13-023 IVONE - Diritto Ambiente Imp

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Economia & Ambiente
Articoli Rubriche
IL DIRITTO ITALIANO DELL’AMBIENTE
TRA PRINCIPI COSTITUZIONALI
E REGOLE EUROPEE
I principi europei, la Costituzione italiana e la normativa nazionale
in materia ambientale – La Valutazione di Impatto Ambientale alla
luce della nuova Direttiva europea – Degrado dell’ecosistema,
principio “chi inquina paga” e le regole del risarcimento del danno
di
VITULIA IVONE
ché la produzione di biossido di carbonio1.
Sarebbe necessario invertire processi che hanno
origini storiche consolidate nel modello di sviluppo e
nei mutamenti economici, politici e sociali degli ultimi 250 anni, e che, per dimensioni e velocità, mostrano una inerzia molto elevata2.
Come è comprensibile, opporsi a simili tendenze
è un compito improbo, spettante ai governi e agli
amministratori pubblici, che hanno di frequente dato
dimostrazione di non avere a cuore le sorti del Pianeta terra.
Appare chiaro l’indissolubile legame del concetto
di ambiente a fattori di ordine sociale, economico,
culturale ed etico, connessi alle condizioni e ai luoghi
nei quali la persona umana vive ed esplica le proprie
attività. Al contempo, con analoga incidenza, assume
rilevanza il bene ambientale dal punto di vista giuridico; deriva da ciò la consapevolezza che per la sopravvivenza sulla terra e la salvaguardia delle generazioni future, i problemi debbano essere affrontati e
le emergenze disciplinate.
Nella disciplina giuridica della tutela ambientale
Attuale degrado dell’ecosistema
Secondo il prevalente parere degli esperti, la crisi
ambientale globale si è notevolmente aggravata:
dall’effetto serra alla perdita della biodiversità, alla
deforestazione selvaggia e alla desertificazione, dalle
forme più o meno recenti di inquinamento (atmosferico, idrico, acustico, elettromagnetico, inquinanti
chimici persistenti, rischio biotecnologico etc.) al
crescente volume di rifiuti, fino alla distruzione di
interi ecosistemi o al depauperamento delle risorse
marine, sono molti (troppi) e ben noti gli indicatori di
un progressivo degrado dell’ecosistema planetario.
L’influsso delle attività umane sull’ambiente ha
assunto le attuali dimensioni preoccupanti soprattutto
nel corso del XX secolo, in cui una violenta pressione umana sull’ambiente ha raggiunto, soltanto negli
ultimi 100 anni, tassi incommensurabili rispetto a tutta la storia umana precedente: la popolazione del pianeta si è quadruplicata, il volume dell’economia
mondiale è cresciuto, così come la produzione industriale, il consumo di energia, quello di acqua, non-
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non esiste, almeno fino ad oggi, un “sistema” proprio
delle fonti del diritto costruito sulla individuazione di
particolari atti o di particolari procedimenti per la
produzione normativa in questa materia.
Fino alla metà del secolo scorso i problemi ecologici erano scarsamente considerati, tant’è che la
Costituzione del 1948 non faceva menzione
dell’ambiente che entra, invece, nel lessico costituzionale soltanto nel più ampio contesto di revisione
della parte seconda del titolo V, della Carta costituzionale 3 . Sulla necessità di un consistente adeguamento di tutela è giunta la sollecitazione del legislatore sovranazionale.
Infatti, la disciplina giuridica rivolta alla tutela
dell’ambiente nasce sul piano del diritto internazionale, tanto che, da tempo, si è cominciato a parlare di un
vero e proprio «diritto internazionale dell’ambiente».
Si tratta di una produzione normativa che ha assunto
dimensioni significative a partire dalla prima metà degli anni settanta e che è in progressiva espansione, in
quanto destinata a disciplinare non soltanto i fenomeni
di inquinamento transfrontaliero tra Stati diversi, ma
soprattutto i problemi ambientali a carattere globale.
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territorio nella sua percezione visibile», come «forma
e immagine dell’ambiente», «come ambiente visibile,
ma inscindibile dal non visibile»: essa si volge dunque
a criteri di integrità e globalità che comportano una
considerazione nuova dell’intero territorio nazionale,
frutto di un intenso lavoro della giurisprudenza costituzionale6. Ciò in perfetta coerenza con la collocazione costituzionale del paesaggio, nel secondo comma
dell’art. 9, che lo individua al contempo come “prodotto” e come “presupposto” di quello «sviluppo della
cultura» che il primo comma affida all’attività di promozione ad opera degli enti della Repubblica.
Anche l’art. 32 Cost. concorre alla qualificazione
del bene ambiente, posto che la giurisprudenza costituzionale, superando l’originario significato di tutela
del singolo, ha interpretato la disposizione come diritto di ciascuno a vivere in un ambiente salubre,
colmando un vuoto di disciplina contrastante con la
pregnanza del bene in questione7. Importante è anche
la libertà di iniziativa economica privata presente
nell’art. 41 Cost.: questa norma, nell’enunciare che
tale libertà non può svolgersi in contrasto con l’utilità
sociale, individua in altre libertà il contrappeso, allo
scopo di evitare che si possa realizzare un conflitto
con l’ecosistema 8. D’altra parte, la mancata indicazione del concetto giuridico di ambiente nella Carta
costituzionale – introdotta soltanto con il novellato
art. 117, in sede di ripartizione delle competenze tra
Stato e regioni9 – non ha impedito l’interpretazione
estensiva di disposizioni già presenti nella Carta fondamentale per conseguire una maggiore tutela del
bene in esame. In altri termini, la natura di valore trasversale, idoneo a incidere anche su materie di competenza di altri enti nella forma degli standars minimi
di tutela, già ricavabile dagli artt. 9 e 32 della Costituzione, trova conferma nella riforma del titolo V,
parte II, Cost., la quale, modificando l’art. 117 della
Carta costituzionale, ha attribuito alla legislazione
esclusiva dello Stato la «materia» tutela
dell’ambiente e dell’ecosistema (comma 2, lett. s),
mentre ha affidato espressamente alla legislazione
concorrente dello Stato e delle Regioni una serie di
materie che presentano necessariamente forti profili
di connessione con la tutela degli equilibri ecologici:
valorizzazione dei beni culturali e ambientali, tutela
della salute, governo del territorio, protezione civile,
produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell’energia, porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione, ricerca scientifica e tecnolo-
Il diritto dell’ambiente nella Costituzione italiana
La problematica sottesa ad una trattazione breve
in materia di diritto dell’ambiente si basa sulla ricerca della sua fisionomia e della sua natura giuridica,
allorché l’ordinamento riconosca l’istanza come giuridicamente rilevante. La progressiva affermazione
del rilievo costituzionale dell’interesse all’ambiente
salubre prende un sommesso avvio con l’art. 9, che
garantisce la tutela del paesaggio e del patrimonio
storico - artistico nazionale4: la nozione – che intendeva il paesaggio come semplice somma di alcuni
beni giuridici determinati (ville, giardini di interesse
artistico o storico e complessi di cose immobili avente valore estetico e tradizionale) – esprime oggi un
concetto più ampio, non limitato alle bellezze naturali da conservare come aspetto e forma del territorio
statico5, bensì come valore in costante evoluzione e
mutamento. La tutela del paesaggio diventa «forma
del territorio o dell’ambiente, creata dalla comunità
umana che vi è insediata, con una continua interazione della natura e dell’uomo […] come processo creativo continuo, incapace di essere configurato come
realtà o dato immobile», come «modo di essere del
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gica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi (comma 3).
