Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

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Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
Servizio di prevenzione e protezione
Decreto Legislativo 81/08
DISPENSA PER L’AGGIORNAMENTO DEGLI ADDETTI ANTINCENDIO
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Servizio di prevenzione e protezione
Diapositiva 1
Decreto Legislativo 81/08
DISPENSA PER AGGIORNAMENTO
ADDETTI ANTINCENDIO
Servizio di prevenzione e protezione
Lucio Prandini
Giancarlo Bergamini
Leonarda Troiano
Fax
E-mail
Sito internet
059 205 64 60
059 205 66 73
059 205 70 59
059 205 64 78
[email protected]
http://www.spp.unimore.it
Questa dispensa è stata sviluppata per indirizzare
l’attività dell’Addetto antincendio nella gestione delle
eventuali emergenze occorse in Unimore, si suddivide
in due momenti: il primo, più teorico, si focalizza sul
rischio incendio, il secondo, più pratico, sviluppa gli
aspetti operativi e pratici di intervento.
Per qualsiasi dubbio, chiarimento o informazione il
personale del Servizio di prevenzione e protezione é a
disposizione negli orari d’ufficio.
Diapositiva 2
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Servizio di prevenzione e protezione
Decreto Legislativo 81/08
LUCIO PRANDINI
RSPP Università di Modena e Reggio Emilia
([email protected])
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Diapositiva 3
CAUSE EMERGENZA
Tra le varie cause di emergenza ipotizzabili verrà
sviluppata prevalentemente l’emergenza incendio.
La gestione delle emergenze in genere ha come
obiettivo la salvaguardia della vita umana e
successivamente la salvaguardia dei beni e delle
attività.
La causa di un’emergenza può essere interna o
esterna all'edificio.
Fra le possibili cause interne si può ipotizzare
l’incendio, lo scoppio, la fuga di gas pericolosi in
quantità e qualità tali da determinare situazioni di
pericolo, la fuoriuscita e spargimento di sostanze
anche pericolose e altre condizioni di pericolosità
derivanti da fatti e situazioni accidentali e non
prevedibili.
Invece tra le possibili cause esterne si possono
immaginare le stesse cause interne, ma occorse
all’esterno, quali ad esempio incidenti di automezzi in
transito, fatti avvenuti in insediamenti vicini, annuncio
di ordigni esplosivi, cause naturali quali terremoti,
trombe d’aria, acquazzoni.
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Diapositiva 4
Terminologia
(definizioni dal Decreto Interministeriale 10.3.1998)
PERICOLO
incendio
proprietà o qualità intrinseca di determinati materiali
o attrezzature, oppure di metodologie e pratiche di
lavoro o di utilizzo di un ambiente di lavoro che
presentano il potenziale di causare un incendio
RISCHIO
incendio
probabilità che sia raggiunto il livello potenziale di
accadimento di un incendio e che si verifichino
conseguenze dell’incendio sulle persone presenti
VALUTAZIONE
rischio incendio
procedimento di valutazione dei rischi di incendio in
un luogo di lavoro derivante dalle circostanze del
verificarsi di un pericolo di incendio
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Diapositiva 5
LE CONSEGUENZE DI UN INCENDIO
Nello specifico tre sono le definizioni previste nel
Decreto Interministeriale 10 marzo 1998 che hanno a
che fare con l’incendio.
La prima riguarda il PERICOLO di incendio: intesa
come proprietà o qualità intrinseca di determinati
materiali o attrezzature, oppure di metodologie e
pratiche di lavoro o di utilizzo di un ambiente di lavoro
che presentano il potenziale di causare un incendio.
La seconda è il RISCHIO di incendio: inteso come la
probabilità che sia raggiunto il livello potenziale di
accadimento di un incendio e che si verifichino
conseguenze dell’incendio sulle persone presenti.
Infine la VALUTAZIONE del rischio di incendio:
spiegato come procedimento di valutazione dei rischi di
incendio in un luogo di lavoro derivante dalle
circostanze del verificarsi di un pericolo di incendio.
L'incendio provoca effetti di diversa natura.
Oltre al panico delle persone eventualmente coinvolte,
le temperature elevate possono causare fenomeni di
ustione o carbonizzazione oppure seri danni strutturali
nel caso di elementi in cemento, acciaio o legno
strutturale.
I prodotti della combustione possono essere suddivisi
in gas di combustione, fiamme, calore e fumo che
determinano talvolta la deficienza di ossigeno.
È opinione comune che durante un incendio la morte
delle persone coinvolte avvenga per esposizione al
calore delle fiamme. Contrariamente a questa
convinzione, le statistiche definiscono che la maggior
parte delle vittime muore per asfissia o intossicazione,
per effetto dei gas di combustione, molto prima di
essere esposte alle fiamme.
Per gas di combustione si intendono quei prodotti della
combustione che restano allo stato gassoso anche
quando vengono raffreddati alla temperatura ambiente
(15°C).
Tra i gas di combustione si possono incontrare, oltre
l’anidride carbonica e l’ossido di carbonio, l’idrogeno
solforato, l’anidride solforosa, l’acido cianidrico, vapori
nitrosi (ossido e perossido di azoto), fosgene,
ammoniaca, ecc.
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Diapositiva 6
ACCORGIMENTI PER EVITARE L’INCENDIO
1)
contenere il carico d'incendio
2)
trasporto e travaso sostanze
infiammabili
3)
stoccaggio materiale
infiammabile
4)
divieto di fumo
5)
divieto uso stufette elettriche
6)
disattivazione
apparecchiature elettriche
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Diapositiva 7
ORIGINE INCENDIO
Triangolo del fuoco
comburente
Diapositiva 8
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Combustibili
solidi
liquidi
gassosi
Al fine di prevenire l’insorgere di una emergenza
incendio è necessario adottare alcuni accorgimenti,
quali: i) evitare l’accumulo, anche temporaneo, di
sostanze infiammabili e combustibili in luoghi diversi da
quelli appositamente predisposti, ii) prestare attenzione
nel trasporto e nel travaso di sostanze infiammabili, iii)
segnalare in modo chiaro e visibile le zone destinate a
stoccaggio di materiale infiammabile, iv) utilizzare
contenitori appositi e tutte le cautele necessarie, in
relazione alla pericolosità della sostanza, v) non
fumare o usare fiamme libere in prossimità di luoghi
con pericolo di incendio o di esplosione e comunque,
sempre ove sia esposto il cartello specifico di divieto,
vi) evitare l'uso di contenitori misti per carta e cenere di
sigarette, vii) non utilizzare, per il riscaldamento dei
locali, stufette elettriche con resistenza scoperta, viii)
spegnere, finito l'utilizzo, tutte le apparecchiature
elettriche così da ridurre il carico richiesto alla linea
elettrica di alimentazione.
Ricordo che nello sviluppo di un incendio molto spesso
è l'impianto elettrico causa di innesco per il
surriscaldamento dei cavi di alimentazione delle
utenze.
Ricordo anche che un incendio si sviluppa solamente
se vi è la concomitanza di tre elementi essenziali.
Il triangolo del fuoco è il termine usato per
rappresentare visivamente il processo chimico fisico
della combustione.
I lati dell'ipotetico triangolo rappresentano i tre elementi
necessari per la combustione quali il combustibile
(materiale infiammabile), il comburente (usualmente
l'ossigeno) e la fonte d'innesco (apporto di calore).
Faccio presente che il combustibile è la sostanza in
grado di bruciare.
In condizioni normali si può trovare allo stato solido,
liquido o gassoso.
A titolo di esempio la carta, la legna, il carbone sono
combustibili solidi; alcol, benzina, gasolio sono
combustibili liquidi; quelli gassosi sono il propano, il
metano, l’idrogeno.
