. Un aspetto cruciale della radiodatazione è la contaminazione da parte di Carbonio estraneo. Essa può essere di due tipi: contaminazione “in situ” dipendente dalla storia chimico-fisica e dallo stato di conservazione del campione, oppure 22 contaminazione da parte di Carbonio moderno nel corso dei trattamenti chimici a cui il campione è sottoposto (ad esempio rilascio di CO e CO2 dalle pareti dei recipienti in cui viene raccolto il materiale da trattare). La contaminazione da Carbonio fossile, privo di 14C, fa apparire il campione più giovane, mentre quello da Carbonio moderno, ricco di 14C, lo fa apparire più vecchio; quest’ultima possibilità può avere effetti particolarmente rilevanti in reperti antichi. L’inquinamento, dovuto ai trattamenti chimici, viene valutato misurando il rapporto tra 14C e 12C in campioni preparati con gli stessi procedimenti chimici, ottenuti da grafite geologica priva di radiocarbonio a causa della sua età remota. La quantità spuria di 14C dipende solo dal tipo di trattamento del campione ed è indipendente dalla sua massa. L’errore sarà tanto più rilevante quanto è più piccolo il campione da datare. Gli effetti della contaminazione da Carbonio antico sono più difficili da stimare. L’inquinamento può essere causato da carbonati provenienti dalle acque freatiche, da funghi e batteri oppure da composti organici del suolo e può essere parzialmente ridotto mediante una pulitura con solventi che assicura la rimozione delle contaminazioni superficiali. L’efficacia di tale trattamento è verificata eseguendo datazioni, oltre che del campione pulito, anche del materiale asportato e di campioni non ripuliti. 5.3 Datazione convenzionale Nel metodo di datazione convenzionale, si utilizza la relazione: (16) N = A /λ (ottenuta invertendo l’equazione (3)) che permette di determinare il numero assoluto di nuclei 14C del reperto (N), conoscendo i valori sperimentali dell’attività e della costante di decadimento (λ14C = ln(2)/ t1/2 = 1/8267 [y-1]). Misurando la massa del Carbonio totale, si trova infine il rapporto tra 14C e 12C presente nel reperto in analisi. Per misurare con alta precisione l’attività di un campione è necessario studiare un elevato numero di decadimenti. Infatti se si misurano 100 decadimenti si ha un errore statistico del 10%; per raggiungere un errore statistico del solo 1% bisogna misurare 10.000 eventi! Nel caso di reperti “giovani” (con un’età inferiore ai 2.000 anni) e presenti in grande quantità, la precisione del metodo è molto elevata: ± 40 anni. Per campioni più vecchi l’imprecisione aumenta. Gli svantaggi della datazione convenzionale con il 14C sono quindi la necessità di lunghe misurazioni (anche a causa del lungo tempo di dimezzamento) e la 23 richiesta di quantità relativamente abbondanti di Carbonio estratto dal reperto, dell’ordine di almeno 10 mgr. Purtroppo, di molti reperti di grande valore archeologico, sono disponibili solo piccoli frammenti, da cui è possibile estrarre una quantità di Carbonio inferiore al milligrammo. Questa tecnica di misura richiede, inoltre, particolare attenzione alla minimizzazione del rumore di fondo. Alcuni importanti fonti di imprecisione sono: • Contaminazione da Radon: il 222Rn emette particelle alpha e beta, quest’ultime con un’energia di decadimento prossima a quella del 14C. Il decadimento beta rappresenta un interferenza significativa nello spettro del 14C. Per fortuna il tempo di dimezzamento del Radon è solo di 3,82 giorni, quindi, attendendo prima di procedere al conteggio, è possibile eliminare il problema. Ovviamente la contaminazione di 222Rn è tanto più significativa quanto più è vecchio il campione, poiché questo avrà una più bassa percentuale di radiocarbonio. • Radioattività naturale e raggi cosmici: un’altra fonte di interferenza è la radiazione naturale atmosferica. Può essere ridotta con l’uso schermature attive o passive. Gli schermi passivi sono costituiti da spessori di piombo che isolano il campione dalle radiazioni esterne. Il termine di schermature attive è invece usato per quegli accorgimenti del sistema di acquisizione che permettono di identificare e sottrarre il fondo che si sovrappone allo spettro del decadimento beta (per esempio l’uso di scintillatori di guardia che permettano di identificare radiazioni provenienti dall’esterno che generano segnali in coincidenza sia nei fototubi primari che in quelli di guardia). Le misure della datazione convenzionale utilizzano contatori proporzionali a gas o contatori a scintillatore liquido. 