Matrimonio, filiazione e unioni non coniugali: quale futuro per i

Jus-online 2/2015
Andrea Nicolussi
Professore ordinario di diritto civile, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano,
membro del Comitato nazionale per la bioetica
Matrimonio, filiazione e unioni non coniugali: quale futuro per i
rapporti etico-sociali?
SOMMARIO: 1. I rapporti etico-sociali e la corrente libertaria nella società liquida. 2. La
famiglia tra neo-istituzionalismo e spinte alla contrattualizzazione. 3. Le convivenze. 4. La
questione omosessuale tra unioni di vita e revisione del matrimonio. 5. La filiazione tra
relazione e autodeterminazione.
1. I rapporti etico-sociali e la corrente libertaria nella società liquida
In questo torno di secolo, si assiste in Italia a una singolare tensione tra le
formule e i principi generali del diritto costituzionalizzato e la loro applicazione, la
quale sembra scivolare verso una progressiva riscrittura in senso libertario dei
rapporti etico-sociali previsti dalla nostra Costituzione 1. La concezione antropologica
personalista, e quindi relazionale, che è stata posta alla base della Carta tende, infatti,
a venire scalzata e mortificata da una antropologia antagonista, contrassegnata
dall’idea di una self-ownership autoreferenziale e insofferente verso ogni limite al
potere di disposizione 2 . Rendere illimitato il potere di disposizione è in fondo
l'obiettivo mitico della globalizzazione mercantile che vede con sfavore il
Contributo sottoposto a valutazione.
1
Secondo A. Baldassarre, Diritti sociali, in Enc. giur. Treccani, XI, Roma, 1989, p. 10, la nostra
Costituzione “esprime un’«immagine di uomo» (Menschenbild) che, se non è più quella del liberalismo classico e
men che meno quella socialista-comunista, appare decisamente funzionale rispetto a una precisa e inequivoca
identità democratico-pluralista: l’idea di persona, nella sua semplice dimensione di essere individuale e di
essere sociale, vi si staglia nettamente, infatti come concetto unificatore dei diritti di libertà con quelli
«sociali»”. Del resto, sul rapporto di tensione a diritti di libertà e diritti sociali, v. L. Mengoni, I diritti sociali, in
Scritti I. Metodo e teoria giuridica, a cura di C. Castronovo-A. Albanese-A. Nicolussi, Milano, 2011, p. 131.
2
Nella dottrina costituzionalistica, cfr., ad esempio, R. Bin, La famiglia: alle radici di un ossimoro, in
Studium iuris 2000, pp. 1066 e ss. Tra i civilisti, l'opzione libertaria è ben visibile in S. Rodotà, Il diritto di avere
diritti, Bari, 2012, passim, il quale, pur non mancando di rilevare il fatto che ogni singolo è inserito in una trama
di rapporti, sostiene che “il tema deve essere analizzato e valutato dal diverso punto di vista della
distribuzione dei poteri, e dunque soprattutto come costruzione di uno spazio giuridico tale da assicurare alla
persona il potere di governo di sé”. Di qui una lettura il cui esito pende verso l'assorbimento, e la riduzione,
della tutela della persona nei rapporti civili all'insegna della libertà fisica e a scapito dei valori propri dei
rapporti etico-sociali.
Diversamente, C. Salvi, La famiglia tra giusnaturalismo e positivismo giuridico, in Scritti in onore di Davide
Messinetti, I, Napoli 2008, 892 ss. sottolinea l'esigenza che il pluralismo non venga interpretato come rifiuto di
una “fondazione etica del diritto”, la quale riguarda anche la famiglia.
La questione è poi talora condizionata da un vizio di prospettiva derivante dall'assunzione di una
premessa semplificatrice che pretende di ridurre il discorso al principio di laicità, brandito quasi come una
sorta di accetta per troncare argomenti, in luogo del più difficile onere di sottoporli a critica razionale. Per un
esempio, cfr. G. Di Cosimo, Quando il legislatore predilige un punto di vista etico-religioso: il caso del divieto di donazione
dei gameti, Stato, Chiese e pluralismo confessionale, 2013, Rivista telematica, www.statoechiese.it
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bilanciamento con i principi di solidarietà e di dignità umana. Tale tendenza è
alimentata anche dall’impatto sociale delle nuove tecnologie al cui potenziamento
corrisponde spesso un depotenziamento sotto il profilo etico-sociale, per via del
moltiplicarsi dei fattori di mediatezza (meccanica o elettronica) tra le persone e per il
divario tra i tempi dell'innovazione tecnologica e quelli della riflessione etica. Certo,
si tratta di fenomeni che conservano ancora molti elementi di ambiguità 3 e non
mancano riflessioni critiche che indubbiamente valgono almeno come spie del
disagio e di una rinnovata istanza di eticizzazione. Spesso però tali discorsi si
muovono in un orizzonte linguistico prevalentemente economico o giureconomico
come, ad esempio, le proposte relative ai beni comuni e ai beni relazionali, l'una
rivolta a riservare un limite di indisponibilità o un vincolo di destinazione riguardo
ad alcuni beni di particolare rilievo per la collettività 4 e l'altra a impedire che nel
discorso economico sia trascurata la dimensione delle relazioni 5. Anche la proposta
3
La stessa tecnica è ambivalente e talora può mutare il significato di certe questioni dibattute da tempo.
Ad esempio, la genetica, se da un lato apre prospettive di possibile selezione eugenetica, dall'altro rafforza la
filiazione come legame genetico, tanto che la nuova disciplina del disconoscimento di paternità (art. 243 bis
c.c.) è stata profondamente modificata. Così, nel campo dell'interruzione della gravidanza, l'aborto
farmacologico favorisce una riprivatizzazione della questione, ma al contempo i più recenti strumenti
diagnostici, che rendono evidente la sagoma umana del feto e le nuove frontiere della neonatologia,
suggeriscono l'idea di un abbassamento del tempo entro il quale consentire l'interruzione volontaria della
gravidanza.
4
Il dibattito sui beni comuni anche in Italia è ormai piuttosto ampio, sebbene non sempre ne risultino
idee chiare e distinte. Ciò può dipendere da varie ragioni tra cui l'incerto confine tra il discorso de iure condito e
quello de iure condendo, e il fatto che alcuni degli autori, talora insofferenti verso la dogmatica giuridica,
muovono da premesse di tipo soggettivista, difficilmente conciliabili con la dimensione della comunanza.
Sicché in alcune rappresentazioni i beni comuni sembrano paradossalmente orfani di un'idea di bene comune.
Limitandosi al dibattito italiano sui beni comuni, e per alcuni riferimenti soltanto, si vedano: U. Mattei, Beni
comuni. Un manifesto, Bari, 2011; M.R. Marella, Il diritto dei beni comuni. Un invito alla discussione, Riv. crit. dir. priv.,
2011, pp. 103 e ss. e Id. (a cura di), Oltre il pubblico e il privato, Verona, 2012; S. Rodotà, Beni comuni: una strategia
globale contro lo human divide, in Oltre il pubblico e il privato, cit., pp. 311 e ss.; L. Nivarra, La funzione sociale
della proprietà: dalla strategia alla tattica, in Riv. crit. dir. priv., 2013, pp. 503 ss.; E. Vitali, Contro i beni comuni,
Roma-Bari, 2013; C. Castronovo, L'eclissi del diritto civile, Milano, 2015, pp. 174 ss. Per un contributo dello
storico del diritto, cfr., P. Grossi, I beni: itinerari fra moderno e post-moderno, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2012, 1059
s. Dalla prospettiva amministrativistica, cfr. M. Renna, La regolazione amministrativa dei beni a destinazione pubblica,
Milano 2004, pp. 290 e ss.
5
Si parla di “beni relazionali” per conferire una dimensione economica, in un senso ovviamente
allargato, al valore e all’intensità delle relazioni che si sviluppano in modo speciale nei rapporti amicali,
familiari e comunitari. L'obiettivo dovrebbe essere quello di evitare il riduttivismo implicito dell'antropologia
assunta a paradigma della razionalità economica classica. Nella riflessione economica, i primi a tematizzare il
concetto di “beni relazionali” sono stati B. Gui, Éléments pour une definition d'"économie communautaire”, “Notes et
Documents de l’Institut International Jacques Maritain”, 12 (1987), n. 19/20; C. J. Uhlaner, Relational Goods and
Participation: Incorporating Sociability into a Theory of Relational Action, “Public Choice”, 62 (1989), 253-285. Tra i
contributi più recenti sul tema si vedano B. Gui – G. Zanella, Le relazioni interpersonali in economia: causa di
influenze, vincolo all’interesse personale, ma anche fonte di valore, “Etica ed Economia”, 6 (2004), pp. 135-147; L.
Bruni- S. Zamagni, Economia civile. Efficienza, equità, felicità pubblica, Il, Bologna 2004; S. Zamagni Beni relazionali e
felicità pubblica: uno sguardo dall’economia civile, in S. Semplici (a cura di), Il mercato giusto e l’etica della società civile,
“Annuario di etica”, 2 (2005), Milano, pp. 3-27. Sul versante filosofico l'espressione ricorre in M. Nussbaum,
in La fragilità del bene. Fortuna ed etica nella tragedia e nella filosofia greca (1986), ed. it. a cura di G. Zanetti, Il,
Bologna 1996, con riferimento all’etica di Aristotele (cfr. cap. XII, pp. 623-670). Nella filosofia italiana, cenni
in A. Da Re, Virtù universali e liberali?, “Fenomenologia e società”, 29 (2006), n. 1 (Aristotele nella società
contemporanea), pp. 84-106.
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di una economia della decrescita, al di là della denominazione non proprio felice,
s'inscrive in questa linea di riflessione critica, il cui tratto comune, in ultima analisi,
sembra essere la richiesta di un bilanciamento tra criteri di efficientismo economico
e valori dell'uomo, sulla scorta della preoccupazione nei confronti della tendenza
egemonica della razionalità economicistica e individualista6.
In questo quadro, dal punto di vista del nostro ordinamento giuridico, rischia
di essere sottovalutata la decostituzionalizzazione che ha per oggetto la famiglia,
ossia l’istituzione precisamente collocata in primo piano in quella delle due sezioni
della prima parte della Costituzione che è intitolata testualmente rapporti etico-sociali7.
Del resto, solo una svista culturale può spiegare come si ritenga possibile in un
contesto sociale di soli rapporti civili fondare una dimensione comune in cui tutelare
l'accesso solidale a certi beni e valorizzare in generale le relazioni 8. I rapporti civili,
infatti, incardinandosi sull’idea di tutela della libertà personale (art. 13) – a sua volta
modellata sull'habeas corpus quale guaina protettiva nei confronti delle coercizioni e
delle invasioni nella sfera della privatezza individuale-, insistono inevitabilmente sulla
sola dimensione individuale ed escludente della persona. In questo vizio di
prospettiva non è caduta, invece, la nostra Costituzione, che non si appiattisce sui
rapporti civili, ma li integra con la tutela di quelle dimensioni sociali della persona in
6
Mengoni, Sull'efficienza come principio giuridico, Metodo e teoria giuridica, Scritti I (a cura di C.
Castronovo – A. Albanese – A. Nicolussi), Milano 2011, 263 ss.
7
Sostiene da ultimo L. Nivarra, La grande illusione, Come nacque e come morì il marxismo
giuridico in Italia, Torino, 2015, p. 109 che “la Costituzione non è più in grado di interpretare i processi
reali, essendo stata oggetto di un sistematico svuotamento di senso (...)”. Un esempio è fornito dallo
stesso autore a p. 85-86 dove, riferendosi presumibilmente a certa retorica dei “diritti”, si legge che la
Costituzione – sempre presumibilmente osservando tale corrente di pensiero - manterrebbe un'”influenza”
mediante l'art. 3 invocato “per argomentare a sostegno della tesi che rivendica la legittimità del
matrimonio omosessuale”. Tale svuotamento di senso che, da un lato, snatura l'art. 3, piegandolo a norma
antidiscriminatoria in senso livellatore, e dall'altro dimentica che il matrimonio è collocato all'art. 29 Cost.