Da allora, la giurisprudenza costituzionale afferma che l’ambiente è un “valore trasversale” di natura
primaria più che una “materia” in senso stretto10.
Tale evoluzione ha generato una definizione di
ambiente quale bene immateriale unitario, elemento
determinativo della qualità della vita alla cui base c’è
l’esigenza di vivere in un habitat salubre quale condizione indispensabile ai fini del benessere psicofisico individuale11.
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tutto attraverso l’utilizzo delle disposizioni sul mercato interno. In tal senso, settori come l’inquinamento
delle acque e dell’aria – nonché la difficile gestione
dell’inquinamento e dei rifiuti pericolosi – hanno ricevuto una disciplina atta ad armonizzare le legislazioni
nazionali, per non ostacolare il commercio intracomunitario e salvaguardare anche la protezione della salute
umana e dell’ambiente. Le modifiche apportate
dall’Atto Unico Europeo al Trattato CEE hanno prodotto l’introduzione dell’art.130R-T nel quale si afferma che la Comunità ha tra i suoi obiettivi quello
«di salvaguardare, proteggere e migliorare la qualità
dell’ambiente, di contribuire alla protezione della salute umana, di garantire un’utilizzazione accorta e
razionale delle risorse naturali» delimitando il suo
campo di azione ai soli casi in cui un’azione possa
essere meglio realizzata a livello comunitario piuttosto che a livello nazionale.
Secondo la formulazione del trattato, il principio
di sussidiarietà opera come principio regolatore dei
rapporti tra Comunità e Stati membri, in ambiti di
competenza concorrente.
Tuttavia, la vera inclusione della protezione
dell’ambiente tra gli obiettivi della Comunità avviene
con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht:
l’art. 2 pone tra i propri obiettivi quello di assicurare
una crescita sostenibile che rispetti l’ambiente; di valorizzare il principio di precauzione accanto a quello
di prevenzione e di riconoscere la necessità di un
coordinamento dell’azione comunitaria a tutela
dell’ambiente con quella a livello globale. Con il trattato di Lisbona viene poi introdotto l’art. 194
T.F.U.E. sulla competenza in materia di energia, secondo la quale la politica dell’Unione nel settore
dell’energia deve tener conto dell’esigenza di preservare e migliorare l’ambiente, quale attuazione di una
regola di solidarietà tra gli Stati Membri 14 . Alcuni
importanti chiarimenti in merito all’applicazione del
principio di sussidiarietà vengono forniti nel protocollo allegato al trattato CE dal trattato di Amsterdam
del 1997 intitolato all’applicazione dei principî di
sussidiarietà e di proporzionalità. Tali chiarimenti
sembrano particolarmente significativi in quanto contenuti in un atto che costituisce l’espressione della
volontà unanime degli Stati membri e si colloca, come i trattati, sul piano delle fonti “costituzionali” europee. L’elemento comune che emerge in tutto il protocollo è il chiaro intento di dare alla sussidiarietà un
significato tendente a salvaguardare il ruolo degli
I principi fondamentali europei
in materia ambientale
L’attenzione degli organi delle Comunità europee
verso i problemi della questione ambientale nasce
soltanto intorno ai primi anni settanta, trovando fondamento in alcune norme generali contenute nel trattato CEE. In particolare, la necessità di un intervento
comunitario indirizzato a fini di tutela dell’ambiente
viene desunta, in via interpretativa, dalla formulazione dell’art. 2, dove si fa riferimento all’esigenza di
uno «sviluppo armonioso delle attività economiche
nell’insieme della Comunità» e di «una espansione
continua ed equilibrata, una stabilità accresciuta, un
miglioramento più rapido del tenore di vita e più
strette relazioni fra gli Stati che ad essa partecipano».
Assieme all’art. 2, vengono richiamate, in questa
prima fase, le disposizioni sul ravvicinamento delle
legislazioni (artt. 100, 101 e 102), per la diretta incidenza sul funzionamento del mercato comune che
può assumere una situazione di obiettiva divergenza
o semplice disomogeneità tra le discipline giuridiche
dei singoli Stati membri finalizzate alla protezione
dell’ambiente, nonché l’art. 235 che prevede la possibilità di un’azione degli organi comunitari ogni volta che questa «risulti necessaria per raggiungere, nel
funzionamento del mercato comune, uno degli scopi
della Comunità», anche in assenza di poteri d’azione
espressamente previsti12.
Nel Trattato istitutivo della CEE l’ambiente e
nello specifico la sua protezione, rappresentano una
delle finalità principali 13 ; appunto per questo, dal
1970 in poi, sono stati predisposti i Piani di Azione
che mirando al raggiungimento di effetti ben precisi
enucleavano, tra l’altro, materie ad alta priorità, per
le quali venivano richiesti interventi puntuali soprat-
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Stati membri e a impedire che l’azione del livello di
governo comunitario si espanda al di là di quanto
strettamente necessario. In altri termini, con il trattato
di Amsterdam firmato il principio dello sviluppo sostenibile entra a far parte degli obiettivi dell’Unione
europea, nel senso che gli Stati membri sono «determinati a promuovere il progresso sociale ed economico dei propri popoli, tenendo conto del principio
dello sviluppo sostenibile nel contesto della realizzazione del mercato interno e del rafforzamento della
coesione e della protezione dell’ambiente».
Dopo un altro summit della Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo (UNCED, United
Nations Conference on Environment and Development), il principio di protezione dell’ambiente è
stato accolto anche nei trattati ambientali sottoscritti
a Rio15. In particolare, l’art. 2 della Convenzione sulla biodiversità definisce sostenibile l’uso delle risorse
biologiche secondo modalità che non ne comportino
una riduzione a lungo termine e che preservino le capacità di soddisfare le esigenze delle generazioni presenti e future. Gli atti di Rio e le successive conferenze mondiali promosse dalle Nazioni Unite confermano un concetto di sviluppo sostenibile fondato
su tre fattori interdipendenti: tutela dell’ambiente,
crescita economica e sviluppo sociale, cui si affiancano – tra gli intenti della Comunità – anche la salvaguardia, la tutela ed il miglioramento della qualità
dell’ambiente; protezione della salute umana; utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali e
promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell’ambiente a livello regionale e mondiale16.
Anche la Carta dei diritti fondamentali dell’uomo
impone agli Stati Membri dell’Unione Europea di integrare le proprie politiche per tutelare e migliorare
l’ambiente garantendo un suo sviluppo sostenibile;
l’art. 37 prevede standards qualitativi di livello elevato basati sul tale principio e rappresenta il tentativo di
ricercare un equilibrio tra progresso tecnologico e
ambiente, il cui bilanciamento è irrinunciabile per il
progresso dell’uomo e dell’ambiente17.
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salute umana.
Tralasciando le diverse impostazioni che si sono
succedute, da tempo si è approdati alla formula secondo cui il diritto dell’ambiente non mira a proteggere in maniera distinta singoli fattori (aria, acqua,
paesaggio ecc.), ma persegue una tutela integrale e
complessiva dell’ecosistema18.
Tra questi, svolge un ruolo fondamentale il principio di precauzione che, dapprima contenuto in
strumenti a vocazione essenzialmente programmatica, è stato accolto dalla maggior parte delle convenzioni internazionali a portata regionale o universale
consacrate alla protezione dell’ambiente e delle risorse naturali ed ha ispirato l’attività delle organizzazioni internazionali competenti in materia di protezione
dell’ambiente e di tutela della salute dell’uomo.
