Storia del cattolicesimo - interno

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Jean-Pierre Moisset
STORIA
DEL CATTOLICESIMO
Introduzione
Quanto a ciò che è in più di questo, figlio mio, bada bene: i libri si moltiplicano senza fine ma il molto studio affatica
il corpo.
Ecclesiaste 12,12
Lungi da me voler contraddire questa citazione. Come autore del presente libro, però, mi piace pensare che non tutto sia
«vanità» o «vento» come afferma l’Ecclesiaste. L’indagine storica, in particolare, non è un esercizio futile o illusorio, nemmeno
dal punto di vista del credente incline ad accordare poco valore
alle imprese umane. Applicata al cattolicesimo, essa mostra che
non è più possibile credere oggi come si credeva un tempo. Il dominio del credibile è cambiato, non foss’altro che in ragione del
progresso scientifico. Il rapporto tra i testi e gli uomini dotati
dell’autorità necessaria per divulgarne il significato si è trasformato con l’affermazione progressiva dell’autonomia dell’individuo. Lo sguardo del credente nei confronti della sua Chiesa nell’ora del pentimento è più distante rispetto all’epoca, non molto
lontana, in cui la santità della Chiesa era percepita come una garanzia contro l’errore. Potevano essere commessi sbagli individuali, ma l’istituzione, considerata perfetta, doveva essere posta
al riparo dalla critica. Questa dottrina, malgrado forti resistenze,
è svanita (anche grazie all’analisi storica). Inoltre, non soltanto
sono diverse le condizioni entro le quali il cattolico vive la pro-
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pria fede, ma è la sua stessa religione a essersi trasformata nel
corso dei secoli: in duemila anni di storia si è assistito all’introduzione o al ripensamento di dogmi e regole disciplinari. In sostanza, oggi non si può essere cattolici allo stesso modo in cui lo
si era in passato: analogamente, non si potrebbe essere ebrei come nel III secolo prima dell’era volgare, quando sono state scritte le riflessioni contenute nell’Ecclesiaste. La storia ha, tra l’altro,
anche il pregio di aiutare il cittadino e il credente a orientarsi in
maniera più chiara.
Il presente libro si propone per l’appunto di descrivere una
religione che interessa oggi oltre un miliardo di persone e la cui
impronta è percepibile, a vari livelli, in numerose società e in tutti i continenti. Essa può essere definita schematicamente attraverso le sue preferenze e altresì attraverso l’organizzazione di
cui dispone. La dottrina centrale del cattolicesimo è stata enunciata nei primi concili ecumenici, risalenti al IV secolo e svoltisi a
Nicea, poi a Costantinopoli, tra il 325 e il 381: Gesù è al tempo
stesso vero uomo e vero Dio. È vissuto, è morto sulla croce ed è
risuscitato nel terzo giorno. Egli è il figlio unigenito di Dio e forma, con il Padre e lo Spirito Santo, la divinità unica, che consta
di tre persone distinte ed eguali. La credenza nel mistero della
Trinità non è sufficiente a distinguere nettamente il cattolicesimo
all’interno della vasta famiglia del cristianesimo: la sua vera specificità consiste infatti nel principio dell’autorità pontificale. In
effetti, pur con aggiustamenti e modalità che possono variare nel
corso delle epoche, il papa esercita un primato giurisdizionale
sulla Chiesa cattolica: egli giustifica tale prerogativa rifacendosi
alla missione specifica affidata da Gesù all’apostolo Pietro di cui,
come vescovo di Roma, è l’erede. Un tale potere lo pone al di sopra degli altri vescovi e gli permette, in teoria, di essere il garante dell’unità della fede. In pratica, il primato romano è il principale pomo della discordia che divide i cristiani: persino in seno
al cattolicesimo esso è stato oggetto di gravi controversie nel nome delle chiese nazionali, e continua tuttora ad alimentare le riflessioni di numerosi teologi, fautori di una maggior collegialità
episcopale in materia di decisioni.
