Regione del Veneto Giunta Regionale Sezione Attività Culturali e Spettacolo ACCORDO DI PROGRAMMA Grande Guerra luoghi e memorie, celebrazioni del centenario della Grande Guerra Il cinema incontra la storia, la storia incontra il cinema sottoscritto con A.G.I.S. - Delegazione Interregionale delle Tre Venezie Piazza Insurrezione n. 10 – 35139 PADOVA – mail [email protected] – Tel. 049 8753141 – Fax 049 8751440 WAR HORSE un film di STEVEN SPIELBERG SCHEDA FILM Genere: Avventuroso storico Regia: Steven Spielberg Titolo Originale: War Horse Distribuzione: Walt Disney Company Italia Produzione: Amblin Entertainment, The Kennedy/Marshall Company, Dreamworks Durata: 146 minuti Sceneggiatura: Lee Hall, Richard Curtis Direttore della Fotografia: Janusz Kaminski Montaggio: Michael Kahm Scenografia: Rick Carter Costumi: Joanna Johnston Attori: Jeremy Irvine, Peter Mullan, Emily Watson, David Thewlis, Benedict Cumberbatch, Stephen Graham, Toma Hiddleston SINOSSI Il regista Steven Spielberg dirige un nuovo film epico dal gusto classico: la storia di un cavallo sensibile ed intelligente sullo sfondo della prima guerra mondiale e del suo viaggio emozionante che tocca i temi dell’amicizia, della lealtà e del coraggio. Sul primo piano del legame fra un ragazzo e il suo cavallo, il fim mostra grandi battaglie, fughe rocambolesche e l’odissea dei due protagonisti in un mondo dilaniato dalla guerra. Seppur divisi, il ragazzo e il cavallo restano sempre uniti, guidati dalla fedeltà reciproca e dalla comune speranza di riuscire, un giorno, a tornare a casa. Adattato da una delle grandi storie moderne sull’amicizia in tempi di guerra, il film è tratto dal romanzo che ha generato un avvincente spettacolo teatrale, vincitore di cinque Tony Awards®, anche come Miglior Play. Spielberg ha quindi ulteriormente adattato la vicenda per il grande schermo, realizzando un film spettacolare che racconta in realtà una vicenda intima e personale. Dichiara Spielberg: “‘War Horse’ parla dei sacrifici che si compiono per amore — i sacrifici di un ragazzo in tempo di guerra che cerca strenuamente di ritrovare il suo cavallo e i sacrifici di un cavallo che lotta per la sopravvivenza, in un periodo buio della storia. Nonostante la separazione, i loro destini restano sempre intrecciati”. Il viaggio inizia al culmine della prima guerra mondiale, quando una famiglia di agricoltori inglesi che versa in gravi difficoltà finanziarie, compra un vivace puledro da caccia ad un’asta. Il cavallo viene chiamato Joey, e, all’inizio, i proprietari Ted e Rosie Narracott non lo considerano una grande risorsa ma il figlio Albert è deciso a domarlo e ad addestrarlo e a trarre il meglio dallo spirito indomito di Joey, dalla sua agilità e dal suo affetto. I due diventano inseparabili, ma quando scoppia la guerra saranno costretti a prendere strade diverse: Joey viene venduto e condotto al fronte da un ufficiale della cavalleria inglese. A questo punto inizia il labirintico viaggio di Joey attraverso vicende di gioia e di dolore, imprese difficili e grandi sorprese, avventure che lo renderanno un eroe e in cui verrà apprezzato per la sua innocenza, la purezza dei suoi intenti e l’incondizionata devozione nei confronti dei suoi amici umani. Joey trainerà ambulanze sui campi di battaglia, accompagnerà due soldati tedeschi in fuga, conforterà una bambina francese malata e trascinerà imponenti cannoni in cima a una montagna. Mentre cresce la tensione del film, per giungere al suo culmine, anche Albert si ritrova in trincea, impegnato in una missione pericolosa, e Joey resta intrappolato nella desolata Terra di Nessuno, fra il territorio inglese e quello tedesco. Ma anche quando tutto sembra perduto, il cavallo riuscirà ad approfittare di una momentanea tregua di pace per ritrovare il suo amico e rinnovare il suo sogno di tornare a casa. L’odissea di un cavallo Come si fa a raccontare l’amore, la guerra, la forza d’animo e la speranza quando il protagonista è un innocente cavallo di campagna che cerca solo amicizia, gentilezza e la propria casa? Questa sfida ha immediatamente conquistato Steven Spielberg quando ha letto il romanzo di Michael Morpurgo, “War Horse”. Il libro è il racconto originale e suggestivo di una vicenda di guerra. La guerra ha costituito l’ambientazione di tante storie diverse storie, vicende d’amore, di eroismo, dilemmi morali, storie di famiglie divise che trascendono le avversità. Ma in questo caso la guerra fa da sfondo a una storia che non