Alpis Graia Archeologia senza frontiere al colle del Piccolo San Bernardo PROGRAMMA D’INIZIATIVA COMUNITARIA INTERREG III A ALCOTRA 2000-2006 Alpi Latine COoperazione TRAnsfrontaliera ITALIA - FRANCIA INTERREG IIIA Alpis Graia LA DIFESA DEL COLLE DEL PICCOLO SAN BERNARDO TRA L'ETÀ MODERNA E L'ETÀ CONTEMPORANEA Nathalie Dufour, Andrea Vanni Desideri IL SISTEMA DI DIFESA TRA IL XVII E IL XVIII SECOLO parte nemica, talvolta fungendo da crocevia delle traversate delle armate, altre volte ancora perché sottoposte a interventi di manutenzione, ristrutturazione e integrazione in vista di importanti conflitti. Il loro ultimo utilizzo coincide con le documentate operazioni di guerra dell'aprile 1794, quando le truppe repubblicane francesi, condotte dal generale Dumas, riuscirono a sfondare la Un documento cartografico della fine del XVII secolo rappresenta una serie di zone fortificate, volte a impedire la traversata del colle e sbarrare le strade del fondovalle valdostano. Il sistema è suddiviso in due dispositivi, uno di prima linea presso l'Ospizio e uno maggiormente arretrato che si sviluppa, a monte di La Thuile, tra il Col du Parc, Theraz, Plan Praz, il Col Croce e il Col San Carlo. Un primo piano di difesa, basato essenzialmente sulle trincee a monte di La Thuile, è stato stabilito nel 1629 dal conte di Savoia Carlo Emanuele I, mentre le migliorie e l'estensione dei trinceramenti esistenti e la costruzione del dispositivo di prima linea sembrerebbero da attribuire all'iniziativa di Tommaso di Savoia Carignano, all'inizio del quarto decennio del XVII secolo, in vista della guerra del Monferrato contro la Francia. Le fortificazioni del Piccolo San Bernardo partecipano a diverso titolo agli avvenimenti militari successivi, talvolta subendo lo sfondamento da Il sistema difensivo del ducato di Aosta alla fine del XVII secolo, con i nuclei fortificati dell'Allée Blanche, del Piccolo San Bernardo, di La Thuile e della Valgrisenche. (P. Sibilla, La Thuile. Vita e cultura in una comunità valdostana. 1. Uno sguardo sul passato, Torino 1995). 16 INTERREG IIIA Alpis Graia linea di resistenza piemontese sul colle, giungendo a La Thuile. Il metodo archeologico di analisi e di ricognizione, applicato sperimentalmente nell'ambito del progetto Alpis Graia a un contesto moderno e contemporaneo, ha permesso di ricostruire lo sviluppo del sistema difensivo, nonostante la debole consistenza dei resti in alcuni punti, e di rilevare le modifiche e i consolidamenti ripetuti sui dati stratigrafici, sebbene si possieda una limitata documentazione scritta. Il sistema di difesa avanzata era assicurato dai Retranchements sardes, una linea continua ad arco di circonferenza, con centro in corrispondenza del torrente Reclus, ora in territorio francese, che sbarrava completamente il vallone immediatamente a valle dell'Ospizio del Fase I Fase II Pianta e prospetto della Redoute Sarde presso il colle di Traversette. (Elaborazione grafica: E. Donato) Piccolo San Bernardo. La linea difensiva, formata da installazioni di diversa natura e consistenza ma ben integrate tra loro, è stata realizzata sfruttando ogni elemento naturale favorevole e integrando i punti deboli della morfologia con trincee e controscarpe artificiali. REDOUTE VIADOTTO (UT 22) VIADOTTO (UT 21) POLVERIERA (UT 18) BARACCAMENTO (UT 17) BASTIONE (UT 16) RIPARO NATURALE (UT 11) CORTINA (UT 13) TRINCEA (UT 12) CORTINA (UT 2) RESTI DI CORTINA (UT 3) TRINCEA (UT 9) BASTIONE (UT 8) BASTIONE (UT 4) Veduta sui Retranchements Sardes, da ovest. (A. Vanni Desideri) 17 INTERREG IIIA Alpis Graia La Redoute sarde, costruita sulla sommità della falesia a nord del colle di Traversette, chiude l'estremità orientale della linea difensiva. L'edificio consisteva in un baraccamento suddiviso in due zone funzionalmente diverse, l'una per l'alloggiamento degli ufficiali, fornita di camini, l'altra adattata a camerata delle truppe, priva di porte ma dotata di finestre-fuciliere, avente il ruolo di fronte difeso. Ai piedi della parete rocciosa sulla quale si erge la Redoute sarde, un grande recinto difeso da cortine murarie, munito di strutture difensive e di locali di servizio, costituiva probabilmente un attendamento temporaneo in difesa del cosiddetto Chemin des canons, una successione di selciati, viadotti e rampe, che assicuravano i rifornimenti e le comunicazioni tra le posizioni avanzate e le retrovie. Sul versante opposto, a ovest del Reclus, la linea difensiva è completata dal settore strutturalmente meno consistente, composto di elementi diversificati, che termina con un baraccamento allo stato di rudere. I Retranchements du Prince Thomas rappresentano, ancora oggi, l'elemento maggiormente visibile del dispositivo difensivo che si sviluppa tra il colle