INTRODUZIONE
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Il cattolicesimo è romano dal punto di vista dell’organizzazione, ma nutre ambizioni universali: la parola greca da cui prende il nome, katholikós, significa appunto «universale». La più antica traccia scritta di questo termine si trova in una lettera del vescovo Ignazio di Antiochia (morto verso il 107) alla comunità di
Smirne. Egli scrive: «Dov’è il Cristo, là è la Chiesa cattolica». La
Chiesa è dunque aperta a tutti coloro che riconoscono in Gesù il
Messia, ovunque essi siano; essa non è riservata a pochi eletti e il
suo sguardo è proiettato ben al di là delle comunità locali già esistenti. Verso la metà del IV secolo, un altro vescovo, Cirillo di Gerusalemme, rende sistematico e ufficiale l’uso del termine, nella
sua catechesi. In quella raccolta di sermoni, scritta per gli aspiranti al battesimo, l’autore afferma che la Chiesa è cattolica in
virtù della sua vocazione assolutamente universale: essa insegna
tutti i dogmi necessari a ogni uomo, oltre le etnie, le classi sociali e i particolarismi. Tale universalismo, proclamato fin dall’antichità, non ha resistito ai vari strappi che, nel corso dei secoli,
hanno sottratto numerosi cristiani all’autorità del vescovo di Roma. Lo scisma orientale, consumatosi definitivamente nel 1054, e
la Riforma protestante del XVI secolo hanno costituito le due più
grandi lacerazioni in seno al mondo cristiano, pur non rappresentando casi isolati. Le chiese nate da queste separazioni non
hanno, comunque, rinunciato all’aggettivo «cattolico», in quanto
si considerano fedeli alla dottrina insegnata dalla Chiesa delle
origini. Per contro, il sostantivo «cattolicesimo», nato nel contesto della Riforma, si applica esclusivamente alla confessione cristiana posta sotto l’autorità del papa.
Se è dunque vero che alcune fratture hanno allontanato un
certo numero di cristiani da Roma, vi sono stati anche casi di ritorno all’ovile. A partire dal XVI secolo, molti spezzoni di chiese
orientali si sono riunite al cattolicesimo, dando origine alle cosiddette chiese uniate, cioè unite a Roma nel rispetto delle proprie tradizioni. Alcune di loro, in Lituania, in Polonia o in Russia,
sono state ortodosse, poi uniate dopo il sinodo di Brest-Litovsk
del 1596, prima di prendere, nel XVII secolo, strade separate
(adesione al cattolicesimo, ritorno all’ortodossia, conservazione
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dello status di Chiesa uniate) a causa della politica religiosa russa favorevole alla Chiesa ortodossa. Scrivere la storia del cattolicesimo significa dunque andare alla ricerca di un oggetto il cui
centro è ben delimitato ma i cui contorni esterni sono a volte fluttuanti; significa altresì ripercorrere le vicende dell’Oriente cristiano prima dello scisma dell’XI secolo (il che non vuol necessariamente dire annettere al cattolicesimo il passato orientale).
Teso tra un centro romano e un’ambizione universale, tra
l’Urbs e l’orbis, il cattolicesimo non è legato a una particolare nazione. Vero è che in alcune regioni sono state scritte le pagine più
importanti di questa fede: pensiamo in particolare all’Italia, terra che, salvo qualche episodica defezione, ha sempre ospitato il
Papato. Eppure, l’italocentrismo, l’eurocentrismo e ogni altro
«centrismo» non possono svolgere una funzione di filo conduttore tale da permetterci di ripercorrere la storia due volte millenaria di una religione che si è impiantata, a livelli di radicamento diversi, in tutti i continenti. Nato nel Vicino Oriente, il cattolicesimo si è diffuso in Europa svanendo quasi completamente
dalla sua culla palestinese sotto la pressione dell’Islām; oggi attraversa una grave crisi proprio sul continente europeo di cui ha
modellato la civiltà e possiede la sua più solida roccaforte nell’America Latina, dove è giunto in tempi relativamente recenti,
alla fine del XV secolo. Tuttavia, anche le sue posizioni nell’America centro-meridionale sono ora minacciate dalla rapidissima
avanzata del protestantesimo pentecostale. Davanti ai notevoli
spostamenti territoriali che caratterizzano il cattolicesimo, occorre superare decisamente i limiti del quadrilatero Vienna-Bruxelles-Cadice-Napoli, dal quale la storiografia ha sinora tratto la
maggior parte dei propri materiali di studio, osservando «in loco» la parte del cattolicesimo ritenuta più importante o più sana.