(dove vi è una specifica disciplina del principio di uguaglianza morale e giuridica tra uomo e donna), è
stato evitato dalla Corte costituzionale (Corte cost. 15 aprile 2010, n.138 sulle cui orme Cass. 9 febbraio
2015, n. 2400).
8
Forse questa sottovalutazione della famiglia e del suo ruolo nei rapporti etico-sociali può essere
vista come una tarda risultanza della polemica antifamiliare che, non senza intenti antireligiosi, si era
diffusa nel secondo Novecento e che aveva preso a prestito anche la metafora della morte come, ad
esempio, in D. Cooper, La morte della famiglia, Il nucleo familiare nella società capitalista, trad. it.
Torino, 1972, dove si legge (p. 11) che “non ha senso parlare della morte di Dio e della morte dell'Uomo
– parodiando il serio intento di alcuni filosofi strutturalisti e teologi contemporanei – sinché non siamo in
grado di concepire appieno la morte della famiglia – quel sistema che, come suo dovere sociale, filtra
oscuramente la maggior parte della nostra esperienza e toglie quindi alle nostre azioni ogni generosa e
genuina spontaneità”. Certo, sarebbe ingenuo idealizzare la famiglia e tacere sulle miserie che le relazioni
umane, proprio in quanto nella famiglia sono più strette e potenzialmente più chiuse, rischiano di generare.
La prospettiva che qui si segue è piuttosto quella che non rigetta la polemica sulla famiglia e le sue
provocazioni, e accoglie lo stimolo a ripensare e aggiornare il concetto di famiglia valorizzandone la
dimensione solidale in senso personalista e aperto alla solidarietà extrafamiliare. In quest'ottica, ci sembra
che la famiglia possa conservare anche nel mondo contemporaneo la sua funzione di sostegno allo
sviluppo delle persone e della “loro generosa e genuina spontaneità” anche in ragione dell'intimità
domestica in cui esse possono ritrovarsi.
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cui si realizza in forma primaria e più intima la sua relazionalità e che quindi sono
connotate da una tensione etica all’insegna del principio di solidarietà 9. I primi tre
articoli dei rapporti etico-sociali sono dedicati alla famiglia, quale istituzione avente una
base naturale e fondata sul matrimonio ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica
dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare (art. 29
Cost.). La famiglia fondata sul matrimonio costituisce la dimensione sociale primaria
in quanto lega non solo i coniugi tra di loro, ma anche in un unico rapporto solidale
e collettivo i coniugi con i figli. Di qui il nesso tra matrimonio e filiazione, perché il
primo offre alla seconda un quadro di rapporti ispirati alla solidarietà non solo fra
coniugi ma anche intergenerazionale, e quindi adatti alla cura genitoriale 10. Ma la
responsabilità genitoriale definisce la famiglia anche come famiglia dei figli, ossia
senza discriminazione rispetto al contesto della filiazione: il fatto procreativo genera
i doveri di cura sia che sia avvenuto dentro il matrimonio sia che sia avvenuto fuori
di esso (art. 30 Cost.). Di qui un principio di sussidiarietà che fa spazio all'intervento
di terzi solo nei casi in cui l'incapacità dei genitori sollecita la legge a prevedere
affinché si provveda a che siano assolti i compiti dei genitori (art. 30, co. 2, cost.).
L’art. 31, infine, contiene le seguenti parole: “La Repubblica agevola con misure
economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei
compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la
maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”.
Con riguardo all’art. 29 Cost., la giurisprudenza della Corte costituzionale è
rimasta finora coerente nel ritenere che la Costituzione favorisce il modello della
famiglia fondata sul matrimonio e nell’affermare il principio della non equiparabilità
tra famiglia fondata sul matrimonio e unioni non fondate sul matrimonio11. Tuttavia,
si assiste in pari tempo a due fenomeni convergenti in senso opposto ai principi
direttivi della Costituzione: da un lato, una progressiva erosione della disciplina del
matrimonio 12 , che del resto in una società fortemente pluralistica ospita sotto lo
“stesso tetto” coppie dalle idee molto diverse sull’unione coniugale, e a un distacco
9
L'eclissi della dimensione solidale nella famiglia è imputata in una certa misura anche alle Carte europee
dei diritti. Secondo F.D. Busnelli, Il principio di solidarietà e “l'attesa della povera gente”, oggi, Riv.
trim. dir. proc. civ., 2013, 423 nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Carta di Nizza) “in
ultima analisi, la famiglia si fraziona negli individui che la compongono”. D'altra parte, il regolamento
(Ue) n. 1259/2010 in materia di separazione e divorzio contiene un 15° considerando secondo cui per
aumentare la mobilità dei cittadini è necessario rafforzare la flessibilità (…) e potenziare l'autonomia
delle parti in materia di divorzio.
10
Lo rileva anche M. Bessone, Art. 29-31, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca,
Bologna-Roma, 1976, pp. 1 e ss.
11
Da ultimo si è pronunciata in questo senso Corte cost. 8 maggio 2009, n. 140, in Foro it., 2010, 3, I,
p. 796.
12
A questo proposito cfr. P. Zatti, Tradizione e innovazione nel diritto di famiglia, in Trattato di diritto di
2
famiglia , diretto da P. Zatti, Famiglia e matrimonio, cura di G. Ferrando, M. Fortino e F. Ruscello, I, Milano, 2011,
pp. 8 e ss.
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sempre maggiore tra matrimonio civile e matrimonio canonico 13 ; dall’altro, si
registrano interventi legislativi di settore e applicazioni giurisprudenziali tendenti
all’equiparazione fra famiglia fondata sul matrimonio e unioni non fondate su di
esso. Inoltre, sullo sfondo si assiste a una revisione internazionale del concetto di
matrimonio la quale, da un lato, lo desemantizza, staccandolo dalla base naturale
della coniugalità procreativa (matris munus), e dall'altro lo apre, proprio in ragione
della sua funzione più antica, a persone dello stesso sesso al fine di consentirne una
filiazione di coppia in senso legale, ma inevitabilmente priva di base naturale14.
Tale esito trova riscontro, per quanto concerne gli artt. 30 e 31 Cost., nel
diffondersi dell’idea, opposta alla concezione costituzionale della filiazione 15 , di
estendere alla filiazione il criterio volontaristico e soggettivistico restaurando,
almeno relativamente al criterio di attribuzione, un diritto della filiazione adultocentrico 16 . Come è noto, la formula che ricapitola questa concezione è
autodeterminazione riproduttiva: formula eloquente, perché rende chiaro come la
filiazione venga ripensata alla stregua di un diritto individuale dell’adulto, una sorta
di diritto della sua personalità, in cui il figlio diventa in una certa misura l’oggetto e
lo strumento di scelte autointeressate di chi è titolare di tale diritto. In questo modo,
a una concezione della filiazione basata sulla responsabilità nei confronti della
persona messa al mondo (come altro da sé), ossia una genitorialità rispettosa verso la
dimensione naturale del figlio – accolta dall’art. 30 Cost. e ripresa ad esempio nell’art.
147 c.c. -, si contrappone una concezione volontaristica della filiazione, spesso
agevolata dalle tecniche riproduttive, nella quale la filiazione diviene l’effetto legale
13
In tal senso si vedano gli orientamenti oscillanti della Cassazione in tema di delibazione delle
sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale. Tra i più recenti: Cass. 20 gennaio 2011, n. 1343; Cass. 4
giugno 2012, n. 8926; Cass. S.U. 17 luglio 2014, n. 16379; Cass. 17 aprile 2015, n. 7917. In dottrina, da
ultimo, G. Ferrando, Il matrimonio, Milano, 2015, pp. 27 e ss.
14
Questo processo di desemantizzazione ha assunto rilevanza giuridica in Europa all'inizio di questo
secolo sia per effetto dell'estensione del matrimonio a coppie omosessuali avvenuto inizialmente in
Olanda, Belgio e Spagna sia per effetto di risoluzioni del Parlamento europeo (ad esempio, 8 febbraio
1994, 16 marzo 2000, 4 settembre 2003) che promuovo l'eliminazione di discriminazioni delle coppie
omosessuali rispetto al matrimonio o della stessa differenza della coppia ai fini del matrimonio e
dell'adozione. Di “opera di persuasione istituzionale”, parla N. Pignatelli, Nozione di matrimonio e
disciplina delle coppie omosessuali in Europa, in Foro it., 2005, V, c. 260 ss. V. anche i rilievi di G. De
Rosa, Forme familiari e modello matrimoniale tra discipline interne e normativa comunitaria, Europa e
dir priv. 2009, 756 ss.
15
Sul punto si vedano le osservazioni di A. Palazzo, Atto di nascita e riconoscimento nel sistema di
accertamento della filiazione , in Riv. dir. civ., 2006, p. 152 s., e A. Renda, L’accertamento della maternità. Profili
sistematici e prosettore evolutive, Torino, 2008, pp. 177 e ss.
16
Per una versione conservatrice di questa tendenza, cfr. P. Morozzo Della Rocca, La nuova disciplina
della filiazione, Santarcangelo di Romagna, 2014, pp. 96 e ss., che esprime un'opinione critica rispetto alla regola
prevista dall’art. 9 della legge n. 11 febbraio 2004, n. 40 nella parte in cui non consente alla madre che ha dato
alla luce un figlio mediante procreazione medicalmente assistita di esercitare il diritto di non essere nominata
nell’atto di nascita, giacché il legislatore avrebbe mancato di considerare “le molteplici ragioni che possono
spingere una donna ad interrompere la gravidanza o comunque ad abbandonare un figlio, magari a seguito di
sopravvenienze negative, come la fine della convivenza (di fatto o coniugale), la morte del marito o del
compagno, il capovolgimento di altri scenari considerati in precedenza stabili”.
5
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di una serie di atti giuridici o contratti tra una pluralità di soggetti 17 . Lo stesso
aggettivo “riproduttiva” che qualifica l’autodeterminazione risulta problematico,
perché in questi casi non della riproduzione vera e propria della coppia che pretende
il ruolo genitoriale si tratta, ma della cessione o messa a disposizione da parte del c.d.
genitore biologico dello stesso ruolo genitoriale18. Sotto la maschera del progresso
tecnologico e in ossequio al dogma libertario, si profila insomma una concezione
antropologicamente dualistica19 e regressiva, perché si rivela una variante dell’antico
diritto patriarcale o diritto sulla propria stirpe: prima il figlio viene visto come
naturaliter aliquid patris e ora è concepito come artificialiter aliquid parentis. Addirittura,
l’assolutizzazione della concezione libertaria di autodeterminazione – parola non
presente nel testo della Costituzione - intacca anche il concetto di salute (art. 32),
completando questa operazione di decostituzionalizzazione 20. Autodeterminazione
riproduttiva e autodeterminazione terapeutica sono veicoli che operano in sinergia
verso l’eliminazione della prospettiva etico-sociale, e quindi solidale, nella quale la
Costituzione ha collocato questi rapporti21.
2. La famiglia tra neo-istituzionalismo e spinte alla contrattualizzazione
Invero, l’idea di ripensare il matrimonio nella chiave dei contratti di scambio,
come un'associazione di due individui che riceve senso e valore solo nella misura del
servizio reso a ciascuno come mezzo per massimizzare la propria felicità individuale,
non è recente22. Tuttavia, la spinta più forte in questa direzione si è registrata in
Europa soprattutto a partire dalla seconda metà del secolo scorso anche in
conseguenza di significativi cambiamenti nella struttura sociale ed economica in cui
la famiglia tende a perdere sempre più certe funzioni legate all’esistenza materiale
delle persone. Invero, la separazione fra famiglia ed economia avrebbe potuto dare
occasione per un rafforzamento dei vincoli affettivi; invece il fenomeno a cui si
assiste sembra piuttosto orientato verso la precarizzazione del matrimonio, dato che
la promessa di comunione di vita risulta contraddetta dall’emergere di un diritto di
17
Mi sia consentito rinviare al mio, La filiazione e le sue forme: la prospettiva giuridica, E. Scabini – G. Rossi,
Allargare lo spazio familiare: adozione e affido, Milano, 2014, pp. 3 e ss.