era ancora mai stata raccontata: il viaggio di un animale costretto a combattere, ma privo di malvagità, ignaro degli schieramenti, spinto solo dall’implacabile desiderio di sopravvivere e di riuscire a tornare dalla famiglia che ama. Per rendere giustizia alla storia era necessaria una squadra artistica e tecnica capace di entrare in sintonia con il noto talento di Spielberg di raccontare la condizione umana. Il film, per quanto epico, non doveva puntare sugli effetti speciali, bensì su uno stile cinematografico ‘artigianale’, lavorando con umanità ed intelligenza con splendidi animali e coinvolgenti performance umane, guidando una troupe capace di sovrapporre il tema del trionfo spirituale allo scenario di un colossale conflitto storico. “War Horse” è una storia classica che intreccia una catena di storie individuali sul potere della speranza nelle asperità. Il romanzo è fortemente allegorico. Il play, che Spielberg ha visto per la prima volta a Londra su consiglio della sua fidata collaboratrice, la produttrice Kathleen Kennedy (che da 40 anni produce i grandi film di Spielberg), era molto coinvolgente sul piano emotivo con il suo estroso utilizzo di imponenti pupazzi stilizzati a forma di cavallo. Tuttavia Spielberg si è reso immediatamente conto di dover trovare il proprio modo visivo per far vivere la storia sul grande schermo. E a quel punto si è letteralmente lanciato nel progetto. “I pupazzi erano magnifici sul palco, ma per il film non avevo dubbi: dovevamo utilizzare cavalli veri”, spiega Spielberg. “Il libro è raccontato dal punto di vista di Joey, di cui il lettore riesce a sentire persino i pensieri. Questo approccio non avrebbe funzionato nel film, nonostante sia stato importante per capire che si può raccontare una storia da diversi punti di vista”. Seguendo un percorso differente, il film di Spielberg si avvale dalla tradizione dell’odissea, il mitico viaggio che spinge un giovane eroe ad addentrarsi nei pericoli del mondo per poi riemergerne più saggio, più forte e più consapevole. Stavolta però il punto di vista è quello del silenzioso esponente di un’altra specie, un cavallo colmo di umanità che diventa il testimone di una tragica e toccante vicenda umana. Strutturalmente il film è formato da tante situazioni diverse che confluiscono l’una nell’altra: il villaggio rurale, quasi fiabesco, dell’infanzia di Joey lascia il posto allo shock e all’adrenalina di un implacabile campo di battaglia, che a sua volta cede il passo ad un’ idilliaca fattoria francese in cui si assaporano i piaceri pastorali, un’oasi in mezzo al pandemonio delle trincee e delle nebbie desolanti della Terra di Nessuno; e tutto ciò non fa altro che rinforzare il bel ricordo del villaggio che Joey ha dovuto lasciare ma al quale aspira a tornare. Il coraggio è il tema ricorrente del film, il sentimento che guida Joey e Albert nel corso di quattro anni irti di pericoli, in cui i due amici vengono divisi forzatamente. “‘War Horse’ si basa proprio sul concetto di coraggio, sull’idea di agire non solo per se stessi ma per il bene di chi si ama. Questo tema emerge continuamente e in vari modi nella storia”, osserva Spielberg. Continua il regista: “Albert e Joey credono fermamente l’uno nell’altro. Tutto inizia quando insieme cercano di arare un campo sassoso e infertile nel Devon, prima della guerra. Questa impresa stabilisce una profonda sinergia ed una collaborazione empatica fra il cavallo e il ragazzo; anche quando vengono separati dalla guerra, il pubblico sa che prima o poi sono destinati a rivedersi. E quando questo accade, improvvisamente, dopo tante peripezie, sarà meraviglioso”. Nel corso del suo viaggio Joey incontra ovunque uomini e animali disposti a tutto pur di sopravvivere. Fin dall’inizio Spielberg era intrigato dall’idea di raccontare una storia che passa fluidamente da una situazione all’altra, attraverso le esperienze di Joey’. “Non credo di aver mai lavorato prima d’ora con un formato del genere, composto da episodi, in cui tante piccole storie si intrecciano dando vita ad un racconto più ampio” osserva il filmmaker. “I personaggi si avvicendano intorno a Joey, e il pubblico assiste al modo in cui interagiscono con lui, e in cui ognuno viene influenzato da questo cavallo”. Al di là della provenienza di questi personaggi – che siano inglesi, francesi o tedeschi Spielberg era interessato a mostrare l’umanità delle loro azioni. Il fine di “War Horse” non è quello di identificare un nemico, ma di