Anche quando non è espressamente richiamato
dai testi (pur con formulazioni diverse: “approccio”,
“metodo”, “principio”), è innegabile che il principio
di precauzione giochi un ruolo determinante nel
campo della tutela ambientale, con particolare riferimento alla gestione dei cc.dd. problemi ambientali
globali19.
Oltre al principio di proporzionalità20, è venuto in
evidenza anche il principio di economicità, detto anche il principio del “chi inquina paga”: dopo essere
stato elaborato, in sede internazionale, in due raccomandazioni OCse del 1972 e del 1974, esso è stato
introdotto nel tessuto normativo europeo nel 1987
con l’Atto Unico Europeo e oggi – previsto dall’art.
191, par. 2, Tfue – ne rappresenta il principio fondamentale in materia ambientale. In un primo momento
esso aveva una portata prettamente economica, essendo finalizzato, secondo la nota teoria dell’economia
del benessere, a far assorbire all’imprenditore i costi
connessi all’inquinamento ambientale provocato dalla
propria attività21; ciò sulla base della circostanza che,
in ambito economico, l’inquinamento è considerato
un disequilibrio del mercato in quanto trasferisce a
carico della collettività, o comunque di un soggetto
diverso da quello responsabile della contaminazione,
costi che non vengono contabilizzati nell’ambito del
processo produttivo22.
Successivamente, anche grazie al lavoro della
giurisprudenza europea23, il principio ha assunto una
forza giuridicamente vincolante ed oggi costituisce,
oltre che il fulcro della politica ambientale
dell’Unione Europea, anche una regola giuridica precettiva su cui si fonda tutto il sistema di responsabili-
Il profilo del risarcimento del danno ambientale
secondo il principio “chi inquina paga”
Le finalità perseguite dall’Unione Europea sono
il miglioramento dell’ambiente e la protezione della
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tà ambientale24, secondo cui i costi relativi alle misure di prevenzione e di riparazione ambientali devono
essere sopportati dal soggetto responsabile
dell’inquinamento. Il principio “chi inquina paga”, in
altri termini, costituisce lo strumento per imputare i
costi ambientali – che, come detto, sotto il profilo economico rappresentano costi sociali estranei alla contabilità ordinaria dell’impresa – al soggetto che ha causato la compromissione ecologica oltre i limiti legalmente tollerati25. Il principio assume una valenza sia
repressiva, in una logica risarcitoria ex post factum,
che preventiva, essendo volto ad incentivare la generalizzata incorporazione dei costi di alterazione
dell’ambiente nelle dinamiche di mercato, attraverso
la fissazione dei prezzi delle merci, con conseguente
minor prezzo delle merci prodotte senza incorrere nei
predetti costi sociali e conseguente indiretta incentivazione per le imprese a non danneggiare l’ambiente.
Una importante sentenza del Consiglio di Stato
ha tentato di rispondere al seguente quesito, ovvero
se le conseguenze patrimoniali del danno ambientale possano essere riferite soltanto a “chi” abbia
effettivamente inquinato (di cui sia stata, pertanto,
accertata la responsabilità) o se, al contrario, pur in
assenza dell’individuazione del soggetto responsabile, ovvero di impossibilità di questi a far fronte alle
proprie obbligazioni, il principio “chi inquina paga”
consideri di evitare che il costo degli interventi gravi
sulla collettività, ponendo tali costi a carico del proprietario. In questo senso, nell’impossibilità di ottenere la riparazione da parte del responsabile della
contaminazione, l’obbligo potrebbe essere imputato
al proprietario, «perché quest’ultimo è colui che si
trova nelle condizioni di controllare i rischi, cioè il
soggetto che ha la possibilità della “cost-benefit analysis” per cui lo stesso deve sopportarne la responsabilità per trovarsi nella situazione più adeguata per
evitarlo in modo più conveniente»26.
Da questo punto di vista, sono coinvolti anche i
principi di precauzione e di prevenzione, connessi a
un approccio di tipo anticipatorio per la soluzione dei
problemi ambientali, sulla base della considerazione
che molti danni causati all’ambiente possono essere
di natura irreversibile e, quindi, insuscettibili di riparazione. Tuttavia, essi si distinguono per il diverso
grado di certezza in ordine al verificarsi dell’evento
di danno 27 ; il principio di precauzione legittima
l’adozione di misure di prevenzione, riparazione e
contrasto ad una fase in cui il danno non solo non si è
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ancora verificato, ma non esiste neanche la piena certezza scientifica che si verificherà28 ; il principio di
prevenzione, invece, è finalizzato a prevenire gli
eventi dannosi rispetto a rischi già conosciuti e scientificamente provati relativi a comportamenti o prodotti per i quali esiste la piena certezza circa la loro
pericolosità per l’ambiente.
La Valutazione di Impatto Ambientale alla luce
della nuova Direttiva europea
Il 15 maggio 2014 è entrata in vigore la direttiva
n. 2014/52/Ue del 16 aprile 2014, con cui vengono
apportate alcune rilevanti modifiche alla direttiva n.
2011/92/Ue, che disciplina la Valutazione di Impatto
Ambientale (VIA).
La prima direttiva avente ad oggetto la disciplina
della Valutazione di Impatto Ambientale di determinati progetti pubblici e privati è la direttiva n.
85/337/Cee, modificata dalle direttive n. 97/11/Ce e
n. 2003/35/Ce. Nel luglio 2009 la Commissione pubblica una Relazione sull’applicazione e l’efficacia
della direttiva sulla VIA (COM(2009)378). Successivamente, il Parlamento europeo e il Consiglio adottano la direttiva VIA codificata il 13 dicembre 2011:
il testo è pubblicato il 28 gennaio 2012 (direttiva n.
2011/92/Ue). Il 26 ottobre 2012 la Commissione elabora una proposta per una nuova direttiva. Il Parlamento Europeo dapprima introduce, il 9 ottobre
2013, una serie di emendamenti alla proposta, nonché adotta, il 13 marzo 2014, la sua posizione (poi
approvata dal Consiglio dei Ministri il 14 aprile
2014). La direttiva n. 2014/52/Ue viene dunque pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea
n. 124 del 25 aprile 2014.
L’ultima direttiva del 2014 dà atto, tra l’altro,
della necessità di modificare la direttiva n.
2011/92/Ue “per rafforzare la qualità della procedura” di VIA e “allineare tale procedura ai principi della regolamentazione intelligente (smart regulation)”
(considerando 3). Il considerando 7 afferma che alcune questioni ambientali, come l’efficienza delle risorse e la sostenibilità, la tutela della biodiversità, i
cambiamenti climatici e i rischi di incidenti e calamità dovrebbero costituire elementi importanti
all’interno dei processi di valutazione e decisionali. Il
considerando 9, richiamando la Comunicazione della
Commissione del 22 settembre 2006 (“Strategia tema-
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tica per la protezione del suolo”), la “Tabella di marcia
per un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse” e
la Conferenza di Rio de Janeiro del 2012, sottolinea
l’importanza economica e sociale di una corretta pianificazione territoriale, inclusi l’uso del suolo e la necessità di un’azione urgente intesa ad invertirne il degrado. “I progetti pubblici e privati dovrebbero pertanto prendere in considerazione il territorio e limitare il
loro impatto, per quanto riguarda in particolare la sottrazione di territorio e di suolo, facendo riferimento
inoltre alla componente organica, all’erosione, alla
compattazione e all’impermeabilizzazione”. La direttiva ribadisce poi la necessità di tutelare la biodiversità e l’ambiente marino. Si afferma poi che è opportuno valutare l’impatto dei progetti sul clima, in
quanto “i cambiamenti climatici continueranno a
causare danni all’ambiente e a compromettere lo sviluppo economico”29. Inoltre, “per meglio preservare
il patrimonio storico e culturale e il paesaggio, è importante tener conto, nelle valutazioni d’impatto ambientale, dell’impatto visivo dei progetti, ossia del
cambiamento di aspetto o di visuale del paesaggio
edificato o naturale e delle zone urbane”. Si afferma
poi che l’applicazione della direttiva sulla VIA dovrebbe garantire una “crescita intelligente, sostenibile
e inclusiva”, in linea con gli obiettivi di Europa 2020
(considerando 17).