La vicinanza con il cuore romano di questa religione ha certamente favorito una simile tendenza: infatti, la distanza da zone
periferiche, conquistate di recente ed esposte a influenze eterodosse pareva offrire le migliori garanzie di autenticità. Non si
può peraltro dimenticare che anche le chiese germaniche, britanniche, nord e sudamericane – per citarne solo alcune – hanno for-
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nito ciascuna un contributo all’elaborazione di una religione che
non ha ricevuto il proprio contenuto una volta per tutte durante
i primi secoli della propria esistenza, né ha raggiunto la vetta
della perfezione a un dato momento della sua storia.
L’attenzione nei confronti dei diversi modi di esprimersi del
cattolicesimo sarebbe vana, se lo storico si abbandonasse alle tentazioni dell’apologia o dell’invettiva, così forti per il commosso
osservatore della propria Chiesa o per l’avversario determinato
a «écraser l’Infâme» [«schiacciare l’infame», ovvero il Papato,
nota espressione di Voltaire, N.d.T.], ancora e sempre. Da questo
punto di vista, l’evoluzione della storiografia è senza dubbio
confortante. Certamente, oggi come ieri, «la storia è inseparabile
dallo storico» 1; tuttavia, anche quando il piatto della bilancia
pende dal lato della compiacenza o da quello dell’ostilità, l’analisi risulta meno squilibrata che in passato, in gran parte grazie
all’attenuazione delle passioni antireligiose presenti nell’Europa
di cultura cattolica (altrove, peraltro, uomini e donne continuano a essere uccisi in odio alla fede da tiranni, mafiosi o estremisti di un’altra religione) 2. Le polemiche sui media contemporanei
sono decisamente all’acqua di rose in confronto alle invettive che
si scambiavano un secolo fa i cattolici intransigenti e gli anticlericali, per non parlare dei furori anticattolici che hanno caratterizzato la Spagna degli anni ’30, il Messico della fine degli anni
’20 o la Francia rivoluzionaria (senza parlare delle violenze perpetrate dalla Chiesa stessa in un arco di tempo così lungo). L’affievolirsi delle tensioni si accompagna all’attenuazione, grazie al
Concilio Vaticano II (1962-1965), della «sindrome dell’assediato»
presente all’interno della Chiesa cattolica. La diffidenza nei confronti del mondo circostante, visto come un luogo ostile, lascia il
posto a sentimenti più moderati e benevoli.
Un tale mutamento di atteggiamento favorisce una lettura serena degli avvenimenti da parte dei cattolici stessi e, in un rapporto dialettico, permette a sua volta la distensione. Naturalmente, non bisogna andare molto lontano per trovare ancora
qualche zona minata; tuttavia, Deo gratias, la storia del cattolicesimo non è più un campo di battaglia.
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Il passato del cattolicesimo è stato raccontato in un gran numero di opere, più o meno imparziali, a partire dalla Storia ecclesiastica di Eusebio di Cesarea (IV secolo). Ovviamente, la storia
del cattolicesimo è nota da lunga data né potrebbe essere cambiata; tuttavia, la vitalità della ricerca contemporanea, stimolata
dai rapidi cambiamenti che interessano la società e la religione
cattolica, apre nuove prospettive.