5.4 Contatori proporzionali a gas Una camera ad ionizzazione è uno strumento in cui un campo elettrico viene applicato attraverso un volume riempito di gas. Le particelle cariche di una radiazione, che si muovano attraverso il gas, a seguito della loro interazione ionizzano il gas producendo ioni positivi ed elettroni (coppie). La presenza del campo elettrico fa sì che ioni positivi ed elettroni si muovano in versi opposti lungo le linee di forza del campo, producendo una corrente di ionizzazione. Quando il valore del campo elettrico in un contatore a gas aumenta al di sopra di un certo valore, gli elettroni, prodotti per ionizzazione dalla radiazione primaria, sono a loro volta in grado di ionizzare gli atomi del gas. Di conseguenza, l’impulso in uscita dal rivelatore inizia ad aumentare pur rimanendo proporzionale alla ionizzazione iniziale che è legata all’energia cinetica delle particelle rivelate: un rivelatore operante in queste condizioni è detto contatore proporzionale. Il fattore di moltiplicazione, che può raggiungere valore di 102 , è funzione del tipo di gas di riempimento, della pressione e della tensione applicata. Il grande 24 vantaggio di questo rivelatore è che permette di rivelare anche una ionizzazione iniziale molto bassa, al limite di una singola coppia di ioni. Nel caso della datazione con il 14 C , il gas di riempimento di questi contatori è costituito da un composto del Carbonio estratto con procedimenti chimici dal campione da datare, ad esempio biossido di carbonio (CO2), metano (CH4) o acetilene (C2H2). È possibile discriminare fra i segnali “buoni”, generati da una cessione di energia inferiore a 160 KeV degli elettroni del decadimento β-, e quelli di contaminazione, che hanno energia superiore. Il gas utilizzato più frequentemente è l’anidride carbonica in quanto più facile da ottenere, ma che può contenere impurità elettronegative, come ad esempio il Cloro, che alterano il corretto funzionamento del contatore. Il metano è più difficile da produrre dal Carbonio del campione, ma può essere utilizzato a pressioni maggiori e quindi con concentrazioni più elevate di atomi radioattivi. L’acetilene è un ottimo gas per il conteggio poiché la sua molecola contiene 2 atomi di Carbonio, però ha l’inconveniente di essere esplosivo. Figura 12: Schema di una misura con rivelatore a gas 5.5 Contatori a scintillatore liquido I rivelatori a scintillazione sono senza dubbio tra i più diffusi rivelatori di particelle usati oggi in fisica nucleare. Sono basati sulla proprietà di alcuni materiali di emettere luce quando eccitati o ionizzati dalla radiazione incidente. Gli scintillatori sono sempre accoppiati ad un sistema di amplificazione di questa luce, un fotomoltiplicatore (dall’inglese: PM o PMT), in grado di convertire il debole segnale luminoso in un segnale elettrico, 25 che poi può essere processato ed analizzato e che contiene l’informazione sulla radiazione misurata. Quando la radiazione interagisce nello scintillatore causa emissione di luce da parte di quest’ultimo. La luce è trasmessa, attraverso il rivelatore stesso, che è quindi trasparente alla luce emessa, sino al fotomoltiplicatore dove è convertita in una debole corrente di fotolettroni, che è poi ulteriormente amplificata da un sistema di moltiplicazione di elettroni. Il segnale in corrente così prodotto viene successivamente analizzato dall’elettronica di acquisizione. Il numero di impulsi per unità di tempo è proporzionale all’attività A del campione in misura. Diversi materiali hanno proprietà scintillanti. Nel caso della datazione con il 14 C si usano scintillatori