Positivo è certamente ogni intervento volto ad
una maggiore tutela dell’ambiente, anche se va ricordato come, nell’iter che ha preceduto l’approvazione
del testo finale della direttiva, siano stati abbandonati
taluni emendamenti al testo, proposto dalla Commissione. A titolo esemplificativo, può citarsi il mancato
inserimento dell’attività di estrazione del gas di scisto (c.d. fracking) tra i progetti che richiedono la VIA
obbligatoria. Positivo è comunque l’inserimento della
tutela della salute umana nel contenuto del rapporto,
cosa che si auspica possa introdurre elementi della
valutazione di impatto sulla salute (HIA)30 nella VIA.
Sinteticamente, può dunque dirsi che la strada è quella giusta, ma si può ancora procedere oltre, nella prospettiva di una più concreta effettività nella protezione dell’ambiente.
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come Testo Unico Ambientale (TUA), e dal d.l. n.
208 del 30 dicembre 2008 “Misure straordinarie in
materia di risorse idriche e di protezione
dell’ambiente”, che si è posto l’obiettivo di superare
la frammentarietà della normativa antecedente nel
settore delle risorse idriche e di predisporre misure
non rinviabili per assicurare l’operatività di alcuni
organismi deputati alla tutela ambientale31.
Invece, la mancanza nel sistema penale italiano di
norme idonee a fronteggiare i fenomeni più gravi di
contaminazione ambientale, scaturita dalla ormai cronica inerzia del legislatore, ha prodotto l’indebita sostituzione della giurisprudenza al legislatore
nell’attività di definizione delle norme incriminatrici. I
giudici, infatti – probabilmente suggestionati e condizionati dal mito della completezza dell’ordinamento
giuridico in base al quale deve essere possibile una
risposta ad ogni questione giuridica, soprattutto di
portata così impegnativa –, in presenza di un eclatante vuoto normativo e delle compresenti e contrapposte esigenze di tutela penale promananti dalla collettività e dalle voci delle migliaia di innocenti deceduti
per malattie innescate dal contatto o dall’inalazione
di sostanze nocive o dei loro familiari in cerca di una
‘giustizia postuma’, hanno agito supplendi causa,
andando ben oltre gli incerti limiti letterali delle
norme incriminatrici utilizzate e ponendo seri dubbi
circa la legittimità di queste ultime sotto il profilo
della precisione e determinatezza. Essi, talvolta, non
si sono limitati a svolgere un ruolo ricognitivo del
significato del precetto normativo e delle scelte del
legislatore, bensì hanno esercitato un inammissibile
ruolo costitutivo del diritto nel momento della concretizzazione giudiziale della legge32.
In questo contesto, la legge 22 maggio 2015, n.68
tenta di disciplinare i reati contro l’ambiente, riforma
attesa da lungo tempo e senz’altro necessaria, essendo oramai da tempo sotto gli occhi di tutti
l’inefficacia e l’inadeguatezza degli strumenti offerti
dal sistema vigente per la tutela dell’ambiente.
Delle due norme centrali, ossia quella sul reato di
inquinamento e sul reato di disastro ambientale, pare
di poter esprimere un giudizio complessivamente positivo per quanto concerne la prima fattispecie, con la
quale il legislatore ha saputo colmare una lacuna nella tutela dell’ambiente sanzionando in misura finalmente adeguata fatti che, fino a oggi, erano al più
puniti con le blande sanzioni delle fattispecie contravvenzionali del testo unico ambiente. Purtroppo
La nuova legge italiana sui reati ambientali
Le norme in materia ambientale sono disciplinate, in Italia, dal D.Lgs. 152/2006,conosciuto anche
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profondamente diverso è il giudizio sul nuovo reato
di disastro ambientale, reato che, per come è formulato, rischia addirittura di far rimpiangere il già travagliato panorama giurisprudenziale ante riforma. La
soluzione individuata dal legislatore, infatti, non solo
non risolve nessuno dei problemi quale quello
dell’individuazione del dies a quo per il calcolo della
prescrizione, ma addirittura ne aggiunge di nuovi e
forse ancor più gravi. Problemi che difficilmente potranno trovare una soluzione in via interpretativa e
che, quindi, finiscono per mettere seriamente in discussione la compatibilità della nuova fattispecie col
dettato costituzionale. Un esito che forse avrebbe potuto essere evitato se la politica non avesse avuto
l’arroganza di scrivere una riforma così complessa
ignorando decenni di elaborazione giurisprudenziale
e dottrinale, e in definitiva senza tener in alcun conto
il diritto stesso.
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gettive individuali, giacché spetta al legislatore ed ai
poteri pubblici, in primo luogo, soddisfare le aspettative di benessere e di qualità della vita connesse alla
tutela dell’ambiente, è invece certamente ammissibile, in relazione ai singoli fattori ecologici o a singole
aspettative differenziate, la configurazione di specifiche situazioni soggettive direttamente tutelabili, come, ad esempio, il diritto all’ambiente salubre, i diritti di partecipazione ai processi decisionali, i diritti
all’informazione sullo stato dell’ambiente, sulle attività e sulle politiche che incidono sull’ambiente.
Partendo dal presidio costituzionale dell’art.9, la
rilevanza costituzionale della tutela dell’ambiente
come valore fondamentale dell’ordinamento viene
richiamata come dato ormai quasi scontato anche da
molte pronunce della Corte costituzionale, che mostra di aver maturato una concezione pienamente corretta e moderna dell’ambiente come oggetto di tutela
giuridica, abbandonando definitivamente le logiche
tradizionali della ricostruzione della rilevanza
dell’ambiente in termini di situazioni giuridiche soggettive e ancorando, invece, la pluralità degli interessi connessi con gli equilibri ambientali alla tavola dei
valori che contraddistinguono l’assetto costituzionale. Il richiamo al carattere “polidimensionale” del valore costituzionale in questione ha qualificato la tutela dell’ambiente come un valore di sintesi, in una visione globale ed integrata, di una pluralità di aspetti e
di una serie di altri valori che attengono non soltanto
ad interessi meramente naturalistici o sanitari, ma anche ad interessi culturali, educativi, ricreativi e di
partecipazione, tutti caratterizzati dall’importanza essenziale che rivestono per la vita del Paese. Anche
nell’ambito dell’ordinamento comunitario, l’interesse
per la tutela dell’ambiente ha assunto un vero e proprio rilievo costituzionale.
Il semestre di presidenza dell’Unione europea ha
rappresentato per l’Italia un impegno di notevole portata, data la mole poderosa di lavoro che il Paese si è
trovato a gestire, dovuta in particolare alla straordinaria concentrazione di eventi internazionali. L’Italia
ha quindi dovuto gestire in qualità di titolare della
Presidenza una grande varietà di temi ambientali,
connotati da grande rilevanza internazionale, ma anche da concreta incidenza sulle politiche ambientali a
livello nazionale. Come avviene usualmente, svariate
tematiche sono rimaste aperte e relativi processi decisionali pendenti verranno ora coordinati dalla presidenza lettone appena insediatasi.