Affinché la reazione chimica avvenga, di norma, il
combustibile deve trovarsi allo stato gassoso.
Il legno, per esempio, distilla, per effetto del calore
della sua stessa fiamma, tutti i prodotti volatili
lasciando da ultimo solo il carbone che arde come
brace senza fiamma, trattandosi di combustione diretta
di un solido.
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Diapositiva 9
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Comburenti
ossigeno
Diapositiva 10
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Innesco
Diapositiva 11
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ESTINZIONE INCENDIO
Triangolo del fuoco
comburente
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Diapositiva 12
LA COMBUSTIONE
La combustione è una reazione chimica tra una
sostanza combustibile e un comburente con
sviluppo di calore, fiamma, gas, fumo e luce
Solo la contemporanea presenza di
questi tre elementi dà luogo
all’incendio
• Presenza combustibile
• Presenza comburente
• Presenza sorgente di calore
Con il termine comburente si intende una sostanza che
agisce come agente ossidante di un combustibile in
una reazione di combustione.
Il comburente più comune è l'ossigeno dell'aria, ma
anche altre sostanze possono comportarsi da
comburenti come i nitriti, i nitrati, il cloro, il fluoro, gli
ossidi, ecc.
Molte di queste sono sostanze chimiche instabili, che
possono dar luogo ad ossidazioni violente.
L'innesco è la condizione energetica necessaria
perché la reazione di combustione abbia luogo.
Non è sufficiente che il combustibile e il comburente
siano a contatto perché la reazione avvenga, ma
occorre che almeno in una sua parte la temperatura sia
sufficientemente elevata da provocare l'accensione.
L'innesco è costituito da qualsiasi sorgente di calore
che abbia i seguenti requisiti: temperatura uguale o
superiore a quella della miscela, apporto di energia
calorica, durata sufficiente del tempo di contatto.
Quando uno dei tre elementi della combustione viene a
mancare, questa non avviene o se già in atto, si
estingue.
Pertanto per ottenere lo spegnimento dell'incendio si
può ricorrere a tre sistemi: i) per esaurimento del
combustibile mediante allontanamento o separazione
della sostanza combustibile dal focolaio dell'incendio;
ii) per soffocamento mediante separazione del
comburente dal combustibile o riduzione della
concentrazione del comburente in aria e iii) per
raffreddamento, cioè sottraendo calore fino a ottenere
una temperatura inferiore a quella necessaria al
mantenimento della combustione.
Più nello specifico la combustione è una reazione
chimica in grado di ossidare una sostanza, definita
combustibile, facendola reagire con un’altra definita
comburente, aria o ossigeno.
È caratterizzata da elevati valori di velocità di reazione,
da una grande quantità di energia termica prodotta
accompagnata da uno sviluppo di calore, produzione di
radiazioni luminose, fiamma e luce ed altri prodotti
della combustione come gas e fumo.
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Diapositiva 13
I PRODOTTI DELLA COMBUSTIONE
Diapositiva 14
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I GAS DI COMBUSTIONE
Sono quei prodotti della combustione
che restano allo stato gassoso anche
quando vengono raffreddati
Una esposizione tra i 5 e i 25 minuti ai
gas sprigionati da un incendio può
essere letale
La maggior parte dei decessi in caso di
incendio dipende dalla produzione dei
gas di combustione
Diapositiva 15
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FUMO
È costituito da particelle solide o liquide,
nebbie o vapori condensati
Le particelle solide sono costituite da
catrami, carbonio e altre sostanze
incombuste che vengono trascinate
verso l’alto dai gas caldi
Il fumo è dannoso perché limita la
visibilità, è irritante per le vie respiratorie
ed inoltre propaga l’incendio
I prodotti della combustione dipendono dalla natura del
combustibile e dalle condizioni di reazione.
In particolare, si parla di prodotti di combustione in
quanto l’incendio, a seconda della natura dei
combustibili, dà luogo a prodotti che vengono distinti in
fiamme, calore, fumi e gas di combustione.
I gas che si sviluppano nella combustione sono dei
prodotti che rimangono nel loro stato fisico anche se
freddi ed a temperatura ambiente.
Nella maggior parte dei combustibili è contenuto il
carbonio che bruciando si trasforma in anidride
carbonica quando c'è abbondanza di ossigeno e in
monossido di carbonio quando c'è scarsità di ossigeno.
Nei processi di combustione si possono sviluppare gas
come anidride carbonica, monossido di carbonio,
idrogeno solforato, anidride solforosa, acido cianidrico,
acido cloridrico, vapori nitrosi, fosgene ed ammoniaca.
I più conosciuti sono il MONOSSIDO DI CARBONIO
che è un gas altamente tossico, presente in grande
quantità negli incendi e principalmente nei luoghi chiusi
con scarsa ventilazione e carenza di ossigeno e
l’ANIDRIDE CARBONICA che si forma in grande
quantità negli incendi con grande presenza di
ossigeno. È un gas asfissiante che in grande
concentrazione accelera il ritmo respiratorio.
Tutti i gas citati sono letali ad una esposizione che
varia dai 5 ai 25 minuti.
Il fumo che si sviluppa negli incendi è notevole, irrita
velocemente le mucose e le vie respiratorie, invade i
locali degli edifici in fiamme in poco tempo e rende
impossibile la presenza umana. Al superamento dei
50°C, si può considerare il fumo come primo pericolo
per l'uomo negli incendi.
Negli edifici chiusi, senza un'adeguata aerazione, il
fumo diventa un grosso pericolo perchè tende a salire
verso l'alto, aumenta la temperatura sul soffitto e può
provocare il cedimento degli intonaci.
Diapositiva 16
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FIAMMA
È un aspetto della combustione che può
caratterizzare l’andamento della stessa
In base al calore la fiamma assume
diversi colori:
•
•
•
•
•
•
Rosso nascente
Rosso scuro
Rosso ciliegia
Giallo
Bianco
Bianco abbagliante
525
700
900
1200
1300
1500
C
C
C
C
C
C
La fiamma è un fenomeno luminoso tipico della
combustione, di cui è anche l'indice più evidente: dove
c'è una fiamma, c'è una combustione in atto.
A seconda della temperatura il colore della fiamma
cambia, ciò talvolta può facilitare il riconoscimento del
combustibile.
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Diapositiva 17
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CALORE
Causa principale
dell’incendio
di
propagazione
Dannoso
per
l’uomo
(causa
disidratazione, blocco della respirazione
e scottature)
Dannoso per le strutture degli edifici
(deformazioni e sollecitazioni non
previste)
Nella combustione, il calore che si sviluppa è la causa
principale del propagarsi dell'incendio.
Il calore, al di sopra di certe temperature, è dannoso
per l'uomo perché causa la disidratazione dei tessuti,
provoca le ustioni ed il blocco respiratorio.
Sulle strutture degli edifici determina, già a basse
temperature, deformazioni che generano sollecitazioni
per le quali la resistenza strutturale non è garantita.
Con il crescere della temperatura, entrano in crisi i
singoli elementi portanti, per disgregazione o per
abbattimento della resistenza dei materiali, con
conseguente rischio di crollo.
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Diapositiva 18
ANDAMENTO DI UN INCENDIO
1.
2.
3.
4.