organici che sono principalmente idrocarburi della serie aromatica. La loro caratteristica migliore è il rapidissimo tempo di decadimento (qualche nanosecondo). La luce di scintillazione in questi composti nasce da transizioni energetiche degli elettroni covalenti. Inoltre gli scintillatori organici possono trovarsi anche allo stato liquido: in questo caso hanno un’ottima efficienza nella rivelazione di particelle β di bassissima energia. Il campione radioattivo viene quindi disciolto all’interno dello scintillatore e si evita qualsiasi spessore morto tra rivelatore e sorgente. Nella maggior parte dei casi il solvente usato come scintillatore è il benzene (C6H6) o una miscela di benzene e toluene (C6H6CH3). Il benzene ha ottime proprietà di trasmissione della luce ed un alta percentuale di conversione (98%). Come già visto precedentemente, si estrae dal campione il Carbonio presente come anidride carbonica. Il CO2 è quindi fatto reagire con il Litio per formare litio carbonide (Li2C2) 2CO2 + 10Li => Li2C2 + 4Li2O Il litio carbonide è poi idrolizzato per ottenere acetilene gassoso: Li2C2 + 2H2O => C2H2 + 2LiOH Infine con particolari catalisi si ottiene il benzene: 3 C2H2 => C6H6 che sarà mescolato al liquido scintillatore. Il più comunemente usato nelle datazioni con il 14 C è il PPO+POPOP, sia dissolto in toluene o direttamente nel campione di benzene. La tecnica di conversione chimica è molto laboriosa, ma il sistema richiede un volume attivo minore rispetto ai rivelatori a gas e questo implica un minor numero di segnali di fondo. A questo vantaggio si aggiungono le ottime percentuali di conversione e la possibilità di lavoro a temperature più basse. 26 Figura 13: Schema di un rivelatore a scintillazione con relativo fotomoltiplicatore 5.6 Datazione con AMS Uno spettrometro di massa è un apparecchio che permette di determinare la massa di atomi o molecole. L’abbinamento di un acceleratore fornisce una risoluzione di massa (ossia una capacità di discriminare particelle di massa poco diversa le une dalle altre) molto superiore a quella del solo spettrometro. L’utilizzo combinato di tali dispositivi consente, quindi, di misurare direttamente la quantità di radiocarbonio ed il rapporto isotopico del Carbonio estratto dal materiale da datare. Condizione necessaria è la trasformazione del campione in un fascio di ioni (atomi elettricamente carichi). Le particelle così ottenute sono accelerate in un campo elettrico e successivamente separate con campi elettrici e magnetici a secondo della loro massa. Figura 14: Schema di alimentazione di un acceleratore tandem La bassissima percentuale di ioni di 14C rende ovviamente la misura estremamente difficoltosa. L’acceleratore è usato, come si vedrà nel seguito, per rimuovere parte degli ioni (per esempio il 14N) che potrebbero essere confusi con il radiocarbonio. 27 Solo una minima quantità di materiale è necessaria per la tecnica di misura con AMS (30µg-3mg di Carbonio) riducendo così al minimo il danno provocato all’oggetto da datare. Negli acceleratori di protoni o in generale di ioni, la sorgente è costituita da una cella contenente l’elemento che si vuole accelerare in forma gassosa. Esso viene colpito da un fascio di elettroni di energia cinetica almeno uguale all’energia di ionizzazione del gas. Il numero di ioni prodotti è funzione dell’intensità degli elettroni, della densità del gas e del percorso che gli elettroni seguono nel gas. Gli ioni prodotti devono infine essere estratti per essere poi accelerati. Negli acceleratori tandem lo ione può acquistare energia almeno doppia, in quanto la differenza di potenziale realizzata viene sfruttata due volte grazie ad un trucco. Nel tandem la sorgente cede (anziché togliere) elettroni agli atomi del fascio, che partono quindi con una carica netta negativa e sono accelerati verso il potenziale positivo. A metà del tubo accelerante, dove giungono con un’energia cinetica pari a qualche MeV, gli ioni del fascio incontrano un sottilissimo foglietto o un gas (stripper) con il quale interagiscono e ne fuoriescono