Le cinque forme primigenie della teoria della cultura: il linguaggio Scritto da Silvia Benedetti La didattica come modello culturale coglie nell’universo simbolico della cultura umana quelle forme primigenie significanti a cui la persona può accedere per crescere intellettualmente non soltanto nel periodo della scolarizzazione, ma in un arco di tempo che abbraccia tutta la sua vita. Le forme simboliche di cui Cassirer ci parla rappresentano un contenitore di segni-simbolo che rispondono a necessità funzionali alla vita dell’uomo. Ecco, dunque, come spiega Rosati, la storia, che è la memoria del passato, la scienza che ci permette di conoscere la realtà fenomenica, la religione che soddisfa la necessità di rispondere al fine ultimo dell’uomo, l’arte che attraverso la produzione estetica rappresenta i vissuti interiori e le vicende della vita dell’uomo e la lingua che costituisce lo strumento attraverso il quale gli uomini si esprimono e comunicano tra loro. Al di là del loro valore funzionale, le forme culturali costituiscono dei veri e propri simboli significanti che danno “forma e senso” strutturando il modo di vedere il mondo, creando orizzonti di significati e organizzando l’esperienza. Come sostiene Cassirer “inserito tra il sistema ricettivo e in quello reattivo”, comune in tutte le specie animali, nell’uomo troviamo un terzo sistema che il filosofo chiama “sistema simbolico”. Se per gli etologi in questo senso l’uomo sarebbe animale culturale, Cassirer lo definisce “animal symbolicum”.[1] Gli animali producono e vivono attraverso i segnali, l’uomo produce i simboli. La differenza tra il linguaggio proposizionale e il linguaggio emotivo- simbolico costituisce per il filosofo ciò che separa e distingue il mondo animale da quello umano. Da qui l’importanza suprema del linguaggio rispetto alle altre forme e da qui l’esigenza per il filosofo di rivedere la definizione dell’uomo come animale razionale: se tale definizione mantiene il suo valore, essa appare troppo riduttiva. Il linguaggio, infatti, non esprime solo pensieri ed idee che scaturiscono da un procedimento razionale, ma accanto ad un linguaggio logico scientifico esiste un linguaggio che è espressione di sentimenti e di affetti. La ragione, in questo senso, è un termine poco adeguato se si vuole abbracciare in tutta la loro ricchezza le forme culturali che caratterizzano la vita umana. [2] Le forme primigenie della cultura costituiscono dei valori veri e propri che “si alimentano dell’apporto dei singoli e dei gruppi e che, come hanno avuto un origine, così hanno uno sviluppo”.[3] Ed è proprio l’idea di dinamicità a contraddistinguere ogni aspetto culturale: l’humanitas e il dinamismo sono le caratteristiche che connotano la cultura umana. 1/8 Le cinque forme primigenie della teoria della cultura: il linguaggio Scritto da Silvia Benedetti La lingua, come del resto tutti gli altri simboli culturali, ognuno con le proprie caratteristiche, possiede come costante i caratteri di dinamicità e di umanità. A ragione di questo basta fare un excursus nel tempo per renderci conto di come il linguaggio si sia evoluto passando dalle forme espressive dei graffiti, all’invenzione dell’alfabeto, alla formazione delle parole, delle frasi fino alla produzione di vere e proprie opere d’arte quali le orazioni, i romanzi, i poemi, i saggi, le poesie: la letteratura universale. Chomsky a proposito della dinamicità della lingua parla della “grammatica trasformazionale” volendo indicare con questa affermazione il mutamento a cui la lingua come forma e valore culturale è stata e continua ad essere esposta sia nella sua dimensione orale che in quella scritta, pur pensando ad una lingua universale. La lingua non rappresenta solo uno strumento di comunicazione per l’uomo, non è solo ciò che permette la relazione, o meglio l’interazione con il mondo, né si limita ad essere una descrizione della realtà di cui abbiamo esperienza[4], ma è ciò che custodisce il significato ed il senso delle cose. E’ qui che si coglie la stretta relazione tra il linguaggio ed il pensiero. “Parlare, infatti, non è emettere suoni, ma esprimere sensi e non si può credere che un pensiero, senza l’organizzazione simbolica apportata dalla lingua, possa pensare qualcosa.”