raccontare il modo in cui tante persone diverse trovano conforto e consolazione in Joey. “Il film non si schiera con nessuno, non discrimina i buoni dai cattivi”, spiega Spielberg. “Il senso della storia è il modo in cui i personaggi si relazionano al cavallo. I cavalli non hanno idee politiche; si preoccupano principalmente di svolgere le loro mansioni. E questo è ciò che rende la storia tanto umana nonostante lo sfondo della guerra”. Un altro elemento di fascino, secondo Spielberg, è il mistero del forte legame che l’uomo stabilisce con la natura. Il filmmaker stesso possiede dei cavalli e sa quanto possano diventare amici degli uomini. In questo film voleva raccontare i sentimenti dei cavalli così come non si era mai visto al cinema prima d’ora, mostrandoli in tutta la loro più pura e istintiva nobiltà d’animo. “Vivo con i cavalli da 15 anni e so quanto possano essere espressivi”, dice il regista. “Ma spesso i film non si soffermano ad esplorare i sentimenti dei cavalli. Nei film di ‘Indiana Jones’, ad esempio, il mio lavoro è stato quello di concentrarmi sul protagonista e non sul suo fido destriero. Ma durante la lavorazione di ‘War Horse’, sono rimasto stupefatto dalle reazioni emotive dei cavalli. Nel play i pupazzi riuscivano a trasmettere le emozioni dei cavalli alla gente perché erano pupazzi, ma io volevo riuscire a farlo utilizzando animali veri nel film”. Appassionato di storia, Spielberg era consapevole che le difficoltà affrontate sia dai cavalli che dagli uomini nella prima guerra mondiale sono state davvero strazianti. Nota come “la guerra che avrebbe posto fine a tutte le guerre” perché nessuno riusciva più ad immaginare di ripetere una simile esperienza, questo conflitto prese le distanze dal codice d’onore che caratterizzava i precedenti, per via della disumanizzazione dei bombardamenti di massa con armi moderne. Spielberg ha voluto ancorare il film alla storia, senza lasciarsi prendere la mano, evitando di mostrare un’eccessiva crudezza. “Volevo raccontare la storia in modo ‘onesto’”, spiega il regista. “Ma a differenza di ‘Salvate il soldato Ryan’ o della miniserie ‘Band of Brothers’ e ‘The Pacific’, non volevo esplorare la guerra. Volevo raccontare il viaggio di Albert e del suo cavallo e farne un’esperienza condivisibile da tutta la famiglia”. Per realizzare il film, Spielberg ha ritrovato il gruppo dei suoi fidati collaboratori che lo assiste da sempre nelle sue magnifiche produzioni di grande rilievo culturale. “Tutti i leali membri di questa grande famiglia, che conosco da anni e con cui ho lavorato in tanti miei film, si sono uniti a me per realizzare ‘War Horse’”, spiega. “La loro presenza ha arricchito questa splendida esperienza”. Il cast e la troupe considerano il film un perfetto connubio fra l’artista e la storia. Riassume lo sceneggiatore Lee Hall: “Il protagonista non parla, ma Steven ha la capacità straordinaria di riuscire a raccontare una storia straordinaria nel modo più semplice, suscitando grandi emozioni. La sua opera è tutta costellata da personaggi di rilievo, figure originali, ma con cui riusciamo a stabilire un forte legame e in cui possiamo identificarci”. La produzione è inoltre permeata da una forte senso di storicità, il senso del percorso della storia. “Si percepisce un profondo rispetto per coloro che hanno vissuto questi eventi”, dice Richard Curtis. “La scenografia è molto fedele, dato che Steven ha cercato la massima autenticità emotiva, evitando di romanzare gli eventi, e creando un’esperienza reale, che lascia a Joey e ad Albert la possibilità di tornare a casa”. Aggiunge il compositore cinque volte premio Oscar® John Williams, la cui musica è imprescindibile dai film di Spielberg dal 1974: “Mi chiedo chi altri – se non Steven avrebbe mai potuto dirigere, rappresentare, fotografare e montare una storia come questa con una tale forza e precisione!” La carica di cavalleria Uno dei momenti più difficili con i cavalli è stata la scena in cui la prima volta in cui Joey vede la macchina da guerra umana e prende parte ad una delle ultime grandi cariche di cavalleria contro le forze tedesche. Le cariche di cavalleria sono un classico della guerra sin dai giorni dei cavalieri armati ma sono scomparse durante la prima guerra mondiale, quando la combinazione di mitra e filo spinato si rivelò devastante per le truppe a cavallo. Nel 1914 il 10% delle truppe inglesi combatteva a cavallo ma nel 1917 la percentuale si era drasticamente ridotta al 2%. Per fare