La decolonizzazione, avvenuta in tempi a noi vicini, non è
stata priva di conseguenze, contribuendo ad accrescere notevolmente l’attenzione nei confronti dei cattolici del Terzo Mondo.
Una storiografia relativa alle missioni esisteva già, ma l’emancipazione delle popolazioni colonizzate ha avuto l’effetto di liberarla dall’eurocentrismo attraverso una maggiore considerazione delle reazioni locali. L’accettazione del Vangelo, la sua rivisitazione o la resistenza a esso hanno proficuamente completato
l’analisi dell’azione missionaria. Oltre alla decolonizzazione, un
importante contributo al rinnovamento del lavoro degli storici è
venuto dagli insegnamenti del Concilio Vaticano II. A una storiografia incentrata sugli aspetti istituzionali e gerarchici, che ha
dato il meglio di sé verso la metà del XX secolo con la Storia della Chiesa di Augustin Fliche e mons. Martin 3, si è sostituita una
produzione imperniata sulla vita religiosa e sul «popolo di Dio».
Con la pubblicazione, nel 1989, di un’opera intitolata Storia vissuta del popolo cristiano 4 si manifesta una nuova generazione di
studiosi. Intendiamoci: la storia vista dall’alto (cioè dall’alto della società) ha molti, importanti meriti. I papi, i membri della Curia romana, i teologi e i santi continuano a buon diritto a popolare i libri, ma il loro ruolo nelle vicende storiche viene ora spiegato anche attraverso le pressioni dei semplici fedeli o l’opposizione dei ribelli. I dogmi prescritti dalle autorità ecclesiastiche
meritano naturalmente grande attenzione, ma l’accoglienza che
ricevono, più o meno conforme alle sottigliezze ufficiali, non è
forse essenziale per capire la storia degli uomini?
A questo proposito, la storiografia recente ha contribuito ad
apportare un buon numero di elementi nuovi alla comprensione
del cattolicesimo. Attraverso il contatto fecondo con altre disci-
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pline, quali la sociologia o l’antropologia, essa ha potuto arricchire le problematiche storiche facendo luce, per esempio, sui
meccanismi che regolano l’interazione e l’integrazione di gruppi
umani, oppure mostrando sotto una luce nuova alcune componenti sociali della Chiesa cattolica, grazie a metodi quantitativi i
quali, applicati innanzitutto alla pratica del reclutamento nella
Chiesa, hanno recentemente permesso di individuare rigorosamente attori collettivi la cui conoscenza era ancora frammentaria. In particolare, il metodo della prosopografia, ha svelato percorsi comuni a un numero determinato di individui confrontando una serie di dati che li riguardavano: lo storico ha così potuto delineare il ritratto tipo di un gruppo come quello dei vescovi
senza dover far ricorso a indebite generalizzazioni basate sull’osservazione di qualche personalità celebre ma non necessariamente rappresentativa 5. Con il soccorso di simili approcci, la storia del cattolicesimo ha ampliato gli orizzonti dei propri interessi e ha accumulato dati preziosi, come provano i 14 volumi della
Storia del Cristianesimo apparsi ultimamente 6. Nello spazio di un
decennio, una generazione di storici ha prodotto una straordinaria mole di lavoro, ineguagliata per quanto attiene alla storiografia francese. Essa esplora, lungo l’arco di due millenni, l’attività di tutti coloro che hanno considerato Cristo un punto di riferimento, delineando una tale vastità di esperienze che basta
per sé sola a ridefinire il ruolo del cattolicesimo.