ionizzati positivamente, pronti per essere nuovamente accelerati verso il potenziale zero. In genere, dopo l’attraversamento dello stripper, il fascio emerge con diversi stati di carica e quindi possiede particelle con energie cinetiche differenti. Un magnete di raggio di curvatura opportuno seleziona la carica degli ioni e quindi la loro energia cinetica. Se il campo magnetico è perpendicolare alla traiettoria delle particelle, queste sono soggette alla forza di Lorentz e seguiranno una traiettoria circolare di raggio R. Il raggio di curvatura della linea è ovviamente (per ragioni meccaniche) fisso e deve essere tale da poter accettare, al variare di B, quante più possibili masse di particelle e stati di carica diversi: in questo modo il tandem diventa un acceleratore unico per varie specie di ioni. L’AMS (Accelerator Mass Spectrometry), introdotta per la prima volta alla fine degli anni 1970, permette, per un campione con un rapporto di 14C/12C = 1,2·10-12, di misurare 50 atomi di 14C al secondo. Per misurare con un’alta precisione l’età di 1 g di Carbonio, avente un rapporto di 14 12 C/ C = 1,2·10-12, occorrono circa 60.000 eventi, ossia circa 50 minuti di misurazione AMS. Con la datazione convenzionale sono invece necessari, tenendo conto dell’attività sopra calcolata, 8 giorni (160.000 decadimenti)/(13,8 decadimenti/minuto). Il campione è prima trattato chimicamente, rimuovendo lo strato superficiale che più facilmente può risultare contaminato, e poi riscaldato per ottenere biossido di carbonio che è raccolto in ampolle di vetro o trasformato in grafite. Il biossido di carbonio o la grafite costituiscono la sorgente di ioni per l’AMS. La sorgente è bombardata con ioni di Cesio per produrre un fascio di ioni negativi di energia di circa 25 KeV. In questa fase, fortunatamente, non vengono accelerati ioni 14N negativi (lo ione 14N- è, infatti, instabile e decade immediatamente), che avrebbero la stessa massa e la stessa velocità degli ioni 14C e non potrebbero essere facilmente distinti. 28 Un primo magnete è usato per selezionare gli ioni con massa uguale a 14 (questo però include un largo numero di ioni 12 CH 2− e 13CH − ed una bassa percentuale di ioni 14C-). Infatti, supponendo il campo magnetico uniforme, la traiettoria degli ioni è circolare con raggio: R = mv . (17) ZeB Descrivono una traiettoria di raggio R solo gli ioni con uguale valore di Z mv mentre gli altri vengono dispersi. Gli ioni così selezionati entrano nell’acceleratore e sono accelerati verso un blocco terminale posto a un potenziale di 2 MeV, dove collidono con delle molecole gassose nello “stripper canal”, che rimuove alcuni elettroni dando origine a ioni positivi. Con opportuna scelta del gas è possibile ottenere ioni di Carbonio con tre cariche positive (C3+ ). Inoltre il dispositivo di rimozione scinde gli ioni molecolari indesiderati (12CH2 e 13CH) in ioni atomici di massa minore di 14, che in questo modo vengono rimossi dal fascio. Gli ioni prodotti sono quindi ri-accelerati nella seconda metà dell’acceleratore a tandem fino ad energie di 25 MeV. Un secondo magnete seleziona gli ioni di Carbonio con momento atteso compatibile con la massa 14 escludendo quelli formatisi in seguito alla dissociazione degli ioni molecolari. Un filtro Wien, formato da campi magnetici ed elettrici uniformi e sovrapposti, perpendicolari l’uno all’altro e al fascio di ioni, consente il transito di ioni con velocità predeterminata. I due campi esercitano, su una particella, forze perpendicolari alla direzione del moto. La particella transita indeviata se le due forze si annullano vicendevolmente: F = -ZeE+ZevB = 0 (18) da cui si ricava: v = E/B. Scegliendo opportunamente i valori di B ed E, si selezionano particelle di velocità voluta. Pertanto, fissata la velocità, gli ioni che superano il filtro hanno energia proporzionale alla massa: E = 1 mv 2 ∝ m 2 (19). Infine, gli ioni di 14C così estratti, entrano in un rivelatore che consente di misurare l’energia e la frequenza degli ioni. Variando opportunamente i valori del campo elettrico e di quelli magnetici si possono distinguere fasci di 14C3+, 13C3+, 12C3+. 