in modo che la carica di cavalleria che inaugura l’esperienza di Joey alla guerra fosse perfetta, Spielberg ha utilizzato la pre-visualizzazione. “Era importante che tutti, specialmente gli addestratori e i cavalieri, vedessero con i propri occhi cosa dovevano fare. Volevo che la Humane Association, gli stunt e gli addestratori si avvalessero della pre-visualizzazione per poter esprimere il loro giudizio sulla sicurezza e sulla fattibilità. Si trattava di preparare bene la scena e di renderla sicura per i cavalli”. Spielberg ha reclutato un consulente speciale di cavalleria, Dr. David Kenyon, che è rimasto senza parole nel vedere la storia da lui studiata per anni, prendere vita davanti ai suoi occhi. “E’ stata un’esperienza straordinaria vedere ciò che avevo sempre e solo letto sui libri”, racconta Kenyon. “La prima volta che ho visto i soldati a cavallo nelle loro uniformi, ognuno dotato del più autentico equipaggiamento, ho sentito un brivido lungo la schiena”. Il numero di cavalli coinvolto nella produzione è impressionante. “Le cariche di cavalleria richiedevano oltre 100 cavalli”, osserva Kathleen Kennedy. “E queste sequenze dovevano essere realizzate correttamente in due o tre riprese, altrimenti i cavalli si stancano. E’ stata una vera sfida”. Per aggiungere maggiore dinamismo alla scena, Spielberg ha fatto correre i cavalli attraverso le tende. “Abbiamo utilizzato lo sgancio e l’autoscatto per far cadere le tende al passaggio dei cavalli, senza intralciarli in alcun modo”, spiega il supervisore effetti speciali Neil Corbould. “Abbiamo usato anche tavoli con parti componibili, che si rompevano facilmente, nonché sedie di polistirolo, e con i giusti effetti sonori, sembrava che i cavalli vi passassero attraverso. Ma nessuno di loro si è fatto male”. Per mostrare ciò che la cavalleria doveva affrontare nella moderna macchina da guerra, il maestro armatore del film Simon Atherton ha procurato vecchi fucili Maxim, il primo mitra automatico noto anche come “il pennello del diavolo” per il potere del suo fuoco. “Alcuni collezionisti e mercanti ci hanno dato in prestito dei veri fucili, ovviamente caricati a salve”, spiega Atherton. “I soldati inglesi, invece, sono stati dotati di una copia delle spade della cavalleria inglese del 1908 mentre gli ufficiali brandivano il modello 1912. Affinché risultassero leggere, le sciabole sono state fatte di bambù e quindi cromate”. Sempre privilegiando la sicurezza, il cast è stato conquistato dalla storicità della rappresentazione. “C’è qualcosa di eroico negli uomini che combattono a cavallo. Nel 1914 doveva essere davvero una visione spettacolare, corroborata da forti convinzioni e da trionfalismo”, afferma Benedict Cumberbatch. E’ stata un’esperienza che ha fatto riflettere i giovani attori. Racconta Tom Hiddleston: “Steven è stato straordinario nella scena della cavalleria. Mi ha detto: “All’inizio della ripresa devi avere un’espressione combattiva, ma quando senti che la cinepresa si sposta sul tuo viso, devi ringiovanire almeno di 20 anni. Quando vedi quei mitra, devi dimostrare nove anni. Voglio vedere il bambino che è in te’. Credo che sia stato il consiglio migliore che abbia mai ricevuto dal punto di vista professionale. Spielberg voleva catturare la perdita dell’innocenza nel corso di quella terribile esperienza”. La prima Guerra Mondiale di L.D.F. (tratto dall’Atlante storico del mondo De Agostini) All’alba del XX secolo in Europa si acutizzarono le tensioni e le rivalità tra gli Stati: contrariamente a quanto ci si attendeva dallo sviluppo economico, si rinfocolarono le ideologie guerrafondaie e più dichiaratamente nazionalistiche. Diversi episodi di crisi nei rapporti internazionali accentuarono quelle rivalità che già da tempo minavano le prospettive di una pace durevole. Inquietava principalmente il duello che Francia e Germania avevano ingaggiato da quasi cinquant’anni e che aveva visto la potenza tedesca uscire clamorosamente vincitrice nella battaglia di Sedan del 1870. Vendicare quell’offesa, costata la perdita dell’Alsazia e della Lorena, divenne per i Francesi una sorta di imperativo morale che con il trascorrere degli anni, anziché stemperarsi, si riaccese a causa dell’aggressiva politica colonialista abbracciata dai Tedeschi. Il secondo punto caldo dello scacchiere europeo era rappresentato dai Balcani, dove nei territori del declinante impero ottomano si stava consumando un intricato e rissoso conflitto di nazionalità e di etnie