Conclusioni
La capacità degli schemi e delle categorie giuridiche tradizionali di rappresentare e di contenere efficacemente le istanze collegate con l’esigenza di tutela dell’ambiente rivela tutti i suoi limiti, soprattutto
con riferimento alle caratteristiche peculiari
dell’oggetto della tutela che appare riottoso a definizioni aprioristiche, valide in ogni circostanza, e che
perciò necessita di una determinazione in concreto
che risulti dinamica e frutto di una pluralità di interventi coordinati e bilanciati anzitutto sul piano politico e amministrativo. La molteplicità delle opzioni e
la complessità delle soluzioni tecniche che consentono, in continuo, prima di “definire” e poi di “garantire” gli obiettivi di tutela dell’ambiente rendono pressoché impossibile e comunque inefficace la configurazione di situazioni giuridiche soggettive riferite
all’ambiente nel suo complesso o la qualificazione di
questo come bene giuridico determinato; il che presupporrebbe la possibilità di riferirsi a posizioni consolidate nel tempo, secondo una determinazione statica degli interessi da tutelare.
Dunque, quando si parla di “diritto all’ambiente”
ci si riferisce ad una formula sintetica per individuare
un fascio di situazioni soggettive diversamente strutturate e diversamente tutelate. Mentre l’ambiente
come equilibrio ecologico non è un bene appropriabile o un bene su cui si possano vantare situazioni sog-
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Economia & Ambiente
Tra gli avanzamenti legislativi e non legislativi in
materia ambientale seguiti dalla presidenza italiana,
sia a livello globale che comunitario, si sottolineano
gli sviluppi in tema di OGM, di rifiuti, di clima, di
biodiversità globale e comunitaria.
A livello europeo, è molto vivo il dibattito sul
“degrado” dell’ambiente, determinato dalla piena conoscenza o prevedibilità che alcune attività umane,
anche se necessarie, possono risultare devastanti per
l’ecosistema; si pensi all’assottigliamento dello strato
dell’ozono nell’atmosfera, all’innalzamento della
temperatura terrestre, ai detriti presenti nello spazio
extra-atmosferico: fenomeni di inquinamento globale, frutto di un uso distorto delle risorse ambientali e
in parte dell’esplosione demografica, unita ad un incessante sviluppo industriale33.
La grave crisi economica che ha avvolto molti
Paesi ha rallentato la crescita di serie politiche tese
allo sradicamento della povertà, al cambiamento dei
modelli di consumo e produzione oramai insostenibili, alla protezione e gestione delle risorse naturali.
Spetta a tutti il compito di rivolgere lo sguardo
verso le nuove generazioni, affinché imparino da piccoli che il mondo non è nostro: ci è stato dato in affidamento, per essere trasmesso a coloro che verranno,
ai futuri abitanti.
4
Articoli Rubriche
F. Merusi, Art. 9, in G. Branca (a cura di), Commentario
della Costituzione. Principi fondamentali, Bologna-Roma,
1975; S. Labriola, Dal paesaggio all’ambiente un caso di
interpretazione evolutiva della norma costituzionale, in
Dir. e soc., 1987, pp. 113-129.
5
S. Patti, Ambiente, in N. Irti (a cura di), Dizionario di
diritto privato, Milano, 1981, p. 32; A. Predieri, voce Paesaggio, in Enc. dir., XXXI, Milano, 1981, p. 503 ss.; G.
Torregrossa, Profili della tutela dell’ambiente, in Riv. trim.
dir. proc. civ., 1980, p. 1441; L. Bigliazzi Geri, Divagazioni su tutela dell’ambiente e uso della proprietà, in Riv.
critica dir. priv., 1987, p. 496 ss.; F. Giampietro, La valutazione del danno all’ambiente: i primi passi dell’art. 18,
legge 349/1986, in Foro amm., 1989, p. 2958; P. Carpentieri, La nozione giuridica di paesaggio, in Riv. trim. dir.
pubb., 2004, p. 363 s.; F.S. Marini, Profili costituzionali
della tutela dei beni culturali, in Nuova rass. leg. dottrina
giur., 1999, p. 633 s.; B. Caravita, Profili costituzionali
della tutela dell’ambiente in Italia, in Pol. dir., 1989, p.
569 ss.; A. Predieri, Urbanistica, tutela del paesaggio,
espropriazione, Milano, 1969; A.M. Sandulli, La tutela del
paesaggio nella Costituzione, Giuffrè, 1967, vol. III, p.
893 s.
6
Corte cost., 28 luglio 1995, n.417; 1° aprile 1998, n.85;
27 luglio 2000, n.378; 4 dicembre 2002, n.505.
7
M. Luciani, Il diritto Costituzionale alla salute, in Dir.
soc., 1980, pp. 769 ss.; P. Perlingieri, Il diritto alla salute
quale diritto della personalità, in Rass. dir. civ., 1982, p.
1020 ss.; V.F. Mastropaolo, Il risarcimento del danno alla
salute, Jovene, Napoli, 1983; B. Caravita, La disciplina
Costituzionale della salute, in Dir. soc., 1984, pp. 21 ss.;
R. Tommasini, Danno ambientale e danno alla salute, in Il
danno ambientale con riferimento alla responsabilità civile, a cura di P. Perlingieri, Esi, Napoli, 1991, p. 139; R.
Ferrara, Salute (diritto alla), in Digesto pubbl., vol. XIII,
Torino, 1997.
8
C. Salvi, Libertà economiche, funzione sociale e diritti
personali e sociali tra diritto europeo e diritti nazionali –
Economic freedom, personal and social rights and social
scope between European and state law, in Eur. dir. priv.,
2011, p. 437 s.
9
Con legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3: “Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione”,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 248 del 24 ottobre
2001.
G. De Vergottini, La ripartizione dei poteri in materia
ambientale, tra comunità, Stato e Regioni, in C. Murgia (a
cura di), L’ambiente e la sua protezione, Milano, 1991, pp.
39 ss.; Id., La tutela e la valorizzazione del patrimonio storico-artistico fra Unione Europea, Stato e Regioni, in Riv.
giur. urb., 1996; M. Cecchetti, L’ambiente tra fonti statali
e fonti regionali alla luce della riforma costituzionale del
Titolo V, in U. De Siervo (a cura di), Osservatorio sulle
fonti 2001, Torino, Giappichelli, 2002, 273; G.F. Cartei, Il
Vitulia Ivone
Vitulia Ivone è Professore associato confermato
di Istituzioni di diritto privato nel Dipartimento
di Scienze giuridiche – Scuola di Giurisprudenza
dell’Università degli studi di Salerno.
Note
1
G. Bologna, Verso una scienza della sostenibilità, in
Equilibri, 2004, pagg. 75 e segg.; S. Grassi, Introduzione,
in S. Grassi, M. Cecchetti, A. Andronio (a cura di), Ambiente e diritto, 2 , Firenze, Olschki, 1999.
2
S. Zamberlan, Calamità naturali e cambiamento climatico, In Economia e ambiente, n.3, 2010, p.19.
3
S. Grassi, Costituzioni e tutela dell’ambiente, in S. Scamuzzi (a cura di), Costituzione, razionalità, ambiente, Torino, 1994, pp. 389 ss.; G. Cordini, Il diritto ambientale
comparato, in G. Cordini - P. Fois - S. Marchisio, Diritto
ambientale, Profili internazionali europei e comparati,
Giappichelli, Torino, 2005, p. 95 ss.