Tuttavia, la storiografia e la storia continuano a camminare
mano nella mano, tanto sono ancora presenti nella nostra vita le
domande e le questioni sollevate in passato. Oggi, l’impressionante e accelerata «autonomizzazione» dei comportamenti modifica sotto il nostro sguardo il panorama religioso della nostra
infanzia, invitandoci più che mai a interrogarci sulle condizioni
in cui il cattolicesimo è fiorito oppure è entrato in crisi laddove
estendeva la propria influenza. Ciò porta a valutare il suo rapporto con la cultura esistente. Infatti, la religione cattolica ha trovato terreno fertile o suolo sterile a seconda che si sia o meno
identificata con la cultura delle società che l’accoglievano: per
esempio, l’adesione alla cultura antica da parte degli apologisti
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Giustino (I secolo), Tertulliano (II secolo) o Origene (III secolo)
preparò il terreno per l’integrazione dei cristiani nell’Impero romano, rendendo anacronistiche le persecuzioni e ponendo i presupposti per la formazione di un impero cristiano (IV secolo). Al
contrario, l’elaborazione e la diffusione di una cultura moderna
emancipata dal cattolicesimo hanno portato a un progressivo indebolimento della presenza cattolica negli Stati e nelle società, almeno nell’Europa occidentale. Il cattolicesimo è in bilico e sta subendo una lunga crisi il cui esito, in Occidente, è l’emergere di
una cultura postcristiana. Gli uomini e le donne che la vivono
stanno perdendo il contatto con realtà cattoliche che non sono
state loro trasmesse in alcun modo, ma la cui conoscenza è purtuttavia indispensabile per capire la società nella quale vivono e
muoiono.
Questa celebre formula è dovuta allo storico Henri-Irénée Marrou, che la
usa come titolo del secondo capitolo del suo libro De la connaissance historique, Seuil, Paris 1954 [ed. it. La conoscenza storica, Il Mulino, Bologna
1997].
2
È noto il caso dei sette monaci cistercensi del monastero algerino di Notre-Dame-de-l’Atlas, a Tibhirine, sequestrati e trucidati nel 1996. Il punto
sulla questione, in una prospettiva non limitata al solo cattolicesimo, si
può trovare in Andrea Riccardi, Il secolo del Martirio. I cristiani nel Novecento, Mondadori, Milano 2000.
3
Storia della Chiesa dalle origini fino ai giorni nostri, cominciata da Augustin
Fliche e Victor Martin; continuata da G. Battista Duroselle ed Eugenio
Jarry; versione italiana curata da Amato Pietro Frutaz, 25 voll., S.A.I.E., Cinisello Balsamo Edizioni Paoline - Edizioni San Paolo, Torino 1951-1994.
Quest’opera monumentale riposa sulla collaborazione di storici provenienti dall’insegnamento pubblico o da istituti cattolici.
4
Jean Delumeau (a cura di), Storia vissuta del popolo cristiano, SEI, Torino
1986.
5
Un esempio di applicazione di questo metodo alla storia di un’élite cattolica composta da 515 personalità si può esaminare in Jacques-Olivier
Boudon, L’Épiscopat français à l’époque concordataire, 1802-1905, Le Cerf, Pa1
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ris 1996. Alcuni anni prima della pubblicazione di questo volume, Claude
Langlois aveva sfruttato in modo ugualmente degno di nota il metodo
quantitativo, con il suo vasto studio su ben 200 mila individui: Le Catholicisme au féminin. Les congrégations françaises à supérieure générale au XIXème
siècle, Le Cerf, Paris 1984.
6
Jean-Marie Mayeur, Charles e Luce Piétri, André Vauchez, Marc Venard
(a cura di), Storia del Cristianesimo, 14 voll., edizione italiana a cura di Pietro Stella, Borla, Roma 2003. Si tratta di un vero e proprio affresco ecumenico, un’opera diretta da accademici francesi con i quali collaborano anche
esperti appartenenti ad altre nazioni.