INIZIO COMBUSTIONE
ESTENSIONE DEL FUOCO
INCENDIO GENERALIZZATO (FLASH OVER)
ESTINZIONE
1 fase
2 fase
3 fase
4 fase
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Diapositiva 19
ANDAMENTO DI UN INCENDIO
1. INIZIO COMBUSTIONE
1 fase
2 fase
3 fase
4 fase
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Diapositiva 20
ANDAMENTO DI UN INCENDIO
2. ESTENSIONE DEL FUOCO
1 fase
2 fase
3 fase
Nell'evoluzione dell'incendio si possono individuare
quattro fasi caratteristiche:
•
INIZIO COMBUSTIONE
•
ESTENSIONE DEL FUOCO
•
INCENDIO GENERALIZZATO (FLASH OVER)
•
ESTINZIONE
4 fase
La durata della fase di ignizione dipende
dall’infiammabilità del combustibile, dalla possibilità di
propagazione della fiamma, dalla velocità di
decomposizione dei combustibili coinvolti dall'incendio,
dalla geometria e volume degli ambienti, dalla
possibilità di dissipazione del calore nei combustibili,
dalla ventilazione dell'ambiente, dalle caratteristiche
superficiali del combustibile, dalla distribuzione del
combustibile nell'ambiente, dai punti di contatto e
dall’altezza.
Nella seconda fase di propagazione si verifica una
riduzione di visibilità a causa dei prodotti di
combustione, la produzione di gas tossici e corrosivi, la
formazione e propagazione di sacche nelle quali gas
infiammabili si concentrano e possono raggiungere i
loro limiti di infiammabilità e di esplosione.
Si verifica, inoltre, l’aumento della velocità di
combustione, l’aumento rapido della temperatura in un
breve intervallo di tempo e l’aumento dell'energia di
irraggiamento.
I materiali vicini all’epicentro, anche se non toccati dal
fuoco, raggiungono il loro punto di accensione e
contribuiscono a dare maggior corpo al fenomeno
producendo gas infiammabili.
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Diapositiva 21
ANDAMENTO DI UN INCENDIO
3. INCENDIO GENERALIZZATO (FLASH OVER)
1 fase
2 fase
3 fase
4 fase
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Diapositiva 22
ANDAMENTO DI UN INCENDIO
4. ESTINZIONE
1 fase
2 fase
3 fase
4 fase
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Diapositiva 23
CLASSIFICAZIONE DEI FUOCHI
classe A
classe B
classe C
classe D
classe F
materiali solidi generalmente di natura organica
(formazione di braci)
liquidi o solidi liquefattibili
gas
metalli
mezzi di cottura (oli e grassi vegetali o animali)
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Diapositiva 24
CLASSIFICAZIONE DEI FUOCHI
classe A
Praticamente nella terza fase, incendio generalizzato o
flash over, la produzione di gas di distillazione è molto
elevata e determina l’aumento della temperatura,
l’aumento esponenziale della velocità di combustione,
un forte aumento di emissione dei gas che si
espandono sia in orizzontale che in verticale formando
zone di turbolenza visibili. I combustibili vicini al
focolaio si auto accendono, quelli più lontani si
riscaldano e raggiungono la loro temperatura di
combustione con produzione di gas di pirolisi
infiammabili e si formano onde di choc e lance di fuoco
rendendo l'incendio violento e incontrollato. È in questa
fase che si ha il rischio di cedimento delle strutture e
l’estensione dell’incendio ad altri ambienti e fabbricati.
Infine la quarta fase dove completata l'accensione di
tutti i materiali combustibili il fenomeno comincia a
rallentare e, in assenza di apporti esterni, inizia
l'estinzione e la temperatura ambiente decresce.
A titolo indicativo la temperatura che può essere
raggiunta nel corso dell'incendio è compresa tra i
700°C ed i 1.200 °C. per i materiali solidi.
Gli incendi vengono distinti in 5 classi secondo le
caratteristiche dei materiali combustibili, suddivise in A,
B, C, D ed F
Le originarie 4 classi sono diventate 5 con
l'aggiornamento della norma UNI EN 2:2005 che ha
introdotto la classe F. La norma non definisce una
classe per i fuochi con un rischio dovuto all'elettricità
riconducendola alle classi A e B.
Questa classificazione è utile in modo particolare nel
settore della lotta contro l'incendio mediante estintori
visto che non tutte le sostanze estinguenti possono
essere impiegate su tutti i tipi di incendio.
Sono classificati A i fuochi derivati da materiali solidi
come il legname, il carbone, la carta, i tessuti, i trucioli,
le pelli, la gomma e derivati.
La combustione genera braci e può presentarsi in 2
forme: combustione viva con fiamme e combustione
lenta senza fiamme, ma con formazione di brace
incandescente.
L'acqua, la schiuma e la polvere sono le sostanze
estinguenti più comunemente utilizzate.
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Diapositiva 25
CLASSIFICAZIONE DEI FUOCHI
I fuochi da liquidi come idrocarburi, benzine, alcoli,
solventi, oli minerali, grassi, eteri sono in classe B.
Gli estinguenti più comunemente utilizzati sono
schiuma, polvere e CO2.
classe B
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Diapositiva 26
CLASSIFICAZIONE DEI FUOCHI
classe C
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Diapositiva 27
CLASSIFICAZIONE DEI FUOCHI
classe D
La classe C è relativa ai fuochi da gas come il metano,
il G.P.L., l’idrogeno, l’acetilene, il butano, il propano.
L'intervento principale contro tali incendi è quello di
bloccare il flusso di gas chiudendo la valvola di
intercettazione o otturando la falla.
Esiste il rischio di esplosione se un incendio di gas
viene estinto prima di intercettare il gas.
Sono utilizzabili le polveri polivalenti.
I fuochi da metalli di alluminio, magnesio, sodio e
potassio sono di classe D.
Nessuno degli estinguenti normalmente utilizzati per gli
incendi di classe A e B è idoneo per incendi di metalli
che bruciano.
In tali incendi occorre utilizzare delle polveri speciali ed
operare con personale particolarmente addestrato.
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Diapositiva 28
CLASSIFICAZIONE DEI FUOCHI
I fuochi della classe F interessano mezzi di cottura,
l’olio da cucina e i grassi vegetali o animali.
L'utilizzo di estintori a polvere e di estintori a CO2
contro fuochi di classe F è considerato pericoloso.
classe F
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Diapositiva 29
EFFICACIA DEGLI ESTINTORI
In Università sono installati estintori prevalentemente a
polvere compatibili con la maggior parte dei fuochi
presenti nella nostra realtà.
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Diapositiva 30
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PREVENZIONE INCENDI
È la scienza che studia i provvedimenti atti a
prevenire, segnalare, ed estinguere un incendio o
ridurne la propagazione
I provvedimenti di prevenzione incendi possono
essere raggruppati in due classi principali:
• riduzione della probabilità che un incendio possa
insorgere
• contenimento dei danni prodotti da un incendio
Gli incendi, pertanto, rappresentano da sempre un
fattore di rischio per le attività umane e nel corso dei
tempi sono state predisposte metodologie per
prevenirli e strumenti per combatterli.
La prevenzione incendi è una materia interdisciplinare
che si pone come obiettivo primario quello di
salvaguardare gli utenti di un edificio e i soccorritori
che intervengono in caso di incendio, garantendo il
permanere delle condizioni necessarie per evitare
perdite di vite umane, e come obiettivo secondario
quello di conservare i beni materiali.
In tale settore l'organo preposto alla emanazione delle
norme ed al controllo dell'osservanza delle stesse è il
Ministero dell'Interno che, a tal fine si avvale dell'opera
del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
Il predetto controllo avviene secondo una procedura
autorizzativa ben definita che termina con il rilascio del
certificato di prevenzione incendi.
Occorre precisare che dopo il rilascio del certificato di
prevenzione incendi, il datore di lavoro è tenuto ad
osservare e a far osservare le limitazioni, i divieti e, in
genere, le condizioni di esercizio indicate nel certificato
stesso, nonché a curare il mantenimento dell'efficienza
dei sistemi, dei dispositivi e delle attrezzature
espressamente finalizzati alla prevenzione incendi.