nel quale erano direttamente implicate Austria e Russia e, indirettamente, Francia e Regno Unito. Nel 1908 l’annessione della Bosnia da parte dell’Austria-Ungheria fece temere un conflitto allargato, che solo la momentanea neutralità della Russia impedì che si scatenasse. La Serbia comunque, ferita nel suo orgoglio di giovane nazione, era in allarme. L’acutizzarsi della tensione innescò la corsa agli armamenti e la mobilitazione dei soldati. Persino piccole nazioni, come il Belgio e l’Olanda, coinvolte in questo clima di estremo nervosismo, imposero per la prima volta il servizio militare obbligatorio. Ovunque si mise in moto una gigantesca macchina istituzionale ed economica predisposta al conflitto. Causa concreta della guerra fu l’attentato del 28 giugno 1914 a Sarajevo, in cui perse la vita l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austro-ungarico: il governo di Vienna inviò un ultimatum alla Serbia, ritenendola corresponsabile del grave atto terroristico. A quale punto la catena delle alleanze internazionali fece precipitare la situazione, così che in rapida sequenza quasi tutti gli stati europei si trovarono in guerra. Nell’estate del 1914 anche il Giappone scese in campo contro il Reich per impossessarsi dei possedimenti tedeschi in Asia: era il segnale che il conflitto avrebbe avuto un’inattesa dimensione mondiale. Infatti, con la partecipazione dell’Italia nel 1915, degli Stati Uniti nel 1917 e di altri paesi americani ed europei, si contarono ben ventotto nazioni diversamente coinvolte e divise negli schieramenti opposti: da una parte le potenze alleate, cioè il Regno Unito, la Francia, la Russia, l’Italia, gli Stati Uniti e altri Stati minori, unite da un patto chiamato dell’Intesa; dall’altra, gli Imperi centrali con Germania e Austria-Ungheria in testa, cui si allearono successivamente impero ottomano e Bulgaria. Sin dai primi mesi fu manifesta la vera natura della prima grande guerra dell’era industriale, dominata dalle nuove e micidiali armi chimiche, dalla potenza e precisione di fuoco dell’artiglieria, dalle navi d’acciaio, dall’impiego di aeroplani, carri armati e sommergibili. Non sarebbero state risolutive le singole battaglie in campo aperto; lo scontro si sarebbe consumato piuttosto in un logorante conflitto più di posizione che di movimento, per sostenere il quale ogni paese avrebbe dovuto dimostrare grandi capacità di tenuta morale, politica ed economica. I sei fronti Le operazioni militari si svolsero su sei fronti: l’occidentale, lungo la Marna e la Somme; l’orientale, o russo, molto esteso e privo di barriere naturali; il meridionale, o serbo; l’austro-italiano, sulle Alpi orientali e in Carnia; il greco, a nord di Salonicco, e il mediorientale o caucasico. Ogni anno di guerra fu scandito da eventi specifici. Il 1914 vide in pochi mesi il fallimento del piano tedesco che prevedeva in fulminante successione lo sfondamento delle linee francesi e l’attacco a est. Nel 1915 fu lanciata una grande offensiva tedesca che si concluse con l’occupazione dell’intera Polonia; inoltre iniziarono i combattimenti in Grecia e negli Stretti del Bosforo e dei Dardanelli con un’iniziale prevalenza degli Imperi centrali e dei loro alleati; contemporaneamente si infranse contro la formidabile difesa alpina l’obiettivo dell’Italia di spezzare le linee austriache per piombare con rapidità su Trieste. Il 1916 fu l’anno dei terrificanti massacri nelle trincee che costarono la vita a milioni di soldati. Sul piano strategico gli Imperi centrali si avvantaggiarono ponendo sotto il loro controllo la Romania con le sue importanti risorse di grano e di petrolio. Il 1917 risultò essere l’anno decisivo a causa sia dell’ingresso in guerra degli Stati Uniti (che servì a controbilanciare la pesante emorragia di uomini e di armi subìta dall’Intesa dopo il ritiro della Russia, travolta dalla rivoluzione bolscevica) sia del fallimento dell’offensiva per mare lanciata dalla Germania contro il Regno Unito. E sempre nel 1917 l’esercito italiano subì la più tremenda delle sconfitte, le truppe austriache ruppero le nostre linee a Caporetto e giunsero fino al Piave, dove la terza armata italiana riuscì a fermarle e a riorganizzare l’esercito in rotta che bloccò la linea difensiva sul fiume. Nel 1918 i combattimenti prefigurarono la vittoria finale dell’Intesa. Sui Balcani 700.000 soldati alleati lanciarono l’offensiva vincente; nella pianura veneta gli italiani conseguirono un successo decisivo nella