SCUOLA SUPERIORE SUI DIRITTI UMANI COORDINAMENTO COMASCO PER LA PACE ETICA DEI DIRITTI UMANI – Claudia Corsolini 1 Premessa: 1. L’incontro con tutti i gruppi di studenti è stato preceduto da una definizione della cornice entro cui sarebbe stato collocato: • Abbiamo definito l’etica come lo studio dei comportamenti umani in base a quanto si ritiene giusto o ingiusto, separandola dalla morale in quanto studio di quanto si fa in nome di quel che si ritiene bene o male, e in quanto nel secondo caso rileva anche l'analisi delle intenzioni. La definizione è largamente imprecisa ma è stata scelta per dare un confine preciso al contenuto dell’incontro • Abbiamo poi deciso di indirizzare l’incontro solo su alcuni argomenti centrali in cui etica e diritti umani si intersecano, volutamente lasciando fuori alcuni temi altrettanto centrali: □ È giusto considerare universali i diritti umani? Noi abbiamo dato per acquisito che lo fosse, pur sapendo che l’universalità di questo sistema è posta in discussione per motivi storici e culturali (sono nati da una rivoluzione borghese, per reazione all'invasione della collettività sulla sfera intima del soggetto) soprattutto da parte di alcuni autori asiatici ed africani. Per approfondimenti si suggerisce: 1. Amartya Sen, La democrazia degli altri. Mondadori, 2004 (e qualsiasi altro testo di Amartya Sen non strettamente economico) 2. Raymundo Panikkar, E’universale il concetto dei diritti umani? In volontari e terzo mondo n.4-1990 Focsiv Roma □ Quale fondamento diamo ai diritti umani come teoria universale? Secondo alcuni è di tipo religioso (siamo tutti fratelli) secondo altri di diritto naturale (tutti gli esseri umani hanno le stesse necessità di base e ignorarle significa negare l'umanità; siamo tutti uguali perché dotati di ragione e questo ci colloca su un piano diverso dagli animali). Altri negano che possa esistere un fondamento se non esclusivamente nel diritto positivo (le leggi stabiliscono che sia così). Noi abbiamo volutamente dribblato questo argomento. Per approfondimenti si suggerisce: 1. Nino Carlos Santiago, Introduzione all'analisi del diritto, cap. 1°, Giappichelli Editore, Torino, 1996; 2. Fassò Guido, La legge della ragione (seconda parte), Il Mulino, Bologna, 1964; 3. Bobbio Norberto, Giusnaturalismo e positivismo giuridico, Edizioni di Comunità, Milano, 1965 □ Perché dare agli esseri umani questo status privilegiato? Critiche recenti anche di stampo animalista pongono in discussione lo stesso fondamento della dignità umana; problematiche della bioetica ci mettono in crisi per quanto riguarda la definizione di chi sia l'essere umano. Per quanto possibile per i limiti di tempo, la dimensione etica dei diritti umani è stata esaminata sotto due profili: - quale pensiero etico è sotteso alla teoria dei diritti umani - quali conseguenze pratiche ne derivano per il comportamento umano quotidiano 2. la struttura dell’incontro prevedeva una partecipazione diretta dei ragazzi. Le note che seguono contengono pertanto i risultati dei lavori svolti dai partecipanti sulla base di alcune sollecitazioni comuni. 1 per la stesura della bibliografia ha collaborato Mauro Borin 1. DOVE VEDIAMO UN’INGIUSTIZIA? Volendo individuare i punti di riferimento che ognuno di noi utilizza per definire “giusto” un comportamento, siamo partiti da esperienze dirette o indirette che i ragazzi hanno vissuto come “ingiuste”. Le risposte dei ragazzi sono state piuttosto varie; ho catalogato le risposte (cfr. tabella 1) 2 secondo quelli che a me sono apparsi i tre paradigmi fondamentali, che si sono presentati in tutti i gruppi: 1. uso della forza da parte di una persona / un gruppo in posizione dominante su altri esseri umani (relazione violenta tra esseri umani) 2. trattamento uguale senza tenere conto di fattori di diversità; differenza di trattamento non giustificata (disuguaglianza) 3. esclusione / discriminazione (umiliazione della dignità) In un solo caso è emersa come forma di ingiustizia l’abbandono degli animali: abbiamo scelto di accantonare il tema come deciso nella premessa. Note sulle risposte: • mediamente i più giovani hanno presentato esempi molto lontani (la guerra, l’infibulazione, la fame nel mondo) mentre gli adulti hanno proposto esempi più vicini: il lavoro sfruttato e malpagato, l’assistenza sanitaria umiliante per le persone più deboli… • praticamente in tutti i gruppi è emerso un vissuto