18
Non a caso è con riferimento alla fecondazione eterologa che l’autodeterminazione riproduttiva è
stata richiamata nella sentenza 10 giugno 2014, n. 162 dalla Corte costituzionale, accolta con favore da G.
Ferrando, La riproduzione assistita nuovamente al vaglio della Corte costituzionale: l’illegittimità del divieto di fecondazione
“eterologa”, in Corr. giur., 2014, pp. 1068 e ss., e analizzata criticamente invece da C. Castronovo, Fecondazione
eterologa: il passo (falso) della Corte costituzionale, in Eur. dir. priv., 2014, pp. 1117 e ss.
19
Si allude naturalmente alla separazione tra mente e corpo che tale antropologia presuppone.
20
Ad esempio V. Durante, La salute come diritto della persona, Trattato di biodiritto, diretto da S. Rodotà e
P. Zatti, I (Milano 2010), pp. 579 e ss., e Rodotà, Il diritto di avere diritti, cit., pp. 250 e ss.
21
Ho esaminato questa tendenza nei miei Beni relazionali e diritto dei rapporti etico-sociali, Teoria e critica della
regolazione sociale, 2014, pp. 34 e ss.; Enhancement e salute nel rapporto medico paziente, L. Palazzani, Verso la salute
perfetta, Enhancement tra bioetica e biodiritto, Roma 2014, pp. 101 e ss.; Testamento biologico e problemi del finevita: verso un bilanciamento di valori o un nuovo dogma della volontà?, Europa dir. priv., 2013, pp. 457 e ss.
22
Per una ricognizione al riguardo, cfr. A. Renda, Il matrimonio civile. Una teoria neo-istituzionale, Milano,
2013, pp. 1 e ss.
6
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recesso ad libitum (una sorta di ripudio contemporaneo) che ognuno può far valere
quando reputa che la sua personale felicità si debba realizzare altrove, e anche a
scapito dei figli che nel frattempo siano nati. Certo, questo esito non è ancora
riferibile alla situazione italiana, sebbene anche in Italia sia evidente la tendenza, da
un lato, a ridurre sempre più, fino ad annullare, il tempo della separazione prima del
divorzio, e dall’altro a trasformare quest’ultimo da causa di risoluzione della
promessa per impossibilità sopravvenuta in un mero atto della volontà 23. Di qui una
metamorfosi dell’istituto: esso non sembra più in grado di dare forma compiuta
all’unione coniugale, cioè a una communio omnis vitae stabile e aperta alla generazione e
ai doveri che ne derivano, ossia, in ultima analisi, a istituire la famiglia 24 . Tende
piuttosto a contrattualizzarsi riducendosi a un rapporto di scambio funzionale al
“diritto alla felicità” in senso individuale di ciascuno dei partner.
Ciò avviene mentre sul piano culturale, come è stato segnalato, è mancata
finora un'analisi sistematica del “diritto alla felicità” e dei suoi limiti25 o, se vogliamo,
una comprensione solidale del diritto alla felicità cui sarebbe coerente una
concezione neo-istituzionale, non contrattuale della famiglia26. Inoltre, al diffondersi
della prospettiva contrattualistica non ha fatto riscontro un aggiornamento della
concezione istituzionale, spesso ridotta alla sua rappresentazione di fine Ottocento inizio Novecento, ossia a un’idea di istituzione connotata da elementi organicistici e
di stampo patriarcale e quindi gerarchicamente strutturata 27. Questa concezione ha
portato anche a sostenere, in forme talora ambigue, una vera e propria
discriminazione sociale dei figli nati fuori dal matrimonio, marchiati un tempo
addirittura dello stigma di illegittimità. Tuttavia, tale anacronistica concezione
23
divorzio.
Cfr., da ultimo, la legge 6 maggio 2015, n. 55, che riduce i termini per proporre la domanda di
24
Per una analisi ricostruttiva del matrimonio in chiave neo-istituzionale, cfr. A. Renda, Il matrimonio
civile, cit., 2013.
25
Lo rileva L. Mengoni, L’impronta del modello canonico sul matrimonio civile nell’esperienza giuridica e nella
prassi sociale attuale nella cultura europea, in Scritti (a cura di C. Castronovo – A. Albanese – A. Nicolussi), Metodo
e teoria giuridica, Milano, 2011, p. 364.
26
A. Nicolussi, La famiglia: una concezione neo-istituzionale?, Europa dir. priv., 2012, 181. Nella dottrina
italiana, una concezione contrattualista è stata teorizzata da G. Furgiuele, Libertà e famiglia, Milano 1979, 90
secondo il quale il rapporto familiare rileverebbe soltanto in vista dell'interesse dei suoi protagonisti e
l'interesse protetto sarebbe quello della disponibilità del rapporto.
27
Cfr. A. Cicu, Il diritto di famiglia, Teoria generale (Roma 1914), pp. 85 e ss., 106 s., citato da L.
Mengoni, Successioni per causa di morte, Tratt. Cicu -Messineo - Mengoni (Milano 1999), 15 testo e nota 34,
dove però Mengoni rileva che questa concezione della famiglia è frutto di una lettura di Hegel distorta
dall’ideologia nazionalista. Analogamente al contesto italiano nel dopoguerra tedesco, a seguito della
strumentalizzazione politica della famiglia operata dallo stato nazionalsocialista, si è assistito a una
Entpolitisierung o Entstaatlichung des Familienrechts, nell’ambito della quale è stata riaffermata la collocazione del
diritto di famiglia nel diritto privato all’insegna di una restaurazione del primato della Privatautonomie e della
Selbstverwaltung: cfr. S. Simitis, Familienrecht, Rechtswissenschaft in der Bonner Republik, Studien zur
Wissenschaftsgeschichte, a cura di D. Simon (Hrg.) (Frankfurt a.M. 1994), p. 392. Lo stesso autore (406)
ricorda che il problema dell’uguaglianza fra i coniugi è del resto un topos del diritto matrimoniale del
dopoguerra in Europa.
7
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(vetero-)istituzionale non è né compatibile con il personalismo costituzionale né
peraltro è necessaria all’idea generale di istituzione. L’idea istituzionale non è messa
in scacco dal principio di uguaglianza morale e giuridica delle persone, anche
all'interno della famiglia, e può incardinarsi sul principio di solidarietà e quindi
sull’idea di una felicità sensibile alle vicende familiari e non indifferente nel suo
svolgersi alla condizione di partecipazione al gruppo: non posso, semplificando,
rendermi felice puramente a scapito della felicità di un mio familiare. In questo
modo, si evita di rappresentare la famiglia come un organismo che tende a
mortificare il principio di dignità umana, perché strumentalizzerebbe le persone nel
senso opposto in cui le persone vengono strumentalizzate dalla concezione
contrattualistica28.
Del resto, la scelta costituzionale di assumere la famiglia come primo valore dei
rapporti etico-sociali è di per sé significativa. Non è soltanto un riconoscimento
della preesistenza, della «naturalità» della famiglia rispetto all’organizzazione statuale,
e quindi una presa di posizione contro tentativi di ingegneria sociale che la
mortifichino29. L’istituzionalizzazione della famiglia sottende altresì una certa idea
complessiva della società e delle sue matrici, vista non solo o non tanto come l’esito
di un contratto sociale che, al di là del suo carattere finzionistico 30, si rivela incapace
di comprendere le ragioni della solidarietà dei forti nei confronti dei deboli.
Sottolineare la centralità dell’esperienza familiare significa ricordare che l’essere
umano come «volente non volutosi»31, come figlio di qualcuno, nasce in un contesto
relazionale e, nel poco o tanto che riceve dai suoi genitori o da chi si occupa di lui,
sperimenta fin dall’inizio l’aiuto di altre persone. I primi momenti dell’esistenza e il
28
Come sottolinea L. Mengoni, La famiglia in una società complessa, in Iustitia 1990, p. 12, riprendendo il
pensiero di Santi Romano, al concetto di istituzione non appartiene come elemento essenziale la presenza di
un capo e pertanto non vi è ostacolo ad impiegare tale categoria anche per spiegare la famiglia paritaria. Alla
concezione vetero-istituzionale, di stampo gerarchico, ossia patriarcale, la Costituzione sostituisce una
concezione neo-istituzionale: «una struttura paritaria – dice Mengoni, - della quale criterio organizzativo è la
relazione di solidarietà che lega gli interessi individuali in ragione della dipendenza della loro realizzazione
dalla condizione di partecipazione al gruppo, e quindi dalla stabilità del gruppo fondata sul matrimonio. La
lettura dell’art. 29 nel quadro dell’art. 2 ottiene così un altro guadagno ermeneutico: l’identificazione dell’unità
della famiglia con l’accordo dei coniugi, implicita nel principio di eguaglianza, viene mediata dal principio di
solidarietà. Nell’unità della famiglia il fine di ciascuno dei membri diventa lo sviluppo e la felicità dell’altro, e
in questo senso i diritti dei membri della famiglia si esprimono, giusta la formula dell’art. 29, come “diritti
della famiglia”».
29
Per una recente riproposizione della concezione naturalista della famiglia, cfr. S. Girgis – R. T.
Anderson – R.P. George, Che cos'è il matrimonio? (trad. it. a cura di M.M. Giungi), Milano, 2015, i quali
descrivono il dibattito contemporaneo sul matrimonio come polarizzato tra una concezione coniugale e una
concezione revisionista del medesimo.
30
A. Cavanna, Storia del diritto moderno in Europa, Le fonti e il pensiero giuridico, I, Milano, 1982, pp.
328-329.
31
Si prende a prestito evidentemente la formula di P. Piovani, Il volente non volutosi, Per una filosofia
della morale (a cura di F. Tessitore), Milano, 2010, pp. 658 e ss. Similmente M. Zambrano, Persona e democrazia,
La storia sacrificale, trad. it., Milano, 2000, p. 152: «non c'è nulla di più oggettivo e inconfutabile della
constatazione naturalistica che nessuno è l'origine di se stesso».
8
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primo sviluppo della persona avvengono e abitano una intima dimensione
relazionale. Inoltre, la famiglia offre anche la dimensione più intima dell’incontro
con l’altro32 nell’esperienza coniugale quale luogo di realizzazione del desiderio di
comunione e di generazione di nuova vita. In definitiva, nella famiglia come
struttura giuridica, parafrasando il filosofo, il desiderio e la ragione si sposano 33.
Se in passato, specialmente tra Ottocento e Novecento, l’affermazione della
naturalità della famiglia è intesa a difendere la famiglia soprattutto nei confronti degli
“artifici” di matrice legale e quindi statuale, a partire dall’ultimo Novecento i fattori
decisivi verso la società liquida (l’allentamento delle relazioni significative), sembrano
più legati alle dinamiche economiche globali e alle nuove tecnologie che pervadono i
mondi vitali, al riduttivismo antropologico che esse favoriscono e alle loro altre
implicazioni sociali. La precarizzazione del lavoro, la limitata propensione alla
filiazione, nonostante la tendenza alla riduzione dell’affettività alla dimensione fisica,
l’innalzamento dell’età della filiazione e il conseguente ricorso a tecniche di filiazione
esogama (ad es., fecondazione c.d. eterologa o gestazione per altri), il mito della
connessione perpetua, ossia la perdita di sensibilità verso il ritmo vitale tra lavoro e
ricreazione e tra agorà (spesso virtuale) e oikía34, sembrano ricadere sulla stabilità
delle relazioni, indebolendole e comprimendo gli spazi dell'intimità domestica e
quindi dell’unione matrimoniale35. Non è un caso che le critiche al modello familiare
costituzionale, fondato sul matrimonio, facciano soprattutto appello alla sua
incapacità di adattarsi alle “nuove esigenze” della società contemporanea36.