20
Economia & Ambiente
paesaggio, in S. Cassese (a cura di), Trattato di diritto
amministrativo. Diritto amministrativo speciale, IV, Milano, Giuffrè, 2003, p.2110 ss.; N. Olivetti Rason, Tutela
dell’ambiente: il giudice delle leggi rimane fedele a se
stesso, in Foro it., 2003, I, c. 696 ss.; C. Sartoretti, La tutela dell’ambiente dopo la riforma del titolo V della seconda
parte della Costituzione: valore costituzionalmente protetto o materia in senso tecnico?, in Giur. it., 2003, p. 417 ss.;
M. Olivetti, Tutela dell’ambiente in Costituzione: una
buona occasione da non perdere, in Guida dir., 2004, n. 34,
p. 10; E. Giardini, La nozione giuridica di ambiente e la
sua configurazione nella disciplina costituzionale, in Arch.
giur. CCXXV, 2005. p. 199 ss.; G. Villanacci, L’opaco
profilo del risarcimento civilistico nella complessa disciplina ambientale, in Contratto e impresa, n.3, 2014, p.610.
10
In tema di rifiuti, secondo la giurisprudenza costituzionale (ex plurimis sentenze n. 285 del 2013, n. 244 del
2011, n. 249 del 2009, n. 62 del 2008), la disciplina dei
rifiuti «si colloca ... nell’àmbito della tutela dell’ambiente
e dell’ecosistema, di competenza esclusiva statale ai sensi
dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., anche se
interferisce con altri interessi e competenze, di modo che
deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale, restando ferma la competenza delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente
ambientali (così, in particolare, la sentenza n. 249 del
2009)» (sentenza n. 259 del 2014). Quindi, «non può riconoscersi una competenza regionale in materia di tutela
dell’ambiente», anche se le Regioni possono stabilire «per
il raggiungimento dei fini propri delle loro competenze
livelli di tutela più elevati», pur sempre nel rispetto «della
normativa statale di tutela dell’ambiente (sentenza n. 61
del 2009)» (sentenza n. 285 del 2013). Di recente, ciò è
stato ribadito nell’intervento della Corte costituzionale,
con la sentenza 14 luglio 2015, n.149.
11
Secondo Cass. 21 febbraio 2002, n.2515, potrebbe comunque delinearsi un danno ambientale quale dannoevento, ove è configurabile una lesione alla salute anche a
cagione di un’alterazione peggiorativa dell’ambiente circostante, poiché l’habitat salubre costituisce una delle
condizioni indispensabili ai fini del benessere psico-fisico
individuale. D’altra parte, si ricordi come la liquidazione
del danno morale quale mera conseguenza di una menomazione psico-fisica non rinvenga alcun fondamento né
nell’art. 185 cod. pen. né all’interno dell’art. 2059 cod.
civ., dove il pretium doloris è unicamente subordinato
all’integrazione di un reato.
12
S. Amorosino, Ambiente e privatizzazione delle funzioni amministrative, in S. Grassi, M. Cecchetti, A. Andronio
(a cura di), Ambiente e diritto, II, p.349 ss.
13
G. Cordini, Il terzo programma d’azione della comunità
europea in materia di ambiente, in Foro pad., 1983, p. 247
s.; P. Fois, Il diritto ambientale nell’ordinamento
Articoli Rubriche
dell’Unione Europea, in G. Cordini - P. Fois - S. Marchisio, Diritto ambientale, Profili internazionali europei e
comparati, Giappichelli, Torino, 2005, p. 51 ss.; O. Porchia, Le competenze dell’Unione Europea in materia ambientale, in R. Ferrara (a cura di), La tutela dell’ambiente,
Torino, 2006, p. 37 s.; G. Amato - E. Griglio - V. Marroccoli - S. Napolitano - G. Varani - E. Varano, Il percorso
giuridico per la creazione di una comunità sostenibile, in
www.federalismi.it, 2011, p. 35 s.
14
F. Salvia, Ambiente e sviluppo sostenibile, in Riv. giur.
ambiente, 1998, pp. 235 ss.
15
Al Vertice sulla Terra del 1992 a Rio de Janeiro, i leader
mondiali hanno concordato una strategia globale di “sviluppo sostenibile”: soddisfare le nostre esigenze, garantendo nel contempo un mondo sano e vitale da lasciare alle
generazioni future. Uno dei principali accordi adottati a
Rio è stata la Convenzione sulla Diversità Biologica
(CBD), aperta alla firma il 5 Giugno 1992 ed entrata in
vigore il 29 Dicembre 1993. Ad oggi, ci sono 193 Parti.
La CBD è un trattato internazionale giuridicamente vincolante con tre principali obiettivi: conservazione della
biodiversità, uso sostenibile della biodiversità, giusta ed
equa ripartizione dei benefici derivanti dall’utilizzo delle
risorse genetiche. Il suo obiettivo generale è quello di incoraggiare azioni che porteranno ad un futuro sostenibile.
La Convenzione copre la biodiversità a tutti i livelli:
ecosistemi, specie e risorse genetiche, ed anche le biotecnologie, attraverso il Protocollo di Cartagena sulla
Biosicurezza. In realtà, copre tutti i possibili domini che
sono direttamente o indirettamente legati alla biodiversità
e al suo ruolo nello sviluppo, che va dalla scienza, alla
politica e all’educazione fino all’agricoltura, al commercio, alla cultura.
S. Negri, Special Issue of the International Community
Law Review: Strategies for the Future of a Sustainable Environment after Rio+20 (Guest Editor Stefania Negri), Leiden. Brill - Martinus Nijhoff Publishers;16.2, p.147-257.
16
C. Romano, La prima conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento
climatico, Da Rio a Kyoto via Berlino, in Riv. giur. ambiente, 1996, 1, p. 163 s.; E. Rozo Acuna (a cura di), Profili di diritto ambientale da Rio de Janeiro a Johannesburg.
Saggi di diritto internazionale, pubblico comparato, penale
ed amministrativo, Torino, 2004; S. Marchisio, Il diritto
internazionale ambientale da Rio a Johannesburg, in E.
Rozo Acuna (a cura di), Profili di diritto ambientale da Rio
de Janeiro a Johannesburg. Saggi di diritto internazionale,
pubblico comparato, penale ed amministrativo, Torino,
2004, pp. 21 ss.; S. Negri – S. Maljean-Dubois, Introduction. In Environmental Protection and Sustainable Development from Rio to Rio+20 / Protection de
l’environnement et développement durable de Rio à
Rio+20, Leiden, Brill - Martinus Nijhoff Publishers, p.3,
2014.
21
Economia & Ambiente
17
U. Fantigrossi, Debole sull’ambiente il progetto di carta
fondamentale dell’Unione, in, Riv. amm. R. it., 2000; P.
Maddalena, L’evoluzione del diritto e della politica per
l’ambiente nell’Unione Europea. Il problema dei diritti
fondamentali, in Riv. amm. R. it., 2000; R. Bifulco, M.
Cartabia, A. Celotto (a cura di), L’Europa dei diritti.
Commento alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
Europea, Bologna, 2001; G. Recchia, La tutela
dell’ambiente in Italia: dai principi comunitari alle discipline nazionali di settore, in Diritto e gestione
dell’ambiente, 2001, p. 29 s.
18
R. Bin, Diritti e argomenti: il bilanciamento degli interessi nella giurisprudenza costituzionale, Milano, 1992; G.
Zagrebelsky, Il diritto mite, Einaudi, Torino, 1992, p. 203
s.; M. Catenacci, La tutela penale dell’ambiente, Padova,
1996, p. 2 s.; L. Ramacci, I reati ambientali e il principio
di offensività, in Giur. mer., 4, 2003, p. 820 s.; B. Caravita, Diritto dell’ambiente, Bologna, 2005, p. 17 ss.; G.