personale di ingiustizia relativamente all’accesso al diritto all’informazione. Tutti cioè si sentono vittima di manipolazioni da parte dei media, e di conseguenza sentono fortemente minacciata la loro capacità di scegliere veramente in modo consapevole • in alcuni casi è stato difficile uscire da condizionamenti di tipo morale. Un esempio è la presenza della televisione in tutte le baracche delle favelas in America Latina: che cosa riteniamo veramente “ingiusto”? In prima battuta, infatti, emergeva il giudizio morale negativo rispetto alle scelte di consumo operate dal genitore che preferisce investire nella televisione piuttosto che in beni primari per i figli. Ipotizzando che (come spesso accade) la televisione in sé sia arrivata tramite un circuito illegale, e altrettanto illegale sia l’allacciamento alla corrente elettrica per cui i costi della “operazione televisione” in realtà sono nulli, cosa rimane di “ingiusto” in questo esempio? Le osservazioni si sono spostate dal terreno “morale” a quello “etico” esprimendo un carattere profondamente diverso (negazione di bisogni essenziali che comprime anche la libertà di scelta. E inoltre: forse la presenza del televisore dove mancano altri beni primari ci dice che sognare qualcosa di diverso dal proprio quotidiano è un bisogno fondamentale per gli esseri umani?) • lavoro minorile: è sempre una forma di ingiustizia o solo in alcune condizioni? Sul tema esistono anche nel mondo della solidarietà internazionale due posizioni divergenti, che producono comportamenti completamente diversi (proibizione totale vs. eliminazione delle forme peggiori di sfruttamento). Nel costruire queste due posizioni influiscono considerazioni di realtà specifiche dell’infanzia (dove proibisco ogni forma di lavoro minorile, non eliminando la situazione di povertà, condanno i bambini a lavorare comunque ma al di fuori di ogni protezione della legge) e problemi etici che riguardano qualsiasi categoria “debole” (dove finisce la giusta protezione dallo sfruttamento e comincia l’esercizio di una piena libertà?). Per approfondimenti si suggerisce di consultare i siti di Manitese (www.manitese.it) e Italianats (www.italianats.org) 2 la catalogazione è del tutto arbitraria e alcuni esempi si prestano a ricadere in tutte e tre le categorie, per cui compaiono in una o l’altra a seconda della sfumatura con cui sono stati presentati dal protagonista. • Vedremo poi che la dignità umana, secondo la teoria dei diritti umani, prescinde dal merito individuale e riguarda tutti. Davvero molti esempi hanno peraltro messo in luce una percezione di ingiustizia molto più marcata quando le vittime “non se lo meritavano” – il che potrebbe aprire la porta al considerare che invece in alcuni casi sia legittimo violare i diritti umani perché la vittima “se lo è meritato” (molte sottolineature sull’ingiustizia della guerra quando colpisce civili, molte citazioni per il caso della lapidazione di donne in situazione di gravidanza fuori dal matrimonio) Alcune osservazioni riassuntive: • Etica si occupa del “dover essere” non dell’essere: la forza di un’idea etica non deriva da quanto forte è la sua attuazione pratica. Gli esempi di quello che abbiamo chiamato “ingiustizia” possono essere molteplici ed evidenti, senza intaccare la visione etica in base alla quale li definiamo “ingiusti” • Comunque la giustizia non può essere vista in modo statico o rigido, avulsa dalla realtà storica. Scegliere i diritti umani significa però adottare alcuni criteri di fondo che si ritengono comunque validi: insieme abbiamo dichiarato che è ingiusto prevaricare abusando della propria forza, è ingiusto violare la dignità umana e l’uguaglianza tra tutti gli esseri umani • Guai a pensare che queste “conquiste” possano resistere senza un impegno concreto a renderle concrete con ogni gesto quotidiano. Questo è stato particolarmente sottolineato dal gruppo di Como (2005) con particolare riferimento all’affievolirsi della coscienza sociale rispetto alle mancanze di rispetto riservate a cittadini stranieri Sulla base dei risultati della nostra indagine sull’ingiustizia, abbiamo successivamente cercato di porre alcuni punti fissi riguardo, almeno, a due parametri fondanti l’etica dei diritti umani: la dignità umana e l’uguaglianza. Tabella 1 uso della forza da parte di una persona / un gruppo in posizione dominante (relazione violenta tra esseri umani) trattamento