del Piccolo San Bernardo e La Thuile. Un imponente sistema centrale di bastioni con trincee e cortine per fucileria battenti la viabilità lungo il corso della Dora di La Thuile, sbarrava completamente l'accesso alla conca di Petosan. Il piccolo forte di Plan Praz, integrato con i Retranchements e ad essi collegato, si situa su un pianoro ad una quota intermedia rispetto alle fortificazioni di Col Croce. La struttura, in pietre a secco ben conservate, in cui le tracce di modificazioni successive sono ben evidenti, consiste essenzialmente in una cortina a pianta pressoché stellare, dotata di alte feritoie e posteriormente provvista di baraccamenti. Infine installazioni campali o nuclei di appostamenti si distribuiscono in modo diffuso lungo la strada che fino al 1873, quando fu terminata l'attuale strada statale 26, costituiva l'unico collegamento con il colle. Prospetto di uno dei viadotti del Chemin des canons. (Foto ed elaborazione grafica: A. Vanni Desideri) 18 INTERREG IIIA Alpis Graia IL SISTEMA DIFENSIVO TRA IL XIX E IL XX SECOLO Il più tardo sistema difensivo intorno al colle del Piccolo San Bernardo si viene a definire tra la fine del XIX e gli anni '40 del XX secolo; il rafforzamento di questa linea si riferisce a un periodo caratterizzato dall'elaborazione di progetti di difesa territoriale a grande scala sui due versanti opposti, francese e italiano. Calotta del bunker centrale. (N. Dufour) Sul versante italiano, che in questo periodo e fino alla rettificazione della frontiera nel 1947 comprendeva tutta la superficie del colle, l'impegno economico previsto nel 1931 dalle linee guida concettuali e tecniche di ciò che doveva diventare il Muro delle Alpi, il “Vallo Alpino”, si riduce considerevolmente già nel 1938 lasciando incompiute delle torri corazzate e sostituendole con un numero più modesto di casematte in calcestruzzo. Il sistema era organizzato con opere di difesa passiva, opportunamente integrate e distribuite presso la frontiera, diversificate in reticolati, trincee e barriere anticarro. La difesa attiva era assicurata da posti armati e blindati per l'impiego di armi automatiche pesanti e di artiglieria. Foto aerea a bassa quota dei blocchi anticarro. (M. Foli) Sul lato francese un primo complesso di fortificazioni, composto di tre forti a quote altimetriche diverse a monte di Bourg-Saint-Maurice e una posizione avanzata presso il posto di frontiera, viene integrato nel terzo decennio del XX secolo, secondo i progetti Maginot, mediante delle infrastrutture di difesa attiva e passiva disseminate sul territorio. 19 INTERREG IIIA Alpis Graia Il baricentro di tutto il sistema era il bunker centrale presso il cromlech, il solo ad essere sfuggito alle distruzioni imposte dall'armistizio. Il fabbricato, a due piani sovrapposti completamente interrati, situato a cavallo della frontiera attuale, era fornito di tunnel rettilinei e coassiali tra loro che permettevano di effettuare delle comunicazioni fototelefoniche tra il centro di difesa e i punti di fuoco di tutto il complesso di fortificazioni. I due complessi di casematte a est e a ovest e la casamatta centrale a sud potevano quindi comunicare con il bunker senza utilizzare la radio, che poteva essere facilmente intercettata dal nemico. Le casematte, situate a protezione di punti strategici, si componevano di un ambiente rettangolare in calcestruzzo, interrato o scavato nella roccia, coperto da una volta a botte e dotato di una feritoia e di nicchie per i materiali. Un osservatorio sotterraneo mimetizzato in un alpeggio, a controllo delle posizioni avanzate francesi, e una postazione armata dissimulata in una costruzione imitante l'edilizia tradizionale locale, completavano il sistema difensivo italiano. Bunker centrale. (Elaborazione 3D: E. Donato, A. Vanni Desideri) Tunnel di comunicazione fotofonica Tunnel di accesso Tunnel dell’osservatorio sud-ovest La camera centrale del bunker 20 INTERREG IIIA Alpis Graia IL COLLE DEL PICCOLO SAN BERNARDO IN ETÀ ROMANA Antonina Maria Cavallaro, Sylvie Crogiez-Pétrequin Il valico del Piccolo San Bernardo costituiva uno dei punti nodali della viabilità antica. La strada romana risaliva da Eporedia (Ivrea) ad Augusta Prætoria e da lì si biforcava per raggiungere il Summus Pœninus (Gran San Bernardo) e l'Alpis Graia (Piccolo San Bernardo). Caratterizzata da opere notevoli, dal punto di vista sia concettuale, sia tecnologico, la “Via delle Gallie” rendeva stabile, dotandolo di tutte le infrastrutture necessarie, uno dei più importanti percorsi di attraversamento del settore occidentale delle Alpi. Imponenti opere, di cui sono rimasti notevoli resti sino ai nostri giorni sotto forma di sostruzioni, ponti e tagli di roccia, caratterizzavano i punti naturali maggiormente