pacchetto gestione del paziente psichiatrico

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GESTIONE DEL PAZIENTE PSICHIATRICO
NELL’AMBITO
DELLA
CONTINUITA’
ASSISTENZIALE
CORSO DI AGGIORNAMENTO
PER I MEDICI DELLA CONTINUITA’ASSISTENZIALE
ANNO 2007
A CURA DELL’ANIMATORE DI FORMAZIONE
DOTT.SSA MARIA BRUNA VERROCCHI
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GESTIONE DEL PAZIENTE PSICHIATRICO NELL’AMBITO
DELLA CONTINUITA’ ASSISTENZIALE
ISTRUZIONI PER L’USO
Questo “pacchetto”vuole proporsi come una “mappa” per orientarsi nel mondo della sintomatologia
psichiatrica.
Il titolo parla di “paziente psichiatrico”:questo termine è abbastanza designante,propone una
“etichetta”. Lo possiamo usare per praticità ma con le dovute cautele. Innanzitutto perchè nella
realtà,salvo alcune situazioni ,non c’è nulla di più dinamico della sintomatologia psichiatrica e poi
perché tante situazioni sono il “viraggio”di sentimenti ed emozioni che appartengono all’uomo in
quanto “persona”. Psichiatria è patologia della psiche e la psiche è difficilmente collocabile in un
solo organo o apparato…
A differenza di altri settori della medicina quasi sempre manca una organicità che si colleghi al
sintomo. In questo mondo non ci sono esami di laboratorio o strumentali che possano far arrivare
alla diagnosi,tutto si gioca sull’osservazione di quanto accade,sul colloquio,e spesso sul silenzio:a
volte conta più quello che non viene detto che quello che viene esplicitato.
Il medico di Continuità Assistenziale,che all’atto della visita di solito ha con sé solo una borsa con
pochi strumenti dentro,stavolta è come se non avesse neanche quella:può solo osservare e ascoltare
con attenzione quanto gli si presenta davanti,e usare la parola (con le dovute cautele!). Solo dopo,
eventualmente,verranno i farmaci o altre strategie terapeutiche.
Detto così,il tutto sembra un po’ riduttivo,quasi un andare allo sbaraglio.
Ma se il fonendoscopio o lo sfigmomanometro in questo ambito servono poco,in realtà il medico
può corredarsi di una “valigetta” di strumenti per addentrarsi nel “territorio” della sintomatologia
psichiatrica.
Questo corso ha l’obiettivo di proporre questi strumenti in modo che il bagaglio da portarsi
dietro,oltre alla propria esperienza e alle nozioni già note,sia ricco e variegato senza essere troppo
“pesante”di etichette e/o idee preconfezionate!
LA “VALIGETTA”
-Informazioni telefoniche ottenute con una scheda filtro
-Conoscenza su come condurre un esame psichico
-Criteri per un inquadramento diagnostico (DSM)
-Criteri per una buona analisi della domanda
-Conoscenza di elementi di gestione della crisi
-Conoscenza sui farmaci
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SCHEDA FILTRO
In ambito “psi”,lo strumento del colloquio clinico è quindi fondamentale (quando possibile!) e
gioca un ruolo fondamentale da subito,già all’atto della richiesta telefonica. E’ importante avere in
testa una serie di domande che consentano di orientarsi in modo appropriato,sia ai fini della
correttezza diagnostica e sia ai fini della propria auto-tutela (ad es,sulla richiesta di collaborazione
da parte delle forze dell’ordine o altro). E’ per questo che viene proposta una cosiddetta “scheda
filtro” che potrebbe essere tenuta nelle sedi di guardia in vista accanto all’apparecchio telefonico,
anche ai fini di una maggiore uniformità di approccio e di intervento in situazioni psichiatriche.
1) ETA’ DEL PAZIENTE
2) MOTIVO DELLA CHIAMATA
(Sintomi più frequentemente prospettati:agitazione,ansia,comportamento
bizzarro,confusione,scarsa reattività a stimoli,stato depressivo)
aggressivo
o
N: pertinenza psichiatrica sì o no? Individuare ciò che non è di pertinenza psichiatrica!
3) FA USO DI ALCOOL O STUPEFACENTI?
Considerare un abuso di sostanze!
4) NON RICONOSCE I FAMILIARI O NON
RICONOSCE IL LUOGO DOVE SI TROVA?
Considerare una demenza!
(Se l’età è > 60 anni)
N: individuata la pertinenza psichiatrica,differenziare in parte le domande se chiama
direttamente il paziente o se chi chiama è persona diversa dal paziente!
A) SE CHIAMA DIRETTAMENTE IL PAZIENTE
Si sente agitato o arrabbiato?
Si sente senza speranza?
Si sente strano?
Le capita qualcosa che è difficile da spiegare?
Si sente minacciato da qualcosa o da qualcuno?
Sente voci che la “comandano”?
Assume psicofarmaci?
E’ seguito da un Servizio di Salute Mentale? (Se si,quale?)
E’ stato mai ricoverato per problemi simili?
B) SE CHI CHIAMA E’ PERSONA DIVERSA DAL PAZIENTE
Mostra un comportamento insolito o un comportamento bizzarro?
Parla in modo incomprensibile?
Si sente minacciato da qualcosa o da qualcuno?
Ha detto o le sembra che voglia farla finita?
Sembra agitato?
Mostra un comportamento aggressivo?
E’ la prima volta che mostra un comportamento simile?
Assume psicofarmaci?
E’ seguito da un Servizio di Salute Mentale? (Se sì,quale?)
E’ stato mai ricoverato per problemi simili?
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COME CONDURRE UN ESAME PSICHICO: CENNI DI SEMEIOTICA PSICHIATRICA
Cosa andare a valutare una volta che si è alla presenza del paziente?
1) Atteggiamento verso l’esaminatore
La valutazione riguarderà il grado di collaboratività
comportamento oppositorio
(sufficiente,scarsa) o un evidente
2) Aspetto
Si noterà il grado di cura che il paziente ha di sé o alcuni aspetti più patologici (ad es,una facies
ipomimica)
3)Comportamento motorio
Potrà essere rallentato fino all’inibizione,normale,irrequieto o francamente agitato
4)Coscienza e orientamento
Si valuterà lo stato di vigilanza e l’orientamento temporo-spaziale
5)Memoria
Potrà essere nella norma o rivelare delle lacune mnesiche fino a veri e propri deficit
6)Percezione
Servirà a valutare turbe della senso-percezione sia in senso quantitativo (riduzione,aumento) che
qualitativo (allucinazioni)
7)Aspetti formali del pensiero
Si noterà se il flusso ideativo è rallentato o frammentato,se è accelerato,se presenta dei
deragliamenti o addirittura delle fasi di incoerenza
8)Contenuto del pensiero
Si andrà a indagare la sua povertà o ricchezza, il tipo di tematiche su cui si incentra (ad es di
preoccupazione,di inadeguatezza), l’eventuale presenza di idee deliranti o di bizzarrie
9)Capacità di giudizio
Si potrà notare se è conservata,ridotta o del tutto assente
10)Umore e affettività
Si valuterà un eventuale sovra o sottoslivellamento del tono dell’umore o un umore disforico,una
affettività presente e adeguata o coartata o incongrua
11)Capacità volitiva
Potrà risultare nella norma,alterata,ridotta ecc
12)Istinti
Si andrà a considerare una eventuale riduzione degli istinti vitali o la presenza di una
impulsività,l’esistenza di disturbi del sonno o dell’appetito o sintomi della sfera sessuale
13)Coscienza di malattia
Potrà essere presente,parziale o assente
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CRITERI PER UN INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO
COME INQUADRARE I SINTOMI?
In senso generale si può parlare delle differenti malattie mentali seguendo due percorsi:
uno che tende a mostrarne le genesi e l’evoluzione,una storia longitudinale;
il secondo invece idoneo allo scopo di fornirne le caratteristiche in un dato momento e in genere
nella espressione conclamata.
Una visione da un lato dinamica e diacronica (attraverso la storia) e dall’altro statica e sincronica.
In base a questi due criteri si distinguono:
-da una parte la psicopatologia,attenta alla nascita e al divenire di un disturbo con la consapevolezza
del suo mutare nel tempo e del divenire una storia singolare:esiste il malato e non la malattia!
-dall’altra la manualistica con l’elenco dei sintomi che devono essere presenti per poter definire
la patologia:esiste la malattia e non il malato,si potrebbe dire per contrapposizione. La visione non è
il divenire della malattia,ma la sua attualità (“il qui ed ora”) e i segni indispensabili per riconoscerla
e definirla.
Sono due modalità nell’affrontare i problemi della patologia psichiatrica,anche se entrambe servono
a seguire bene il paziente. Anzi,si potrebbe dire che rappresentano le coordinate di un corretto e
completo inquadramento diagnostico,come l’ascissa e l’ordinata in un sistema di assi cartesiani.
Per il medico di Continuità Assistenziale sarà importante quindi sia cercare di ricostruire la storia
del sintomo/problema prospettato dal paziente,sia essere a conoscenza di un sistema (“mappa”) di
inquadramento dei sintomi quale il DSM .
COS’E’ IL DSM
“Mappa” per eccellenza,e mappa condivisa universalmente è il DSM,manuale diagnostico e
statistico dei disturbi mentali.
Esso nasce in America e approda in Italia nel 1983.
Quello attualmente in uso,ormai già dal 2001, è il DSM-IV-TR (Text revision).