uguale senza tenere conto di fattori di diversità; differenza di trattamento non giustificata (disuguaglianza) esclusione / discriminazione (umiliazione della dignità) Abbandono materiale / abusi su una persona che non può difendersi da sola – non può ancora difendersi – non può più difendersi Violenze da parte dei genitori, maltrattamenti familiari Abusi compiuti da persone che in virtù della loro posizione vivono una situazione di impunità Pregiudizi verso le nuove generazioni pregiudizi in generale sia su persone che su situazioni Agevolazioni non giustificate per alcune categorie di persone (per es. politici). Libertà garantite solo per alcuni Mancato accesso all’acqua potabile e a farmaci essenziali per tutti Superficialità da parte delle autorità Guerra, soprattutto perché le conseguenze ricadono sui civili Lavoro non pagato o pagato poco approfittando di circostanze che diminuiscono la possibilità di negoziare Sfruttamento umano in generale Privazione della libertà di pensiero, espressione, culto. Imporre un modo di pensare (es. specifico bandiera della pace vietata dalla scuola) Abusi verso i popoli indigeni Posizione dei clandestini, definizione dei requisiti per la “cittadinanza” Squilibrio nord – sud del mondo nell’accesso alle risorse. “Sfiga” di nascere nel posto sbagliato. Libertà senza responsabilità, cioè libertà senza considerare le conseguenze sugli altri Maltrattamenti sui prigionieri Applicazione di una regola egualitaria in modo tale da premiare chi non se lo è meritato Pena di morte – soprattutto come dimostrazione del fatto che qualcuno si sottrae all’uguaglianza e si ritiene superiore. In particolare lapidazione delle donne prevista da alcuni paesi islamici Processi che non garantiscono imparzialità Spreco che facciamo qui, rispetto alla fame nel mondo e alla povertà Indifferenza in generale, in particolare verso le guerre dei paesi che non “interessano”. Indifferenza “pubblica” che incide sull’organizzazione sociale Infibulazione Schiavitù Negazione dei diritti dell’infanzia Attentati - uso della violenza per intimidire Presunzione culturale (singola, collettiva) Violenza quotidiana Tortura Sistema di lavoro che distrugge l’individualità Sfruttamento del lavoro minorile Scherno rivolto a persone “deboli”, forme verbali e gestuali di umiliazione Stereotipi culturali, in particolare chiusura verso religioni diverse dalla propria Rifiuto verso le persone italiane di origine meridionale Razzismo in generale Discriminazioni di ogni genere Barriere architettoniche Emarginazione degli anziani Manipolazione dell’informazione che arriva al cittadino. Ingiusta in sé e anche perché impedisce di sviluppare idee, si nega la libertà di scelta Non rispetto dell’altro diverso da sè Trattamento sanitario per i malati terminali, anziani, disabili Situazione delle donne in molti paesi 2. LA DIGNITÀ UMANA NEI DIRITTI UMANI Il fondamento etico di tutta la teoria dei diritti umani è la necessità di tutelare la dignità umana sempre e ovunque - a prescindere dal sistema giuridico considerato. Si identificano infatti come “diritti umani” le risposte a quei bisogni umani essenziali il cui soddisfacimento è decisivo per rispettare la dignità umana, perché laddove non esiste soddisfacimento, allora l’essere umano è trattato come “una cosa”. La "dignità umana" è una caratteristica che riconosciamo all'essere umano rispetto a qualsiasi altro essere presente sul nostro pianeta. La teoria dei diritti umani è basata sull’idea che esiste in ogni essere umano qualcosa di speciale che va tutelato. Questo valore innato è presente in tutti in ugual misura: la dignità umana risiede in tutti per il mero fatto di esistere. Questa affermazione è indissolubilmente legata ai diritti umani e segna chiaramente la differenza con qualsiasi altro sistema in cui il valore della persona è legato a una forma di merito (virtù, famiglia, censo, intelletto… sono tutte qualità importanti per ogni essere umano ma irrilevanti di fronte alla dignità umana che spetta a tutti, anche al più abietto). Ci siamo soffermati su due problemi interpretativi rispetto alla categoria della “dignità umana” 1. in virtù di che cosa riteniamo che l’essere umano sia dotato di questa speciale dignità? Oggi soprattutto la bioetica ci pone davanti a dilemmi di fronte ai quali non è sufficiente avere come punto di riferimento la semplice convinzione nella dignità umana. A seconda della