Diapositiva 31
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NORMATIVA PREVENZIONE INCENDI
DM 26 agosto 1992
Norme di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica
La normativa di prevenzione incendi dell’Università è il
Decreto Ministeriale 26 agosto 1992 che prevede
l’obbligo di ottenimento del certificato di prevenzione
incendi per le scuole di ogni ordine e grado con oltre
100 persone presenti.
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Diapositiva 32
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PROTEZIONE PASSIVA
NON serve l’intervento di un operatore o
l’azionamento di un impianto






Isolamento
Distanze di sicurezza
Resistenza al fuoco
Reazione al fuoco
Ventilazione
Vie d’uscita
Diapositiva 33
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PROTEZIONE PASSIVA
Isolamento dell’edificio
Distanza di
sicurezza
esterna
Distanza di
protezione
Distanza di
sicurezza
interna
L'attuazione di tutte le misure per diminuire la
probabilità che possa insorgere l’incendio mediante la
riduzione della sola frequenza viene comunemente
chiamata "prevenzione", mentre l'attuazione di tutte le
misure tese a ridurre, qualora l’incendio si verifichi, i
danni che esso produce viene, invece, chiamata
"protezione".
La protezione incendi, pertanto, è la disciplina che si
occupa dei provvedimenti atti a contenere al minimo,
nello spazio e nel tempo, i danni prodotti da un
incendio in modo da limitarne le conseguenze.
Le misure di protezione incendi possono essere di due
tipi: i) protezione passiva e ii) protezione attiva.
Gli obiettivi della protezione passiva sono quelli di
garantire l’incolumità e limitare gli effetti nocivi dei
prodotti della combustione sui lavoratori, contenere i
danni alle strutture, agli impianti, alle materie prime, ai
prodotti finiti e altri beni aziendali.
Tali obiettivi si attuano richiedendo all’edificio
opportune prestazioni dimensionali e distributive e ai
materiali da costruzione precise caratteristiche
prestazionali.
Per distanza di sicurezza antincendio s’intende la
distanza orizzontale tra una zona con potenziale
rischio d’incendio ed un’altra zona.
Infatti tali distanze sono di notevole importanza per la
predisposizione di un’opportuna prevenzione incendi,
specialmente in aree ad elevato rischio d’incendio, in
quanto impediscono o riducono la possibilità che un
incendio, sviluppatosi in una zona di lavoro (struttura
edilizia, macchinario o impianto), si estenda in aree
confinanti ad essa.
In questo senso si può parlare di distanze di sicurezza
antincendio interne tra locali distinti ma appartenenti
alla medesima attività ed alla stessa struttura edilizia o
tra edifici distinti ma appartenenti alla medesima
attività; la distanza di sicurezza antincendio esterna è
quella tra edifici appartenenti ad un’attività e altri edifici
ove vengono svolte altre attività; infine la distanza di
sicurezza antincendio di protezione è quella tra edifici
appartenenti alla stessa attività e la recinzione, ove
prescritta o il confine dell’area.
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Diapositiva 34
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PROTEZIONE PASSIVA
Resistenza al fuoco
REI 60 – 90 – 120 - …
Diapositiva 35
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Servizio di prevenzione e protezione
PROTEZIONE PASSIVA
Compartimentazione
REI 60 – 90 – 120 - …
La resistenza al fuoco rappresenta il comportamento al
fuoco degli elementi portanti o separanti.
Gli elementi costruttivi vengono classificati da un
numero che esprime i minuti per i quali conservano le
caratteristiche di resistenza meccanica (R), tenuta ai
prodotti della combustione (E) e di isolamento termico
(I).
Con il simbolo "REI"
si identifica un elemento
costruttivo che deve conservare, per un tempo
determinato, la stabilità, la tenuta e l'isolamento
termico.
Con il simbolo "RE" si identifica un elemento costruttivo
che deve conservare, per un tempo determinato la
stabilità e la tenuta.
Più in dettaglio, la stabilità R è l'attitudine di un
elemento da costruzione a conservare la propria
resistenza meccanica sotto l'azione dell'incendio; la
tenuta E è la capacità di un elemento da costruzione di
non lasciar passare, nè tantomeno produrre fiamme,
vapori o gas caldi dal lato esposto a quello non
esposto; l'isolamento I è l'attitudine di un elemento
costruttivo a ridurre, entro determinati limiti, la
trasmissione del calore.
Da un punto di vista generale, quindi, il valore REI,
espresso in minuti, è determinato dal valore più basso
di uno dei tre parametri: R, E ed I.
Le classi previste sono sette: Classe 15, Classe 30,
Classe 45, Classe 60, Classe 90, Classe 120 e Classe
180.
La compartimentazione non è altro che la suddivisione
dell'edificio in aree delimitate da strutture con
resistenza al fuoco predeterminata al fine di controllare
e contenere la propagazione del fuoco in caso di
incendio.
Il contenimento della propagazione dell’incendio in
un’area circoscritta, fornisce alle persone presenti la
possibilità di raggiungere senza pericoli i luoghi sicuri
e/o le aree a cielo aperto.
Ad esempio, in edifici alti più di 24 m. si deve realizzare
una compartimentazione verticale con strutture (solai e
muri) che abbiano una resistenza al fuoco di almeno
120 minuti.
Nel caso di vani scala o ascensori, questi dovranno
essere opportunamente protetti e isolati rispetto agli
ambienti dei piani.
11
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Servizio di prevenzione e protezione
Diapositiva 36
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Servizio di prevenzione e protezione
PROTEZIONE PASSIVA
Porte o elementi di chiusura
REI 60 – 90 – 120
Diapositiva 37
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Servizio di prevenzione e protezione
PROTEZIONE PASSIVA
Protezione delle strutture
REI 60 – 90 – 120 - …
Per una completa ed efficace compartimentazione le
comunicazioni tra le pareti tagliafuoco devono essere
dotate di elementi di chiusura aventi le stesse
caratteristiche di resistenza al fuoco del muro.
Le porte REI hanno la caratteristica di essere costituite
da sostanze non infiammabili o, comunque, che
impediscono e ritardano la combustione e devono
essere obbligatoriamente installate ove possa esserci
un pericolo di incendio.
I materiali utilizzati per costruirle possono essere i più
disparati ma devono rispondere a determinati requisiti
imposti dalla legge ed essere omologate.
Le specifiche caratteristiche delle porte e dei portoni
vengono definite utilizzando la sigla REI.
Rammento che ogni struttura deve essere concepita e
costruita in modo che in caso di incendio la capacità
portante dell’edificio possa essere garantita per un
periodo di tempo determinato, la produzione e la
propagazione del fuoco e del fumo all’interno delle
opere o verso opere vicine sia limitata in modo da
consentire agli occupanti di lasciare il sito o essere
soccorsi.
Appare subito evidente come la resistenza al fuoco
delle strutture, intesa come capacità portante e di
compartimentazione, giochi un ruolo determinante per
il conseguimento della sicurezza al fuoco delle
costruzioni.
La protezione passiva al fuoco REI ha il fondamentale
compito, in caso di incendio generalizzato, di non far
crollare l’edificio prima che tutte le persone siano state
evacuate e che i vigili del fuoco abbiano tratto in salvo
le persone intrappolati al suo interno.
12
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Diapositiva 38
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PROTEZIONE PASSIVA
Reazione al fuoco dei materiali
0–1–2–3–4–5
Diapositiva 39
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PROTEZIONE PASSIVA
Vie di esodo
La reazione al fuoco dei prodotti è quella caratteristica
che permette loro di essere meno propensi ad essere
incendiati e, in alcuni casi, ad autoestinguersi quando
viene tolta la fiamma che li ha innescati.
La reazione al fuoco dei materiali, che non ha niente a
che fare con la resistenza al fuoco delle strutture può
essere valutata solo in laboratorio, riguarda i materiali
di rivestimento e arredo, gli articoli di arredamento,
tendaggi e tessuti in genere.