Nel tempo questo “manuale”,ormai considerato strumento indispensabile nel mondo della
psichiatria e non solo,è cresciuto considerevolmente:basti pensare che il DSM III del 1983 era di
464 pagine,mentre l’attuale DSM IV TR supera le 1000!
Il DSM si fonda su un metodo multiassiale.
Un sistema multiassiale comporta la valutazione su diversi assi,ognuno dei quali si riferisce ad un
diverso campo di informazioni che può aiutare il clinico nel pianificare il trattamento e prevedere
l’esito.
La classificazione multiassiale del DSM IV comprende 5 assi:
Asse I Disturbi Clinici
Altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica
Asse II Disturbi di personalità
Ritardo Mentale
Asse III Condizioni Mediche Generali
Asse IV Problemi Psicosociali ed Ambientali
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Asse V Valutazione Globale del Funzionamento
Un sistema multiassiale fornisce un conveniente schema per organizzare e comunicare
l’informazione clinica,per cogliere la complessità delle situazioni cliniche,e per descrivere
l’etereogeneità degli individui che si presentano con la stessa diagnosi. Inoltre,il sistema
multiassiale favorisce l’applicazione del modello biopsicosociale negli ambienti clinici,didattici e di
ricerca. Riguardo alle diagnosi psichiatriche,la maggior parte di esse si fanno sull’asse I.
Forse può essere utile,per chi non ha familiarità con questo testo,sapere come è organizzato e quindi
come può essere consultato.
CLASSIFICAZIONE DSM-IV TR
DISTURBI
SOLITAMENTE
DIAGNOSTICATI
PER
LA
NELL’INFANZIA,NELLA FANCIULLEZZA O NELL’ADOLESCENZA
PRIMA
VOLTA
-Ritardo mentale
-Disturbi dell’apprendimento
-Disturbo delle capacità motorie
-Disturbi della comunicazione
-Disturbi pervasivi dello sviluppo
-Disturbi da deficit di attenzione e da comportamento dirompente
-Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione dell’infanzia o della prima fanciullezza
-Disturbi da tic
-Disturbi della evacuazione
-Altri disturbi dell’infanzia,della fanciullezza o dell’adolescenza
DELIRIUM,DEMENZA DISTURBI AMNESICI E ALTRI DISTURBI COGNITIVI
-Delirium
-Demenza
-Disturbi amnestici
-Altri disturbi cognitivi
DISTURBI MENTALI DOVUTI AD UNA CONDIZIONE MEDICA GENERALE NON
CLASSIFICATI ALTROVE
-Disturbo catatonico dovuto a…
-Modificazione della personalità dovuta a…
-Disturbo mentale NAS (non altrimenti specificato) dovuto a….
DISTURBI CORRELATI A SOSTANZE
-Disturbi correlati all’alcool
-Disturbi correlati alle anfetamine (o a sostanze con struttura simile)
-Disturbi correlati alla caffeina
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-Disturbi correlati alla cannabis
-Disturbi correlati alla cocaina
-Disturbi correlati agli allucinogeni
-Disturbi correlati agli inalanti
-Disturbi correlati alla nicotina
-Disturbi correlati agli oppiacei
-Disturbi correlati alla fenciclidina (o sostanze simili)
-Disturbi correlati ai sedativi,ipnotici o ansiolitici
-Disturbo correlato a più sostanze
-Disturbi correlati a sostanze diverse (o sconosciute)
SCHIZOFRENIA E ALTRI DISTURBI PSICOTICI
-Schizofrenia
-Disturbo schizofreniforme
-Disturbo schizoaffettivo
-Disturbo delirante
-Disturbo psicotico breve
-Disturbo psicotico dovuto a una condizione medica generale
-Disturbo psicotico indotto da sostanze
-Disturbo psicotico NAS
DISTURBI DELL’UMORE
-Disturbi depressivi: 1)Disturbo depressivo maggiore (a episodio singolo o ricorrente)
2)Disturbo distimico
3)Disturbo depressivo NAS
-Disturbi bipolari: 1)Disturbo bipolare I
2)Disturbo bipolare II
3)Disturbo ciclotimico
4)Disturbo bipolare NAS
-Altri disturbi dell’umore (dovuto ad una condizione medica generale,indotto da sostanze,NAS)
DISTURBI D’ANSIA
-Disturbo di panico senza agorafobia
-Disturbo di panico con agorafobia
-Agorafobia senza anamnesi di disturbo di panico
-Fobia specifica
-Fobia sociale
-Disturbo ossessivo-compulsivo
-Disturbo post-traumatico da stress
-Disturbo acuto da stress
-Disturbo d’ansia generalizzato
-Disturbo d’ansia dovuto ad una condizione medica generale
-Disturbo d’ansia indotto da sostanze
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-Disturbo d’ansia NAS
DISTURBI SOMATOFORMI
-Disturbo di Somatizzazione
-Disturbo Somatoforme Indifferenziato
-Disturbo di conversione
-Disturbo algico
-Ipocondria
-Disturbo di dimorfismo corporeo
-Disturbo Somatoforme NAS
DISTURBI FITTIZI
DISTURBI DISSOCIATIVI
-Amnesia dissociativa
-Fuga dissociativa
-Disturbo dissociativo dell’identità
-Disturbo di depersonalizzazione
-Disturbo dissociativo NAS
DISTURBI SESSUALI E DELLA IDENTITA’ DI GENERE
-Disfunzioni sessuali 1) Disturbi del desiderio sessuale
2 )Disturbi dell’eccitazione sessuale
3) Disturbi dell’orgasmo
4)Disturbi da dolore sessuale
5)Disfunzione sessuale dovuta ad una condizione medica generale
-Parafilie: Esibizionismo
Feticismo
Frotteurismo
Pedofilia
Masochismo sessuale
Sadismo sessuale
Feticismo di Travestimento
Voyeurismo
Parafilia NAS
-Disturbi dell’identità di genere
DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE
-Anoressia nervosa
-Bulimia nervosa
-Disturbi dell’Alimentazione NAS
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DISTURBI DEL SONNO
1)Disturbi primari del sonno: a)Dissonnie: Insonnia primaria
Ipersonnia primaria
Narcolessia
Disturbo del sonno correlato alla respirazione
Disturbo del ritmo circadiano del sonno
Dissonnia NAS
b)Parasonnie:Disturbo da incubi
Disturbo da terrore nel sonno
Disturbo da sonnambulismo
Parasonnia NAS
2)Disturbi del sonno correlati ad un altro disturbo mentale:Insonnia correlata a…
Ipersonnia correlata a….
3)Altri disturbi del sonno:Disturbo del sonno dovuto ad una condizione medica generale
Disturbo del sonno indotto da sostanze
DISTURBI DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI NON CLASSIFICATI ALTROVE
-Disturbo esplosivo intermittente
-Cleptomania
-Piromania
-Gioco d’azzardo patologico
-Tricotillomania
-Disturbo del controllo degli impulsi NAS
DISTURBI DELL’ADATTAMENTO
DISTURBI DI PERSONALITA’ (da codificare sull’Asse II)
-Disturbo Paranoide di personalità
-Disturbo Schizoide di personalità
-Disturbo Schizotipico di personalità
-Disturbo Antisociale di personalità
-Disturbo Borderline di personalità
-Disturbo Istrionico di personalità
-Disturbo Narcisistico di personalità
-Disturbo Evitante di personalità
-Disturbo Dipendente di personalità
-Disturbo Ossessivo-Compulsivo di personalità
-Disturbo di personalità NAS
ALTRE CONDIZIONI CHE POSSONO ESSERE OGGETTO DI ATTENZIONE CLINICA
-Fattori psicologici che influenzano una condizione medica
-Disturbi del movimento indotti da farmaci
-Altro disturbo indotto da farmaci
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-Problemi relazionali
-Problemi correlati a maltrattamento o abbandono
-Ulteriori condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica
PRINCIPALI QUADRI PSICOPATOLOGICI
Non è certo possibile andare ad esaminare tutte le situazioni prospettate dal DSM!
E’ importante però individuare le principali macro-aree del territorio psichiatrico e conoscere più da
vicino le singole patologie in cui più frequentemente il medico di Continuità Assistenziale è
chiamato alla consultazione e/o all’intervento diretto.
I criteri diagnostici di riferimento saranno sempre quelli del DSM.
Le macro-aree principali del mondo psichiatrico possono essere tre:
1)L’area dei disturbi d’ansia
2)L’area dei disturbi dell’umore
3)L’area dei disturbi del pensiero.
Spesso chiaramente questi disturbi si embricano tra loro e può essere difficile una diagnosi.
L’importante però è almeno sapersi orientare e saper riconoscere qual è il sintomo principale in quel
momento,a cui tentare di dare una risposta. Ciascuna di queste aree presenta,infatti,dei punti di
criticità e compito fondamentale del medico di Continuità Assistenziale (qui,come in altri settori
della medicina!) è capire se quella persona può essere rimandata al curante o allo specialista o se ha
bisogno di un intervento immediato,oltre che di un contenimento.
1) DISTURBI D’ANSIA
L’ansia è uno stato emotivo comune. Il DSM IV definisce l’ansia come “un’anticipazione
apprensiva di pericolo o disgrazia futuri,accompagnata da un sentimento di disforia o da sintomi
somatici di tensione”. L’ansia ha manifestazioni sia fisiologiche sia psicologiche. Il suo nucleo
centrale potrebbe essere la percezione di pericoli interni o esterni.
Un disturbo d’ansia si verifica quando i sintomi sono così intensi da causare disagio personale o da
interferire con il funzionamento quotidiano della persona.