29 Poiché ovviamente non tutti gli atomi di 14C originariamente presenti nel campione possono essere conteggiati, vengono misurati anche gli ioni di 12C e 13C ai fini di stimare l’efficienza di rivelazione. 14 14 Per ogni campione sono quindi ricavati i rapporti C 12 , C 13 e confrontati C C con le misure effettuate su campioni di taratura (i cui rapporti erano noti in modo indipendente). Figura 15: Schema di un acceleratore per spettrometria di massa Il problema della radiazione di fondo ambientale è irrilevante nel metodo con AMS. Tuttavia anche questo metodo ha dei limiti intrinseci, che dipendono da una contaminazione della sorgente di ioni di Carbonio e del canale di trasporto ed è costituita da un residuo di ioni spuri con carica, massa ed energia tali da simulare ioni di 14C. Il maggior vantaggio del metodo AMS, rispetto al tradizionale conteggio del decadimento, è la più alta sensibilità della misura. Con l’AMS gli atomi di radiocarbonio sono contati direttamente senza dover attendere che decadano. Questo permette di avere campioni su cui operare tipicamente 1.000 volte più piccoli e tempi di misura ridotti di 100 volte rispetto a quelli richiesti dalla tecnica radiometrica tradizionale. Con il metodo AMS, per campioni di Carbonio di massa maggiore di 0,5 mg ed età inferiore a 2.000 anni è possibile effettuare, in meno di due ore, misure del rapporto tra 14C e 12C con errore statistico inferiore allo 0,3% ed un errore assoluto della datazione di ± 25 anni. 30 6.1 Conclusioni La datazione con il radiocarbonio, semplice come idea, ma estremamente complessa nella sua realizzazione pratica, rappresenta un bell’esempio di attività interdisciplinare, in quanto coinvolge conoscenze di fisica nucleare, fisica atomica, cosmologia, chimica, fisica terrestre, geologia, botanica, zoologia, astrofisica, archeologia, storia e arte. Oltre 130 laboratori in tutto il mondo sono attualmente attivi nella datazione con il radiocarbonio. La datazione con il radiocarbonio non è un prodotto degli strumenti di misura; ogni operazione è un caso a sé e richiede un forte coinvolgimento di ricercatori ed una stretta collaborazione fra esperti di diverse discipline. E’ possibile illustrare gli aspetti essenziali della procedura di datazione, i suoi coinvolgimenti ed i suoi limiti analizzando un caso particolare. Consideriamo un reperto di età radiometrica di 120 ± 20 anni BP e la curva di calibrazione per reperti con origine dal 1600 d.c. ad oggi, ottenuta col metodo della dendrocronologia (vedere figura 16). Figura 16: Esempio di conversione di una data ottenuta con il metodo del 14C in intervalli di età secondo il calendario ordinario Sull’ordinata è riportata l’età in numero di anni BP ricavata con la radiodatazione, sull’ascissa l’anno (in accordo con la dendrocronologia) secondo il calendario ordinario. La curva centrale è la curva di calibrazione. 31 Per convertire l’età radiometrica in quella del calendario ordinario si devono compiere i seguenti passi: • Tracciare le linee orizzontali passanti per i valori di 120-20, 120+20 anni; • Tracciare le linee verticali che passano per le intersezioni delle linee orizzontali con la curva di calibrazione; • Τracciare le linee verticali in corrispondenza delle intercette della curva di calibrazione con la retta orizzontale corrispondente a 120 anni, che individuano i possibili valori degli anni del calendario ordinario. A causa dell’andamento irregolare della curva di calibrazione ci sono più date possibili: 1696, 1726, 1818, 1859, 1861, 1921. Tenuto conto che ognuna di loro è caratterizzata da un’incertezza determinata dalle intersezioni della curva di calibrazione con le rette orizzontali passanti per 120 ± 20, le vere età possono essere collocate entro 3 intervalli di tempo distinti: 1686-1736, 1807-1886, 19111930. Non è possibile stabilire quale intervallo sia quello reale sulla base delle sole informazioni scientifiche: si deve ricorrere al confronto con altre informazioni, ad esempio storiche, che possono aiutare ad escludere determinati periodi. Si può affermare che la probabilità di una datazione precisa è nulla se la curva di calibrazione esce dalla striscia limitata dalle linee orizzontali. 