Indice
7
Introduzione
19
1. Un secolo per nascere (circa 30-135)
Gesù di Nazaret o Gesù Cristo?, 19
Gerusalemme e Roma, 25
Dall’ebraismo al cristianesimo, 28
Conflitto con l’Impero romano, 30
La fondazione della Chiesa, 34
Una favorevole congiuntura religiosa, 38
45
2. Cresce il numero dei cristiani (dal 135 circa al III secolo)
Un corpo estraneo, 45
Le tre direttrici dell’evangelizzazione, 49
Divergenze dottrinali ed eresie, 52
Aspri dibattiti interni, 56
L’elaborazione della gerarchia, 60
Un dittico scritturale, 64
Tra fascinazione e repulsione, 66
75
3. Il grande rivolgimento (IV secolo)
La clandestinità cambia campo, 75
Donatismo, arianesimo e cristianesimo, 81
Le ambiguità della cristianizzazione, 86
I nuovi itinerari della fede, 90
Il progresso dell’organizzazione ecclesiastica, 93
La trasfigurazione della cultura pagana, 96
103
4. Migrazioni di popoli e problemi dottrinali (V e VI secolo)
La Chiesa orientale e l’imperatore, 103
La Chiesa latina e i barbari, 106
La fioritura monastica, 112
Dalle controversie dottrinali alle secessioni ecclesiali, 118
Roma e Costantinopoli, 125
Essere cristiani in Oriente e in Occidente, 128
139
5. Una Chiesa, due culture: Oriente e Occidente (VII secolo - metà
dell’XI)
Le invasioni e le loro conseguenze, 139
La crisi iconoclasta, 144
Cristianesimo e potere politico, 148
Il consolidamento interno, 156
Espansione geografica, 161
Fragilità della cultura, 169
Una frattura religiosa di troppo, 172
I primi frutti della rinascita in Occidente (X-XI secolo), 178
187
6. L’affermazione della cristianità latina (dalla metà dell’XI secolo
al XIII)
Una Chiesa riformata dall’alto, 187
Il fallimento della supremazia pontificia, 192
Il cristianesimo alla guerra, 197
La ricerca della salvezza: monachesimo ed eresie, 206
Essere cattolici, 219
Il rapporto tra fede e ragione, 236
249
7. Un periodo turbolento (XIV e XV secolo)
Il segno dell’inquietudine, 250
Papi, sovrani e concili, 253
I limiti mutevoli dell’eresia, 266
Un’espansione senza entusiasmo, 269
La strada della salvezza in tempo di crisi, 272
Spiacevoli incrinature, 282
291
8. Rotture, riforme, conquiste (XVI secolo - metà XVIII)
«Via da Roma!» («Los von Rom!»), 292
L’implosione della Chiesa latina, 295
Riforma cattolica e Controriforma, 308
L’applicazione del Concilio di Trento, 315
Chierici e laici nel cattolicesimo riformato, 320
I cattolici e gli altri, 326
La crisi giansenista, 339
Gli esordi della secolarizzazione, 343
351
9. L’urto della modernità (metà XVIII secolo - 1870)
Una rivoluzione culturale: i Lumi, 352
Le metamorfosi della Rivoluzione francese, 361
Aggiustamenti politici e religiosi, 369
I pericoli aumentano, 375
Le risposte cattoliche, 380
Una vitalità ritrovata, 388
399
10. Iniziative e inerzie (1870-1958)
Chiudere o socchiudere la porta?, 400
L’accettazione della democrazia liberale, 406
La Santa Sede sulla scena internazionale, 416
Scristianizzazione e rinnovamenti, 424
La presenza nel mondo, 431
La riorganizzazione del cattolicesimo, 436
445
11. La via mediana (dal 1958 ai giorni nostri)
L’aggiornamento, 445
Speranze e delusioni postconciliari, 454
Inquietudini nel cattolicesimo, 460
La riorganizzazione del cattolicesimo, 468
La mondializzazione della Santa Sede, 475
481
Conclusione
485
493
Indicazioni bibliografiche
Indice dei nomi
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