1)Disturbo di panico
Un attacco di panico è un evento psicofisiologico distinto che comporta estrema paura o disagio.
L’esordio è improvviso e i sintomi crescono rapidamente,generalmente nell’arco di 10 minuti. Una
persona in preda ad un attacco di panico può temere che stia per accadere qualcosa di terribile,di
non riuscire a recuperare l’autocontrollo o persino che la morte sia imminente.
I pazienti possono sperimentare derealizzazione (ovvero la sensazione che il mondo non sia reale) e
depersonalizzazione (ovvero la sensazione di essere distaccati da se stessi). I sintomi somatici che si
manifestano durante un attacco di panico sono palpitazioni,diaforesi,tremori,difficoltà respiratoria,
nausea,dolori addominali,vertigini e parestesie.
La presenza di attacchi di panico ricorrenti e improvvisi è l’elemento essenziale per una diagnosi di
disturbo di panico. I criteri diagnostici per il disturbo di panico richiedono inoltre che il paziente,per
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un periodo di almeno 1 mese,abbia manifestato preoccupazione sul fatto di avere un altro attacco (la
cosiddetta ansia anticipatoria),sul significato o sulle conseguenze degli attacchi,oppure abbia
mostrato un cambiamento nel comportamento correlato agli attacchi.
La morbilità psicosociale associata al disturbo di panico può essere notevole. Quando si verifica una
grave limitazione delle attività che si svolgono all’aperto,si dovrebbe formulare una diagnosi di
disturbo di panico con agorafobia.
Fino a due terzi dei pazienti con disturbo di panico riferiscono sintomi sia durante le ore di veglia
sia durante la fase di sonno non-REM. Gli attacchi di panico notturni o durante il sonno sono
associati a intensa attivazione fisiologica,risveglio repentino e senso di terrore. Il paziente può
ricordare i dettagli dell’attacco e non essere più in grado di riprendere il sonno. (Gli attacchi di
panico notturni non devono essere confusi con il pavor nocturnus,che è in genere preceduto da un
urlo e seguito da una pressoché totale amnesia la mattina successiva all’evento).
E’ facile intuire come pazienti affetti da disturbo di panico,sentendosi minacciati da una malattia
grave che ritengono non sia stata diagnosticata e non riuscendo ad accettare le rassicurazioni di chi
li assiste,possano ripetutamente presentarsi negli ambulatori delle sedi di Continuità Assistenziale e
nei Pronto Soccorso. Questi soggetti vengono spesso definiti ipocondriaci,somatizzatori o
simulatori;tuttavia,quando ha a che fare con pazienti di questo tipo,il medico deve escludere
condizioni mediche che possano manifestarsi con sintomi analoghi al panico.
2)Fobie
Il DSM-IV definisce la fobia come “una paura irrazionale e persistente di un oggetto,attività o
situazione specifici (lo stimolo fobico),che provoca un impellente desiderio di evitare tali stimoli”.
Per la persona affetta da agorafobia,le situazioni da cui sarebbe difficile o imbarazzante scappare
forniscono lo stimolo fobico. Quando l’agorafobia si manifesta insieme al disturbo di panico,l’ansia
si incentra sulla possibilità di avere un attacco di panico quando ci si trova da soli e impotenti,
oppure intrappolati in mezzo alla folla. Viceversa,quando l’agorafobia si manifesta senza una storia
di disturbo di panico,l’ansia si incentra sulla possibilità di qualche evento che metta in difficoltà o
in imbarazzo,anche se non un vero e proprio attacco di panico.
Se l’ansia è incentrata su un oggetto o una situazione specifica -ad es,su un particolare tipo di
animale o sulla vista del sangue- viene posta diagnosi di fobia specifica.
Sebbene una certa misura di ansia sia normale prima di un impegno sociale o prima di parlare in
pubblico,il paziente affetto da fobia sociale in tali situazioni può sentirsi oggetto di intensa
attenzione,in crisi profonda per timore di un’umiliazione o di un imbarazzo.
Ciascuno dei disturbi fobici può gravemente compromettere il funzionamento quotidiano di una
persona. L’individuo affetto da agorafobia,timoroso di uscire dalla propria casa,può non essere in
grado di presentarsi regolarmente al lavoro o di fare la spesa. Le persone con una fobia specifica –
ad es,di salire in ascensore- possono evitare attività comuni. La persona affetta da fobia sociale può
essere a disagio anche di fronte a compiti apparentemente semplici,come chiedere informazioni
quando si è persa la strada. Può essere presente un disagio fisico associato,come il fatto di arrossire,
la sensazione di un “nodo”allo stomaco e l’urgenza di urinare.
La fobia sociale può essere confusa con l’agorafobia;tuttavia,la persona con fobia sociale teme
soprattutto l’umiliazione nell’incontro con gli altri,mentre la persona agorafobia ha essenzialmente
paura del mondo esterno,ma si sente rassicurata se può rivolgersi a qualcuno per un aiuto.
Talvolta può essere difficile distinguere i diversi disturbi della personalità,soprattutto il disturbo
evitante della personalità,dalla fobia sociale. Un soggetto con disturbo schizoide della personalità
professa disinteresse nella socializzazione,mentre l’individuo affetto da fobia sociale mantiene
interesse per i rapporti umani.
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3)Disturbo ossessivo-compulsivo
Il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) è caratterizzato da ossessioni,immagini o pensieri fonte di
disagio,spontanei e ricorrenti (un’ossessione potrebbe,ad es,riguardare una preoccupazione di venire
contaminati o di compiere qualche gesto violento). Per controllare l’ansia derivante,le ossessioni
sono spesso seguite da compulsioni,che sono comportamenti (ad es,lavarsi le mani) e atti mentali
(ad es,contare) ripetitivi mirati a contrastare l’idea che causa disagio. Il sollievo,tuttavia,è
temporaneo e anche le compulsioni diventano fonte di disagio,via via che evolvono in un
comportamento ripetitivo acquisito.
Sebbene ossessioni e compulsioni vadano e vengano,assorbono sempre più tempo ed energia e la
persona con DOC in genere sviluppa un repertorio di comportamenti fobici evitanti. I conseguenti
cambiamenti nello stile di vita possono talvolta determinare una notevole compromissione di
carattere sociale o lavorativo.
Nel DOC l’individuo generalmente riconosce le ossessioni e le compulsioni come irragionevoli ed
eccessive,diversamente dall’idea delirante.
Il disturbo della personalità ossessivo-compulsiva è diverso e distinto dal DOC. E’ caratterizzato da
rigidità e perfezionismo che interferiscono con l’esecuzione di compiti,ma è una fonte minore di
disagio rispetto al DOC.
4)Disturbo d’ansia generalizzato
La caratteristica essenziale del disturbo d’ansia generalizzato (DAG) è una tendenza incontrollabile
a preoccuparsi senza motivo per una gamma di questioni,comprese quelle scolastiche e
professionali. La causa dell’ansia può essere apparentemente futile,come dover fare i bagagli per
una vacanza. Può sembrare difficile,a volte,distinguere le normali preoccupazioni da quelle del
disturbo d’ansia generalizzato;tuttavia,nel DAG l’ansia è pervasiva e incontrollabile. Il paziente può
sperimentare insonnia,agitazione,nervosismo,irritabilità e tensione E’ difficile da determinare l’età
media di esordio perché,interrogati,i soggetti affetti da DAG rispondono:”Sono sempre stato così”.
2) DISTURBI DELL’UMORE
I disturbi dell’umore o affettivi comprendono due diverse polarità:quella depressiva e quella
maniacale. Nell’una,c’è una diminuzione del tono dell’umore,nell’altra c’è un aumento del tono
dell’umore. Quando le due tonalità si alternano,si parla di disturbo bipolare. Il semplice aumento o
diminuzione del tono dell’umore non basta per connotare un disturbo:in base al DSM,questo si
configura come tale quando sono soddisfatti una serie di criteri.
1)Episodio depressivo
I sintomi clinici che caratterizzano un episodio depressivo sono i seguenti:
-tono dell’umore depresso per la maggior parte della giornata e per almeno 2 settimane;spesso è
presente una facile tendenza al pianto;
-perdita degli interessi e della capacità di provare piacere (apatia) verso le persone care o le
comuni attività svolte di routine;perdita del desiderio sessuale,difficoltà nel raggiungere l’orgasmo;
-perdita di energia,facile affaticabilità e senso di stanchezza (astenia),con incapacità parziale o
completa di svolgere le abituali mansioni;rappresenta un sintomo precoce e quasi costante;
-riduzione o perdita della concentrazione,della memoria e dell’attenzione;la compromissione delle
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funzioni cognitive è presente soprattutto negli anziani;
-perdita dell’autostima e della fiducia nelle proprie capacità;
-idee di colpa e di inutilità,che possono,nei casi più gravi,configurarsi come sintomi psicotici
(delirio di colpa o di rovina);
-visione pessimistica del proprio futuro,con perdita della stessa speranza di guarigione;
-idee di morte e/o comportamenti autolesivi,con tentativi di suicidio,che talora risultano fatali;
-disturbi del sonno,prevalentemente insonnia,più raramente ipersonnia;
-riduzione dell’appetito,nei casi più gravi fino all’anoressia con notevole dimagrimento;al posto
dell’inappetenza può essere tuttavia presente una condizione di bulimia,talora anche con
significativo incremento ponderale.
Un episodio depressivo può manifestarsi con diversi livelli di gravità e può avere una durata
variabile,da alcuni giorni (minimo 2 settimane) fino a diversi mesi. E’ frequente una condizione di
comorbidità ansiosa.