battaglia di Vittorio Veneto (24-30 ottobre) che riscattò la ritirata di Caporetto dell’anno precedente; sul fronte occidentale, truppe anglo-francesi appoggiate dal contingente americano prima bloccarono un possente attacco tedesco, poi iniziarono la controffensiva. L’imminenza della sconfitta e soprattutto le agitazioni politiche interne costrinsero l’imperatore Guglielmo II ad abdicare, e subito dopo fu il governo della repubblica tedesca, proclamata in novembre, a firmare l’armistizio, accettando tutte le condizioni imposte dagli Alleati. Analogamente si comportò l’impero austro-ungarico, travolto tanto dai successi italiani quanto dalla ribellione delle tre principali nazionalità, l’ungherese, la boema e la slava, che vivevano all’interno dei suoi confini. Nel gennaio del 1919 si aprì a Versailles una grande conferenza di pace che aveva il compito di ridisegnare la carta d’Europa. Protagonisti furono il presidente americano Wilson, il primo ministro francese Clemenceau e quello inglese Lloyd George; l’Italia vi ebbe invece un ruolo secondario. Il trattato di Versailles stabilì una pace punitiva nei confronti delle potenze sconfitte, e in particolare della Germania, reputata responsabile del conflitto. Essa venne privata di molti territori (tra cui la ricca regione mineraria dell’Alsazia-Lorena, conquistata nella guerra del 1870 contro la Francia) e costretta a ridurre il suo esercito e a pagare una somma ingente, che avrebbe distrutto negli anni seguenti la sua economia, per riparare ai danni di guerra. L’Italia ebbe il Trentino, l’Alto Adige, ma non la Dalmazia, prevista nel patto di Londra (26 aprile 1915), né Fiume e questo provocò agitazione soprattutto tra le fine dei nazionalisti. L’Europa si arricchì di nuovi Stati, derivanti dalla frantumazione degli imperi preesistenti: Austria, Ungheria, Jugoslavia, Cecoslovacchia. Col trattato di Sèvres nel 1920 si procedette infine allo smembramento dell’impero ottomano che perse il Medio Oriente, affidato alla Francia e al Regno Unito. Spunti di Riflessione di L.D.F. 1. Perchè all’inizio del XX secolo crebbero le tensioni e le rivalità fra gli Stati europei? Approfondite l’argomento. 2. Le tensioni tra i vari popoli europei di cui parliamo nella domanda precedente, erano, soprattutto, provocate dall’affermazione dei vari nazionalismi, legati a momenti e a situazioni storiche spesso di poca importanza come quando l’Italia passò dalla Triplice intesa (Francia Inghilterra e Italia) alla Triplice alleanza per cui si unì alla Germania, all’Austria-Ungheria per un disaccordo con la Francia. Effettuate ricerche in merito. 3. Certo è che il bacillo virulento che scatenò la I guerra mondiale tra Francia e Germania fu un disaccordo che risaliva ad anni e anni prima, in quanto i francesi ancora non sopportavano la sconfitta di Sedan del 1870. Chi venne sconfitto a Sedan e quali fattori negativi provocò tale sconfitta per i francesi? 4. Con la sconfitta di Sedan del 1870, la Francia perse due regioni al confine con lo Stato tedesco e che hanno dato, da sempre, origine a scontri e guerre fra i due paesi. Questo fatto si è verificato anche durante la II guerra mondiale (1939-1945). Quali sono i nomi delle due regioni e perché sono tanto importanti per i due Stati? 5. La reazione della Francia nel 1914 (inizio dalla I guerra mondiale) fu dovuta anche all’aggressivo affermarsi della Germania in Africa. Perché e cosa era accaduto? 6. Altro elemento politico che nel 1914 scatenò la guerra fu la situazione della penisola balcanica, appartenente all’impero ottomano in fase di disfacimento e su cui si accentravano gli interessi diretti di Russia e Austria e l’attenzione di Francia e Regno Unito. Perché? 7. Winston Churchill scrisse parlando della penisola balcanica: “La penisola balcanica, nel corso dei secoli, ha prodotto più politica di quanta ne potesse ingurgitare”. Dopo aver risposto alla domanda precedente, commentate questa frase del grande statista. 8. Nel 1908 l’Austria annesse la Bosnia, suscitando le ire della Serbia, giovane Stato ormai indipendente dall’impero ottomano. Ma la guerra scoppiò anni dopo per un attentato commesso a Sarajevo. Chi fu la vittima dell’attentato e perché, dopo il fatto, il conflitto non poté più essere fermato? 9. La guerra scoppiò nel 1914; l’Italia entrò nel conflitto il 24 maggio 1915. Perché dopo un anno? E non vi sembra strano che, anche all’inizio della II guerra mondiale (1° settembre 1939), l’Italia vi entrasse un anno dopo, il 10 giugno 1940? Approfondite l’argomento e commentate. 