risposta che ci diamo rispetto al fondamento di questa dignità (capacità di ragione; capacità di comunicare; capacità di trasformare intenzionalmente la realtà; o altro) si potrà arrivare a comportamenti concreti molto diversi ma ugualmente rispettosi di una “dignità umana”. Personalmente sottolineo che la dignità umana deriva dalla meravigliosa possibilità che ognuno di noi ha di essere diverso da qualsiasi altro (libertà come manifestazione di unicità e irripetibilità di ognuno). "La dignità dell'essere umano risiede primariamente, oltre che nei suoi comportamenti liberi e personali, nella sua condizione spirituale e valore morale. Ogni essere umano nasce con il tesoro della sua dignità morale, che lo accompagna sempre anche se i comportamenti liberi possono svilirla o macchiarla. Ogni persona umana, per la sua condizione spirituale, ha diritto che questa dignità innata sia rispettata, protetta e difesa delle leggi e dai poteri pubblici." 3 "Si tratta di riconoscere che la dignità umana si manifesta, è presente in tutti e in ogni essere umano concreto. Quindi la dignità umana è indivisibile, non risiede in certe caratteristiche dell'essere umano considerate isolatamente, ma nell'essere umano come tale nella sua unità indivisibile. Non ci possono essere quindi esseri umani più degni di altri, né vite più degne di altre. In definitiva, si tratta di mantenere la priorità degli individui e dei loro diritti, ma non di un individuo astratto, ma degli individui concreti, reali, esistenti nella loro diversità e complessità. Da questa prospettiva, il soggetto dei diritti umani è l'essere umano universalmente concreto. La universalità viene assicurata dalla nostra comune umanità e dignità. … 3 Osuna Fernandez - Largo, Los derechos humanos. Ambito y desarrollo. Madrid y Salamanca, Editorial S. Esteban y EDIBESA, 2002. Traduzione non autorizzata Questa attenzione alla pluralità dei modi di manifestarsi dell'essere umano, porta a fondare l'universalità a partire dalla diversità. Questa è la vera universalità" 4 Nella mia visione, la dignità umana si fonda sul fatto che siamo tutti diversi e che questo è un bene. Si tratta di una posizione tra tante: in questo momento storico nessuno può illudersi di presentare una risposta definitiva a questo riguardo. Posso solo invitare tutti a domandarsi se davvero credono che esiste una dignità identica in ogni essere umano, e a domandarsi perché. In tutti gli incontri, per esempio, sono stati numerosissimi gli esempi di ingiustizia in cui il tema centrale, come già detto, era il rifiuto di una relazione violenta tra esseri umani – il che, accompagnato alla constatazione per cui una relazione violenta tra animali è considerata normalissima e naturale ancorché crudele, potrebbe far pensare che la radice della umanità più profonda sia posta dai nostri studenti nella capacità dell’essere umano di intessere relazioni basate su altri paradigmi, diversi dalla sopraffazione del più forte sul più debole. □ Per approfondimenti si suggerisce: 1. allegato 1 2. Fassò Guido, La legge della ragione, Il Mulino, Bologna, 1964 2. chi consideriamo quando diciamo “essere umano”? Oggi questa è la grande domanda di fronte a cui si scontrano posizioni bioetiche del tutto diverse. Non ci basta più la antica definizione per cui “essere umano è ogni nato da donna” perché abbiamo infinite situazioni in cui ci domandiamo se sia giusto riconoscere dignità anche a embrioni, per non dire solo cellule fecondate. Il problema è serio perché dalla risposta dipendono scelte concrete precise: è legittimo congelare gli embrioni soprannumerari? E gettarli? E usarli per la ricerca scientifica? Ec. ec. □ Per approfondimenti si suggerisce: 1. Borsellino Patrizia, Bioetica tra autonomia e diritto, Zadig Editore, Milano, 1999 2. Agazzi, ed. Bioetica e persona. Milano: Franco Angeli, 1993. 