3. Le convivenze
La risposta degli ordinamenti occidentali non sembra essere tanto quella di
affiancare alla famiglia fondata sul matrimonio altre forme di unione fondate sulla
responsabilità per gli affidamenti che pur si creano, ma distinte dalla famiglia
matrimoniale e quindi giuridicamente non equiparate ad essa 37. La tendenza che pare
32
Troviamo ora questa espressione approfondita in M. Recalcati, Le mani della madre, Desiderio,
fantasmi ed eredità del materno, Milano, 2015, spec. pp. 25 e ss., 51, 183 e ss.
33
Il riferimento è naturalmente ad Aristotele, Etica nicomachea, vol. VI, 1139 b 4-5, su cui cfr. A. Da
Re, La duplice riflessività e la formazione del sé, in Etica & Politica / Ethics & Politics, XV, 2013, 1, pp. 389-395.
34
Non è inutile ricordare che la Costituzione considera non rinunziabile il diritto al riposo settimanale
alle ferie retribuite (art. 36, co. 3, Cost.).
35
Per alcuni rilievi sul rapporto tra famiglia come istituzione e regole del diritto dei rapporti
patrimoniali, mi permetto di rinviare al mio Etica del contratto e “contratti 'di durata' per l'esistenza
della persona”,in Life time contracts (ed. L. Nogler – U. Reifner), The Hague 2014, pp. 151 ss.
36
Vi è poi anche una tendenza a una lettura costruttivistica che concepisce il matrimonio
semplicemente come un artefatto del diritto e della cultura che, variabile nelle diverse epoche, è progettato per
realizzare certe finalità sociali. Cfr., ad esempio, W.N. Eskridge, Jr., A History of Same-Sex Marriage, Virginia
Law Review, 79 (1993), pp. 1421-1422.
37
La tesi che vede nella tutela dell'affidamento una via di tutela delle convivenze, nella dottrina italiana è
stata sostenuta da R. Tommasini, Riflessioni in tema di famiglia di fatto: limiti di compatibilità e
9
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dominare nel mondo occidentale è alla equiparazione tra le diverse forme di unione
secondo il modello di una «ideologia dell'indifferenziato» che fa del principio di non
discriminazione una sorta di livella per oscurare ogni differenza 38 . Il risultato, in
definitiva, è una omologazione al ribasso che consiste in un processo di
contrattualizzazione della famiglia 39 , onde anche in quest’ultima si insinua quella
precarietà che indebolisce in generale le relazioni sociali. Dietro ai nomi, la sostanza
si delinea in modo tale per cui matrimonio e unioni civili, comunque vengano
chiamati, sottintendono relazioni piuttosto precarie già nella loro stessa veste
giuridica. Così, non sembra troppo peregrina l'idea proposta da una nota filosofa
secondo cui in realtà l'ordinamento statuale dovrebbe limitarsi a regolare le unioni
civili, lasciando eventualmente il matrimonio col suo bagaglio di simboli alla
competenza delle religioni40. Non si può dire tuttavia che allo stato attuale questo
fenomeno sia riducibile unicamente all’autodeterminazione individuale, sebbene lo
sbilanciamento verso quest’ultimo principio sia innegabile 41 . In realtà, una
assolutizzazione dell’autodeterminazione libertaria fino a una sorta di completa
disponibilità degli status familiari o parafamiliari sembra essere rifiutata anche dal
modello più diffuso di giuridicizzazione delle convivenze non matrimoniali o di
revisione del concetto di matrimonio nel senso della esclusione del requisito della
affidamento per la convivenza, Riv. dir. civ., 1984, II, 266; F. Bocchini, Le convivenze familiari tra
fattualità e affidamento, G. Alpa – G. Iudica, Costituzione europea e interpretazione della Costituzione
italiana, Napoli 2006, spec. 51 ss.
38
Cfr. L. Mengoni, La famiglia in una società complessa, in Iustitia, 1990, 3 il quale rileva altresì « l’uso
sempre più accentuato della formula “crisi della famiglia” non tanto per descrivere una situazione che deve
poi essere valutata senza pregiudizi », ma come istanza di adeguamento del diritto a un nuovo modello
insensibile alle differenze nel quale il matrimonio si trasforma in una sorta di generico contratto atipico. Da
ultimo l'espressione ideologia dell'indifferenziato è stato ripresa da O. Fumagalli Carulli, Il matrimonio in Italia
tra dimensione religiosa e secolarizzazione. Relazione di apertura al Convegno di Palermo Il matrimonio religioso
oggi: le nuove sfide della secolarizzazione, 18 aprile 2015.
39
Ovviamente del contratto come atto funzionale allo scambio viene in considerazione l'atipicità.
Infatti, si parla ormai di “atipicità delle relazioni coniugali”: P. Zatti, Tradizione e innovazione nel diritto di famiglia,
cit., p. 42.
40
Cfr. M. Nussbaum, From Disgust to Humanity. Sexual Orientation and Constitutional Law, Oxford 2010, p.
163.
41
Si pensi alla recente sentenza Obergefell v. Hodges Director, Ohio Department of Health, et al.,
25.06.2015 della Corte Suprema degli Stati Uniti (http://www.supremecourt.gov/opinions/14pdf/14556_3204.pdf) la quale presenta il diritto al matrimonio in una chiave che in ultima analisi rimane chiusa
sul piano individuale: “the right to personal choice regarding marriage is inherent in the concept of
individual autonomy”. Il matrimonio come voluntary contract scivola inevitabilmente nella libertà di
determinazione del contenuto del contratto sfuggendo all'esigenza di elementi oggettivi che ne assicurino
il carattere istituzionale. Tuttavia, non senza una certa ambiguità, anche in tale sentenza vi si legge che
“Rising from the most basic human needs, marriage is essential to our most profound hopes and
aspirations. The centrality of marriage to the human condition makes it unsurprising that the institution
has existed for millennia and across civilizations. Since the dawn of history, marriage has transformed
strangers into relatives, binding families and societies together”.
D'altra parte, l’affermazione di G. Ferrando, Il matrimonio, cit., p. 207, secondo cui, “pur non
esaurendo l’ambito delle attuali relazioni familiari, la relazione di tipo matrimoniale costituisce a tutt’oggi
il modello di disciplina normativo al quale tendono ad adeguarsi gli altri tipi di famiglia”, dovrebbe avere
come presupposto la possibilità di enucleare una nozione minima di matrimonio.
10
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differenza sessuale: il divieto dell’incesto e della poligamia, eterosessuali o
omosessuali che siano, è ancora approvato dalla stragrande maggioranza degli stati42.
In altre parole, sunt certi denique fines anche in quegli ordinamenti che hanno spinto
più avanti questa tendenza43. Tale profilo non va trascurato, perché se ancora nella
cultura contemporanea si accoglie l’idea di «limite», allora forse rimane aperto uno
spazio di discussione improntata al principio di ragionevolezza e quindi rifuggente
l’ideologia dell’indifferenziato. In questo spazio possono essere trovate soluzioni che
sappiano riconoscere le differenze senza mortificare la dignità delle persone,
accettando così l’idea del limite, non come strumento di oppressione, ma come
esigenza di articolazione del discorso e di adeguatezza delle soluzioni giuridiche ai
problemi. In questo ambito, la stessa relazionalità e il coinvolgimento dei figli
rendono peraltro insostenibile una posizione radicalmente soggettivistica. Dall’altro,
l’ordinamento giuridico dovrebbe saper tenere conto dei mutamenti sociali
valorizzandone il buono che c’è e senza rinunciare a promuovere la solidarietà in
ogni relazione umana. Ciò sarebbe utile anche per evitare che l’inerzia nell’articolare
una disciplina legale adeguata finisca per rafforzare le spinte verso una generale
precarizzazione delle relazioni nella quale potrebbe essere travolta ogni dimensione
istituzionale della famiglia. Proprio la mancanza di una consapevole differenziazione
sembra essere uno dei fattori che hanno portato a indebolire le strutture giuridiche
del matrimonio e ad annacquarne il significato. Del resto, nella misura in cui il
matrimonio viene eroso nella sua struttura giuridica, si manifesta il paradosso tutto
occidentale della vicenda contemporanea dei diritti di famiglia: nel nome di una
generica e astratta libertà degli individui, si cancella la stessa libertà di scelta,
privando chi desidera unirsi in un vincolo stabile e duraturo dello strumento
giuridico adatto, e quindi in definitiva vanificando lo stesso diritto al matrimonio.
4. La questione omosessuale tra unioni di vita e revisione del
matrimonio
42
Nondimeno incominciano a manifestarsi momenti erosivi di questi principi. Si pensi, ad esempio,
alle c.d comunità poliamorose: cfr. J. Bennet, Only you. And you. And you: Polyamory-Relationships with Multiple
Mutually
Consenting
Partners.
Has
a
Coming-Out
Party,
Newsweek,
July
29,
2009,
http://www.newsweek.com/2009/07/28/only-you-and-you-and-you.html
43
È l’aporia di fondo delle tesi di matrice libertaria che a un certo punto finiscono per dover
ammettere limiti alla stessa libertà delle parti. Come afferma, ad esempio, G. Ferrando (Convivenze e modelli di
disciplina, in F.B. d’Usseaux – A. D’Angelo Matrimonio, matrimonii, Milano 2000, 313), sulla scorta nella sempre
più frequente giuridicizzazione nei paesi europei delle convivenze senza matrimonio, «la consapevolezza che
l’esercizio della libertà necessita di contrappesi ha portato alla previsione di correttivi di principio secondo cui
la regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra conviventi è affidata alla loro autonoma determinazione». E
addirittura M.R. Marella (Il diritto di famiglia fra status e contratto: il caso delle convivenze non fondate sul matrimonio, in
M.R. Marella – F. Grillini, Stare insieme. I regimi giuridici della convivenza tra status e contratto, Napoli 2001, p. 8)
aggiunge: «Se la mancanza di una regolamentazione giuridica viene giustificata in funzione della tutela di una
libera scelta, l’esigenza di affiancare a tale libertà un minimo di contrappesi, a salvaguardia di chi dalla
convivenza ha tratto legittime aspettative, è talora tanto forte da giustificare persino quei modelli di regulation
basati su automatismi che in sostanza traducono il fatto della convivenza in una fonte di status».
11
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In Italia, per vero, la Corte costituzionale ha sempre respinto le letture
omologatrici ribadendo in ogni occasione l’irriducibilità della famiglia di fatto alla famiglia
fondata sul matrimonio 44 . Una serie di sentenze successive alla riforma del diritto
famiglia fino ad ora hanno ripetuto questo principio pur senza negare rilevanza a
convivenze senza il matrimonio45. Data l’incommensurabilità tra famiglia fondata sul
matrimonio e convivenze senza matrimonio, la soluzione di eventuali problemi
giuridici relativi a queste ultime è individuata nelle pronunce della Corte senza
procedere a una (non possibile) estensione analogica della disciplina prevista per la
famiglia ex art. 29 Cost. come tale, ma riconoscendo la meritevolezza di tutela di
certi diritti individuali che possono spettare a persone in quanto siano conviventi,
come ad esempio la successione nel contratto di locazione 46 . Quando invece la
44
Cfr., ad es., Corte cost. 204/2003: «come questa Corte più volte ha affermato, la convivenza more
uxorio basata sull’affectio quotidiana, liberamente e in ogni istante revocabile, presenta caratteristiche così
profondamente diverse dal rapporto coniugale da impedire l’automatica assimilazione delle due situazioni al
fine di desumerne l’esigenza costituzionale di una parificazione di trattamento».