L’episodio depressivo può costituire sia un evento occasionale e unico nella vita,oppure essere
l’espressione iniziale di una malattia psichiatrica ben definita (ad es depressione ricorrente o
sindrome affettiva bipolare).
Non va dimenticato che uno stato depressivo può rappresentare una condizione secondaria o
associata ad una malattia organica oppure uno stato patologico indotto da una specifica terapia
farmacologia.
Può essere utile pertanto ricordare quali sono le malattie organiche e i farmaci che possono più
frequentemente indurre uno stato depressivo:
Malattie neurologiche: Morbo di Parkinson
M. di Alzheimer
Sclerosi Multipla
Epilessia temporale
Malattie endocrine: M. di Cushing
M.di Addison
Ipotiroidismo
Diabete
Farmaci: Antiipertensivi
Beta-bloccanti
Antiinfiammatori
Antiulcera
Contraccettivi orali
Cortisonici
Antipsicotici
Antineoplastici
Antiparkinsoniani
Altre malattie: Anemia
Lupus eritematoso sistemico
Infezioni sistemiche
Ictus cerebrale
Traumi cranici
2)Distimia
La distimia è caratterizzata dal punto di vista clinico da uno stato depressivo di modica gravità ma
che persiste,se pure con lievi oscillazioni dell’umore,per diversi anni. Per definire una persona
affetta da distimia è infatti necessario (secondo i criteri diagnostici correnti) che la condizione
depressiva abbia una durata di almeno 2 anni. La distimia,che è spesso accompagnata da altri
disturbi d’ansia (ad es somatizzazioni,fobie) si manifesta in pazienti che presentano una personalità
di base tendente al pessimismo e può avere in molti casi un decorso cronico. Di solito,tuttavia,in
questi pazienti la funzionalità sociale o lavorativa non è mai gravemente compromessa. Va tenuto
presente,tuttavia,che in un paziente affetto da distimia può insorgere un episodio depressivo anche
di notevole gravità clinica (depressione doppia).
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3)Episodio maniacale
L’episodio maniacale si manifesta con le caratteristiche psicopatologiche per così dire opposte a
quelle presenti nell’episodio depressivo. Il paziente presenta infatti un umore eccessivamente
euforico rispetto alla sua reale situazione esistenziale,un comportamento disinibito,è spesso
logorroico ed esprime idee di grandiosità (megalomania) che talora si strutturano in un vero e
proprio delirio di onnipotenza;possono inoltre essere presenti aggressività spesso verbale,aumento
dell’appetito e della libido ed insonnia. L’episodio maniacale può presentarsi anche in forma lieve
o moderata tanto da passare talora inosservato (episodi ipomaniacali). La presenza di un episodio
maniacale o ipomaniacale,in un paziente che ha manifestato in precedenza uno o più episodi
depressivi,è sempre indicativa di una sindrome affettiva bipolare. (I casi di mania ricorrente,cioè di
episodi di eccitamento che si ripetono nel tempo in assenza di episodi depressivi sono invece
abbastanza rari).
4)Sindrome Affettiva Bipolare
Questa sindrome (in passato definita psicosi maniaco-depressiva) è caratterizzata dalla alternanza di
episodi depressivi con uno o più episodi maniacali o ipomaniacali. La frequenza e l’alternanza degli
episodi depressivi e maniacali variano da caso a caso;il decorso è pertanto difficilmente
prevedibile,anche se in molti pazienti “bipolari” la malattia presenta un’evoluzione verso la
cronicità. Talora,la ciclicità degli episodi è molto frequente tanto che il paziente può passare da una
fase depressiva ad una maniacale senza interruzione o solo nel giro di pochi giorni (sindrome
bipolare “a cicli rapidi”).
3) DISTURBI PSICOTICI
“Psicosi” è un termine generale,che indica una grossolana compromissione nella verifica della
realtà. Segni e sintomi comprendono alterazioni percettive (ovvero allucinazioni),deliri,processi di
pensiero disordinato e comportamento bizzarro.
Allucinazioni
Sono percezioni sensoriali che avvengono in assenza di stimoli esterni. Differiscono dalle
ossessioni,che sono percezioni errate di stimoli sensoriali reali. Le allucinazioni possono essere
uditive,visive,tattili,gustative od olfattive. Le allucinazioni uditive sono le più frequentemente
sperimentate nella schizofrenia:il paziente descrive ronzii,squilli,musica o,in generale,voci. Le
allucinazioni visive o di altro tipo,in assenza di allucinazioni uditive,spesso suggeriscono il
coinvolgimento di una condizione medica o di un uso di sostanze nell’eziologia della psicosi.
Deliri
Un delirio è un falso convincimento,basato su inferenze errate riguardo la realtà esterna,fermamente
mantenuto dal paziente,nonostante una chiara evidenza del contrario. I convincimenti deliranti non
sono attribuibili alla provenienza sociale,culturale o religiosa del soggetto. I pazienti possono
credere di essere spiati o danneggiati in qualche modo (deliri di persecuzione),di possedere poteri o
qualità speciali (deliri grandiosi) oppure che qualche processo maligno stia avvenendo nel loro
corpo (deliri somatici). I deliri di riferimento riguardano il convincimento che notizie presentate in
televisione,alla radio o per strada si riferiscano al paziente o contengano messaggi speciali per lui.
Altre volte il paziente ha il convincimento di essere controllato da una forza esterna,oppure che i
suoi pensieri vengono inseriti o sottratti da altri nella sua mente.
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Processi di pensiero disordinati
I disturbi del pensiero diventano evidenti per il medico quando ascolta il paziente parlare o
rispondere a domande.
Nella circostanzialità ,le domande ricevono una risposta alla fine,ma questa è eccessivamente
verbosa e include dettagli irrilevanti .Nella tangenzialità la domanda non ottiene mai una risposta
perché il paziente si allontana continuamente dal punto in questione. Tuttavia,sia nella
circostanzialità sia nella tangenzialità le frasi sono costruite in modo coerente.
Nell’allentamento delle associazioni le idee del soggetto passano da un argomento ad un altro in
modo scoordinato e il suo discorso diventa sempre più incomprensibile. Nella sua forma più
grave,l’allentamento delle associazioni può progredire fino all’incoerenza (dissociazione):il
linguaggio perde progressivamente di logicità e diventa del tutto bizzarro e sconclusionato.
Il pensiero dissociato può presentarsi anche con: fusioni (concetti di solito insensati che risultano
spesso dalla condensazione di due o più idee eterogenee); iperconclusioni (inserimento nel pensiero
logico di un concetto non appropriato); deragliamenti (deviazione del corso del pensiero da un tema
all’altro senza rapporti apparenti). Il blocco si osserva quando il paziente smette improvvisamente
di parlare e non è in grado di ricordare ciò che stava discutendo prima della pausa.
Comportamento disorganizzato
I pazienti psicotici manifestano vari comportamenti bizzarri. Possono agire in modo sciocco,agitato
oppure manifestare chiusura in sé stessi e apparire vestiti in modo disordinato o strano. Possono
adottare comportamenti inappropriati di tipo sessuale o invadente (ad es,parlare vicinissimo alla
faccia dell’intervistatore). Possono manifestare catatonia,che comporta una serie complessa di
anomalie motorie,tra cui immobilità,assunzione volontaria di posizioni bizzarre,negativismo o
mutismo.
Sintomi positivi e negativi
I sintomi positivi,come deliri e allucinazioni,riflettono un eccesso oppure una distorsione delle
normali funzioni mentali.
Al contrario,i sintomi negativi riflettono una diminuzione o perdita delle normali funzioni mentali.
I sintomi negativi comprendono assenza di spontaneità,affettività appiattita,assenza di motivazione,
mancanza di contatti sociali e incapacità di essere costanti a scuola oppure al lavoro. I sintomi
negativi possono essere difficili da distinguere dalla depressione e da alcuni effetti collaterali
extrapiramidali dei farmaci antipsicotici.
La psicosi può essere associata ad una condizione medica o all’uso si sostanze:più frequentemente
però è ravvisabile in precise condizioni psichiatriche.
Le condizioni psichiatriche che comportano sintomi psicotici comprendono la schizofrenia,il
disturbo schizofreniforme,il disturbo schizoaffettivo,il disturbo delirante e il disturbo psicotico
breve. Inoltre,i disturbi dell’umore (disturbo bipolare e depressione maggiore) non di rado si
presentano con sintomi psicotici. I pazienti con disturbi di personalità (in particolare borderline,
narcisistico,istrionico,schizotipico,schizoide o paranoide) possono sperimentare sintomi psicotici
transitori in condizioni di stress. Inoltre,il disturbo postraumatico da stress e alcuni disturbi
dissociativi possono comportare sintomi psicotici.
1)Schizofrenia
Secondo il DSM IV,la schizofrenia è un disturbo che dura da almeno 6 mesi,di cui in almeno uno
erano presenti minimo 2 dei seguenti sintomi:deliri,allucinazioni,discorso disorganizzato (frequenti
deviazioni o incoerenza),comportamento fortemente disorganizzato o catatonico oppure sintomi
negativi (appiattimento affettivo,alogia,assenza di volontà). Inoltre,il funzionamento sociale o
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lavorativo del paziente deve essere sceso ad un livello significativamente inferiore rispetto a quello
precedente l’esordio del disturbo.