6.2 Esempi Due esempi di applicazione della radiodatazione, di grande interesse per un pubblico più vasto di quello degli addetti ai lavori, casi che hanno anche avuto una notevole risonanza sulla stampa. 6.3 L’uomo di Similaun (Ötzi) Il Similaun è un massiccio situato al confine tra l’Austria e l’Italia. Nel settembre del 1991 fu rinvenuto, sul fondo coperto di ghiacci, il corpo mummificato di un uomo. Il corpo era in ottimo stato di conservazione e nei suoi pressi furono trovati indumenti (una mantellina d’erba intrecciata, un calzare, resti di pelliccia), attrezzi vari (una borsa, un’ascia, un coltello), armi (arco con frecce) e resti vegetali. Campioni dai tessuti corporei e dagli oggetti rinvenuti furono datati da vari laboratori con la tecnica AMS. In tre serie di misure indipendenti furono trovate le età convenzionali che risultano tra loro consistenti e fanno risalire il decesso a circa 5.300 anni fa. 32 Ossa Tessuti Tessuti + Foglie dal cappello e dalle calzature Età convenzionale 4.576 ± 27 BP 4.523 ± 27 BP 4.546 ± 17 BP Età calibrata 3350-3300 a.c. 56% 3210-3160 a.c. 36% 3140-3120 a.c. 8% 3350-3300 a.c. 56% 3210-3160 a.c. 36% 3140-3120 a.c. 8% 3352-3300 a.c. 31% 3235-3175 a.c. 36% 3166-3108 a.c. 33% Tabella 5: Età convenzionale e corrispondente età calibrata dell’uomo di Similaun La corrispondente età reale non è univoca a causa dell’andamento irregolare della curva di calibrazione. L’età può cadere con differenti probabilità in tre distinti intervalli temporali (vedere figura 17). Figura 17: Curva di calibrazione e datazione dei reperti di Similaun La radiodatazione di insediamenti umani del periodo Neolitico nella regione alpina a nord ed a sud del luogo di ritrovamento mostrano che l’uomo di Similaun era contemporaneo di alcune culture sviluppatesi in queste località. Se si tiene conto della distanza di questi insediamenti, è verosimile che l’uomo di Similaun provenisse da quelli più vicini al luogo di ritrovamento e, in effetti, a Lagundo ed a Laces, che distano 25 e 18 chilometri, sono stati ritrovate pietre con riproduzioni di oggetti simili a quelli ritrovati sul Similaun. 33 6.4 La Sindone di Torino La Sindone è un lenzuolo di lino su cui sono impresse l’immagine anteriore e posteriore del corpo di un uomo. La concordanza di alcune caratteristiche delle immagini con la narrazione evangelica fanno pensare che sia il sudario originale della morte di Gesù anche se, una bolla papale del 1390, ne affermava la non autenticità. La Sindone è stata radiodatata tra il 1988 ed il 1989. Per la datazione è stata prelevata una striscia di tessuto di circa 10 per 7 mm2 ai bordi del lenzuolo, priva di rattoppi e bruciature e divisa in tre parti di circa 50 mgr ciascuna. Sotto la supervisione del British Museum di Londra sono stati incaricati della datazione tre noti laboratori specializzati (Zurigo, Oxford e Tucson). Ad ogni laboratorio fu consegnato un campione della sindone ed altri tre campioni di lino di età nota (due medievali ed uno di epoca romana). Il campione sindonico era riconoscibile dagli altri campioni di controllo e tutte le datazioni sono state eseguite con la tecnica AMS. I valori dell’età convenzionale relativi ad uno stesso campione ottenuto dai tre laboratori, risultano statisticamente compatibili tra loro. Nella seguente tabella sono riportate le datazioni ottenute dai vari laboratori per i diversi campioni: • Campione 1: lino della sindone di Torino; • Campione 2: lino trovato in una tomba della Nubia del XII secolo d.c.; • Campione 3: tessuto di lino trovato nella tomba di Cleopatra del II secolo d.c.; • Campione 4: lino della veste di S. Luigi d’Angiò risalente al 1290-1310 d.c. Laboratorio Tucson Oxford Zurigo Campione n. 1 646 ± 31 750 ± 30 676 ± 24 Campione n. 2 927 ± 32 940 ± 30 941 ± 23 Campione n. 3 1995 ± 46 1980 ± 35 1940 ± 30 Campione n. 4 722 ± 43 755 ± 30 685 ± 