[5] Il linguaggio non è riconducibile ad un movimento laringeo, ma è qualcosa che ci apre all’universo di senso e di significato. A tale proposito osserva Merleau-Ponty : “Un pensiero che si appagasse di esistere per sé, fuori dalle difficoltà della parola e della comunicazione, cadrebbe, non appena apparso, nell’incoscienza, come dire che per sé non può esistere. […] La denominazione degli oggetti non viene dopo il riconoscimento, ma è il riconoscimento stesso.[…]Per il fanciullo l’oggetto è conosciuto solo quando è nominato, il nome è l’essenza dell’oggetto e risiede in esso allo stesso titolo che il suo colore e la sua forma”.[6] 2/8 Le cinque forme primigenie della teoria della cultura: il linguaggio Scritto da Silvia Benedetti Non a caso la tradizione greca prima dell’idea di Dio come “Motore immobile”, “Pensiero del pensiero”, aveva pensato ad un Logos “invisibile che compensa il dia-logo o dialettica delle cose invisibili” [7] e la tradizione giudaico cristiana aveva posto come principio il Verbu m fattosi poi carne. [8] Ecco, dunque, che la lingua è “nobile serietà della phonè” [9] ovvero la voce di un corpo che si esprime ed esprimendosi rivela i sensi del mondo. Lo stesso Heidegger sottolinea come il linguaggio non sia un semplice strumento, ma dimora dell’essere perché l’essere si svela in particolare nel linguaggio poetico.[10] Infatti l’essere si rivela nel linguaggio, ma non nel linguaggio scientifico che è strumento di dominio, o nel linguaggio “inautentico della chiacchiera”, ma nel linguaggio autentico della poesia (Dichtung). Nella poesia non è l’uomo che parla, ma è il linguaggio stesso e in questo l’essere. “La poesia come Dichtung è quel dire progettante, poetico secondo cui l’ente accede all’aperto, tolto dal coprimento” [11] . In questo senso la parola acquista un valore sacrale. Da ciò si evince come la comunicazione, o meglio, il dialogo nel linguaggio non sia un semplice trasferimento di concetti e di nozioni, ma il “dire” diviene una trasmissione di senso e di significato di cui l’uomo è testimonianza e al contempo custode di valore. In questi termini, come evidenzia Gadamer, il linguaggio va oltre l’idea di strumento , di mezzo utilizzato dai dialoganti, ma “piuttosto il dialogo presuppone e accade nel linguaggio”[12] . Esso ha un proprio spirito, le parole dette nel dialogo “portano in sé la loro verità, fanno « apparire» qualcosa che d’ora in poi «sarà» ”. [13] 3/8 Le cinque forme primigenie della teoria della cultura: il linguaggio Scritto da Silvia Benedetti L’incontro tra l’io e l’altro da sé è sempre un incontro linguistico: “il mondo ci viene incontro attraverso il linguaggio”[14] e noi come suoi interlocutori siamo chiamati a rispondere e ad accogliere il senso ultimo che il “dire” ci rivela. [15] Il linguaggio è un “dire” più che un “detto” proprio perché il senso che attraverso esso si rivela si sottrae ad ogni forma di assoggettamento e di possesso assoluto da parte dell’io. Come sostiene Lévinas il linguaggio non è solo uno strumento per comunicare pensieri già formati, ma è un continuo rinvio semiologico da un segno ad un altro. La sua natura profonda consiste nell’essere l’espressione privilegiata del parlante trascendente ogni sua possibile tematizzazione e oggettivazione.