Per questo motivo, la classe di reazione al fuoco di un
qualsiasi prodotto si esprime attraverso il valore che si
attribuisce al prodotto stesso dopo la prova.
Ai materiali sono assegnate le classi 0, 1, 2, 3, 4, 5 con
l'aumentare della loro partecipazione alla combustione;
quelli di classe 0 non sono combustibili, le classi da 1 a
5 sono riferite ai materiali combustibili, essendo la
classe 1 la migliore e la classe 5 la peggiore.
Le vie di esodo sono essenziali per la sicurezza delle
persone in quanto indispensabili per la loro possibilità
di allontanarsi o di essere portate in salvo in caso di
incendio.
Gli ambienti in cui sono presenti le persone deve
essere provvisto di un sistema di vie di esodo con un
numero sufficientemente ampio di uscite. Queste
uscite, a loro volta, devono essere abbastanza larghe
da poter essere usate in modo rapido.
Quando si verifica un evento vi è la necessità di poter
contare su almeno due uscite che siano
sufficientemente contrapposte, in modo da lasciare alle
persone che si trovano in emergenza la possibilità di
voltare sempre le spalle al fuoco e di allontanarsi fino a
raggiungere un luogo sicuro.
Dove sono presenti più di una via di uscita, la
lunghezza del percorso per raggiungere la più vicina
uscita di piano non deve superare determinate
lunghezze previste dalla legge.
Le scale devono normalmente essere protette dagli
effetti di un incendio tramite strutture resistenti al fuoco
e da porte resistenti al fuoco munite di dispositivo di
auto chiusura.
Le vie di uscita e le uscite di piano devono essere
sempre disponibili per l’uso e tenute libere da
ostruzioni in ogni momento.
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Diapositiva 40
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PROTEZIONE PASSIVA
Porte delle uscite di sicurezza
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Diapositiva 41
PROTEZIONE ATTIVA
serve l’intervento di un operatore
o l’azionamento
di un impianto
 Estintori
 Rete idrica antincendio
 Impianti rivelazione
Impianti spegnimento
 Dispositivi segnalazione
e allarme
 Evacuatori di fumo
Per uscita di sicurezza il decreto intende un’apertura
atta a consentire il deflusso di persone verso un luogo
sicuro avente altezza non inferiore a 2,00 m. L’uscita,
quindi, è un vano porta che si affaccia su un luogo
sicuro statico, di solito all’aperto o dinamico, percorso
protetto.
Le porte delle uscite di sicurezza devono aprirsi nel
senso dell’esodo a semplice spinta e non devono
ostruire passaggi, corridoi e pianerottoli.
Le porte sulle scale devono aprirsi sul pianerottolo
senza ridurne la larghezza e non direttamente sulle
rampe.
Il dimensionamento delle vie d’uscita tiene conto del
massimo affollamento ipotizzabile e della capacità
d’esodo dell’edificio.
La protezione attiva si basa, invece, sulla possibilità di
intervenire
tempestivamente
al
manifestarsi
dell’incendio con la pronta rilevazione delle fiamme,
con la possibilità di un rapido spegnimento, di lanciare
l’allarme, di garantire il mantenimento delle condizioni
di sicurezza durante l’evacuazione e l’intervento dei
soccorsi, con la possibilità di limitare la propagazione
del fuoco. Tali strategie si attuano mediante l’utilizzo di
impianti specifici, quali rilevatori ottici di fumo, impianti
di gestione dell’allarme, impianti di spegnimento
automatici a pioggia, evacuatori di fumo automatici, ed
altro.
Per tutte le attività deve essere inoltre predisposto il
piano di Emergenza ed Evacuazione mediante il quale
vengono studiate e pianificate le operazione da
compiere in caso di emergenza, al fine di consentire un
esodo ordinato e sicuro a tutti gli occupanti di un
edificio.
Diapositiva 42
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Decreto Legislativo 81/08
PROTEZIONE ATTIVA
GESTIONE DELLE EMERGENZE
PIANO DI EMERGENZA
GIANCARLO BERGAMINI
ASPP Università di Modena e Reggio Emilia
([email protected])
Come specificato in precedenza, per la gestione delle
emergenze, gli aspetti operativi e pratici di intervento
che già tengono conto della protezione attiva, sono
contenuti nel Piano di emergenza e di evacuazione.
Per realizzare un buon Piano è utile conoscere alcuni
dati statistici relativi agli interventi dei Vigili del Fuoco.
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Diapositiva 43
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GLI INCENDI IN CIFRE (1)
LE STATISTICE
fonte VVF > http://www.vigilfuoco.it
Nel grafico è rappresentato l’andamento degli interventi
effettuati dai Vigili del Fuoco in ambito nazionale dal
2005 al 2011.
L’andamento si attesta su livelli che oscillano dai
218.858 interventi del 2005 ai 230.244 interventi del
2011, effettuati solamente per l’emergenza incendio.
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Diapositiva 44
GLI INCENDI IN CIFRE (2)
LE STATISTICE
fonte VVF > http://www.vigilfuoco.it
2011
Qui sono rappresentati gli interventi nazionali dell’anno
2011 divisi per tipo di intervento e per area territoriale:
Centro, Isole, Nord e Sud.
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Diapositiva 45
GLI INCENDI IN CIFRE (3)
LE STATISTICE
fonte VVF > http://www.vigilfuoco.it
2011
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Diapositiva 46
GLI INCENDI IN CIFRE (4)
LE STATISTICE
fonte VVF > http://www.vigilfuoco.it
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Diapositiva 47
GLI INCENDI IN CIFRE (5)
LE STATISTICE 2011
Qui sono rappresentati gli interventi regionali dell’anno
2011.
Gli interventi per incendi, riferiti alla Regione Emilia
Romagna, sono 13.520 ed é la categoria
maggiormente rappresentata.
Qui sono rappresentati gli interventi delle provincie
della Regione Emilia Romagna dell’anno 2011.
Gli interventi per incendi per la Provincia di Modena si
attestano a 2.372 e per la Provincia di Reggio Emilia a
1.200 interventi.
Si fa presente che la Provincia di Modena è più
densamente affollata rispetto a quella di Reggio Emilia.
Dalle statistiche risulta che l’impianto elettrico è
l’origine maggiore di incendi, con una incidenza del
31,83%, seguito dalle sigarette-fiammiferi con l’8,86%,
l’autocombustione con l’8,74% e a seguire le faville
prodotte da un fuoco (es. camino, barbecue, saldature,
ecc.), l’impianto di riscaldamento, il dolo, il
surriscaldamento di motori/macchine, il fulmine,
l’esplosione/scoppio e altre cause
15
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Diapositiva 48
GLI INCENDI IN CIFRE (6)
LE STATISTICE
fonte VVF > http://www.vigilfuoco.it
Il tempo medio di intervento, riferito agli anni 2009,
2010 e 2011, dei Vigili del Fuoco dalla chiamata di
allarme, riferito per area territoriale Centro, Isole, Nord
e Sud si posiziona fra gli 11 e i 15 minuti.