sfavorevoli al passaggio di una strada. Le tecniche costruttive, tuttora visibili, risultano non analoghe, per esigenze di adattamento alle diverse situazioni geomorfologiche del terreno e di scarti cronologici nella realizzazione dei diversi tratti, a cui si aggiungono le necessità di una manutenzione costante e sistemazioni successive, avvenute nel corso di secoli. Orrido di Pré-Saint-Didier. Resti di spalla del ponte di età romana accanto al ponte medievale. (A. Bryer) All'altezza del colle del Piccolo San Bernardo, il percorso antico costeggiava a nord-ovest l'attuale strada statale. Alla sommità del valico erano situate infrastrutture adibite alla fornitura dei servizi necessari al buon andamento del viaggio. Le strade romane vantavano, infatti, un efficiente sistema di servizi per il viandante e il suo mezzo di trasporto; la difficoltà degli spostamenti esigeva che i percorsi fossero attrezzati con luoghi di sosta provvisti di edifici: dalle mutationes, per il cambio dei cavalli, alle mansiones, veri e propri alberghi per soste prolungate, comprendenti il pernottamento dei viaggiatori e il 10 INTERREG IIIA Alpis Graia ricovero degli animali da trasporto. Il percorso antico verso il valico, noto e ricostruibile nel suo sviluppo generale, è stato oggetto, nel tratto di risalita verso il colle, di prospezioni geofisiche, condotte nell'ambito del progetto di cui si tratta. La metodologia d'indagine impiegata, che si basa sull'emissione di corrente elettrica, consente di rilevare nel sottosuolo anomalie, quali strutture o vuoti, sfruttando la deviazione delle linee di corrente determinata dalla diversa resistività elettrica degli elementi costitutivi del terreno. Grazie all'utilizzo di tale metodologia sono state identificate tracce di un percorso viario di origine romana, confermate dagli scavi archeologici successivi. Colle del Piccolo San Bernardo. Veduta generale dei complessi A e B e dell'edificio C, reinterrato. (A. Zambianchi) COMPLESSO A Individuati e sottoposti a sondaggi da inglesi di passaggio nel XIX secolo, i resti dell'edificio sono stati rimessi in luce da Carlo Promis, il primo a pubblicarne la pianta, nel 1862. Il complesso è stato oggetto, inoltre, di indagini archeologiche e di importanti restauri nel corso della prima metà del XX secolo, a cui hanno fatto seguito ulteriori interventi sino agli anni '60. Colle del Piccolo San Bernardo. Immagine della tomografia geoelettrica applicata nel tratto compreso tra il complesso A e l'edificio C. (P. Mauriello) 11 INTERREG IIIA Alpis Graia Valico del Piccolo San Bernardo. Planimetria dei complessi A e B e dell'edificio C. (Servizio Beni Archeologici) L'edificio è interpretato come la mansio funzionale al lungo e difficile attraversamento del colle. La planimetria del complesso attualmente nota indica un edificio composto da due nuclei adiacenti: quello orientale, con accesso porticato dalla strada romana, comprende un cortile centrale per la sosta di carri e animali da trasporto, affiancato da ambienti con funzione di servizio e accoglienza dei viaggiatori. Il cortile si apre a sud con un vano attualmente adiacente alla strada statale, mentre il nucleo orientale del complesso si compone di un ampio vano rettangolare suddiviso al suo interno. Nell'ambito del progetto Alpis Graia è in corso il rilievo critico sistematico di tutte le murature del complesso A, al fine di meglio comprendere i rapporti stratigrafici tra le strutture e, in particolare, di distinguere le parti restaurate o integrate da quelle originarie. COMPLESSO B Si tratta di un piccolo edificio a pianta quadrangolare, inscritto in una struttura che sembra costituire un portico; l'interpretazione tradizionale vi ha riconosciuto un fanum, ossia un tempietto tipico della cultura gallo-romana. L'edificio, restaurato contestualmente alle strutture del complesso A, appare interrotto dall'odierna strada statale. Il rilievo critico in corso interessa anche queste strutture. 12 INTERREG IIIA Alpis Graia EDIFICIO C per l'accuratezza nel taglio delle pietre angolari e per la tecnica di messa in opera, la sua funzione potrebbe essere collegata all'accoglienza dei viandanti o alla pratica di qualche culto. Al termine delle indagini, l'edificio è stato reinterrato per garantirne la conservazione. Identificato attraverso una fortunata e fortuita ripresa fotografica scattata dall'altro versante, che evidenziava una differente crescita del tappeto erboso in corrispondenza di un perfetto rettangolo, l'edificio C, situato a nord-ovest del presumibile tracciato stradale di età romana, è stato portato alla luce attraverso una campagna sistematica di scavi, dal 1998 al 2001. L'edificio, dunque, è il solo, al momento, fra quelli relativi all'età romana, pervenutoci nella