Questo disturbo si manifesta tra l’adolescenza e la giovane età adulta e porta a incapacità grave e
spesso perdurante nella maggior parte dei casi. Di norma,inizia con una fase prodromica che
presenta l’esordio insidioso della chiusura sociale,del deterioramento nella cura di sé,della perdita di
interesse nella scuola o nel lavoro e lievi sintomi positivi. Segue una fase attiva di sintomi psicotici
appariscenti,che identificano il disturbo come schizofrenia e spesso portano il paziente
all’attenzione medica per la prima volta. La fase attiva si risolve in una fase residuale,simile a
quella prodromica. Molti pazienti hanno una ricaduta.
La schizofrenia ha alcuni sottotipi:paranoide,disorganizzato,catatonico,indifferenziato.
La caratteristica principale del tipo paranoide è costituita da prominenti idee fisse o allucinazioni
uditive,nel contesto di un funzionamento cognitivo e affettivo relativamente preservato. Questo tipo
ha una prognosi migliore ed è più probabile che i pazienti siano sposati e abbiano un lavoro.
Il tipo disorganizzato ha una prognosi molto negativa. Questi soggetti appaiono
sciocchi,infantili,bizzarri e di aspetto trascurato e spesso sono incapaci di compiere le normali
attività quotidiane.
Il tipo catatonico comporta un quadro clinico dominato da segni motori catatonici.
Nel tipo indifferenziato,non predomina nessuna delle precedenti presentazioni cliniche.
2)Disturbo schizofreniforme
Il disturbo schizofreniforme è identico alla schizofrenia,a parte il fatto che i sintomi sono presenti
solo da 1 a 6 mesi. Inoltre,non è necessaria la compromissione del funzionamento sociale o
lavorativo perché il medico formuli la diagnosi. Anche la prognosi è migliore.
3)Disturbo schizoaffettivo
Nel disturbo schizoaffettivo,i sintomi della depressione o della mania coesistono con quelli della
schizofrenia. Tuttavia,perché il medico possa formulare la diagnosi è necessario che vi sia un
periodo in cui il paziente presenta solo sintomi psicotici e non sintomi dell’umore. Questo disturbo
ha una prognosi migliore rispetto a quella della schizofrenia,ma peggiore rispetto a quella dei
disturbi dell’umore. I sintomi dell’umore,comunque,sono generalmente di breve durata,non sono
prominenti e tendono a manifestarsi solo durante la fase prodromica o residuale.
4)Disturbo delirante
Il disturbo delirante comporta idee fisse che non sono bizzarre,come credere di avere un tumore,di
essere amati da una persona famosa o di essere traditi dal proprio compagno. Questi pazienti non
hanno altri disturbi del pensiero e sono in grado di funzionare socialmente.
5)Disturbo psicotico breve
Questo disturbo comporta l’esordio improvviso di sintomi psicotici,spesso in risposta ad un marcato
fattore di stress. I sintomi sono presenti da 1 giorno ad 1 mese e poi si risolvono completamente.
I pazienti con gravi disturbi di personalità sono a rischio di sviluppare questo disturbo.
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ANALISI DELLA DOMANDA
La chiamata di un paziente o di un familiare al servizio di Continuità Assistenziale avviene di solito
in un momento di cosiddetta “crisi”.
Questa può essere scatenata da diverse situazioni:
-primo episodio sintomatico in un individuo che fino a quel momento è sempre stato bene;
-prima volta in cui la preoccupazione per i sintomi (già comparsi in altre occasioni) è talmente alta
da dover interpellare un medico;
-riacutizzazione o improvviso peggioramento dei sintomi in situazioni di cronicità.
In genere fino a prima della chiamata il paziente e/o la sua famiglia hanno cercato di dare a loro
modo una risposta al problema/sintomo e di ristabilire un equilibrio:quando questo equilibrio è però
talmente instabile da rompersi si configura la crisi.
In quanto rottura di un equilibrio,la crisi configura un momento di destabilizzazione e quindi di
estremo disagio sia a livello dell’individuo sia a livello del sistema di relazioni significative del
soggetto (famiglia):la crisi infatti si correla spesso più che con la gravità del sintomo presentato,con
il grado di tolleranza del sistema familiare al problema.
Per quanto questo momento possa essere di intensa sofferenza per chi lo vive,esso rappresenta una
situazione in cui l’individuo e/o la famiglia si aprono all’esterno:facendo una richiesta di aiuto
ammettono che le soluzioni fino ad allora trovate non sono più sufficienti e mostrano una
disponibilità al cambiamento (a nuove letture del problema o a eventuali nuove soluzioni).
Si capirà bene l’importanza che rivestirà in queste circostanze l’intervento da parte del medico:se
questi proporrà una nuova lettura della situazione sarà promotore di cambiamento cioè di
superamento della crisi in senso evolutivo,altrimenti non farà altro che riproporre e quindi
cristallizzare la situazione precedente.
Ogni volta che un medico è chiamato ad intervenire su un comportamento sintomatico di disagio
psichico,egli deve “scoprire” qual è la situazione di difficoltà che questo comportamento sta a
segnalare a livello dell’individuo,della famiglia e del contesto sociale.
Ogni membro del nucleo familiare darà una propria “versione dei fatti” ma l’osservatore,attraverso i
diversi racconti,dovrà cercare di ricostruire una vera e propria storia del problema senza cadere
nella trappola di accettare passivamente l’una o l’altra versione:molto spesso un comportamento
sintomatico è la “spia” di una rete di relazioni disfunzionali e il paziente non è “il malato” ma solo
il portavoce di un disagio dell’intero sistema familiare.
E’ evidente che il medico di Continuità Assistenziale non ha una subito una visione diacronica
(conoscenza della storia clinica e familiare del paziente),e le informazioni che può ottenere nel
corso della visita sono necessariamente sincroniche e limitate. Tuttavia vi sono degli elementi che
possono aiutarlo nel decodificare la richiesta di aiuto:si tratta di domande-chiave che egli dovrebbe
avere in testa nel momento del suo intervento per acquisire una visione integrata (sincronica e
diacronica insieme).
1) Quali sono le aspettative del paziente e dei suoi familiari nei confronti del medico
interpellato e della rete di assistenza sanitaria?
2) Qual è il contesto in cui avviene il comportamento sintomatico?
3) Qual è il sistema da prendere in considerazione,cioè quali sono le relazioni significative per
il paziente?
4) In che momento della propria storia il paziente e la sua famiglia manifestano la crisi e fanno
richiesta di aiuto? (ciclo vitale)
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ELEMENTI DI GESTIONE DELLA CRISI
Come detto in precedenza,il momento della crisi è quello in cui un sistema precedentemente
stabile,per quanto disfunzionale,si destabilizza.
Si verificano in questo momento 2 opposte tendenze:
a) quella verso il ritorno omeostatico alle condizioni precedenti
b) quella verso un cambiamento vero.
Pertanto,se la crisi è un momento di caos in cui più facilmente avviene la richiesta di aiuto da parte
dell’individuo o della famiglia,è contemporaneamente anche un momento privilegiato di
cambiamento potenzialmente evolutivo.
Ma COME essere promotori di cambiamento,ovvero come realizzare un intervento che sia il più
possibile terapeutico?
Esiste un modello che potremmo definire solo “medico” che vede il paziente come malato e/o
incompetente,ignora la storia del problema,non allarga lo sguardo dal singolo al suo sistema di
relazioni. Un tale modello convalida le letture familiari del sintomo e tende a cristallizzare la
situazione,fino a possibili successive crisi,che vengono intese come “ricadute” di una malattia.
Schematizzando: modello solo medico = crisi come “malattia in atto” o “ricaduta”
Il medico che si confronta con una situazione di disagio psichico e accetta passivamente le regole
del sistema che sta osservando potrebbe essere inglobato nella lettura familiare del problema e
nell’atmosfera emotiva dominante,condividendo tacitamente la “rassegnazione” della famiglia. Ciò
lo ridurrebbe ad un elemento di stabilizzazione.
Per essere promotore di cambiamento,il medico dovrà:
1) usare criteri di “buone prassi”
2) ricostruire la storia familiare e del sintomo
3) attribuire competenze al paziente e ai suoi familiari
4) far leva sulle risorse esistenti nel sistema
Secondo tale modello,che potremmo definire “evolutivo”,una possibile successiva nuova crisi non è
vista come una ricaduta ma come una difficoltà ad affrontare dei momenti o delle tappe
dell’esistenza e contemporaneamente come una esigenza a farlo.
L’utilizzo o meno di questo modello ha un punto di forza/criticità rispetto alla modalità con cui il
medico entra in relazione con il paziente e il suo sistema familiare.
CENNI SULLA RELAZIONE CON IL PAZIENTE:CRITERI DI BUONE PRASSI
Che lo si voglia o no,non si può non entrare in relazione con il paziente. Anche chi cerca di
rimanere “al di fuori”e di farsi coinvolgere il meno possibile,comunque lo fa con le modalità che
esprime:di distacco,scarso coinvolgimento o addirittura di rigidità.
L’incontro medico-paziente è una relazione “abitata”da due persone,in posizione complementare tra
loro. Questa disuguaglianza nel caso dell’utente psichiatrico deve essere “usata”a scopi terapeutici e
non diventare un boomerang per la costruzione di una alleanza terapeutica. A volte,ad es,il paziente
che non accetta l’autorità o ha difficoltà a riconoscersi in una posizione di bisogno prova rabbia e
scatena la propria aggressività proprio con figure che vogliono,a parer suo,imporgli regole o
comportamenti da seguire. Al contrario per alcuni pazienti “confusi”è importante far percepire
chiaramente ruoli e funzioni.