45
Cfr., tra le altre, Corte cost. n. 30/1983 (red. Elia); n. 237/1986 (red. Borzellino); n. 404/1988 (red.
Casavola); n. 167/1992 (red. Mengoni); n. 310/1989 (red. Mengoni); n. 8/1996 (red. Zagrebelsky); n. 2/1998
(red. Santosuosso); n. 166/1998 (red. Contri); 461/2000 (red. Marini); 491/2000 (red. Marini); 532/2000 (red.
Santosuosso); (ord.) 204/2003 (red. Contri), e 140/09 (red. Finocchiaro), cit. .
46
Dopo che in un primo tempo la Corte costituzionale, relativamente alla successione nel contratto di
locazione, aveva ritenuto non illegittima la differenza di trattamento nei confronti del convivente, ma in
relazione a un dato normativo diverso (Corte cost. n. 45/1980), la Corte nella sentenza 24 marzo – 7 aprile
1988 n. 404 ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 6, co. 1, della l. 27 luglio 1978, n. 392 nella
parte in cui non prevede tra i successibili nella titolarità del contratto di locazione, in caso di morte del
conduttore, il convivente more uxorio; la illegittimità costituzionale dell’art. 6, co. 3, della l. 27 luglio 1978, n.
392 nella parte in cui non prevede che il coniuge separato di fatto succeda al conduttore, se tra i due si sia così
convenuto; la illegittimità costituzionale dell’art. 6 della l. 27 luglio 1978, n. 392 nella parte in cui non prevede
la successione nel contratto di locazione al conduttore che abbia cessato la convivenza, a favore del già
convivente, quando vi sia prole naturale. La Corte precisa che la legge in questione «non tutela la famiglia
nucleare, né quella parentale, ma la convivenza di un aggregato esteso fino a comprendervi estranei - potendo
tra gli eredi esservi estranei -, i parenti senza limiti di grado e finanche gli affini». Di qui «la volontà legislativa
di farsi interprete di quel dovere di solidarietà sociale, che ha per contenuto l'impedire che taluno resti privo di
abitazione, e che qui si specifica in un regime di successione nel contratto di locazione, destinato a non privare
del tetto, immediatamente dopo la morte del conduttore, il più esteso numero di figure soggettive, anche al di
fuori della cerchia della famiglia legittima, purché con quello abitualmente conviventi. Se tale è la ratio legis, è
irragionevole che nell'elencazione dei successori nel contratto di locazione non compaia chi al titolare
originario del contratto era nella stabile convivenza legato more uxorio. L'art. 3 della Costituzione va qui
invocato dunque non per la sua portata eguagliatrice, restando comunque diversificata la condizione del
coniuge da quella del convivente more uxorio, ma per la contraddittorietà logica della esclusione di un
convivente dalla previsione di una norma che intende tutelare l'abituale convivenza. Se l'art. 3 della
Costituzione è violato per la non ragionevolezza della norma impugnata, l'art. 2 lo è quanto al diritto
fondamentale che nella privazione del tetto è direttamente leso».
Sulla tematica della successione del convivente nel contratto di locazione è intervenuta
successivamente anche Corte cost. 3- 11 giugno 2003 (ord.) n. 204 in merito alla questione circa la legittimità
dell’art. 6 della l. 27 luglio 1978, n. 392 nella parte in cui non prevede che, in caso di cessazione della
convivenza more uxorio, al conduttore di un immobile ad uso abitativo succeda nel contratto di locazione il
convivente rimasto nella detenzione dell’immobile, anche in mancanza di prole comune. L’ordinanza,
ribadendo che «come questa Corte più volte ha affermato, la convivenza more uxorio basata sull’affectio
quotidiana, liberamente e in ogni istante revocabile, presenta caratteristiche così profondamente diverse dal
rapporto coniugale da impedire l’automatica assimilazione delle due situazioni al fine di desumerne l’esigenza
costituzionale di una parificazione di trattamento, ha ritenuto che le stesse considerazioni valgono in relazione
alla comparazione tra la cessazione della convivenza con prole e la cessazione di quella senza prole,
12
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differenza è precisamente legata alle caratteristiche proprie della famiglia fondata sul
matrimonio, la Corte ha affermato la legittimità costituzionale della disciplina che
tale differenza determina47. La rilevanza della convivenza è stata poi riconosciuta dal
legislatore in una serie di interventi a cavallo di secolo: la legge n. 91 del 1999 in
materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti, la modifica della disciplina sulle
misure a protezione dei soggetti incapaci (l. 9 gennaio 2004 n. 6), la novella sugli
ordini di protezione contro gli abusi familiari (artt. 342-bis e ter c.c.), la legge n. 40
del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita e la modifica della disciplina sulla
separazione che ha reso applicabile l’istituto di nuovo conio dell’affidamento
condiviso anche alle separazioni di coppie conviventi.
In buona sostanza, una lettura evolutiva della Costituzione prospetta un
doppio binario48: la famiglia ex art. 29 Cost. e le formazioni sociali ex art. 2 Cost.
nell’ambito delle quali le convivenze non fondate su un matrimonio potrebbero
trovare forme appropriate di riconoscimento; da un lato, i diritti dei singoli nella
formazione sociale determinata dalla convivenza e dall’altro i diritti della famiglia
secondo la formula dell’art. 29 Cost.49.
Purtroppo l'incessante conflitto ideologico che affligge il nostro Paese ha
impedito di portare a compimento questa via di soluzione. Si tratterebbe, da un lato,
di intervenire legislativamente al fine di una precisazione delle condizioni di
trattandosi, pure in questo caso, di situazioni del tutto disomogenee, rispetto alle quali non sono invocabili né
il principio di eguaglianza, né le argomentazioni contenute nella sentenza n. 404 del 1988, la cui ratio decidendi
per la conservazione dell’abitazione alla residua comunità familiare si fondò appunto sull’esistenza di prole
naturale e quindi sull’esigenza di tutelare un nucleo familiare».
Su quest’ultima questione peraltro già Corte cost. n. 45/1980 aveva sottolineato che «in ordine, poi,
alla disparità di trattamento tra convivente superstite, che non ha diritto alla proroga, e figlio naturale dei
conviventi, che vi ha diritto - ravvisata sia dal Pretore di Genova, sia dal Tribunale di Milano - è sufficiente
rilevare che l'attribuzione ai figli naturali, del diritto alla proroga legale realizza la tutela giuridica dei figli nati
fuori del matrimonio espressamente prescritta dall'art. 30, comma terzo, della Costituzione, laddove il
precedente art. 29, nel riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio,
considera il matrimonio elemento che distingue la famiglia legittima e ne giustifica la particolare rilevanza
giuridica».
47
Ad esempio, Corte cost. n. 2/1998 ha ritenuto non fondata la questione di legittimità dell’art. 2941,
n. 1), c.c. dove non si prevede che la prescrizione rimanga sospesa, oltre che tra i coniugi, anche tra conviventi
more uxorio. «La questione – sostiene la Corte – è infondata per un duplice ordine di considerazioni: a) perché
la famiglia legittima, essendo una realtà diversa dalla famiglia di fatto, non costituisce un adeguato tertium
comparationis; b) perché la sospensione della prescrizione implica precisi elementi formali e temporali che si
ravvisano nel coniugio e non nella libera convivenza».
48
Sulle formazioni sociali di cui all'art. 2, cfr. E. Rossi, Le formazioni sociali nella Costituzione italiana,
Padova, 1989, spec. pp. 119 e ss.
49
Corte cost. 237/86: “Si deve ribadire quanto già più volte affermato, cioè che la convivenza more
uxorio è diversa dal vincolo coniugale e non può essere assimilata a questo per desumerne l'esigenza
costituzionale di una parità di trattamento. La stessa Costituzione ha valutato le due situazioni in modo
diverso, ed il dato assume rilievo determinante in un giudizio di legittimità costituzionale. Infatti il matrimonio
forma oggetto della specifica previsione contenuta nell'art. 29 Cost., che lo riconosce elemento fondante della
famiglia come società naturale, mentre il rapporto di convivenza assume anch'esso rilevanza costituzionale,
ma nell'ambito della protezione dei diritti inviolabili dell'uomo nelle formazioni sociali garantita dall'art. 2
Cost.”.
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rilevanza giuridica della convivenza, in modo da ridurre lo spazio di valutazione del
giudice (per esempio, in ordine alla durata della relazione). Inoltre, occorrerebbe
qualificare la convivenza, ove ricorrano tali condizioni, come fonte di alcuni diritti ex
lege e correlativamente di obblighi a favore e in capo ai conviventi, destinati a
soccorrere il convivente che, dopo la cessazione della relazione, venga a trovarsi in
stato di bisogno. Si potrebbe altresì immaginare la previsione di un legato ex lege a
favore del convivente superstite che si trovi in condizioni di bisogno. Più in generale
a seconda del tipo di diritti la stessa durata necessaria della convivenza potrebbe
ragionevolmente variare. Inoltre, questa prospettiva non esclude che i conviventi
possano regolare tramite contratto taluni profili patrimoniali coinvolti nella loro
relazione50.
Questa via italiana alla soluzione del problema sarebbe un modello sobrio e
concreto che, passando per la valorizzazione di una relazione che ha trovato la sua
conferma nel tempo, eviterebbe la via obliqua dello snaturamento del contratto,
comunque lo si chiami (Pacs, unione civile o altro), rivolto a una imitazione
impossibile del matrimonio. In più permetterebbe, e non è poco, di salvaguardare la
netta differenza tra matrimonio e altre unioni che cercano nel tempo il loro suggello,
preservando così la scelta del matrimonio come scelta fin dall’inizio e incondizionata
di una comunione di vita stabile e duratura.
Questa differenza, nonostante certe corrive interpretazioni, può desumersi
anche dall’art. 9 della Carta europea dei diritti fondamentali (Il diritto di sposarsi e di
costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano
l'esercizio): tale formula presuppone che la famiglia fondata sul matrimonio sia entità
distinta da altre forme di famiglia, altrimenti non avrebbe senso l’indicazione
specifica e distinta del diritto di sposarsi a fianco del diritto di costituire una famiglia.
La conseguenza dovrebbe essere pertanto una differente disciplina; altrimenti si
dovrebbe ritenere - ma si tratta di una alternativa ermeneutica che viene
generalmente respinta 51 -, che il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia
rappresentino un’endiadi, come a dire che la famiglia, che si ha diritto di costituire, è
solo quella fondata sul matrimonio.
50
Lo proponeva già L. Mengoni, La Famiglia nelle delibere del Consiglio d’Europa e nelle recenti riforme: principi
e orientamenti, in E.W.Volontè, La famiglia alle soglie del terzo millennio, Lugano, 1996, p. 62.
51
Cfr. Renda, Il matrimonio civile, cit., p. 155. Similmente, De Rosa, Forme familiari e modello familiare, cit.,
p. 759 con riferimento anche a S. Patti, I modelli di famiglia e di convivenza, Manuale di diritto privato europeo, I, a
cura di C. Castronovo e S. Mazzamuto, Milano, 2007, pp. 234 ss.