Fonte > http://www.vigilfuoco.it
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Diapositiva 49
NORMATIVA PREVENZIONE INCENDI 1)
Approfondimenti D.P.R. 151/2011
Nuovo Regolamento di semplificazione
di Prevenzioni Incendi
D.P.R. 151/2011
che semplifica la richiesta/rinnovo del CPI, suddivide le
attività in tre categorie: A - B – C e ne riduce di poco
il numero di attività soggette
Il motto dei VVF è:
MENO CARTE PIU’ SICUREZZA
Diapositiva 50
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CRITERI GENERALI SICUREZZA ANTINCENDIO E
GESTIONE EMERGENZA NEI LUOGHI DI LAVORO
Gestione emergenza in caso d’incendio
Il Datore di lavoro:
• adotta le necessarie misure
organizzative e gestionali
• designa uno o più lavoratori incaricati
delle misure di lotta antincendio
I Lavoratori devono frequentare un corso di formazione
D.M. 10 marzo 1998
Diapositiva 51
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Formazione - Addetto antincendio
(D.M. 10 MARZO 1998)
A seguito della Valutazione dei rischi di incendio, con
classificazione in categorie, il datore di lavoro fornisce ai
lavoratori un’adeguata formazione
Diapositiva 52
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Formazione - Addetto pronto soccorso
D. 15 luglio 2003, n. 388.
Sempre nell’ambito di pertinenza dei Vigili del Fuoco,
con il D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151, è stato emanato il
regolamento che
disciplina e
semplifica la
richiesta/rinnovo del CPI.
Il D.P.R. suddivide le attività in tre categorie: A - B – C.
Questa impostazione è fondata sul principio di
proporzionalità, in base al quale gli adempimenti
amministrativi vengono diversificati in relazione alla
dimensione, al settore in cui opera l'impresa e
all'effettiva esigenza di tutela degli interessi pubblici.
Altri punti basilari, oltre alla gestione dell’emergenza,
sono:
 adozione delle necessarie misure organizzative e
gestionali da attuare in caso di incendio (Allegato
VIII);
 designazione di uno o più lavoratori incaricati delle
misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e
gestione delle emergenze;
 predisposizione di un corso di formazione, come
previsto dall’allegato IX, per i lavoratori designati.
La formazione che il datore di lavoro deve fornire ai
lavoratori designati é così suddivisa:
 rischio incendio elevato: corso di 16 ore con rilascio
attestato idoneità tecnica;
 rischio incendio medio: corso di 8 ore (rilascio
attestato idoneità tecnica se > 300 unità presenti
all’interno dell’attività);
 rischio incendio basso: corso di 4 ore.
Anche per la gestione del primo soccorso un apposito
Decreto prevede che vengano formati addetti al pronto
soccorso attraverso corsi svolti da personale medico,
in collaborazione con il Servizio Sanitario Nazionale.
Le Università appartengono alle aziende di gruppo B.
La durata del corso di formazione per questo gruppo
ammonta a 12 ore totali comprensive di prova pratica.
16
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Diapositiva 53
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AGGIORNAMENTO
ANTINCENDIO e PRIMO SOCCORSO
Per gli Addetti antincendio il D.Lgs. 81 /2008 prevede
l’obbligatorietà dei corsi di aggiornamento. La Circolare
del 23/02/2011 del Ministero dell’Interno – fornisce
indicazioni in materia.
Per gli Addetti al primo soccorso il D. 15 luglio 2003, n.
388,
prevede
l’obbligatorietà
dei
corsi
di
aggiornamento ripetuti con cadenza triennale almeno
per la capacità di intervento pratico.
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Diapositiva 54
PIANO DI EMERGENZA (1)
Cos’è
Realizzata la progettazione antincendio e formati gli
Addetti si costruisce il Piano di emergenza e di
evacuazione. La sua funzione è quella di pianificare
tutte le operazioni da compiere in caso di emergenza
compresa l’evacuazione ordinata dell’edificio sede
dell’attività.
D.M. 10 marzo 1998
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Servizio di prevenzione e protezione
Diapositiva 55
PIANO DI EMERGENZA (2)
Pianifica le azioni
Gestione evento
Emergenza domata
Il piano di emergenza pianifica le azioni necessarie per
proteggere nel modo migliore le persone, i beni e le
strutture. La gestione dell’evento e dell’eventuale
esodo richiede la presenza di personale addestrato ad
affrontare l’emergenza fin dal primo insorgere per
contenerne gli effetti e riportare rapidamente la
situazione in condizioni di normale esercizio.
D.M. 10 marzo 1998
Diapositiva 56
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Servizio di prevenzione e protezione
PIANO DI EMERGENZA (3)
Contenuti del piano
-Azioni
-Procedure
-Disposizioni
-Specifiche misure
-Designazione
D.M. 10 marzo 1998
I contenuti del piano di emergenza sono:
 le azioni da mettere in atto in caso di incendio;
 le procedure per l’evacuazione del luogo di lavoro;
 le disposizioni per chiedere l’intervento dei VVF;
 le specifiche misure per assistere le persone
diversamente abili;
 la designazione di un adeguato numero di persone
incaricate a gestire le procedure previste nel Piano.
Diapositiva 57
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Servizio di prevenzione e protezione
PIANO DI EMERGENZA (4)
Caratteristiche del piano
Il piano di emergenza non è universale, è unico e fatto
su misura per il luogo di lavoro cui si riferisce, è un
documento di pianificazione , assegnazione compiti,
operatività pertanto deve essere breve e di facile
lettura.
D.M. 10 marzo 1998
17
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Servizio di prevenzione e protezione
Diapositiva 58
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PIANO DI EMERGENZA (5)
Gestione del piano di emergenza
L'emergenza deve essere gestita dal Datore di Lavoro
(Responsabile dell’emergenza) o da un suo delegato
D.M. 10 marzo 1998
Diapositiva 59
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PIANO DI EMERGENZA (7)
La Squadra di Emergenza
-intervenire
-seguire le procedure
-soccorsi esterni
-uso attrezzature di soccorso,
-corsi di formazione e aggiornamenti
-esercitazioni periodiche
D.M. 10 marzo 1998
Diapositiva 60
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Servizio di prevenzione e protezione
RISCHI DI INCENDIO E ESPLOSIONE
L'emergenza deve essere gestita dal Datore di Lavoro
(Responsabile dell’emergenza) o da un suo delegato
autorizzato a:
 dare il segnale di evacuazione;
 attivare la squadra di emergenza;
 coordinare lo sfollamento di tutti i lavoratori in caso
di pericolo grave ed immediato;
 organizzare i necessari rapporti con i servizi pubblici
d'emergenza;
 fornire le informazioni di carattere generale.
La Squadra di Emergenza deve:
 intervenire in caso di emergenza;
 seguire le procedure del piano di emergenza;
 gestire i rapporti e coadiuvare i soccorsi esterni;
 utilizzare le attrezzature di soccorso, solo in
sicurezza;
 seguire i corsi di formazione ed i loro
aggiornamenti;
 effettuare esercitazioni periodiche.
Una attrezzatura a disposizione delle Squadre di
emergenza é l'estintore.
L’estintore è un'apparecchiatura mobile destinata allo
spegnimento di fuochi mediante emissione autonoma
di prodotti idonei.
Un estintore è in genere costituito dai seguenti
componenti:
 un serbatoio, per contenere l'agente estinguente, il
propellente o ambedue;
 una valvola, per intercettare e/o regolare il flusso
dell'agente estinguente;
 una manichetta, ossia un tubo flessibile che
consente il facile indirizzamento dell'agente
estinguente nelle direzioni opportune (questa può
mancare negli estintori di piccola taglia, fino a 3 kg);
 un agente estinguente che, spruzzato o sparso o
comunque posto a contatto del fuoco, interagisce
con questo spegnendolo o limitandolo;
 un propellente, gas per l'espulsione dell'agente
estinguente.
In Università sono presenti Estintori prevalentemente a
polvere e, in prossimità di attrezzature elettriche
specifiche, estintori ad anidride carbonica.
18
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Diapositiva 61
RISCHI DI INCENDIO E ESPLOSIONE
Estintore polvere
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Diapositiva 62
RISCHI DI INCENDIO E ESPLOSIONE
Estintore CO2
(anidride carbonica)
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Diapositiva 63
Modalità d'uso degli estintori (1)
Ricordare che un estintore
a polvere di 6 Kg. pesa sui
12 Kg. in totale
L’estintore a polvere chimiche, è probabilmente
l'agente estinguente più usato. Ha caratteristiche
particolari, in quanto si modificano chimicamente per
azione del calore e liberano gas inerti, dando un
residuo incombustibile o addirittura attivo.