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Ne consegue che un comportamento del medico sempre uguale qualunque sia la situazione o la
persona che ha davanti per alcuni pazienti sarà funzionale e per altri scatenerà un meccanismo di
non collaborazione. Sarebbe auspicabile che il medico avesse a sua disposizione una gamma di
comportamenti da usare,come fossero “attrezzi”diversi di lavoro,a seconda della situazione in cui si
imbatte.
La prima regola per costruire una buona relazione sembra essere dunque un buon grado di
flessibilità.
Nel contempo però ci sono degli elementi fissi,irrinunciabili,che vanno usati sempre e in qualsiasi
contesto.
1)Il medico al suo arrivo in una abitazione deve DEFINIRSI:chi è,da chi è stato chiamato,per quale
motivo. Deve essere chiaro e non prestarsi a “imbrogli” e mistificazioni.
Di solito la richiesta di visita domiciliare arriva su un episodio di CRISI e nella crisi c’è sempre
confusione,in quanto un equilibrio precedente si è rotto e non se ne è ancora raggiunto uno diverso.
Il primo intervento “terapeutico”è quindi quello di definire ruoli e funzioni:chi sta male e perché,
chi sono i presenti,chi deve rimanere nella stanza al momento del colloquio…in qualche modo va
ristabilito un “ordine” che permetta al medico di decodificare meglio la richiesta e al paziente di
cominciare a superare la confusione.
2)Il secondo compito del medico in una “situazione”psichiatrica è quello di valutare il contesto. Su
una decisione di ricovero o meno,ad es,non è solo la gravità della patologia che è in gioco ma anche
le risorse o la negatività del contesto.
3)Il terzo elemento di un intervento definibile come terapeutico è il tentativo di cogliere il
significato del sintomo e/o del comportamento messo in atto dal soggetto. Che cosa voleva
esprimere il paziente con quel sintomo,verso chi era diretto?Che cosa voleva ottenere,perché l’ha
messo in atto? (solitamente questo è tanto più valido quanto più il tipo di comportamento è
aggressivo o addirittura violento). Non sempre,chiaramente,il significato del sintomo è così chiaro o
l’obiettivo che il soggetto aveva in mente ha un carattere di consapevolezza.
Il tentativo di decodificazione da parte del medico avrà comunque una valenza terapeutica:
1) Se il significato del sintomo rimane oscuro,il paziente è stato comunque ascoltato come
“persona” e non solo come “malato” e spesso già questo abbasserà il livello di agitazione
(uno dei motivi che più facilmente scatena l’aggressività è la rabbia rispetto alla sensazione
di non essere ascoltati o presi in considerazione o di non essere “riconosciuti” nella propria
identità);
2) Se l’obiettivo con cui è stato messo in atto il sintomo comincia a venire fuori,il medico può
provare a concordare con il paziente se lo stesso obiettivo non si possa raggiungere anche in
altri modi,meno dolorosi o meno aggressivi e violenti. Quest’ultimo comincerà a intravedere
che le proprie difficoltà possono essere gestite in maniera diversa e non sono quindi
irrisolvibili (un altro elemento che spesso scatena l’aggressività o al contrario tentativi
autolesionistici è la sensazione che non ci sia via d’uscita al problema).
La finalità dell’intervento è,tutte le volte in cui ciò è possibile,costruire una alleanza terapeutica e
abbassare il livello di sofferenza che il paziente e il suo sistema familiare si trovano a vivere.
Qualunque siano le strategie che si mettono in atto ( “semplice”colloquio,uso di farmaci o invio in
Ospedale) il modo con cui questo si realizza non è indifferente ai fini prognostici:
-un intervento con una valenza terapeutica proporrà uno sbocco evolutivo della crisi
-là dove l’intervento non avrà una valenza terapeutica colluderà con il paziente/sistema familiare e
amplificherà la sintomatologia.
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Il PAZIENTE NON COLLABORANTE
Nel corso di un intervento domiciliare è necessario che il medico faccia ogni sforzo per ottenere la
collaborazione del paziente. A volte però questa,nonostante tutti i tentativi messi in atto,non si
riesce a raggiungere. In tali casi al medico è richiesto di valutare con attenzione se,per il “bene” del
paziente,è meglio non intervenire o se è il caso di ricorrere a trattamenti coercitivi quali il TSO.
a) Quando è meglio non intervenire “a tutti i costi”:
-il paziente mostra un sufficiente grado di autonomia e capacità di sopravvivenza
-non sono presenti comportamenti di auto o eteroaggressività potenzialmente lesivi
-precedenti interventi terapeutici si sono dimostrati scarsamente efficaci
-gli aspetti patologici di personalità prevalgono su quelli sintomatici.
A volte la “chiusura” del paziente è il modo migliore che egli ha trovato per stare al mondo. In
questi casi un intervento terapeutico “ad ogni costo” (fatto magari su forti sollecitazioni della
famiglia) può scatenare crisi drammatiche. Invece,può essere utile che il medico che ha effettuato la
visita si metta appena possibile in contatto con il medico di base del paziente o con lo psichiatra di
riferimento (se c’è) per comunicare sia le condizioni in cui si è trovato a intervenire, sia la propria
scelta di non optare per un trattamento coercitivo.
b) Quando è giustificato superare forzatamente il rifiuto di collaborare e decidere per un
provvedimento coercitivo:
-il non fare nulla peggiorerebbe sicuramente la situazione del paziente
-l’intervento terapeutico è il provvedimento migliore per quel determinato paziente in quel
determinato momento della sua storia
-la famiglia condivide la necessità del provvedimento
In queste circostanze si “apparecchiano” le condizioni per una proposta di T.S.O.
Il Trattamento Sanitario Obbligatorio viene proposto in quei casi in cui per la presenza di una
patologia mentale,l’individuo non è ritenuto capace di autodeterminarsi e di comprendere ed
esprimere i propri bisogni. Esso se da un lato assicura il rispetto delle garanzie costituzionali
dell’individuo (l’articolo 32 della Costituzione sintetizza la valenza collettiva ed individuale del
bene “salute”),dall’altro garantisce che sia rispettata la “persona”portatrice del disturbo psichico.
In pratica le situazioni che con più probabilità possono condurre a dover effettuare un TSO sono:il
comportamento suicida,la mania acuta,la psicosi delirante acuta,il comportamento violento in corso
di patologia psichiatrica.
D’altra parte,per l’attuazione del TSO sono individuate precise ed inderogabili condizioni:
-che esistano alterazioni psichiche tali da richiedere interventi terapeutici urgenti
-che gli stessi non vengano accettati dal paziente
-che non vi siano le condizioni e le circostanze per adottare misure sanitarie extraospedaliere idonee
A garanzia del paziente tuttavia la sussistenza di tutte le citate condizioni non esime mai il medico
dal mettere in atto “tutte le modalità atte ad acquisire il consenso dell’interessato”.
Anche la procedura burocratico-amministrativa rappresenta una ulteriore garanzia per il paziente:
-è prevista una proposta da parte di qualsiasi sanitario che,nell’esercizio delle sue funzioni,ravvisi
tutte le sovraesposte condizioni;
-la proposta del medico deve essere poi convalidata da un medico della struttura pubblica che
ravvisi anch’egli la presenza delle citate condizioni;
-a ciò segue l’emissione dell’ordinanza di ricovero da parte del Sindaco,nella veste di massima
autorità sanitaria del Comune e il provvedimento dovrà essere notificato,tramite messo comunale
(entro 48 ore dal ricovero) al Giudice Tutelare nella cui Circoscrizione rientra il Comune.
Sono abilitati ai ricoveri contro la volontà del paziente i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura
(S.P.D.C.) istituiti negli Ospedali Civili.
Il TSO ospedaliero dura di regola sette giorni,anche se può essere prolungato su richiesta del
responsabile del Servizio Psichiatrico dell’S.P.D.C.
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Sul TSO vigila il Giudice Tutelare;il paziente sottoposto a TSO o chiunque vi abbia interesse può
proporre al Tribunale competente per territorio ricorso contro il provvedimento.
GLI PSICOFARMACI
Anche il capitolo degli psicofarmaci si può suddividere in tre grossi settori:
1) Farmaci ansiolitici ed ipnotici
2) Farmaci antidepressivi
3) Farmaci antipsicotici
1)FARMACI ANSIOLITICI ED IPNOTICI
Nell’ambito dei farmaci ad attività ansiolitica e/o ipnotica,le benzodiazepine (BDZ) rappresentano
oggi la classe più utilizzata;altre categorie come i barbiturici sono ormai cadute in disuso.
Meccanismo d’azione
Alla classe delle BDZ appartiene una serie numerosa di farmaci che condividono a livello del SNC
lo stesso meccanismo d’azione.
Tutte le BDZ agiscono,infatti,potenziando la trasmissione di un importante neurotrasmettitore,il
GABA,che a sua volta induce,con meccanismo complesso,l’inibizione di altri neurotrasmettitori:
noradrenalina,serotonina,glicina e dopamina. L’effetto finale di questi farmaci è pertanto un
rallentamento generale della neurotrasmissione a livello di specifiche aree cerebrali,in particolare
quelle mesolimbiche e mesocorticali.
Dati farmacocinetici
E’ importante conoscere le caratteristiche farmacocinetiche delle diverse BDZ dato che è proprio
secondo tali caratteristiche che le BDZ si differenziano tra loro.
Le caratteristiche cinetiche,che rivestono un ruolo essenziale dal punto di vista clinico,sono la
lunghezza dell’emivita plasmatica (espressa come T ½) e il tipo di metabolismo (in particolare la
presenza di tappe metaboliche che prevedano l’idrossilazione e la formazione oppure l’assenza di
metabolici attivi).