4 Fernandez, Igualdad y Derechos Humanos. Madrid, Tecnos 2003. Traduzione non autorizzata 3. L’UGUAGLIANZA La dignità umana prevista dai diritti umani ha senso solo se si poggia sul principio di uguaglianza tra tutti gli esseri umani. Alcune considerazioni sul principio di uguaglianza: "Il principio di uguaglianza è un concetto normativo. Quando diciamo che tutti gli uomini sono uguali non stiamo descrivendo la realtà, che tutti gli uomini hanno più o meno lo stesso talento o non hanno differenze di razza o di sesso. Anzi siamo ben coscienti che queste differenze esistono e che difficilmente possiamo incontrare due individui uguali. Il principio di uguaglianza non è un principio descrittivo della realtà sociale, ma una esigenza, ci indica come dovrebbero essere gli uomini in una società giusta. Il principio è un principio. Come tale, cerca di modulare la realtà, di cambiarla, di modificarla o di conservarla. Quindi è ben diverso dalla norma: un principio giustifica l'esistenza di norme ma ha una struttura differente dalle norme. Il principio di uguaglianza è storico e relazionale 5. Le concezioni dell'uguaglianza cambiano lungo la storia. Ciò che in un tempo e una epoca determinata è stato una rivendicazione ugualitaria, forse non lo sarà in un'altra. Nella filosofia moderna il problema dell'uguaglianza si propone di giustificare le differenze…. Le concezioni sull'uguaglianza creano criteri che servono per risolvere conflitti sociali." 6 Quale uguaglianza propongono i diritti umani? L'uguaglianza umana è un principio etico, cioè non fa riferimento alla realtà empirica ma al dover essere. L'uguaglianza essenziale di tutti gli esseri umani non pretende di ignorare la realtà delle differenze né il valore di queste, ma definire: - le differenze fanno parte dell'identità della persona - le disuguaglianze sono le distinte posizioni sociali e giuridiche delle persone. L'uguaglianza non si oppone alle differenze ma alle disuguaglianze, anzi suppone il rispetto delle differenze e la lotta contro le disuguaglianze. L'uguaglianza esprime il diritto a essere differenti e allo stesso tempo il diritto ad essere uguali per quel che riguarda le condizioni materiali di vita. Di conseguenza, esiste un primo livello di uguaglianza che appartiene a tutti nello stesso modo, ovvero il livello di uguaglianza formale o uguaglianza davanti alla legge. Ma la realtà ci mostra che siamo tutti diversi (anzi qui si è proposto che sia questa manifestazione dell'unicità di ogni essere umano che fonda la stessa dignità umana). E' quindi necessario definire un'idea di uguaglianza concreta, materiale, sostanziale che risponde all'esigenza di rimuovere o almeno compensare quelle disuguaglianza economiche e sociali che ostacolano la vita, la libertà, la sopravvivenza o lo sviluppo della persona. (cfr. articolo 3 della Costituzione) Questa uguaglianza può essere interpretata in modi molto diversi, i cui fondamentali sono: - uguaglianza di opportunità (o uguaglianza al punto di partenza) - uguaglianza di risultati (o uguaglianza nel punto di arrivo) "in effetti oggi si usa interpretare l'uguaglianza di opportunità in un senso non meramente formale e negativo, come mera eliminazione di barriere e privilegi sociali come fa il liberalismo classico, ma in senso materiale e positivo. 5 6 Sottolineatura e grassetto aggiunti Casalmiglia, Sobre el principio de Igualdad. In Muguerza y otros, Ed. El fondamento de los derechos humanos, Madrid, Collección Universitaria Editorial Debate, 1998 In questo senso, si intende oggi per uguaglianza di opportunità l'effettiva e non solo formale uguaglianza di opportunità di ogni persona, indipendentemente dalla sua nascita, occupazione o posizione sociale, per sviluppare pienamente le sua capacità sul piano fisico e intellettuale, cosa che esige che l'ambiente sociale non agisca come fattore di discriminazione per il pieno raggiungimento delle capacità personali. Di conseguenza, si intende che l'uguaglianza di opportunità, per essere effettiva, implica non solo un eguale accesso alle posizioni, ma anche una certa uguaglianza di risultati, sia per quanto riguarda il soddisfacimento delle necessità fondamentali economiche ed educative, che per quanto attiene alla riduzione delle disuguaglianze economiche e sociali eccessive. … In definitiva si può dire che l'uguaglianza materiale nella sua componente di uguaglianza nei risultati esige, prima di tutto, la uguale soddisfazione delle necessità fondamentali di tutti, cioè che si garantiscano a tutte le persone alcuni livelli di benessere sociale di base, minimi vitali, indipendentemente dalle loro capacità e dallo sviluppo delle stesse e dal contributo dato direttamente al processo produttivo. Ormai si difende questo principio anche partendo da certe posizioni liberali." 