Scaccia, Controllo di ragionevolezza delle leggi e applicazione della Costituzione, in Nova juris interpretatio, Roma,
2007, p. 286 s.; L. Siracusa, La tutela penale
dell’ambiente: bene giuridico e tecniche di incriminazione,
Milano, 2007, p. 8 s.
19
L. MARINI, Il Principio di precauzione nel diritto internazionale e comunitario. Disciplina del commercio di
organismi geneticamente modificati e profili di sicurezza alimentare, 2004, Padova, pag.16; G. D. Comporti,
Contenuto e limiti del governo amministrativo
dell’inquinamento elettromagnetico alla luce del principio di precauzione, in Riv.giur.ambiente, 2005, p.635;
A. Zei, voce Principio di precauzione, in Dig.pubblico,
II, 2008, p.670; L. Marini – L. Palazzani, Il principio di
precauzione tra filosofia, biodiritto e biopolitica, Roma,
2008; E. Del Prato, Il principio di precauzione nel diritto privato, in Rass.dir.civ., 2009, p. 634.
20
Il principio di proporzionalità mira a conciliare le esigenze di protezione sanitaria e ambientale con gli interessi economici e sociali sottesi ad attività potenzialmente rischiose. In altri termini, il principio di proporzionalità è volto ad evitare che l’applicazione del metodo precauzionale conduca a conseguenze “paralizzanti”,
e rende le misure precauzionali più accettabili per i
pubblici poteri e per gli operatori economici. Infine, deve notarsi come a quello di proporzionalità sia strettamente legato il principio di coerenza.
21
M. Clarich, La tutela dell’ambiente attraverso il mercato, in giustiziaamministrativa.it e in Dir. pubbl., 2007, 219
ss.; M. Meli, Il principio “chi inquina paga” nel codice
dell’ambiente, in Danno e resp., 2009, p.811; R. Lombardi, Ambiente e mercato: note minime per una nuova prospettiva d’indagine sui beni comuni, in Trattato di diritto
dell’ambiente, Tomo I., a cura di A. Crosetti, R. Ferrara,
C.E. Gallo, S. Grassi, M.A. Sandulli, cit., 67 ss.; M. Cafagno, F. Fonderico, Riflessione economica e modelli di
Articoli Rubriche
azione amministrativa a tutela dell’ambiente, in Trattato di
diritto dell’ambiente. Vol. I, a cura di E. Picozza, P.
Dell’Anno, cit., 2012, 487 ss.
22
M. Meli, Il principio “chi inquina paga” nel codice
dell’ambiente, cit., p.69 ss.
23
G. Lo Schiavo, La Corte di Giustizia e l’interpretazione
della direttiva 35/2004 sulla responsabilità per danno ambientale: nuove frontiere, in Riv. it. dir. pubbl. comunit.,
2011, 1, p.83 ss.; M. Lombardo, Il principio “chi inquina
paga” e la responsabilità ambientale da inquinamento diffuso nel diritto dell’Unione europea, cit., p.714 ss.
24
F.G. Scoca, Osservazioni sugli strumenti giuridici di tutela dell’ambiente, in Dir. Soc., 1993, p.399 ss.; M. Cafagno, La cura dell’ambiente tra mercato ed intervento pubblico. Spunti dal pensiero economico, in Ambiente, attività
amministrativa e codificazione: atti del primo colloquio di
diritto dell’ambiente, a cura di D. De Carolis, E. Ferrari,
A. Police, Milano, 2005, p.191 ss.; M. Clarich, La tutela
dell’ambiente attraverso il mercato, in giustiziaamministrativa.it e in Dir. pubbl., 2007, p.219 ss.; G.M.
Esposito, Tutela dell’ambiente e attività dei pubblici poteri, Torino, 2008; F. Fracchia, I procedimenti amministrativi in materia ambientale, in Diritto dell’ambiente, a cura di A. Crosetti, R. Ferrara, F. Fracchia, N. Olivetti Rason, Bari, 2008; M. Cafagno, Strumenti di mercato a tutela dell’ambiente, in Diritto dell’ambiente, a cura di G.
Rossi, Torino, 2011, p.182 ss.; M. Antonioli, Consensualità e tutela ambientale fra transazioni « globali » e accordi di programma, in Dir. amm., 2012, 4, p.749 ss.; W.
Giulietti, Danno ambientale e azione amministrativa, Napoli, 2012, p.17 ss.
25
G. Morbidelli, Strumenti privatistici contro
l’inquinamento delle acque interne, in Foro amm., 1971,
p.380 ss.); M. Paradiso, Inquinamento delle acque interne
e strumenti privatistici di tutela, in Riv. trim. dir. proc.
civ., 1977, p.1391 ss.; G. Visintini, Il divieto di immissioni
e il diritto alla salute nella giurisprudenza odierna e nei
rapporti con le recenti leggi ecologiche, in Riv. dir. civ.,
1980, p.249 ss.; F. Fonderico, “Rischio” e “precauzione”
nel nuovo procedimento di bonifica dei siti inquinati, in
Riv. giur. amb., 2006, 3-4, p.419 ss.; F. De Leonardis,
Principio di prevenzione e novità normative in materia di
rifiuti, in Scritti in onore di Alberto Romano, AA.VV.,
Napoli, Editoriale Scientifica, 2011, p.2079 ss., e in Rivista quadrimestrale di Diritto dell’Ambiente, 2, 2011, p.14
ss. e 23 ss.
26
Cons. Stato, Ad. Plen., ord. 25 settembre 2013, n. 21, in
cui si ripercorre anche la tesi secondo cui il punto di equilibrio fra i diversi interessi di rilevanza costituzionale alla
tutela della salute, dell’ambiente e dell’iniziativa economica privata andrebbe ricercato in un criterio di “oggettiva
responsabilità imprenditoriale”, in base al quale gli operatori economici che producono e ritraggono profitti attraverso l’esercizio di attività pericolose, in quanto ex se in-
22
Economia & Ambiente
quinanti, o anche in quanto semplici utilizzatori di strutture produttive contaminate e fonte di perdurante contaminazione, sono perciò stesso tenuti a sostenere integralmente gli oneri necessari a garantire la tutela dell’ambiente e
della salute della popolazione.
27
F. De Leonardis, Principio di prevenzione e novità normative in materia di rifiuti, in Scritti in onore di Alberto
Romano, AA.VV., Napoli, Editoriale Scientifica, 2011,
2079 ss., e in Rivista quadrimestrale di Diritto
dell’Ambiente, 2/2011, 14 ss.
28
F. Fonderico, “Rischio” e “precauzione” nel nuovo procedimento di bonifica dei siti inquinati, in Riv. giur. amb.,
2006, 3-4, 422 ss.
29
V. Cavanna, Il Cambiamento climatico globale: il Quinto Rapporto IPCC, in Riv. Giur. Amb., 2014, 3-4, 425 e
seguenti.
30
V. Cavanna, La Valutazione di Impatto sulla Salute
(HIA): applicazione in ambito nazionale e internazionale,
in questa Rivista, 2014, 2, 123.
31
Il Testo Unico, che al suo interno contiene tutte le norme regolamentari come i limiti di emissione, gli standard
per le bonifiche, i limiti di scarico ecc, regolamenta sei
aree: disposizioni comuni, finalità, campo di applicazione;
valutazione impatto ambientale, valutazione ambientale
strategica, autorizzazione unica; difesa del suolo e tutela e
gestione delle acque; rifiuti e bonifiche; tutela dell’aria;
danno ambientale.