L’estintore ad anidride carbonica, è utilizzato
prevalentemente su apparecchiature elettriche in
tensione, emana anidride carbonica liquida subito
trasformata dal contatto con l'atmosfera in neve
carbonica che abbassa la temperatura (-78 °C) con
sottrazione di ossigeno. Richiedono attenzione durante
l'uso per il pericolo asfissia causa deficienza di
ossigeno e possibilità di ustionarsi per shock termico.
Gli estintori devono essere utilizzati nel seguente
modo:
La prima azione è quella di individuare la collocazione
dell’estintore, a seguire occorre prelevare l’estintore,
portarsi in prossimità del principio d’incendio, togliere la
spina di sicurezza.
Ricordare che un estintore con 6 Kg. di polvere pesa
complessivamente 12 Kg. ed è in grado di erogare
l’estinguente per circa 10 secondi.
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Diapositiva 64
Modalità d'uso degli estintori (2)
Diapositiva 65
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SPRINKLER
- impianti di spegnimento di incendi automatici fissi -
impugnare la lancia, premere a fondo la leva di
comando dirigendo il getto alla base delle fiamme,
usando l’estintore a intermittenza.
Insistere fino allo spegnimento delle fiamme.
In caso di successo, presidiare la zona in attesa dei
soccorsi.
Un altro strumento di protezione attiva è lo sprinkler
(letteralmente "spruzzatore" in inglese) che è un
sistema automatico di estinzione a pioggia, ha lo scopo
di rilevare la presenza di un incendio e di estinguerlo
nello stadio iniziale.
In caso d'incendio, il calore sviluppato provoca
l'apertura degli erogatori che si trovano direttamente
sopra l'area interessata con conseguente fuoriuscita di
acqua.
19
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Diapositiva 66
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IDRANTI
- impianti di spegnimento di incendi semifissi manichetta
IDRANTE
lancia
Diapositiva 67
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NASPI
- impianti di spegnimento di incendi semifissi -
Tubo gommato
Avvolgi tubo
Valvola erogazione acqua
Lancia
Diapositiva 68
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IMPIANTI DI RILEVAZIONE FUMO
- Attivazione automatica dell’allarme -
Diapositiva 69
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IMPIANTI DI ALLARME INCENDIO
- Attivazione manuale dell’allarme -
TARGHE
OTTICO ACUSTICHE
Ecco l’idrante, collocato in punti strategici delle
strutture, quale supporto all’intervento dei Vigili del
Fuoco. Pertanto l’utilizzo del sistema idrantemanichetta-lancia è normalmente riservato a personale
esperto previa certezza di aver tolto ogni forma di
corrente elettrica.
Le manichette antincendio sono in spezzoni della
lunghezza di 20 m. dotate alle estremità di un raccordo
filettato maschio e di un raccordo filettato femmina per
il collegamento alla presa dell'idrante o alla lancia di
erogazione.
Simile all’idrante è il naspo che è costituito da una
bobina mobile su cui è avvolta una tubazione
semirigida collegata ad una estremità con una rete di
alimentazione idrica in pressione e terminante all’altra
estremità con una lancia erogatrice munita di valvola
regolatrice e di chiusura del getto.
Il naspo antincendio ha una minore erogazione
d'acqua ed una pressione più bassa rispetto all’idrante.
Per segnalare tempestivamente l’insorgere di un
incendio è necessario dotare la struttura di appositi
impianti formati da rilevatori, centraline e diffusori di
allarme ottici acustici.
I sensori, attivi 24 ore su 24, rilevano la presenza di
fumo e fiamme, segnalano lo stato di allarme alla
centrale di controllo per l’esclusione di falsi allarmi,
riconosciuta vera la segnalazione attiva gli apparecchi
acustici e visivi (campane, targhe ottico - acustiche)
sinonimo dell’ordine di evacuazione dell’edificio.
Ad integrazione dell’impianto automatico di rilevazione
incendi sono presenti dei pulsanti di allarme da gestire
manualmente da parte da parte del personale che
riscontra una situazione anomala di elevate proporzioni
e che richiede un immediato avviso a tutte le persone
della struttura.
Sono ubicati di norma nei corridoi e vicino alle uscite
degli edifici e sono collegati alle targhe ottico acustiche
dell’impianto automatico di rilevazione incendi. Una
volta innescati attivano gli apparecchi acustici e visivi
sinonimo dell’ordine di evacuazione dell’edificio.
20
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Diapositiva 70
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IMPIANTI DI ALLARME INCENDIO
- Impianto microfonico -
POSTAZIONE MICROFONICA
Fra gli impianti di allarme incendio possono essere
presenti anche quelli governati da una postazione
microfonica che con altoparlanti, distribuiti in punti
strategici di un edificio, diffondono messaggi per
gestire le emergenze ed eventualmente impartire
l’ordine di evacuazione.
ALTOPARLANTI
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Diapositiva 71
PIANO DI EMERGENZA
Università di Modena e Reggio Emilia
Dipartimento di Economia “Marco Biagi”
- PIANO DI EMERGENZA E DI EVACUAZIONE -
Edificio sito in Modena, Via Berengario, 51.
Rev. 1 - Gennaio 2008
Con la scorta di tutte le informazioni fin qui fornite
esaminiamo nel dettaglio la base dei Piani di
emergenza degli edifici di Unimore disponibili nel sito
web www.spp.unimore.it .
http://www.spp.unimore.it
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Diapositiva 72
GESTIONE DELLE EMERGENZE (6)
PIANO DI EMERGENZA
PREMESSA GENERALE
Ogni utente è tenuto,………., a vigilare
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GESTIONE DELLE EMERGENZE (7)
Diapositiva 73
PIANO DI EMERGENZA
COORDINATORE DELL’EMERGENZA
ADDETTO ANTINCENDIO
ADDETTO AL PRONTO SOCCORSO
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GESTIONE DELLE EMERGENZE (8)
Diapositiva 74
PIANO DI EMERGENZA
PERSONALE DI APPOGGIO
(incaricato, in caso di emergenza, ad occuparsi delle persone
diversamente abili eventualmente presenti sul luogo di lavoro)
Il documento è preceduto dalla premessa generale
dove è specificato che ogni utente è tenuto, durante
l’attività lavorativa quotidiana, oltre all’adozione delle
cautele relative alla sicurezza ed igiene del lavoro, a
vigilare per cogliere ogni segnale di un eventuale
insorgere di emergenza ed a collaborare attivamente al
fine di contenere i danni che potrebbero derivarne.
Seguono i ruoli, identificati con nome e cognome, con
funzioni attive quali: i Coordinatori dell’emergenza, gli
Addetti antincendio, gli Addetti al primo soccorso e il
Personale di appoggio.
I Coordinatori, figure apicali della struttura, gestiscono
in prima persona l’emergenza e si avvalgono degli
Addetti antincendio che dovranno collaborare e
contribuire a domare la situazione di emergenza e
degli Addetti al primo soccorso che intervengono in
caso di emergenza sanitaria.
I Coordinatori, ove occorre, si avvalgono anche di
Personale di appoggio incaricato ad occuparsi delle
persone diversamente abili eventualmente presenti sul
luogo di lavoro.
Il Direttore di Dipartimento, Centro, ecc. individua un
congruo numero di persone a cui assegnare la tutela
della incolumità fisica di persone disabili, o
particolarmente vulnerabili e ne formalizza l’atto di
nomina.