forma che il trascorrere del tempo gli ha dato. I quattro muri perimetrali, conservati quasi esclusivamente in fondazione, disegnano una pianta rettangolare di 18x8 m, con il lato lungo parallelo all'asse viario antico. Le strutture murarie sono costituite da pietre calcaree spaccate regolarmente nella faccia a vista, disposte in corsi. All'interno, una fila centrale di cinque basi quadrangolari, realizzate con lastre di arenaria e mattoni sovrapposti, dovevano probabilmente sostenere dei pilastri o delle colonne su cui poggiava la copertura dell'edificio. La notevole quantità di chiodi di ferro da carpenteria e di frammenti di tegole di terracotta indica la probabile esistenza di un tetto di legno e forse anche di un soppalco ligneo. Databile alla prima età imperiale Colle del Piccolo San Bernardo. Edificio C. Settore sud-ovest. Veduta generale al termine dello scavo. (S.E. Zanelli) EDIFICIO D In prossimità del confine italo-francese, sul lato nord-occidentale dell'asse viario antico, si distingueva da tempo l'impronta, costituita da un leggero avvallamento del terreno, di un possibile edificio interrato a pianta rettangolare, di 38x19 m. Già noto almeno dalla metà del XIX secolo, era interpretato da Carlo Promis come un possibile 13 INTERREG IIIA Alpis Graia EDIFICIO E accampamento dei Salassi, popolo che abitava la regione precedentemente all'arrivo dei Romani. Scavi archeologici, ancora in corso nell'ambito del progetto, hanno portato in luce in corrispondenza dell'angolo sud-ovest di questa superficie delimitata dall'avvallamento un tratto regolare di un'ampia trincea di fondazione scavata nella roccia. La prosecuzione delle indagini permetterà di comprendere meglio la natura del complesso, designato tradizionalmente con il termine di vallum, la cui datazione risulta al momento incerta. Scavato parzialmente e restaurato ripetutamente durante il XX secolo, l'edificio è oggetto di indagini nell'ambito del progetto Alpis Graia, da parte dell'équipe francese. Le ultime campagne archeologiche, condotte sulla base dei rilievi esistenti e della stratigrafia rimasta intatta in una parte dell'edificio, hanno confermato l'evidenza di una sua pianta a croce, derivante dalla sequenza di sistemazioni successive, di cui sono state individuate alcune fasi: una prima, datata dalla Valico del Piccolo San Bernardo. Edificio E in fase di scavo. (N. Geroudet) 14 INTERREG IIIA Alpis Graia ceramica e da monete al regno di Tiberio (14-37 d.C.), corrisponde alla costruzione dell'edificio, collegata alla realizzazione di piattaforme allungate di lastre scistose sovrapposte, da mettere in relazione probabilmente con la via romana. All'esterno del fabbricato, sul lato est, è stata portata in luce una superficie spianata artificialmente e ricoperta da un sottile strato di ghiaia, sottostante a materiale di età romana, che potrebbe riferirsi, appunto, all'antica strada. Una seconda fase di costruzione, risalente al III secolo d.C., si riferisce a un rifacimento dell'edificio realizzato attraverso un riutilizzo parziale delle strutture precedenti. Le tecniche costruttive si differenziano notevolmente, ma l'orientamento generale dei muri già esistenti sembra essere stato rispettato. A seguito di un periodo di abbandono e di distruzione, numerosi focolari sono installati nel corso del IV secolo d.C., ad indicare una rioccupazione parziale e temporanea del sito. È in corso il rilievo delle strutture murarie, al fine di cogliere meglio le diverse fasi cronologiche dell'edificio e la portata dei restauri susseguitisi nel corso del XX secolo. La natura stessa del fabbricato rimane ancora non precisamente definibile: posto di controllo, luogo di sosta, edificio legato a pratiche agricole? La localizzazione particolare del complesso lungo la strada implica una frequentazione estranea al quadro di vita abituale di età romana: il valico del Piccolo San Bernardo era un luogo di sosta e quindi di rinnovamento costante dei suoi frequentatori. L'analisi faunistica delle ossa e dei denti di animali rinvenuti nel corso delle ultime campagne di scavo confermerebbe questo quadro: i pezzi di carne da macello a cui appartenevano sembrano essere stati scelti in base alla praticità di trasporto e di conservazione. Non esiste nessun indizio a favore di una macellazione degli animali sul posto. Stranamente, le specie selvatiche rappresentate sono molto varie ma quantitativamente piuttosto rare; la maggior parte delle specie presenti appartiene alla triade domestica composta di bue, maiale e caprini. Valico del Piccolo San Bernardo. Edificio E. Nummus di Costantino (Lione, 316 d.C.), molto raro D. Busto di Costantino e testa equina R. Raffigurazione del Sole con il braccio destro alzato e un globo nella sinistra. (M. Amadry) 