Uno degli aspetti principali del TUA è rappresentato dal
ruolo centrale che viene conferito al Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, soprattutto in materia di prevenzione e riparazione del danno
ambientale
(come
recepimento
della
Direttiva
2004/35/CE). Spetta infatti al dicastero esigere dai soggetti
responsabili di minaccia di danno ambientale l’adozione di
misure preventive, mentre in caso di danno avvenuto, sarà
sempre compito del ministero imporre ai soggetti stessi
l’adozione di misure di ripristino e il risarcimento del danno ambientale.
32
C. Ruga Riva, I nuovi ecoreati. Commento alla Legge
22 maggio 2015, n.68, Milano, 2015.
33
M.S. Giannini, Ambiente: saggio sui diversi aspetti giuridici, in Riv. trim. dir. pubbl., 1973, p. 15 ss.; S. Patti, La
tutela civile dell’ambiente, Padova, 1979; E. Capaccioli D. Dal Piaz, voce Ambiente (tutela dell’), Parte generale
e diritto amministrativo, in Noviss. Dig. It. App., Torino,
1980; M. Arena, L’Ambiente territorio come bene oggetto
Articoli Rubriche
di tutela giuridica e la sua proiezione costituzionale, in Il
Foro napoletano, 1981, p. 241 ss.; G. Torregrossa - A. Clarizia (a cura di), Tutela del paesaggio e vincoli sulla proprietà nella recente L. 8 agosto 1985, n. 431, Rimini,
1986; M. Bello, Principi fondamentali della tutela
dell’ambiente, in Nuova rass., 1989, p. 2193 ss.; L. Francario, Danni ambientali e tutela civile, Napoli, 1990; P.
Maddalena, Il diritto all’ambiente ed i diritti dell’ambiente
nella costruzione della teoria del risarcimento del danno
pubblico ambientale, in Riv. giur. ambiente, 1990, p. 469
ss.; M. Franzoni, Il danno all’ambiente, in questa rivista,
1992, p. 1015 ss.; M. Cecchetti, Rilevanza costituzionale
dell’ambiente e argomentazioni della Corte, in Riv. giur.
ambiente, 1994, p. 252.; S. Nespor (a cura di), Rapporto
mondiale sul diritto dell’ambiente, A World Survey of Environmental Law, Milano, 1996; G. Cocco - A. Marzanati
- R. Pupilella - A. Russo, Ambiente, in M.P. Chiti - G.
Greco, Trattato di diritto amministrativo europeo, Milano,
1997; P. M. Chiti, Ambiente e ‘Costituzione’ europea: alcuni nodi problematici, in Riv. it. dir. pub. com., 1998, p.
1423 ss.; G. Cocco, Nuovi principi ed attuazione della tutela ambientale tra diritto comunitario e diritto interno, in
S. Grassi, M. Cecchetti, A. Andronio (a cura di), Ambiente
e diritto, vol. I, Firenze, 1999, pp. 147 ss.; M. Cecchetti,
Principi costituzionali per la tutela dell’ambiente, Milano,
2000; M. Patrono, I diritti dell’uomo nel paese d’Europa.
Conquiste e nuove minacce nel paesaggio da un millennio
all’altro, Padova, 2000; P. Lombardi, I profili giuridici
della nozione di ambiente: aspetti problematici, in Foro
amm., 2002, p. 764 ss.; R. Ferrara, La tutela dell’ambiente
fra Stato e regioni: una storia infinita, in Foro it., 2003, I,
c. 692 ss.; P. Mantini, Per una nozione costituzionalmente
rilevante di ambiente, in Riv. giur. ambiente, 2006, p. 207
ss.; F. Fracchia, Sulla configurazione giuridica unitaria
dell’ambiente, 2007, p. 187 ss.; P. Dell’Anno, La tutela
dell’ambiente come ‘materia’ e come valore costituzionale
di solidarietà e di elevata protezione, in Ambiente e sviluppo, 2009, p. 585 ss.; S. De Laurentis, L’evoluzione della disciplina prevista in tema di paesaggio tra modelli di
tutela di fonte costituzionale e onnicomprensività della nozione di ambiente, in Riv. giur. edil., 2010, p. 756 ss.; E.
Leccese, Danno all’ambiente e danno alla persona, Milano, 2011, p. 30 ss.; S. Negri, La tutela della salute pubblica
internazionale tra governance globale, “sovranità sanitaria” e diritti fondamentali, in Studi in onore di Augusto
Sinagra, Roma, 2013, p.339.
23
Economia &Ambiente
COMITATO SCIENTIFICO
Rita Levi Montalcini, Premio Nobel; Ilya Prigogine, Premio Nobel;
Kennet E. Boulding, prof. ord. nell’Univ. del Colorado; Vittorio Bonuzzi, prof. nell’Univ. di Verona;
Giovanni Cannata, Rettore dell’Università del Molise; Orazio Ciancio, Presidente dell’Accademia Italiana di Scienze
Forestali; Barry Commoner, prof. ord. nel Queens College; Nicholas Georgescu-Roegen, prof. ord. nell’Univ.
di Nashville; Emilio Gerelli, prof. ord. nell’Univ. di Pavia; Siro Lombardini, prof. ord. nell’Univ. di Torino;
Romano Molesti, prof. ord. nell’Univ. di Verona; Ignazio Musu, prof. ord. nell’Univ. di Venezia; Giorgio Nebbia,
prof. emerito nell’Univ. di Bari; Giovanni Padroni, prof. ord. nell’Univ. di Pisa; Fulco Pratesi, Presidente del WWF;
Sergio Vellante, prof. ord. nella Seconda Univ. di Napoli; Antonino Zichichi, Presidente del World Lab.
COMITATO REDAZIONALE
Sergio Bindi, Stefano Presa, Silvio Trucco, Stefano Zamberlan Redattore Capo
DIRETTORE RESPONSABILE: Romano Molesti
Sommario
Anno XXXIV - N. 5-6 Settembre-Dicembre 2015
EDITORIALE
RUBRICHE
Romano Molesti, Un nuovo approccio
alle politiche ambientali . . . . . . Pag. 3
ENERGIA E AMBIENTE
Stefano Zamberlan, Il World Efficiency
e il caso ROCKWOOL . . . . . . . " 45
ARTICOLI
Federico Niccolini, Quale governance
per le aree protette? . . . . . . . . " 7
ECONOMIA E TERRITORIO (S. Bindi)
Lifegate: il primo osservatorio nazionale
sullo stile di vita sostenibile . . . . . " 41
Vitulia Ivone, Diritto italiano
dell’ambiente tra principi
costituzionali e regole europee. . . . " 13
ARTE E AMBIENTE (V. Campetti)
La mostra “Mito e natura.
Dalla Grecia a Pompei” . . . . . . " 55
Francesco Bozzo, Vincenzo Fucilli,
Francesco Petrillo, Requisiti
per un sistema agrituristico di qualità . " 25
NOTIZIE DELL’AMBIENTE (S. Presa)
Innovazione e solidarietà . . . . . . " 61
Saverio Ragazzi, La valutazione
monetaria dei servizi idrici . . . . . " 37
I LIBRI . . . . . . . . . . . . . " 65
INDICE DELL’ANNATA 2015 . . . " 68
ISSN 1593-9499
Le foto di copertina è di Romano Molesti, le foto a pagina 5, 41 e del retro di copertina sono di Stefano Zamberlan,
la foto a pagina 17 è di Federico Niccolini, le foto a pagina 29 e 33 sono di Francesco Petrillo.
Economia & Ambiente, rivista bimestrale dell’ANEAT – Associazione Nazionale Economisti Ambiente e Territorio - onlus
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