10. La I guerra mondiale coinvolse ben 28 Stati. Da una parte: il Regno Unito, la Francia, la Russia, l’Italia, nel 1917, gli Stati Uniti e altri paesi minori; dall’altra: la Germania, l’Austria, l’Ungheria, l’Impero ottomano e la Bulgaria. Anche in Asia uno Stato si alleò con il I gruppo. Qual era questo Stato e quali i suoi scopi? 11. Nel 1914 i tedeschi scatenarono la loro più forte offensiva nei riguardi della Francia ma vennero fermati sulle rive della Marna dai soldati o meglio dal popolo francese, a 60 km da Parigi. Famoso fu, in questo scontro, l’apporto dei taxi parigini. Effettuate ricerche. 12. Nel 1914 non si verificò la conquista di Parigi da parte del popolo tedesco come era avvenuto nel 1870 e come avvenne … Approfondite l’argomento. 13. La I guerra mondiale fu, innanzitutto, una guerra di trincea. Cosa si intende con questa definizione? 14. Nel 1916 gli imperi centrali attuarono contro il nostro fronte (Alpi orientali e Carnia) la Strafexpedition. Come si svolse? E i nostri ressero l’urto? 15. Nel 1917 cadde l’impero zarista. Lenin, il capo del governo sovietico, chiese subito l’armistizio all’Intesa che venne accettato. Quanto e perché la fine dello zar determinò per noi la tragica ritirata di Caporetto? 16. Quanto la partecipazione alla guerra degli Stati Uniti nel 1917 (divenuta però effettivamente operativa nel 1918) fu causa della sconfitta degli imperi centrali? 17. Quale fu la battaglia in cui l’esercito italiano, nel 1918, pose la parola fine alla I guerra mondiale sul proprio fronte? 18. La pace di Versailles del 1919 che avrebbe dovuto porre fine a tutte le guerre, creò invece la base di un’altra guerra futura (il II conflitto mondiale) per le condizioni che i vincitori imposero ai vinti soprattutto alla Germania, portandola al nazismo. Approfondite l’argomento. 19. Perché, durante la guerra, la famiglia Narracott che viveva nella campagna inglese, pur se in difficoltà economiche, comprò un giovane e scattante cavallo da caccia che venne chiamato Joey? 20. Albert, il figlio dei Narracott e Joey divennero amici quando cercavano di arare un campo sassoso e infertile nel Devon. Ed è lì, mentre lavorano faticosamente che sorse tra loro una sorta di empatia che non li abbandonerà mai. C’è un solo momento nella storia in cui Albert dubitò di Joey e Joey del ragazzo? 21. Perché Joey venne tolto alla famiglia Narracott per essere mandato in guerra? 22. La I guerra mondiale fu l’ultima in cui i cavalli vennero adoperati in battaglia anche se il loro uso si protrasse, raramente, durante il II conflitto. E l’ultima carica di cavalleria di cui si ha notizia fu italiana: nel 1943 gli ufficiali e i soldati del Savoia cavalleria si lanciarono, in groppa ai loro cavalli, contro i cannoni russi. Non sopravvisse nessuno. Fu eroismo o la consapevolezza che la morte, comunque, li stesse attendendo? 23. Quando e perché Joey partecipò a una eroica carica di cavalleria dell’esercito inglese? Chi lo cavalcava e quali erano i rapporti di Joey con quest’uomo? Joey sopravvisse e il cavaliere? 24. Joey, pur con il ricordo di Albert e della sua casa nel cuore, compì il suo dovere, sempre non distinguendo bandiere e divise. Quando e perché Joey si trovò a trainare ambulanze sul campo di battaglia? Ambulanze, poi, di quale paese? 25. Quando e perché Joey aiutò la fuga di due giovani soldati tedeschi? 26. Quando e perché si trovò in Francia a confortare una bambina malata? 27. Quando e perché finì nelle mani di un sadico ufficiale prussiano? 28. Quando e perché Joey riuscì a trascinare grandi cannoni su una ripida montagna? E quali nemici avrebbero dovuto uccidere questi cannoni? Sapete niente di un cannone enorme chiamato Bertha, legato alla I guerra mondiale? Effettuate ricerche. 29. Quando e perché Albert, ormai soldato, si trova in trincea? Albert era giovanissimo ma, nel 1916, lord Kitchener, ministro della guerra inglese aveva imposto nel paese, abbassando anche il limite di età, la coscrizione obbligatoria? Qual è il significato di queste due parole? 30. Come e perché Joey si trovò intrappolato nella cosiddetta terra di nessuno? E a quale spazio corrispondeva la terra di nessuno se, durante una interruzione degli scontri, vi venivano gettati da parte di ogni esercito o i soldati disertori catturati o i vigliacchi che si provocavano una ferita per essere mandati nelle retrovie? 31. Come e perché Joey e Albert, finalmente, riescono a incontrarsi? 