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GESTIONE DELLE EMERGENZE (9)
Diapositiva 75
PIANO DI EMERGENZA
CENTRO RACCOLTA DOCUMENTAZIONE PER LE EMERGENZE
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GESTIONE DELLE EMERGENZE (10a)
Diapositiva 76
PIANO DI EMERGENZA
SEGNALAZIONE DELL’EMERGENZA
Nel Piano di Emergenza deve essere indicata
la procedura di segnalazione dell’emergenza
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Diapositiva 77
GESTIONE DELLE EMERGENZE (14)
PIANO DI EMERGENZA
allertare:
i Vigili del Fuoco
eventualmente il Pronto Soccorso
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GESTIONE DELLE EMERGENZE (11)
Diapositiva 78
PIANO DI EMERGENZA
PUNTO DI RITROVO (O DI RACCOLTA)
ESEMPIO:
nell’area adiacente all’entrata principale, posta nella parte
attigua al parcheggio auto.
Viene individuato un locale identificato come Centro
raccolta documentazione per le emergenze, dotato di
telefono, dove sono disponibili i DPI necessari per
recarsi sul luogo in emergenza.
A titolo di esempio i DPI presenti sono: occhiali di
sicurezza, elmetto con visiera, megafono per la
diffusione delle comunicazioni, cutter, guanti, torcia,
coperte antifiamma e tutto il carteggio tecnico relativo
alla dislocazione degli impianti tecnologici, di
sicurezza.
Nel Piano è indicata la procedura specifica, per quella
struttura, di segnalazione dell’emergenza.
Il dettaglio prevede come devono comportarsi le
diverse professionalità presenti nell’edificio sia in orario
di servizio che fuori orario, nonché le modalità di
allertamento degli enti di soccorso e l’appuntamento
nel punto di raccolta/ritrovo.
Il personale tramite un telefono di servizio, o mediante
il primo apparecchio telefonico reperibile nelle
vicinanze, dovrà allertare i Vigili del Fuoco (tel.115) e
prepararsi a dire:
 nome e numero di telefono e da dove si chiama;
 indirizzo: Università di MO-RE, Dipartimento
………., via ……., città ….., cosa sta succedendo,
eventuali persone da soccorrere;
per il Pronto Soccorso (tel. 118) oltre a quanto
indicato sopra, occorre comunicare gli eventuali
sintomi delle persone da soccorrere.
Il Punto di ritrovo (o di raccolta) è il luogo sicuro
esterno all’edificio, individuato ed evidenziato nelle
planimetrie generali dell’area, nel quale, in caso di
evacuazione, si riuniscono tutti gli utenti della struttura
e rimangono a disposizione del Coordinatore
dell’emergenza e degli enti di soccorso.
Per evitare di improvvisare in caso di emergenza reale,
anche in presenza di un Piano di emergenza
formalizzato, è indispensabile effettuare prove di
evacuazione programmate durante l’anno solare.
Il Regolamento in materia di salute e sicurezza di
Unimore, pone a carico dei Responsabili di Struttura
l’obbligo di effettuare almeno 2 prove di evacuazione
all’anno conformemente al Decreto 26 agosto 1992.
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Diapositiva 79
GESTIONE DELLE EMERGENZE (16)
PIANO DI EMERGENZA
ALTRI TIPI DI EMERGENZE
EMERGENZA CHIMICA
SVERSAMENTO
EMERGENZA IDRICA
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Diapositiva 80
GESTIONE DELLE EMERGENZE (17)
PIANO DI EMERGENZA
ALTRI TIPI DI EMERGENZE
http://www.unimore.it/_campagne/doc/regoleTerremoto.pdf
EMERGENZA TERREMOTO
ALTRI TIPI DI EMERGENZE, che devono essere
gestite, sono ad esempio l’emergenza idrica, una
tubazione di acqua che si rompe, o uno sversamento di
sostanze chimiche. Nel caso in cui siano avvenuti fatti
anomali, immediatamente risolti al loro manifestarsi
con l'intervento di chi era sul posto, l’emergenza
accaduta deve essere successivamente comunicata
per mail al Servizio di prevenzione e protezione
([email protected]).
La relazione deve contenere:
 nome e cognome propri e della persona/e che è
intervenuta operativamente per risolvere il caso in
questione;
 unità di appartenenza e locale in cui si è verificato
l'evento;
 natura dell'evento che ha determinato l'emergenza;
 eventuali mezzi usati (estintori, naspo, manichette,
ecc.)
In caso di terremoto non viene dato il segnale di
allarme in quanto tutti sono in grado di rendersi conto
dell'evento e l'allarme giungerebbe intempestivo.
Tutte le persone presenti nell'area:
 interrompono l'attività in corso;
 tutti, ovunque, spengono le sigarette;
 tutti si allontanano dalle finestre, dalle vetrate, dagli
scaffali e in genere da oggetti che potrebbero
cadere;
 tutti cercano di portarsi in prossimità di strutture di
cemento armato (pilastri, travi) o di ripararsi sotto
banchi, tavoli, scrivanie ecc.;
 nessuno usa ascensori; si portano, al termine del
fenomeno, nel punto di raccolta esterno seguendo i
percorsi delle vie di uscita di emergenza
(camminando con cautela, saggiando il terreno
prima di posare il piede).
Terminato il fenomeno ed in relazione all’entità dello
stesso, i Responsabili di struttura, qualora presenti e
nell’ordine sopradescritto (elenco Coordinatori), il
docente o il funzionario strutturato di qualifica più
elevata valuta se sia il caso di interrompere l’attività in
attesa di sopralluogo da eseguirsi ad opera di
Organismi competenti che verifichino la agibilità
dell’edificio, oppure accertata la condizione di
sicurezza riprende le normali attività.
Al link www.unimore.it nella pagina web principale di
Ateneo è disponibile il vademecum “Norme in caso di
terremoto”
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Diapositiva 81
GESTIONE DELLE EMERGENZE (18)
PIANO DI EMERGENZA
ALTRI TIPI DI EMERGENZE
112
113
EMERGENZA ATTENTATO
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Diapositiva 82
RICORDARE
AMBIENTI DI LAVORO (e non solo)
Ogni volta che si frequenta una nuova struttura occorre rendersi
conto delle attività che vi vengono svolte e le regole vigenti ……
Nel caso di una comunicazione di ATTENTATO il
Responsabile di struttura, qualora presente e
nell’ordine descritto nel Piano di Emergenza, il docente
o il funzionario strutturato di qualifica più elevata
(elenco Coordinatori):
 decide, in base all'urgenza richiesta dalla gravità
della
situazione,
se
procedere
o
meno
all’evacuazione dell’area;
 qualora ritenga necessario ordinare l’evacuazione vi
provvede attivando il pulsante di allarme e mediante
megafono invita le persone a portare con loro le
proprie borse ed eventuali pacchi di proprietà, a non
toccare pacchi o borse non loro ed a segnalare
eventuali colli sospetti;
 si mette in contatto con le autorità di Pubblica
Sicurezza (112 Carabinieri, 113 Polizia)
RICORDARE che negli AMBIENTI DI LAVORO (e non
solo), ogni volta che si frequenta una nuova struttura,
occorre rendersi conto delle attività che vi vengono
svolte e delle regole vigenti.
Prima di tutto occorre fare una ricognizione degli spazi,
delle vie di circolazione, delle uscite, ecc.; occorre
individuare la segnaletica di sicurezza installata,
codificarla e rispettarla.
È importante sapere che le segnalazioni di
avvertimento e di sicurezza non sono e non devono
essere ritenute il fulcro delle misure di prevenzione ma
hanno la specifica funzione di completare le misure di
prevenzione e protezione in vigore in quella
determinata struttura.
Diapositiva 83
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GRAZIE PER L’ATTENZIONE
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Lucio Prandini
Giancarlo Bergamini
Leonarda Troiano
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