[16] In questi termini l’insegnante diviene colui che attraverso il linguaggio e le diverse lingue educa l’allievo e lo rende cosciente dell’universo simbolico della cultura, universo di senso e di valori, dove la persona cresce, si forma fino a divenire l’uomo colto, che, non solo conosce le forme culturali, ma che con i linguaggi e le conoscenze specifiche le padroneggia, le interpreta, le fa proprie fino a sentire il desiderio inarrestabile e inesauribile della ricerca infinita di senso che l’universo culturale come sfida continuamente gli propone. BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO: E. Cassirer, Linguaggio e mito, Il Saggiatore, Milano, 1961. 4/8 Le cinque forme primigenie della teoria della cultura: il linguaggio Scritto da Silvia Benedetti E. Cassirer, Filosofia delle forme simboliche, 3 voll., La Nuova Italia , Firenze, 1961-70. E. Cassirer, Saggio sull’uomo. Introduzione ad una filosofia della cultura, Armando, Roma, 1982. G. Ferretti, La filosofia di Lévinas. Alterità e trascendenza, Rosenberg & Sellier, Torino, 1996. H. G. Gadamer, Verità e metodo, trad.it. G. Vattimo, Milano, 1983. U. Galimberti, Il corpo, Feltrinelli, Milano, 2006. M. Heidegger, Lettera sull’umanesimo, trad. it. a cura di F. Volpi, Milano, 1997. Lévinas, Totalità e Infinito. Saggio sull’esteriorità, trad.it A Dell’Asta, Jaca Book, Milano, 1977. M. Merlau-Ponty, Phènomènologie de la perception (1945);trad.it. Fenomenologia della percezione , Il Saggiatore, Milano,1972. L. Rosati, Lezioni di didattica, Anicia, Roma, 1999. G. Ripanti, Testo e significato, Quattroventi, Urbino, 1983. F. Valori, Il discorso parallelo. Verità, linguaggio e interpretazione fra Heidegger e Gadamer, Armando Editore, 2003. 5/8 Le cinque forme primigenie della teoria della cultura: il linguaggio Scritto da Silvia Benedetti L. Wittengstein Tractatus logico-philosophicus,e Quaderni 1914- 1916, a cura di A.G.Conte, Einaudi, Torino, 1983. . [1] E. Cassirer, Filosofia delle forme simboliche, 3 voll., La Nuova Italia , Firenze, 1961-70 e Cfr. E. Cassirer, Saggio sull’uomo. Introduzione ad una filosofia della cultura , Armando, Roma, 1982. [2] Cfr. E. Cassirer, Linguaggio e mito, Il Saggiatore, Milano, 1961. [3] L. Rosati, Lezioni di didattica, Anicia, Roma, 1999, p. 42. [4] Si fa riferimento alla corrente del neopositivismo e in particolar modo al primo Wittgenstein e al suo Tractatus logico-philosophicus, dove il filosofo risolve il linguaggio a “raffigurazione proiettiva della realtà”. Cfr. L. Wittengstein Tractatus logico-philosophicus,e Quaderni 1914- 1916, a cura di A.G.Conte, Einaudi, Torino, 1983. [5] U. Galimberti, Il corpo, Feltrinelli, Milano, 2006, p.176. [6] M. Merlau-Ponty, Phènomènologie de la perception (1945);trad.it. Fenomenologia della percezione , Il Saggiatore, 6/8 Le cinque forme primigenie della teoria della cultura: il linguaggio Scritto da Silvia Benedetti Milano,1972, p. 248. [7] U. Galimberti, Il corpo, op.cit., p.176. [8] Giovanni, Prologo al Vangelo, 1, 1-14: “In principio era il Verbo[…]. E il Verbo si è fatto carne”. [9] Platone, Fedro, in Tutti gli scritti, Rusconi, Milano, 1991, 269d. [10] Cfr. M. Heidegger, Lettera sull’umanesimo, trad. it. a cura di F. Volpi, Milano, 1997. [11] F. Valori, Il discorso parallelo. Verità, linguaggio e interpretazione fra Heidegger e Gadamer , Armando Editore, 2003. p. 101. [12] F. Valori, Il discorso parallelo. Verità, linguaggio e interpretazione fra Heidegger e Gadamer , op.cit. p. 195. [13] H. G. Gadamer, Verità e metodo, trad.it. G. Vattimo, Milano, 1983, p. 441. [14] Ripanti, Testo e significato, Urbino, 1983, p. 75. [15] Cfr. E. Lévinas, Totalità e Infinito. Saggio sull’esteriorità, trad.it A Dell’Asta, Jaca Book, Milano, 1977. [16] Cfr.G. Ferretti, La filosofia di Lévinas. Alterità e trascendenza, Rosenberg & Sellier, Torino, 1996. 7/8 Le cinque forme primigenie della teoria della cultura: il linguaggio Scritto da Silvia Benedetti 8/8