15 INTERREG IIIA Alpis Graia IL CROMLECH DEL COLLE DEL PICCOLO SAN BERNARDO Franco Mezzena, Laurence Pinet La strada moderna che oltrepassa il colle del Piccolo San Bernardo e collega la Valle d'Aosta all'Alta Tarantasia, sulla linea di confine, attraversa un monumento che già in passato aveva attirato l'attenzione degli storici e degli studiosi. Sin dal suo rinvenimento nel XVIII secolo, il cerchio di pietre erette è generalmente considerato un cromlech, o recinto funerario protostorico; gli interrogativi riguardo alla funzione e alla datazione che tuttora solleva non hanno ancora trovato una risposta definitiva. Il sito, nel suo aspetto attuale, è composto di 54 monoliti, di cui 49 disegnano la circonferenza. Le 37 pietre erette e inserite verticalmente, fuoriescono di qualche decina di centimetri dal suolo; le facce larghe sono disposte parallelamente alla circonferenza del cerchio. Larga sella di confluenza glaciale modellata dai ghiacciai pleistocenici, il colle è situato tra due importanti sistemi geologici che si differenziano notevolmente nella composizione delle rocce: a nord-ovest la zona sub-brianzonese, conosciuta come “zona delle brecce di Tarantasia”, è composta di calcescisti, marne nere scistose e calcari neri; a sud-est la zona brianzonese è costituita da affioramenti di micascisti di origine arenacea e conglomerati di età carbonifera. Tra le due zone si inserisce una lingua di carniole, sulla quale il cromlech è stato impiantato. Il reperimento dei monoliti è frutto di una scelta che non riflette tale varietà petrografica: tutti estratti dalle rocce tenere del carbonifero, potrebbero provenire dai Colle del Piccolo San Bernardo. Veduta generale del cromlech. (F. Mezzena) 8 INTERREG IIIA Alpis Graia versanti orientali che dominano il cerchio così come dal colle stesso. Le ultime campagne archeologiche, che avevano lo scopo di datare il monumento, hanno confermato una situazione molto disturbata da avvenimenti recenti: lo stato di conservazione già fortemente compromesso dal passaggio della strada statale che aveva inevitabilmente comportato la soppressione di alcune pietre, è stato aggravato da rimaneggiamenti della seconda guerra mondiale e da scavi del secolo scorso. Sembra ormai accertato il fatto che un certo numero di menhir che compongono il cromlech non sia più collocato, da tempo, nella sua posizione originaria. Il solo nuovo e inconfutabile dato, prodotto dalle ricerche in corso, è il rinvenimento, al centro del cerchio, di deposizioni di coppie di pietre di forma poligonale o arrotondata, associate ad una cuspide di freccia peduncolata in selce gialla, che fa risalire l'evento all'inizio dell'Età del Rame, intorno alla metà del III millennio a.C. Depositi identici sono noti in Valle d'Aosta nell'area cultuale megalitica di Aosta e nelle coeve necropoli di tombe a cista di Vollein e Villeneuve. Le indagini dell'anno scorso non hanno condotto al rinvenimento della relazione tra questi strati sicuramente datati all'Età del Rame e l'impianto del cromlech, a causa di una grande fossa di riempimento di materiale bellico, che taglia i rapporti tra i due. Nuovi sondaggi potranno forse chiarire la situazione. Allo stato attuale, l'analisi dell'accurato rilievo realizzato nel 1997 e lo studio sistematico dei menhir, nell'intenzione dei ricercatori, saranno rivolti alla ricostruzione, da un punto di vista teorico, di un eventuale “progetto originario” del monumento. Pianta del cromlech. (Servizio Beni Archeologici) 9 INTERREG IIIA Alpis Graia FREQUENTAZIONI E INSEDIAMENTI PREROMANI NELL'AREA DEL COLLE DEL PICCOLO SAN BERNARDO; PRIMI RISULTATI DI UN'ANALISI ARCHEOLOGICA E SEDIMENTARIA IN MONTAGNA Pierre-Jérôme Rey Il valico del Piccolo San Bernardo costituisce uno dei principali punti di attraversamento storico delle Alpi occidentali, all'incrocio di numerosi itinerari alpini, ai piedi del fronte sud-est del massiccio del Monte Bianco. Ben documentata dall'età romana dai testi così come dall'archeologia, la sua frequentazione durante i periodi precedenti rimane poco conosciuta. La possibilità, di svolgere un lavoro di lunga durata, offerta dal progetto Alpis Graia, ha permesso di effettuare una ricerca sulle prime frequentazioni e occupazioni umane estesa sui due versanti del colle. La debole consistenza dei resti, le caratteristiche geomorfologiche molto contrastate della media e alta montagna alpina e la debolezza delle conoscenze precedenti implicano la necessità di lavorare in modo estensivo in una vasta area geografica. L'area di indagine, che ricopre integralmente i due versanti del colle, si estende su una superficie di circa 1500 km quadrati, dalle valli dell'Isère e della Dora Baltea sino ai ghiacciai del Rutor e del Miravidi, da 800 