34 Tabella 6: Età convenzionali da radiocarbonio Ad ogni età convenzionale relativa ad uno stesso campione, ottenuta dai tre laboratori, corrispondono intervalli di età calibrate per effetto dell’andamento irregolare della curva di calibrazione. Nonostante questa ambiguità, le età dei campioni di controllo risultano in buon accordo con quelle note in base a considerazioni storiche. Tutto ciò rende attendibili e rigorose le datazioni dei campioni prelevati dalla Sindone, che la fanno risalire al 1262-1384 d.c., consegnandola al ruolo di manufatto medievale. A questo periodo appartiene l’anno storicamente accettato della comparsa della Sindone, il 1357 d.c. 34 Figura 18: Curva di calibrazione per la Sindone Nella disputa sulla natura della Sindone è stato ipotizzato che la datazione non sia corretta, cioè che il reperto sia molto più antico. A conferma di questa tesi sono state fatte alcune supposizioni per spiegare la differenza tra l’età stimata (600 anni) e quella supposta (2.000 anni): • La radiodatazione della Sindone ha rilevato un’età apparente non congrua con quella reale, determinata dall’inquinamento da Carbonio moderno che potrebbe essere stato prodotto nella fase di estrazione del Carbonio originale dal reperto. La quantità di Carbonio inquinante, tale da giustificare una così notevole differenza di età, dovrebbe essere doppia rispetto a quella originale, un valore assolutamente irreale. • La presenza di inquinanti di epoche più recenti avrebbe fornito una datazione più giovane rispetto a quella ipotizzata, ad esempio, l’inquinamento provocato dall’atmosfera surriscaldata dell’incendio del 1532 d.c.. L’ipotesi è stata avanzata da alcuni ricercatori russi, ma sperimentalmente non si sono ottenute conferme a questa teoria. • La produzione di Carbonio recente da parte di contaminanti superficiali di natura biologica, ad esempio batteri, muffe e funghi, non interamente eliminati dai trattamenti di pulizia chimica, farebbe apparire la Sindone più giovane. Per poter fornire la differenza di età supposta, si stima che il fungo dovrebbe essere presente in quantità doppia rispetto al tessuto originale. • La datazione è stata eseguita su una piccolissima porzione della Sindone che potrebbe non avere le caratteristiche medie di tutto il lenzuolo. Non esiste però, a priori, una motivazione per giustificare la disomogeneità di questo campione dal tutto. Le perplessità citate sull’attendibilità della datazione non riguardano la misura specifica del radiocarbonio residuo, considerata affidabile, ma la condizione del campione. 35 Questo esempio mette in evidenza come anche un’operazione scientifico-tecnica possa essere influenzata da aspetti emotivi o ideologici. Una datazione può rafforzare o indebolire una ricostruzione di vicende storiche o un’ipotesi scientifica, può deludere o confermare aspettative. È evidente quindi che essa sia suggestionata, in diversa misura, dalle motivazioni o dalle inclinazioni ideologiche di chi la esegue. 7.1 Bibliografia 1) G. Bendiscioli, A. Panzarasa “La datazione con il radiocarbonio”; 2) J. R. Arnold “Decay counting in the age of AMS”, Nucl. Instr. And Meth. Phys. B29 (1987) 424-426; 3) G. Bonani et al. “Fractionation, precision and accuracy in 14C and 13C measurement”, Nucl. Instr. And Meth. Phys. B29 (1987) 87-90; 4) H. A. Polach “Perspectives in radiocarbon dating by radiometry”, Nucl. Instr. And Meth. Phys. B29 (1987) 415-423; 5) D. R. Balsley et al. “Ion source sample preparation techniques for Carbon14 AMS measurement”, Nucl. Instr. And Meth. Phys. B29 (1987) 37-40; 6) G. Ferrara “Determinazione radiometrica dell’età delle rocce”, Le Scienze n. 32 (1971); 7) R. Hedges, J.Gowlett “La radiodatazione archeologica con acceleratore”, Le Scienze n. 211 (1986); 8) P. Silvestroni “Fondamenti di chimica”; 9) W. R Leo “Techniques for nuclear particle physics experiments”; 10) P. Corvisiero “Dispense del corso di Radioattività”, Università di Genova; 11) S. Zavatarelli “Radioattività e datazione radiometrica: il metodo del Carbonio radioattivo”, Università di Genova. 36