E’ opportuno ricordare a questo proposito che esistono,per farmaci come le BDZ,due valori del
T ½ : il primo, T ½ alfa, esprime la fase di distribuzione dal sistema vascolare ai tessuti ed è
particolarmente indicativo della durata d’azione delle BDZ; il secondo,T ½ beta,rappresenta la fase
di eliminazione ed è quindi indice del metabolismo e dell’escrezione della BDZ. Quando si parla
dell’emivita di una BDZ si fa sempre riferimento al T ½ beta,dal momento che è questo parametro
che presenta le più ampie oscillazioni tra le diverse molecole (da 2-3 ore fino a più di 100 ore) e che
è rilevante per spiegare i fenomeni di accumulo dopo uso prolungato. E’ importante,di conseguenza,
non identificare il valore dell’emivita ( T ½ beta) con la durata d’azione che,nel caso delle BDZ può
variare notevolmente secondo la sensibilità individuale,il composto utilizzato e la dose
somministrata.
Tenendo conto dei suddetti parametri cinetici le BDZ possono essere distinte in 2 grandi categorie:
-le BDZ ad emivita medio-lunga (eliminazione lenta e formazione di metabolici attivi)
-le BDZ ad emivita breve o ultrabreve (eliminazione rapida senza formazione di metabolici attivi).
Le BDZ ad emivita medio-lunga sono caratterizzate da un’emivita superiore alle 24 ore (come nel
caso di nitrazepam e flunitrazepam) o alle 48 ore (come nel caso di diazepam,flurazepam ecc)
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Dal punto di vista metabolico queste BDZ vanno incontro,prima di essere coniugate con acido
glucuronico e quindi eliminate,ad una serie di tappe metaboliche (con formazione di metabolici
attivi) di cui la più importante è la demetilazione,con successiva idrossilazione; l’idrossilazione
epatica è il processo metabolico che rende ragione della lunga emivita di queste BDZ e del
conseguente accumulo di farmaco nell’organismo,dopo uso prolungato.
Nell’anziano e nel paziente con alterata funzionalità epatica (es cirrotici,epatopatici ecc) questi
farmaci vengono,di conseguenza,sconsigliati proprio perché in tali soggetti i processi
d’idrossilazione epatica sono,di per sé,già compromessi. Le conseguenze cliniche di un accumulo di
BDZ,a livello del SNC,possono essere rappresentate da condizioni di eccessiva sedazione, astenia,
alterata performance psicomotoria e cognitiva,talora ipotensione ortostatica.
Inoltre,molte delle BDZ incluse in questa categoria non hanno come tali una emivita lunga (ad
es:diazepam e medazepam hanno un T ½ beta che si aggira intorno alle 15-20 ore);la lunghezza
dell’emivita è di fatto determinata per questi farmaci dalla formazione di un prodotto metabolico
attivo,il desmetildiazepam o nordiazepam,che possiede una emivita variabile dale 48 alle 100 ore.
Le BDZ che dal punto di vista metabolico sono caratterizzate dalla formazione di nordiazepam
vengono definite anche BDZ pronordiazepam- simili .
Il nitrazepam ed il flunitrazepam (nitro-BDZ),caratterizzati da una emivita plasmatici variabile dalle
24 alle 48 ore,danno luogo a fenomeni di accumulo dopo uso prolungato come nel caso dei
composti pronordiazepam-simili;la loro eliminazione risulta ulteriormente prolungata nell’anziano e
nel paziente epatopatico.
Le BDZ ad emivita breve-ultrabreve sono caratterizzate da una emivita di eliminazione inferiore
alle 24 ore. E’ opportuno tuttavia distinguere dal punto di vista metabolico questa categoria in 2
gruppi.
Il primo è rappresentato da BDZ che vanno incontro a processi di idrossilazione epatica e che di
conseguenza modificano la loro cinetica di eliminazione nell’anziano,nel paziente epatopatico e nel
caso vengano somministrate in associazione con farmaci che inibiscono i processi ossidativi (ad es:
propanololo,contraccettivi
orali,SSRI);appartengono
a
questo
gruppo:l’alprazolam,il
bromazepam,l’estazolam,l’etizolam,il brotizolam ed il triazolam.
Il secondo comprende le BDZ che vengono direttamente coniugate con acido glucuronico,e quindi
eliminate. Queste molecole non modificano,di conseguenza,la loro cinetica di eliminazione anche
nei soggetti anziani,negli epatopatici e qualora vengano associate a farmaci che inibiscono i
processi di idrossilazione;inoltre anche dopo somministrazioni ripetute non danno luogo a
significativi fenomeni di accumulo. Appartengono a questo gruppo il lorazepam,il lormetazepam,
l’oxazepam e il temazepam (BDZ oxazepam-simili).
Può essere utile,per la pratica clinica,il seguente promemoria:
1)BDZ ad emivita medio-lunga:
a) Nitro-BDZ (con emivita tra le 24 e le 48 ore):nitrazepam (Mogadon) e flunitrazepam
(Roipnol o Darkene)
b) BDZ pronordiazepam simili (con emivita superiore alle 48 ore): prazepam (Prazene),
clobazam (Frisium),flurazepam (Dalmadorm),clordiazepossido (Librium),diazepam
(Ansiolin o Noan o Tranquirit o Valium),ketazolam (Anseren)
2) BDZ ad emivita breve (inferiore alle 24 ore) ed ultrabreve:
a) Primo gruppo (con formazione di metabolici attivi e prolungamento dell’emivita
nell’anziano e nel paziente epatopatico) : alprazolam (Xanax o Frontal), bromazepam
(Lexotan o Compendium),brotizolam (Lendormin),estazolam (Esilgan),triazolam
(Halcion);tra questi,l’emivita più breve(inferiore alle 10 ore) spetta a brotizolam e triazolam.
b) Secondo gruppo:BDZ oxazepam-simili (assenza di metabolici attivi,nessuna modificazione
dell’emivita nell’anziano e nel paziente epatopatico) :lorazepam (Tavor,Control,Lorans),
lormetazepam (Minias),oxazepam (Serpax),temazepam (Normison,Euipnos).
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Criteri per la scelta della BDZ:
-per il trattamento dell’insonnia,è indicata una BDZ con emivita breve o ultrabreve,in modo da
garantire al paziente una buona performance psicomotoria e cognitiva il mattino successivo;in caso
però di disturbi del sonno particolarmente resistenti,possono essere impiegati composti come il
flunitrazepam (Roipnol) o il flurazepam (Dalmadorm),
-per il controllo di uno stato ansioso,è consigliabile utilizzare,nella maggior parte dei casi,una BDZ
ad emivita breve,in modo da ridurre il rischio di effetti indesiderati quali stati di eccessiva
sedazione,compromissione cognitiva e psicomotoria;
-in caso di stati di agitazione psicomotoria,è possibile invece utilizzare BDZ a emivita medio-lunga
come il diazepam (Ansiolin o Noan o Tranquirit o Valium) o il delorazepam (En).
2)FARMACI ANTIDEPRESSIVI
Tutti gli antidepressivi (AD) hanno come attività farmacologia comune a livello del SNC un’azione
sui neuromediatori,in particolare noradrenalina e/o serotonina. L’azione su tali neuromediatori
determina,se pure con meccanismi diversi a seconda dei farmaci considerati,una loro maggiore
disponibilità a livello sinaptico con conseguente potenziamento della neurotrasmissione.
Gli AD si possono classificare in diversi gruppi:
-Triciclici:
amitriptilina (es Laroxyl),imipramina (Tofranil),clomipramina (Anafranil),desipramina (Nortimil),
maprotilina (Ludiomil),nortriptilina (Noritren),trimipramina (Surmontil),ecc;
-Inibitori selettivi della ricaptazione di serotonina (SSRI):
fluoxetina (es Prozac),fluvoxamina (es Fevarin),paroxetina (es Daparox),sertralina (es Zoloft),
citalopram (es Elopram),escitalopram (es Entact);
-Inibitori della ricaptazione di serotonina e noradrenalina (SNRI):
venlafaxina (es Efexor),duloxetina (es Xeristar);
-Inibitori delle MAO:
IMAO di prima generazione:tranilciprolina (Parmodalin) e IMAO reversibili:moclobenide
(Aurorix),toloxatone (Umoril);
-Altri:
mianserina (Lantanon),mirtazapina (Remeron),trazodone (Trittico),reboxetina (Edronax).
Poiché praticamente quasi tutti gli AD necessitano di un tempo lungo per una risposta terapeutica
(almeno 2 settimane),sicuramente non sarà compito del medico di Continuità Assistenziale la prima
prescrizione di questi farmaci o l’uso in urgenza.
E’ importante però conoscere almeno quali sono gli effetti indesiderati più frequenti di tali farmaci
in quanto il medico,davanti ad un paziente già in terapia con essi,potrebbe trovarsi a dover gestire
sintomi ascrivili al loro uso. La maggior parte di tali effetti collaterali sono legati agli effetti
anticolinergici,antistaminici,noradrenergici e dopaminergici delle varie molecole.
Possibili effetti indesiderati
Triciclici:
Bocca secca,stipsi,ipotensione ortostatica,sedazione,disturbi della sfera sessuale,aumento di peso,
tremore alle mani,ritenzione urinaria,disturbi della memoria e dell’attenzione (nell’anziano).
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SSRI:
Nausea,vomito,epigastralgia,insonnia,cefalea,vertigini,tremori,disturbi della sfera sessuale.