7 Quindi il principio di uguaglianza implica la possibilità di trattamenti differenziati, se sono presenti alcuni parametri che giustificano questa differenza: 1. la norma che differenzia deve avere una struttura coerente e proporzionata - tenendo sempre conto che l'uguaglianza è un concetto relazionale perché esprime una relazione tra due o più entità rispetto a un criterio comune, ed essendo un principio etico non avrà mai il grado di certezza che può avere una norma nell'ambito della ragione teorica 2. la finalità della norma deve essere la promozione dell'uguaglianza materiale Da qui deriva il principio di non discriminazione, fondamentale per l'attuazione dei diritti umani. Secondo questo principio, le differenze di trattamento saranno ingiuste quando siano arbitrarie o irragionevoli. Si chiamano cioè discriminazioni le differenze di trattamento considerate ingiuste, perché presentano alcune caratteristiche: - fattori non sono imputabili all'individuo - fenomeno strutturale sistematico, non esclusivamente giuridico - dimensione collettiva - svalorizzazione delle persone che si considerano appartenenti al gruppo Importante: sono forme di discriminazione anche situazioni non volute o in cui la discriminazione è solo un risultato indiretto di un’azione principale di tutt’altra natura. Non rileva minimamente la questione morale dell’agente: se si presentano le caratteristiche di cui sopra, siamo in presenza di una discriminazione inaccettabile secondo i diritti umani. La tutela antidiscriminatoria secondo i più importanti trattati internazionali prevede: - uguaglianza di trattamento sul piano giuridico - azioni "di discriminazione positiva" che cercano di superare le disuguaglianze non giuridiche, per l'integrazione sociale dei gruppi discriminati, stabilendo condizioni che assicurino a tutte le persone opportunità simili di esercitare i propri diritti e le proprie attitudini e condizioni potenziali, così come possibilità simili di promozione economica e sociale. □ Per approfondimenti si suggerisce, oltre a un approfondimento del pensiero dei “classici” (S. Tommaso, Kant): 1. John Rawls, Una teoria della giustizia, Milano. Feltrinelli 1982 2. Salvatore Veca, La bellezza e gli oppressi – dieci lezioni sull’idea di Giustizia. Milano, Feltrinelli, 2002 7 Fernandez, op. citata 4. I DIRITTI UMANI: CONSEGUENZE PRATICHE Un primo livello in cui l’etica dei diritti umani influenza la vita delle persone 8 è quello della positivizzazione dei diritti umani nel diritto statuale, che si può effettuare per tre vie: a. a livello legislativo (costituzionale o ordinario) b. attraverso la protezione giudiziaria (o altri mezzi di tutela non giurisdizionale dalle violazioni, o attraverso commissioni politiche) c. a livello di programmazione del governo Il Comitato sui Diritti Economici, Sociali e Culturali 9 ha stabilito che ci sono 3 livelli di obbligazioni degli stati rispetto a questi diritti (sottolineatura che andrebbe approfondita alla luce dell'attuale revisione dello stato sociale…) 1. rispettare i diritti di ogni essere umano e quindi evitare ogni atto che possa conculcare questi diritti. Questa è anche l'obbligazione primaria riconosciuta di fronte ai Diritti civili e politici 2. protezione giudiziaria o non giurisdizionale: l'azione giudiziale è la protezione più forte ma sarà applicabile ai diritti ec., soc. e culturali se lo Stato presta un servizio, ma in forma parziale, discriminando porzioni intere della popolazione; quando lo Stato manca di agire in un caso individuale; quando la sentenza può produrre conseguenze negative sul piano internazionale per cui anche se non obbligatoria influisce sulla decisione politica 3. promuovere la soddisfazione attraverso misure attive. Il Patto internazionale parla esplicitamente di limite delle risorse economiche disponibile, ma bisogna ricordare che uno Stato può agire dedicando risorse economiche nel preventivo annuale, ma anche stabilendo regolamentazione rispettosa dei diritti (ad. Esempio legislazione che consente di formare un sindacato), che vincoli adeguatamente i privati, o fornendo servizi che coinvolgano anche il settore privato. Quindi ratificando i patti su questo tema, lo Stato si sottopone a una volontaria autolimitazione della discrezionalità in materia di definizione dei bilanci Inoltre ci sono precisi obblighi che vengono stabiliti dal Patto 1. obbligazione di adottare misure (art. 2.1). Il Comitato ha stabilito che ne discendono alcune misure immediate come: □ difesa del diritto alla salute senza alcuna discriminazione □ adeguamento dell'ordinamento