14
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La soluzione che poggia la giuridicizzazione delle convivenze senza
matrimonio sul principio di tutela dell’affidamento 52 , e quindi sull’effettività del
rapporto, sembra la più coerente con la Costituzione 53 . Invece, la proposta di
regolare le convivenze mediante un atto crea una sorta di matrimonio di secondo
grado assai problematico dal punto di vista sistematico. Infatti, la
contrattualizzazione della convivenza si risolve in una disposizione di diritti della
persona: in nome di che cosa le parti rinunciano a una serie di libertà fondamentali
senza l’impegno reciproco a una comunione di vita? Il problema non si pone se si
adotta la prospettiva della tutela dell’affidamento, che è quella del fatto ormai
avvenuto e della sua valutazione in termini di responsabilità: del resto, lo stesso art. 2
Cost. unisce la richiesta di adempiere agli obblighi di solidarietà alla garanzia delle
libertà fondamentali nelle formazioni sociali dove l’individuo svolge la sua
personalità. Perciò disciplinare le convivenze secondo il principio di tutela
dell’affidamento significa promuovere una certa misura di solidarietà anche in queste
formazioni sociali e quindi una competizione virtuosa con il matrimonio, invertendo
quella race to the bottom che sposta sempre più in basso gli standard di solidarietà
anche nel matrimonio. Significa, in altre parole, riprendere la bussola costituzionale
dei rapporti etico-sociali, correggendo la rotta rispetto alla tendenza alla
deeticizzazione delle relazioni domestiche.
5. La filiazione tra relazione e autodeterminazione.
Ma accanto alla questione delle unioni tra persone di sesso diverso, cui sono
dedicate le precedenti note, si pone anche la distinta questione delle coppie
omosessuali. Sebbene essa riguardi una categoria statisticamente limitata di persone,
il riconoscimento giuridico di queste unioni è una delle richieste che trovano eco più
forte nel sistema della comunicazione di massa dei paesi occidentali. Negli ultimi
vent’anni la maggioranza di questi paesi si è dotata di leggi che riconoscono queste
unioni. Forse è paradossale, ma alle difficoltà che il matrimonio incontra in una
società come quella attuale, fa riscontro la richiesta di legami giuridici stabili per le
coppie dello stesso sesso. È comprensibile allora che le persone di orientamento
omosessuale lamentino i ritardi e l’inadeguatezza della legislazione italiana che a
differenza degli altri paesi occidentali è rimasta muta sulla questione. È tempo che il
paese si confronti in modo serio su una questione che tocca uno degli istituti
fondamentali della nostra civiltà. Altrimenti una parte della società si sentirà
costretta ad altre forzature senza lasciare spazio a una soluzione frutto di adeguata
riflessione. È anche nell’interesse delle persone omosessuali non cedere alla forza
52
L. Barbiera, Le convivenze. Tipi e statuti, Milano, 2011, pp. 114 e ss., dà conto del fatto che tale
impostazione sia stata in alcuni casi seguita dalla Corte di Cassazione per tutelare uno dei partner in caso di
interruzione della convivenza.
53
Sottolinea questo punto anche Renda, Il matrimonio civile, cit., pp. 146 e ss.
15
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dell’omologazione e resistere all’ideologia dell’indifferenziato che distorce lo stesso
principio di uguaglianza. Ad esempio, la questione omosessuale non è da
confondere col problema delle coppie eterosessuali che convivono rinunciando al
matrimonio. È implicita in questa rinuncia infatti la scelta verso un vincolo più
debole rispetto a quello matrimoniale, mentre la coppia omosessuale non ha
attualmente alcuna forma giuridica a cui fare capo. Non sono mancate, del resto, le
richieste anche per via giurisprudenziale di un’estensione alle coppie omosessuali
dello stesso matrimonio. Tuttavia, la Corte costituzionale, dapprima, e la Corte di
cassazione, da ultimo, hanno evitato l’estensione del matrimonio alle coppie
omosessuali, indicando la via alternativa di una legislazione che dia attuazione su
questo versante ai principi dell’art. 2 Cost. e riconosca quindi all’unione omosessuale
il valore di formazione sociale in cui la persona svolge la sua personalità 54 . Si è
peraltro registrata anche una prassi eterodossa di alcuni Comuni italiani che hanno
provveduto a trascrivere, con evidente funzione simbolica, matrimoni celebrati
all’estero da cittadini italiani di orientamento omosessuale 55 . Operazione
quest’ultima particolarmente insidiosa perché cospira con una tendenza più ampia
alla delocalizzazione omologatrice del diritto56 e alla elusione delle leggi nazioni in
una materia particolarmente delicata come il diritto delle persone e della famiglia
con riguardo alla quale non sembra vi sia stata una rinuncia alla sovranità nazionale 57.
La prospettiva indicata dalla Corte costituzionale è analoga a quella fatta
propria dalla Corte costituzionale tedesca negli anni novanta, la quale pure aveva
respinto l’idea che nel matrimonio il sesso non fa differenza, ma aveva altresì
ammesso il diritto delle persone omosessuali di vedersi riconoscere da parte dello
54
Si vedano, rispettivamente, Corte cost. 15 aprile 2010, n.138 e Cass. 9 febbraio 2015, n. 2400.
La richiesta di trascrizione non è però giudicata ammissibile da Cass., 15 marzo 2012, n. 4184.
56
Su questo fenomeno, cfr. N. Irti, Norma e luoghi. Problemi di geodiritto, III ed. Roma-Bari, 2004.
57
Lo stesso art. 9 della Carta europea dei diritti fondamentali (c.d. Carta di Nizza) mostra questo
atteggiamento di rispetto verso le discipline nazionali. La Corte Edu (sent. 24 giugno 2010, Schalk e Kopf c.
Austria, in http://hudoc.echr.coe.int) ha affermato che “Regard being had to Article 9 of the Charter,
therefore, the Court would no longer consider that the right to marry enshrined in Article 12 must in all
circumstances be limited to marriage between two persons of the opposite sex. Consequently, it cannot be
said that Article 12 is inapplicable to the applicants’ complaint. However, as matters stand, the question
whether or not to allow same-sex marriage is left to regulation by the national law of the Contracting
State. 62. In that connection, the Court observes that marriage has deep-rooted social and cultural
connotations which may differ largely from one society to another. The Court reiterates that it must not
rush to substitute its own judgment in place of that of the national authorities, who are best placed to
assess and respond to the needs of society (seeB. and L. v. the United Kingdom, cited above, § 36). 63.In
conclusion, the Court finds that Article 12 of the Convention does not impose an obligation on the
respondent Government to grant a same-sex couple such as the applicants access to marriage”. A fronte
di questo giudizio della Corte, rischia di risultare decettivo S. Rodotà (La persona e i suoi diritti tra fonti
nazionali e europee, in E. Navarreta (a cura di), La metafora delle fonti e il diritto privato europeo, Giornate di studio
per Umberto Breccia, Torino, 2015, 27) il quale si limita a riportare che “visto l'art. 9 della Carta, pertanto, la
Corte non ritiene più che il diritto al matrimonio di cui all'art. 12 della Convenzione debba essere limitato in
tutti i casi al matrimonio tra persone di sesso opposto”. Per un commento equilibrato della sentenza, cfr., R.
Rossi, Second-parent adoption e omogenitorialità, in Europa dir. priv., 2014, 271 ss.
55
16
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stato un legame profondo come l’unione di vita58. La legge ha poi introdotto un
istituto ad hoc, la Lebenspartnerschaft, l’unione di vita tra persone dello stesso sesso.
Invero, i denigratori della soluzione tedesca hanno buon gioco a sottolineare che nei
successivi quattordici anni la disciplina del rapporto fra partner ha eliminato ogni
differenza significativa rispetto ai coniugi 59 : l’ideologia dell’indifferenziato non ha
risparmiato in questo primo scorcio del nuovo millennio nemmeno la rigorosa
cultura giuridica tedesca. Tuttavia, la distinzione tra unioni di vita e matrimonio non
si è ridotta ai nudi nomi. È rimasta la differenza fondamentale rispetto alla filiazione,
e se si prende sul serio il matris munus è proprio questa dimensione che la resistenza a
non estendere all’unione omosessuale il matrimonio dovrebbe proteggere. Perciò è
ingeneroso definire quella tedesca una soluzione ipocrita, a meno che si ritenga
irrilevante il fatto che in Germania non c’è stato bisogno di sostenere, come invece
fa da ultimo in buona sostanza la Corte Suprema degli USA 60 , che la parola
“matrimonio” deve in pari tempo mantenere la forza simbolica derivante dalla sua
eredità millenaria ma farsi così generica nel suo contenuto da vestire sia l’alleanza
generativa di un uomo e una donna sia l’unione per la vita senza potenzialità
generativa 61 . La Corte Suprema addirittura afferma che il diritto al matrimonio
ricava il suo significato dal diritto di educare, procreare e istruire bambini, onde
sarebbe discriminatorio escludere tale diritto alle persone omosessuali (A third basis
for protecting the right to marry is that it safeguards children and families and thus draws meaning
from related rights of childrearing, procreation, and education). Sicché la revisione del
concetto di matrimonio porta con sé anche una profonda revisione del concetto di
filiazione. Del resto, non solo il nesso fra matrimonio e filiazione è nella stessa
parola (matris munus), ma anche in alcune delle caratteristiche fondamentali della
disciplina del matrimonio come la presunzione di paternità e gli obblighi verso i figli
che sono già obblighi coniugali (art. 147 c.c.) e che diventano rilevanti pure nella
disciplina della separazione e del divorzio. Il fatto che due persone dello stesso sesso
non possano mettere al mondo un loro figlio è un dato materiale incontestabile e
perciò la loro unione può addivenire alla filiazione solo grazie a uno slittamento di
senso di quest’ultima: occorre che essa da rapporto che ha una base naturale nella
coppia si trasformi in un rapporto costituito tramite la forza della legge e col
58
BverfG, 4.10.1993, 1 BvR 640/93, NJW, 1993, pp. 3058 e ss.
Cfr. G.D. Gade – C. Thiele, Ehe und Eingetragene Lebenspartnershaft: zwei Namensverschiedene Rechtsinstitute
gleichen Inhalt?, Öffentliche Verwaltung, 2013, pp. 142 e ss.
60
U.S. Supreme Court, Obergefell et al. v. Hodges, Director, Ohio Department of Health, et al., 25.06.2015, cit.
61
Già M.A. Glandon, State, Law and Family. Family Law in Transition in the United States and Western
Europe, Amsterdam, 1977, p. 67 aveva osservato a seguito dell'indebolimento del matrimonio mediante
discipline che facilitano il divorzio la “tendency of the law to respond to diversity by becoming «neutral»”. È in fondo
una tendenza risalente almeno al codice di Napoleone e fatta propria nel celebre discorso di Portalis nei
riguardi del quale muoveva la sua critica Rosmini: cfr. A. Nicolussi, Antonio Rosmini e il diritto di famiglia,
Appunti di un giurista del ventunesimo secolo, Diritto e diritti nelle “tre società” di Rosmini (a cura di M.
Dossi – F. Ghia), Brescia, 2014, p. 73.
59
17
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contributo anche genetico di terzi. In altre parole, alla genitorialità come
responsabilità per il fatto procreativo, si sostituirebbe una genitorialità derivante da
atti giuridici che talora possono anche assumere la forma di contratti (ad esempio,
nel caso della c.d. maternità surrogata) e talora paiono addirittura degli escamotage62.
Non è in discussione qui la capacità di amare un bambino, di mantenerlo e di
educarlo. Nemmeno la possibilità che coppie omossessuali possano contruibure al
mantenimento e all'educazione di bambini abbandonati. In gioco è il principio
generale di conformità della forma giuridica alla realtà e, con riguardo al figlio, il
principio di verità, a cui si deve riconnettere la garanzia dell’identità personale che
non è solo un elemento spirituale ma è anche incarnata nella dimensione fisica delle
persone. Di qui la ratio del principio stesso di bigenitorialità che verrebbe frainteso
se concepito in senso meramente quantitativo – due genitori sono meglio di uno
solo-, anziché in senso qualitativo, ossia in funzione della maternità e della paternità,
le quali sono dimensioni incarnate in cui cultura e natura non possono essere scisse.