32. E’ la prima volta, nel cinema che la storia di una guerra viene vista attraverso gli occhi di un cavallo che non sa nulla di amici e nemici, di battaglie, di morti, di feriti e di dolore, di opposti schieramenti, anzi Joey è sempre disponibile nei riguardi di tutti e ha un solo scopo: riuscire a tornare a casa sua. Però è incapace di fuggire, quando si ha bisogno di lui. E’ la bontà di Joey, la vera protagonista del film. Siete d’accordo? Esprimete la vostra opinione in merito. 33. E’ giusto dire che Joey, in mezzo alle brutture della guerra, rappresenta l’innocenza? 34. Spielberg afferma che la storia di Joey è la storia di un silenzioso esponente di un’altra specie rispetto agli uomini, di un cavallo, un essere buono che diventa il testimone di una serie di tragiche vicende umane. Siete d’accordo? Commentate. 35. Joey ha un solo modo di relazionarsi con gli “umani” che lo circondano: essere utile. Gli uomini, le donne, i giovani, la bambina che lo affiancano brevemente, hanno, nei suoi riguardi, atteggiamenti diversi. Perché? Citate qualche esempio. 36. “Il fine di War Horse”, per Spielberg, “non è quello di identificare un nemico ma di raccontare il modo in cui tanti esseri umani trovano conforto e consolazione in Joey”. Secondo voi, Spielberg è riuscito nel suo scopo? 37. Il I conflitto mondiale venne definito come “la guerra che avrebbe posto fine a tutte le guerre”. Purtroppo ancora oggi si combatte in molte parti del mondo, in nome della libertà per la conquista del potere e per … Terminate voi la frase. Scheda di approfondimento 1 Quale atmosfera creano le prime immagini del film e la musica – composta da John Williams – che le accompagna? 2 Perché il padre di Albert, il signor Ted Narracott, decide di acquistare Joey all’asta? 3 Ci sono altri momenti del film in cui si assiste a questo tipo di commercio? Quali e che significato assumono? 4 Come viene descritto il signor Narracott e quali tratti emergono con maggior evidenza? 5 Rispetto al punto precedente, che ruolo hanno le figure più anziane e come vengono connotate? 6 Il coraggio è un tema ricorrente che serpeggia in tutta la narrazione. Quando viene trattato? E da quali personaggi? 7 I primi combattimenti del film mettono in luce un contrasto tra due concezioni belliche differenti: provate a spiegare quali facendo degli esempi. 8 Il film evidenzia un profondo scarto tra la modernità tecnologica dei primi decenni del Novecento e una cultura maggiormente ancorata alla tradizione; cercate alcuni esempi e spiegate le contraddizioni che emergono da essi. 9 Nel corso delle battaglie sul territorio francese compaiono alcune armi che fino a quel momento non erano mai stata usate durante i conflitti, quali? 10 Come viene messa in scena la guerra? Quali sono i particolari su cui Spielberg e gli sceneggiatori concentrano la loro attenzione? 11 Rispetto alla domanda precedente, se avete visto altri film sulla prima guerra mondiale provate a fare un raffronto sulle differenti modalità di messa in scena (movimenti di macchina, uso della musica, fotografia, scelta delle situazioni) rispetto ad altre pellicole. 12 Com’è suddivisa e scandita la narrazione? 13 Il romanzo da cui prende le mosse Spielberg narra le vicende dal punto di vista del cavallo, possiamo dire altrettanto del film? 14 La storia è “affollata” da molti personaggi, provate a definire quelli che vi sono sembrati più significativi. 15 Rispetto alla domanda precedente, cercate di riflettere sul perché gli sceneggiatori abbiano deciso di inserire così tanti personaggi. Cosa vogliono comunicarci? 16 La stendardo del settimo battaglione dei cavalieri appartenuto al padre di Albert è un oggetto che ritorna più volte, che ruolo assume dal punto di vista narrativo? E da un punto di vista simbolico? 17 Cos’è la terra di nessuno? Perché è così importante? 18 In diverse interviste Spielberg focalizza la propria attenzione sul tema dell’innocenza. Cercate, attraverso alcuni esempi, di rintracciarlo nelle vicende narrate e di associarlo ad alcuni protagonisti. 19 Uno degli intenti dichiarati del regista è quello di mostrare l’umanità degli esseri umani anche durante un conflitto, vi sembra che ci siano alcune sequenze in cui affiora questo aspetto? 20 Nel film viene più volte posto l’accento sull’importanza di prendersi cura degli altri, quando e in che modo? 21 Più volte Joey rischia di venire ucciso, perché? Chi interviene a salvarlo? 22 War horse parla anche di libertà, in che senso?