a 3500 m di altitudine, occupando parzialmente o integralmente il territorio di 8 comuni. Al fine di far fronte agli ostacoli specifici delle indagini archeologiche nella media e alta montagna, è stato necessario l'impiego di una metodologia caratterizzata dalla moltiplicazione di piccoli sondaggi manuali in settori selezionati seguendo due criteri principali: una topografia favorevole all'occupazione umana e un contesto sedimentario che permetta, allo stesso tempo, la conservazione e l'accessibilità dei resti a dei mezzi manuali. Durante i sondaggi, la lettura attenta delle sezioni stratigrafiche permette di stabilire rapidamente una diagnosi delle informazioni archeologiche e offre molteplici possibilità di osservazione e campionatura. 3 INTERREG IIIA Alpis Graia Circa 510 siti, ripartiti a tutte le quote, sono stati compresi all'interno di una prima selezione; 69 di questi sono stati oggetto di uno o più sondaggi, che offrono un primo quadro, in parte lacunoso, del processo di sedimentazione dalla fine dell'ultima glaciazione (studio eseguito da B. Moulin). Sono stati identificati 14 nuovi siti e attraverso una trentina di altri sondaggi sono stati evidenziati risultati significativi sotto l'aspetto archeologico. Distribuzione dei principali sondaggi che hanno restituito risultati archeologici (2003-2005) Legenda Zone edificate Ghiacciai Laghi Localizzazione dell’insieme dei sondaggi Siti archeologici recentemente scoperti Indizi di frequentazioni antiche in sondaggio (P.-J. Rey) Indizi di frequentazioni antiche in superficie 4 INTERREG IIIA Alpis Graia Indizi litici isolati sono stati raccolti ad una quota piuttosto alta sul versante francese, in prossimità del colle, nel comune di Séez. Frammenti di cristalli di quarzo, che testimoniano di un'attività di scheggiatura, sono stati rinvenuti a Bourg-Saint-Maurice, presso il Plan de Beaupré (2130 m). Nel settore dei Cinq Lacs, ancora nel comune di Bourg-Saint-Maurice, una lama ritoccata in selce, di una decina di centimetri di lunghezza, è stata rinvenuta a circa 2600 m di quota. Questo oggetto, la cui fattura evoca il Neolitico finale, costituisce uno dei più antichi testimoni della frequentazione delle alte quote in questa parte del massiccio alpino. Più in basso, in particolare al di sotto dei 1000 m di altitudine, molteplici indizi indicano la presenza di popolazioni neolitiche. La scoperta di due siti neolitici, uno all'aperto e l'altro in un riparo sotto roccia, intorno a 1900 m di quota, presso il fianco sud del Dou de Sermons, in località La Commune (Séez), testimonia di occupazioni sulla strada del colle che potrebbero risalire al V millennio a.C. Séez, Dou de Sermons. Sondaggio 9. Riparo sotto roccia, occupato nel Neolitico. (P.-J. Rey) Insediamenti risalenti al Bronzo finale e alla cultura di Hallstatt antica sono documentati presso Châtelard de Bourg-Saint-Maurice da strutture di abitato, costituite da una serie di massicciate orizzontali in pietre a secco. Il materiale archeologico, molto frammentato, comprende cocci di ceramica e resti di ossa di animali, numerosi frammenti di ciottoli scaldati, percussori e macine. Sull'altro versante del colle, a Pré-Saint-Didier, in località Pian del Bosco, numerosi sondaggi Bourg-Saint-Maurice, Châtelard. Sondaggio 2. Cuspide di freccia in quarzo ialino, attribuita al Neolitico finale. (P.-J. Rey) 5 INTERREG IIIA Alpis Graia Un sondaggio ha permesso di identificare numerosi livelli di occupazione protostorici, profondamente sepolti ma poveri di resti. Alla base di questa sequenza si apriva una grande fossa di 1,25 m di larghezza e 30 cm di profondità, arrossata dal contatto diretto con la fiamma, colma di pietre e di depositi di combustione, la cui struttura ricorda un forno a pietre riscaldanti. Il materiale essenzialmente ceramico rivelato dal riempimento, permette di avanzare una datazione all'Età del Bronzo nell'attesa di una datazione più precisa al Carbonio 14. Benché non siano terminate l'elaborazione dei dati e le analisi sedimentologiche e ambientali, è possibile avanzare alcune osservazioni sui risultati ottenuti. È stata messa in evidenza, sul versante francese, l'occupazione delle zone ad altitudine elevata sin dalla fine della preistoria. L'attraversamento del colle del Piccolo San Bernardo è ora attestato dall'inizio del Neolitico medio, mentre il controllo dei passaggi mediante siti d'altura ai piedi dei versanti sembra assumere improvvisamente importanza durante periodi relativamente brevi, il primo nella fase intermedia del Bronzo finale, i più importanti nel periodo Hallstatt antico e nel corso dell'età romana. hanno rivelato un sito d'altura terrazzato, la cui prima e più importante occupazione risale alla cultura di Hallstatt antica, ma che segnala insediamenti posteriori, nel corso della seconda Età del Ferro e durante l'età romana. Il sito chiude la via di accesso al colle più agibile e meno elevata del versante valdostano. Infine, nel comune di La Thuile, due siti sono stati portati in luce a monte della frazione Grande Golette, a circa 1520 m di quota, sull'itinerario del colle. Il sito più importante è situato poco sopra la frazione Grande Golette, a valle della strada attuale. La Thuile, Grande Golette. Sondaggio 1. Struttura per combustione dell'Età del Bronzo. (P.