Altrimenti, se la filiazione viene rappresentata come disincarnata dal corpo delle
persone, che cosa resta della sua specificità e che cosa la differenzia rispetto alle altre
relazioni umane? La nostra Costituzione concepisce la responsabilità genitoriale (di
entrambi i genitori) come l’effetto dell’atto procreativo, non come l’effetto della
scelta di un adulto di fare da genitore ad un minore. Certo, esiste l’adozione, ma essa
è sussidiaria all’incapacità dei genitori naturali e svolge proprio la funzione di
procurare una famiglia a un bambino che non la ha (art. 30 Cost., co. 2, e art. 1, l. 4
maggio 1983, n. 184 sull'adozione). L’adozione è un esempio molto bello di
solidarietà umana, ma solo se è gratuita e non vanta pretese, cioè se rispetta la
persona del bambino e la sua identità. Se la questione omosessuale troverà una
soluzione senza ridurre o strumentalizzare il concetto di filiazione, la strada verso il
futuro non sarà così fosca come temono i lodatori del tempo andato. Allora, il
futuro della natura umana potrebbe scoprire forme di responsabilità e di solidarietà
finora inedite. Ma quando accade, come in Gran Bretagna, che gli enti che si
occupano di adozioni sono costretti da una c.d. clausola antidiscriminatoria prevista
62
Un esempio si ricava dal modo in cui viene esteso ai partner l'istituto dell’adozione del figlio del
coniuge, istituto originariamente concepito con riguardo al coniuge di colui o colei che ha avuto un figlio
precedente al matrimonio il quale conviva con lo step-parent (matrigna o patrigno). Nel caso della coppia
omosessuale, invece, l’istituto potrebbe essere visto come una via obliqua per regolarizzare eterologhe e
maternità surrogate realizzate all'estero. Una volta che uno dei due sia riconosciuto genitore, all'altro non
resterebbe che perfezionare l'iter con l'adozione del figlio del partner. In tal modo, anziché un riconoscimento
a posteriori del ruolo che il coniuge assume nei confronti del figlio del coniuge, l’istituto viene strumentalizzato
per realizzare una complessa procedura di genitorialità legale tra i partner progettata fin dall’inizio. Diventa in
ultima analisi uno strumento per una genitorialità per escamotage. Ne deriva che l’art. 5 del ddl approvato dal
senato sulle unioni civili (c.d. ddl Cirinnà) dovrebbe quantomeno essere emendato, in modo da far sì che
l’interesse del minore rimanga il baricentro dell’adozione, senza che l’adozione del partner si risolva in un
escamotage per filiazioni artificiali sanate ex lege. Sull'adozione in casi particolari e anche sul tema della presente
nota, cfr., da ultimo, C. Rusconi, L'adozione in casi particolari: aspetti problematici nel diritto vigente e prospettive di
riforma, Jus, 2015 p.
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dall'Equality Act a considerare equivalente l'offerta di una coppia eterosessuale a
quella di una coppia omosessuale, sembra che qualcosa nel meccanismo dei diritti si
sia inceppato, che il giudice dell'eguaglianza sia divenuto un Subsumptionautomat.
6. La prospettiva negatrice circa la concezione relazionale della filiazione è
alimentata soprattutto dalle possibili applicazioni della biotecnologia contemporanea
e in particolare dalla dissociazione tra elemento biologico e dimensione personale
della filiazione che esse rendono possibile. Si pensi ad esempio alle tecniche c.d. di
tipo eterologo per mezzo delle quali si dà luogo alla fecondazione artificiale
utilizzando gameti di terzi estranei alla coppia che accede a tale tecnica e che si
candida a svolgere il ruolo genitoriale. I terzi che mettono a disposizione i gameti, in
tal modo, vengono esonerati dalla responsabilità genitoriale per soddisfare la
richiesta della coppia affetta da problemi di infertilità o di sterilità a cui legalmente
viene assegnato lo status genitoriale.
Inoltre, le biotecnologie rendono possibile una selezione degli embrioni che
può implicare una oggettivazione biologicistica dell'inizio della vita umana. Nella
misura in cui, infatti, il concepito viene scelto o scartato in funzione della presenza o
meno di certe caratteristiche o predisposizioni genetiche, non soltanto si lede il
principio di rispetto della dignità umana ma il potere di selezione che in tal modo
viene esercitato contraddice l'idea di filiazione come rapporto, dal momento che non
può darsi rapporto tra il soggetto e l'oggetto della scelta.
Nella recente giurisprudenza della Corte costituzionale si è registrata su questi
temi una certa oscillazione, da un lato un cedimento alla suggestione seduttiva della
formula autodeterminazione riproduttiva e dall'altro una decisione che mostra un
maggiore equilibrio circa la questione della diagnosi preimpianto o più precisamente
dell'accesso alla PMA da parte di coppie fertili ma portatrici di gravi patologie
trasmissibili.
Riguardo alla sentenza n. 162/2014 che ha dichiarato l’illegittimità del divieto
di fecondazione c.d. eterologa (art. 4, l. 40/2004), la lettura delle motivazioni non
può non sorprendere, dal momento che il divieto dell’eterologa non è valutato dalla
Corte in rapporto ai principi della filiazione contenuti nella Carta costituzionale, ma
rifacendosi alla formula extracostituzionale dell’autodeterminazione riproduttiva 63 .
63
La sentenza si presta a una serie di rilievi critici, esposti da par suo in C. Castronovo, Fecondazione
eterologa: il passo (falso) della Corte costituzionale, in Eur. e dir. priv., 2014, pp. 1122 e ss. Per altri commenti di vario
segno, G. Ferrando, Autonomia delle persone e intervento pubblico nella riproduzione assistita. Illegittimo il divieto di
fecondazione eterologa, in NGCC, 2014, II, pp. 393 e ss.; G. Baldini, Cade il divieto di pma eterologa: prime riflessioni
sulle principali questioni, in Vita not., 2014, pp. 675 e ss. (il quale, però, commenta nonostante risulti come
avvocato nella causa); S. Tonolo, Il diritto alla genitorialità nella sentenza della Corte costituzionale che cancella il divieto
di fecondazione eterologa: profili irrisolti e possibili soluzioni, in Riv. dir. int., 2014, pp. 1123 e ss.; L. d’Avack, Cade il
19
Jus-online 2/2015
Addirittura l’art. 30 – l’unico espressamente dedicato alla filiazione – non è mai
nemmeno citato nelle motivazioni. Del resto, non sarebbe stato facile alla Corte
costruire l’autodeterminazione riproduttiva come diritto costituzionalmente
compatibile con l’art. 30, co. 1, Cost. 64. Esso stabilisce chiaramente un nesso tra
responsabilità genitoriale e fatto della procreazione, chiarendo che i doveri e i diritti
di cura genitoriale sono la conseguenza giuridica della procreazione, non l’effetto
della scelta di ricoprire il ruolo genitoriale 65 . Del resto, anche nella filiazione da
fecondazione eterologa si fa appello a un elemento di collegamento biologico tra il
nato e uno dei due componenti della coppia: l’uomo, nel caso di una donazione di
ovuli, la donna nel caso di una donazione di gameti maschili o quando essa abbia
portato avanti la gestazione nel caso di una doppia eterologa (seme e ovuli di
persone estranee). Ma questo elemento biologico cui pure si fa appello nella
fecondazione eterologa non consente di parlare propriamente di
autodeterminazione riproduttiva della coppia, essendo pacifico che l'utilizzo di gameti
di un estraneo è incompatibile col concetto di riproduzione della coppia.
D'altra parte, mettere in evidenza l’esigenza di un profilo biologico nella
filiazione non significa indulgere in un preconcetto biologismo, né che adottando il
criterio procreativo si sottovalutino sentimenti e affetti. Semplicemente la legge ha
bisogno di approntare un criterio a priori, che traduca giuridicamente la naturale
affettività tra genitori e figli, mentre è indiscutibile che, in mancanza di un rapporto
procreativo tra l'adulto e il minore, sentimenti e affetti reciproci si possono
sviluppare solo successivamente, non prima che la relazione sorga: perciò essi non
possono assumere il rilievo di un criterio di attribuzione della paternità o della
maternità se non, eventualmente, a posteriori. In altre parole, non si mette qui in
discussione l'idea che se di fatto una persona si prende cura di un bambino come un
padre o una madre, questa persona possa essere trattata come se ne fosse il genitore.
Ciò che è discutibile è piuttosto la sottovalutazione a priori dell’elemento del
divieto all’eterologa, ma la tecnica procreativa resta un percorso tutto da regolamentare, in Dir. fam. e pers., 2014, pp. 1005
e ss.
64
Sembra disturbato da tale argomento P. Morozzo della Rocca, Dove finirà l'embrione se il piano si inclina
ancora?, NGCC, 2015, II, p. 145 il quale, nella prospettiva favorevole all'eterologa, lamenta che si faccia
riferimento agli artt. 29 e 30 Cost., a suo dire logorati, auspicando «una riscrittura delle norme costituzionali
sulla famiglia e sulla filiazione». Si esemplifica così anche qui quella deriva metodologica della scrittura
giuridica italiana sempre meno incline a rispettare il principio di positività del diritto e sempre più lontana dal
discorso giuridico come e vinculis sermocinatio; donde lo scivolo inarrestabile sulla slippery slope di una retorica
autoreferenziale. La fuga dal discorso rigoroso tuttavia si fa veicolo di qualche momento di apprezzabile
comicità, come quando l'autore citato riesce a descrivere la Costituzione prima come «nostra bellissima e
anziana madre» e qualche riga successiva, forse mediante un trucco biotecnologico, come nostra «bisnonna».
Poco prima, peraltro, si trova menzione di una «concezione giuridica della maternità» lasciata completamente
nel vago e, presumendo un minimo di coerenza nello stesso autore, orfana sia della anziana madre
costituzionale sia a maggior ragione del più senile codice civile.
65
Si fa riferimento a doveri “naturali” in Corte cost. 494/2002 (red. Zagrebelsky), così come all'art. 6 della
Costituzione tedesca: «Pflege und Erziehung der Kinder sind das natürliche Recht der Eltern und die zuvörderst ihnen obliegende Pflicht».
20
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collegamento naturale tra genitori e figli e l’idea di ritenere decisiva la pretesa di
essere genitore prima ancora di prendersi cura del figlio e fino al punto di scalzare la
genitorialità naturale66.
La sentenza della Corte costituzionale n. 96/2015 sembra, invece, meno
indulgente verso la prospettiva puramente autodeterministica. Anzitutto, questa
volta la Corte, tenuta a valutare l'eventuale antinomia tra legge 40/2004 sulla PMA e
legge 194/1978 sull'interruzione volontaria della gravidanza, individua nel criterio
del grave pericolo per la salute della donna, previsto all'art. 6 l. 194/1978 per l'ivg
dopo i 90 giorni, il requisito di accesso alla PMA ai fini della diagnosi preimpianto.
La salute, insomma, viene presa sul serio e secondo la Corte spetterà a una apposita
struttura pubblica accertare la sussistenza del grave pericolo per la salute. Non è un
guadagno da poco, se si considera che la Corte avrebbe potuto invece fare
riferimento alle regole più ambigue previste all'art. 4 per i primi 90 giorni di
gravidanza. Qui, infatti, non si chiede esplicitamente che il serio pericolo per la
salute della donna sia accertato dal medico, dando quindi pretesto alla prassi
applicativa che di fatto ha annacquato il requisito67.
La Corte, dunque, ritorna sui propri passi, riprendendo l'idea - a suo tempo
fatta propria con la sentenza 27/1975 - del bilanciamento tra tutela della vita
nascente e tutela della salute della madre che però richiederebbe una cultura
giuridica adeguata. Negli ultimi decenni si è assistito, infatti, a un vero e proprio
accanimento contro il concetto oggettivo di salute che si vorrebbe assorbita nell'idea
di libertà personale o nella variante del completo benessere fisico e psichico 68 .
Tuttavia l'indicazione di una “opportuna previsione di forme di autorizzazione e di
controllo delle strutture abilitate” mostra in modo evidente che il requisito del grave
pericolo per la salute secondo la Corte non dev'essere aggirato.