per eliminare le norme contrarie al patto e adottare misure di protezione delle categorie vulnerabili □ rilevamento di informazioni, vigilanza effettiva e pianificazione □ fornire mezzi di difesa giudiziale o altro 2. obbligazione di garantire livelli essenziali dei diritti □ azioni positive, impegno a non retrocedere nella tutela, identificazione di livelli essenziali a livello mondiale □ categorie definite come "minimo essenziale di cittadini da proteggere durante le crisi" (anziani e disabili di fronte al diritto alla casa) 3. obbligazione di progressività e proibizione della regressività (art. 2.1) □ soddisfazione dei diritti sociali può essere progressiva □ obbligazione di migliorare il godimento di questi diritti □ le restrizioni a un diritto si possono stabilire solo nel limite della natura del diritto regolamentato, lo Stato chiamato a giustificare norme regressive deve dimostrare che la norma tutela un interesse statale meritevole, che la misura era necessaria ed 8 9 Il paragrafo 4, sulle responsabilità degli Stati, non è stato accennato negli incontri con gli studenti Cfr. Patto Internazionale sui Diritti economici, sociali e culturali urgente, che non c'erano alternative meno restrittive, oppure che questo arretramento di una misura singola è compensato da un generale aumento del livello dei diritti 4. garantire che i diritti si possono esercitare senza discriminazioni (art.2.2) Se queste sono le obbligazioni degli Stati, ancora più rilevante è la ricaduta che ci si aspetta da parte della società "I diritti umani quindi si possono intendere solo partendo da una idea politica che riconosce al cittadino la sua condizione di soggetto attivo e partecipe della vita politica e portatore di una dignità in cui si radicano i suoi diritti inalienabili. Una società in cui le persone sono solo contemplate come soggetti passivi del potere politico (tirannia politica) o come oggetti o strumenti al servizio di altre (schiavitù) o sprovviste di una coscienza personale (collettivismo totalitario) non offre nessun appoggio alla teoria dei diritti umani. Questa concezione di una società costituita da membri con lo status di membri attivi è quello che chiamiamo una società democratica, intendendo con questo termine non la società che ha un regime politico chiamato democratico - anche se questo si può e deve includere - ma quella società organizzata in base a parametri di individui attivi e incorporati in tutte le istituzioni dinamiche della società. La società è responsabilità di tutti i suoi membri e solo quando questi membri sono integrati nei diversi elementi del tessuto sociale parliamo di una società partecipativa e di individui attivi. Quando le istituzioni di esercizio del potere politico sono aperte a tutti i cittadini e quando le leggi riconoscono questa condizione di membri attivi della società, allora abbiamo una società democratica e promotrice dei diritti della persona.” 10 10 Osuna Fernandez – Largo, op. citata 5. AGIRE SECONDO IL PARADIGMA DEI DIRITTI UMANI SIGNIFICA … Concludendo abbiamo cercato di individuare piste di azione coerenti con i principi di dignità umana e uguaglianza proposti dai ragazzi. Negli incontri è emersa da parte dei ragazzi la sottolineatura della responsabilità individuale di fronte al desiderio di agire secondo l’etica dei diritti umani, evidenziando la necessità di: - disponibilità ad un continuo esercizio interiore, per evitare la trappola di giudizi stereotipati o comportamenti che non tengono conto del mutamento della realtà rispetto alle lotte per l’uguaglianza - comportamenti concreti coerenti con i principi, in qualsiasi momento della vita quotidiana - formazione sui diritti umani capace di dare un accento più sulla responsabilità individuale che sulle nozioni - rispetto per l’altro, anche quando portatore di una diversità che sulle prime infastidisce; il rispetto per l’altro che deve ancora arrivare (prossime generazioni) che impone uno speciale rispetto anche per la natura e gli altri esseri viventi - affrancarsi da un atteggiamento culturale che ponga la propria cultura in una posizione di dominio sulle altre o anche solo come pietra di paragone su cui valutare le altre (etnocentrismo) - affrancarsi dall’egoismo (individuale e sociale). Quest’ultimo concetto nella sua formulazione più generica si presta alle più varie interpretazioni, compreso il “conservatorismo compassionevole” a cui