-J. Rey) 6 INTERREG IIIA Alpis Graia I dati raccolti, provenienti dalla campionatura sistematica di uno spazio limitato, permettono un primo approccio globale alla successione dell'occupazione umana. Sono state messe in evidenza tre fasi importanti di insediamento delle zone a bassa quota e degli alpeggi: il Neolitico sul versante francese, la prima Età del Ferro e l'alto impero romano sui due versanti. A seguito dei due primi anni di progetto, i risultati ottenuti rivelano la ricchezza e la complessità del patrimonio archeologico alpino; illustrano, inoltre, la pertinenza di una pratica di studio e di valorizzazione del patrimonio nelle regioni a margine di grandi lavori di urbanizzazione, che raramente costituiscono ambito di indagine per gli archeologi. Morgex, Molliex. Sondaggio in corso di scavo. (P.-J. Rey) 7 INTERREG IIIA Alpis Graia LA FREQUENTAZIONE DEL COLLE DEL PICCOLO SAN BERNARDO DALLA PREISTORIA AL MEDIOEVO Jacques-Louis de Beaulieu Allo scopo di valorizzare il colle dal punto di vista della sua storia e del suo utilizzo nel corso dei millenni, è indispensabile conoscere l'evoluzione dell'ambiente e, in particolare, i ritmi di occupazione pastorale e le pratiche agricole che si sono succedute. In associazione ai metodi storici e archeologici sono state svolte delle analisi paleoambientali, rivolte alla ricostituzione dei sistemi agricoli e pastorali a partire dalla preistoria e, di conseguenza, alla comprensione delle dinamiche di occupazione di questo spazio montano. Gli studi dell'ambiente antico, basati su analisi polliniche, pedoantracologiche e paleoentomologiche, giungono alla ricostruzione della copertura vegetale in relazione ai cambiamenti climatici. Con l'aiuto delle analisi dei pollini fossili che si sono depositati e stratificati nel corso dei millenni, in particolare, è possibile isolare degli indizi che informano direttamente o indirettamente sull'attività dell'uomo in questo contesto: la presenza di pollini appartenenti a piante direttamente portate dall'uomo (cereali, segale, grano saraceno) oppure di piante esistenti allo stato naturale ma il cui sviluppo è favorito dall'uomo e dalle sue attività si Colle del Piccolo San Bernardo. Carotaggio pr esso il Lago Torvéraz. (M. Segard) Grano di polline di Piantaggine al microscopio, indicatore pastorale. (Y. Miras) 1 INTERREG IIIA Alpis Graia Estrazione e determinazione specificamente la pratica agropastorale, il processo di antropizzazione che si desume dalle analisi ancora in corso risulta ritmato, nonostante la presenza di indizi contradditori ancora da chiarire: un primo periodo chiave, situato nel Neolitico finale, è seguito dalla prima reale soglia di espansione dell'antropizzazione del Bronzo finale; una seconda si riferisce al I-III secolo d.C., in relazione all'impianto della stazione stradale romana. Una terza soglia, caratterizzata probabilmente dalla presenza di colture cerealicole, è datata per il momento al Medioevo, mentre si assiste a un'interruzione della pressione agropastorale poco dopo il XII secolo. Ricostruzione degli insiemi subfossili Stadi di sviluppo di Chironomidae: la capsula della testa, conservata nei sedimenti del lago, consente il riconoscimento della specie. (Y. Miras) accompagna frequentemente alla diminuzione di grani di polline di alberi e arbusti. La datazione attraverso il metodo del Carbonio 14 di questi strati di polline permette dunque di ricostituire l'ambiente nei diversi periodi storici. È possibile, successivamente, confrontare tali risultati con lo studio delle variazioni delle specie di insetti: ogni specie è adattata, infatti, a vivere in un contesto precisamente caratterizzato dal punto di vista climatico e ambientale; sulla base della specie maggiormente rappresentata, dunque, è possibile ricostituire l'ambiente corrispondente. Nell'ambito del progetto Alpis Graia è stata svolta l'analisi delle capsule delle teste di larva di Chironomidae, insetti simili a delle zanzare, conservati nei sedimenti dei laghi. Per quanto concerne Insiemi subfossili Ricostruzione paleoambientale e paleoclimatica La variazione delle specie di Chironomidae permette la ricostruzione dell'evoluzione dell'ambiente e del clima. (Y. Miras) 2 A C D