66
Dal punto di vista psicologico, Recalcati, Le mani della madre, cit., 92 presenta il voler avere un figlio a
tutti i costi come un fatto che allude a un fantasma di appropriazione, esprimendo perplessità sulla tendenza
del nostro tempo a ritenere «che la sessualità possa essere aggirata grazie al progresso delle scoperte
scientifiche in materia di riproduzione. La maternità cosiddetta consapevole rischia di negare il fatto che un
figlio non può mai essere l'emanazione o la riproduzione dell'Uno, ma è sempre il frutto del Due».
67
Cfr. A. Renda, Gravidanza (interruzione della), Diritto civile (a cura di S. Martuccelli – V. Pescatore),
Milano, 2011, p. 865.
68
A questo proposito P. Zatti, Rapporto medico-paziente e «integrità» della persona, in NGCC., 2008, II, p.
404, fa parola di salute “identitaria”. A favore di questa concezione - che secondo V. Durante, Salute e diritti tra
fonti giuridiche e fonti deontologiche, in Pol. dir., 2004, p. 579, includerebbe «nell’ambito di protezione dell’art. 32
Cost. anche gli atti di automutilazione e le forme di autolesione in genere (compreso il lasciarsi ammalare, o il
rifiuto del cibo), finanche il suicidio, e ciò sulla base del mancato divieto in questo senso nella Costituzione» si è da ultimo schierata G. Ferrando, Diritto alla salute e autodeterminazione tra diritto europeo e Costituzione, in Pol.
dir., 2012, pp. 10 e ss., secondo cui, “in quanto elemento del più complessivo quadro dei diritto fondamentali
della persona, la salute diviene apprezzabile sulla base di una valutazione soggettiva riferita all’intera
esperienza vissuta dal paziente. Si assiste ad un passaggio dell’idea di salute come standard (l’uomo sano) al
vissuto. Non c’è più (soltanto) un metro oggettivo su cui misurare, con gli strumenti della scienza, la salute,
ma occorre tener conto dell’esperienza individuale, dell’universo di valori culturali, religiosi familiari, con i
quali la salute deve armonizzarsi”. È un tipico esempio in cui un valore viene assorbito in un altro e quindi, in
definitiva, depotenziato nella sua tutela, se non addirittura annullato.
21
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La sentenza 96/2015 si distanzia da quella sull'eterologa (162/2014) anche per
il diverso atteggiamento verso la competenza legislativa del Parlamento. Nella
sentenza 162/2014 la Corte sembrava volere non solo eliminare il divieto, ma pure
velleitariamente precludere un intervento di adeguamento della disciplina legale. Ora,
la sentenza 96/2015 fa esplicito riferimento nelle motivazioni al compito del
Parlamento di
“introdurre apposite disposizioni al fine della auspicabile
individuazione (anche periodica, sulla base della evoluzione tecnico-scientifica) delle
patologie che possano giustificare l’accesso alla PMA di coppie fertili e delle
correlative procedure di accertamento (anche agli effetti della preliminare
sottoposizione alla diagnosi preimpianto)” 69 . Non è senz'altro un compito facile
quello che la Corte commette al Parlamento, per certi aspetti esso si presenta come
formidabile. Da un lato, il legislatore si troverà a occuparsi di una questione che non
riguarda soltanto la legge sulla PMA, ma anche la legge sull'interruzione della
gravidanza dalla quale il requisito del grave pericolo per la salute è ricavato e posto
in relazione “con processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o
malformazioni del nascituro” (art. 6). Dall'altro, questo lavoro porterà il legislatore
sul bilico che separa una ragionevole tutela della salute dall'abisso dell'eugenetica. In
realtà, non sempre la selezione misconosce la dignità del concepito come quando, ad
esempio, si preferisce non impiantare un embrione privo di chance di sviluppo o
comunque destinato a morte precoce e se ne impianta un altro che abbia delle
chance di sviluppo. Ben diverso è invece affermare quel ripugnante “diritto al figlio
sano” che, come è riportato nella sentenza, viene evocato dal giudice rimettente e
che la Corte giustamente non nomina nemmeno. Ma è pure problematico indicare
certe patologie come indici ai fini del giudizio - necessariamente prospettico nel caso
dell'embrione, non necessariamente prospettico nel caso del feto - sul grave pericolo
per la salute della donna perché ciò può riflettersi in uno stigma sociale per chiunque
si trovi in quelle condizioni. Equivarrebbe in buona sostanza a stabilire che la vita di
certe categorie di persone affette da determinate patologie è una vita semplicemente
tollerata e non tutelata come ogni altra vita umana. Tale esito, che trascende la
69
In altri termini la sentenza 96/2015 sembra più rispettosa della discrezionalità del legislatore rispetto
a quanto abbia mostrato Corte cost. 162/2014 in cui addirittura la Corte ritiene sufficiente, ai fini della
questione della conoscenza delle origini biologiche del nato, l'indicazione, per certi versi antinomica, sia degli
artt. 12, 13, co. 1, 14, 15 del d.lgs. 6 novembre 2007, n. 191 sia dell'art. 28 della l. 4 maggio 1983, n. 184. Essa
nemmeno sembra avvedersi che l'art. 14, n.3, d.lgs. 191/2007 mostra chiaramente che tale disciplina è
impostata sul rapporto tra donatore e ricevente, come è normale nelle donazioni di parti del corpo umano,
senza tenere in considerazione che nell'eterologa il problema dell'eventuale anonimato si pone quantomeno
nei riguardi di tre soggetti e, donante ricevente e colui che nasce mediante questa tecnica. Così, coloro che
negano a tale sentenza la qualità di sentenza additiva di principio (per tale classificazione in generale, cfr. G.
Zagrebelsky – V. Marcenò, Giustizia costituzionale, Bologna, 2012, pp. 400 e ss.), si trovano a dover spiegare
come colmare una serie di lacune e risolvere incertezze riguardo alla disciplina concretamente applicabile alla
fecondazione eterologa dovendosi basare sui dati presenti in un ordinamento giuridico impostato,
precedentemente, sul divieto di tale pratica e quindi sull'assenza di regole relative alla donazione di gameti.
22
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dibattuta questione della soggettività del concepito 70 e in generale del nascituro, non
sarebbe facilmente conciliabile col principio della pari dignità sociale che è valore
fondamentale della nostra Costituzione. Se, ad esempio, si includerà la sindrome di
Down tra le patologie in questione, non si stigmatizzerà già per questo una categoria
di persone mortificando loro e quelli che vivono in rapporto con loro71?
L'ingresso delle biotecnologie nell'ambito della vita nascente, per non rivelarsi
di fatto uno strumento di revisione costituzionale, ha insomma bisogno di poter
essere valutato non soltanto in base a parametri di tipo efficientistico, ma anche a
parametri che sappiano tradurre l'istanza della dignità umana senza pregiudizi verso
la dimensione etico-sociale nella quale la costituzione ha voluto collocare la famiglia
e la salute. Il desiderio profondo di vita che accompagna le relazioni intime e apre le
persone verso la filiazione deve, anche sul terreno delle biotecnologie, poter trovare
sbocchi compatibili col principio di rispetto per la persona umana, altrimenti rischia
di volgersi nel suo contrario. Il desiderio di filiazione infatti non può che essere
desiderio della vita di un altro, non chiusura nella sfera dell'autoreferenzialità, ossia
preoccupazione per sé medesimo, anziché disponibilità a prendersi cura dell'altro in
quanto e come tale. La contesa tra le due concezioni giuridiche della genitorialità come semplice diritto della persona o come rapporto rispettoso di entrambe le
soggettività coinvolte - si conferma in definitiva centrale. L'asimmetria che
caratterizza inevitabilmente la filiazione e che naturalmente è massima nelle fasi della
vita nascente espone giocoforza tale rapporto al rischio dell'unilateralità in danno del
figlio. Il nostro ordinamento tende a concepire il bilanciamento tra diritti
fondamentali nella fase nascente in un quadro nel quale, quando è in gioco la salute
della madre, la capacità giuridica del concepito sembra poter essere ridotta ma mai
negata completamente. Del resto, una volta che sono divenuti possibili interventi
così invasivi nella vita nascente, distinguere radicalmente tra il prima e il dopo la
nascita si rivela vieppiù un'astrazione negligente delle inevitabili ripercussioni del
prima sul dopo.
La tendenza alla precarizzazione dei rapporti e il problema della solitudine
delle persone che affanna il nostro tempo possono inasprirsi o attenuarsi a seconda
che la nostra società trovi le energie e le idee adatte per uscire dalle secche
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La questione dello statuto dell'embrione è notoriamente molto dibattuta, ma persino da una
prospettiva molto sbilanciata in sfavore del concepito si è potuto sostenere che l'embrione è «certamente
irriducibile alla pura dimensione biologica di un insieme di cellule»: S. Rodotà, Il diritto di avere diritti, Bari, 2014,
p. 192. Per altre citazioni, mi permetto di rinviare al mio Lo sviluppo della persona umana come valore costituzionale e
il cosiddetto biodiritto, in Europa dir. priv., 2009, 42 testo e nota 88 cui adde F.D. Busnelli, Lo statuto del concepito,
Dem. dir., 1988, pp. 213 e ss.; G. Oppo, L'inizio della vita umana, in Riv. dir. civ. 1982, I, pp. 499 e ss.; P. Zatti,
Quale statuto per l’embrione?, in Riv. crit. dir. priv., 1990, p. 438.
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Può essere dunque opportuno che in vista della formazione di elenchi di malattie a tale riguardo
siano consultate le associazioni delle persone affette dalle patologie che sono prese in considerazione.
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Jus-online 2/2015
dell’ideologia dell’indifferenziato e riconoscere forme nuove per consolidare le
strutture delle relazioni significative. Infatti, ogni innovazione, così come ogni
resistenza conservatrice, dovrà essere misurata in relazione al grado in cui
salvaguarderà o comprometterà questa dimensione essenziale della persona umana72.
Rispettare l'uomo non significa negare che i desideri più genuini possano farsi diritti,
come qualcuno sostiene; la questione semmai riguarda la forma e il contenuto delle
regole giuridiche che possono dare rilievo sul piano del diritto ai desideri. In altre
parole, la tecnica non deve contribuire a far bisticciare la ragione con i desideri
nemmeno sul piano del diritto, bensì lasciare che l’una sappia desiderare e gli altri
ragionare.
KEWORDS: Ethical and Social Relations – Family – Marriage – Filiation – Assisted Reproduction
ABSTRACT: The Italian constitution comprehends a section devoted to «social-ethical
relationships» with provisions in the first four articles of principles on family and health. This part
of the constitution, which is linked to the fundamental article 2, stresses the relational dimension of
man and the nexus between fundamental human rights and the principle of solidarity. However,
over the last few decades the influence of the libertarian movement, reinforced by globalisation
and the new economic relationships, has led to a deconstitutionalizasation and a reshaping of the
Italian legal system. This system tends now to be highly influenced by the model of individualistic
self-ownership and is consequently severed from its constitutional roots. If the trend continues the
concept of marriage will be transformed into a contractual one based only on the right to
individual happiness without any space for communal happiness within the family. Moreover,
filiation is transforming, particularly thanks to biotechnologies, into a new concept which can no
longer be considered as a true relationship with its concomitant set of responsibilities, but rather
the consequence of an act of self-determination of an adult. The Author underlines some
ambiguity revealed in this process, while focusing on the issues regarding cohabitation without
marriage, gay marriage and insemination by donors and pre-implantation genetic diagnosis.
72
Si usa indicare col termine ecologia il valore del rispetto che la tecnica deve nei confronti della terra
come ecosistema e quindi necessariamente anche verso l'uomo, il quale – come ci ricorda la recente
cinematografia d'autore – è pur sempre il sale della terra.
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