recentemente si ispira l’amministrazione americana e che ha portato gli Stati Uniti a dichiarare, in seno all’Assemblea ONU, che non esistono i diritti dei bambini o meglio non si riconosce un’obbligazione dello Stato a tutelarli, ma solo un generico invito alla generosità…. Per dipanare questi concetti liberandoli da un alveo di “buonismo aleatorio”, è stato utile attingere a un documento elaborato nel 2003 in un workshop promosso dal programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) che ha evidenziato “altri elementi di buona prassi di programmazione che sono altrettanto essenziali per l'applicazione dell'approccio di Diritti Umani: 1. le persone sono riconosciute attori chiave del proprio sviluppo e non beneficiari passivi di prodotti e servizi 2. la partecipazione costituisce contemporaneamente un mezzo e una meta 3. le strategie devono dare peso al potere (delle persone titolari di diritti) e non debilitarlo (empowerment) – centralità di una formazione che accresca la capacità di riconoscere i propri diritti per agire di conseguenza 4. devono essere monitorati sia i risultati che i processi. In particolare, il monitoraggio dovrà avvenire secondo gli standard internazionali per poter misurare l’attuazione dei principi dei diritti umani 5. le analisi devono includere tutti gli attori e i partecipanti - in modo che le persone titolari dei diritti e delle obbligazioni corrispondenti abbiano una conoscenza precisa delle cause immediate e strutturali della non attuazione dei diritti umani 6. i programmi devono concentrarsi sui gruppi marginali, sfavoriti, esclusi. Si è sottolineato che l’attenzione prioritaria ai gruppi svantaggiati non significa attenzione esclusiva, anzi: è fondamentale lavorare per correggere i meccanismi generali che altrimenti portano al processo di esclusione (mainstreaming) 7. il processo di sviluppo è una proprietà locale 8. la finalità dei programmi è ridurre la disparità – se la finalità è la pura risposta a un bisogno immediato, stiamo facendo una necessaria azione di riparazione di un diritto ma non seguiamo la visione etica generale dei diritti umani 9. vanno applicati sinergicamente un approccio dalla base alla cima e dalla cima alla base - diversamente i programmi sono inadatti a produrre cambiamenti sociali rilevanti per le persone, o a garantire che i risultati possano permanere nel tempo diventando strutturali 10. si deve applicare una analisi della situazione per determinare le cause immediate, soggiacenti e basiche dei problemi di sviluppo – una mera analisi delle cause immediate non ci consente di correggere l’ingiustizia di fondo. La beneficenza è importante ma non basta se i parametri che abbiamo sono dignità e uguaglianza! 11. sono importanti finalità e obiettivi misurabili - altrimenti si rischia di mollare la presa davanti all’enormità dello scopo, o di agire senza nessuna direzione 12. vanno create ed appoggiate alleanze strategiche – lavorare con altri soggetti non è un ripiego ma una scelta strategica di chi sceglie i diritti umani. Non è realistico risolvere problematiche complesse da soli 13. i programmi appoggiano la responsabilità di tutti gli attori e partecipanti" 11 11 El desarrollo basado en un Enfoque de Derechos Humanos – taller ONU 3-5 maggio 2003 (tratto dal sito internet dello UNDP, settembre 2003. Traduzione non autorizzata discussione a Erba – la scuola di via Quaranta uguaglianza è uguaglianza di trattamento, differenziando secondo le situazioni uguaglianza di comportamenti – parametro di civiltà / società uguaglianza di diritti e di doveri uguaglianza di possibilità – le scelte dipendono anche dalle risorse economiche (riferimento ad Amartya Sen) è eticamente accettabile una scuola separata per soli studenti musulmani? No perché diminuisce la possibilità di scelta dei ragazzi, chi sceglie sono i genitori No perché la laicità dell’insegnamento scolastico è importante per motivare a un rispetto delle opinioni diverse No se l’insegnamento fosse strutturato in modo contrario alla legislazione scolastica italiana No se il tipo di struttura non rispetta le norme igieniche minime Però anche chi viene inviato alla scuola cattolica generalmente subisce una scelta dei genitori Quindi se nella programmazione si ravvisa un sostanziale rispetto dell’ideale della tolleranza, potrebbe essere accettabile Eventuale collocazione in uno spazio adatto risolverebbe il problema