B F ITALIA E FRANCIA Colle del Piccolo San Bernardo. Localizzazione del cromlech (F) e dei resti di edici di età romana: complessi A e B, edifici C, D, E. (CTR, elaborazione Serviz io Beni Archeologici) INTERREG IIIA Alpis Graia Colle del Piccolo San Bernardo. Veduta generale dei complessi A e B, dell'edificio C (reinterrato) e del cromlech. (A. Zambianchi) www.alpisgraia.org [email protected] In copertina: disegno del cromlech del Piccolo San Bernardo (da PROMIS, Le Antichità di Aosta, 1862, tav. II, fig. K) REGIONE AUTONOMA VALLE D'AOSTA COMUNE DI LA THUILE Stampato da: Tipografia Valdostana Aosta 2005 "Grazie o Giove Pennino che mi hai protetto lungo il cammino". Con una frase simile, probabilmente, il viandante dell'antichità si rivolgeva al Giove protettore delle cime e dei colli che permettevano la comunicazione fra una parte e un'altra dell'Impero romano. I passi alpini hanno da sempre rappresentato un sistema di comunicazione di estrema rilevanza nella conduzione economica e nella diffusione delle culture fra le comunità dell'antichità. I viandanti erano tutt'altro che inibiti, nella loro marcia, dalle difficoltà rappresentate dalla barriera delle montagne e, in particolare, da quella delle Alpi, le quali, nella zona fra Italia e Francia sono rappresentate dalle cime più alte e più impervie di tutta la catena. Era, comunque, un dovere quello di ringraziare le divinità che avevano permesso, ancora una volta, il superamento di questo limite fisico. Questa premessa serve a far comprendere l'importanza per il recupero delle testimonianze della "cultura" che ha riguardato le attività e l'utilizzo dei colli alpini. La loro frequentazione è documentata sin dall'antichità più lontana, quasi che l'umanità cercasse di rincorrere le lingue di ghiaccio che si stavano ritirando per sostituirvi il proprio segno di conquista e di scoperta. In questo modo, i primi intrepidi si inoltrarono tra i monti e finirono per trovare le vie e gli spazi più idonei per poter valicare questi ostacoli naturali e comunicare con le comunità limitrofe, a loro volta curiose e interessate per quelle strane mercanzie provenienti da chissà quale lontano paese. Questo atteggiamento ha fatto si che l'uso dei passi alpini abbia rappresentato da sempre un luogo di unione fra le comunità. Ai giorni nostri, questi passi sono ancora oggetto di attrazione per coloro che transitano, nei periodi di apertura, lungo quelle strade che si inarcano sulle coste dei monti fino a svelarsi nella loro magia che incanta quando, raggiunta la cima o il colmo del sentiero, per un attimo il terreno spiana e si allarga a ridosso della vista tra i due versanti, per poi cominciare a scendere verso nuove valli e nuovi suoni vocali. Su questi spazi sommitali, come al passo del Piccolo San Bernardo, gli uomini hanno voluto lasciare una traccia del loro passaggio. Questa traccia si è manifestata nella costruzione di strutture architettoniche atte a ringraziare gli Dei (templi) e a dare quel giusto attimo di riposo a chi ha affrontato il faticoso percorso (mansiones). Le tracce di questa presenza, ancora parzialmente visibili, sono oggi minacciate dalla mutazione delle abitudini dei viaggiatori, ormai facilitati alla salita dall'impiego delle automobili. La maggiore velocità di passaggio riduce però la capacità di lettura del territorio e delle meraviglie storiche che ancora lo abitano. Meraviglie che sono, oltretutto, praticamente suddivise in modo quasi equo fra l'Italia e la Francia e che hanno vissuto, fino ad oggi, l'impegno e l'applicazione di comunità scientifiche e di strutture amministrative differenti. Il progetto Alpis Graia, finanziato dalla comunità europea e dai partner italiani (Regione Autonoma Valle d'Aosta e comune di La Thuile) e francesi (S.I.V.O.M. de Haute-Tarentaise), si pone di mettere in comune queste risorse materiali e intellettuali con il solo fine di predisporre un programma comune per la valorizzazione dei resti archeologici presenti al passo. Quest'azione comune è focalizzata nel completamento della ricerca storica e funzionale alla predisposizione di apparati di diffusione di queste conoscenze e alla valorizzazione dei resti archeologici presenti, dall'epoca preistorica fino ai giorni nostri. La volontà è quella di arrivare alla predisposizione, a seguito di una fase esauriente di studi, ad un progetto di sistemazione dell'intero comprensorio storico presente sul colle, al fine di rendere unitaria la gestione di un sito diviso da un confine e di far comprendere ai viaggiatori moderni il valore e la storia del luogo che stanno attraversando, e con l'intenzione di mostrare come un ostacolo fisico possa essere interpretato per secoli, e possa tornare ad essere, un luogo di comunicazione tra i popoli.