Venlafaxina:
Vertigini,bocca secca,sonnolenza o insonnia,nausea,stipsi,sudorazione,modici e occasionali rialzi
pressori.
IMAO:
Tranilcipromina:stati di eccitamento,insonnia,irritabilità,disturbi sessuali,”cheese sindrome);
Moclobenide:bocca secca,cefalea,vertigini,tremori,sonnolenza o insonnia.
Mirtazapina:
Bocca secca,sedazione,sonnolenza,alterazione della performance psicomotoria e cognitiva,aumento
dell’appetito e incremento del peso.
3)FARMACI ANTIPSICOTICI
Gli antipsicotici (AP) “tradizionali”,denominati anche neurolettici,sono farmaci appartenenti a
classi chimiche differenti (fenotiazine,butirrofenoni,benzamidi ecc) che inducono effetti
farmacologici (terapeutici ed indesiderati) attraverso un’azione esercitata sui mediatori che regolano
la trasmissione del SNC e periferico. I mediatori prevalentemente interessati dall’attività degli AP
sono:la dopamina,l’acetilcolina,la noradrenalina,la serotonina,l’istamina. Gli AP hanno come
caratteristica comune quella di rallentare la neurotrasmissione,attraverso il blocco di specifici
recettori (D1 e D2 per la dopamina,5-HT2 per la serotonina,M1 per l’acetilcolina,H1 per l’istamina,
alfa 1 ed alfa 2 per la noradrenalina).
La caratteristica farmacodinamica ritenuta responsabile dell’attività antipsicotica sembra essere il
blocco dei recettori dopaminergici (D2) a livello dei sistemi mesolimbico e mesocorticale,mentre il
blocco di quelli nigrostriatali e tuberoinfundibolari sarebbe responsabile, rispettivamente,
dell’insorgenza degli effetti extrapiramidali e dell’iperprolattinemia.
Indicazioni cliniche
L’impiego assai diffuso,negli ultimi 40 anni,degli AP tradizionali nella pratica psichiatrica per il
trattamento a breve e a lungo termine della schizofrenia e di altre sindromi psicotiche ha portato ad
identificarne sempre meglio i limiti,sia dal punto di vista dell’efficacia che della tollerabilità e
sicurezza.
Una vasta esperienza internazionale conferma che gli AP hanno una indubbia efficacia sui sintomi
positivi della schizofrenia (delirio,allucinazioni ecc),mentre sono molto meno risolutivi nei
confronti di altri sintomi,in particolare dei sintomi negativi (ritiro sociale,impoverimento affettivo,
povertà del linguaggio ecc),cognitivi (memoria,attenzione,ecc) ed affettivi,che di solito peggiorano
nel corso di trattamenti prolungati.
Inoltre nella terapia di mantenimento con AP tradizionali è stato documentato un tasso
considerevole di riacutizzazioni psicotiche,a conferma della parziale efficacia di tali composti anche
nella prevenzione delle ricadute psicotiche.
Effetti indesiderati
Gli AP tradizionali possono indurre diversi effetti indesiderati che possono manifestarsi sia nella
fase acuta del trattamento che in quella di mantenimento:essi sono di fatto strettamente correlati alle
note proprietà farmacologiche(antidopaminergiche,anticolinergiche,adrenolitiche e antiistaminiche).
Quelli più frequenti sono:
-Disturbi extrapiramidali (EPS):
acatisia:stato di irrequietezza motoria accompagnata da ansia e instabilità dell’umore (disforia)
distonie muscolari:contrazioni muscolari dolorose e involontarie che colpiscono differenti parti del
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corpo (lingua,collo,tronco,muscoli del viso e dell’occhio)
parkinsonismo:stato di rigidità muscolare,tremore e lentezza nei movimenti
discinesia tardiva:movimenti ritmici,ripetitivi e involontari,in particolare a livello dei muscoli della
bocca,delle labbra e della lingua,talora anche degli arti.
-Aumento della prolattina:
può determinare amenorrea,dismenorrea,metrorragia,galattorrea nella donna,ginecomastia ed
impotenza nell’uomo,riduzione della libido,anorgasmia ed incrementato rischio di osteoporosi in
entrambi i sessi.
-Effetti anticolinergici:
Bocca secca,disturbi della visione,ritenzione urinaria,stipsi,confusione mentale (anziani).
-Effetti cardiovascolari:
Tachicardia,palpitazioni,ipotensione ortostatica
-Effetti ematologici:
Leucopenia (agranulocitosi),piastrinopenia
-Altri disturbi:
Aumento di peso,alterazioni cutanee (fotosensibilità,eritemi,eczemi),ittero col estatico
Con il termine di AP “nuovi o atipici” è stato designato ormai già da diversi anni un gruppo di
composti che si differenziano sostanzialmente dagli AP tradizionali per un diverso profilo di affinità
recettoriale a livello del SNC.
Essi comprendono:clozapina (Leponex),olanzapina (Zyprexa),quetiapina (Seroquel),risperidone
(Risperdal)
Le principali caratteristiche farmacodinamiche dei nuovi AP rispetto a quelli tradizionali sono le
seguenti:
a) minore affinità per i recettori D2 nel sistema nigrostriatale e tubero-infundibolare;
b) maggiore affinità per i recettori D2 nei sistemi mesolimbico e mesocorticale;
c) maggiore affinità per i recettori serotoninergici 5-HT2 A
Queste caratteristiche farmacodinamiche si traducono,dal punto di vista clinico,in alcuni importanti
vantaggi per il paziente psicotico in trattamento:
-maggiore efficacia sui sintomi negativi primari della schizofrenia;
-bassa probabilità di indurre sintomi negativi secondari;
-ridotta induzione di disturbi extrapiramidali e di discinesia tardiva;
-scarsa e transitoria induzione di disturbi secondari ad iperprolattinemia.
Naturalmente come tutti i farmaci anche gli antipsicotici atipici presentano degli effetti indesiderati.
I più frequenti sono:ipotensione ortostatica,sonnolenza,sedazione. Nel caso della clozapina,bisogna
far attenzione alla possibilità di leucopenia (con rischio di agranulocitosi) e di crisi convulsive.
Sia tra gli antipsicotici tradizionali che tra quelli atipici sono disponibili farmaci a lunga durata
d’azione,comunemente detti AP depot o long-acting: flufenazina decanoato (Moditen Depot),
aloperidolo decanoato (Haldol Decanoas),perfenazina enantato (Trilafon Enantato),zuclopentixolo
decanoato (Clopixol Depot) e risperidone a rilascio prolungato (Risperdal fiale).
Queste preparazioni contengono un AP iniettabile per via intramuscolare,che viene rilasciato molto
lentamente nella circolazione sanguigna e permette quindi di mantenere nel tempo l’effetto
terapeutico:un siffatto uso è soprattutto indicato nei pazienti schizofrenici con scarsa adesione al
regime stabilito di trattamento,per i quali è previsto un lungo periodo di terapia.
Antipsicotici e medico di Continuità Assistenziale
Il medico di Continuità Assistenziale che si trovi a gestire una situazione d’urgenza (agitazione
psicomotoria,episodio delirante acuto,comportamento aggressivo) può optare tra le seguenti
molecole:
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Aloperidolo (Haldol o Serenase):è disponibile sia in gocce (2mg/ml:10 gtt =1 mg) che in fiale da 2
e 5 mg. E’ indicato,nel controllo dell’agitazione psicomotoria (episodi acuti di schizofrenia,
paranoia,mania,demenza,alcolismo,disturbi della personalità e comportamentali)fino al dosaggio di
5-10 mg iv o im; nella formulazione orale,si possono somministrare all’incirca 15-20 gocce(in fase
cronica,per somministrazione orale,si utilizzano da 0,5 a 2-3 mg 3 volte al giorno). Per la sua azione
“incisiva”,è particolarmente utile in caso di delirio;
Promazina (Talofen): è disponibile sia in gocce (10 gtt =20 mg) che in fiale da 50 mg.
Rispetto all’aloperidolo,è molto più sedativo,inoltre è ipotensivante,per cui va usato con cautela
nell’anziano. In caso di agitazione si utilizzano in media 10 gocce o ½ fiala;
Clotiapina (Entumin) :è disponibile sia in gocce (3gtt =10 mg) che in fiale. Si può utilizzare nei casi
di grave agitazione (mania delirante) in quanto ha una azione sia incisiva che sedativa.
Prometazina (Farganesse):è disponibile in cf e in fiale da 50 mg.
Si tratta di un antistaminico per uso sistemico che per i suoi notevoli effetti anticolinergici viene
usato anche come sedativo-ipnotico,per le turbe emotive e nel trattamento dell’agitazione
psicomotoria (in genere alla dose di ½ o 1 fiala). Rispetto alle precauzioni d’impiego,va usato con
estrema cautela nei pazienti cardiopatici,con asma bronchiale,glaucoma e ipertrofia prostatica; non
va associato a farmaci mielodepressori (clozapina) a causa del potenziamento dell’induzione della
leucopenia.
Clorpromazina (Largactil):è disponibile in gocce,compresse e fiale da 50 mg.
E’ indicata in tutti gli stati di agitazione psicomotoria (in genere alla dose di ½ o 1 fiala) ma è
necessario far attenzione agli effetti collaterali:ipotensione posturale,sedazione,disturbi
cardiovascolari (aritmie),sincope,effetti extrapiramidali(per evitare questi ultimi si può associare un
anticolinergico come il Disipal). Non va usata in caso di gravi stati di depressione,discrasie
ematiche,epilessia non trattata.
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